Proprio questa estate, dopo tutti i casini a causa del covid, stavo rientrando a casa con degli amici. Avevamo passato una serata piacevole, passeggiando sul lungomare e chiacchierando: cosa che consideravamo normale prima della quarantena.
Sono una a cui piace ficcare, lo ammetto. Scusate la franchezza, ma non ci sono giri di parole per de-scrivere le mie pulsioni sessuali. Non credo, anzi, sono certa di non essere l’unica, solo che io lo dico liberamente, senza indossare delle maschere perbeniste che mi stanno sul cazzo.
Non vedevo un ragazzo da mesi.
Non sono fidanzata, non più da un pochino e quindi potevo esprimere la mia sessualità come meglio credevo e, nonostante questa mia breve presentazione, devo chiarire una cosa: non sono una che va con tutti. Sono, naturalmente, selettiva. Posso permettermelo, essendo carina.
Come se non bastasse, durante il lockdown, nella mia zona, ci sono stati problemi di connessione dovuti a guasti di vario tipo, non saprei entrare nello specifico, e spararsi un sano ditalino guardando un porno, o cercare qualcuno o qualcuna a cui mostrarsi su una video chat, non è stato possibile.
Dopo un primo imbarazzo su ciò che fino a qualche mese prima ritenevamo gesti assolutamente nella norma, abbracciarci era divenuta una cosa da evitare. L’essere umano è tale perché cerca il contatto fisico e mai prima di allora avevo provato tanto piacere nell’essere toccata. Non toccata in un punto intimo, solo sentire il corpo di un altro contro il mio. Mi eccitai all’istante. I miei amici non hanno canoni estetici che considereremo aggraziati, tutt’altro e poi sono amici, quindi li vedo come fratelli e non mi riesce di farmi ficcare, però, schiacciare le mie tette contro i loro toraci flosci, appoggiare la figa calda contro il loro cazzo moscio, mi eccitò enormemente, tanto che divenni tutta rossa e cominciai a sudare. Anche se i pantaloni facevano da intralcio, desideravo sentire quel bozzetto moscio contro la mia fica già umida, inaspettatamente per un contatto come un abbraccio. Non credo di essermi tanto avvinghiata a loro come in quella serata posta quarantena. Sono arrivata a poggiagliela anche contro al culo, cingendo la pancia con le braccia e facendo scivolare gli arti fin sopra il cazzetto, così, come per caso, cercando di sfiorarglielo, sempre da sopra i pantaloni. Premevo continuamente con le tette contro le oro schiene, a turno, mi sono appoggiata su tutti. Inconsciamente, ma nemmeno tanto speravo che almeno uno di loro lo tirasse fuori e me lo ficcasse duro in figa, ma ciò no avvenne. Li riempì di baci sul collo e non potei notare l’imbarazzo loro e degli altri amici che non capivano cosa mi stesse succedendo. Erano a conoscenza della mia libertà sessuale. Due di loro, in passato, erano rimasti di guardia all’uscita di un locale, piuttosto che per strada, mentre mi facevo sbattere a dovere dal tizio di turno rimorchiato poco prima.
Avevo le gote rosse e non ce la facevo più dal caldo e dalla voglia che mi spingeva a fare qualcosa. Il problema restava il distanziamento. Se qualcuno non si può avvicinare, difficilmente riuscirai a fargli capire ciò che aneli.
Pure le coppie che passeggiavano mano nella mano per strada mi facevano figurare in testa strane voglie da soddisfare. Mi ero convinta di essere un’ossessa. Mai prima mi era successa una cosa simile e che si faceva largo con tanta prepotenza nel mio ventre.
Appena ci fermavamo, mi strusciavo sulla qualunque per cercare di sedare la mia voglia. Avrò consumato non so quanti spigoli dei muri. Farà ridere la cosa, ma davvero mi ci poggiavo con forza e il tutto mi dava piacere.
Non potevo continuare ad andare avanti così. Mi mordevo le labbra a ogni passo che compivo.
Ci sedemmo a un tavolino sistemato all’aperto. Prima di ordinare chiesi al cameriere se era possibile andare in bagno. Mi disse di sì. Una volta dentro mi abbassai i pantaloni e le mutandine. Facendolo, dalla figa a questa c’era un filo di liquido bello denso che non voleva saperne di rompersi. Sorrisi.
Cominciai a fare pipì. L’urina che scendeva mi stimolava la figa incredibilmente divenuta sensibile e istintivamente cominciai a menarmela mentre pisciavo, con la pisciazza che mi lubrificava e schizzava tra le dita. Gli occhi mi si rivoltarono all’indietro. Gli addominali erano contrattissimi. Ci stavo dando dentro di brutto, forse come mai fino a quel momento. E io non sono una grande amante della masturbazione. La pratico pochissimo.
Venni interrotta, per mia sfortuna, sul più bello, proprio mentre stavo per svuotarmi, da un’altra ragazza che bussò alla porta. Non potei fare altro che rivestirmi e liberare il bagno per quella puttana (molto carina, a dire il vero) rompi coglioni, che mi lanciò una brutta occhiata prima di entrare dentro. Ne ignoro il motivo. Forse fu solo una mia errata impressione.
Tornata dai miei amici, consumammo quanto ordinato e decidemmo di andare via da lì. Nemmeno a dirlo: ero più vogliosa di prima. L’interruzione nel momento clou aveva peggiorato di gran lunga le cose!
Continuamente davo il tormento ai miei amici. Volevo toccarli, suscitare in loro una reazione animalesca, ma riuscivano a contenersi molto più di me. Fu uno di quei momenti in cui rimpiansi il fatto che per le donne è più difficile trovare un partner sessuale a pagamento quando se ne ha voglia. I maschi vanno a puttane e risolvono.
Mi misi a parlare di video porno e cose simili, giocando con loro a cercare l’attrice hard che più gli piaceva o la scena che li aveva fatti eccitare maggiormente. Ebbi l’effetto contrario di quanto volevo: la presero a ridere e i film che visionavamo erano un continuo spunto di ilarità. Ci rimasi male per il mio fallimento.
La disperazione mi stava assalendo. Stavo per impazzire. Fortuna che una foga del genere non mi si è mai più ripresentata.
Al ritorno verso casa prendemmo l’autostrada per fare prima. Non la ritenni una buona idea, di macchine in giro ce n’era ancora talmente poche!
Ci fermammo a un autogrill per fare benzina. La pancia mi stava scoppiando. Non stavo ferma con le gambe. Dovevo svuotarmi o rischiavo di esplodere. Ero tutta una vampata di calore. Scesi senza dire niente e mi diressi verso il bagno.
Appena dentro mi travolse una puzza di urina che quasi vomitavo. Non me ne fregava nulla. Aprì la prima porta, mi infilai dentro, non mi sedetti sul water e, abbassati di poco i pantaloni e facendo passere le dita nelle mutande, cominciai a masturbarmi duro. Volevo e dovevo fare in fretta. Facevo andare la mano su e giù con una velocità pazzesca. Con la mano destra mi tenevo dalla parete poiché al piacere mi piegavo continuamente sulle ginocchia. Provai un po’ quella sensazione che si ha quando ci si gratta per una puntura di zanzara. Un piacere incontenibile che tocca il cervello.
A stento trattenni dei gemiti di piacere. Mi ero accorta che nel bagno accanto al mio ci doveva essere una tizia che stava cacando, sentivo la puzza di merda, oltre che udire i versi a causa dello sforzo.
Mi lasciai andare del tutto e cominciai a sgrillettami a dovere, godendo a piena voce. Quell’altra, sicuramente sorpresa di quanto stesse avvenendo, mi chiese se andasse tutto bene. Io nemmeno le risposi e continuai a menarmela con furia. Il momento dell’orgasmo fu qualcosa di eccezionale. Una schizzata rude e forte contro la porta. Si sentì lo schizzo grattare sopra il legno. Parti del mio stesso liquido rimbalzarono sull’uscio e tornarono indietro, bagnandomi i vestiti e lavandomi la faccia. Tirai fuori la lingua e assaggiai il mio sapore: faceva davvero schifo, ma ne avevo tanta, tanta voglia.
Ero esausta. Le gambe mi tremavano e dovetti sedermi sul cerchio della tazza completamente sporco di pipì mista al mio liquido. Mi doleva il basso ventre tanto furono dure le contrazioni. Avevo il fiatone ma ero pienamente soddisfatta.
Mi risistemai come meglio potei e uscì da lì, fermandomi ai lavandini per sciacquarmi mani e faccia. Fu in quell’istante che uscì anche la ragazza che stava cacando. Mi guardava con uno strano ghigno sul viso. Io ricambiai ma senza mai fissarla direttamente, per quello usai lo specchio che avevo di fronte, che copriva l’intera parete. Mi si mise di fianco e incominciò a lavarsi le mani. Si vedeva lontano un miglio che le piacevano le donne ma era arrivata troppo tardi, un’istate prima e mi sarei fatta fare tutto quello che mi avrebbe chiesto. E io sono una che odia ricchioni e lesbiche, vi ho detto tutto. Per sua sfortuna non poté sfruttare quel mio momento di debolezza, lesbica di merda.
Con un’altra espressione in viso me ne tornai dai miei amici che pensarono fossi scappata in quella maniera in bagno perché mi sentissi male. Li tranquillizzai e risalimmo in macchina. Il mio atteggiamento nei loro confronti era cambiato. Se ne accorsero all’istante, anche se ignoravano il perché di quel mio attaccamento morboso nelle ore precedenti.
Tenevo la mano sulla pancia, che continuava a dolermi. Non dovevo avere un buon odore. Non so se vi è mai capitato di fare caso all’odore dell’orgasmo femminile. È particolare. I miei vestiti e capelli ne erano zuppi.
Sul sedile di dietro, visto che ero l’unica femmina, mi facevano sedere sempre in mezzo, cosa che io ho accettavo volentieri poiché mi piaceva recitare il ruolo della sottomessa. Se vai con gli uomini devi fare la donna, quindi sei passiva e fai quello che ti chiedono di fare, senza tante parole inutili e puerili.
Cominciarono ad annusarmi. Io non dissi nulla. Mi limitai a guardarli, in silenzio. Suppongo che ebbero, anche se solo vagamente, l’idea di quello che poteva essere quel liquido di cui ero invasa. La questione fece calare in macchina silenzio e imbarazzo.
La coda dell’occhio mi cadde sui pantaloni del mio amico che stava seduto alla mia destra. Gli era venuto duro! Con una scusa si passò la mano sulla gamba facendo in modo di sfiorarmi la mia con le dita. Io gli presi la mano e, guardandolo in malo modo, gliela rimisi sulla minchia. Adesso giocavo a fare la timida ragazza offesa e che non fa di queste cose. Se soltanto avessero colto i miei segnali durante tutta la serata, mi sarei fatta aprire dai loro cazzi, ma vado in giro con dei coglioni, lo ammetto, anche se sono dei coglioni a cui voglio un mondo di bene.
Aveva intuito, con amarezza, l’occasione che aveva perso. Non gli rimaneva che fare come me: masturbarsi. Prendere il suo bel cazzone duro, scappellarlo e farlo schizzare, magari usando una delle mie foto in costume che postavo sui social per mettermi in mostra e ricevere commenti in privato da sconosciuti, in cui mi mandavano foto dei loro arnesi in tiro, tributi sugli scatti e mi dicevano che volevano chiavarmi, approfittando dell’anonimato dei loro account. Vigliacchi senza palle.
Giungemmo in fine davanti casa mia. Scesi dalla vettura, salutai tutti come d’abitudine, con un bacino sulla bocca e, però, mi tenni una sorpresa finale per il mio amico che c’era rimasto tanto male per come lo avevo trattato: gli passai la mano sul cazzo, una carezza appena, ma lo feci mentre lo guardavo negli occhi. Potei sentire la sua sborrata che inumidiva il jeans. Delle volte basta davvero poco per far contenti gli amici!
Mi voltai e, sculettando vistosamente, mi diressi verso la porta di casa. Giunta sulla soglia mi girai ancora una volta e con sguardo provocante li guardai tutti, uno per uno. Mostrai loro il dito medio, sorrisi e me lo misi in bocca, cominciando a succhiare. Adesso avevo la certezza che avevano capito perfettamente quel che avevo tanto desiderato per tutta la serata e che sarei stata disposta a soddisfare ognuno, se solo fossero stati meno imbecilli e impacciati.
Li lasciai lì, con tanto rammarico e i cazzi grossi, ne sono certa. Come abbiano finito la serata non l’ho mai saputo. Per quel che mi riguarda posso pensare che se lo siano menato a vicenda immaginando che a fare su e giù con la mano c’ero io. Se sia mai avvenuto o meno non lo so e non lo saprò mai, però mi diverte pensare che sia andata così.
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