Al mare
Da una decina di anni ormai avevamo l’abitudine di passare due settimane di agosto nello stesso paesino di mare che ci aveva affascinato per la quiete dell’ambiente familiare, per la pulizia della spiaggia di sassolini e, soprattutto, per il tratto di litorale più appartato che era diventato dominio dei naturisti.
Per anni, quindi, ci eravamo recati in quel posto, con l’intento di prendere l’abbronzatura integrale e, sotto sotto, per riempirci gli occhi di belle vulve e di falli extralarge.
Non avevamo mai tentato approcci; addirittura, non ci avevamo mai pensato, dopo avere constatato che la mia normale dotazione poco aveva da competere con certi giovanottoni che giravano per la battigia esibendo batacchi decisamente ammirevoli; ma, soprattutto, mi sorse il dubbio che Concetta avrebbe potuto formulare pensieri diversi da quelli che le attribuivo.
In concreto, non si era mai fatto cenno a situazioni alternative, anche se, a parole, eravamo decisamente aperti e disponibili entrambi; però, mi ‘navigava sul fondo’ dei pensieri la convinzione che Concetta fosse alquanto più puritana di quello che dichiarava.
Quell’estate mi venne il ‘prurito’ di sperimentare l’effettiva situazione e, appena arrivati al mare, virai decisamente verso la spiaggia dei naturisti che costeggiava un parco alberato da cui era divisa solo da una strada di passaggio e da una siepe di canne che chiudeva la visuale.
Già nell’attraversare la spiaggia, le forme di Concetta non passarono inosservate.
Il suo didietro alto, tondeggiante e sporgente come una brasiliana, che finiva leggermente a punta e dava il senso preciso dell’orgoglio con cui si ergeva nonostante gli anni; le tette abbondanti che si tenevano su da sole e con grande dignità, decorate da aureole larghe e intense su cui s’innestavano due capezzoli superbi che dicevano senza vergogna ‘succhiami, succhiami’ e una vulva piena e morbida che premeva contro il minislip quasi a spingerlo via, quando non era apertamente esposta con le piccole labbra sporgenti quasi dalle grandi e il clitoride in piena evidenza; insomma tutto il suo corpo era un invito a possederla, a stuprarla, a farla godere.
Lei, naturalmente, passava tra gli sguardi quasi altera, apparentemente ignorandoli del tutto; non ho mai saputo né capito se davvero non se ne curasse; quando arrivammo alla spiaggia per naturisti, stese a terra il telo che aveva portato apposta, con estrema disinvoltura sganciò il reggiseno ed esibì all’aria il seno in tutta la sua floridezza; poi si sfilò il microscopico tanga e si abbassò sulla borsa per riporli; naturalmente, nel farlo espose alla piena vista i buchi della vulva e dell’ano che mostrarono tutta la loro consuetudine alle penetrazioni per il colore intenso, quasi nero, che li denotava.
Per qualche tempo ce ne stemmo sdraiati in silenzio, lei a leggere un libro ed io a giocare col computer; poi una terza presenza si affacciò nell’angolo che avevamo scelto; un giovane dall’apparente età di 25/30 anni che stese il suo telo proprio di fronte a quello di Concetta, si girò di spalle rispetto a noi e si sfilò il costume, mettendo in luce un sedere sodo e teso, poco peloso e bianco di pelle; tra le cosce s’intuiva un fallo di dimensioni notevoli con due testicoli grinzosi, grossi e gonfi.
Quando si girò, la visione trovò conferma diretta con una mazza barzotta di almeno una quindicina di centimetri che prometteva molto di più, quando fosse diventata dura.
Si stese supino, tirò indietro i piedi e sollevò le ginocchia, sicché il pene si trovò a puntare direttamente verso Concetta.
Non riuscivo a capire se lei non avesse notato la manovra del ragazzo o se, semplicemente, se ne disinteressasse totalmente; io, però, non riuscivo a staccare gli occhi da quel ben di dio e, istintivamente, presi ad accarezzarmi le natiche infilando di tanto in tanto un dito nell’ano.
Le mie manovre non sfuggirono al ragazzo, che spostò leggermente il corpo fornendomi una vista più diretta sul membro che cominciò a carezzare, badando bene a coprirsi con le gambe sollevate in maniera che solo a me fosse riservata la visione del suo bastone che lentamente prendeva consistenza e raggiungeva la sua dimensione vera, di almeno venti centimetri.
Stemmo così per un bel tempo, aspettando che qualcosa intervenisse a rompere il surrealismo della situazione; io speravo che Concetta uscisse dal suo torpore, non so se naturale o voluto; lei pareva completamente estranea a quello che avveniva intorno e non dava nessun segno riconoscibile di partecipazione alla sensualità che si caricava nell’aria; lui pareva incerto se dedicarsi alla vulva di lei, che comunque gli appariva spalancata davanti agli occhi, o se invece pensare seriamente a imbastire qualcosa con me che ormai gli avevo dimostrato con chiarezza la mia disponibilità.
Finalmente si decise; infilò il pantaloncino e gli zoccoli, raccolse il telo e si avviò al varco nella siepe che portava alla strada e al parco; immediatamente dopo, anch’io mi mossi; infilai il pantaloncino e gli zoccoli, raccolsi il borsello con le mie cose e mi avviai dietro di lui.
Al centro del parco c’era da sempre una costruzione in muratura che tutti sapevano essere i bagni pubblici non molto frequentati, per la verità, e normalmente abbastanza puliti; il ragazzo si diresse immediatamente verso quella costruzione ed io mi misi alle sue calcagna.
Gli accessi erano collocati in una parte dell’edificio protetta da una sporgenza del muro e lui, appena arrivato davanti alla porta, si fermò in attesa; lo raggiunsi, gli passai davanti strusciando anche il sedere sul suo pacco ben evidente ed entrai seguito da lui.
Appena dentro, osservai con cura i diversi bagni e, visto che l’ultimo era il più pulito, entrai lasciando la porta aperta; il ragazzo s’infilò dentro, chiudendo la porta alle spalle.
Non persi tempo e mi avventai immediatamente sul suo pene; per me era la prima volta, ma contavo che limitando il rapporto, facendo leva sulla voglia che mi era montata e soprattutto accettando la cosa come la trasgressione che da anni sognavo, non avrei avuto difficoltà a trattare quel membro con il debito riguardo.
In più, il ragazzo mi dava la sensazione di essere, se non vergine, quanto meno poco abituato; e questo poteva darmi un certo vantaggio.
Accosciandomi sui calcagni, raggiungevo col viso la sua verga; presi il pantaloncino con le due mani sui fianchi e lo abbassai di colpo portando alla luce il bestione che avevo ammirato che mi balzò di colpo davanti al viso, anzi direttamente sulla bocca; mi bastò cacciare fuori la lingua per sentirne già il sapore acre che mi penetrò nel cervello; socchiusi dolcemente le labbra e lasciai entrare per pochi centimetri la cappella; con la lingua cominciai a stuzzicare il buchetto dell’uretra e a lambire la cappella tutta intera, prima facendola entrare quasi tutta in bocca e poi portandola fuori per muovere più agevolmente la lingua intorno.
Cominciai allora la prima fellatio della mia vita; con la destra tenevo il membro alla radice cercando di regolare la penetrazione in bocca; percorrevo con le labbra l’asta per linee esterne accarezzandola in ogni dove, per aprirle poi e farla penetrare in bocca tutta, fino alla gola, fin dove reggevo senza conati di vomito; altre volte giocavo a far entrare e uscire dalle labbra socchiuse la cappella leccandola contemporaneamente e solleticando soprattutto il frenulo, la parte delicata coperta dal prepuzio e il buchetto dell’uretra.
A ogni movimento, sentivo che l’altro sussultava e si contraeva dal piacere mentre mugolii indistinti gli uscivano dalla bocca.
Mentre con grande passione leccavo, succhiavo e mordicchiavo, mi sentii prendere per la nuca e cominciò la sua copula; tenendomi vigorosamente fermo, il ragazzo cominciò l’andirivieni in bocca spingendo la cappella profondamente in gola, obbligandomi a una lunga salivazione che lubrificava efficacemente e qualche volta provocandomi conati di vomito che mi obbligavano a interrompere la manovra.
Quando il suo piacere arrivò allo spasimo, sentii che spingeva con maggiore violenza il sesso nella gola e che cominciava a tremare con tutto il ventre e con le gambe, segno evidente di un’eiaculazione che arrivava.
Pensavo che a quel punto mi sarei fermato e l’avrei fato eiaculare fuori; ma, in parte perché mi teneva la testa ben saldamente bloccata, in parte perché volevo portare fino in fondo la mia esperienza, continuai a succhiare e leccare anche quando gli schizzi di sperma mi esplosero in bocca quasi con violenza; a stento riuscii a ingoiare e a trattenere in bocca prima di ingoiare.
Ma ce la feci e continuai a leccare a pulire il bastone finché non lo sentii sgonfiarsi definitivamente e sgusciare improvvisamente fuori dalla bocca.
Si tirò su il pantaloncino e quasi sussurrando mi disse.
“Sai, è stata la prima volta …”
“Anche per me …”
Gli risposi e notai una certa meraviglia, segno che la mia fellatio era stata fatta bene.
“Quella in spiaggia chi è?”
“La mia compagna.”
“Ma … allora …”
“Non sono gay, anche se ti deve essere sembrato; sono etero ma mi andava di fare un’esperienza …”
“E lei?”
“Non so, non ne abbiamo mai parlato.”
“Pensi che farebbe qualcosa con me?”
“Non so … dovrei provare a parlarne.”
“Vuoi continuare l’esperienza?”
“Tu te la senti?”
Mi prese la mano e la portò sul membro; era già duro come il marmo.
“Mi fai il didietro?”
“Se ti va …”
“Se sei delicato e fai piano, ci sto; ma ricordati che sono totalmente vergine.”
“Va bene; proviamo.”
Dal lavello del bagno prelevò uno spruzzo di sapone liquido che spalmò sul suo membro; poi ne prelevò un altro che provvide a spalmare sul mio ano spingendo dentro un dito per lubrificare anche le pareti interne; naturalmente la sollecitazione risultò decisamente eccitante e sentii che il membro mi s’irrigidiva all’improvviso come mai prima.
Il ragazzo spinse nel retto due dita e cominciò a ruotarle per allargare l’ingresso; intanto, mi prese una mano e la portò sul sesso; capii che voleva essere stimolato così lo accontentai mandando la mano avanti e indietro; poi mi compiacqui del movimento che mi provocava eccitazione e cominciai a muovere la mano in maniera da accarezzare il membro in modi sempre diversi e imprevisti per fare scattare nuove forme di piacere; con l’altra mano presi i testicoli e li accarezzai delicatamente.
Mi sarebbe piaciuto molto anche solleticarlo con la bocca, ma il sapone appena spalmato mi fece cambiare idea e continuai a masturbarlo con passione e sapienza; in fondo, bastava ricordare i movimenti che mi davano piacere quando mi masturbavo, o mi masturbavano, per ripeterli puntualmente sul suo membro e sapere che si stava eccitando.
Quando tre sue dita entrarono agevolmente nel mio retto e si mossero dentro ruotando e scivolando dentro e fuori con agilità, il ragazzo capì che era il momento giusto per tentare la penetrazione.
Mi prese per la collottola e mi fece piegare sul lavandino; si pose alle mie spalle, puntò la cappella contro l’ano e cominciò con una piccola spinta a fare entrare la punta nello sfintere.
All’inizio le cose andarono lisce ed io lo incitavo a spingere dentro, a rompermi il sedere, a possedermi come una troia.
Poi la cappella incontrò la strettoia del muscolo dello sfintere e lui dovette spingere con maggior forza; sentii il ventre squarciarsi e una massa enorme di carne violarmi e penetrare fino in fondo al condotto; la sensazione che ne ricevetti fu del ventre che si apriva.
Urlai dal dolore; lo implorai di fermarsi perché mi faceva troppo male, ma gli chiesi anche di non uscire; intanto m’imponevo mentalmente di superare il dolore della penetrazione; in un momento di rilassamento, quasi avesse sentito che ero più disponibile, il ragazzo diede un colpo di reni e il sesso scivolò completamente nel retto.
Quando il suo ventre urtò le mie natiche con un tipico rumore di due corpi nudi che si scontrano, capii che ero stato stuprato e che finalmente il mio sedere conosceva il dolce piacere del sesso dentro.
Intanto, però, avevo tanto male e lo pregai di attendere ancora prima di iniziare la monta.
Fu molto premuroso e delicato; mi accarezzò la schiena e i lombi; prese in mano le natiche e ci giocò separandole e accostandole; addirittura, in una fase mi comunicò che vedeva nettamente il mio ano spanato e aperto e che lo spettacolo del mio sedere rotto era meraviglioso.
Gli chiesi se ci fossero danni visibili; mi disse che vedeva tracce di sangue ma che forse erano da attribuirsi a emorroidi scoppiate e non a lacerazioni dei muscoli intestinali.
Lo pregai quasi, allora, di montarmi per bene.
Mi abbracciò per la vita e portò le mani fino all’inguine, fino al mio membro duro come acciaio; lo prese con delicatezza e cominciò a menarmelo con sapienza; sentendomi sempre più rilassato, addirittura lo anticipai e cominciai a muovere il bacino per spingere avanti e indietro il membro dal retto; mi accarezzò a lungo sulla schiena accentuando molto il piacere, mentale prima che fisico, che la penetrazione mi stava provocando.
A mano a mano che pompava, il mio corpo si abituava all’invasione di quel mostro e la penetrazione era quasi un piacevole completamento del mio corpo; le terminazioni nervose dell’intestino, sollecitate dalla mazza che le stimolava scivolando dentro e fuori, cominciarono a mandarmi segnali di grande piacere al cervello e mi trovai a godere da matti prima ancora che lo sperma si caricasse nei coglioni e cominciasse il percorso che l’avrebbe portato a esplodere.
Sicuramente sensazioni analoghe dovevano investire lui che mugolava sempre più intensamente e colpiva con botte quasi feroci il mio didietro spingendo il membro sempre più in fondo, verso zone intatte che conoscevano per la prima volta il piacere della penetrazione.
Dopo avermi squassato a lungo la schiena, mi masturbò con particolare ritmo e intensità finché cedetti ed esplosi in un orgasmo violento e totalizzante.
Subito dopo, sentii che il suo corpo vibrava, col mio e nel mio, e il mostro si gonfiava fino a esplodere in una serie di spruzzi violenti che mi arrivarono ai precordi e mi fecero provare intense emozioni di orgasmo a ogni nuovo getto.
Si adagiò sulla mia schiena e lasciò che lentamente il suo respiro tornasse normale; io feci la stessa cosa accoccolandomi sotto il suo corpo quasi assorbendolo nel mio.
Il membro cominciò a rilassarsi e a perdere potenza; lo sentii che lentamente si ritraeva, quasi si sgonfiava, e tendeva progressivamente a uscire dal retto, trattenuto solo dallo sfintere che aveva recuperato la sua funzione e lo teneva stretto nel mio corpo.
Il ragazzo diede un colpo di reni all’indietro, io spinsi come per andare di corpo e con uno strano ‘flop’ il membro scivolò via.
Immediatamente, qualcosa di viscido cominciò a scivolarmi via dall’ano; lui prese della carta igienica dal rotolo, ne fece un batuffolo e mi tamponò provvisoriamente.
Poi si rimise a posto il pantaloncino e uscì; io tornai a chiudere la porta, bagnai sotto al rubinetto un batuffolo di carta e lavai il sedere, particolarmente intorno all’ano e nello spacco tra le natiche; sulla carta rimasero chiare ampie tracce di sperma e strie notevoli di sangue.
Mi sedetti sul water ed espulsi dal corpo tutta lo sperma che era rimasto dentro e il sangue che era fuoruscito; mi pulii con carta asciutta e mi resi conto che ancora un poco sanguinavo; ma non volli dare peso e sperai che rapidamente la piccola emorragia si sarebbe sedata.
Indossai i miei pantaloncini e uscii a mia volta, Il ragazzo era ancora agli orinatoi che si puliva il sesso.
“Ciao, speriamo di rivederci.”
Lo salutai.
“Senz’altro. Cerca di valutare se si può fare qualcosa con la tua donna.”
Ci stava già pensando concretamente.
“OK. Ciao.”
Conclusi e tornai in spiaggia da Concetta.
Tutto l’andirivieni che si era verificato non aveva scosso lo stato di Concetta che aveva, evidentemente, continuato a leggere imperterrita il suo libro, a giudicare dallo spostamento nelle pagine del segnalibro, e forse neppure si era accorta che mi ero allontanato per qualche tempo; quando rientrai, la trovai esattamente come l’avevo lasciata, sdraiata, stavolta bocconi, a prendere il sole sulla schiena.
Scalciai via il pantaloncino e mi tuffai direttamente in mare; avevo bisogno di rinfrescarmi e, soprattutto, di lavarmi, anche per verificare lo stato del mio ano, dopo la violenta, meravigliosa penetrazione.
L’acqua di mare mi rinfrescò notevolmente, anche se qualche bruciore me lo procurò, nelle parti più interne che potei raggiungere; a conti fatti, era andata benissimo.
Tornato sulla spiaggia, mi sdraiai sul mio telo a fianco a Concetta che finalmente trovò la parola.
“Hai problemi di emorroidi?”
Mi chiese; la guardai con aria interrogativa.
“C’è del sangue sul tuo pantaloncino; ho pensato che ti fosse scoppiata un’emorroide …”
“No; sono stato penetrato analmente …!”
La faccia di Concetta diventò un enorme punto interrogativo.
“Ma … non si era per niente parlato … come … ????”
“Scusa, ma tu lo hai visto quel bel ragazzo che stava lì di fronte?”
Accennò di si con la testa.
“Beh! … mi piaceva … l’ho provocato e siamo andati nei cessi, dove gli ho praticato una fellatio e mi sono fatto sverginare … Tutto qui!”
Concetta appariva disorientata.
“No … è che … insomma, ne abbiamo fatte tante insieme che credevo ci fosse più intesa, insomma avrei preferito che almeno me ne parlassi …”
“Senti, Concetta; quello era lì in chiara proposta di offerta; uno di noi doveva solo prendere l’iniziativa; ma pare che a te il sesso interessi solo se ti ci conduco io; non mi pare che ti piaccia autonomamente …”
“Ma che diavolo dici?!?! Il sesso mi piace, in tutti i modi e in tutte le forme; chiaramente mi piace assai di più e soprattutto se lo faccio insieme a te, in ogni situazione e con chiunque tu decida; tu mi dici cosa vuoi fare ed io partecipo. L’unica cosa che non mi riesce è prendere iniziative; per quelle, mi affido a te.”
Il discorso non faceva una piega e mi lasciava spiazzato perché, a ripensarci, era anche vero.
“Vuoi dire allora che se io organizzo una serata a tre con quel ragazzo, tu ci stai?!?!”
“Se è a tre, vale a dire io tu e l’altro, va bene quel ragazzo come qualunque altro sesso che ti possa piacere; ti ripeto, se ci sei anche tu, posso anche farmi squartare la vagina da un asino, non ho problemi; ma voglio che ci sia tu!!!”
Forse avevo sbagliato qualcosa; mi girai ad abbracciarla e, strusciandole sul fianco, il mio membro ebbe una repentina impennata.
“Attento … ci possono vedere!”
“E chissene …”
Limonammo per qualche minuto, poi avvertimmo che qualcuno ‘invadeva’ lo spazio che avevamo scelto; ma era solo il ragazzo con cui avevo fatto sesso, che si andò a collocare di nuovo, tutto bello nudo, proprio di fronte a Concetta.
Gli feci cenno di accostarsi e presentai lei.
“Questa è Concetta, la mia compagna!”
Stringendole la mano rispose.
“Ciao, sono Roberto”
Mi sorpresi a pensare.
“Cavolo! Mi ha rotto il sedere e solo adesso scopro il suo nome; lui addirittura non conosce il mio!”
Ma la cosa interessava poco, al momento, perché Roberto si era venuto ad accosciare sulle ginocchia proprio ai piedi di Concetta e le stava accarezzando le gambe su fino alle cosce e stava già inoltrandosi per l’interno coscia verso la vulva.
La situazione mi pareva precipitare un po’ troppo rapidamente, anche perché a sua volta Concetta aveva allungato la mano e già soppesava il membro barzotto di Roberto che, sollecitato, s’inalberò di colpo diventando molto interessante; ormai erano già al punto che lui la masturbava apertamente, titillando labbra e clitoride ed entrando decisamente in vulva con uno o con due dita; e lei, per parte sua, aveva cominciato a muovere la mano avanti e indietro sull’asta che reagiva con impennate autorevoli.
Dovetti intervenire.
“Forse è meglio che vi diate una calmata! Qui rischiamo la denuncia per oscenità!”
Si fermarono malvolentieri e Concetta gli fece spazio sul suo telo perché si sdraiasse accanto a lei e cominciassero a prendere coscienza reciprocamente del calore del corpo dell’altro; qualche accenno a vibrazioni sessuali, senza arrivare a vero e proprio coito, era l’anteprima di quanto avevano voglia di fare, e si vedeva!
Considerato che si avvicinava l’ora di pranzo, chiesi a Concetta se pensava di saltare il pranzo e andare in un posto più tranquillo e se invece preferiva rimandare tutto, che so, alla sera per avere maggiore margine di libertà; si scambiarono uno sguardo d’intesa poi fu Roberto e dirmi che era preferibile attrezzarsi per una serata bella e intensa, considerata anche la kermesse di poco prima che gli era costata due orgasmi.
Gli dissi allora che la sera sarebbe stato nostro ospite a cena e che poi avremmo deciso dove andare per godere con calma.
Gli chiesi dove andasse per il pranzo e lui accennò all’ipotesi di un panino in salumeria.
Capii allora che doveva essere uno studente in vacanza con pochi soldi e anche in difficoltà di fronte a certe mie proposte che esorbitavano dalle sue disponibilità.
Cercai di affrontare la cosa con più discrezione e lo invitai a pranzo, facendogli osservare che per noi non era un grosso problema quello che per lui era difficile.
Accettò di buon grado e andammo al ristorante al centro della rotonda.
Il locale era attrezzato in maniera rusticheggiante, con grandi tavoli e panche per due persone, sicché quasi naturalmente io mi sedetti da un lato e Roberto con Concetta dall’altro lato, molto vicini in modo che i fianchi si toccassero, quasi a prendere coscienza del corpo dell’altro; di tanto in tanto, notavo movimenti sotto il tavolo che segnalavano come lui le andasse a carezzare la vulva, non so se sopra o sotto il costume, e lei segnasse il profilo del membro costretto nel costume minimo, anche qui, difficile sapere se sopra o sotto la stoffa.
Tentai di fare piedino almeno con uno dei due; ma la struttura del tavolo impediva il passaggio e dovetti limitarmi a immaginare o intravedere.
Per fortuna il cameriere che veniva per le ordinazioni sciolse la tensione sessuale e per la successiva mezz’ora ci dedicammo totalmente a gustare il cibo, peraltro buonissimo.
Dopo pranzo, io comunicai che per me era indispensabile un rituale che non voleva dire per forza dormire ma certamente starmene rilassato a riposare, possibilmente non in pieno sole; per cui, esclusa l'area naturisti ma anche la spiaggia normale, non restava che un punto del parco al sole ma abbastanza ombreggiato; sapevo di non chiedere l’assurdo, visto che conoscevo il posto, e mi diressi decisamente a un angolo separato, ancora abbastanza incolto, dove spesso avevo visto coppie di ogni genere appartarsi e dove abitualmente mi fermavo a riposarmi dopo pranzo.
Arrivati sul posto, stendemmo i tre teli allineati e vicinissimi; poi Concetta si stese al centro, io e Roberto ai suoi lati.
Naturalmente, non persero un attimo e cominciarono a limonare mentre io li stavo a guardare arrapato e cercavo di sistemare il mio corpo quasi a barriera contro la vista di eventuali passeggeri.
I due, sdraiati su un fianco, si baciavano con ardore e, dalla mia posizione, vedevo quasi chiaramente il membro di lui farsi strada fra le cosce di lei, stimolando nel movimento le grandi labbra e l’ano anche se dal costume; Concetta allungò una mano dietro di sé e la portò sul mio inguine; la presi per le spalle e spinsi il ventre contro la sua schiena fino a farle sentire il pene tra le natiche.
Quasi rassicurata, cominciò a muovere il ventre avanti e indietro per sollecitare contemporaneamente i due membri.
Sentivo che Roberto era molto più infoiato di me e che esprimeva il suo desiderio per quel corpo con gemiti animaleschi e con violente spinte contro il bacino di Concetta; per mia parte, reggevo con ambedue le mani il sedere bellissimo di lei e lo frenavo per accentuare l’effetto di spinta sul suo pube; lei godeva in maniera chiara ed evidente soprattutto dalla macchia di umido che si andava allargando sul costume.
Il desiderio di Roberto di sentire il calore di quella vulva diventava sempre più intenso e incontenibile; fermandosi per un attimo, sembrò dedicarsi al seno meraviglioso di Concetta, vidi che tirava fuori dal reggiseno una tetta e abbassava la testa a leccarle il capezzolo.
Avendo per tanti anni goduto del piacere di quella succhiata, non avevo difficoltà a capire cosa potesse provare e, addirittura, le sensazioni si scatenavano su di me che guardavo lui e controllavo i sospiri e i gemiti di piacere di Concetta mentre lui succhiava come un neonato affamato; lei godette violentemente e ce lo fece sapere con un urlo, che lui tempestivamente bloccò in gola baciandola con passione, e con un’intensa vibrazione di tutto il corpo che sembrò scosso da corrente elettrica.
Quando si rilassò, sentii tra le mani i glutei che si appoggiavano e diventavano morbidi e ancora più appetibili.
Roberto, quasi soddisfatto dall’orgasmo di lei, sembrò rilassarsi, staccò il ventre dal suo e si sdraiò supino a riposare.
Allora anche Concetta si rilassò, si sdraiò supina sul suo telo e cominciò a ronfare leggermente, proprio come un gatto soddisfatto, come le dicevo spesso.
A quel punto, anch’io mi lasciai andare al riposo e mi addormentai.
Al risveglio mi trovai solo; i miei due compagni erano andati al mare o, forse, a copulare da qualche parte; nel dubbio, mi diressi alla spiaggia naturisti e li trovai lì che prendevano il sole, sdraiati vicini e certamente eccitatissimi; lui lo dimostrava chiaramente col membro eretto a obelisco sopra il ventre; l’eccitazione di lei era meno visibile ma certe sottilissime vibrazioni del ventre denunciavano uno stato almeno di tensione.
Mi scusai per aver dormito a lungo e mi stesi a fianco a loro; approfittando di un momento che Roberto era andato in acqua, chiesi a Concetta cosa fosse successo.
“Senza di te io non copulo; lo vuoi capire o te lo devo far tatuare sul sesso?”
Sorrisi e mi scusai ma in fondo la risposta mi rendeva felice soprattutto per il legame che indicava tra noi due.
Il pomeriggio passò abbastanza velocemente tra le solite stupidaggini da spiaggia per riempire il vuoto del tempo; libri, tablet, parole crociate, qualche passeggiata, qualche bagno e altre amenità del genere.
Verso il tramonto decidemmo che il sole preso poteva bastare e che era il caso di tornare all’alloggio, per lo meno per una doccia, prima di andare a cena ‘e al dopocena’ fu l’inevitabile commento aggiunto da Concetta.
Salutammo Roberto col quale facemmo appuntamento dopo un paio d’ore allo stesso ristorante, salimmo in macchina e tornammo all’alloggio.
Due ore sono in realtà una manciata di minuti, solo 120, nell’arco dei quali è possibile fare solo un determinato numero di cose.
Cercare di spiegare questo semplice dato a una donna che si prepara a una serata particolare, può essere impossibile, se si ostina a voler preparare tutto quello che ritiene indispensabile.
Concetta cominciò dalla doccia; doveva lavarsi e profumarsi tutta, per non commettere gaffes; ma poi le sorse il sospetto che avrebbe potuto presentarsi l’occasione per un rapporto anale e non si sentiva sicura della pulizia interna; ma l’attrezzatura per il clistere non c’era.
Mi ricordai allora di qualcosa che mi aveva raccontato un amico noto omosessuale e grande frequentatore di membri; smontando dalla doccia la parte terminale, era possibile infilare il tubo nell’ano, aprire l’acqua tiepida e procedere a un intenso lavaggio.
Concetta non ci pensò due volte e pretese che glielo facessi.
Fu una goduria, infilarle il tubo nel canale rettale opportunamente lubrificato e aprire l’acqua; ci godette molto anche e, alla fine, andò a scaricare l’intestino nel water; per sicurezza, esigette che ripetessi per tre volte la pratica, finché dall’ano non vide sgorgare acqua limpida; entrato in quella logica, in previsione di una mia penetrazione anale, feci la stessa cosa anche su me stesso, ma lei non volle in nessun modo aiutarmi.
Intanto si era posto il problema della ceretta e dovetti faticare non poco per convincerla che il tempo era insufficiente, che le sue gambe erano lisce e fresche come le sue tette e il suo sedere, che il ciuffetto in cima alla vulva era di un arrapante mai visto.
Comunque, riuscii a chiederle di affrettare i preparativi.
Decise, anzi, dovetti deciderlo io e convincere lei, che l’intimo non era assolutamente né necessario né opportuno, visto il programma della serata, e che per l’abito il meglio era una vestaglietta molto semplice, molto estiva, allacciata sul davanti con una cintura a vita, per cui, aperto un nodo, restava praticamente nuda; anche per il trucco si convinse che, data la situazione, il meglio era limitarlo al minimo.
Insomma, un’ora e mezza dopo il ritorno all’alloggio, eravamo in sostanza pronti.
Tra le altre cose, avevamo anche concordato che per il dopocena l’ideale era tornare al nostro alloggio che consentiva il massimo del confort, con eventuali accessori utili e senza rischi di strani incontri.
Allo scopo, predisposi anche una web cam per la registrazione della serata e dei suoi imprevedibili sviluppi.
Andammo così al ristorante, dove Roberto già ci aspettava.
Indossava una semplice maglietta e un pantalone bianco, estivo, dal quale si notava che non aveva mutande e in compenso il pene già in tiro emergeva come una visione.
Come già a pranzo, si sedettero vicini sulla panca di fronte a me e sin dal primo momento le loro mani furono occupate a palparsi, a conoscersi, a titillarsi; Roberto scoprì immediatamente che entrare sotto l’abitino era di una semplicità disarmante e che, per la mancanza d’intimo, il ciuffetto della vulva era nelle sue mani prima di cercarlo; Concetta ebbe bisogno di qualche impegno per accarezzare il membro fin dove poteva; non potendo abbassare la cerniera senza dare spettacolo, dovette limitarsi a percorrerlo per tutta la notevole consistenza soffermandosi sulla punta; fu Roberto a frenarla per evitare che le gocce di precom bagnassero il pantalone irrimediabilmente.
Quasi per ripicca, lei lo afferrò per la nuca e lo baciò a lungo e intensamente facendo ruotare la lingua nella sua bocca con accompagnamento di risucchi e rumori vari.
Il pene mi si gonfiò e soffrì, costretto nei pantaloni.
In qualche modo riuscimmo a ordinare la cena e a consumarla con evidente gusto, anche per la qualità del cibo; mentre prendevamo un digestivo d’erbe, chiesi a Roberto come si muoveva; lui rispose che era venuto a piedi perché alloggiava assai vicino; gli feci presente che avevamo pensato, per serenità, di spostarci nel nostro alloggio e che, dopo, lo potevamo riaccompagnare al ristorante.
Si disse d’accordo e non restò che andare alla macchina.
Si accomodarono insieme sul sedile posteriore ed io mi misi alla guida; dal retrovisore vedevo chiaramente le manovre che si avviarono tra di loro per entrare immediatamente nel vivo del rapporto; finché si trattava delle iniziative di Roberto che allargava il vestito per scoprire le meravigliose tette di Concetta, mi limitavo a eccitarmi e a sbavare mentre lui prendeva in bocca e succhiava golosamente i capezzoli e Concetta, da parte sua, mugugnava lamentosamente e sospirava profondamente per i piccoli orgasmi che si susseguivano; quando però Concetta aprì la patta, s’impossessò del membro e lo fece sprofondare nella gola, ritenni necessario avvertirli che forse era meglio fermarsi un momento e aspettare di arrivare in camera, prima di eiaculare definitivamente.
A malincuore, riconobbero che bisognava frenarsi e in pochi minuti ero al nostro alloggio al quale, per buona sorte, si accedeva da un ingresso indipendente.
Avevamo appena varcato la soglia, che già il nodo dell’abito di Concetta era sciolto e il suo corpo statuario appariva in tutta la bellezza delle tette grandi e sode, del ventre teso, delle bellissime cosce; facendola leggermente ruotare, Roberto le sfilò l’abito, lo fece cadere e si abbassò a baciarle il didietro, percorrendone con la lingua e con le labbra tutte le curve stupende che segnavano la linea della schiena che disegnava un perfetto mandolino, i glutei ampi e sodi e la fessura tra le natiche che preludeva a più ricche intimità.
Concetta, a sua volta, aveva già aperto la lampo e tirato giù i pantaloni, mentre lui si sfilava dalla testa la maglietta e la lanciava lontano.
Poiché anch’io mi ero liberato in fretta dei miei pochi stracci, in due minuti eravamo tutti e tre completamente nudi.
Roberto accompagnò Concetta sul letto e la fece stendere supina a cosce spalancate; salì anche lui in ginocchio sul letto e chinò la testa sulla vulva che prese a leccare intensamente; io mi disposi di lato ad ammirare le grandi labbra di lei spalancate e la lingua di lui che le lambiva lentamente, dal basso in alto; poi vidi che la bocca di lui catturava il clitoride e cominciava a succhiarlo come fosse un poppante; di tanto in tanto, rallentava e mordicchiava il centro del piacere di lei, che gemeva e mormorava parole senza senso e, a ogni morso, lanciava lievi urli di goduria.
Roberto passò a leccare e succhiare anche i capezzoli e le aureole; decisi allora di prendermi anch’io qualcosa e, collocatomi alle spalle di lui, gli presi il sesso da dietro, attraverso le cosce, e lo spostai indietro finché potei raggiungerlo con la bocca e cominciare a succhiarlo; a quel punto, mentre lui leccava e succhiava Concetta, nella vulva e sui seni, io succhiavo il suo membro e lo rendevo sempre più duro e più grosso; quando mi accorgevo che il piacere si faceva più intenso, lasciavo l’asta e prendevo in bocca i testicoli che leccavo e mordicchiavo, in parte per rallentare la sua goduria, in parte per provarne io una nuova.
La funzione passiva di Concetta non poteva andarle a genio per troppo tempo; dopo avere urlato almeno due volte per altrettanti orgasmi pieni, prese Roberto per le ascelle e lo fece scivolare sul suo corpo finché le arrivò completamente sopra; io, per non fargli male, dovetti mollare la presa.
Quando il membro arrivò all’altezza dell’inguine, Concetta tirò indietro i piedi, spalancò le gambe e le avvitò intorno al bacino di lui, dilatandosi oltre ogni limite immaginabile.
Roberto si sollevò sulle ginocchia per avere spazio di movimento ed io, come un fulmine afferrai di nuovo il suo sesso duro, tra le sue cosce e il ventre di Concetta, e guidai la cappella verso le grandi labbra spalancate e grondanti; venti centimetri e oltre di carne scivolarono nella vagina con una semplicità quasi disarmante; mi fermai a guardare ammirato il movimento di vai e vieni del membro nella vagina, cercando di dedurre dai suoni che lei emetteva gli effetti che quella mazza, decisamente assai più grossa della mia, aveva sulla sua vagina, sulla sua cervice e, in qualche modo, sulle sue coronarie.
Ma Concetta appariva la più felice e soddisfatta delle donne e, con le spinte del bacino, sembrava volerne sempre di più.
Roberto la montò per qualche minuto e mi sembrò che fosse molto attento a sentirla godere soddisfatto; quando lei, per la terza volta, urlò il massimo del piacere raggiunto, si staccò di colpo e uscì; io che non perdevo di vista nessun momento della copula, ammirai la possanza del membro che emergeva in tutto il suo turgore e, contemporaneamente, la voragine grondante della vagina improvvisamente vuota.
Roberto prese Concetta per i fianchi e la indusse a girarsi prona sul letto, le sollevò i fianchi, spostò le ginocchia e la penetrò da dietro; anche in questo caso, la mia posizione mi consentì di osservare con amore tutto il passaggio fino a quando il pube di lui andò a schiaffeggiare ripetutamente il perineo di lei ampiamente esposto con l’ano e con la vulva.
Poi decisi di scegliere una parte più attiva; scesi dal letto, vi girai intorno e andai a sistemarmi sopra la testa di Concetta col mio membro duro diretto alla sua bocca; non ebbe bisogno di suggerimenti e la sentii accarezzarmi la cappella.
Farmelo succhiare mi aveva sempre dato una grande gioia e, in situazioni particolari, mi aveva sempre soddisfatto ancora di più.
In quel momento, sentire la sua bocca che imprigionava con dolcezza il mio membro, la lingua che giocava tra cappella e frenulo facendomi sussultare di piacere, insomma pompare nella sua bocca, mi entusiasmava; e ancora di più mi eccitavo quando sentivo che i colpi decisi e violenti, che Roberto imponeva alla sua vagina, la portavano a godimenti continui che si trasmettevano dalla bocca al mio membro.
Il gioco continuò in questo modo anche quando Roberto la rovesciò ancora sul letto, si stese supino e la fece impalare sul suo obelisco levato al cielo; io, accovacciato sul corpo di lui, picchiavo con vigore Concetta nella bocca.
Poi lei sembrò quasi chiedere una tregua e si sistemarono a sessantanove; inizialmente, io mi affiancai a Concetta e cominciai a succhiare con lei il membro, alternandoci a prendere in bocca l’asta o le palle, leccandole mentre l’altro succhiava la cappella e così via; finché, preso da un raptus, mi misi carponi su Concetta, le diedi in bocca il sesso e, contemporaneamente, accostai l’ano al pene di Roberto che continuava a leccare lei.
Concetta capì le intenzioni e, preso in mano il membro di lui, lo guidò dolcemente nel mio retto; sentirlo entrare progressivamente e sapere che a spingerlo e a guidarlo c’era la mano di Concetta, mi diede un’emozione così violenta che a stento frenai l’eiaculazione nella bocca di lei.
Roberto però era solo in parte soddisfatto, per cui lasciò la vagina che stava leccando, mi sollevò un poco e si sistemò in ginocchio dietro di me perfezionando la penetrazione che io avevo iniziato; Concetta però nemmeno voleva smettere e, salita in groppa a me, offrì a lui l’ano e la vulva da leccare.
Così il gioco riprese da altra posizione; mentre con la bocca succhiava a ventosa l’ano e la vulva di Concetta, Roberto contemporaneamente picchiava con foga nel mio retto preoccupandosi comunque di non arrivare mai all’orgasmo.
L’obiettivo ormai appariva chiaro a tutti e tre e, in fondo, lo volevamo insieme.
Quindi, Roberto, dopo avermi squassato il retto con una serie di spinte violente e meditate, si sfilò di colpo lasciandomi uno strano senso di vuoto; contemporaneamente, fece spostare Concetta di lato e la invitò a sistemarsi gattoni sul letto; appostatosi alle sue spalle, appoggiò la cappella all’ano e si fermò, quasi a chiedere il permesso.
Lei si limitò a portare indietro una mano e allargare le natiche per favorire la penetrazione; raggiunsi rapidamente la posizione migliore per guardare e vidi quest’enorme mazza farsi strada, in maniera lenta e sofferta, nell’ano di Concetta che di falli ne aveva ricevuti, ma di quella stazza non molti.
Ero incerto se guardare le reazioni nel viso di lei oppure osservare la progressiva penetrazione del membro nel retto; poi riflettei che le sensazioni potevo farmele raccontare dopo, eventualmente davanti alla registrazione se avesse funzionato.
Così scelsi di guardarmi il sesso che si faceva strada nei tessuti molli e li forzava a riceverlo con passione; e vedevo, contemporaneamente, la cedevolezza del retto che quasi sembrava godere come me del progressivo avanzamento della mazza nei recessi dell’intestino.
Concetta partecipava all’erotismo generale con le grida che, per un po’ segnale di dolore, divennero a mano a mano gemiti di piacere sempre più intenso.
Quando l’asta fu tutta immersa nel retto, coi testicoli che sbattevano sulle grandi labbra aperte e grondanti, col pube di lui che picchiava contro le natiche di lei, allora Roberto cominciò la monta ed io mi persi in quel movimento di vai e vieni che sembrava a ogni passaggio dilatare di più lo sfintere e farlo rilassare quando i testicoli toccavano la vulva.
Andarono avanti per parecchi minuti, tra i sospiri, i gemiti e i gorgoglii di piacere di lei, il respiro affannoso di lui e la sorpresa incantata di me che vedevo per la prima volta uno spettacolo così coinvolgente.
Poi lui diede in rapida successione una serie di colpi violenti che lasciarono tutti e tre senza fiato, lei cominciò a urlare di piacere quasi senza interruzione, io mi limitai a trattenere il respiro e finalmente lui diede un violentissimo colpo che spostò tutto il letto, si schiacciò contro di lei quasi a voler confondere i due corpi e cominciò a respirare con affanno, quasi stesse male.
Ma era solo la sua grande eiaculazione che arrivava e si scaricava nel corpo di lei che la riceveva con la stessa enfatica partecipazione; anche lei aveva goduto ancora una volta e, forse, in maniera definitiva, per quel giorno.
Si staccarono con mille precauzioni; senza l’entusiasmo del sesso attivo, diventa più difficile violare le leggi di natura e un membro che entra in un ano stretto, fa meno male del medesimo che esca dallo stesso ano.
Ma tutto andò regolarmente; Concetta si precipitò in bagno per scaricare lo sperma ricevuto e sciacquarsi, io mi vestii e uscii sul terrazzo a fumare; poco dopo mi raggiunse anche Roberto che aveva indossato camicia e pantalone.
Quando anche Concetta si presentò di nuovo rivestita, ci scambiammo uno sguardo interrogativo e, capito che la serata poteva considerarsi conclusa, accompagnammo Roberto al punto d’incontro e ci salutammo senza impegni o appuntamenti ma solo un generico e ragionevole.
“Non si sa mai, in vacanza!”
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