Sesso con Pompea

Venni svegliata poco dopo il tramonto, quando due ancelle mi servirono la cena a base di pesce.

Furono accese diverse torce per illuminare l’ambiente e alcuni piccoli bracieri, dove versarono delle essenze che diffusero nell’aria aromi speziati.

Le mie servitrici erano indaffarate a prepararmi per la notte. Due di loro mi spogliarono, mi cosparsero con un unguento profumato e mi fecero indossare un elegante abito bianco e arancione, con un’ampia scollatura anteriore, aperto anche sulla schiena.

Infine, fui pettinata e mi fu truccato il viso.

Intanto, altre due ragazze cambiarono nuovamente le lenzuola e i cuscini, mettendo un corredo dal colore rosso fuoco.

“Siete splendida, mia regina!” esclamò la prima delle ancelle, suffragata dai cenni di assenso delle sue subalterne.

“Quando lo vorrete, convocheremo i vostri compagni per la notte.” aggiunse.

“Fateli passare tra dieci minuti. Nel frattempo, desidero bere ancora una coppa di vino.” replicai.

Una di loro si precipitò ad esaudire la mia richiesta.

“Non ho bisogno di altro. Potete ritirarvi, ma restate a portata di voce fin quando gli uomini non se ne saranno andati.” ordinai congedandole.

“Sarà fatto, mia regina.” e le quattro ragazze si accomiatarono con ripetuti inchini, per poi eclissarsi dietro ad una porta.

Rimasta sola, sentii accelerare il ritmo cardiaco. Non potevo nascondere a me stessa di essere parecchio emozionata: non ero mai stata con due uomini contemporaneamente, nemmeno durante la mia libertina vita precedente. Il fatto che fossero anche rudi e colossali guerrieri, non fece altro che acuire la mia tensione che cercai di smorzare trangugiando in un solo fiato il vino che mi era stato servito.

Svuotata la coppa, ebbi un leggero e piacevolissimo giramento di testa, segno che l’alcool stava facendo effetto.

Mi accomodai su un triclinio e attesi che arrivassero i miei amanti.

Dopo qualche minuto, l’ancella bussò e mi annunciò che gli uomini erano pronti: “Portateli al mio cospetto e lasciatemi sola con loro.” l’esortai.

Quando li vidi, ebbi un sussulto: i due gladiatori erano davvero stupendi. Alti quasi due metri, con una muscolatura straordinaria, resa ancor più evidente ed invitante dall’olio con il quale le ancelle avevano cosparso i loro corpi.

Uno di loro aveva lineamenti mediterranei, con capelli neri, ricci e corti, mentre l’altro, di carnagione molto più scura e calvo, era evidentemente di provenienza africana.

Indossavano solamente pantaloncini di tela che trattenevano a malapena la loro virilità, sorretti da uno spesso cinturone in cuoio, costellato di borchie e altre finiture metalliche.

Rimasero fermi all’ingresso della stanza, fissandomi con sguardo attento e profondo.

Feci un ampio sorriso e li invitai ad avanzare.

Rimasi seduta ad osservare il loro incedere fiero e sicuro. Giunti a tre metri da me, fecero un profondo inchino, portandosi entrambi la mano destra sul cuore.

Tornati eretti, andai loro incontro e omaggiai ciascuno con un bacio sulle guance. Poi, versai loro da bere e alzai la mia coppa alla loro salute.

Dopo che ebbero bevuto, li vidi più rilassati, così tornai vicina e li abbracciai contemporaneamente. Ruppi subito gli indugi ed iniziai ad accarezzare i loro petti. I muscoli guizzavano sotto il tocco delle mie dita, mentre i miei occhi, scintillando, trasmettevano tutto il desiderio che sentivo divamparmi nel ventre.

I palmi delle mie mani correvano sui loro toraci massicci, poi scendevano verso il loro ventre e disegnavano ampie volute sulle “tartarughe” perfettamente delineate. Poi tornavano in alto, sui bicipiti che sembravano dover esplodere, sui deltoidi durissimi e attorno ai colli taurini, le cui vene pulsavano con ritmo regolare.

Non resistetti oltre a baciare i loro visi dall’espressione rude ma sensuale.

Presto, tutto ciò non mi bastò, così usai la mia lingua guizzante per inumidire le loro labbra che istintivamente si dischiusero, permettendomi di baciarli, prima con passione, poi avidamente, sperando che, in questo modo, perdessero il loro rispettoso contegno e iniziassero prendersi delle libertà con il mio corpo.

Fu necessario che portassi le mani sui loro pacchi affinché si sbloccassero. Strinsi i loro gonfiori virili e presi a manipolarli con forza attraverso il tessuto dei pantaloncini, e loro reagirono impossessandosi dei miei prosperosi seni che, sotto le palpate insistenti, si fecero strada attraverso l’ampia scollatura del mio abito.

I loro sguardi erano fissi su quelle sode ed irresistibili rotondità che protendevo in avanti, dimostrando la mia piena disponibilità a ricevere le loro carezze.

Arretrai di qualche passo, tirandomi dietro i due energumeni. Quando fui seduta sul bordo del triclinio, le loro virilità furono all’altezza del mio viso. Li invitai a liberarsi degli indumenti. Rimasi impietrita e con la bocca spalancata alla visione di quei due enormi obelischi di carne, uno dei quali puntava direttamente al mio viso, mentre il secondo, teso verso il cielo, sembrava in partenza verso gli dei dell’Olimpo.

Quasi come un automa, con la volontà guidata esclusivamente dalla lussuria, li impugnai contemporaneamente, iniziando una lenta sega, favorita dall’untuosità delle loro epidermidi.

Oltre che dal delicato profumo delle essenze di cui erano cosparsi, le mie narici erano penetrate dagli ormoni maschili che mi mandavano fuori di testa.

Il primo che imboccai fu quello di colore dell’ebano. Dovetti fare appello a tutta la mia apertura mascellare per farmelo scorrere tra le labbra. Era talmente massiccio che stentavo a far frullare la lingua attorno al glande.

Lo pompavo con una tale potenza da dovermi aggrappare con forza al cazzo dell’altro per aiutarmi.

Mi dedicai a lui per un paio di minuti, poi, molto democraticamente, rivolsi le mie abilità fellatorie all’altro ma, tanto fu lo sforzo, che il dolore ai miei muscoli facciali e all’articolazione della mandibola mi costrinse a non proseguire oltre.

Così interruppi i pompini, tornai in piedi e mi liberai velocemente del vestito, lasciandolo cadere a terra.

La mia seducente nudità fu accolta con entusiasmo dai due guerrieri che, per la prima volta da quando erano al mio cospetto, si aprirono in ampi sorrisi di gradimento.

“Finalmente, abbiamo rotto il ghiaccio.” pensai.

Presi nuovamente i loro membri nelle mani e li trascinai verso il letto, dove mi sdraiai con l’atteggiamento di quella che “Fatemi tutto ciò che volete!”

Loro si adagiarono ai miei fianchi per potermi accarezzare ovunque: le loro mani tornarono a dedicarsi ai miei seni, poi scesero sulle mie gambe, quindi sul ventre e, infine, nelle mie parti intime. Nel frattempo, mi baciavano ovunque.

Il pizzicore provocato dalle loro ispide barbe accentuava il piacere del contatto con le loro labbra. Ormai, il mio livello di desiderio aveva raggiunto livelli stratosferici, perciò divaricai le gambe e spinsi la testa di uno di loro tra di esse.

Il tipo impiegò ben poco a rendere la mia vulva ben lubrificata e pronta a ricevere il suo gigantesco sesso. L’energumeno, consapevole delle dimensioni della propria dotazione virile, iniziò a penetrarmi lentamente, facendo in modo che la mia vagina si dilatasse opportunamente per poterlo accogliere in tutta la sua lunghezza.

Riuscitoci senza provocarmi dolore, ma solamente una fantastica sensazione di totale riempimento, diede inizio ad una serie di spinte lente e costanti. Quindi, allungai la mano sul pistolone del suo collega, invitandolo ad avvicinarlo alla mia bocca. Mentre il primo mi scopava, la mia lingua scorreva attorno alle palle del secondo, con frequenti divagazioni lungo tutta la massiccia asta di carne pulsante.

Dopo un po’, quello che mi stava penetrando mi fece mettere a pecora, mentre l’altro si metteva supino. Mi prese per i fianchi e, come fossi un fuscello, mi sollevò e mi depositò a cavalcioni sul corpo dell’amico che, in un batter d’occhio, fu dentro di me.

Assecondai il suo desiderio iniziando a cavalcarlo con colpi verticali ben assestati, inframezzati da frequenti rotazioni del mio bacino. Per alcuni minuti mi lasciarono fare ma poi, quello che era rimasto ad osservarmi mentre davo sfoggio della mia bravura di amazzone, si posizionò alle mie spalle.

Sentii la sua mano insalivata dedicarsi al mio buchetto posteriore. Dopo breve tempo, si aggrappò ai miei glutei e, con un colpo abbastanza secco, violò il mio culetto. Ebbi una discreta fitta di dolore, ma non abbastanza intensa per interrompere la scopata con il primo e per non concedere la penetrazione al secondo.

Nella mezz’ora successiva, vissi il sesso più fantastico che abbia mai provato. Nonostante i due uomini fossero a me totalmente estranei, sentii le nostre menti fuse in una sola e realizzai che, così avvinghiati in movimenti perfettamente sincronizzati, non solo eravamo una perfetta macchina del sesso, ma c’era complicità e dolcezza nelle nostre azioni, nonostante la scopata a tre avesse raggiunto notevoli picchi di intensità, talvolta anche animaleschi.

Quando ebbi necessità di sfogare il mio primo orgasmo, l’uomo sotto di me estrasse momentaneamente il cazzo per agevolarmi la squirtata, quindi riprese a penetrarmi, ma il mio piacere favorì anche i loro orgasmi che arrivarono pochi istanti dopo, in rapida successione.

Il primo, mentre eiaculava, emise un forte urlo liberatorio, mentre il secondo grugniva sonoramente, inframezzando i versi gutturali con parole a me incomprensibili.

Evidentemente, tutto quel casino allarmò le mie ancelle che, lige alle mie raccomandazioni di rimanere in attento ascolto, improvvisamente irruppero nella stanza dalla porta posta proprio di fronte a me, che in quel momento ero letteralmente schiacciata tra i due colossi, come fossi una fetta di prosciutto in un sandwich.

Feci loro cenno che andava tutto bene e di andarsene, mentre i cazzi, dai quali ero letteralmente trivellata, stavano terminando di svuotarsi dentro di me.

Le ragazze, con gli sguardi rapiti dalla deboscia di quella scena, restarono immobili ad osservarla per parecchi istanti, prima di eseguire il mio ordine di uscire dalla camera da letto.

Tutti e tre, squassati e madidi di sudore, rimanemmo fermi in quella posizione per almeno un minuto che sfruttai per riprendere fiato. Ma non riuscii a fare la stessa cosa con il controllo della mia mente: incredibilmente, la furiosa chiavata mi aveva messo ancora più voglia, e fui sicura che i miei nerboruti amanti sarebbero stati ancora in grado di soddisfarla, visto che i loro cazzi, rimasti conficcati nei miei più sacri buchi, non davano cenno di ammosciarsi.

Sgusciai dalla stretta dei loro corpi e rotolai al loro fianco. Mantenni le cosce ben divaricate e feci cenno a quello con la pelle scura di venirmi sopra.

Egli si fece spazio tra me e il suo compagno, puntò il mio fiore e diede inizio ad una nuova scopata, questa volta alla missionaria. L’altro rimase ad osservarci stringendo il pistolone nel pugno. Mentre a gambe completamente spalancate ricevevo e assecondavo le decise pistonate che mi facevano sobbalzare, gli tenevo una mano sulla coscia e gli sorridevo, trasmettendogli la rassicurazione che ce ne sarebbe stato ancora anche per lui.

Per un tempo indefinito, il suo amico continuò a scoparmi selvaggiamente. Ad un tratto, vidi la sua fronte aggrottarsi e udii nuovamente i suoi particolari grugniti di godimento. Un attimo dopo, mi sentii riempire ancora di liquido caldo e cremoso. Ingenuamente, pensai che la scopata con lui fosse giunta al termine. Invece, come se niente fosse, proseguì a chiavarmi incessantemente, mentre il suo sperma, ad ogni successivo affondo, spruzzava fuori dalla mia passera.

Al raggiungimento del suo terzo orgasmo, l’ennesima sborrata fece venire anche me. Il tipo si ritrasse velocemente, lasciando il posto al compagno d’armi che, dopo i primi potenti affondi, volle che prima lo cavalcassi come avevo fatto con l’amico, poi mi mise alla pecorina e, con scrupolosa alternanza, proseguì a sfondarmi entrambi gli orifizi.

La sua soddisfazione culminò mentre teneva il cazzo conficcato nel mio culo fino alle palle, e percepii chiaramente i numerosi getti di sperma bollente che si facevano strada nel mio intestino.

Svuotatosi, mi tolse dallo “spiedo”, lasciando che crollassi sul materasso a peso morto, ormai senza forze e con le mie avide voglie totalmente appagate.

Prima di rivestirsi e congedarsi, mi omaggiarono baciandomi mani e piedi e mi salutarono inchinandosi.

Rimasi quindi sola nel mio lettone, fradicio di sudore e di liquidi sessuali. Ero così stremata che sarei riuscita ad addormentarmi ugualmente, ma il mio rango non permetteva alle ancelle di lasciarmi in tali condizioni.

Infatti, appena i due gladiatori uscirono dalla stanza, entrarono loro. Due portavano lenzuola e cuscini puliti, mentre le altre recavano pezze di morbida stoffa, una brocca e alcune boccette di vetro.

Tentai di raccogliere le mie pochissime forze residue e accennai a sollevarmi, ma una si precipitò al mio fianco e mi invitò a restare a riposo, rassicurandomi che avrebbero pensato loro a tutto.

Mi abbandonai volentieri al suo invito, mentre altre due, dopo aver bagnato con acqua i lembi di stoffa che avevano portato, presero a detergermi il corpo, partendo dal mio viso, dove, a causa del sudore, il trucco mi si era parzialmente sciolto. Quindi proseguirono, fino a dedicarsi alle zone basse, totalmente ricoperte di mio miele e di sperma, che ancora defluiva abbondante dagli orifizi.

Quando ebbero terminato, fui aiutata ad alzarmi. Vennero sostituite velocemente le lenzuola e le federe, quindi fui fatta sdraiare nuovamente.

Una delle ragazze si riempì una mano con una lozione lenitiva che cosparse con delicatezza e dedizione sulle mie parti intime. Infine, fui lasciata a riposare, coperta da un freschissimo lenzuolo in cotone.

Prima di uscire, le ancelle spensero le torce e, in un angolo della camera, lasciarono acceso un lumino.

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