Tra sogno e realtà (ingrid 20)

  • Scritto da Lizbeth il 29/12/2024 - 10:30
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Dopo esserci coccolate a lungo, Giusy dovette andarsene alle dieci di sera. Sua madre l'aspettava e, capivo bene, non scherzava. Senza cena, travolta da un turbinio di emozioni, mi addormentai quasi subito.

Nel cuore della notte, un rumore sordo mi risvegliò. La porta si aprì con un cigolio e una figura femminile apparve sulla soglia. Era giovane, bellissima, ma vestita di pelle nera che le aderiva al corpo come una seconda pelle, modellando ogni curva con una pericolosa sensualità. Un corsetto stretto cingeva il suo vitino, enfatizzando il punto vita. La gonna corta, in pelle lucida, lasciava intravedere lunghe gambe affusolate. Guanti in pelle nera le coprivano le mani, mentre una maschera nera, con due profonde cavità oculari a forma di mandorla, le celava il volto. Solo i suoi occhi, brillanti e freddi come gemme nere, mi fissavano attraverso quelle fessure. Terrorizzata, cercai di urlare ma un fazzoletto mi tappò la bocca, soffocando ogni suono. Sentivo delle voci, confuse e lontane, come in un sogno.

La donna si avvicinò, i passi silenziosi sul pavimento di legno. Si chinò su di me, l'alito caldo sul mio viso. Con una voce roca, sussurrò: "Ha finito di farmi del male, vero? Ora è il mio turno.”

Dal mio letto, osservavo, attonita, una ragazza misteriosa, dai tratti familiari, impartire indicazioni a due giovani. Non riuscivo a credere ai miei occhi: ero immersa in un sogno misterioso, e desideravo svegliarmi al più presto.

Cercavo di reagire, cercavo di alzarmi e di urlare, ma non ci riuscivo. I due giovani si avvicinarono a me e mi legarono in qualche modo al letto; sembravo l'uomo Vitruviano. Intanto potevo vedere la ragazza sogghignare sotto la maschera. Cercavo di urlare e di divincolarmi, ma era tutto inutile. Lei si avvicinò a me e potei notare, per la prima volta, che aveva in mano un frustino. Me lo passò sul corpo ancora nudo dopo il sesso precedente.

Il frustino mi colpì la passera, lasciandomi un senso di bruciore, sobbalzai. Sogghignando, mi disse: 'Come mi ha insegnato la mia maestra'. Riconobbi quei movimenti, quella voce, e soprattutto quel neo a forma di stella sopra il seno destro. Eppure, era un incubo. Non poteva essere lei.

Dopo avermi colpito, fece il viaggio inverso con il frustino e arrivò alla mia bocca. Lo premette sulle mie labbra, alzò la testa in cerca dei suoi complici, che si avvicinarono. Non ci fu bisogno di parole: loro si abbassarono i pantaloni e appoggiarono i loro peni, che conoscevo perfettamente, sulle mie labbra. La signorina mi intimò di leccarle. Cosa potevo fare? Ero legata, impotente, quindi decisi di obbedire e aprii la bocca, accogliendo entrambi i peni. Ero stranamente obbediente per i miei standard. Alzai gli occhi verso la padrona, dietro di lei tutto era una macchia sfuocata, un incubo che non finiva mai.

Le loro cappelle si alternavano nel mio cavo orale, un ritmo ipnotico che mi trascinava in un vortice di sensazioni mai provate prima.

"Stai gustando ogni secondo di questo, vero?" sussurrò la mia padrona, la sua voce fu un veleno dolce che mi invase le orecchie.

Non riuscii a rispondere, la gola serrata dal piacere e dalla vergogna.

"Dimmelo" insistette, avvicinando il suo volto al mio.

Con un gemito soffocato, ammisi: "Sì."

Un sorriso sadico increspò le labbra della signorina. 'Allora ti piace fare sesso con le amiche di tua figlia?' mi domandò. Gli indizi erano lampanti. Non volevo crederci, ma la realtà mi travolse. Con un gesto deciso, affondò due dita in me, un'invasione brutale che mi fece irrigidire. Ero prigioniera, costretta ad assecondarla.

La signorina, con un sorriso malizioso, scoprì il mio giocattolo nascosto tra i lenzuoli, reliquia di una notte infuocata con Giusy. Lo accarezzò con delicatezza, i suoi occhi scintillando di curiosità. Lo indossò con grazia, trasformandosi in un'altra donna. Poi, rivolgendosi ai suoi complici, sussurrò: 'Non sono divina?' Le loro risposte affermative la fecero arrossire di piacere. Con movimenti precisi e calcolati, mi frustò il seno. 'Meriti la tua punizione, troia', sussurrò all'orecchio, la voce calda e sensuale. I due amanti si staccarono dalle mie labbra, lasciandomi in balia del suo tormento, un piacere misto a dolore che mi fece tremare. Quello che credevo fosse il ragazzo di mia figlia si avvicinò alla mistress, la baciò appassionatamente e poi mi guardò dritto negli occhi, come a sfidarmi. Il ragazzino si parò davanti a me, e la signorina, fece un gesto eloquente. Prima che potessi reagire, il mio amante virtuale mi penetrò.

Sentivo il suo corpo premere contro il mio, caldo e insistente. Le sue mani accarezzavano il mio seno, mentre il suo respiro affannoso mi avvolgeva. Nel frattempo, dietro di lui, la mia aguzzina accarezzava il pene di Riccardo, i loro occhi incrociavano i miei in una sfida muta. Con un movimento deciso, si avvicinarono, allontanando il "cucciolo". Fu allora che il presunto fidanzato di mia figlia mi penetrò, i suoi colpi più forti e sicuri di quelli precedenti.

In quel preciso istante, mentre ero nel pieno del supplizio, sentii un leggero bussare alla porta, un suono così flebile che quasi dubitai di averlo udito.

Le dita fredde e sicure della mia aguzzina si posarono con decisione sul mio collo, sussurrando una minaccia inattesa “No, non vorrai che i miei ragazzi restino delusi”. Intanto, i suoi complici si divertivano a umiliarmi. Ero prigioniera di quella morsa soffocante. Sentivo il respiro caldo di tutti i miei carnefici, il ragazzo più giovane sfregava il suo membro contro il mio petto. Nello stesso momento, il più esperto mi assaliva con una violenza inaudita, i suoi movimenti erano selvaggi e incontrollabili. Mi sussurrava all'orecchio parole sporche, come "Sei una merda, una troia che non merita di vivere", il suo sguardo era un abisso di odio.

Iniziai a singhiozzare convulsamente, il mio corpo scosso da spasmi incontrollabili. Mi parve di sentire un lontano scricchiolio, come il lamento di una porta che si apriva. Ma era solo un'illusione, un'eco dei miei pensieri confusi?

Il ragazzo simile a Riccardo svanì nel nulla, lasciando al suo posto un'immagine che mi lasciò a bocca aperta. Due seni femminili, rotondi e sodi, si sollevavano e abbassavano lentamente sopra il mio viso. Il neo a forma di stella, inconfondibile, mi confermò che si trattava di lei. La mia lingua, guidata da un istinto incontrollabile, scivolò sulla morbida pelle, calda e profumata come un fiore appena sbocciato. L'eccitazione mi avvolse come una folata di vento, mentre la confusione mi attanagliava il cuore. Ero di fronte a un enigma che non riuscivo a spiegare: come era possibile che i seni di una donna potessero apparire dal nulla, al posto di un uomo?

I due complici mi tennero ferma per i polsi. Lei iniziò a profanare la mia intimità come se fossi un oggetto. Proprio quando credevo di toccare il paradiso, lei mi precipitò all'inferno, togliendosi la maschera dagli occhi. Un urlo straziante mi sfuggì: 'Lizzy!

Aprii gli occhi di scatto e la vidi davanti a me, avvolta nel suo pigiama. Per un attimo credetti di essere ancora nel sogno, ma poi il suo sguardo preoccupato mi riportò alla realtà. Il cuore mi martellava nel petto mentre la guardavo, cercando di capire se fosse tutto reale. Lei mi scuoteva delicatamente, chiedendomi se stessi bene. 'È stato solo un sogno', riuscii a balbettare. Lei si sedette sul letto e mi strinse tra le braccia. 'Shhh, ora sono qui. Tutto è a posto', sussurrò accarezzando i miei capelli. Ma anche se le sue parole mi calmavano, sentivo ancora un nodo allo stomaco. Pensavo che..." (esiti) "Pensavo che fossi lei”.

Lei mi guardò perplessa, lo sguardo che prima era preoccupato si fece freddo. "Credevi che fossi Giusy? Ma cosa ti passa per la testa?" La sua voce era seccata, quasi ferita. Prima che potessi replicare, si alzò bruscamente e si allontanò, lasciandomi sola con la confusione e il rimorso.

Una volta rimasta sola, cercavo di dare un senso a quel sogno così inquietante. Avevo appena fatto sesso con una delle sue migliori amiche e ora mi ritrovo a fantasticare su di lei in un contesto così oscuro. Non riuscivo a spiegarmi come avessi potuto fare un sogno del genere e decisi di rifugiarmi nella vecchia casa dei miei nonni, un luogo che mi aveva sempre portato conforto. In quel momento, non potevo immaginare che quel sogno, in un certo senso, avesse predetto un futuro che mi avrebbe sconvolto.

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