Amore e sesso Il punto di vista di Tina
Ho già varcato la soglia degli ‘anta’, 42 per l’esattezza, e credo di potermi considerare pienamente realizzata.
Socialmente, il ruolo di Amministratore Delegato di una grande azienda mi rassicura molto sulle mie condizioni anche per il futuro.
Sul piano delle emozioni, dopo l’errore commesso di rimanere incinta e partorire a 18 anni per ingenuità di ragazza, credo di essermi presa molte soddisfazioni nella vita.
Sul piano familiare, mia figlia Nicla, a 24 anni, è brillantemente avviata ad una buona professione nonostante i grandi capricci e la volubilità che la portano a cambiare spesso partner con la massima indifferenza; i motivi di dibattito tra noi sono questo suo sfarfallare tra un amorazzo e l’altro e l’ostinazione con cui, in pubblico e in privato, ha deciso di chiamarmi Tina, il mio vero nome è Concetta, perché secondo lei ‘mamma’ è deleterio per me perché affossa la mia bellezza e la mia eleganza ed è ingombrante per lei che deve spiegare come mai ha una mamma così giovane e brillante.
Francesco, l’altro mio figlio, ha 21 anni ed è anche lui un promettente laureando; è più tenero e coccolone; i miei figli confermano che è vera l’ipotesi che i maschi prendano dalle madri e le femmine dai padri.
Il mio rammarico è infatti mio marito Pasquale che, ormai al di là dei cinquanta, continua a correre dietro alle gonnelle delle ragazzine e spesso si impegna a sperperare quello che io guadagno.
Le litigate tra me e Nicla vertono proprio sul perché non mi decido a chiedere la separazione, assegnargli un vitalizio e liberare da un’ingombrante palla al piede la mia bravura, la mia intelligenza e la mia bellezza.
In altri termini, Nicla vorrebbe che mi amassi un poco di più e che liberassi un poco la mia interiorità, intesa anche come sessualità, per uscire dalle ragnatele della concezione ormai morta della moglie fedele in eterno; non riesce assolutamente ad accettare l’idea che si possa rimanere legati ad una zavorra perché lo richiede la propria formazione.
Di fatto, poi, si comporta in realtà proprio come suo padre, con l’intelligenza di non aver mai preso e di non voler prendere, almeno in tempi brevi, decisioni che impegnino per la vita.
Naturalmente, poiché mi vuole molto bene, non esita a denunciare le malefatte di suo padre, specialmente quando rischiano di ricadere sulla mia persona.
Tra le altre cose, abbiamo acquistato da molti anni una casetta al mare, una costruzione in stile antico; ristrutturata in maniera rispettosa del territorio, ma di gusto moderno, è situata in un punto molto panoramico con accesso privato alla spiaggia; nell’immediata vicinanza c’è di uno stabilimento balneare di lusso, che è diventato il bengodi di mio marito e della sua caccia alle ninfette affamate di libertà e di nuove esperienze; ma anche il luogo preferito dei figli, che trovano ampio spazio per il loro desiderio di conoscenza e di relazioni.
Sono distesa sotto l’ombrellone al riparo del sole cocente del sud, chiusa, ‘mummificata’ per Nicla, nel mio costume intero di sapore vintage, quando vibra il telefonino e leggo che mia figlia mi sta chiamando; allarmata, le chiedo dove sia e perché chiama.
Mi avverte che il mio ineffabile Pasquale si è messo ad offrire al bar a destra a e manca evidentemente con una mia carta di credito, visto che lui non ne possiede; guardo il portafogli e mi accorgo che effettivamente una carta non è al suo posto.
Vado in direzione e avverto che mio marito sta pagando con una carta abusiva, per la quale potrebbero avere problemi sia lui che lo stabilimento; il direttore si precipita ad avvisare il barman di non accettare più ordini ed io vado da mio marito, lo prendo in disparte e gli impongo di restituire la carta se non vuole finire in galera; borbotta qualcosa di incomprensibile e va via, a coda ritta, fingendosi offeso.
Ovviamente, Nicla non perde l’occasione per tornare ad inveire contro suo padre e contro di me che sono troppo tenera con lui; la prego di sedersi accanto a me e cerco di spiegarle che per quelli della mia generazione certi valori sono assoluti e indiscutibili; mi ribatte solo che la schiavitù è stata abolita, prima per civiltà e poi per legge.
Mi sfida allora a passare qualche giorno insieme e a vivere almeno alcune ore secondo i suoi principi, che non sono altamente morali ma sono più logici di quello che io voglio ammettere.
Ho in programma un viaggio a Parigi di tre giorni, per un convegno ad alto tasso di interesse per il lavoro; le chiedo se è disposta a venire con me nella Ville Lumière e sperimentare su un terreno neutrale le sue convinzioni; accetta ad un solo patto; tutto il tempo ufficiale, convegno, colloqui, trattative e altro, sarà nel mio stile; tutto il tempo libero, compresi i pranzi e le cene, saranno gestiti da lei e la seguirò anche nel look; mi dichiaro d’accordo.
Partiamo in aereo un giovedì mattina e in poche ore siamo sul posto; vengo travolta dagli adempimenti obbligatori e ci ritroviamo libere solo verso l’imbrunire; è presto, per andare a cena; ce ne andiamo a passeggio; ho indossato, sotto la guida di Nicla, una camicetta leggera che fa trasparire il reggiseno con le mie tette piene, carnali, da donna matura con due figli, eppure straordinariamente eccitanti.
Me ne accorgo ogni volta che ho a che fare con uomini il cui sguardo, normalmente, riesce a bucare anche le giacche rigorose, che indosso abitualmente, ogni volta che, per un qualsiasi motivo, si aprono un poco; la gonna l’ha scelta lei; non è una mini, ma si ferma almeno dieci centimetri oltre il ginocchio; le mie, in genere, arrivano sotto il ginocchio; ai piedi, ho deciso di indossare ballerine senza tacco che non sollevano più di tanto il mio sedere.
Non ne ha bisogno, essendo per natura già molto alto e tondo; Nicla proclama che sono particolarmente sexi ed appetibile; per dimostrarlo, mi invita ad osservare gli sguardi assassini di tutti gli uomini che incrociamo e le occhiate feroci delle compagne che li rimproverano.
“Non puoi capire quanto sono orgogliosa di passeggiare con una donna così bella ed affascinante come te!”
Mia figlia mi spiazza, ma sento il suo affetto e lo ricambio con una stretta di mano; siamo davanti ad una libreria ed è annunciata la presentazione di un volume di poesie di un giovane, Francois Rouen, che avevo già deciso di comprare per aver letto alcune cose qui e là; lo dico a mia figlia e, naturalmente, mi spinge immediatamente dentro, dove, ad un tavolino, è seduto l’autore circondato da giovani che parlano con lui che firma le copie.
Nicla prende un libro e si rivolge al poeta in perfetto francese dicendo che siamo italiane, che Tina conosce la sua poesia e che amerebbe una copia autografata; lui lascia il tavolo e viene diretto da noi, mi chiede in perfetto italiano delle poesie che ho letto e cominciamo a parlarne; la nostra entrata ha interrotto il lavoro di presentazione e il gruppo di ragazzi protesta; Nicla parte in quarta.
“Senti, Franco, innanzitutto, perché non ti faccia illusioni, Tina non è una mia amica o mia sorella; è mia madre, legittima e naturale.”
Lui la interrompe e riesce a zittirla.
“No, non è possibile; così giovane, così sensibile, così bella e così affascinante, già mamma di una donna altrettanto meravigliosa?! Permettimi di dire che sei un vero miracolo della natura!”
“Bello, non stare a fare il lumacone, che con noi non attacca; se proprio vuoi corteggiarla, sappi che siamo in giro per andare a cena. Indicaci un posto giusto, molto francese e molto romantico, dove potete farvi gli occhi dolci quanto volete e intanto ceniamo.
Visto che i poeti sono sempre poveri, dal momento che Tina, oltre a tutte le qualità che vedi e tante altre che non si vedono, è anche un’alta dirigente d’industria e si può permettere qualche piccolo lusso, sei ospite suo; basta che ci porti a cenare in un bel posto e la fai sentire soddisfatta di aver dialogato, ma io direi amoreggiato, per una sera con un poeta che ammirava già prima di conoscerlo. Ci stai?”
“Tua madre mi innamora, non ho problemi ad ammetterlo; ma anche tu mi affascini con questo falso cinismo che nasconde un amore viscerale per tua madre e per la sua sensibilità. C’è un posto, qui a fianco, che io non potrei permettermi; ma se dici che potete farvi passare il gusto di una bella serata, vi ci accompagno volentieri; dovete aspettare solo dieci minuti che sbrigo la firma dei volumi.”
“Firmane tanti, tantissimi; ti aspettiamo.”
In tutto il loro dialogo non ho avuto la forza né l’occasione per inserirmi con una sola frase; adesso però ho quasi paura dell’impegno che Nicla ha assunto per me; parlare di poesia e d’amore era l’unica cosa che poteva spiazzarmi; questa benedetta ragazza mi ci ha catapultato senza che me ne accorgessi.
“Nicla, ma ti rendi conto che accosti la fiamma alla paglia. E se perdessi la testa, stasera?”
“Mamma, adesso devo rivolgermi a mamma perché tutto sia più chiaro, perché per una volta non accetti un mio punto di vista? Io ho paura dell’amore; per questo cerco di non innamorarmi; tu invece hai bisogno di amore e soprattutto di fare l’amore. Ti ordino allora di innamorarti solo per una sera, anzi per una notte, di abbandonarti all’onda di questo piacere che ti si legge negli occhi, nel viso, nei capezzoli che si sono induriti e, se ti mettessi la mano fra le cosce, nella vulva che ti sta allagando le mutande, che porti invece degli slip o delle brasiliane.
Tu stasera mi stai a sentire; ti innamori pazzamente, ti concedi a te stessa e a lui, fai l’amore per tutta la notte, fino a svenire, ti fai riempire di sperma o d’amore, come preferisci chiamarlo, tanto so che prendi la pillola. Domattina, sotto la doccia, ti lavi di tutte le scorie, chiudi nei ricordi e nel cuore questa notte e torniamo a casa più felici, più ricche, più umane, anche io che sto solo facendo la ruffiana. Mentre lui ti conquista, se ce ne fosse bisogno, io sparirò ed andrò a concupire qualcuno per me.
Domani mattina, ti prego, raccontami che hai fatto l’amore alla grande e portiamoci questo segreto con noi in Italia.”
Vorrei obiettare qualcosa, ma Francois è già con noi e ci guida deciso all’uscita; è una cena fantastica; lui è conosciuto nel giro ed è anche benvoluto; i camerieri si fanno in quattro per metterci nelle condizioni ideali e, durante la cena, non facciamo che guardarci negli occhi da veri innamorati; Nicla gongola; in un momento in cui lui va in bagno, trovo la forza di confessarle.
“Mi sento come al primo appuntamento, anzi come la sera delle nozze, come se stessi per partire per la luna di miele.”
“Mamma, ti voglio tanto, tanto, ma tanto bene. Io vado via; siete troppo belli così innamorati. Ci penserò io, domani, a riportarti sulla terra. Tu abbandonati e galleggia.”
Quando Francois ritorna e si siede, mia figlia ha già elaborato la sua strategia.
“Senti, poeta, io sono stata felicissima di averti incontrato; spero che farai felice Tina almeno per una notte; se non ci vedremo più, ti saluto qui e vado a concupire quel bel fusto all’angolo. Ciao.”
Rimasti soli, Francois mi prende le mani sopra al tavolo e sembra accarezzarmi tutta con lo sguardo; mi sporgo verso di lui e, attraverso il tavolo, ci scambiamo un bacio leggero, che mi fa fremere fin dentro le ossa.
Mi chiede dove alloggio e se preferisco andare in hotel o a casa sua.
Gli dico che domani il convegno comincia presto e che devo dormire abbastanza perché sarà una faccenda faticosa.
“Vuoi che ci salutiamo qui?”
Trovo il coraggio di dire.
“No, voglio che facciamo l’amore. E non ti meravigliare; non ho mai tradito mio marito, nemmeno col pensiero; non so cosa sia il corpo di un altro uomo; ma questa sera la poesia, l’amore e la filosofia di Nicla mi dicono che devo farlo, per me soprattutto; devo prendermi tutto l’amore di cui sono capace e che tu saprai darmi. Domani ti potrò anche dimenticare, ma stasera voglio galleggiare sulle nuvole.”
“Posso dirti che Nicla è una donna assai più saggia di quello che sembra?”
“Io non riesco a dirlo; guarda, sta già limonando con quel ragazzo e noi non ci siamo ancora dati un bacio vero.”
“Dartelo qui non serve più; ho voglia del tuo amore e di offrirti il mio.”
L’albergo non è lontano; recupero la chiave della camera e andiamo su; mi sento veramente come la sposina in viaggio di nozze; anzi, l’emozione è maggiore, perché adesso so con chiarezza che cosa sto facendo e perché lo voglio; non ho verginità da sacrificare, fisicamente; ma quella mentale è assai più pesante da portare.
Penso a mia figlia, mentre mi sento avvolgere dal suo abbraccio passionale e intenso; scioccamente, fantastico che dovrei fare l’amore davanti a lei per poter fare bene le cose, per farmi consigliare; poi mi sento stupida e mi concentro sulle mani di lui che mi accarezzano tutta e quasi non osano aprire i vestiti per arrivare alla carne viva; e mi concentro sul sesso che mi preme sul ventre, da sopra i vestiti e mi procura già emozioni vicine all’orgasmo.
Poi prendo l’iniziativa e comincio a spogliarlo io; tutte le mie fisime spariscono; la bestia della libidine che era nascosta in me emerge di colpo e mi scateno su di lui; lo bacio in rapidissima successione su tutto il viso, sugli occhi, sulle guance, sulla bocca e mi impossesso come una furia della sua lingua che succhio avidamente; si scatena anche lui, come se avesse abbandonato le riserve, e sento che mi bacia quasi con furore, mi succhia dappertutto, mi lecca fin dentro le orecchie scatenandomi un inferno nella vulva; mi palpa i seni e lo aiuto a sfilare camicetta e reggiseno per offrire alla sua bocca i capezzoli duri e grossi come nocciole, che attendono solo di essere succhiati, serrati, tirati, morsi fino a far male.
Slaccio la cintura e abbasso insieme pantaloni e mutande; ha un pene bellissimo, molto grande, molto nodoso, che dà piacere alla mano che lo manipola, che promette gioia in bocca, in vagina e forse anche nel didietro; non ho esitato, quando Pasquale me l’ha chiesto; ho provato piacere e so che questa sera voglio darglielo, come gesto d’amore; fibrillo in tutto il corpo e sento che la vulva mi cola per la serie di orgasmi che anche solo accarezzandomi riesce a procurarmi.
Ha ragione, Nicla; non so che cosa mi sono perduta, attaccandomi ad un parassita che mi succhia anima e corpo; ma ora, anche solo per una notte, ho bisogno di riscattarmi; mi abbasso sui talloni e prendo il membro in bocca; mi viene da piangere, tanta è l’emozione di sentire la cappella sotto la lingua e sto ferma un tempo che mi pare infinito ad assaporarne il gusto, a trasmettere la lussuria alla vulva per farla sbrodolare ancora; poi comincio a pompare.
Non so quanto sono brava, perché l’ho fatto solo con mio marito; ma Francois sembra impazzire; strabuzza gli occhi, freme e si tende tutto, non so se sta per eiaculare e, nel dubbio, mi fermo perché non voglio finire presto.
E’ vero che devo dormire e gliel’ho detto, ma solo per prevenire che non avremmo dormito insieme; però possiamo fare l’amore quanto vogliamo; e questo l’ho detto, fammi fare l’amore fino a svenire; mi prende per le ascelle e mi solleva; si è già tolto giacca e camicia; si libera dei pantaloni e delle mutande che aveva ai piedi e, intanto, mi sfila gonna e mutandoni; in quel momento, un poco mi vergogno e mi riprometto che adeguerò il mio intimo.
Mi sfila anche le autoreggenti e, nuda, mi rovescia sul bordo del letto; si accoscia davanti a me, accarezza le gambe e le cosce fino all’inguine, sposta i peli che porto molto lunghi, incolti e folti, apre con le dita le grandi labbra e piomba con la bocca sul mio clitoride che, in un attimo, è gonfio da farmi male, ma il dolore si attenua nella sua bocca, quando comincia a succhiarmi fino a strappare un orgasmo che non ricordo uguale a nessun altro; sta lì a succhiare, leccare, mordere, martirizzare per una decina di minuti, lasciandomi a desiderare ardentemente il sesso nella vagina, finché devo dirglielo.
“Ti voglio dentro, ti voglio tutto dentro, ti prego!”
Mi fa spostare al centro del letto, monta su in ginocchio e continua a carezzarmi il monte di venere peloso e la vulva che stringe tutta in una mano; infila il dito medio per far emergere la fessura, si accosta tra le cosce, appoggia la cappella alla vulva e spinge dentro; sento la sua mazza percorrere il canale vaginale tutto intero, fino all’utero che tocca con un leggero dolore per me, abituata ad un solo membro, meno grosso; si stende sopra di me, mi bacia sulla bocca e mi sussurra frasi dolcissime.
Mi sembra di galleggiare su una nuvola, proprio come avevo detto io; e ogni volta che lui, cavalcandomi, sprofonda dentro di me, la mia nuvola scende verso il basso per riportarsi in alto subito dopo insieme al membro che esce dalla vagina per ripiombare dentro con nuovi orgasmi; quando sento che il suo corpo si tende un poco, per l’orgasmo in arrivo, alzo le gambe e imprigiono la sua vita intrecciando le caviglie sulla schiena.
La mazza sprofonda in me fino al dolore; stringo i muscoli vaginali e lo trattengo dentro il più a lungo possibile; gemendo, mi esplode dentro una eiaculazione lunga, piena, intensa; rispondo urlando i miei orgasmi, forti, passionali, decisi, da fargli sentire tutto il mio amore; se ne sta su di me a rilassarsi; ci accarezziamo il viso, il petto, le spalle; lui mi titilla a lungo i capezzoli e devo pregarlo di fermarsi perché mi provocano il solletico, mentre mi rilasso.
Accarezzo le sue natiche sode, dure, tese e le stringo al mio ventre quasi per farmi penetrare ancora più dentro, anche col pene che si è decisamente ridotto; non avrei voglia di andarmi a lavare ma, se lascio che lo sperma mi coli dalla vulva, sporco tutte le lenzuola; intanto, ho ancora voglia di sentirmi penetrata; e questa volta sento l’ano che freme, quasi geloso di essere stato trascurato; mi sfilo per un momento, raccolgo gli abiti, miei e suoi, e li deposito sulle sedie, riflesso condizionato di massaia; vado in bagno a scaricare la vescica e a sciacquarmi la vulva; torno sul letto e, accarezzandolo, gli chiedo.
“Ci fermiamo qui?”
“Per me, assolutamente no; tu cosa desideri?”
Prendo la sua mano, me la porto dietro e guido il dito medio nell’ano.
“E’ esattamente quello che avrei desiderato!”
Un momento dopo sono carponi sul letto; lui, dietro di me, lecca la zona con devozione religiosa; naturalmente, privilegia l’ano che percorre in tutte le pieghette che lo chiudono e nel quale si insinua prima con la lingua poi con le dita; dopo averci giocato un poco con il medio, si ferma perplesso; mi rendo conto anche io che il suo membro, in un sedere abituato a volumi meno impegnativi, rischia di fare danno, se non è lubrificato.
Mi ricordo che tra le creme ce n’è una alla vaselina che forse dovrebbe avere una funzione analoga; la vado a prendere in bagno e gliela consegno; mi unge accuratamente l’ano e il canale rettale, inserendo facilmente prima due poi tre dita e ruotandole dentro; a quel punto, mi prende la testa, mi fa girare verso di lui e mi guarda con amore; faccio segno di si con la testa e sento la cappella che si accosta all’ano.
Entra delicatamente, ma con sicurezza e fino in fondo; qualche leggero dolorino è assorbito dal piacere di sentirlo nel corpo.
Stupidamente, mentre mi sprofonda nel retto, sussurro.
“Ti amo. Questa notte ti amo e sono tutta tua.”
“Questo è amore; ti amo anch’io, non solo per questa notte. Faremo l’amore forse solo stanotte; ma questo amore improbabile è un regalo divino.”
Comincia a cavalcarmi nel retto con una foga eccezionale; lo sento fin dentro lo stomaco, tanto si spinge; e veramente annetto a quella penetrazione il valore di un amore piovuto da chissà da dove e che è destinato a finire, forse, subito dopo.
Quando sento lo sperma invadermi le budella, non riesco a trattenere un urlo bestiale; la più bella esplosione della mia vita.
Andiamo avanti così, per una parte della notte; trova il tempo e la forza di eiaculare ancora una volta, in bocca stavolta, e montarmi di nuovo in vagina e nel retto, riuscendo ad eiaculare solo la seconda volta; quando leggo sulla sveglia le quattro, lo avverto che devo dormire, almeno un paio d’ore.
Si riveste ed esce, non sappiamo se solo dalla camera o dalla mia vita.
Ma non ho voglia di indagare o di pormi quesiti.
Mi addormento di pacca, sfinita forse anche dal sesso.
Al mattino, trovo Nicla in sala per la colazione; mi sembra alquanto provata.
“Stai male? Hai una cera!”
“Tu quante volte e fino a quando?”
“Alle quattro l’ho spedito via per dormire almeno un po’; tra sedere, vagina e bocca, diciamo sei, due per parte.”
“All’anima della borghese bigotta. Bravissima! Ti è piaciuto?”
“La mia faccia che ti dice?”
“Che hai attraversato il paradiso!”
“Su una leggera nuvola rosa. Adesso però, devo cancellare. Tu cosa hai combinato?”
“Ho fatto sesso, fino alle sette di stamane quando sono tornata in albergo.”
“E dove sei andata?”
“Nel suo albergo che è a fianco del ristorante.”
“Adesso io vado al lavoro; poi staremo insieme.”
“Io tu e Francois.”
“No, perché? Non hai detto tu stessa che stamattina dovevo cancellarlo?”
“Non ho detto stamattina come tempo reale, stamattina è quando torniamo in Italia. Io, se uno mi dà voglia di farmene sei la prima volta, almeno la tre giorni la sfrutto.”
“Ma se non so neppure dove rintracciarlo!”
“Tu? Ma la tua Nicla pensa sempre a tutto. E’ inutile; a dirigere un’azienda, sei impareggiabile; sul sesso e sull’amore, se non c’è la tua Nicletta, neanche un poeta imbranato riesci a rimorchiare. Ciao, mamma, ci vediamo a pranzo … con il tuo tenerissimo Francois.”
Il week end parigino con Nicla, ma anche e soprattutto con Francois, è stato forse il periodo più bello della mia maturità; per tre giorni e tre notti non ho fatto che vivere in un sogno, cullandomi sulla nuvola rosa di un amore provvisorio ed impossibile come se fosse la realtà di ogni giorno, abbarbicandomi alla poesia ed all’amore per dare un senso alla lussuria che scatenano in me mia figlia, coi suoi discorsi libertari e provocatori, e il giovane poeta francese che mi riempie di attenzioni ed ha sempre pronta una bella frase per sollevarmi lo spirito.
A letto, invece, mi solleva ben altro e per tutto il tempo non ho fatto che scoprire e riscoprire la mia sessualità, il mio corpo, forse il mio bisogno d’amore; mi impadronisco del suo sesso come di una protesi esterna del mio corpo che continuamente spingo dentro il mio, strappandone umori e scatenando il piacere; mi faccio penetrare più e più volte dappertutto, ogni volta accogliendo il membro come le belle frasi che entrano nelle orecchie e nella testa, con amore infinito.
Poi, come tutte le cose belle, anche la vacanza, o piuttosto la fuga dalla realtà, ha una sua naturale conclusione e mi ritrovo sull’aereo diretta a casa, con tutti i problemi che la vita pone e che ho depositato sotto un tappeto, alla partenza; non nascondo che il momento più difficile è affrontare Pasquale, mio marito, che, appena mi vede, mi salta addosso e vuole possedermi seduta stante; il confronto inevitabile non gli è favorevole e scava ancora l’abisso che ci separa; ma la mia formazione profondamente radicata mi impone di nascondere nei ricordi l’esperienza parigina e tornare ad essere la moglie paziente di sempre.
Passa l’estate e rientriamo a Milano; trascorrono alcuni grigi mesi autunnali e la nuvola rosa è ormai un vago ricordo sbiadito che riaffiora di tanto in tanto, specialmente quando, stressata dal lavoro, mi concedo delle lunghe e defatiganti sedute di masturbazione, sollecitando gli orgasmi col ricordo di un pene che amorevolmente mi sfonda il didietro in un hotel parigino; in quei casi, frequentemente mi sdraio sul letto, quasi avessi tra le mie cosce Francois che mi possiede, e il martellamento sulla vulva si fa quasi maniacale.
Nicla viene a trovarmi una mattina, per portarmi qualcosa che ha ricevuto per posta; un volume di piccolissimo formato che contiene un poemetto in francese di un centinaio di versi; insiste perché lo legga davanti a lei e mi chiede cosa ne pensi; lo giudico carino ed ho la sensazione che qualcosa mi sfugga, tra le righe della poesia.
“Come mai ti occupi anche di poesia, adesso?”
Mi risponde un sorriso mefistofelico che non riesco ad interpretare; poi tira fuori dalla busta la copertina che aveva preventivamente staccato; leggo il nome di Francois e il titolo che allude decisamente alle nostre tre notti a Parigi; e capisco che cosa mi ha stimolato i precordi; la coscienza che si tratta di un deja vu, di una tranche de vie che appartiene alla mia propria esistenza.
Mi dice che l’ha ricevuto direttamente da Francois, col quale è rimasta in collegamento, epistolare e telefonico, e che per espressa richiesta me lo ha portato; è la prima copia stampata del libretto che presto sarà tradotto e pubblicato in Italia; per un attimo, sento un groppo alla gola per il magone; poi mi riprendo e ricordo a mia figlia che quella storia sta bene nell’album dei ricordi; mi risponde solo che secondo lei avevo bisogno di arricchire quell’album e chiudiamo lì la faccenda; ad ogni buon conto, mi tengo il volumetto e lo conservo tra le cose care.
Passano ancora dei mesi, cinque o sei, ed io sono travolta dal ritmo del mio lavoro che diventa sempre più intenso e più impegnativo; in primavera avanzata, quando già si guarda alla prossima estate, sono sorpresa da un messaggino di Nicla sullo smartphone; assai raramente usa con me questo tipo di comunicazione; indica il giornale del mattino ed una pagina di cronaca cittadina; apro il giornale e trovo che in una libreria del centro si presenta il volume di poesie di Francois che contiene il poemetto tradotto; con una certa emozione, chiamo Nicla.
“Ciao. Perché un sms?”
“Non è piacevole quello che devo dirti.”
“La presentazione del libro?”
“No; chi accompagna lui … la moglie.”
“Va bene; e allora? E’ nell’umano ordine delle cose.”
“Vuoi farmi credere che ti è indifferente la cosa?”
“No. Ci sto male, se è questo che vuoi sentire. La risposta è in una vecchia canzone spagnola. Te la cerco e te la mando. Forse capirai cosa può provare una donna nel pieno della maturità che perde la testa per un giovane.”
“Cosa dice la canzone?”
“Dice; solo una notte ancora, poi vai per la tua strada, ma per una notte ingannami ancora.”
“Tina, non è il tuo caso. Quando lo vedrai, saprai che neanche una notte elemosineresti da lui; e, per di più, non hai bisogno di elemosinare per avere amore, te lo garantisco io. Ci sono molti che te ne danno a iosa, se lo chiedi.”
Quando ci incontriamo davanti alla libreria e vedo il comportamento della moglie di Francois, ma soprattutto la supinità di lui alla presunzione di lei mi casca dal cuore e dalla memoria; ma Nicla non è donna da lasciare qualcosa a metà; mi spinge avanti finché incontro lo sguardo di lui che abbassa gli occhi come un reo; mia figlia si limita a commentare.
“Chiacchiere per vendere!”
La moglie si sente colpita e risponde piccata.
“Lei non ha nessuna idea della storia d’amore che qui viene raccontata.”
Nicla si sporge verso di lui.
“Bello, dillo a questa sciacquetta che io e te sappiamo benissimo chi è la donna della storia e che solo la sua presunzione può consentirle di credere diversamente. Senti, sciacquetta, quando tu proverai un millesimo di quello che la donna di questa vicenda ha vissuto con tuo marito, chiederai di morire per fermare quell’attimo; fino ad allora, sguazza nella tua imbecillità; alle donne vere un’anima morta come è ridotto oggi Francois non serve a niente, vero poeta?”
Lui non ha il coraggio di obiettare, abbassa la testa e pare che pianga.
Nicla sa essere spietata e tenerissima.
“Stai male? Hai voglia di piangere?”
“Non sto male; ho voglia di piangere, ma qui non posso.”
“Vieni a casa mia, siamo a due passi.”
La seguo come un cagnolino bastonato, limitandomi a ripassare in mente i fotogrammi più belli di una storia scioltasi come neve al sole; ma non sono triste, anzi mi sento quasi più forte e abbraccio in vita mia figlia, che mi sta trascinando in una pizzeria popolare affollata di giovani dove il mio abbigliamento, esattamente quello di Parigi, mi fa passare più facilmente per universitaria fuori corso con l’amica del cuore; per questo, sono oggetto di avances anche spinte e di commenti salaci, diretti a tutte e due.
“Sono sempre così diretti i ragazzi, qui?”
“Stasera si stanno contenendo; sanno essere peggiori.”
Mentre mangiamo in piedi, appoggiati a una mensola lungo il muro, si fanno avanti due maschi, decisamente meno giovani della media, dei quali uno abbraccia Nicla con grandi effusioni.
“Tina, questo è Luigi, un mio ex spasimante.”
“Divento ex solo quando a fianco a te c’è una donna così bella come la tua amica … “
Abile, il ragazzo, almeno con le parole; Nicla mi sussurra.
“Che ne dici di chiodo che schiaccia il chiodo?”
“Che vuoi dire?”
“Io nelle tue condizioni mi cercherei un sesso come antidoto. Se ti va … “
“Sei pazza? Vuoi proprio che faccia la troia?”
“No, voglio che faccia sesso e che, dentro di te, lo viva come amore. Ci facciamo una bella orgia a quattro e puoi star certa che dovrai copulare anche con me, perché io ti desidero da sempre; se i ragazzi non ti vanno, andiamo a letto io e te.”
“Confessione per confessione, a Parigi, mentre mi facevo penetrare analmente da Francois, pensavo che mi sarebbe piaciuto farlo davanti a te che mi davi consigli. Può darsi che anch’io voglia fare l’amore con te.”
“Se andiamo in quattro, mi dispiace solo per Francesco.”
“Che c’entra?”
“Mamma, ma sei proprio lenta su certe cose. Francesco avrà versato qualche ettolitro di sperma sulla tua vulva, sul tuo sedere, sulle tue tette; non sai quante volte ho dovuto farmi possedere fingendo di essere te, per farlo contento. Se copuli con questi ragazzi, per lui sarebbe la fine. Quanto meno, spera di essere il primo ad assaggiare la sua mamma troia.”
“Cavolo, sai che significa?”
“Significa che puoi surrogare un amore deluso con quello per una persona cara, che da quella vulva è uscito e a quella torna, se tu lo ami con tutto il corpo; guarda che la filosofia romantica da bancone la so fare pure io. Invito questi due o telefono a Francesco e ti possediamo noi figli?
“Hai bisogno di chiederlo? Adesso voglio voi; e mi sa che con questo risolvo anche i problemi futuri.”
Francesco non risponde; la segreteria telefonica avverte che è fuori città e che tornerà a fine settimana.
“E adesso che facciamo? Io ho già il perizoma che è da strizzare, con questi tuoi maledetti discorsi.”
“Adesso copuliamo coi ragazzi, dopo ci scateniamo io e te.”
Non ha mezzi termini, Nicla; comincia a muoversi sensualmente davanti ai due e li provoca finché il più deciso dei due, quello che mi aveva presentato come ex spasimante, l’abbraccia e la bacia; quasi per conseguenza, l’altro mi prende in vita, mi afferra la bocca nella sua e comincia a perlustrarmela leccandomi tutto l’interno; sento il sesso gonfiarsi contro il ventre e, quasi d’istinto, mi struscio alla ricerca del contatto con il clitoride che esplode non appena incontra la mazza ancora chiusa negli abiti.
Si accorge che sono venuta e chiede a Nicla di andare; lei, che si è accorta della cosa ed ha capito il mio bisogno di sesso, paga, ci prende tutti e tre e quasi ci trascina al portone di casa sua; in ascensore, diamo vita ad uno spettacolo decisamente porno, con Carlo che mi infila le mani dappertutto, dal reggiseno al perizoma, e mi stimola con tanta sapienza da farmi esplodere almeno tre volte nei tre piani da percorrere; Luigi si è letteralmente perso tra le tette di Nicla e le succhia come un poppante in astinenza.
L’appartamento è grande e ben arredato, mi è costato un occhio della testa, e soprattutto è dotato di un letto grande, segno che Nicla spesso si trova in occasioni multiple; mi trovo nuda di fronte a loro perché hanno fatto a gara a spogliarmi in tre, Nicla con maggiore passione dei due maschi, perché non ha mai smesso di succhiarmi la bocca, il viso, le tette, mentre mi sfilavano camicia e reggiseno; quando poi mi hanno tolto la gonna e il perizoma così fradicio da doversi quasi buttare, ma Carlo se lo è passato su tutto il viso aspirando il profumo dei miei umori; quando, insomma, è venuta in luce la mia vulva, è stata la prima a lanciarsi su di me, facendomi sdraiare sul letto, coi piedi ancora a terra, per leccarmela e scatenarsi sul clitoride che ha succhiato come un piccolo pene facendomi urlare dal piacere; ha dovuto quasi lottare coi due che miravano ad impossessarsene e l’hanno costretta a sdraiarsi accanto a me per riservarle lo stesso piacere.
Mentre Luigi si fionda sulla vulva di Nicla, totalmente depilata, carnosa, piena, con un clitoride che sporge superbo, Carlo mi scivola addosso e si sistema su di me in modo da titillarmi entrambi i capezzoli mentre fa scivolare verso la vulva un membro di notevoli dimensioni, per grossezza e per lunghezza, e comincia a penetrarmi con sensazioni in bilico tra la forzatura di una vagina non molto abituata al coito, almeno, non con membri di quella fatta, e i brividi di piacere che si susseguono ininterrotti bruciandomi il cervello col massimo godimento che arriva anche dalle pulsioni dell’utero sconvolto dalla cappella che urta la cervice; mi possiede alla grande, per molti minuti, poi esplode all’improvviso, inondandomi la vagina; lo catturo dentro di me e gli stringo le gambe intorno alla vita mentre mi godo la penetrazione ed una successione quasi infinita di piccoli e grandi orgasmi che mi scuotono dalla testa al cuore.
“Perdonami, non ho saputo resistere. E’ la prima volta che una femmina mi prende a tradimento e mi procura un orgasmo rapido. Sei veramente immensa, meravigliosa, irresistibile; hai la vagina più bella, più, fresca, più affascinante che abbia mai posseduto. Eppure, ne ho assaggiato tante, di vulve; ma, come la tua, è la prima volta.”
Guardo verso Nicla che si sta godendo la copula lenta e quasi studiata di Luigi, determinato a godere a lungo e a farla godere allo spasimo; guardo Carlo con l’aria di chiedere cosa intende fare; comincia a pomiciare con me come un ragazzino ed io mi abbandono al piacere di tornare ragazzina e ricambiare le carezze intime; scendo sul suo corpo leccandolo in ogni punto e arrivo al membro che prendo tra le labbra e comincio a succhiare con tutto il desiderio che mi ispira; una fellatio eccezionale, nuova; sento che vibra e si contorce, ma stavolta non arriva all’orgasmo; mi lecca e mi succhia dappertutto, dal seno alla bocca, dal ventre alla fronte; sembra quasi adorare una divinità e percorrerla in tutte le fibre per ottenerne i favori.
Mi stacco dall’asta, per non farlo eiaculare, lo rovescio sulla schiena, mi impalo, facendomelo spingere profondamente fin dentro l’utero; quasi non mi accorgo che Nicla si è sganciata dal suo maschio e mi è venuta ad accarezzare la schiena e le natiche, fino a leccarmi l’ano; mi spinge il busto in avanti, verso la bocca di Carlo; sento qualcosa di fresco scorrermi tra le natiche e intuisco che stanno per sodomizzarmi, ma non capisco come; poi mi rendo conto che sta spingendomi il membro di Luigi nel retto; non è una mazza sottile e delicata, ma un bastone grosso, nodoso e lungo; penetra nell’intestino senza provocarmi dolore, anche se il canale rettale, con l’ingombro dell’altro membro nella vagina, rende difficile la penetrazione; alla fine sento il ventre picchiare sulle natiche, segno che è entrato fino in fondo.
“Che sedere straordinario; mai penetrata analmente una donna più ricettiva e più sensuale; ispira lussuria da ogni poro; questo non è un sedere, è il paradiso del sesso. Carlo, devi provarlo. E’ semplicemente immenso!”
Detto fatto, si scambiano di posto e mi trovo impalata sulla mazza di Luigi mentre Carlo provvede a penetrarmi nel retto con dolce violenza; trovano la sintonia e mi possiedono alla grande; esplodiamo insieme, con un triplice urlo simultaneo; subito dopo, Nicla mi viene sopra e si struscia sulla mia vulva con la sua, mi schiaccia le tette con le sue che sono quasi più grosse delle mie; e mi bacia con un amore che non ho mai provato; mi fa girare la testa l’idea di copulare con mia figlia e mi esalta la sensazione fisica che sa darmi sull’epidermide, senza penetrazione; andiamo avanti per un paio d’ore, scambiandoci continuamente i partner ed io godo senza interruzione, soprattutto quando ho a che fare con Nicla.
Amo tutto di lei; ed è la prima volta che mi accorgo di quanta passione fisica ci possa essere tra madre e figlia; non l’avevo mai vista dalla prospettiva del piacere fisico; ed ora mi trovo ad ammirare la vagina evidentemente abituata a ricevere dentro mazze anche di grandi dimensioni, eppure calda, dolce, morbida, carnosa, sensuale; mi sembra quasi di vedere per la prima volta il suo didietro tondo come disegnato col compasso, nervoso e saldo piantato sui lombi quasi in esposizione permanente, con uno spacco centrale che disegna perfettamente le due natiche in cui si divide.
Al centro, l’ano decisamente spanato perché deve amare molto la penetrazione anale e non arretra, evidentemente, davanti a dimensioni ciclopiche; la bocca dolce e sensuale, dal disegno perfetto, con la quale appena può mi divora tutta; le tette naturali, senza ritocchi, ricche, carnose, quasi enormi che invitano a leccare e nelle quali affogo volentieri; in cima, due aureole leggermente brune, ancora verginali, nonostante tutto, e due capezzoli prepotenti, ritti per l‘eccitazione, desiderosi di essere succhiati, leccati, mordicchiati.
I ragazzi sono veramente all’altezza della fama di grandi amatori, sembrano davvero inesauribili; sono apertamente sempre più appassionati di me, del mio corpo; mi prendono in tutti i modi, in tutte le posizioni, con tutti i tempi e con tutti i meccanismi possibili, senza stancarsi mai di riempirmi specialmente quando si organizzano per la doppia penetrazione, in bocca e nel retto o in vagina, contemporaneamente, e spesso, nel retto e in vagina allo stesso tempo.
Come nel cuore di una tempesta di sesso sfrenato, mi trovo ad essere continuamente oggetto di un nuovo assalto e devo fare spesso ricorso al gesto di sosta, come nello sport; la più insistente è mia figlia che sta veramente dando tutta se stessa, perché forse è un sogno realizzato quello di avere sua mamma nel suo letto, con due maschietti che lei conosce e di cui apprezza le qualità amatorie.
Far emergere il meglio, o il peggio, di me, che considera quasi bigotta, è quasi una missione e, non appena mi vede riposare, si fionda a baciarmi con amore; sentire la mia bocca divorata nella sua e infilarmi la lingua fino alle tonsille le dà quasi la sensazione di farsi riassorbire; quando poi trova lo spazio per infilare la lingua nella mia vagina, incurante, o apprezzandola, dello sperma che uno dei suoi amici ha appena lasciato, sembra fisicamente tornare nell’utero.
Dopo tanta ‘ginnastica’, mi sento quasi stremata, non sono giovane come loro e lo faccio capire a Nicla che li avverte che è arrivato il momento di chiudere la giostra; non sembrano molto convinti e si affannano quasi a rubare le ultime effusioni, gli ultimi sprazzi d’amore e di sesso, leccando una vulva o un ano, titillando un capezzolo, baciandoci dappertutto.
Poi si arrendono alla realtà e vanno, a turno, in bagno; furbescamente, Carlo fa andare prima Luigi e, mentre è solo, ne approfitta per pomiciare con me, in piedi al centro della camera, ancora nudi completamente, col membro piantato tra le cosce sul pelo dell’inguine; pochi movimenti di bacino a simulare il coito e la mia vulva si mette di nuovo a colare di piacere.
Non riesco a cacciarlo via, forse non lo voglio, e mi stringo appassionatamente, anche io raccogliendo le ultime briciole di un sesso per me al limite del consentito; quando anche lui è andato a rinfrescarsi, si rivestono e si avviano ad andare; Nicla lascia uscire Luigi e blocca Carlo.
“Sei ancora in cerca di lavoro?”
“Si, ho spedito stamane il curriculum a varie aziende.”
Scopre le carte e gli rivela che Tina non è amica sua, ma compagna di studi di sua madre; l’altro sbalordisce; Nicla continua dicendogli del mio ruolo in un’azienda alla quale lui ha fatto domanda e gli chiede se è pronto a dimenticare tutto di quella serata, nel caso che decidessi di aiutarlo per il lavoro; Carlo le ricorda le difficoltà economiche in cui si muove la sua famiglia e le assicura che non una virgola uscirà dalla sua bocca; d’altronde, è notissimo per la sua grande discrezione; allora Nicla scopre definitivamente le carte.
“Mamma, ti va di dare una mano a un ragazzo che merita?”
“Domani mattina faccio prendere la sua pratica e sarà convocato a colloquio. Se merita, sarà dei nostri.”
“Mamma?!?! Ho sentito bene?”
“Sì, hai sentito benissimo; Tina è mia madre e devo subire l’onta di sentirmi dire che ha una vulva, un didietro e delle tette più belle delle mie; io da quella vagina ci sono nata, come può essere più bella della mia?”
“Nicla, scusa, ma abbiamo detto solo la verità; visto che non conoscevamo i retroscena, puoi credere che eravamo sinceri. Tua madre, anzi Tina, ha la più bella vulva che abbiamo visitato, forse la più bella del mondo.”
“Ed io ne sono felice.”
Carlo non smette di ringraziare e mi garantisce tutta la sua gratitudine per quello che farò e la sua fedeltà se mai avessi ancora bisogno di lui come partner; lo rassicuro che non mancherò di chiamarlo, nel bisogno; siamo molto stanche, io e Nicla, e ci viene spontaneo stenderci sul letto per crollare in un sonno ristoratore; prima di addormentarmi, mi viene di raccomandarle.
“Appena possibile, avverti Francesco che voglio parlargli e farmi raccontare tutto il suo amore per me.”
“Solo raccontare?”
“Sei terribile; ma attenta, perché forse talis filia talis mater … A proposito, solo una mia curiosità; ma, visto che ne hai ‘conosciuti’ tanti e che tuo padre non la perdona a nessuna, mi hai mai fatto le corna?“
“Due o tre volte; ma non è il massimo; di tutti gli amanti che ho incontrato, è certamente il più supponente e il più maschilista; ma, come tutti questi personaggi, alla fine è assolutamente poco abile, poco delicato e insomma non dà soddisfazione. Anche per questo, non ti capirò mai.”
“Non ti chiedo di capire; ti chiedo di accettare. Forse, oggi mi rendo conto che la felicità era vicina, ma da un’altra parte; però non rinnego assolutamente niente del mio vissuto e rifarei esattamente le stesse cose nella vita. Solo un’altra curiosità, poi dormiamo. Con Francesco hai mai fatto sesso?”
“Ti ho già detto che spesso ho dovuto fingermi te, perché desiderava te e poteva possedere solo me. Abbiamo fatto sesso da quando aveva sedici anni e un pene appena manipolabile; ce la siamo spassata un mondo, per qualche tempo, poi abbiamo trovato altre strade e altri interessi. Ma, se in un’orgia me lo trovo davanti, ci faccio l’amore; bada non faccio sesso, ma l’amore, con tanta voglia e con tanta gioia reciproca.”
“Quindi, manco proprio solo io, all’appello!”
“Per poco, mamma, ancora per poco … “
Non fa passare molto tempo, Nicla, prima di mettere in atto il suo proposito; dopo poco più di una settimana, mi chiede per il week end successivo di tenermi totalmente libera per passarlo con lei, a casa sua, non essendo consigliabile, per quel che ha in mente, casa mia con suo padre tra i piedi; ormai ho imparato a conoscerla e, per qualche verso, sento di essere succuba delle sue voglie.
Esattamente come mi ha chiesto, il venerdì pomeriggio, chiudo i lavori in azienda e avverto che sarei stata irreperibile per chiunque per tutto il week end; comunico a Pasquale che passo il fine settimana coi figli e vado a casa di Nicla che ha commissionato una squisita cena, da consegnare su richiesta; citofono con una certa ansia, stranissima perché si tratta di mia figlia; ma sapendo chi è lei e con chi si sta preparando a ‘giocare’ mi sento rabbrividire.
Mi accoglie con un bacio appassionato e mi accarezza lungamente il didietro e il seno; le metto una mano nella vestaglia e la trovo totalmente nuda; accarezzo la vulva e avverto un certo umido che parla di una eccitazione straordinaria; appena in casa, mi invita a mettermi a mio agio usando liberamente le sue vestaglie e, se ne ho bisogno, l’accappatoio nel caso volessi fare una doccia; mentre mi libero degli abiti e mi rinfresco rapidamente, mi comunica che vorrebbe farmi ascoltare, non vista, qualche confessione di Francesco e che, per questo, quando lui arriverà, vorrebbe che mi nascondessi in ascolto nell’altra camera.
Io neppure sapevo che anche Francesco era della partita e le chiedo se per caso ha pensato ad una serata al calor bianco.
“Non una serata, mamma; una tre giorni tutta per noi tre. Domenica sera dobbiamo essere una sola anima in tre corpi.”
Sorrido, ma solo perché quello è un antico sogno che mai avrei sperato di rendere concreto e che lei, con un colpo da strega, cerca di realizzare; la rassicuro; mi metto in accappatoio e pantofole; mi strucco, perché ho notato che Nicla non ha traccia di trucco, e decido di pomiciare un poco con mia figlia, in attesa del via alla serata; ma il gracchiare del citofono mi blocca; vado nell’altra camera e mi sistemo dietro la porta per avere una buona visuale del salone; dopo poco, entra Francesco e non posso impedirmi una certa emozione a vedere che bel ragazzo sia diventato, alto, ben piantato, elegante e deciso nei modi.
“Ciao, sorellina, come mai questo strano invito?”
“Ti sembra strano che voglia stare qualche ora con te?”
“Di solito hai compagnie più intriganti; tra noi bastano i minuti di un abbraccio amoroso.”
“Stasera avevo tanta voglia di parlarti.”
“C’entra per caso quella storia che raccontano della tua amica sconosciuta, Tina mi pare, della quale dicono che ti ha surclassato in bellezza, in fascino e in capacità amatorie? Chi è? La conosco?”
“Chi racconta queste leggende metropolitane?”
“Luigi ha detto in giro che è venuto qui con Carlo, con te e con una tua strana amica misteriosa; pare che ci sia stato un bellissimo incontro a quattro e che la sconosciuta ti abbia surclassata a letto.”
“Carlo che ne dice?”
“Quello?!?!?! E quando parla, quello? Qualcuno suggerisce che addirittura si è preso una sbandata di quelle buone, per la sconosciuta, e che siano andati a vivere in non so quale sola dei Caraibi; di fatto, lo si vede poco in giro.”
“Quante Tina conosci tra le mie amiche?”
“So che chiami Tina mamma; di altre non mi risulta.”
“E quindi?”
“Quindi che? Mica vorresti farmi capire che la sconosciuta era mamma?”
“Ti farebbe senso se fosse così?”
“Nicla; che mamma sia la donna più bella, più affascinante, più bona, più tutto di quanto chiunque possa immaginare, non lo venire a raccontare a me che muoio d’amore per lei … “
“… ma non hai mai trovato il coraggio di farglielo neppure capire.”
“Sta’ zitta; questo è un discorso troppo doloroso; non lo facciamo neppure. Insomma, era mamma la sconosciuta, ci hai copulato, l’hai fatta possedere dai tuoi amici e lei è stata una sorpresa continua per tutti voi? E a me non hai affatto pensato?”
“Senti, stupidone, guarda le chiamate perse; scoprirai che, mentre te ne stavi in Riviera a gigioneggiare, ti ho chiamato disperatamente ma non eri contattabile. Hai perso la tua occasione, semplice!”
“Lo sai che mi stai uccidendo? L’unico mio sogno impossibile è fare l’amore con mamma; tu ci sei andata vicino ed io non ero raggiungibile. Mi odio.”
“Odiati quanto vuoi, ma è andata così e nessuno può farci niente; hanno avuto fortuna quei due, anche se Luigi si pentirà per tutta la vita di essere gola profonda.”
“Ma … mamma … ti rendi conto di come è strano tutto questo? Avremmo spergiurato che era la moglie più fedele e paziente del mondo … “
“Finché non è arrivato il diavoletto Nicla che la sua mamma voleva possederla, l’ha posseduta e le ha fatto scoprire momenti di grande amore e di grande sesso.”
“Davvero è stato così?”
“Ti dico solo che la nostra tenera mammina mi ha fatto vedere il più grande e il più bel film d’amore, fatti conto a Parigi, con una tre notti con un poeta che sarebbe da raccontare in un romanzo.”
“Mamma ha perso la testa per un poeta?”
“Te la vedi mamma che perde la testa? Piuttosto vedresti le vacche a pois volare in cielo. Sono riuscita ad indurla ad essere innamorata di un giovane poeta lo spazio di un week end, a farci l’amore alla grande in quei tre giorni; e lei è riuscita a rimanere imperterrita al comando della sua azienda, a conservarlo tra i ricordi e ad amarsi per come si è scoperta disponibile; è cambiata molto, quel fine settimana.”
“Sai che papà si è lamentato che è passata dai mutandoni al perizoma? Lui non capisce perché; adesso so che spogliarsi davanti ad un altro l’ha convinta a rinnovare anche il suo look. Com’è arrivata a finire a letto con quei due e con te?”
“Semplice; il poeta è venuto a Milano, con moglie megera; mamma ha sofferto per il crollo di un sogno ed io ho cercato di consolarla suggerendole di fare sesso; mi ha seguito, forse si è innamorata di me ed ha preso in blocco anche quei due, dei quali almeno uno, come mi dicevi, forse è anche rimasto scottato.”
“Perché l’hai fatto?”
“Perché amo mamma, perché volevo fare qualcosa per lei e con lei, perché volevo vederla felice anche solo per attimi; e ti assicuro che mi è parsa in paradiso quando a Parigi ha fatto l’amore col poeta, il quale è imbecille senza dubbio, ma ha saputo anche farle vivere momenti di pura estasi.”
“Cavolo, ti invidio da morire. Adesso ti prendo come anni fa, così tu fingi di essere mamma ed io mi illudo di fare l’amore con lei. Mi hai invitato per questo, spero. Adesso mi racconti per filo e per segno tutto, anche e soprattutto i particolari scabrosi; ed io ti possiedo fino a farti male per la gelosia, per la rabbia, per l’invidia … a due imbecilli e non a me …”
“Che ne diresti se fosse lei a possederti e fingesse di essere me?”
“Che cavolo dici?”
“Dice solo che se mi avessi confessato il tuo amore, io l’avrei ricambiato anche con tutto il corpo!”
Esordisco apparendo all’improvviso; Francesco rimane interdetto, a bocca aperta; balbetta.
“Nicla mi ha detto ed ho deciso di continuare a fare l’amore con te dopo tanti anni.”
Sono stupiti tutti e due; gli devo una spiegazione.
“La prima volta che ho fatto l’amore con te è stato quando eri un poppante. Ero molto giovane, calda, eccitabile e desiderosa di fare l’amore; vostro padre spesso mi trascurava; quando prendevi in bocca un capezzolo, non lo mollavi finché la tetta non era vuota, spesso dopo mezz’ora; sentirmi succhiare il capezzolo mi eccitava da morire; spesso avevo degli orgasmi travolgenti, più belli di quelli che mi procurava Pasquale; dopo un poco, imparai a procurarmeli; quindi, quando ti prendevo in braccio per farti succhiare, per me era come prepararmi a godere con te, il mio piccolo amante.”
“Mamma, ma una donna, quando allatta, si eccita?”
“Non è detto; non succede a tutte, solo qualche volta; per questo, Francesco era il mio amante segreto.”
“Quindi, ho fatto l’amore con te da poppante.”
“Anche dopo, molto più tardi e hai quasi messo in crisi il matrimonio. Non ti ricordi davvero di quel pomeriggio al mare?”
“Oh dio, avevo rimosso; è vero. Quella volta ho fatto proprio l’amore.”
“Che cavolo è successo?”
“Niente di particolare; aveva quindici o sedici anni, forse già voi due copulavate; un pomeriggio, di ritorno dal mare, ci stendemmo nudi sul letto io Francesco e vostro padre; tu dormivi sul lettino e Pasquale si era quasi addormentato; Francesco si appoggiò al mio didietro e il pene gli venne duro, così duro che alla fine si appoggiò alla mia vulva e la cappella entrò per qualche centimetro in vagina; quasi non me ne curai; e solo adesso mi rendo conto che avrei dovuto capire quanto amore ci mettesse il mio ragazzino nella casualità del contatto.
A farla breve, in un attimo mi penetrò e senza neanche muoversi mi scaricò una grossa eiaculazione; vostro padre si svegliò e piantò una grana; per fortuna il dottore gli spiegò che nel sonno ad un ragazzo poteva succedere. Adesso dovrei andare a dirgli che il ragazzo aveva solo fatto finta di dormire.”
“Mamma, credimi, fu una reazione semivolontaria; poi negli anni l’ho rivissuta con grandi masturbazioni; ma quella volta volevo solo stare appiccicato alla tua pelle, della schiena o del sedere non importava; l’erezione fu una naturale conseguenza ed eiaculare dentro, anche. Mi perdoni?”
“No, perché dovevi possedermi sul serio; Nicla ti aveva già insegnato come si faceva; perché non mi hai preso quella volta?”
“Non lo so; paura, vergogna, dubbi, esitazione … “
“E adesso da dove aspetti l’invito?”
Resta imbarazzato; non si aspettava da me tanta determinazione; mi viene vicino e mi abbraccia timidamente; devo essere io a prendere l’iniziativa, se voglio che faccia sesso con me.
“Mamma, ceniamo prima o facciamo prima l’amore?”
Nicla è come sempre decisa e diretta; Francesco balbetta; devo essere io a rompere gli indugi.
“Preferisci portarmi subito a letto o vuoi amoreggiare da poeta?”
“Voglio adorarti come meriti, voglio corteggiarti come una ragazzina che incontro per la prima volta e che mi pare troppo esplicita e diretta, per i miei gusti, quasi come mia sorella alla quale assomigli tanto, in questi momenti. Fai portare la cena, fammi conquistare l’amore della mia mamma; poi prometto che non mi fermerò, ma devo vivere il mio sogno integralmente; per favore, non parlatemi di sesso in maniera così brutale.”
Lo stringo con dolcezza al petto; nel movimento, la vestaglia si apre e le sue mani finiscono sui miei fianchi; me le porto sui seni e glieli faccio accarezzare.
“Ti piacciono ancora così tanto le mie tette?”
“Le amo, le sogno, mi masturbo da una vita sognando di succhiarle come allora; hai due tette bellissime; sei tutta bellissima e ti amo, ti amo, ti amo.”
Nicla ha chiamato il negozio e dopo cinque minuti arriva la cena, mentre io e Francesco ci stiamo coprendo di piccoli baci.
“Non riesci a chiamarmi Tina almeno in questi momenti? Mamma suona quasi blasfemo mentre si fa sesso; l’idea dell’incesto mi pesa quanto mi attira l’idea di possederti e di farmi possedere con amore.”
“Io amo la mia mamma; sono innamorato da sempre della mia mamma; se vuoi, diventi Tina anche per me, come lo puoi essere con qualunque estraneo; ma preferisco pensare all’amore di figlio che tracima e diventa passione, sesso, voglia di fondermi con te, desiderio di tornare all’utero da cui sono nato; per questo preferisco sentirti e chiamarti mamma anche quando il pene mi diventa duro tra le tue cosce come adesso.”
“Hai ragione; anche io mi sento mamma anche quando la vulva mi cola dal piacere di sentire il tuo sesso. Ti amo.”
“La smettete di fare i fidanzatini di Peynet? Qui si fredda tutto e diventa immangiabile.”
“E se questa sera volessi mangiare solo il sesso di mio figlio e la vulva di mia figlia?”
“Fra noi tre, mi sa di essere l’unica a ragionare ancora un poco; fino a domenica, avrai voglia di mangiare membro, vulva e altro, dalla bocca sul viso, da quella sul ventre, davanti, e da quella fra le natiche, dietro. E ancora non sai cosa ho in mente! Mangiate le ostriche, intanto; pare che siano fortemente afrodisiache.”
Francesco apre un’ostrica e me la infila in vulva, all’imbocco della vagina, si inginocchia davanti a me e comincia a leccarmi l’interno delle cosce avanzando fino all’ostrica che ingoia di colpo, insieme al flusso di umori che la lunga leccata scatena.
“Ma ti sei depilata interamente!”
Nicla è meravigliata; Francesco la guarda interrogativo.
“Fino a una settimana fa, mamma aveva un pelo lungo e incolto, era unica e stupenda la sua vulva col bosco nero che la copriva; io l’ho conosciuta ed assaggiata così.”
“La Spa sa fare miracoli, sai; e mi pare di sentirmi più fresca e più pulita, senza peli.”
Nicla mi obbliga ad alzarmi, mi fa stendere sul tavolo e mi appoggia, in disordine, gamberetti ed ostriche su tutto il ventre; appoggia al centro dell’ombelico l’ostrica più bella; intanto, Francesco si è liberato degli abiti e tira fuori un corpo bellissimo, muscoloso, armonioso su cui svetta un membro importante, lungo e grosso, bitorzoluto e pieno di venature che non riesco ancora a toccare, anche se lo vorrei con tutta me stessa.
“Adesso mangiamo la mamma a partire dalla vulva, tu a destra e io a sinistra; chi arriva primo all’ostrica sull’ombelico pulendo tutta l’area avrà diritto a possederla per primo; senza trucchi e senza inganni.”
“Ma siete pazzi?”
Cerco di obiettare; ma la gara è partita e sento le lingue dei miei figli accarezzarmi il ventre, la culla della loro vita, diretti all’ombelico; sono eccitata al di là di ogni possibilità e quasi piango a pensare ai miei ragazzi che sembrano riprendere possesso di un corpo che sentono appartenergli.
Francesco ha troppa voglia di possedermi come ha sognato per anni e la sua lingua è più calda, nervosa, ansiosa di arrivare alla fine; raggiunge per primo l’ostrica, la ingoia golosamente e viene a baciarmi; è la prima volta che sento la sua lingua penetrarmi in bocca con decisione aperta e matura; mi stimola e mi eccita come mai avrei pensato e sento l’utero contrarsi e fremere, in attesa del suo sesso.
Quando il ventre è completamente pulito, mi solleva tra le braccia, neppure pensavo che potesse farcela, e mi porta sul letto dove mi deposita con delicatezza; poi mi scivola addosso lievemente e struscia su tutto il mio corpo la sua muscolatura notevole, mi schiaccia i seni coi pettorali e mi bacia; tra le mie cosce, le mani di Nicla scavano nella vulva a caccia del clitoride che prende fra le dita e stimola come un piccolo pene; poi afferra il sesso del fratello e guida la cappella fra le grandi labbra; da lì, sono le spinte di Francesco a penetrarmi lentamente; mi limito a godere in continuazione, con dolcezza e passione; comincia a montarmi con colpi lenti e lunghi, per prendere e dare tanto piacere.
Nicla è scomparsa per qualche minuto, mentre Francesco mi possiede con amore, mi bacia dappertutto e mi sussurra dolcezze che accentuano la mia lussuria; quando rientra, Nicla impone a suo fratello.
“Cerchiamo di essere paritari; prendila a smorza candela!”
Non capisco, ma loro forse si intendono più di quanto io pensi; lui si rotola sul letto e mi fa montare sopra, indicandomi di poggiare le ginocchia sul letto, di infilarmi il membro in vagina e di abbassare il busto perché possa succhiarmi le tette o farmi baciare sulla bocca; dietro di me avverto la freschezza del lubrificante come già avevo imparato, ma non so capire a cosa possa servire; Nicla si appoggia alla mia schiena e le sue cosce premono contro le mie natiche; qualcosa di duro spinge contro il mio ano; giro la testa pensando ad un altro personaggio, ma trovo Nicla che mi afferra per i lombi e mi sta penetrando l’ano.
“Mamma, dopo ti spiego che cosa sto usando. Sappi solo che ti sto possedendoti con una protesi, perché voglio prenderti insieme e contemporaneamente a Francesco. Te l’avevo detto; domenica sera saremo una sola anima in tre corpi.”
“Non sono così ignorante da non conoscere uno strap on. Fai solo attenzione a non lacerarmi, con quella bestia non hai la sensibilità per capire se la dilatazione è eccessiva.”
“Ignori la mia esperienza e l’amore che ho per te; sono in grado di contare le pieghette del tuo ano e di goderle una per una.”
Mi lascio andare e mi godo la penetrazione doppia in tutto il suo splendore. Mi coglie un dubbio.
“Ma il tuo strap on ha una protuberanza per la tua vagina?”
“Non preoccuparti; tra poco sentirai la più intensa, la più lunga, la più grande triplice esplosione che si possa immaginare. Tu pensa a godere la tua, perché la mia è già in arrivo!”
“Anche la mia!”
Affanna Francesco; ed io so bene che sul suo orgasmo il mio scatterà più violento di quel che si aspettano.
Quando avverto nell’utero lo spruzzo di Francesco che sta urlando di piacere, esplodo con una violenza incredibile e il mio corpo sussulta e si agita come tarantolato, mentre scarico fiotti di piacere sul membro e tra le cosce; Nicla raggiunge il suo orgasmo contemporaneamente a noi e le sue spinte nel sedere si fanno possenti, persino feroci; li sento sussurrare, mormorare, implorare ‘mamma ti amo’ come non li avevo sentiti tutta la vita e li abbraccio tutti e due, con tutto il corpo, urlando a mia volta il mio infinito amore per tutti e due, fisico e spirituale.
Con molta lentezza, Nicla esce dal retto violentato ed io mi sgancio da Francesco, che continua a trattenermi sul suo ventre, anche se l’asta tende a scivolare fuori; ci sdraiamo sul letto, pacificati; poi decidiamo di tornare a tavola per mangiare ancora qualcosa, possibilmente senza molte digressioni, ma solo scambiandoci baci e carezze.
“Mamma, quando avrai voglia di copulare, chiama me prima di ricorrere a chiunque altro; ti ho amato da sempre e voglio essere sempre il primo per te.
Mi dice Francesco e lo fulmino con uno sguardo.
Chiedo poi a Nicla.
“Ti accorgi di come mi stai depravando?”
“Se non te la senti, la porta è aperta. Se invece stai comprendendo che c’è anche un altro modo di amare i figli e di vivere l’amore e il sesso, allora non stare a lamentarti; non ho udito grida di dolore poco fa, ma solo di gioia e d’amore; io so che non ti ho mai amato come questa sera; e ti ho amato come madre, come fattrice e come donna, col cuore, con la testa e con tutto il corpo. Non credo si possa amare di più e, ti ripeto, in questa ‘vacanza d’amore’ mi piacerebbe che arrivassimo a scoprirci e a riconoscerci fino in fondo, come familiari ma soprattutto come persone. La mia proposta rimane la stessa; fare l’amore fino a domenica sera, poi verificare.”
“Adesso, cara Nicla, mi stai a sentire e stai zitta, assolutamente zitta! Per quanto sforzi la memoria, non trovo un episodio, un caso, un momento in cui io o tuo padre abbiamo autorizzato o vietato un vostro comportamento o interferito con le vostre vite; tu si diventata una piccola troia sfrenata e tuo fratello un dongiovanni; il vostro sistema di vita amorosa è entrare in un pub, in un locale, in una discoteca, agganciare il primo membro o la prima vulva e copulare per una notte intera.
Noi non ci siamo mai permessi di giudicarvi; voi invece salite sul pulpito e ci condannate, me come bigotta e tuo padre come puttaniere, pur essendo peggio di lui; di fatto siete, e tu particolarmente, arroganti, supponenti e tirannici; chi non la pensa come voi, prenda la porta, come mi hai detto or ora. E intanto vivete da parassiti. E’ vero che io non sapevo molte cose; ma se credi che sia una povera imbecille, sei fuori strada; se arrivo a dare lavoro ai tuoi amici, è perché ho testa ed ho saputo lavorare, qualità che a te manca. Ignoro tante cose ed ho l’umiltà di riconoscerlo e di chiedere aiuto.
Ma per arrivare a pensare di dominarmi, ce ne vuole. Ti ho voluto credere quando mi hai detto che innamorarmi per una notte era ragionevole, ma sapevo che stavi solo esibendo la tua forza di persuasione; sono stata felice di trasgredire e in parte mi hai spinto, ma se non ci fosse stata la mia volontà, col piffero, che mi obbligavi. Ho ceduto per amore tuo, anche quando hai portato le notti da una a tre, con mia somma gioia, lo ammetto.
Quando il francese mi ha buttato giù, mi sono attaccata a te perché sentivo l’impulso ad amare fisicamente mia figlia; tu sei venuta a letto con me facendoti accompagnare dai tuoi bulli e mi avete sbattuta per bene; ho anche goduto molto, ma ho capito che tu copulavi, non facevi l’amore con me. Quando ti ho detto che volevo farmi raccontare, solo raccontare, da Francesco il suo amore, ci hai pensato tu ad alzare il tiro e mi avete sbattuto come una pietanza o come un tappetino, tutti e due senza amore.
E’ inutile blaterare di amore; io di quello sono molto più esperta di voi, perché lo vivo da ragazzina e lo sento quando un pene mi entra in vagina o una lingua nella vulva. Mi avete posseduto tanto, in maniera tecnicamente perfetta, ma non ho sentito l’amore che proclamate. Ora mi chiedi di passare tre giorni in appartamento, a farmi trattare ancora come uno zerbino per il vostro sesso. Non ci sto.
Io domani esco e vado a fare shopping; l’amore si verifica anche in questi gesti quotidiani, quando confronti i gusti e le volontà. Se volete stare in casa, buon pro vi faccia; se me lo anticipate adesso, io mi risparmio anche una notte senza amore. Caro Francesco, mi hai offeso gravemente; io non ho una voglia astratta di copulare e non chiamo chiunque a sbattermi. Ho fatto sesso col francese perché me ne sono innamorata, su consiglio di Nicla, per quelle sole notti, ma ne ero innamorata.
Ho cercato di fare l’amore con Nicla che amo alla follia; e lei mi ha indotto a fare sesso anche coi suoi amici, senza darmi l’amore che chiedevo; mi sono fatta sbattere come un tappeto da voi, perché volevo il tuo amore e mi avete dato solo sesso. Io faccio l’amore con chi almeno un poco mi dimostra amore, non corro come te a caccia della prima vulva, o del primo membro, tanto per farmi grattare; se mi sale la voglia, è di quella persona, di quel sesso, non di qualunque altro.
Se mi saltasse la voglia, e spero che succeda, di fare ancora l’amore con te, fare l’amore imprimitelo bene in testa; non copulare o far sesso, ma fare l’amore; se dovesse succedere, ti chiamerò perché amo e voglio te, non perché uno vale l’altro. Ti è chiaro che, per la mia cultura, mi hai offeso gravemente?”
“Mamma, sai che c’è di nuovo? Vattelo a cercare questo amore; io so dare la vagina e prendermi il membro; delle altre stupidaggini più o meno romantiche faccio a meno volentieri.”
La frase di Nicla mi uccide; sento che è consonante con suo fratello; quindi divento una belva.
“Bene, siete come vostro padre e come lui vi tratterò. Tu, ragazza, dal mese prossimo ti metti a lavorare, perché la pacchia dell’assegno finisce e, se devi, puoi anche fare sesso a pagamento; a me non fa specie; a te credo costi poco. Se vuoi, conosco una buona agenzia di escort della quale mi servo e che mi farebbe il favore di metterti alla prova. Tu, giovanotto, vedrai un notevole taglio; ti passerò l’essenziale per arrivare alla laurea, poi il lavoro te lo cercherai anche tu. Visto che ti piace esibire il tuo potere nel sesso, lascia che io esprima il mio nell’economia. Buona notte e buon fine settimana.”
Li lascio interdetti e vado in bagno, mi infilo sotto la doccia; quando esco, mi rivesto interamente e mi avvio ad andarmene; non dicono una parola e mi rendo conto che la comunicazione non c’è più, se mai è esistita; vedo male, perché ho gli occhi pieni di lacrime. Mentre entro in ascensore, squilla il telefonino; accendo speranzosa che siano già pentiti e trovo un’indicazione strana, Carlo; chiedo che cosa voglia.
“Scusami, ho trovato il numero ma non il nome. Ti dispiace dire chi sei?”
“Tina ti dice qualcosa?”
“Oh, signora, mi perdoni; è vero che lei mi aveva dato il numero …”
“Scusa, ma non si era detto che in privato ero Tina e mi davi del tu?
“Vale anche adesso che lei è la padrona della fabbrica dove lavoro?”
“Una cosa o vale o non vale; per me, in privato, sei il Carlo che proclama di amarmi; in fabbrica, sei l’impiegato e guai se sgarri. Dove sei?”
“Sono al Duomo; e tu?”
“A casa di Nicla; sei vicino; se vieni, ho bisogno di un amico o di una spalla asciutta o, meglio ancora, di un uomo innamorato; se non ricordo male, avevi detto che nel caso … ”
“Vengo immediatamente; stanotte sono il tuo cavalier servente innamorato della castellana.
“Mi piace l’immagine. Ti aspetto”
“Ma io sono già qui.”
Mi piomba alle spalle; deve aver fatto di volata il tratto.
“Dove andiamo?”
Prima di rispondere chiamo Pasquale al telefonino; mi risponde in un frastuono infinito; è fuori, con amiche e non tornerà a casa stanotte; gli dispiace che non mi fermo da Nicla ma non può farci niente; decido di portarmi Carlo a casa e di copulare nella camera degli ospiti, dove mio marito non entra mai.
Dopo dieci minuti, siamo sul letto della camera; sono stata spietatamente sincera; ho rotto coi miei figli ed ho bisogno di qualcuno che mi ami, anche solo per una notte; ho sentito che si è detto innamorato di me ed è la persona più vicina all’amore che oggi esiste intorno a me; oltretutto, abbiamo già copulato, fatto l’amore, mi corregge, perché quella sera lui mi ha amato davvero ed ha sentito che non era solo ginnastica, la mia, e questo rende anche più facile farlo, nonostante il peso per me, nella casa mia e di Pasquale che, a questo punto, merita di essere messo in un fascio coi figli e trattato a pesci in faccia.
Carlo avverte sua madre che non tornerà; poi cerca di convincermi che non è necessario copulare, se il problema è tutto mentale e di cuore; possiamo parlare finché ne ho bisogno ed anche piangere sulla sua spalla, se mi fa bene, senza necessariamente fare ginnastica sessuale.
“Per questo, voglio che facciamo l’amore, e che me ne faccia fare tanto e alla grande; so che non è né bello né razionale, ma ho bisogno di essere amata; poi deciderò se accantonarti e dimenticare o farti diventare il mio giovane amante segreto. Per ora, amami fino a che puoi o fino a che io reggo.”
C’è amore, nel bacio con cui mi prende e mi soffoca tra le sue braccia; è giovane e forte e mi piace abbandonarmi a lui con la certezza che non mi farà cadere in depressione; mi sommerge di piccoli baci su tutto il volto, con la delicatezza di un bambino e la forza di un uomo, soprattutto per la potenza del membro che sento crescermi tra le cosce, da sotto ai vestiti suoi e da sopra quelli miei; ho bisogno di lasciarmi andare e me ne sto ferma mentre mi spoglia delicatamente e mi bacia su tutto il corpo.
Niente a che vedere con la ferocia dei miei figli mentre mi possedevano con sapiente tecnica amorosa; questo, se non è amore vero, ci va molto vicino; e l’ansimare, lo sbavare continuo mentre mi lecca, la tenerezza dei piccoli morsi, la dolcezza dello sguardo mentre ammira il mio corpo che già conosce ma che adora come la prima volta, perché è la prima volta che mi ha tutta per lui; tutto, insomma, mi suggerisce che è molto vicino all’amore e, inevitabilmente, comincio a sentire di amarlo anche io.
Mi piego a sfilargli pantaloni e slip; afferro il sesso, di cui avevo vaga memoria e che ora mi si propone in tutta la sua possanza, e lo ingoio da affamata, fino a farmi dolere il palato, fino a sentirmi quasi soffocare, fino a resistere a conati di vomito; lo voglio tutto, dentro l’esofago, fino ai testicoli; e lo succhio come un caramello meraviglioso.
Si ricorda della volta precedente e mi sussurra.
“Devo frenarmi?”
“Guai a te se non mi fai godere prima di te!”
Mi solleva per le ascelle, mi fa sedere sul bordo del letto, mi spoglia e si abbassa fra le mie cosce.
E’ un viaggio in paradiso, per me, quello che lui fa tra le mie cosce fino alla vagina; quando la scopre depilata, sento che sorride anche se non può muovere la bocca impegnata a leccare; poi mi dirà che la preferiva pelosa, più unica e distintiva; intanto mi succhia il clitoride e mi provoca degli spasmi continui che culminano in un grande orgasmo; cominciamo a fare l’amore davvero.
Io stessa gli chiedo di penetrarmi in vagina con tutta la dolce violenza che il suo amore gli suggerisce e gli chiedo di eiaculare una prima volta, di farmi sentire il suo seme esplodere nell’utero insieme al mio orgasmo; rilassandoci, ci mettiamo a 69 ed io riprendo a succhiare il membro che in breve riprende il suo vigore e la sua stazza.
“Penetrami nell’ano, ti prego.”
Non aspettava altro; riprende a montarmi in vagina, ma da dietro con una penetrazione più dura e più lenta, per farmi sentire il sesso dalla vulva alla cervice dell’utero; intanto lubrifica con la saliva e con i miei umori l’ano che cede dolcemente e si apre alla penetrazione; ho in borsa una crema che mi ero portata per ogni evenienza, gliela passo e mi lubrifica anche il canale rettale inserendo due dita e ruotandole; poi mi chiede scusa e accosta la cappella, spinge un poco e la sentiamo penetrare.
Tutti e due sembriamo seguire con i tessuti dei sessi il progresso dell’asta nelle viscere e i dolci incoraggiamenti che mi sussurra aiutano a godere al massimo della penetrazione; quando l’asta arriva in fondo, si ferma e si appoggia sulla mia schiena; sento il ventre che assorbe dolcemente l’ingombro.
“Riesci a farmi ruotare per averti di faccia?”
“O devo uscire per rientrare, con qualche fastidio, o dobbiamo muoverci come contorsionisti per arrivare a farlo.”
Gli dico di sfilarlo e di rimettermelo dentro; voglio guardarlo in viso mentre mi concedo al suo amore, che adesso mi splende veramente davanti agli occhi; esce il più delicatamente possibile, mi ruota, si mette i piedi intorno al collo e penetra nell’ano spalancato davanti al suo sesso; passa più agevolmente di quanto mi aspettassi; riporta i piedi sul lenzuolo, mi fa leggermente divaricare e, col sesso piantato nel didietro, scende a baciarmi prima i capezzoli e poi le labbra; lo abbraccio con foga da ragazzina innamorata; lo sente e mi ricambia con decine di piccoli baci d’amore.
“Non uscire finché non hai eiaculato. Sai che in questo momento ti amo davvero?”
“Io continuo ad amarti; di più, credo che non si possa.”
“Lunedì affronteremo i problemi che questo amore ci propone; per ora, portami in paradiso.”
E il paradiso per lo meno lo sfioro mentre mi monta con forza nel retto finché esplode con furia ed io con lui con gemiti ed urli innaturali; passiamo così tutta la notte, concedendoci solo qualche intervallo di sonno ogni tanto, puntualmente interrotto da quello dei due che, più eccitato, chiede un nuovo amplesso.
Quando è l’ora in cui potrebbe rientrare Pasquale, ci laviamo sotto la doccia, tra baci, palpate e carezze infinite, e gli chiedo se la sente di passare ancora con me il sabato e parte della domenica.
“Io spero anche tutta la vita. Fammi solo andare a cambiare almeno l’intimo.”
L’accompagno a casa e attendo fuori l’inizio della mia nuova avventura d’amore.
La decisione di passare con Carlo la fine settimana mi esalta più del lecito; stavolta si tratta di una vera trasgressione, di un tradimento che va anche al di là delle stupide imprese di Pasquale con le ragazzine sempre nuove che, nonostante gli acciacchi, continua a cercare in ogni dove; in qualche modo, la mia è una prima vera fuga da tutto, anche dai figli.
Quando torna da me, dopo aver salutato la madre, gli chiedo dove pensa di andare e allarga le braccia; bisognerebbe sapere quali sono le nostre intenzioni; un posto per innamorati, gli dico subito, con un ristorante possibilmente tipico e un albergo discreto dove amarci pienamente e liberamente.
Mi accenna ad un paesino di pedemontana, dove c’è un laghetto semiartificiale, insomma un posto dove alcuni amici si sono trovati meravigliosamente e che, per fortuna, non dista molto, solo una trentina di chilometri.
Prima di andare al lago, confesso una mia idea; gli dico che, prima della sfuriata, avevo pensato di andare coi miei figli a fare un giro di shopping al centro; di fronte alla sua faccia meravigliata, devo spiegargli che per la mia attività non riesco ad andarmi a comprare nemmeno le calze o le mutande, che devo acquistare tutto su catalogo e per corrispondenza o, in casi particolari, affidarmi a una segretaria che lo faccia per me; quasi per giustificarmi, gli chiarisco che anche per questo ero arrivata così tardi a ‘scoprire’ l’esistenza di slip, perizoma, tanga e brasiliane; vista la mia lentezza ad approdare a certe cose, forse è già superato l’intimo che indosso.
Sorride, naturalmente, ma con la bontà che dimostra sempre, mi dice che è sufficiente visitare un centro commerciale, che per fortuna è di strada e mi posso sbizzarrire; ma mi precisa.
“Non è vero shopping perché non sono negozi di lusso, ma locali popolari dove corre la gente media.”
“Amore mio, oggi me lo permetto; oggi sei l’amore mio, io posso mandare una ragazza ad una sfilata di mode e farmi mandare a casa il capo che lei ha fotografato e mi ha mandato col telefonino; posso acquistare un negozio di lusso per avere una borsa; non voglio fare shopping di lusso, quello di Nicla, per intenderci; voglio girare tra i banconi e, nel caso, provare i capi.”
“Se scegli l’intimo, voglio verificare le prove in camerino.”
“Ma se ero nuda con te due ore fa?!”
“E vuoi mettere il gusto di guardare la faccia dei presenti quando mi apparto con una bellissima per ammirare in privato il suo intimo?”
“Insomma, vuoi esibirti?”
“No, sto scherzando; ma sono sicuro che ti divertirai anche tu.”
Il primo negozio che visitiamo è proprio di intimo, molto elegante e particolare; e, quasi per un destino fatale, la scena è quella che ha anticipato Carlo, scelgo un combinato brasiliana e reggiseno, davvero un po’ arditi, in verità; la ragazza al banco mi guarda ammirata e commenta che me lo posso permettere, col mio fisico; Carlo dice qualcosa sul colore e sul fruscio del materiale che dà il senso di una sua specifica competenza; la ragazza obietta che è proprio ideale per l’incarnato ‘della tua ragazza’; Carlo, stranamente, la riprende, ma per quel ‘tua’ che non accetta e non per il commento.
“Tina non è mia né di nessun altro; è solo una persona meravigliosa, come te che non devi sentirti di nessuno, se non di te stessa.”
“Hai ragione; è stato un mio lapsus; sai, l’abitudine; come preferisci che dica?”
“Tina è solo il mio amore.”
“Allora il tuo amore è così bella che può indossare qualunque cosa, le pietre della strada si gireranno a guardarla.”
Chiedo di provare la combinazione; me la consegna e mi indica uno sgabuzzino di compensato con un grande specchio dove mi spoglio nuda e indosso i due pezzi; mi trovo favolosa; chiedo a Carlo se può venire a verificare; in pratica, faccio il gioco che aveva minacciato e mi ci diverto pure; entra e si blocca sbalordito, ma non per finta.
“Sei straordinaria; e non solo per la combinazione che sembra disegnata apposta per te, ma perché tu sei immensamente bella e desiderabile.”
“Non fare lo stupido; entra e chiudi bene quella tenda.”
Entra e mi abbraccia con foga; l’avverto che se ci spingiamo troppo avanti, io rischio di rovinare la brasiliana con il flusso di umori e lui non può più uscire per l’evidente erezione; ridiamo come scemi e lui esce, ma una piccola folla ha tempo per vedere di sfuggita il mio corpo seminudo; si leva un mormorio vivace.
Esco indossando gli indumenti; li pago e metto in una borsa quelli di prima; a Carlo, che con gli occhi mi chiede perché, dico.
“Li hai scelti tu, piacciono a te, li indosso per te.”
Mi bacia delicatamente sulla guancia e sento tanto amore sprizzare dagli occhi.
Compriamo altre cose e dovunque mi ammirano per la mia bellezza; non mi capita spesso di essere oggetto di tanti complimenti, anche perché non ho una gran vita fuori della fabbrica; e vedo Carlo quasi orgoglioso delle frasi di adulazione che rivolgono a me, quasi fosse lui ad avere il merito della mia bellezza; ma questa mattina, almeno quello della gioia che forse mi fa più bella ce l’ha solo lui.
Mi deve strappare a quel pellegrinaggio strano tra i negozi; fosse per me, ci perderei la settimana; ma se vogliamo andare a pranzo al lago, bisogna muoversi.
Filiamo via velocemente, non c’è traffico su quella strada provinciale e in mezz’ora siamo sul posto, banalmente pittoresco, raccolto e silenzioso, con il laghetto e le montagne che vi si specchiano; un posto non da favola, ma da innamorati, come testimoniano le coppie che, numerose, si fanno ritratti e selfie sullo sfondo del lago; Carlo mi guarda furbetto e mi fa.
“Sarebbe troppo impegnativo il selfie per noi due?”
“Non credo proprio. Se e quando scoppierà lo scandalo, ci vorrà ben altro per dimostrare che questa gita è stato un grave tradimento.”
“Se parli di scandalo, devo ritenere che sarò il tuo giovane amante segreto?”
“Ti sta bene o ti va stretto?”
“Ti amo, dovunque mi sistemi ti amerò. Cercherò di esserti anche fedele, ma non posso prometterlo, specie se dovrò stare nell’ombra per lunghi periodi. Ma l’intensità del mio amore non potrà scalfirla niente.”
“So che stiamo costeggiando un burrone; ma stavolta il desiderio di amore è più forte della paura. Spero solo che non sarai la mia prossima delusione.
“E’ perfettamente inutile giurare ed anche solo parlarne; sono qui, sono tuo, anche se ho protestato contro quel possessivo, puoi farmi quello che vuoi e chiedermi la luna. Quanto durerà? Certamente non fino a una moglie megera. Forse tutta una vita. Chissà! Voglio farti ascoltare una canzone popolare spagnola; il testo è riferito a una donna matura che parla a un giovane nella sua giovinezza che lei ha amato e che sta per lasciarla … “
“Conosci ‘una noche mas’?”
“La conosci anche tu?”
“Già; e qui dovrei essere io ad elemosinare da te una notte in più, una bugia in più … “
“E invece sarò io, certamente, perché tu non potrai sottrarti ai doveri della famiglia e mi chiederai di farmi da parte.”
“Ti ho avvisato che non lascio mio marito.”
“Non mi preoccupa lui; ma i tuoi figli sì, sono carogne autentiche, tu non li conosci ancora, ma temo che ti scontrerai e forse ci faremo anche male.”
“Quanto pensi che si possa dover lottare per conquistare una fabbrica e difenderla dagli avvoltoi? Io lo faccio tutti i giorni; se questa larva d’amore che stiamo coccolando anche con reggiseni e brasiliane dovesse diventare una torre da difendere, sappi che non temo nemici e non ho pietà; per il mio amore sacrifico tutti, anche i figli che mi hanno spezzato il cuore. Adesso facciamoci un selfie e andiamo a mangiare!”
Ci scattiamo un’istantanea col telefonino e la guardiamo subito, per scoprire il fascino di un grande amore dietro la luce negli occhi, nel viso, nello sguardo; ci sediamo a tavola e mangiamo con gusto pietanze tipiche affascinanti; al momento di pagare, un’ombra attraversa il viso di Carlo.
“Amore, è un dato di fatto; io sono quella che ha i soldi e sono felice di pagare, un reggiseno bello che tu hai scelto per me ed ammirato per primo, oppure un pranzo meraviglioso consumato con gioia in un ambiente da veri innamorati. Ti prego di non farti problemi; non mi stai sfruttando e caverò gli occhi a chiunque lo insinui!”
Ho già avvisato per la camera e il cameriere mi porta la chiave, insieme al conto; gli consegno una carta di credito e dico di pagare da lì tutto quello che ci competerà; prendo Carlo sottobraccio e mi avvio alla porta dell’hotel.
“Vuoi riposare o fare l’amore?”
“Voglio fare l’amore, ma a modo mio che sono certo sarà anche il tuo.”
Entriamo nella camera e Carlo si spoglia da una parte del letto, io dall’altra; sistemiamo gli abiti ordinatamente e ci stendiamo sul letto di vecchio stile con testiera in ferro; stiamo per un po’ a guardare il soffitto, poi mi giro verso di lui e lo guardo per capire cosa vuol fare; mi prende per un braccio, mi tira a sé, mi abbraccia e mi fa accoccolare contro di lui, rannicchiata in posizione fetale.
“Per un poco voglio fare l’amore così, ascoltare il calore del tuo corpo vicino al mio, abbracciarti e toccarti dappertutto tranne che su punti erogeni, voglio comunicarti tutto il bene che ti voglio, attraverso la pelle a contatto con la tua, senza nessuna necessità di entrarti dentro o di stimolare la tua sessualità; fra poco potremo anche accarezzarci sensualmente e cominciare ad amarci con tutto il corpo; per ora voglio stare così, come questo posto, in bellezza e dolcezza assoluta, silenziosa.”
“Ti amo. Posso baciarti?”
“Ti amo. Posso accarezzarti tutta?”
Ci scateniamo all’improvviso come due ragazzini in tempesta ormonale; le sue mani corrono sulla mia pelle e la carezzano lievemente nei punti più segreti, più nascosti; mi bacia sotto le ascelle, dietro le ginocchia, sotto le natiche, sulle spalle, lungo la spina dorsale; poi mi sale addosso e si distende completamente su di me facendo coincidere ossa muscoli e ghiandole; ho provato quasi vergogna mentre mi baciava punti che nessuno mai prende in considerazione, ascelle, ginocchia e dita dei piedi.
Mi sento stranamente veleggiare mentre verifico le distanze tra il suo corpo e il mio, mani, gambe, fianchi, ventre, ombelico, torace e viso; ha un modo di amare, quest’uomo, questo ragazzo, forse, che mi sconvolge e rischia di farmi sentire sempre più innamorata; lo ribalto a forza, lo pianto sul letto e mi impalo sul sesso che ha sempre tenuto immobile tra le mie cosce.
“Ti amo, Carlo. Prendimi, fammi fare sesso, amami, fammi fare l’amore; fai tutto quello che sai per farmi sfiorare il paradiso; l’inferno lo troveremo a casa, dopo. Ora siamo solo io, tu e il nostro amore. Non avrei mai pensato di arrivare a tanto; eppure ci sono e non nessuna voglia di tornare indietro; fammi sentire il tuo amore in tutto il corpo!”
Ci eravamo ripromessi di limitarci ad amarci dolcemente, senza aggressività, solo ascoltando il calore del corpo dell’altro; passiamo l’intero pomeriggio a letto, senza uscire un attimo nemmeno al balcone; Carlo deve fare appello a tutta la sua esperienza di amante, che non è nemmeno tanto piccola, per farmi attraversare tutto il noto e l’ignoto del sesso e mettere in pratica tutte le alternative possibili alla penetrazione in vagina.
Ogni volta, quasi mi spavento di fronte alle nuove proposte; ed ogni volta mi scopro a desiderare di ripeterle; nel mio delirio di innamorata, attribuisco questa mia adesione entusiastica alla dolcezza di lui; e più volte deve ricordarmi che le cose non vengono fuori se non le abbiamo dentro.
Quando gli chiedo perché non siamo riusciti a restare al di qua del sesso, dentro il nostro amore puro, irreale, astratto, mi ha spiegato che, come è disumana l’idea stessa del sesso senza amore che molti giovani, tra i cui i miei figli, sostengono, allo stesso modo è improponibile l’amore senza sesso, come d’altronde si legge già nei classici per i quali ogni cosa perfetta è fatta di materia e spirito insieme.
“L’amore troppo spirituale diventa letteratura; se si carica di sesso, di materialità, diventa umano; per questo, mentre ti proponevo un amore etereo, ideale, in certo modo astratto, sapevo che i corpi mi avrebbero sconfessato e cercato la fisicità che rende vivo l’amore.”
“A questo punto, cominci a farmi rabbia tu e mi odio io per aver sacrificato la tua cultura alla fabbrica!”
“Amore, mia madre ha bisogno del mio aiuto; io ti ho chiesto di farmi assumere; anzi, per mia fortuna te lo ha chiesto Nicla che adesso rimpiangerà di averci fatto conoscere; lei sapeva che sono in pessime acque e che mamma fa sforzi enormi per rimanere a galla.
Anche per questo il nostro amore è un assurdo; come minimo, penseranno che recito il Romeo per farmi foraggiare e risolvere i miei problemi economici. Ma io, oltre a vergognarmi quando vedo che devi pagare sempre tu, ti avverto che se solo ti azzardi ad offrirmi un centesimo, giuro che ti cancello dalla mia vita.”
“Cosa succederà se un giorno incontro tua madre?”
“Succederà che scopri che c’è una donna che mi adora come tu non potrai mai fare e che sta consumando i suoi giorni aspettando che io trovi il mio posto nel mondo.”
“Quello, a sentire i tuoi capi, ce l’hai già per le tue qualità e per i tuoi meriti, senza dover andare a letto con la padrona. Oltre a scoprire che ti ama alla follia, cosa devo aspettarmi da una donna a cui rischio di rubare il figlio prezioso?”
“Troverai una vecchia che ha la tua età e il fisico di tua nonna, perché si è logorata tutta una vita; troverai la saggezza e l’equilibrio in una persona che non perde mai la calma e che ha sopportato con pazienza tutti i colpi della vita. Troverai l’unica persona che può essere mia madre, ti assicuro.”
“Io spero proprio di incontrarla, prima o poi, comunque si evolverà la storia del nostro amore.”
Il week end si consuma in un’autentica sarabanda di suoni, di colori, di corpi che si intrecciano, di sesso che esplode da tutte le parti del corpo; nella notte di sabato, mancano solo i fuochi di artificio che però noi sentiamo e crediamo di vedere mentre ci amiamo come bestie allo stato brado che sfruttano le poche ore dell’estro della femmina per accoppiarsi quante più volte è possibile; facciamo sesso come se non ci dovesse essere un domani e veramente rischiamo di restarci per un infarto, alcune volte.
Poi anche la ‘bella vacanza’, come tutte le cose, finisce e rientriamo ciascuno a casa sua; trovo Pasquale mezzo intontito dall’alcool che si rivolta in bagno nel suo stesso vomito; mi chiedo perché non decido di lasciare persone così squallide come lui e i nostri figli per costruirmi una nuova vita altrove, in un’isola ai Caraibi, per esempio; ma poi ci rifletto e capisco che è solo l’impietoso confronto che mi rende tanto insofferente; quando mi sarò calmata, anche il tasso della mia pazienza sarà più alto.
E’ passato quasi un anno dalla mia vacanza sul lago; io non ho lasciato Pasquale, anche se diventa più insistente la domanda ‘perché non ti decidi’, di fronte alle miserie di cui si rende protagonista; Nicla ha trovato lavoro in un’azienda concorrente alla mia, naturalmente; me l’aspettavo; Francesco si lamenta con suo padre che i soldi non gli bastano, ma non mi ha più rivolto la parola, come sua sorella.
Carlo è il mio giovane amante sempre meno segreto, visto che ormai in tutte le fabbriche che dipendono da me ogni operaio, ogni impiegato, tutti sanno con esattezza dove quando e come ci incontriamo per fare l’amore e nessuno trova niente da ridire, anche perché professionalmente lui è impeccabile e dimostra ogni giorno di più di meritare il ruolo che svolge.
L’aria di crisi che avanza ingombra ormai tutti gli spazi di attività e diventa sempre più difficile tenere insieme una struttura che si fonda su piccole unità consociate; le richieste di assorbimento e di ristrutturazione si fanno pressanti e comincio a temere che dovrò cedere; su consiglio subdolo dei miei legali, comincio ad accumulare in banche offshore capitali per assicurarmi una buona vecchiaia, se la crisi dovesse prendermi alla gola.
So che non è corretto e forse è anche disonesto; ma à la guerre comme à la guerre e cerco comunque di salvare il sedere; forse, la soluzione meno dolorosa sarà cedere tutto ad una multinazionale, quanto meno per appianare i debiti e forse per garantire l’occupazione.
L’episodio più duro, però, in quel frangente, è la morte della mamma di Carlo, stroncata dalle fatiche di tanti anni di stenti, proprio quando il figlio sarebbe stato in grado di garantirle la vecchiaia; la notizia mi coglie tra capo e collo e mi stronca, per un momento; chiamo Carlo e gli chiedo come sta; sta male, inutile dirlo specialmente a me che so quanto amore avesse per lei, certo più che per me.
Mi precipito a casa sua e lo trovo circondato dagli amici, perfino i miei figli; appena mi vede, lascia tutti con uno strattone e mi si precipita in braccio; lo bacio con tutto l’amore che provo e che sento di dovergli; lo accarezzo a lungo sulla testa che ha appoggiato sulla mia spalla mentre piange.
“Amore, so che non è il momento, ma devo dirtelo. Non ce la faccio più senza di te. Ora che tua mamma non c’è, non hai scuse; noi andiamo a ricostruirci una vita da un’altra parte, in Svizzera per esempio, così potrai venire spesso a farle visita al cimitero. Ma adesso ti voglio tutto per me e, se mi ami, devi venir via con me.”
“Tina, lasciami sfogare il dolore, abbi pazienza qualche giorno; poi andremo via insieme e, stavolta, in barba alla filosofia libertaria, tu sarai solo mia ed io sarò solo tuo, per sempre. Ti amo, Tina; e so che mamma mi approverebbe.”
“Anche io ti amo, con tutto il cuore.”
Lo lascio andare e sento che Nicla borbotta qualche cosa, ma non mi curo di capire.
La guerra è solo agli inizi e già i colpi arrivano pesanti da ogni parte; comincio dal lavoro e mi organizzo per la cessione ad una multinazionale, operazione che richiede tempo, astuzia, delicatezza e segretezza; nessuno deve sapere niente fino alla firma dei protocolli, per evitare manifestazioni di protesta, interventi dall’alto e cose simili; ma devo difendermi anche dai miei perché alcune avvisaglie mi dicono che mirano ad attaccare il patrimonio mio personale, ignari che da qualche mese è già al sicuro nel caveau di una banca svizzera.
Devo badare anche alle malelingue che cominciano a far serpeggiare strane, malefiche notizie tese a disturbare i rapporti tra me e Carlo; non escludo che dietro ci sia lo zampino di Nicla e telefono a Carlo per metterlo sull’avviso; mi rassicura e mi dice che fra due giorni, se voglio, posso dare il via alla nostra fuga; ha deciso e viene a vivere con me, con la speranza di restarci per sempre.
Mesi di estenuanti trattative hanno portato vicino all’esito favorevole della cessione dell’Azienda ad una multinazionale ma mi rendo conto che tutta la pratica mi ha decisamente debilitata, esaurendo tutte le mie energie; avrei urgente bisogno di riposarmi, quando mi arriva la telefonata di Pasquale che mi invita a un colloquio chiarificatore in casa a cui parteciperanno anche i nostri figli.
Gli rispondo piccata che in quella casa io ci vivo da sola da anni ormai, visto che lui passa le notti nei locali più malfamati della città ed i figli non ricordano neppure più l’indirizzo; comunque, ci sarò anch’io, in buona compagnia; avverto il capo dell’ufficio legale e gli chiedo di essere presente alla riunione; chiedo a Carlo se se la sente di essere con me all’ultimo atto della sceneggiata familiare; naturalmente, accetta; è molto più combattivo di quello che credevo, il mio giovane amore!
Passo la mattinata a studiare con l’avvocato le possibili soluzioni della vertenza e concordiamo il piano d’azione; nel pomeriggio, assemblea generale del personale al quale viene comunicata la cessione dell’Azienda alla Multinazionale, fatti salvi i livelli occupazionali, i quadri e le remunerazioni; per buona sorte, tutti dichiarano che l’accordo è conveniente e risolutivo; naturalmente, l’unica che perde ruolo e posto sono io, ma era tutto calcolato nella mia strategia; quando se ne rende conto, Carlo mi guarda sorpreso; gli faccio cenno di avvicinarsi e gli sussurro.
“Tra qualche giorno partiamo per Lugano; ho già preso una casa. In fondo ci perdo la liquidazione perché su quella gli avvoltoi si lanceranno, ma dovranno accontentarsi. Non preoccuparti e fidati.”
“Tina, io non sono disposto a fare il mantenuto, né in Italia né in Svizzera né in capo al mondo.”
“Evidentemente, non è vero che il cavalier servente è disposto a tutto per la gentil donzella; c’è sempre qualcosa al di sopra dei suoi limiti.”
“Ti prego, amore, non ricattarmi così!”
“Stupido! Che ricatti?!?! A Lugano stanno già svolgendo le pratiche per aprire una mia piccola attività; tu, per non essere ancora mio subalterno, hai un colloquio fissato con un’altra industria; sei così bravo che potranno solo prenderti. Così non dipenderai da me e potrai lasciarmi quando vorrai.”
“Ma che storie vai dicendo?”
“No, amore, non sono storie. In questa vicenda chi rischia tutto sono io. In Svizzera, se tu decidessi di lasciarmi, mi troverei senza famiglia, senza affetti e sola col mio lavoro. Ma io so che non mi lascerai o forse lo spero tanto che ne sono convinta; e se anche dovesse succedere, credo che resterò abbastanza combattiva almeno per molti anni a venire. Adesso cerchiamo di pensare alla grande battaglia che ci aspetta. Sei sicuro di voler essere al centro dello scontro?”
“Si; forse hai la sensazione di una mia debolezza, ma è solo sensazione. Il mio amore per te è saldo e convinto più del primo giorno; se c’è da lottare, lo faremo, insieme, con ogni energia; e stai certa che, se non ci uccidono fisicamente, non vinceranno.”
Alle due del pomeriggio faccio un ultimo giro per salutare i collaboratori più stretti e lascio definitivamente il mio ufficio, accompagnata dalle lacrime di qualche segretaria; all’ingresso mi aspetta Carlo che mi chiede cosa voglio fare; l’appuntamento con i miei è alle cinque, ma so che la casa è vuota; gli propongo di andare a imboscarci nella camera degli ospiti, dove già siamo stati una volta; per lui va benissimo.
Saliamo in macchina ed in una mezz’oretta sono a casa mia e andiamo direttamente nella camera degli ospiti; mi vado a sedere sul letto e gli tendo le braccia; capisce che voglio amore; chiude a chiave la porta, mi viene vicino e si siede accanto a me; sappiamo tutti e due che mi addolora profondamente quello che sto per fare; mi bacia dolcemente il viso, per comunicarmi che è con me e che da quella distruzione sta per nascere la nostra nuova vita; ho bisogno di sentire che è mio, che gli appartengo e che stiamo per essere felici, forse.
Lo faccio alzare, gli sbottono i pantaloni, li faccio scorrere a terra con i boxer e afferro il sesso, che mi spalmo sul viso, ne aspiro l’odore maschio e lo lecco delicatamente per sentirlo vibrare sulle labbra; lo spingo in bocca, oltre i denti e lo assaporo per sentirne il gusto eccitante; muove il bacino e me lo spinge verso la gola; lo lecco tutt’intorno mentre lo lascio scivolare verso l’ugola; comincio a muovere la testa per farmi montare in bocca ricavandone l’eccitazione che sempre mi dà e gli orgasmi, lievi, frequenti, che mi provoca con il sapore forte e i nodi che stimolo continuamente.
“Vuoi che godo nella tua bocca?”
“No; fai quello che senti, ma se ti riesce, cerca di toccarmi tutti i punti erogeni del corpo, fammi sentire che ti appartengo, fammi godere con tutte le fibre.”
Mi possiede in bocca con forza e quasi mi soffoca; sento che mi domina e mi sottometto volentieri alla sua aggressione; non l’ho mai sentito così volitivo e così potente; alzo lo sguardo e incontro il suo mentre mi pompa in bocca; ha negli occhi un amore infinito che mi trasmette attraverso il sesso; prendo a masturbare fuori dalla mia bocca e gli tengo tra le labbra solo la cappella; lo sento tendersi, scuotersi, tremare; temo che stia per eiaculare e rallento il ritmo, tiro fuori la verga e gliela titillo con le mani, partendo dalla radice e accarezzandolo fino al frenulo.
“Hai deciso di farmi morire? Non vuoi che ti penetro in vagina?”
“Sì che ti voglio; adesso prendimi da dietro e fammelo sentire nel ventre come lo hai fatto sentire in bocca.”
Finisce di spogliarsi e spoglia pure me buttando gli abiti dove capita; mi solleva, mi fa girare e mi piega il busto verso il letto; gira dietro di me, sollecita con il dito medio la fessura, la apre, mi titilla un poco il clitoride e, quando mi sente bagnata, infila il membro in un sol colpo fino a farlo sbattere contro la cervice; urlo di passione un ‘ti amo’ che risuona per la casa.
“Eccoti tutto il mio amore, Tina, ti voglio, sei mia, prendi!!!!”
L’eiaculazione è lunga, intensa, piena d’amore; ed io la assaporo con la gioia che solo l’amore con Carlo mi sa dare; sento un languore che mi scioglie il corpo, che mi ribalta stomaco e ventre, che mi fa urlare e piangere, all’improvviso; si spaventa, mi solleva, mi torce la testa e mi bacia gli occhi.
“Perché piangi, amore?”
“Non lo so; piango per me, per te, per noi, per la nostra vita nuova; e forse piango anche per l’azienda che ho dovuto cedere, per questi anni di lavoro che ho dovuto cancellare; forse piango perché sto per fare del male a persone che per venti anni sono state la mia vita. Non lo so perché piango. Lasciamelo fare; poi forse scopriremo perché. Soprattutto, però, sono profondamente innamorata di te e piango di gioia perché finalmente mi possiedi e ti possiedo come sogniamo da ormai due anni.”
Qualcun altro deve essere entrato in casa perché si sentono sordi rumori dal salone; deve essere Pasquale, perché non so se i figli siano ancora in possesso delle chiavi e non si è sentito il campanello.
Dico a Carlo di non curarsene e di farmi ancora tanto amore quanto ne ha; mi accarezza dolcemente e si dedica alle mie tette; le accarezza e le lecca, succhia i capezzoli mi bacia sulla bocca; mi perdo dentro le sue carezze e riesco solo a tenermelo stretto quasi temessi di perderlo; mi stringe al petto, quasi a scaldarmi e mi torna in mente l’albergo, al lago, e il tentativo di amarci senza fare sesso; impossibile, mi dimostrò allora; ed anche stavolta membro e vulva reagiscono all’unisono, lui rizzandosi allo spasimo; lei vibrando fino a inondarsi di nuovo di umori.
Riprende a possedermi, stavolta carponi sul letto; mi chiede se lo voglio nel didietro; gli dico di si; mi lecca a lungo l’ano, raccoglie gli umori della vagina e li usa per lubrificare il canale rettale; poi mi penetra delicatamente; gemo e respiro assorbendolo nel ventre; un colpo alla maniglia è il segno che Pasquale cerca di entrare in una stanza che non ha mai frequentato.
“Tina, sei qui?”
“Sì, sono qui e ho da fare. Vattene!”
Si allontana in silenzio; spero che abbia capito, anche se per la sua mentalità non è possibile che io abbia un altro uomo e che ci stia facendo l’amore nella nostra casa; faccio segno a Carlo di non badare e di farmi fare l’amore; picchia con foga e passione per un po’, poi mi allaga l’intestino; non possiamo più imboscarci e decidiamo di uscire allo scoperto; apro la porta e andiamo nel bagno di servizio per lavarci; torniamo nella camera, ci rivestiamo e andiamo nel salone, dove troviamo lui seduto in poltrona.
“Allora, è questo il tuo amante?”
“Questo è il mio compagno ed il mio amore vero. Domani chiedo la separazione e in due anni avrò il divorzio.”
“Ti farò una guerra che non t’immagini; non riuscirai a liberarti di me a poco prezzo e rapidamente.”
“Chiederò la separazione per colpa e presenterò i referti degli investigatori che per anni ti hanno intercettato, fotografato, filmato; come si dice al paese che una volta era il nostro, te ne andrai con una mano davanti a una dietro; e non avrai un centesimo da me, quando dimostrerò quanto hai sperperato del denaro che io guadagnavo e tu consumavi con le quattro sciacquette che ti abbindolavano.”
“Vedremo chi è meglio.”
“Già … detto da uno che ricorre al Viagra a poco più di cinquant’anni, promette bene.”
“Io non prendo il Viagra!”
“I filmati e le foto dicono di sì.”
“Mi hai fatto sorvegliare?!?!”
“Già, poveretto; sei stato anche sorvegliato.”
Bussano alla porta; sono i figli e chiedono di cominciare; dico che non si può, manca qualcuno; bussano e il mio legale entra; ci sediamo intorno al tavolino per i dolci e chiedo chi vuole cominciare; come prevedibile, apre il fuoco Nicla.
“Visto che hai deciso di fare un’altra vita, chiudi con la vecchia e facciamo i conti.”
“Avvocato, relazioni.”
“Non c’è da relazionare; l’Azienda è fallita ed è stata venduta; la signora ha perso il posto e tutto il suo patrimonio; resta solo la liquidazione, quando sarà erogata. Anche le case, tutte quante, sono state vendute per fare fronte al fallimento, quelle a Milano occupate rispettivamente da ciascuno di voi e quella al mare.”
“Come? Hai venduto la mia casa?”
“Se fosse stata tua, non avrei potuto; poiché il documento di proprietà diceva che era mia, come quella di tuo fratello e questa che abitavamo io e tuo padre, ho potuto vendere tutto e salvare la faccia nel fallimento.”
“Quindi, adesso che fai?”
“Me ne vado altrove, forse all’estero e vado a rifarmi una vita.”
“Col tuo ganzo?”
“Col mio amore!!!!!”
Francesco ha gli occhi lucidi.
“Mamma, non puoi lasciarci così!”
“Ti ho già pregato, per questo; in certi casi, chiamami Tina, chiamami prostituta, chiamami troia ma non azzardarti a sporcare il nome di mamma che sulla tua bocca diventa eresia!”
“No, tu sei mia mamma e sei stata anche mia amica; anche Carlo è mio amico e non ho niente contro di voi; ti voglio bene, vi voglio bene e me ne vado, ma solo vorrei che per un’altra volta mi considerassi tuo figlio, mi perdonassi le stupidaggini che ho fatto e mi abbracciassi come un figlio. Solo questo ti chiedo.”
Naturalmente, l’intervento di Francesco mi spacca il cuore e non avrei il coraggio di tenere la posizione; ancora più ovviamente, è Carlo a spiazzarmi; va verso Francesco e gli tende la mano, l’altro si alza e l’abbraccia; Carlo lo spinge verso di me.
“Stupido, devi essere tu ad abbracciarla e non ti respinge, lo sai bene.”
Viene ad abbracciarmi e lo accarezzo sulla testa.
“Hai avuto quel posto di lavoro?”
“Sì, mamma; grazie per l’aiuto; adesso ho anche una fidanzata che amo tantissimo; se la casa è venduta, vado a vivere con lei dai suoi. Mi piacerebbe che la conoscessi.”
“Forse un giorno … Chissà … “
Nicla scatta.
“Che storia è questa?”
“L’ho già detto a tuo padre. Da domani mi trasferisco in Svizzera dove ho un’offerta per ricominciare. Chiederò separazione e divorzio. Vado a vivere con Carlo. Non so se tornerò mai più; non c’è niente che mi lega all’Italia, adesso.”
Carlo non sa stare zitto.
“Per favore, non dire cose non vere; potresti pentirtene. Ti lega a Milano la tomba di mia madre che io visiterò spesso e vorrei che tu fossi con me, sempre. Ti lega a Milano Francesco che avrà una famiglia che tu vorrai conoscere, specialmente se dovesse venire un nipote. Ti lega a Milano Nicla, che ami e al tempo stesso odi troppo per dimenticarla. Andremo a stare a Lugano e in due ore puoi essere qui anche ogni settimana. Il sangue lo puoi masticare, ma non illuderti di poterlo sputare.”
“Maledetto il giorno che vi ho fatto incontrare e la scommessa stupida che facemmo.”
“Che stai dicendo?”
“Hai dimenticato che Carlo te l’ho presentato io? Avevo scommesso che ti avrei fatto fare sesso con Luigi, ma questo imbecille si innamorò appena ti vide ed è andato sempre peggiorando; fra poco mi toccherà chiamarlo anche papà se, dopo il divorzio, doveste decidere di sposarvi. Te l’immagini, Carlo, io che ti chiamo papà?”
“Un momento, porca miseria; tu scommettevi sulle corna che mi avresti fatto fare a tuo padre? Sei stata proprio una grande troia, permettimi. E tu veramente ti sei innamorato a prima vista e me l’hai detto solo quando ti ho costretto?”
“Senti, mamma, e bada che stavolta non mi va proprio di chiamarti Tina; sto per perderti e non voglio che te ne vada odiandomi; dunque, mamma, io ho fatto enormi stupidaggini, che ho nascosto sotto stupidaggini più grosse da nascondere sotto stupidaggini disumane; poi, come vedi, emergono tutte come la cacca quando si scioglie la neve, mi pare che al tuo antico paese si dica così; le ho fatte e non c’è rimedio; a parziale scusante, hai imparato ad amare, hai trovato il tuo uomo, quello vero, non la larva che avevi sposato, e ti ho costretto a cambiare qualche cosina, per lo meno il tipo di mutande o il pelo dell’inguine. Non sono capace di chiedere perdono, neanche quando il torto é marcio e conclamato. Però non ti azzardare a pensare che non ti voglia bene; non avrei potuto ispirarti l’amore se non ti avessi amato sul serio. Non mi abbandonare per sempre; lasciami un margine per sperare che litigheremo ancora. Se vi sposate, non mi invitare. Non ci verrei.”
Amore e sesso - Il punto di vista di Carlo
E’ quasi un anno che ci siamo trasferiti a Lugano e la nostra vita ha imboccato un percorso che alla fine risulta strano, forse lontano dalle previsioni e dai desideri.
Tina è riuscita ad avviare la sua fabbrica, dove si producono strumenti di precisione dalla destinazione assai segreta; il mio sospetto è che siano particolari pezzi di qualche arma, visto che sono sotto il controllo dell’autorità militare; ma la denominazione ufficiale parla genericamente di ‘meccanismi per calibri’ e non conviene a nessuno fare domande.
La sua vita è dedicata tutta al lavoro; e la cosa non meraviglia nessuno, visto che da sempre è stato così; ma quando ci si vedeva per poche ore, dopo attese di giorni, l’amore esplodeva quasi inevitabile; adesso, averla tutte le sere a casa e tutte le notti nel letto con la testa ai calcoli di fabbrica, rende assai più difficile avere autentici slanci; insomma, l’amore si va acquietando nella routine e trova sempre meno spazio nelle preoccupazioni del lavoro.
Paradossalmente, lei sembra avere sempre più vivaci e importanti interessi in comune con qualcuno dei collaboratori, soprattutto tra quelli che insieme a lei hanno contribuito alla crescita, dolorosa, della fabbrica, che non con me che, lavorando in un’altra azienda, non sono neppure in grado di condividere le sue ansie; decisamente, la vita a Lugano, nella bellissima villa sul lago attaccata alla fabbrica, ci allontana assai più di quanto avessi potuto immaginare.
Le visite a Milano, al cimitero sulla tomba di mia madre, sono per me un appuntamento settimanale irrinunciabile; ogni sabato, tormenta o sole a picco, sono davanti al marmo a deporre anche solo un fiore e a parlare con lei per qualche minuto.
Per i primi due mesi, Tina ha fatto sempre in modo da tenersi libera per accompagnarmi; molto spesso ne approfittavamo per fare un giro spensierato, per goderci la nostra vita; subito dopo, il lavoro ha cominciato ad essere più pressante ed importante di tutto, sicché ho imparato presto che la mamma è mia e che mi tocca gestirmi da solo il viaggio di andata e ritorno, che faccio con gioia, per mia madre.
Capisco che è sempre meno valido il legame tra noi e che, prima o poi, qualcosa ci separerà; ma non voglio che avvenga e cerco di cancellare cattivi pensieri; intanto, studio con l’ufficio dove lavoro un progetto pazzo per una nuova tecnica di produzione e i risultati sembrano incoraggianti, al punto che si prospetta l’ipotesi di aprire nell’hinterland di Milano una fabbrica apposita che funzioni di supporto a quella svizzera; in questo caso, mi hanno già ventilato l’ipotesi di andarla a dirigere ma mi sono riservato di rispondere.
In una delle visite al cimitero, al cancello d’ingresso, mi scontro quasi fisicamente con Nicla che mi appare come una visione.
“Nicla, come mai sei qui, hai morti da visitare?”
“No, aspettavo un vivo; aspettavo te.”
La guardo meravigliato e quasi non riconosco nella donna vestita modestamente, senza trucco, con l’aria mesta, la meravigliosa ragazza che è ancora certamente, se curata opportunamente; le chiedo conto, naturalmente; con una umiltà che mai le avrei attribuito, mi dice che versa in acque molto cattive; la fabbrica dove lavorava ha cambiato proprietà e si trova senza lavoro, con pigioni arretrate e debiti a cui fare fronte; le chiedo perché non ne ha parlato con la madre; ha cercato di farlo, ma è stata respinta in molti modi; chiamate rifiutate, deviazioni alle segretarie; insomma, Tina le ha risposto solo per dirle che non vuole più avere a che fare con una troia.
Ci resto basito; telefono a Tina, per capire; quando accenno all’incontro con Nicla, effettivamente mi sbatte in faccia seccamente che di quella troia non vuole saperne più e che stavolta non si farà smuovere dal mio buonismo; per non sbagliare decisione, chiedo a Nicla di dirmi se veramente sua madre ha motivo per essere tanto risentita nei suoi confronti; mi suggerisce di chiamare Francesco, se voglio avere la coscienza a posto.
Lo faccio e Francesco mi conferma che la rigidezza della madre è inspiegabile, visto che Nicla è profondamente cambiata in quei mesi; lui, purtroppo, non può esserle d’aiuto perché stenta a tirare avanti, con la compagna che non lavora, col suo solo stipendio e col figlio in arrivo; ma neanche con lui sua madre fa niente per alleviare i problemi.
Con lo smartphone, mi faccio dirottare dal conto comune con Tina alcune migliaia di euro e chiedo a Nicla di indicarmi il percorso per saldare le sue pendenze e per sanare la situazione dell’affitto; si schernisce con forza, ma le ricordo che le sono debitore almeno dell’incontro con Tina, che non ho dimenticato l’amore che ho provato per lei e che ancora mi è molto più cara di quanto possa credere, specialmente se, come ha detto suo fratello, è profondamente cambiata.
Mi invita a casa sua; quando sono a Milano, posso andare a trovarla, le farebbe solo piacere anche sapere come sta sua madre; non me la sento di mentire e le confesso le mie perplessità; quasi a confermarle, mi arriva una telefonata proprio di Tina che è stata avvertita, per prassi, dell’attività sul conto e chiede cosa ho fatto; rispondo che ho dirottato dei fondi per aiutare una persona; comincia ad indagare e sono costretto ad essere duro.
“Ti fidi dei tuoi dipendenti? E allora perché non ti fidi di me? Se avessi giocato al casinò, dovrei rendertene conto?”
Il tono della mia risposta deve allarmarla perché immediatamente si rabbonisce e mi avverte che non sarebbe stata in casa forse fino a lunedì perché è fuori per il week end.
Divento perfido.
“Col Bellarmini?”
Stacca la comunicazione e capisco che il nostro idillio è finito.
“Mi spiace, Nicla, ma tua madre mi ha iscritto nel libro nero.
“Porto male a tutti quelli a cui voglio bene, io.”
“Puoi ripetere, per favore? A chi porti male? A chi vuoi bene? Allora mi vuoi bene?”
“Stupido, conosci quali vette raggiunge il mio orgoglio? Se non fossi ancora tanto innamorata di te, se tu non fossi la persona più cara per me, credi che sarei qui a chiederti aiuto?”
“Ti piace camminare sul ciglio dei burroni?”
“E’ una delle esperienze che mi affascinano di più, specialmente se mi accompagna una persona cara!”
“Nicla, stiamo cadendo nel baratro, lo capisci?”
“Da quanto non fai l’amore, quello vero?”
“Da più di una settimana. E tu?”
“Non so se l’ho mai fatto; per certo so che da quattro mesi non copulo e che non ne sento la necessità; però adesso, accanto a te, con queste stupidaggini, mi sta montando la voglia di amore; non di fare l’amore o di fare sesso; di amarti e di essere amata da te.”
“Questa non l’avrei mai prevista. Hai da mangiare in casa?”
“Quasi niente; se vuoi, posso prepararti qualcosa ma mi devi fare la spesa; non ho un centesimo.”
“Andiamo a pranzo fuori. Puoi farti bella per me?”
“Con quel poco che ho … “
“…. E con quel tantissimo che sei.”
Stiamo andando a casa sua; per ironia della sorte, abita vicino a dove ho vissuto per anni e dove è morta mia madre; la guardo negli occhi e ci intendiamo; io che ho vissuto quella vita, non trovo giusto che si vergogni, come sembra che faccia, anche se l’ambiente è certamente povero; si lava in un catino e cerca tra povere cose le meno maltrattate; chiede in prestito a una vicina una trousse per il trucco ed io sorrido ricordando le ragazze della mia infanzia; mi intende al volo, sorride ed è come si illuminasse; dopo dieci minuti è bella come la ricordavo e i suoi vestiti sembrano tanto casual, per l’innato senso dell’eleganza con cui li indossa.
Andiamo in una trattoria là vicino e ci sediamo a mangiare; il telefono mi perseguita, anche di sabato; è il proprietario della fabbrica in cui lavoro che mi sollecita una risposta perché ha appena concluso un contratto e la sede di Milano lunedì deve essere attiva; gli dico che sono a Milano e che se mi dice come muovermi posso restarci; mi dà le indicazioni per assumere il comando e farmi consegnare l’appartamento che mi spetta, mi dice che lunedì mi assegneranno una segretaria; guardo Nicla e mi viene un lampo.
“Quella ce l’ho io; è laureata, esperta, bellissima e posso assumerla qui, seduta stante.”
“Ma offre garanzie?”
“Ti basta sapere che è la figlia di Tina?”
“Non te la fare scappare, riempila d’oro, se è necessario. Sai che soddisfazione? Allora mando in sede i contratti e voi li firmate.”
“Tra meno di un’ora sarà tutto definito.”
“Sei un grande; vieni da me appena hai sistemato tutto … e portati la tua segretaria.”
“Nicla, da questo momento non sei più disoccupata, se accetti di lavorare come mia segretaria.”
“A Lugano?”
“No, da lunedì il mio ufficio è qui a Milano e, insieme, ho anche un appartamento che, se ti sta bene, puoi dividere con me.”
“A patto che qualche volta mi fai dividere anche il letto e un poco del tuo amore.”
“Non ci vai mica leggera; ti piace fare le corna a tua madre!”
“No; sono sempre più convintamente innamorata di te; e sono disposta a fare l’amante nell’armadio, se me lo chiedi.”
Finiamo di mangiare e corro alla nuova sede, dove il custode mi apre l’ufficio e mi indica l’appartamento nella stessa area; chiedo a Nicla di visionarlo mentre io prendo coscienza dei lavori da fare; tra le altre cose, trovo una carta di credito aziendale; telefono in banca; una segreteria telefonica mi assicura che la carta ha valore illimitato ed è disponibile da subito; raggiungo Nicla e visito l’appartamento che è assai carino ed ha un letto matrimoniale; lei mi guarda ammiccante.
“Stasera … Intanto prendi la macchina, va al centro commerciale che abbiamo visto venendo qui, compra tutto quello che può servirci, senza guardare i cartellini del prezzo; questa carta ci rende onnipotenti. Torna con tutto quello che ci permetta di essere due innamorati nella loro prima casa, la prima sera. Ho voglia di cominciare questa nuova vita con te.”
“E Tina?”
“Si sta già consolando con Bellarmini; devo solo ricambiarle la cortesia e prepararmi ad una lotta feroce.”
“Lo sai che da oggi sarò sempre al tuo fianco?”
“Una segretaria deve possedere tutti i segreti del capo …. E condividerli.”
“Posso dirti una sola parola? … Ti amo.”
“Ti credo; io non ti amo ancora come voglio, come posso e come devo; ma sento che ci vorrà poco per arrivarci.”
Quando Nicla ritorna, organizziamo in casa quello che ha comprato poi la lascio per tornare a scartabellare tra i faldoni per impadronirmi dei sistemi di lavoro; passo quasi l’intero pomeriggio tra le scartoffie e, all’imbrunire, torno in casa e sento un buon profumo provenire dalla cucina; mi affaccio e la trovo a trafficare ai fornelli.
“Sto preparando due bistecche, il minimo per cenare e poi fare l’amore. Sei d’accordo?”
“Tutto quello che decidi va bene per me, soprattutto quando si tratta di fare l’amore.”
Ceniamo al tavolo di cucina, con il minimo indispensabile; per accentuare l’atmosfera, accendo una candela e spengo le luci; sembra di essere due innamorati senza un soldo che vivono d’amore; vedo che piange, l’accolgo tra le braccia, appoggio la testa sulla mia spalla e l’accarezzo.
“Nicla, al di là dell’amore, che non è un obbligo per nessuno, sono felice di vederti tornare a splendere.”
“Scemo, senza l’amore, senza il tuo amore, senza il nostro amore, tutto questo non vale niente. Come te lo spiego che se non c’è fusione anche fisica, tutto resta solo parole? Sono felice di stare con te, ma voglio anche sentirmi viva e sentirti vivo dentro di me. Facciamo l’amore, poi tutto andrà per il verso giusto.”
La sollevo da terra quanto basta per spostarla sul letto e sdraiarla; salgo sopra di lei mi ci distendo addosso, cerco di sentirla con tutto il corpo facendo aderire le membra alle sue; ci spogliamo con mille acrobazie, senza sollevarci dal letto; scopro come nuovo il suo corpo che conosco ma che mi appare stupidamente verginale in quella situazione quasi irreale; e sento che mi monta una voglia irrefrenabile; il sesso duro preme contro il suo ventre; lo libero da pantaloni e mutande, sfilo i suoi vestiti e adagio il membro tra le cosce, muovendomi come a possederla; mi guarda sorpresa e mi chiede se intendo farlo così.
“Sarebbe molto affascinante fare l’amore da ragazzini; ma io ti voglio sentire viva, come tu hai detto.”
Il sesso si gonfia, per il sangue che affluisce, sfiora la vulva e comincia a penetrarla; geme dolcemente, mentre la cappella carezza l’interno della vagina e si spinge sempre più su, sempre più avanti; con un colpo di reni faccio sbattere la punta contro l’utero; trattiene per un attimo il respiro, poi sento colare umori d’orgasmo e avverto le contrazioni che si scaricano in continuazione.
Sollevo la testa e guardo le strane smorfie che fa seguendo il ritmo del godimento che si accentua continuamente finché, ad una spinta più decisa, mi esplode sul membro un orgasmo decisivo, mentre mi urla nell’orecchio un ‘ti amo’ infinito; mi adagio su di lei e lascio che il membro le spruzzi dentro la mia eiaculazione dolce, sensuale, intensa.
Ce ne stiamo un poco così, abbracciati e teneri; si vorrebbe muovere, forse per fare sesso con più intensità; ma non voglio, non mi va di esercitare la nostra esperienza sessuale in un amore che sta nascendo così tenero; siamo due perversi e lo sappiamo, ma per la prima volta, insieme, contemporaneamente e con la stessa voglia, stiamo facendoci un amore delicato, infantile, che riempie di gioia i nostri occhi e non si preoccupa delle grandi esplosioni o delle violente cavalcate; ci deliziamo con la dolcezza del nostro amore e dei baci.
“Non vuoi vedere i vestiti che ho comprato? Ci sono gonne e camicette bellissime, provocanti, ho comprato tanga e perizomi da farti strabuzzare gli occhi. … ti amo e voglio essere bellissima, solo per te, voglio sentirmi sempre felice come in questo momento; vorrei cristallizzare quest’attimo e, forse, morire qui per non perderlo più.”
“Io invece te l’ho già detto che non sono certo di averti dato tutto l’amore che posso, ma so di amarti e voglio farlo ogni giorno di più; non mi accontento di quello che ho, voglio quello che ancora possiamo darci. Abbiamo un giorno pieno, e due notti, da vivere da ragazzini che scoprono l’amore. Cosa vuoi farne?”
“Stanotte mi ami allo sfinimento; cerco di restituirti in parte quello che ti ho sottratto per anni e cerco di riappropriarmi di quel che poteva essere mio e che ho ceduto a lei. Domani mi porti alle giostre, come tutte le ragazze al primo appuntamento; poi la notte mi fai tante coccole e tanto amore. Lunedì ti garantisco che avrai a fianco l’efficienza fatta persona.”
“Va bene. Hai comprato un pigiama anche per me?”
“Certamente, con gli orsetti, per te; con gli elefantini, per me.”
“Sei semplicemente adorabile!”
La serata passa così, tra coccole e svenevolezze, carezze e baci, giochetti stupidi e paroline dolci; solo una volta passa il custode a chiedere se tutto è in ordine e se abbiamo bisogno di qualche cosa; passano anche gli uomini della sorveglianza, a presentarsi al nuovo direttore e ad assicurare che tutto va bene; visto che l’aria è gradevolmente primaverile, ci sediamo alla tele a non guardare niente e beviamo due dita di cognac; poi torniamo a fare l’amore; e questa volta ci scateniamo con le nostre abilità.
La domenica mattina la passiamo veramente alle giostre, come aveva chiesto Nicla, e andiamo a pranzo in un ristorantino sui navigli, per continuare a vivere, non a recitare, ma a vivere intensamente, il ruolo di innamorati giovani e impacciati che in questo momento siamo; andiamo anche a cinema e approfittiamo del buio per pomiciare seduti agli ultimi posti; è paradossale, per noi che abbiamo sempre avuto a disposizione letti dove rotolarci a fare sesso spesso in ammucchiate giganti, trovarci qui nel parziale buio della sala, a scambiarci effusioni, carezze intime e baci appassionati come tutti i ragazzi del mondo; ma questa è forse la vera cifra del nostro amore.
Ceniamo ancora fuori e rientriamo a casa dove ci aspetta il letto del nostro primo giorno di vita comune e dove ci scateniamo ancora a dare saggio della nostra lussuria nei modi più svariati; prima di prendere sonno, facendo appello a tutta l’esperienza maturata in anni di sfrenata libertà sessuale, Nicla mi stende supino sul letto, mi spoglia a morsi e baci aprendomi con le labbra e coi denti ogni singolo bottone, sfilandomi, sempre con la bocca e coi denti e con poco aiuto delle mani, maglietta, calzini e pantaloni finché mi inchioda, letteralmente, nudo al centro del letto e mi chiede di non muovermi finché non mi ha assaggiato tutto.
Effettivamente, dalla linea dei capelli sulla fronte, attraverso il viso e il torace, mi lecca, mi bacia e mi mordicchia su tutto il corpo provocandomi una serie infinita di brividi che per tutta la pelle si trasmettono al sesso e mi provocano una voglia irresistibile di penetrarla, di farla mia, si sentirla fremere altrettanto; ma non si ferma finché non arriva ai piedi e, tornando indietro, mi afferra l’asta tra le labbra e dà il via ad una fellatio decisamente artistica; vorrebbe sentire in bocca il sapore dello sperma e l’urto degli spruzzi sul palato, ma glielo impedisco per non arrendermi troppo presto; la rovescio e la costringo supina sul letto, come aveva fatto con me.
Parto io per una esplorazione metodica del suo corpo, che denudo lentamente, anch’io attivando solo bocca e denti, con pochi aiuti delle mani, tiro via progressivamente il vestitino, il reggiseno e il perizoma; non porta calze e me la trovo nuda in tutta la sua bellezza non solo immutata nel tempo ma anche rinata dopo il nostro incontro al cimitero; la bacio tutta, dai capelli ai piedi, e mi soffermo su ogni particolare amandola con tutto il mio essere; specialmente sulle tette e sui capezzoli, mi fermo a lungo, riuscendo a provocarle intensi brividi ed un grande orgasmo che quasi la debilita.
La stessa cosa succede quando scendo a leccarla tra le cosce e mi impossesso della vulva per martoriarla con leccate che la fanno urlare di piacere; solo quando non resiste e mi implora di possederla, mi accorgo di non farcela ancora neppure io, le salgo addosso e la penetro di colpo in vagina con una lussuria che ci travolge; pochi colpi e mi trovo ad eiaculare, accompagnato dal suo orgasmo più lungo e più sofferto del mio.
Mentre ancora sono dentro di lei e il mio membro ormai barzotto tende a scivolare fuori, mi supplica quasi.
“Prendimi nel retto, per favore; voglio sentirti nello stomaco, se necessario.”
Non mi sposto di molto e lascio che la sua mano, accompagnando fuori il membro, gli ridia vita con la sua carezza; quando lo sente abbastanza duro per il suo piacere, mi chiede di non fare niente, abbassa lentamente la cappella verso l’ano, e riesce a farsi penetrare con mille contorsioni che portano il suo didietro all’altezza del membro, a farlo entrare, stringendo i denti per la posizione dolorosa, e a stare ferma guardandomi diretto negli occhi.
Muovendomi prima lentamente poi con sempre più foga, riesco ad eiaculare nel retto e a sentire il suo orgasmo anale che mi inonda il ventre; quando ci siamo un poco rilassati, riprende a baciarmi, senza sfilare il sesso, e vuole farmi ritornare duro per copulare ancora; la prego di rinunciare perché domani si comincia a lavorare, lei non sa ancora come lavorano gli svizzeri; ed io ho delicate pratiche da risolvere all’alba.
Sembra arrendersi malvolentieri e si sfila di colpo ribaltandomi e riprendendomi a baciare su tutto il corpo mentre i suoi ‘ti amo’ echeggiano ogni momento nella camera; finalmente va in bagno; io cado addormentato e non mi accorgo più di niente.
Il primo compito per me è incaricare l’avvocato dell’azienda di saldare le pendenze e sistemare le condizioni di Nicla col vecchio appartamento che ovviamente lei lascia per trasferirsi con me; subito dopo, contatto a Lugano la banca dove sono i conti, sia quelli individuali sia quelli comuni, per chiedere di trasferire sul mio le competenze presenti nel conto comune, che non sono poca cosa; non appena la banca compie l’operazione e mi avvisa con un messaggino sul telefono, so che si sono aperte le ostilità con Tina e la sua telefonata tarda solo pochi secondi.
“Allora, mi spieghi cosa sta succedendo?”
“Se tu in passato mi avessi spiegato quello che stava succedendo a te, oggi non saremmo a questo punto.”
“Touchè. Dove sei, possiamo parlarci faccia a faccia?”
“Sono a Milano; quindi, solo in teleconferenza, se vuoi.”
“Che ci fai a Milano?”
“Dirigo la nuova sede della fabbrica per cui lavoro.”
“Ah, l’hanno realizzata?”
“Si; e la dirigo io.”
“Ti sei trasferito?”
“Fifty fifty; la sede primaria è Lugano, ma io lavoro qui prevalentemente. Se apri la teleconferenza, ti faccio conoscere la mia segretaria.”
Mi accorgo che è perplessa, poi sento il segnale del collegamento e mi connetto; mi appare Tina in tutto il suo splendore.
“Complimenti; ti fanno bene le gite in campagna.”
“Beh, qui non abbiamo il vostro smog. Allora quando ci si vede?”
“Mia madre venivo a trovarla una volta alla settimana; potrei fare lo stesso con te, Bellarmini permettendo, naturalmente.”
“Cosa hai contro Bellarmini?”
“Io niente, assolutamente; sei tu che forse qualche volta condividi il letto.”
“E allora? Trovati anche tu una Bellarmini e saremo pari.”
“Tina, questa è Nicla, la mia segretaria personale ed anche la mia Bellarmini, per intenderci.”
“Ciao, Tina, complimenti, sei sempre molto in forma.”
“Ah, quindi hai assunto la troia!”
“Troia non so; figlia di troia è garantito e dimostrato.”
Stacca rabbiosa la conversazione; ma non è donna da arrendersi facilmente; squilla il telefonino di Nicla che mi fa leggere il mittente, Tina; le suggerisco di lasciarla sfogare e di non istigarla, per favore; apre il vivavoce.
“I soldi che ha preso sabato erano per te? Devo dedurre che stai rinnegando tua madre?”
“Mia madre quando le ho telefonato per dire che ero nella cacca mi ha tirato un calcio in faccia e mi ha mandato sotto, ho chiesto aiuto alla persona che mi fosse sentimentalmente più vicina. No, non ho rinnegato quella troia di mia madre; l’hai sentito Carlo; mi sento profondamente troia e figlia di troia. Però tu non solo mi hai respinto quando ho chiesto aiuto, ma non hai mai mosso un dito per sapere come stavo; ed io per mesi sono stata male.
Tu non chiedi notizie di Francesco e quindi non sai che ha problemi economici e che aspetta un figlio. Non ti rinnego; mi sono ripresa il mio amore, perché, è vero, sono una troia, ma dopo aver disprezzato quello che avevo e averlo concesso ad un’altra quasi come uno scarto, sono andata a mendicare per riaverlo, perché ho capito il mio errore. Se lui ora mi vuole, sono pronta anche a condividerlo con altre o a fare l’amante clandestina, ma voglio il suo amore e gli darò tutto l’amore di cui sono capace che, grazie a te, ho scoperto essere tanto, tanto, quanto non puoi immaginare. Soddisfatta?”
“Quindi ho perso irrimediabilmente Carlo?”
“Per favore, non recitare la Giulietta con me; non ti ammazzerai. Sei un’industriale e guardi il prodotto; hai quasi quarantacinque anni e lui meno di trenta; hai temuto che fra poco si sarebbe reso conto che sei vecchia e avrebbe potuto pentirsi; non Carlo, non lui che è troppo rigoroso con se stesso, prima che con gli altri; ma tu hai avuto paura e ti sei costruita l’alternativa con l’anziano che ha lavorato con te in Svizzera da sempre.
Quando sarete vecchi, vi farete compagnia, se non gli farai tante di quelle corna che scapperà; hai fatto un’operazione di marketing e hai scoperto che l’amore non è marketing. Adesso, per favore, lasciaci lavorare. Se e quando vuoi, possiamo anche accettare una rimpatriata, sperando che non scada in rissa familiare. Ciao, buona giornata e arrivederci.”
“Sei spietata e, come sempre, dici cose vere mescolandole ad opinioni con la presunzione della verità. Ma ti voglio bene lo stesso; ed amo più di quello che tu immagini il tuo uomo, che non è più mio. Ciao.”
“Non ci sei andata leggera, però. Ha ragione anche lei; hai detto grandi verità, ma alcune interpretazioni possono anche essere discutibili. Sei diventata assai più meditativa e razionale. Mi piaci, al di là dell’amore. Ora lavoriamo davvero!”
Mi ci vogliono alcuni giorni prima che la fabbrica cominci a diventare operativa; ma prima del week end le maestranze sono in grado di avviare la produzione; nel giro di pochi mesi, la fabbrica produce a pieno regime ed io sono ancora in condizioni di massima precarietà; Nicla mi dà una grandissima mano, ma la sua posizione è ibrida, non formalizzata; non può considerarsi segretaria perché per quel posto c’è la ragazza che già c’era e che è molto capace.
Lei opera da jolly, vale a dire come figura non totalmente subalterna, di rappresentanza, in qualche modo, ed è molto brava, in quel ruolo; quando mi sembra che tutto sia avviato, avverto il proprietario, Mario Brambilla, e ci accordiamo per andare a trovarlo il fine settimana; naturalmente, chiede che ci sia anche Nicla la cui collaborazione è stata veramente di grande aiuto; partiamo in macchina un venerdì, nel primo pomeriggio, e solo durante il tragitto mi viene in mente che forse è opportuno parlare con Tina per sapere se posso tornare nella casa che ancora, teoricamente, è nostra o se devo cercare altre soluzioni; attivo il vivavoce e la chiamo; si sentono rumori ambigui e mi risponde con voce impastata.
“Senti, Tina, io sto venendo a Lugano con Nicla per parlare col padrone della fabbrica; possiamo alloggiare da te o dobbiamo cercarci soluzioni?”
Si sente che manovra per sistemare qualcosa e alla fine mi risponde ansiosa.
“No, no, venite a casa; in fondo sei ancora il mio amore e lei è pur sempre la figlia che amo ed odio.”
“Perfetto; dieci minuti e siamo da te.”
Mentre parcheggio nel cortile, noto la macchina di Bellarmini che esce; glissando la specifica situazione, entro disinvoltamente con le chiavi che posseggo e che forse oggi lascerò definitivamente; Tina si precipita giù dalle camere con indosso solo una vestaglia; va ad abbracciare Nicla che la bacia affettuosamente su una guancia.
“Mi avete colto di sorpresa; stavo riposando.”
Sorrido sornione; riposare in vestaglia il venerdì pomeriggio, dopo la chiusura della fabbrica, non è nel suo stile; molto più probabile che si preparasse ad una notte brava col suo nuovo amante; ma Tina è determinata a riconquistare quello che sente che le sta sfuggendo; si struscia come una gatta ed emana un fortissimo odore di sesso che inevitabilmente ci travolge; quando bacia Nicla sulla bocca, la figlia non si sa sottrarre e ricambia con molta passione; infine, ci trascina quasi a forza verso la sua camera, dove il letto appare disfatto non da un riposino ma da una battaglia; la guardo negli occhi e sembra rispondermi che non sono affari miei; mi giro dall’altra parte, nauseato, e lascio che mi apra la patta e prenda in mano il sesso sperando di farlo indurire.
Sono così tanto arrabbiato con lei che non mi riesce proprio di farlo rizzare, anche se il suo odore, l’ambiente, la situazione tutta mi ispira grande voglia di fare l’amore; ma non con lei; le viene involontariamente in soccorso Nicla, che non si è resa completamente conto della situazione e si comporta secondo le nostre abitudini amorose; lo prende in mano alla radice e comincia a masturbarmi come mi piace; il membro si erge superbo e la figlia imbocca la madre che lo ingoia fino alle tonsille; Nicla le infila una mano nella vulva e mi guarda spaventata, di fronte alla voragine che trova nella vagina.
Le faccio segno di tacere mentre la troia continua ad affannarsi con la fellatio che mi provoca sensazioni estreme di piacere ma mi lascia in gola il senso di rabbia di una tecnica molto poco amorosa; mi rifaccio baciando Nicla e la sua bocca mi dà tutte quelle sensazioni che cerco; Tina non si accorge che sta cercando di stuprarmi mentre io sto amando sua figlia; ha troppa voglia di reimpossessarsi di me, non lo nasconde e mette in campo tutte le sue conoscenze per abbattere la mia ostinazione; guardo negli occhi, intensamente, Nicla e dico con precisa intenzione.
“Due vecchie troie come noi non cedono le armi di fronte a nessuno.”
“Sarò anche una vecchia troia, ma con te sono solo una donna innamorata e mi basta guardarti per godere.”
Tina è davvero fuori di se; per lei è uno scontro da vincere, una gara in cui arrivare prima di Nicla, costi quello che costi; stiamo al suo gioco e ci spogliamo a vicenda, con molto amore, accarezzandoci continuamente; come in quasi tutto quello che riguarda Tina, la situazione è surreale, con una donna che cerca ad ogni costo di riconquistare l’amore perduto e due giovani amanti che se lo dicono in tutti i modi davanti a lei che sfodera la tecnica per affascinarmi.
“Ti offendi se ti dico che sembri proprio la protagonista di ‘una noche mas’, adesso?”
Nicla guarda sorpresa; Tina è interdetta e fa segno di si con la testa.
“No, mamma, ti prego; l’elemosina no! Sarebbe indegno. Carlo, ti prego, non infierire; fallo per me.”
“Ma non hai capito che è tutta slabbrata perché stava scopando con l’altro quando siamo arrivati?”
Nicla mi guarda feroce.
“Non mi interessa quanto e con chi fa sesso. Voglio l’amore di mia madre e se lo prendi insieme a me sono ancora più felice.”
“Lasciate che vi ami insieme, contemporaneamente; forse riesco a recuperare.”
Tina sembra comunque non rendersi conto, mentre la sdraio supina sul letto e mi inginocchio tra le sue cosce; Nicla si va a sedere sulla sua faccia e le dà la vulva da baciare e da leccare; lei si lancia a succhiare come un’affamata; forse è dalla prima volta che copulammo, che non assaggia la vulva di sua figlia o di una qualsiasi donna; sembra essere più attenta al piacere che dà a Nicla, e gliene dà tantissimo a giudicare dai gemiti dell’altra, che non a quello che può procurarle in vagina il mio membro, forse perché è appena reduce da una copula e il mio membro per lei è quasi consuetudine; si lancia comunque in ardite evoluzioni e rovescia le situazioni mettendosi carponi sul letto e affondando la testa tra le cosce della figlia, mentre cerca di impalarsi sul mio membro con l’ano che trovo fin troppo disponibile; il Bellarmini si occupa di tutti i fori, evidentemente. Nicla esplode in una goduria enorme e Tina si solleva a sedere sul letto soddisfatta.
“Tu, come al solito, resisti all’infinito.”
“Una vulva slabbrata e un ano spanato non mi attizzano più!”
“Come ti permetti?!?!?”
“Beh, mamma, non c’è niente di male; anch’io ho sentito la vulva molto rilassata; forse è per l’età.”
“Ma che dici? L’età? La mia vagina è sempre stata più giovane della tua!!!”
“Non quando hai appena finito di farti sbattere dall’ultimo tuo amante e ci fai entrare il penultimo; chiaro che vagina e ano hanno risentito delle botte che sono state interrotte mentre arrivavamo; ho visto la macchina del tuo ganzo andare via. Neanche con Pasquale eri stata così troia. Hai tradito il principio fondamentale del nostro rapporto, la lealtà; e questo mi suggerisce che tra noi l’idillio è finito; posso continuare a montarti, specialmente se me lo chiede Nicla; ma l’amore ormai appartiene ai ricordi.”
“Va bene; sì, avevo appena copulato con Mario; lui mi garantisce la vecchiaia; se ti va, possiedimi, altrimenti mi arrangio. Quello che per me è certo e stabile, è il mio lavoro; e su quello tu non conti un bel niente.”
Nicla è quasi sul punto di piangere.
“Carlo, per favore, sii ancora più buono di quello che sei di solito; io voglio l’amore di mia madre, a qualunque costo, al di là di qualunque cosa; e voglio l’amore del mio uomo, anche se non mi ami abbastanza, secondo te. Ti prego, per amor mio dimentica tutto, ama il tuo grande amore di ieri ed ama il tuo piccolo amore di oggi; facci fare l’amore con te e tra di noi; facci trovare per un’ora l’armonia, la gioia di stare abbracciate, il piacere della vita, del sesso. Come vedi, non ti chiedo una notte d’amore e di bugie; ti chiedo per un’ora di essere quello che sei stato sempre per noi, innamorato di tutte e due, desideroso di darci sesso e amore a tutte e due. Posso contare sul mio pilastro?”
“Te ne approfitti perché sai che non ti dico mai di no; però, Tina, ti prego di parlare il meno possibile e, se ti riesce, di non dire imbecillità. Amaci e fatti amare per questo momento felice. Poi tornerai a farmi la guerra, visto che ti diverte.”
“Imbecille!!!!” mi sussurra; ed intanto mi abbraccia con forza “è paradossale ma io ti amo come la prima volta.”
E’ davvero una maledetta, sa il fatto suo e, se decide di prendersi qualcosa, trova il percorso giusto per ottenerla; sono estremamente eccitato perché ho visto quanto piacere ha dato a Nicla; sono stimolato da tutte e due, perché alla fine ne sono stato e ne sono ancora innamorato, in maniera certamente ambigua ma esaltante; so che la figlia vuole l’amore della madre e che, se voglio farla felice, ed io lo voglio e so di volerlo, devo creare una situazione d’amore per tutte e tre; so che non siamo di primo pelo e che possiamo veramente darci tanto piacere, se non amore vero; e allora decido di disarmare e di amarle col cuore, sinceramente, come se fossimo veramente ingenui e puri.
Le rovescio sul letto e comincio a baciarle alternandomi tra l’una e l’altra; Nicla mi obbliga a stendermi supino sul letto e mi monta sul viso, schiacciandomi la vulva sulla bocca; istintivamente comincio a leccare e succhiare gli umori che abbondanti le colano; intanto sento che Tina mi è montata sopra e si sta impalando; in condizioni normali sarebbe la vulva, ma in questo momento può darsi anche che si sia penetrata nell’ano, non mi interessa; comunque picchio dal basso in alto.
Giro gli occhi all’armadio e, nello specchio, vedo che si stanno leccando e succhiando; avverto l’orgasmo di Nicla dalla massa degli umori che mi inondano il viso; e non credo di essere stato solo io con la lingua a stimolarli; colgo l’esplosione di Tina dalle contrazioni, della vagina o del retto, sul mio sesso; eiacula dal sedere senza domandarmelo e sento che ogni spruzzo è orgasmo per tutte e due perché il piacere si dipana dalla vulva alla bocca di Tina che lo trasmette al seno di Nicla che mi esplode più volte in bocca; vanno avanti così per un bel poco e qualche volta mi sento tanto giocattolo in mano ad Erinni che si prendono e mi possiedono alla grande; alla fine, in maniera quasi ridicola, mentre loro si alternano in bagno, chiedo.
“C’è in casa qualcosa da mangiare?”
“No, il personale è in libertà; bisogna andare fuori.”
Telefono al Brambilla, gli dico che siamo arrivati, che siamo a casa di Tina e che ci prepariamo ad andare a cena; mi suggerisce un locale dove anche lui sta per andare a cenare; accendo il vivavoce e faccio ascoltare anche le due.
“Ti infastidisce se a tavola c’è anche Tina?”
“E perché mai? Siamo concorrenti, ma ci frequentiamo e ci stimiamo!”
Tina fa cenno che è d’accordo; a Nicla non lo devo quasi chiedere; basta che stia con me, viene volentieri; solo, mentre siamo un poco più vicini, mi provoca.
“Ti rendi conto che questa è una delle odiose cene di lavoro?”
“Amore, se vuoi mando tutto all’aria e ci rifugiamo in una trattoria io e te.”
“No; ho ricucito un poco con mia madre; meglio se le sto vicina.”
Il tavolo è da VIP, la cena è offerta dal Brambilla ed è decisamente buona; dopo i primi impacciati discorsi formali, Brambilla accenna vagamente al lavoro e gli propongo di vederci domani mattina in ufficio per approfondire; Tina invece ne approfitta per provocarlo su una questione pendente tra loro; lui possiede il quaranta per cento della sua azienda, Tina ha rilevato il venti, il figlio del Brambilla ha un altro venti e resta un venti per cento che non si sa a chi appartenga.
Io e Brambilla sappiamo che quelle azioni sono state il compenso a me per il progetto milanese, insieme alla proprietà di una villa nei pressi che quasi non conosco; a Tina non ho avuto il tempo materiale di dirlo; adesso mi rendo conto che è meglio se sto zitto; Brambilla mi guarda interrogativo; faccio cenno di glissare; Nicla chiede di che si parla, Tina, con un gesto della mano, sembra quasi scacciare con fastidio la domanda.
“Tu pensa all’amore; queste sono questioni da grandi, che non puoi capire.”
Senza neppure rendermene conto, scatto piccato e offeso.
“Sai Tina, ti ho sentito più volte accusare Nicla di arroganza e qualche volta hai avuto ragione; ma adesso so che anche in questo è il tuo sangue che scorre nelle sue vene, perché sei arrogante e offensiva; io e Nicla gestiamo una fabbrica a Milano con grandi risultati, ma per te siamo dei cretini; nel tuo delirio di onnipotenza, tutti sono cretini. Congratulazioni!”
Colpita e affondata; non me lo aspettavo; prende la mano della figlia e le chiede scusa.
“Tua madre, nel suo delirio di onnipotenza, che io non avevo mai visto perché non lo volevo vedere, ha deciso di acquisire la fabbrica di Brambilla e va a caccia delle azioni che glielo consentano; con la ripartizione che hai sentito deve allearsi col figlio di Brambilla, inserendosi in una normale difficoltà di rapporti tra padre e figlio; ma le manca l’altro venti per cento che è nelle mani di un mio amico, uno al quale con una sola telefonata posso chiedere ed ottenere di cedere il suo pacchetto.”
“Tu puoi fare questo? E non me l’hai mai detto? Perché?”
“Tina, ricorda bene; è la prima volta che parli davanti a me di questo problema, perché io secondo te sono cretino come tua figlia e non mi hai mai messo a parte dei tuoi problemi di lavoro. Non è così?”
“Volevo solo evitarti rogne che non ti toccavano.”
“Così eri tu a starci male e, per rilassarti, ti facevi sbattere da chi ti capiva e mi lasciavi a stecchetto. Perché? Per caso sapevi che poi avrei ritrovato Nicla sulla mia strada e volevi risparmiarmi per lei? Per quanto tempo mi ti sei negata?”
E’ annichilita.
“Temo che si sia fatto tardi; vorrei andare a letto.”
“Da sola? Peccato! E niente niente, nella camera a fianco tua figlia e il tuo giovane amante copulano alla grande!”
“Hai deciso di umiliarmi fino in fondo?”
“No, ma se vuoi posso farlo.”
“Provaci!”
Mi sfida; guardo un attimo negli occhi Nicla che è sospesa tra la curiosità di vedere la fine del duello e la paura che uno dei due possa farsi male.
“Nicla, tra l’amore povero di un funzionario con uno stipendio medio, in un appartamentino carino ma non di lusso e la gestione di un’azienda che ti renda simile a tua madre, cosa sceglieresti?”
“Non potrei scegliere la gestione di un’azienda insieme al mio amore in un appartamento che sia un nido d’amore?”
“Amore, non ti sto ponendo un quesito astratto e teorico; ti parlo di ipotesi vive e concrete.”
Tina, rivolta al Brambilla, che sembra gongolare della battaglia in atto, esplode.
“Ma li senti questi imbecilli come parlano per ipotesi di cose che costano lacrime e sangue?”
“Signora industriale, tu come hai cominciato?”
“Ho ereditato da mio padre un’officina e l’ho fatta diventare un impero.”
“Tu c’eri al funerale di mia madre; è stato proprio lì che mi hai preso nel momento del dolore e trascinato in Svizzera per farmi solo male; mia madre mi ha lasciato solo la testa per pensare, il sesso per copulare e gli occhi per piangere; tutto il resto me lo sono costruito pezzetto per pezzetto, con il mio talento non perché mi sbattevo la padrona, come mi dissero una volta. Il mio percorso è lastricato delle mie lacrime e del mio sangue; il tuo anche di colpi di fortuna. Ma stavolta picchio io, e picchio duro. L’hai capito o no che con una telefonata il mio amico decide a chi va il pacchetto?”
Tina guarda il Brambilla a chiedere conferma.
“Tu sai la verità. Devo credere a quello che dice?”
“Tina, io non ho capito se Carlo è l’uomo tuo, se è quello di tua figlia o se è quello di tutte e due; non capisco perché lo hai trascurato e hai copulato con un verme; non capisco perché offendi queste due persone squisite. Io so che Carlo mi ha sollevato una fabbrica che era sull’orlo di un baratro, che dirige oggi una fabbrica fondamentale e che la sua segretaria, non mi interessa se è tua figlia o la tua concubina o quel diavolo che vuoi, è la persona più affidabile, apprezzabile e squisita che i miei clienti abbiano incontrato. Io so chi possiede il pacchetto e so che Carlo ne può disporre. Forse ti conviene abbassare la cresta. Ragazzi, vi aspetto domani in ufficio. L’offerta e viva e valida; decidi anche per questo. Adesso vado perché ho ancora appuntamenti.”
“Nicla, ti ho posto un quesito e gradirei una risposta.”
“Carlo, credevo di averti risposto. Non possiamo fare in modo da acquisire la fabbrica e gestirla insieme? Non conosco i fatti, ma credo di capire che hai un piccolo, enorme segreto che può cambiare le nostre vite. Non voglio diventare mia madre come ho capito che non potevo essere peggio di mio padre. Voglio essere la tua compagna, nella vita e nel lavoro; ma preferisco che lo stile di questa vita lo decida tu; ti avevo avvertito che questo era l’anticipo delle cene di lavoro. Io me la sento; e tu?”
“Ma si può sapere di che parlate? Segreti … acquisti … fabbriche; ma credete di giocare a monopoli?
“No, mamma; stiamo lavorando, ma tu non sai distinguere! Carlo, posso svelare il tuo segreto?”
“La vuoi uccidere? Fa’ pure!”
“Mamma. Io ho capito che il pacchetto non ce l’ha un suo amico, ma che Carlo l’ha ricevuto a pagamento del suo progetto per la nuova fabbrica. Ora Brambilla gli offre non più la direzione ma la proprietà della fabbrica; e Carlo non vuole cambiare il suo stile di vita col tuo. Se tu non lo avessi trattato da sex toy, ragazzo da sesso se non lo capisci, se avessi avuto fiducia nel tuo compagno, oggi quel pacchetto sarebbe già tuo, perché lui l’avrebbe dato a te.
Ora mi mette di fronte alla scelta; essere sempre la moglie del direttore, con stipendio fisso, piccolo appartamento e tanto amore; oppure diventare una capitana d’industria e percorrere la tua stessa strada col pericolo di perderci. Io non voglio rischiare di perderti, Carlo; restiamo nell’ombra, anzi restiamo all’ombra del nostro amore, se il tuo è pienamente convinto.”
Tina ansima, non riesce a respirare; ci spaventiamo e sto per chiedere aiuto; mi ferma con un gesto, beve un po’ acqua.
“Aspetta, lasciami riprendere; devo fare chiarezza. Ha visto giusto Nicla?”
“E’ arrivata alla verità; due mesi fa, se non fossi stata distratta dal tuo lavoro e dal nuovo amore, avresti saputo del mio successo nella ricerca, perché te ne avrei parlato, ti avrei detto che mi pagavano in azioni; e a quel punto la iena che c’è in te avrebbe elaborato il piano giusto per uccidere Brambilla. Tu hai rinunciato persino ad accompagnarmi al cimitero; ho saputo, non capito, saputo, che ero solo, in un oceano infinito, senza un appiglio; quando è apparsa la zattera, ci sono salito, mi ci sono trovato bene ed ho dimenticato la nave di lusso da cui sono caduto; adesso devo scegliere tra una barchetta coi suoi disagi e un Racer con tutte le sue incognite.”
“Se uno di voi due fosse un imprenditore, scegliereste il Racer che dà entusiasmo e grinta; visto che siete dei poveri borghesi, sceglierete la barchetta.”
“Nicla, scegli col tuo cervello, non ti fare istigare dalle insinuazioni di questa signora che vuole vendicarsi di essere stata indotta a scoprire la sua sessualità quando era una macchina da soldi.”
“Carlo, visto che giochiamo tutti sporco, posso metterti una pulce nell’orecchio? … Cosa pensa tua madre, dall’al di là, di questa scelta? Cosa ti consiglierebbe se fosse viva?”
“Sei una maledetta; questa è troppo sleale. Hai ragione; con il suo equilibrio mi direbbe che devo fare il salto cercando di proteggermi al massimo, ma di non rinunciare. Come hai detto? Compra la fabbrica e gestiamola insieme? Vuoi che mi fidi della figlia di tua madre o della Nicla in cui credo oggi?”
“Non puoi avere garanzie, solo la mia promessa. D’altronde, se dovessi venir meno, ti resterebbe la fabbrica.”
“No, quella resterebbe a te. Come hai detto? Due mesi fa l’avrei ceduta a Tina, per amore; oggi la cedo a te, per amore. E se sbaglio, come nella canzone che a quanto pare conosci, mendicherò un’altra notte di amore e di menzogne.”
“Io mendicherò ogni sera una notte d’amore, senza menzogne. Carlo, ma è certo questo acquisto?”
“Domattina lo formalizziamo; poi avrai le sorprese. Ma adesso zitta, davanti al nemico.”
“Stanotte mi fate fare l’amore con voi?”
“Se non chiedi di aggregare il tuo amante, se vuoi amore e non sesso a gara, se Nicla è disponibile, io ci sto.”
“Perché parli di sesso a gara?”
“Ancora fai finta di non capire? Eppure, è stato amore quello che mi hai chiesto quella volta che ci siamo incontrati da soli; e mi pareva di averne fatto tanto di amore, con te. Hai una memoria così labile che dimentichi quanto ti ha fatto soffrire il sesso tecnico e freddo, senza amore, quello che stamane tu volevi rifilare a me?”
Torniamo a casa e Tina ci indica la camera degli ospiti; mi cambio rapidamente, indosso il pigiama e mi dirigo al bagno, dove c’è già Nicla; di fronte ai miei orsetti; Tina scoppia a ridere e fa dei versi fanciulleschi.
“Nicla, la signora dei mutandoni ride del pigiama che hai scelto perché ti piacciono tanto gli orsetti disegnati.”
Le urlo da dietro la porta chiusa.
Mi risponde allo stesso modo.
“Ma dentro c’è il tuo sesso meraviglioso, quello che fa urlare le donne che lo assaggiano? … Allora lascia che rida; con quello dentro, è splendido anche il pigiamino con gli orsetti e non vedo l’ora di cavartelo per possederti tutto.”
Tina si rende conto della gaffe e, alla fine, sbotta una volta per tutte.
“Io faccio stupidaggini, che nascondo sotto stupidaggini più grosse da nascondere sotto stupidaggini disumane; poi emergono tutte come la cacca quando si scioglie la neve; lo ha detto Nicla; e tu adesso le perdoni tutto; a me non riesci a perdonare niente. Ma sei sicuro di avermi amato o sei stato lì a controllare ogni mio gesto per condannarmi?”
Istintivamente, l’abbraccio, la stringo forte a me e sento il pene rizzarsi contro il suo pube; le accarezzo il volto e sento che sta piangendo; raccolgo le lacrime con la lingua e poi gliela infilo in bocca, fin dove è possibile; comincio a pomiciare come se fosse la ragazzina del primo appuntamento; fa scivolare la mano nel pigiama, mi prende il sesso e lo accarezza delicatamente.
“Fammi fare l’amore con te, ancora una volta; fai finta che io sia tutta nuova e che tu ti innamori di me adesso come quella sera in pizzeria. Adesso veramente ti chiedo di amarmi e di raccontarmi qualche bugia ancora per una notte.”
“Mi spiace, non so dire bugie. Ti amo, nonostante tutto; ma non posso dire bugie.”
Sembra voglia entrare dentro di me, tanto mi stringe; e finalmente sento il suo amore, nei baci, nelle mani che mi accarezzano il corpo, nei capezzoli che si rizzano contro il petto quasi a forare la vestaglia e il pigiama, nella vulva che, sotto gli abiti, cerca il contatto col membro così separato e lontano; la conosco bene e posso registrare il suo piccolo orgasmo e la colata che certamente ne deriva; sento e so che in questo momento mi ama davvero.
“Lo sento che mi ami e il tuo amore carica il mio; non vorrei, perché ogni stilla d’amore per te è sottratta a quello che voglio dare a Nicla; ma so che anche lei ti ama e che così l’amore non si divide ma si moltiplica. La nostra storia è stata molto intensa ma, se ci pensi, anche tanto breve; come già ci siamo detti tante volte in questa breve intensa storia, innamoriamoci per questa sera; domani decideremo che fare della nostra vita; per il momento ti amo davvero come se fosse la prima volta.”
Nicla è uscita dal bagno e ci trova così abbarbicati; ci abbraccia tutti e due e ci bacia alternativamente sulle guance; fermo la bocca sulla mia e sciolgo dall’abbraccio una mano per prendere la sua vita e stringerla a noi, con passione infinta; Tina si stacca di colpo e va nel bagno; entro con lei, come sempre abbiamo fatto lì, per mesi, e mi metto a orinare in piedi, a fianco a lei che si strucca al lavandino; il tempo sembra essersi fermato e saldato all’improvviso con una delle tante mattine in cui occupavamo insieme il bagno e facevamo l’amore, lei piegata sul water ed io che la prendevo da dietro; inevitabile il groppone, all’idea che ci stiamo proprio dicendo addio in maniera definitiva.
“Una storia meravigliosa non dovrebbe finire così; forse sarebbe meglio persino scannarsi o almeno offendersi a vicenda.”
Nicla mi viene a strappar via prima che decidiamo di copulare in bagno, mi trascina sul letto di sua madre e mi spoglia completamente; si libera anche lei del pigiama e si sistema su di me, a 69, per succhiarmi il membro e darmi la vulva da leccare.
Uscendo dal bagno, Tina sale decisa in ginocchio sul letto, solleva la figlia dal batacchio e cerca di farla sedere sulla mia faccia; ma Nicla non vuole cedere il membro e invita Tina a spostarsi lei sul mio viso, per potersi venire ad impalare di vulva sul membro; provo disagio di fronte a queste manovre che danno l’idea della solita gara di bravura tra madre e figlia, piuttosto che di una seduta di sesso o d’amore; le ruoto di colpo e le faccio cadere ambedue sul letto.
Decido per una soluzione che mi piace molto e spingo la figlia a poggiarsi su sua madre, a 69, col sedere più in alto possibile; mentre si succhiano con voluttà vicendevolmente, mi pongo alle spalle di Nicla e le infilo di colpo il membro nel retto facendola sobbalzare; la reazione accentua il piacere di Tina che le morde quasi con ferocia la vulva; poi quasi rabbiosamente, sfila il membro dal retto, ribalta la situazione ed offre al mio sesso il suo, di sedere; la impalo senza esitazione.
Si va avanti così, per un paio d’ore, cercando tutte le soluzioni possibili del rapporto a tre; e mi rendo sempre più conto della mia difficile posizione tra due donne in gara; mi viene in mente un epigramma latino per il quale un’amante giovane strappava al suo uomo i capelli bianchi ed un’amante vecchia quelli neri, lasciandolo alla fine pelato; il mio membro è appunto alla mercé di due Arpie che pretendono ciascuna il suo piacere; col risultato che scappo in camera degli ospiti e mi metto a dormire respingendo tutti i tentativi di Nicla che vuole ad ogni costo farmi eiaculare ancora.
Le nove del sabato mattina non sono l’ideale per un appuntamento di lavoro; ma Brambilla ha fissato e mi tocca esserci, con Nicla, come lui aveva chiesto; ci apre una ragazza molto carina e ben ‘attrezzata’ che ci avverte che dovremo aspettare un poco perché il titolare sta definendo alcuni particolari; ci guida in un salottino e ci fa accomodare su un divano; si viene a sedere in mezzo a noi e fa in modo che la minigonna si sollevi al limite del perizoma che indossa; ironizzo.
“Sei il comitato di accoglienza?”
“Se volete approfittare, sono a vostra disposizione.”
Nicla è un po’ stordita dall’improntitudine; io sono meravigliato della volgarità del mio padrone; sarei anche sul punto di incazzarmi, se non fosse che Nicla, con una delle sue imprevedibili decisioni, ha già infilato la mano tra le cosce della ragazza e la sta masturbando con grande gusto di ambedue; Flora, la ragazza che ci ha accolto, mi apre la patta, insinua la mano e mi afferra il sesso che, naturalmente, risponde con una bellissima erezione; mi viene ancora da ironizzare.
“Non è il modo peggiore di cominciare la giornata!”
Nicla mi costringe ad alzarmi, fa stendere carponi la ragazza sul divano e prende a leccarle vulva ed ano; con un certo entusiasmo mi comunica che è strettissima, quasi verginale; mi sposto dall’altro capo e consento a Flora di prendere il membro in bocca e dare il via ad una succosa fellatio; quando la ragazza dà segno di aver raggiunto un potente orgasmo, soffocato solo dal membro ficcato in gola, Nicla con mosse decise la fa alzare, si scoscia sul divano, appoggiandosi in punta di seduta con le spalle alla testiera, e fa abbassare la ragazza a succhiarle la vulva.
Mentre ammiro la lingua saettare tra grandi labbra e vagina, le vado alle spalle e tasto la vulva stretta di cui mi ha parlato Nicla; devo convenire che è ancora abbastanza giovanile, la percorro con le dita fino al clitoride, mi chino un momento a leccare con gusto l’insieme, dalle grandi labbra fino al coccige e, quando mi rendo conto che la lubrificazione è alta, appoggio il membro alla vulva e spingo dentro.
Prima mi assicuro che sia protetta, poi comincio a pompare e sento che gode moltissimo; per essere una professionista ingaggiata per certi ‘servizietti’, dimostra una passione quasi eccezionale e, per i miei gusti, la lussuria che manifesta è il migliore stimolante; le scarico in vulva una tempesta di seme, mentre Nicla a sua volta urla come una bestia ferita mentre esplode.
Quando ci riprendiamo e ci ricomponiamo, Nicla fa a Flora la domanda che le urge da un po’.
“Fai la segretaria o sei una escort?”
“Sono impiegata come segretaria, ma il padrone sa che amo molto il sesso; qualcuno mi ritiene ninfomane e forse lo sono, in parte almeno; e quindi applico sul lavoro il mio piacere e faccio qualche ‘lavoretto extra’ per accontentare il padrone ma anche per divertirmi un poco, come è successo oggi con voi. In certi ambienti sono conosciuta come la regina dell’ingoio; ma è gloria locale, ben diversa da quello che gira in ambienti grossi come Milano.”
“Beh, in questo sono un poco più informata; sono stata per mesi la regina dell’ingoio a Milano.”
“Lo sapevo; ti conoscevo già; anche per questo mi ha dato ancora più gusto farlo con te e con il tuo compagno.”
Mi scappa di intervenire.
“Ma, di amore, nemmeno ne parli? Non dico provarlo; ma almeno parlarne … “
“Scherzi? Io sono fidanzata ed amo il mio ragazzo più di mia madre; ma i campi sono distinti; l’amore per noi, il sesso per gli altri.”
“Lo trovo un po’ macchinoso, ma ti credo e spero che lui sia concorde con te.”
“Lo è, credimi; il nostro amore è tanto più solido quanto più sono troia … “
“Contenti voi … Auguri.”
Chiudiamo il discorso giusto in tempo per ricevere il padrone di casa, accompagnato dal notaio che conosco.
Bastano poche firme e una lunga tiritera di enunciazioni per definire tutto; cedo al Brambilla il 20 per cento delle azioni in mio possesso; in cambio ricevo l’atto di proprietà della fabbrica e delle attinenze; il protocollo annesso nomina Nicla amministratore delegato e plenipotenziario con la clausola che sono valide tutte le operazioni a doppia firma e, per certi aspetti, quelle firmate da me.
In caso di iniziative unilaterali di lei, l’operazione si annulla e il patrimonio investito passa su un mio conto separato; chiedo a Nicla se si rende conto di quello che sottoscrive e mi assicura che fa tutto in grande amore, senza problemi; le chiarisco che molte clausole possono risultare pericolose se viene meno il principio della fiducia e della lealtà; mi risponde che quella non verrà mai meno; le credo e firmo con lei; mentre stiamo lavorando, si affaccia alla porta dell’ufficio un impiegato che conosco, per averlo avuto come collaboratore nella ricerca; si rivolge direttamene a me.
“Giusto te; hai sentito che smantellano il gruppo di ricerca?”
Guardo meravigliato il Brambilla che mi conferma con un cenno della testa; il notaio ci saluta e va via; entra subito dopo il legale della fabbrica milanese con un faldone; mi fa cenno che tutto è in ordine.
“Senti, Nicola, il gruppo c’è? E’ ancora disponibile a lavorare con me? Vuole fare grandi cose?”
“Carlo; chiedi e vedrai cosa sappiamo fare.”
“Bene; visto che Brambilla non ha più bisogno di voi, vi assumo io come gruppo di ricerca, ma non posso lavorare con voi; sono il padrone, purtroppo; anzi la padrona è lei, la mia compagna, ma io devo per forza dirigere. Ve la sentite di inventare un laboratorio di ricerca dove adesso c’è il nulla?”
“Dicci dov’è e cominciamo anche lunedì.”
“Abbiamo accesso a un enorme contributo europeo per un laboratorio nuovo e grande; l’avvocato ha tutti gli incartamenti e sono certo che ce la farete. Parla con lui anche dei dettagli; poi mi farai sapere. Adesso lasciami godere il nuovo ruolo di padrone, il peggiore che mi potesse capitare.”
“Se da padrone ti comporterai come hai fatto da dirigente del gruppo, il successo è già tuo, non ti preoccupare. Grazie da parte dei ragazzi e auguri per la nuova avventura.”
“Ah, senti, conosco un bravo ricercatore attualmente sottoutilizzato; se ve lo aggrego, ti prendi cura tu di testarlo e di farmi sapere se va bene per il vostro lavoro?”
“E’ un amico tuo?”
“E’ più di un amico; ma tu non devi tenerne nessun conto; se va, va; se non va, lo mando ad altro reparto.”
“Digli di parlare con me. Ciao.”
Brambilla è stranito.
“Che diamine è questa storia del contributo europeo per la ricerca?”
“E’ una piccola sorpresa che mi sono tenuto per me; se apri il computer alla voce contributi, trovi che il nostro progetto è risultato il terzo in Europa per l’originalità; quindi ci assegnano un grosso contributo, si parla di più di centomila euro, per realizzare un nuovo laboratorio, che naturalmente farà parte della dotazione della fabbrica milanese; ci muoveremo in molte direzioni. Inoltre, c’è nell’aria l’ipotesi di una diffusione del nostro progetto a livello internazionale e questo significherebbe altri soldi che entrano per il progetto.”
“Sei proprio un gran figlio di troia … ”
“Mia madre è morta a meno di cinquant’anni per gli stenti sopportati per farmi arrivare qui. Non mi va di sentirla etichettata.”
“Scusa; ho usato una frase gergale senza pensare che potesse dispiacerti. Voglio dire che averti come concorrente e forse come avversario mi fa pensare che sarà dura.”
“E se invece provassi a pensarmi come alleato? Io di te ho tanta stima e fiducia perché possiedi una qualità che in questo ambiente è rara; sei leale. E adesso vado via a godermi il risultato.”
“Ciao; a presto; signora, auguri per il suo lavoro e mi saluti la sua mamma.”
Usciamo quasi cantando; Nicla è particolarmente felice ed eccitata per la grande novità che le si prospetta e non smette di sbaciucchiarmi e di ringraziarmi per quello che ho fatto per lei; le raccomando di non farsi condizionare da sua madre nelle decisioni da prendere perché del suo fiuto non mi fido, pur riconoscendole grande abilità e capacità di manovra; ma soprattutto perché la sua smania di gareggiare con la figlia non si placherà mai e potrebbe danneggiarci; mi sorride rassicurandomi che non succederà niente e in questa atmosfera di gioia torniamo a casa da Tina che naturalmente ci aspetta sulle spine, curiosa di sapere che cosa è veramente successo.
Nicla si precipita a raccontarle tutto e si sofferma particolarmente, come è giusto, sulle enormi competenze che le sono state assegnate; Tina si affanna immediatamente a suggerirle cosa fare; ma la figlia le risponde che ha bisogno di pensare a tante cose; prendo il telefono e, sottovoce, chiedo a Nicla il numero di Francesco; mi guarda con aria interrogativa; ribadisco la richiesta; lo forma lei stessa; risponde al primo clic e riconosco la voce.
“Ciao, Francesco, sono Carlo; si sono qui con tua sorella e tua madre; ora Nicla vive con me e forse diventerà la mia compagna, se già non lo è. Con Tina è andato tutto male e ci siamo lasciati; nessun problema. Senti, non ti ho chiamato per fare gossip familiare. Come va con il lavoro? Ancora peggio?! Stammi a sentire; tu lunedì mattina vieni all’indirizzo che ti mando, porti il curriculum tuo e quello di tua moglie, chiedi di parlare col direttore …
Sì, appunto, chiedi di parlare con me o con l’Amministratore delegato. Se le cose vanno come penso, tu vieni a lavorare da noi subito e tua moglie quando avrà partorito … non dire stupidaggini; lo stipendio sarà quello previsto dai contratti, con un occhio di riguardo al figlio e fratello dei miei due amori … Perché ridi? Tina rimane il mio amore perduto, anche se adesso sono tutto di Nicla … Ma vai al diavolo. Ti voglio bene, lo sai.”
Nicla è scocciata.
“Avrei dovuto farlo io.”
“Se lavori perdendoti nel gossip familiare, sarò costretto spesso a prendere le redini; ricorda che il protocollo me lo consente.”
“Sei sempre il solito; sempre pronto a cogliere gli altri in fallo. Ti senti infallibile?”
“Nicla, perdonami ma devo ricordarti che i contratti non sono ancora registrati; non mi costringere a chiamare il notaio per fare qualche correzione … Temo proprio di avere sbagliato ad affidarti tanta responsabilità; non mi pare che sei in grado di gestire certe emozioni.”
“No, ti prego, non dirlo nemmeno per scherzo. Mi sono sentita stupida e insensibile quando ho visto che facevi tu quello che avrei dovuto sentire io come primo obbligo. Perdonami; da lunedì sarò impeccabile.”
“L’altra volta che me l’hai detto sono stato felice di averti dato ascolto. Anche adesso sono felice di sentirtelo dire.”
“Pace fatta, allora?”
“C’è stata una guerra? Io non ho combattuto.”
Decidiamo di andare a pranzo fuori e, visto il successo della mia iniziativa, mi tocca offrire un pranzo all’altezza; andiamo nel ristorante più elegante sul lago, dove Tina è nota per il suo gusto raffinato e ci servono pietanze da leccarsi i baffi; subito dopo, torniamo a casa e andiamo a riposare; le due cercano nuovi approcci ma io mi defilo e vado a sdraiarmi nella camera degli ospiti; madre e figlia si lanciano in una vorticosa seduta di sesso selvaggio che le porta in meno di un’ora a sentirsi distrutte; Nicla viene a sdraiarsi vicino e me e comincia con le moine che, come so, preludono a discorsi delicati.
“Ho bisogno di fare sesso … “
“Io non faccio sesso, soprattutto con te, lo sai. Cosa vuoi?”
“Mamma mi ha parlato di un privè che conosce; io voglio copulare con un maschio sottoposto. Tu sei troppo per me, prepotente, forte, determinato, possessivo; io voglio un ragazzo che si lasci dominare, che mi faccia sentire padrona di me, di lui, del sesso … riesci a capirmi?”
“Forse ti capisco; ma capisco anche che sto sbagliando tutto, a stare con te.”
“Perché? Sono leale, ti avverto prima e ti chiedo di essere con me mentre lo faccio.”
“Insomma cosa proponi?”
“Andiamo al privè, io tu e mamma; io copulo con un uomo come piace a me; tu copuli come ti va con chi ti va; al ritorno, sarà tutto passato e tutto come prima.”
“Come prima? Ne dubito; … comunque, se è quello che vuoi, andiamo e fatti questa tua copula; … poi però, ne accetterai le inevitabili conseguenze … “
“Va bene, allora. D’accordo? Si va a cena al club, poi al privè.”
“Fiat voluntas vestra; sia fatta la vostra volontà.”
Vado in bagno e mi porto lo smartphone; chiamo il notaio; fortunatamente mi risponde; gli do incarico di cambiare tutti gli accordi, di cancellare il nome di Nicla da tutti i documenti e di affidare tutto a me; fa qualche piccola obiezione, poi mi dice che verrà lunedì mattina in fabbrica per farmi firmare i nuovi documenti.
Mi sento un poco in colpa, per il gesto a tradimento; ma ormai so che con Nicla non è possibile nessuna pacificazione, anche perché alle spalle c’è Tina; c’è il suo zampino, in questa storia del privè; all’imbrunire si preparano e sono vestite da autentiche troie, d’alto bordo, ma troie; sono quasi stomacato, ma entro nel ruolo del pappone e me le porto in giro quasi con orgoglio; il club è elegante, con una cucina interessante; dopo la cena, le due si lanciano in seducenti movenze sulla pista da ballo e sono immediatamente circondate da giovani allupati.
Nicla mi avverte che ci sono due ragazzi e la moglie di uno di loro che ci stanno a ‘giocare’ con noi; hanno già preso una camera multipla solo per noi; saremo tre femmine e tre maschi; io potrò svariare tra lei, sua madre e la moglie dell’altro; la seguo a testa bassa, quasi mogio, come se la cosa non mi riguardasse per niente, ma mi sto rodendo nella nausea e sto meditando di maltrattarle di brutto, mettendo in atto tutta la mia esperienza e tutta la rabbia di cui sono capace.
Quando siamo in camera, vedo che le mie donne aggrediscono immediatamente i maschietti e dimostrano quello per cui sono là; Nicla sottomette anche visivamente il marito di Nina, che intanto si avvicina e cerca di spogliarmi, mentre Tina si sta già scopando l’altro ragazzo, che presenta un sesso molto interessante; ascolto Nicla che impone al suo maschietto posizioni, movimenti e pose; gli dà ordini come ad un pupazzetto e lo possiede con gusto.
Impongo a Nina di spogliarsi e le urlo di stare attenta a come si muove, se vuole che io goda di lei; è tendenzialmente masochista e si muove molto aggraziata; a metà spogliarello le ordino perentoriamente di spogliarmi; esegue devotamente e spesso la rimprovero anche per niente; ogni volta si accosta più servile e devota.
“Adesso succhiami il membro fino a soffocarti; poi ci penserò io a trattarti come si deve; l’hai già preso dietro? No? Allora ci penso io … non mi interessa se non c’è lubrificante, godrai di più mentre ti sfonderò.”
Ha lo sguardo timido di una gazzella e questo mi eccita tremendamente; le lecco le tette bellissime, piene, carnose, dolcissime; le succhio i capezzoli, ritti e grossi come fragoloni; glieli tiro e li mordo fino a farla lacrimare; geme di dolore ma mi incita a stringere, a succhiare; il marito è spaventato, ma lei lo rimprovera accusandolo di non averla mai fatta godere con le tette mentre adesso sta colando come una fontana; anche Nicla non mi riconosce e si ferma impalata a guardarmi, dimenticandosi di umiliare il ragazzo che vuole dominare; solo Tina continua imperterrita a cercare di svuotare il ragazzo che non ne ha più.
Rovescio Nina sulla schiena e le sbatto violentemente il mio organo, di stazza più che notevole, nella vagina ricettiva e con un dito le martello il clitoride; urla come un animale al macello e, quando qualcuno cerca di rivolgerle la parola, lo respinge accusandolo di interrompere una goduria infinita; la meraviglia è dipinta sui volti di Nicla e di suo marito; le impongo di badare alla sua goduria e di lasciarmi in pace; ci aggiungo un ‘troia’ che fa male più a me che a lei; Nina continua a colare e a chiedermi di possederla dappertutto.
“Sta zitta, stupida!”
La apostrofo e le ficco il membro in gola; lo prende e se lo fa sprofondare nell’esofago, con conati di vomito e principi di soffocamento.
“Adesso mi dai il didietro!”
“Mi squarti, con quella mazza, sono vergine.”
“Non lo sarai più fra poco; il piacere supererà il dolore; poi, quell’imbecille imparerà a non concederti a un mostro come me!”
Si dispone carponi, le sollevo il sedere e la lecco profondamente, spingendole la lingua nel retto; geme e gode, versando umori vaginali a fiotti; li raccolgo e li uso per accarezzare l’ano e penetrarlo con le dita; cede amorevolmente e sembra in attesa di essere violentata; accosto la cappella al piccolo foro grinzoso, ancora verginale e delicato, e spingo con forza; urla e piange dal dolore; Nicla si alza e viene in soccorso.
“Troia, fatti gli affari tuoi e vatti a far sbattere da quel mollusco; a questa meravigliosa femmina ci penso io.”
“Che vuoi, lasciami penetrare nel retto come aspettavo da tempo. Sfondami, arriva allo stomaco, riempimi; voglio sentirti tutto nel ventre!”
Non mi faccio pregare e spingo in profondità; Nicla sembra voler prendere i suoi abiti e andarsene; la fermo per un braccio e la sbatto violentemente sul letto.
“Te l’avevo detto che ci sarebbero state inevitabili conseguenze; l’hai voluto e adesso stai qui e assisti fino alla fine alla mia esibizione da maschio dominatore; hai già svuotato il poveraccio? Appallottalo e mettilo nel cestino; ma da qui non te ne vai finché io non avrò finito con questa signora. Capito?”
Abbassa la testa, sconfitta, e si sdraia sul letto; io comincio a cavalcare Nina, mentre le accarezzo con dolcezza la testa.
“Ti fa ancora male?”
“No, non più; ora è solo piacere; fammi godere, fammi godere tanto, ti voglio, ti voglio per sempre, voglio essere la tua vagina, il tuo retto, la tua donna. Stuprami ancora!”
Sento l’orgasmo che mi monta dentro; avverto che sto per arrivare.
“Aspettami, fammi godere ancora, sento che il retto vuole esplodere; aspetta che vengo di sedere, poi sbattimi dentro tutto il tuo seme.”
Le passo una mano sul pube e prendo a titillare il clitoride mentre la violento nel retto; sento che il suo fremito cresce fino al parossismo, si agita e trema come tarantolata poi esplode in un orgasmo anale che non vuole finire mai, mentre il mio le si scarica nell’intestino accentuando il suo orgasmo, il suo piacere, la sua goduria; crollo sulla sua schiena e la rovescio su un lato con me addosso, per non pesarle; Nicla è impietrita, lì a fianco; il marito in un angolo, piange in silenzio di fronte alla disfatta del retto di sua moglie che lui aveva sempre rispettato.
Quando ci siamo ripresi, lei avverte che deve scaricare almeno la vescica ed espellere lo sperma dal retto.
“Conosci la pioggia dorata?”
“Vagamente … “
“Vieni che te la insegno.”
Ho visto in un angolo una piattaforma da doccia con la doccia annessa; ci porto Nina che si tiene un dito sull’ano per non spargere sperma in giro; arrivati sul piatto della doccia, le infilo il membro barzotto in vagina e le chiedo di orinare in piedi; non ce la fa; spingo la mia vescica ed un primo spruzzo parte; quando tocca l’utero, comincia a scaricarsi anche lei e sento piovere sulle cosce orina e sperma che cade dalla vagina e dal retto; lei geme sul mio orecchio mentre mi abbraccia quasi con amore.
“E’ meraviglioso; non so spiegarti la sensazione; sento una lunga, infinita eiaculazione tua con un’altrettanto lunga, infinita colata mia. E’ stupendo copulare con te. Lasciami un tuo numero; voglio sentirti spesso dentro di me, il mio retto può essere solo tuo, ora!”
L’accarezzo con dolcezza e non rispondo; faccio scorrere l’acqua per levare il grosso e ci asciughiamo con tovaglioli di carta messi a lato; la bacio dolcemente sulla bocca, con amore, stavolta, e la ringrazio dell’immenso piacere che mi ha dato.
“Non ti lascio il mio numero, perché non avrebbe senso; domani torno a Milano; non tornerò forse mai più a Lugano; il ricordo ti dovrà bastare per rendere questa serata unica. Impara ad amare, per favore. Il sesso non basta da solo. Addio!”
Sta piangendo mentre mi allontano con le troie che adesso si sentono meno orgogliose ed arroganti e camminano quasi a capo chino al mio fianco; Nicla ad un tratto mi chiede perché mai con una sconosciuta ho praticato qualcosa che con lo loro non avevo mai tentato, orinare in vagina e farmi orinare sul membro.
“Io non sarò bravo come voi a fare sesso perché io so fare prevalentemente o solamente l’amore; ma se una sconosciuta mi offre il sedere vergine e se lo fa rompere senza battere ciglio, almeno un motivo per ricordare questa pazza serata glielo devo offrire; un passaggio di pioggia dorata mi è sembrato un giusto omaggio alla sua bellezza.”
“Ma ti rendi conto che adesso il suo matrimonio va in pezzi?”
“Se permetti, il matrimonio va in pezzi perché quell’imbecille ha portato una moglie col sedere intatto in un privè e l’ha ceduta ad uno sconosciuto che ha il bastone più grosso di lui e lo sa usare meglio. Quel matrimonio è andato in pezzi perché due donne hanno costretto suo malgrado un poveraccio ad assistere alle evoluzioni vendicative della sua compagna che non esita a farsi sbattere da uno sconosciuto e si offende perché il suo compagno decide di fare sul serio e copula con tutti i crismi.
Quel matrimonio è andato in crisi per la supponenza e la presunzione di tre persone che hanno creduto di poter giocare con i sentimenti e la sensibilità degli altri ed hanno solo dato vita ad un episodio della loro lotta quotidiana per essere più bravi, più fighi, più forti. Chi sbaglia paga; ha pagato lui, per ora, avete pagato e continuerete a pagare voi, perché è vero che quel matrimonio è finito, ma i nostri rapporti non stanno mica tanto bene.”
Torniamo a casa, vado in camera degli ospiti e suggerisco a Nicla di dormire con sua madre; mi guarda con lo sguardo umido delle bestioline che ti fanno le moine per essere accarezzate; mi giro e crollo sul letto, nella mia rabbia per essermi piegato al livello più basso e volgare del sesso.
La mattina della domenica di solito è fatta per poltrire; ed io lo faccio molto volentieri, stiracchiandomi nel letto vuoto; poi capisco che è ora di alzarsi, vado in bagno e mi ristoro con una lunga doccia fredda; faccio tutte le funzioni che per un anno ho fatto in quel bagno e, ancora con il pigiama e le pantofole, vado giù, verso la cucina, per fare colazione; madre e figlia sono sedute al tavolo e fanno colazione in silenzio; Nicla lo rompe.
“Sai ancora fare tanto sesso, se vuoi.”
“Ti ricordi il discorso con Flora ieri mattina? Dov’è l’amore?”
Interviene Tina.
“Uffa, hai proprio rotto tu e l’amore.”
“Mi avete nauseato col vostro bisogno di sesso e di confronto. Io stamane torno a Milano; tu che fai?”
“Io vengo domani con mamma.”
“Attenta alle sorprese; se il privè non vi è bastato, domani ve ne accorgerete.”
“Che vuoi dire?”
“Nulla, così per avvisare; attente alle sorprese.”
Lunedì mattina, alle otto, sono al mio posto, in fabbrica; dopo dieci minuti la segretaria mi avverte che una persona chiede di me; è Francesco; dico di farlo entrare e dopo poco sono davanti a me lui e sua moglie col pancione; li faccio accomodare; avverto Francesco che le novità non gli sono favorevoli; gli chiedo se ha già lasciato il posto di lavoro; fa una faccia multicolore e sembra chiedermi che succede.
“Senti, amico carissimo, purtroppo tua sorella e tua madre hanno rivelato ancora la loro vera immutabile natura di troie ambiziose; in altre parole, l’idillio tra me e Nicla è già concluso; si è rivelata inaffidabile, sleale e succuba della madre che non ammette concorrenza. Io resto sempre convinto che voi potete lavorare con me; però avere rapporti familiari con una pessima concorrenza, crea problemi.”
Risponde la moglie che io neppure conosco ma che mi ispira fiducia.
“Carlo, io non ti conosco e conosco poco anche mia suocera e mia cognata; però conosco Francesco e so che è la lealtà in persona. Se te la senti di rischiare con uno che ti è stato e che ti è amico, Nicla, Tina e Francesco sono uniti da un vincolo di sangue ma non sono la stessa cosa.”
“Francesco, tu sei esperto di ricerca o mi sbaglio? … E mi risulta che conosci Nicola … è vero? … Allora va al reparto ricerca, parla con lui e organizzati; da oggi cominci a lavorare con lui; per tua moglie dobbiamo aspettare che nasca il bambino per cercare l’incarico che le si confà. Possiamo rimanere intesi così?”
“Va bene; ti prego, credimi, ho già dovuto fare questa scelta dolorosa; voglio bene a mamma e a Nicla; ma voglio bene soprattutto a mia moglie e alla prospettiva che rappresenta. Sarò l’amico di sempre, oltre che il dipendente di cui puoi fidarti.”
Proprio in quel momento si ode un certo trambusto all’ingresso; una guardia di vigilanza mi avverte che due signore fanno storie per entrare e risultano indesiderate; gli dico di farle scortare al mio ufficio e di non usare i guanti bianchi.
“Carlo, per favore, cerca di usare tutta la tua pazienza e di aggiungerne ancora; considerale malate di onnipotenza.”
Entrano le signore con scorta; Francesco e sua moglie escono e non le salutano, né ricevono segni di amicizia dalle due; in quello stesso momento entra il notaio, si siede e con voce molto professionale esordisce.
“Signora, mi duole avvertirla che i patti sottoscritti sabato sono stati invalidati, sicché Lei non è più nell’organigramma dell’Azienda.”
“Notaio, mi dia le carte da firmare e chiudiamo questa vicenda assurda.”
Faccio segno ai vigilanti che le accompagnano fuori; quando il notaio esce, le due chiedono di rientrare e le faccio passare.
“Insomma, perché mi hai trattata così?”
“A voi piacciono le sfide, io cerco l’amore.”
Tina scoppia a ridere clamorosamente.
“L’amore, l’amore, ma chi è che si innamora oggi? Gli illusi e i falliti come te. Chi vuoi che si innamori di te?”
“Io, per esempio!”
A parlare è stata la mia impeccabile segretaria; resto di sasso io per primo.
“Rachele, ma che dici, tu innamorata di me?”
“Se è vietato, scrivilo su un cartello dietro la testa perché mi risulta che ci sono tante donne che ti adorano che potresti avere un harem.”
“Ma che dici? Innamorata? Infatuata, ti crederei; entusiasta, è possibile; ma innamorarsi è un verbo assai impegnativo!”
“Come pendere dalle tue labbra qualunque cosa tu dica? Come guardarti negli occhi sperando di leggerci quel lampo che ti dia il senso di non esserti estranea? Come cercare il più piccolo contatto con la tua pelle per sentire una briciola del tuo calore? Come starti a fianco adorandoti e sapere che la tua compagna non è proprio un modello di buonsenso e non sbatterla via a calci e saltarti addosso? Io lo so cosa significa; lo provo, l’amore, e tu puoi vietarmi tutto ma non questo. Adesso, se lo ritieni, licenziami.”
“Due cose; tu sei fidanzata; come vivi questa doppiezza? Se mi ami, saresti poi disposta a fare l’amore con me? Se ti invito a cena e al dopocena, come reagisci?”
“In ordine; il mio fidanzato sa che sono innamorata di te; accetta la situazione perché gli ho promesso che prima di lasciarlo gli parlerò a cuore aperto. Voglio fare l’amore? Dimmi di si e lo facciamo qui, sulla tua scrivania, per terra, davanti a queste signore; io non scherzo con l’amore. Vuoi portarmi a cena e farmi fare l’amore; se non scegli un posto dove i miei abiti ti farebbero sfigurare, vengo anche subito e non solo a cena ma anche all’inferno.”
“Questa è una carta di credito dell’azienda; vatti a comprare il più bel vestito nell’atelier qui a lato, non guardare i cartellini e compra tutto quello che può fare della tua enorme bellezza una meraviglia della natura; compra anche un abito da sera per me che non ce l’ho; prenota da ‘Maxim’ e stasera sarai la mia regina.”
“Posso prenderti sul serio?”
“Rachele, questa frase l’ho detta molte volte nella mia vita; ma è la verità, credimi; questa sera e fino a domani mattina io sarò totalmente, profondamente, convintamente innamorato di te; anzi, diciamo che il mio amore crescerà in proporzione col tuo; domani mattina tu sarai la segretaria ed io il principale, ma avremo nel cuore e nel ricordo una serata da re e regina.”
“Dove possiamo cambiarci?”
“Nel mio appartamento a lato. Vai.”
Mentre Rachele esce, entra Francesco che ha incontrato Nicola; accarezza il viso impassibile della madre e le fa ‘ciao’; poi si rivolge a me e comunica che con Nicola sono d’accordo che valuteranno insieme il progetto assai importante; ancora mi ringraziano, cerca di parlare con la sorella che vede piangere in silenzio; lei rifiuta.
“Siamo al convegno dei falliti; la segretaria innamorata, il fratellino fallito, che altro ci riserva il grande condottiero?”
“Mamma, ti prego, non essere ancora più stupida e volgare di come ti sei fatta riconoscere.”
“Lascia dire, Nicla; la sconfitta fa male a tua madre più delle mazzate; e tu ti stai avviando sulla sua strada; se non ti fermi, sei già fallita. Ti rendi almeno conto che adesso devi fare una scelta che per te è molto pesante?”
“Che scelta?”
“Dove andrai adesso? A Lugano, dove tua madre ti tiranneggia volentieri? A casa mia dove ho dato appuntamento ad una ragazza innamorata come io desidero? Sotto i ponti? Su un marciapiede? Hai perso; se non accetti la sconfitta, perdi ancora. Fammi sapere dove vai, perché devo fare anch’io le mie scelte.”
“Sei innamorato di Rachele?”
“Sono stato chiaro come sempre, come con Tina, come con te; stasera la amerò con tutta l’anima; se dovessi rimanerci impigliato, non mi pentirò e la scelgo come compagna; se mi basterà una notte, una noche mas, ricordate?, domani sarò lo stesso di oggi e di sempre.”
“Tu cosa desideri?”
“Innamorarmi di una che non mi pugnali alle spalle, al primo desiderio di copulare.”
“E se lo avessi fatto per registrare la tua gelosia, senza scuoterti?”
“Saresti stata al solito incapace di leggere le persone; quando ti ho detto che dissentivo dalla tua scelta, parlavo per gelosia, oltre che per buonsenso; tu hai voluto leggere a modo tuo e non hai visto neppure la gelosia nascosta nella rabbia con cui martoriavo quella povera ragazza che in quel momento rappresentava te, anzi voi due, perché facevo a lei il male che voi due meritate. Adesso, per favore, mi dici cosa vuoi fare o dobbiamo sempre pendere dai tuoi dubbi e dalle tue incertezze?“
”Nessun dubbio, nessuna incertezza; sei il mio compagno e non ho bisogno di essere capitana d’industria per vivere il tuo amore; ti amo, anche se non te lo so dire; merito esattamente il male che hai fatto a Nina. Io sono alla canna del gas; chiedimi di elemosinare una carezza; calpestami; non cacciarmi via; non ho nessuno a cui appoggiarmi; voglio stare con te finché mi reggi.”
“E tua mamma?”
“Sei maledettamente severo e realista; finché ero una pedina nel suo gioco di potere, mi coccolava e mi aizzava contro di te, fino al club privè; adesso già prende le distanze pronta a scaricarmi; non mi accetterebbe più, ora, in casa sua.”
Quasi evocata, rientra Tina che si era allontanata; e fa cenno alla figlia che deve andare.
“Nicla, quando siamo andati su a Lugano, tu dovevi firmare con Brambilla un contratto da segretaria che io rifiutavo perché ti vedevo più in alto di Rachele; oggi posso proporti un contratto da segretaria perché vorrei garantirti un lavoro anche nel caso che dovessi cedere l’attività come fece tua madre; accetteresti una poltrona come quella di Rachele, al servizio di un capo, subalterna ad un maschio arrogante e maschilista o cercheresti un altro privè per rifarti?”
”Mi offri un lavoro?”
Tina è sul punto di esplodere; tira per un braccio la figlia e l’avverte che va via, si augura di rivederla presto; intanto rientra Rachele che mi fa segno che tutto è a posto.
“Carlo, perché giri il coltello nella piaga del privè?”
“Primo, perché è la ferita più recente e ancora sanguina; secondo, perché è nata dalla tua dichiarazione che non sopporti la mia personalità che hai definito maschilista; terzo, perché è uno dei tanti suggerimenti pericolosi di tua madre; quarto, perché sono stato più sporco e volgare di voi; quinto, perché mi sono abbassato a gareggiare con due troie. Quanti motivi vuoi per convincerti che mi hai ferito a sangue e che la ferita non si rimargina, che per quello che è successo ho bisogno di respirare tanto amore, adesso; e non so neppure se sia giusto che io coinvolga una brava ragazza in questa stupida diatriba. Scusami, Rachele, se parlo così brutalmente; ma forse è un bene che tu sappia prima tutta la verità.”
“Posso interferire in questioni che non sono mie? … Grazie per la brava ragazza, ma solo se non significa scema; io ho scelto di innamorarmi; niente di nuovo sotto il sole; vedo che anche Nicla si è innamorata ad un certo punto e, prima di lei, anche sua madre. Loro, tutte e due, hanno tradito la tua fiducia e hanno fatto discorsi e gesti assurdi. Io da sempre condivido segreti che non devono uscire; ma non ho avuto, non ho e non avrò mai una frase o un gesto assurdi.
Sono leale con chiunque mi frequenti, da amico, da collega o, perché no, da amante; ho già avvertito il mio fidanzato che stasera sarò la tua regina; non mi va che una malalingua glielo riporti; se vuole lasciarmi per questo, addio; se mi consente questo margine di autonomia, lo amo anche di più. Se mi innamorassi di te sul serio, il primo a saperlo saresti tu. Se però accetto che tu sia il mio fidanzato, il mio compagno, il mio amante, io non farò mai niente che sia contro di te, solo per ingelosirti o perché mi piace farti soffrire. Il mio abito da regina è pronto; anche il tuo abito da principe. Vuoi ancora recitare questa sera?”
“L’unica verità che posso testimoniare è che questa sera non reciterà un bel niente; sarà innamorato di te, profondamente. Se scavando dentro di te troverà una stessa profondità, ti diventerà indispensabile per vivere e, se non ti controlli, arriverai a odiarlo come me. Storia di un amore vissuto.”
“Io lo amo da almeno un mese in maniera dolce, tenera, infantile; stasera voglio vivere la favola della ragazzina che diventa regina; poi voglio sentire la sua mascolinità penetrarmi dappertutto e mi domanderò se voglio piegarmi a lui fino ad adorarlo; se voglio essergli a fianco ricordando un bel momento ed aggrapparmi alla mia vita per sopravvivere o se voglio essere spettatrice distaccata di un grande trionfo.
Questo lo deciderò dopo che lo avrò sentito dentro di me; ma una cosa è certa; non combatterò né contro di lui che mi sventra né contro il mio corpo che si fa sventrare. Lo accetterò come il respiro che mi tiene in vita, come le mestruazioni che mi fanno femmina, senza guerre e senza corazze. Storia di un amore che voglio inventarmi da questo momento.”
“Bella, questa dialettica tra due donne che si spartiscono le spoglie del mio orgoglio maschilista; però, cara Nicla, ammetterai che è assai più bella, significativa e intrigante della lotta tra due arpie che si contendono la mazza non per amore, ma per essere più brava.”
“E’ stato anche questo che ha ucciso il nostro, diciamo, idillio?”
“Ho visto male? Non ho capito l’amore che vi animava? Forse ho sbagliato io a valutare la vostra sensibilità?”
“No, tu sei sempre maledettamente chiaro e preciso. E’ vero; io e mamma ci siamo battute a chi sapeva soddisfarti meglio; e, per scegliere il meglio, abbiamo optato per il peggio. Credi che riusciremmo a fare l’amore in tre, io tu e Rachele?”
“Perché lo chiedi?”
“Perché non credo che stasera la porterai in uno squallido hotel; non è da te; hai troppo vivo il senso del sentimento e il rispetto della sensibilità per esporre una ragazza alla gogna della reception; ma io ho bisogno di un letto e ho deciso che occuperò proprio quel letto dove voi farete l’amore, che tu mi voglia o no. Ci sarò anch’io?”
“Hai finito di attaccare il carro davanti ai buoi? Io stasera farò l’amore con Rachele ma con modi e forme che non so immaginare; non avrò bisogno di imboscarmi. E adesso dimmi solo se accetti un contratto da segretaria; ti ho posto la domanda prima che tua madre andasse via; tu, come al solito, hai distolto l’attenzione su Rachele, arrivi a chiedermi se dividerai con lei il mio letto e il mio amore e non mi dici se vuoi condividere la sua scrivania in questo ufficio. Allora, che decidi?”
“O questo o la morte civile? Io non sono Rachele, non so tenere un segreto, non so amare in silenzio, non so rispettare gerarchie; cosa credi che potrei fare se non danni?”
“La tua autostima, evidentemente, è ai livelli più bassi, oggi. Vuoi che ne riparliamo un altro giorno? Io mi metto a lavorare, fino a stasera. Rachele, con te ci vediamo a casa per farci belli per la cena e il dopocena.”
La giornata è piena e frenetica, ma alla fine si riesce a dare un assetto a tutto; all’imbrunire, decido di smettere e di dedicarmi a me stesso; la scoperta di Rachele innamorata mi ha sconvolto; ma me ne rendo conto solo alla fine, quando, deposti gli oneri del lavoro, la mente si dedica alla serata e mi chiedo quanto voglio rischiare in questa nuova storia, mentre ancora cerco di valutare le macerie di quella appena finita.
Arrivano insieme; dovevo aspettarmelo; Rachele è stata già dal parrucchiere che effettivamente le ha sistemato meravigliosamente i capelli; è più che bellissima, è da infarto; la fermo per un momento e mi ci pongo di fronte; non c’è bisogno di parole; mi passa le braccia intorno alla vita, si appoggia a me e abbandona la testa sulla mia spalla; con un dito le sollevo il viso e mi immergo nei suoi occhi azzurri così profondi; guardo con amore la sua bocca carnosa e mi abbasso a baciarla.
Apre le labbra e mi si offre con intensa emozione; sento gli uccelli cinguettare, le farfalle ballarmi nello stomaco e le stelle esplodermi davanti agli occhi; è un bacio unico, casto addirittura, che non ricordo di avere scambiato se non sulla spiaggia, anni fa, con la prima fidanzatina; ci svegliamo dall’incanto e ci sorprendiamo abbracciati.
“Se vuoi, saltiamo la cena; sento di amarti troppo per perdere ancora tempo.”
“No, piccola; ti ho promesso che sarai regina e tu non puoi scappare; adesso ti fai ancora più che bellissima, devi far girare la testa anche ai sassi, sarai la mia regina ed io sarò orgoglioso di te; e non pensare di nasconderti prima che la favola cominci.”
Quando esce dal bagno in perizoma, reggiseno e scarpe con tacco, mi metto a balbettare per l’emozione.
“Sei … sei … sei … bella … bellissima … meravigliosa … straordinaria … infinita … sei tutto … sei tutto quello che un uomo può desiderare, sei venere, sei la bellezza, sei l’amore. Adesso, sì, che ti amo davvero!!!!”
“Non è lui l’innamorato che sbava; sei tu che sei veramente bellissima; e sappi che io non concedo mai niente alle altre, specialmente quando stanno per prendersi l’amore che non ho saputo difendere. Sono incantata davanti alla tua bellezza.”
Si vede che Rachele arrossisce e questo arricchisce, se possibile, il suo fascino; tocca a me indossare il vestito nuovo e mi accorgo che è perfetto per me; istintivamente, chiedo a Rachele.
“Chi vi ha dato le mie misure?”
“E credi che dopo averti vivisezionato avessi ancora bisogno di domandarle? L’unica che non conosco la scoprirò stasera e, da come parla Nicla, sarà una meravigliosa sorpresa. Sei ancora dell’idea di andare a cena o mi lasci scoprire subito la tua bellezza segreta?”
“E tu credi che per un’ora in più d’amore io possa rinunciare a far vedere al mondo quale eterea bellezza si è innamorata di me? Offendi il mio amor proprio! Tutti dovranno vedere quanto è bella la mia regina!”
A coprire il vestito, indossa uno scialle di fine sangallo; per me c’è uno spolverino leggero; salutiamo Nicla che si asciuga una lacrima, scendiamo in cortile e prendo l’auto personale; in meno di mezz’ora siamo al ristorante, dove facciamo un’autentica entrata trionfale che suscita occhiate e commenti anche di un pubblico avvezzo alla bellezza e al lusso; lasciamo scialle e soprabito al guardaroba e attraversiamo il salone con sussiego mentre io penso tra me ‘mamma, ti aspettavi tanta eleganza?’.
Mentre formulo questo pensiero, mi accorgo di essere assai più vicino al ciglio del nuovo burrone d’amore; ma, a questo punto, sono disposto ad osare l’inosabile; prendiamo posto ed un solerte cameriere ci aiuta a liberare il tavolo; riconosco qualche viso ed accenno a qualche saluto; molti occhi sono puntati sulla bellissima sconosciuta e molti sussurri preludono al gossip del momento; la nuova stella degli industriali con una bellissima starlette assolutamente sconosciuta.
La cena scivola senza che io mi renda conto di quel che mangio, perso come sono negli occhi di Rachele che si rivela stupendamente all’altezza della serata; ‘Ragazzo mio, hai visto quanto è brava? E’ la tua donna, questa’ mi suggerisce mamma nel mio inconscio; quando finalmente abbiamo finito di cenare, ripercorriamo il salone come su un tappeto rosso e, arrivati all’uscita, per un raptus incontrollato, mi giro, l’abbraccio e la bacio con passione nuova; l’applauso è spontaneo a caloroso, lei arrossisce ed io mi sento orgoglioso del mio amore; saliamo in macchina e mi avvio senza meta; lei sembra capire la mia esitazione.
“Portami a fare l’amore; adesso sono io che ne ho bisogno!”
“A casa c’è Nicla; in albergo, ha visto giusto, non ti ci porto, come un’amante clandestina; dove possiamo andare?”
“Tu mi porti nella tua casa, in quella che potrebbe diventare la nostra casa, con quello che sta succedendo. Visto che ti poni il problema, Nicla mi fa più pena che paura; non è un problema per me; so che lo è per te, sul piano umano più che su quello sentimentale. Quindi, andiamo a casa tua, facciamo l’amore e chiediamo a Nicla di farsi da parte; la camera d’albergo che dovresti prendere per noi, la paghi a lei e ci lascia in pace.”
Non posso fare a meno di baciarla, anche se sto guidando; un bacio lieve, quasi un soffio, ma per dirle l’entusiasmo che mi ispira la sua capacità di affrontare le cose e cercare le soluzioni. Torniamo a casa, chiedo a Nicla di sistemarsi in albergo per una sera e le consegno le chiavi della macchina piccola di servizio per muoversi e la mia carta di credito per fare fronte alle spese; se ne va col broncio.
Non appena la porta si è chiusa alle sue spalle, aggredisco quasi Rachele col mio abbraccio e con una immensa voluttà le bacio la bocca ed insinuo la lingua per cominciare ad amarla da lì, dal bacio, mentre già il sesso si eccita e balza in vanti, contro il suo ventre; vedo che sbarra gli occhi considerando le mie dimensioni non proprio standard.
“Dio mio, sei sicuro che non mi farai male?”
La guardo sorpreso; in alcuni momenti è molto decisa, aperta, esperta; poi appare disarmata, quasi spaventata.
“Rachele, non ho mai ammazzato nessuno. E’ possibile che la tua esperienza sia tanto limitata?”
“Ho fatto l’amore completamente solo col mio fidanzato; lui mi ha sverginata e finora ho sentito solo lui nel ventre; credo che la sua dotazione non sia la metà di quel che sento; e mi preoccupa quello che avrò davanti alla fine. Potresti scoprire che sono quasi vergine.”
“Lo sei; se non fisicamente, nel senso dell’imene rotto, certamente come esperienza e conoscenza.”
“E se ti dicessi che vorrei che mi sverginassi tutta, dappertutto?”
“Direi che mi fai camminare lungo il burrone e poi mi spingi giù.”
“Non te la senti?”
Mi sfilo rapidamente il vestito e rimango in calzini e slip; comincio a spogliarla e le faccio cadere a terra il bellissimo vestito da sera; accarezzo il corpo seminudo e le pizzico lievemente i capezzoli che si sono induriti, mentre continuo a ruotare la lingua nella sua bocca alla ricerca di emozioni nuove; la sento gemere dolcemente a più riprese; appoggio una mano sul pube e la ritraggo bagnata.
“Hai già avuto un orgasmo?”
“Non lo so; mi sento bagnare quando mi tocchi, ma non so dirti se sono già esplosa.”
Infilo un dito spostando il perizoma e sento che l’imene è ancora lì, intatto.
“Amore, tu sei ancora vergine. Perché non mi dici la verità?”
“Quale verità? Ho un fidanzato, me l’ha messo dentro qualche tempo fa e spesso lo fa ancora.”
“Scusami, ma devo chiarire. Quando ti ha penetrato, hai sanguinato? … No?!?! Quanto è grosso il sesso del tuo fidanzato? … Mio Dio, come un dito? … Allora è chiaro che non è riuscito a sverginarti. … Quando gode, ti lascia sperma dentro? … Non dentro? Fuori??? Cristo, bambina tu sei vergine come la madonna. Io non posso deflorarti se prima non sono certo che ti voglio come moglie, come compagna, insomma prima devo decidere che starai con me per sempre!”
“Cosa ti cambia se mi svergini prima e dopo mi sposi, ti fidanzi, vieni a vivere con me, insomma ti metti con me? Io sono qui, ti voglio, ti amo, sono vergine. Sverginami e sarò ancora più tua. Se poi non mi vorrai, ti avrò amato; se mi vorrai per sempre, sarò per sempre la tua donna. Non stiamo a spartire in quattro il capello. Fammi fare l’amore, poi filosofeggia. Va bene?”
Come sempre questa sera, è lei che mi suggerisce le soluzioni; mi decido ad accarezzarla come avrei dovuto fare da subito; la spingo delicatamente sul letto e comincio a baciarla con voluttà nella bocca che a mano a mano si fa più sensuale ed ardita, mi cattura la lingua e me la succhia, insinua la sua e mi percorre tutta la cavità provocandomi fitte tremende di libidine; intanto il membro prende sempre più potenza e si colloca prepotente sul suo ventre; sgancio il reggiseno e lo getto lontano; le sfilo delicatamente il perizoma e mi fermo a guardare la bellissima vulva depilata tranne un ciuffetto in cima; sarei tentato di leccarla tutta ma capisco che per lei è troppo.
Mi sfilo acrobaticamente i boxer e, quando sono nudo, prendo la sua mano e la porto delicatamente sul pene.
“Lo senti il mostro che ti fa paura?”
“Stupido; come può fare paura qualcosa che riesce a dare tanto piacere; lo amo come amo te, ne ho voglia come di te, ne ho bisogno come di te. Forse ora mi sventrerà, forse può anche uccidermi, ma ora voglio sentirlo dentro di me. Poi mi sverginerai tutta, in tutti i modi; ora sono concentrata su lui e sulla mia fessura; entra e fammi sentire che cos’è l’amore fisico, quello vero che solo con te voglio provare.”
Accosto la cappella alla vulva e la sento contorcersi dal piacere; mi spingo un poco più avanti e lei si apre, mi aspetta, mi cerca; un’altra spinta e sento che la punta si ferma contro l’imene.
“Adesso sentirai un piccolo dolore, quando ti sverginerò; dura poco, poi ti passerà e sarà solo amore, piacere, gioia di vita.”
Spingo a fondo e sento che si irrigidisce, inarca la schiena poi si rilassa, mi abbraccia con forza; geme e piange dolcemente.
Ho paura di non essere abbastanza delicato; le prendo i piedi e me li passo intorno alla vita.
“Decidi tu come e quando farmi entrare tutto in te; perdonami se ti ho fatto male e sappi che ti amo al di là di ogni cosa al mondo; ti ho preso la verginità e sei mia; qualunque cosa succeda, sei mia!”
Le asciugo le lacrime a furia di baci e sento che si spinge contro il mio ventre con sforzi quasi disumani finché mi sento tutto dentro di lei.
“Hai detto bugie; sei tu che sei mio, è la tua mascolinità che è imprigionata dentro di me ed io vorrei morire adesso per non perderti più. Non so come ho fatto finora, ma so cosa mi sono persa; e voglio riprendermi tutto. Tu mi devi insegnare a fare l’amore alla grande; io voglio solo te e voglio far l’amore solo con te, ma con te voglio essere più troia di tutte le amanti che ti hanno avuto. Perdonami, avevo promesso di non dirlo; ma adesso non voglio e non posso più rinunciare a te.”
“Disgraziatamente per il tuo fidanzato, io adesso non ti lascio più; per la prima volta in vita mia dico a una donna che voglio sposarla e lo dico a te; forse lo devo anche a mia madre.”
“Che c’entra tua madre?”
“Era povera, forse come te; abitavamo in una casa come la tua; era bella come te; è morta giovane, di stenti, e avrebbe voluto vedermi sposato con una brava ragazza; credo che avrebbe scelto te. Sei mia, sei quella che aspettavo; e adesso voglio anche sposarti. Ci stai?
“Che posso dirti? Che lo voglio anche perché, a questo punto, tua madre ci mette insieme e ci aiuta dall’alto? Sì, voglio sposarti e voglio che siamo felici, tutti e due; non ricchi; semplicemente felici.”
Mi emoziono, davanti al sangue che mi copre il pube; non avrei mai pensato di incontrare una vergine così bella, così intelligente, così giusta; passiamo la notte ad amarci e non riusciamo a sperimentare molte posizioni del kamasutra; a malapena riesco ad abituarla a toccarmi e a masturbarmi, a toccarla e a masturbarla; devo possederla in vagina altre due volte, prima che prenda coscienza completa della dinamica che le scatena orgasmi infiniti; ci addormentiamo abbracciati a notte fonda, ricordando l’una all’altro che domani si lavora, non è festa.
Quando in ufficio comincia l’attività, la notizia che tutti commentano è un trafiletto di cronaca con foto; come avevo sospettato, il gossip si è scatenato, intorno al giovane industriale e alla bellissima sconosciuta; benché Rachele sia riconoscibilissima, nessuno ha il coraggio di ammettere che la mia segretaria è la regina di una serata al Maxim; ci sorridiamo complici e la bacio anche in ufficio, nonostante tutti.
Quando arriva Nicla, per un attimo c’è il gelo; poi lei disinvoltamente mi chiede a chi deve parlare per il contratto da segretaria; le indico il caporeparto e le dico che se non la disturba, può entrare nella mia segreteria insieme a Rachele; meravigliandomi un poco, accetta e va a definire il contratto; quando torna, prende posto accanto alla ragazza e le chiede com’è andata; sento che Rachele le risponde candidamente.
“Io non lo sapevo neppure, ma ero vergine e lui mi ha sverginato.”
Nicla si volta dalla mia parte, mi guarda e sussurra.
“Adesso è veramente tutto finito. Devo anche trovarmi un alloggio.”
Il rapporto tra me e Rachele diventa ogni giorno più impegnativo; la segretaria quasi asessuata, silenziosa, discreta ed efficiente, è esplosa per diventare una meravigliosa donna molto appassionata; sono propenso a sposarla, ad avere un figlio da lei, per lo meno a convincerla a convivere; ma Rachele non prende nemmeno in considerazione l’idea di allontanarsi dai genitori di cui si occupa fattivamente, non accetta di venire a vivere con me lasciandoli da soli; viene spesso a fare l’amore a casa mia ma assai raramente si trattiene la notte.
Quindi, non è indispensabile che Nicla si cerchi un nuovo alloggio; per un paio di mesi, troviamo una soluzione provvisoria che sta bene a tutti; un divano letto in un angolo appartato del piccolo appartamento può consentirci di vivere senza pestarci i calli; solo qualche volta devo difendermi dagli assalti di lei che mi chiede almeno una noche mas; quando Rachele può fermarsi una notte con me, Nicla usa i tappi per le orecchie; quando Nicla trova un’occasione per copulare, sono io stesso a fornirle la carta di credito per andarsene in un motel.
Una fortunata coincidenza ha fatto sì che il gruppo di ricerca abbia dovuto ingaggiare un’impresa per i nuovi laboratori, che poco vicino alla fabbrica sia sorto da tempo un quartiere residenziale abbastanza pretenzioso ma in fondo elegante e che nella squadra dei collaboratori ci sia un ottimo architetto; l’idea è quella di acquistare nel nuovo lotto due appartamenti gemelli, su due piani, e renderli comunicanti con una scala interna.
In questo modo posso chiedere a Rachele di andare a vivere in quello superiore e alloggiare i suoi in quello inferiore, consentendole di essere al tempo stesso presente ed autonoma; per l’acquisto degli appartamenti, a parte la condizione di grande benessere che ho raggiunto, c’è sempre la villa in Svizzera, che ho avuto in aggiunta al famoso 20 per cento, che è affittata ma che venduta mi consentirebbe senza alcun dolore il nuovo acquisto.
Come avevo largamente previsto, Rachele si ribella all’idea di sembrare una ‘mantenuta’ dall’amante ricco e non serve a niente neanche la mia professione d’amore e l’intento di sposarla, se non vuole solo convivere; mi chiede con ferocia perché vorrei far spostare i suoi; mi incavolo sul serio.
“Perché se avessi potuto farlo per mia madre non ci avrei pensato un momento; per amore dei tuoi, dovresti accettare senza pensarci su.”
“Accettare di farli vivere nella casa del mio amante? E se ti gira male e mi lasci? Restiamo in mezzo a una strada?”
“Niente affatto! Acquisto fifty fifty; un appartamento a tuo nome, uno a mio nome, così quando mi troverai troppo vecchio o troppo maiale per i tuoi gusti e mi caccerai via, io me ne starò a casa mia e tu coi tuoi a casa tua.”
“Perché vuoi che ti venda il mio amore? Io te lo do perché ti amo, non perché tu mi garantisca qualcosa.”
“Rachele, non ti prendo a schiaffi perché non voglio finire in galera. Solo l’idea che io voglia comprare il tuo amore o anche il tuo corpo o, con la peggiore delle espressioni, le tue prestazioni; solo questa insinuazione mi offende a morte. Se ti regalassi un diamante da museo, penseresti che ti voglio comprare? … Perché allora interpreti così male un regalo che faccio a te, al tuo amore di figlia che riconosco nel mio, ai tuoi genitori che ti hanno fatto nascere per me? Perché non cominci a guardare a un futuro con me, con un figlio nostro, per esempio?”
“Carlo, io vivo ogni giorno con Nicla accanto e so come la sua vita sia difficile, in tutti i sensi; io non voglio ridurmi così solo perché tu potresti cambiare idea e trovare un’altra Rachele che ti strappa a me; se non lo capisci, la mia è paura, terrore della delusione. Compra gli appartamenti, andiamo a vivere insieme, facciamo un figlio; ma solo se veramente pensi di amarmi fino alla fine dei miei giorni; non ti chiedo fedeltà o impegni vari; ti chiedo solo amore.”
“Meraviglioso, stupido amore mio!”
L’abbraccio mentre prendo il telefono e chiamo Nicola per avviare il progetto degli appartamenti; impiegano assai meno tempo di quanto avrei potuto immaginare e, nel giro di una settimana, possiamo prendere possesso delle due abitazioni, quella dell’ammezzato, con minori problemi architettonici, per i genitori di Rachele e quello del primo piano per noi; Rachele ha da ridire su tutto, a cominciare dalle dimensioni dell’appartamento, secondo lei sovradimensionato alle nostre esigenze, e devo ancora fare appello alla sua capacità di proiettarsi in avanti e immaginarsi un nugolo di bambini nostri; sorride, mi abbraccia e decide di fare l’amore seduta stante.
La notizia non poteva passare sotto silenzio, in fabbrica; non si contano gli auguri, i commenti ma soprattutto le scommesse sulla data del matrimonio; naturalmente, la più scalmanata, per nascondere la rabbia, è Nicla, che arriva a propormi una serata d’addio, in un privè come a Lugano, aggiunge allusiva.
“Puoi assicurarmi una vergine a cui rompere il sedere per punire te indirettamente?”
Chiedo sornione e provocatorio.
“Per quello, se vuoi te ne porto qualcuna anche nella casa dove ancora viviamo insieme, more uxorio.”
E’ la risposta adeguata che mi spiazza, perché, di fatto, la vera separazione è la mia da lei che non si è mai mossa da quell’appartamento, da quando ci entrammo la prima volta.
“Perché no?”
“Posso scegliertela tra le maestranze?”
Voleva essere solo una provocazione, la mia; ma, come sempre, per lei è una sfida e si regola di conseguenza; dopo meno di una settimana, un venerdì, appena ci troviamo soli in ufficio, mi comunica.
“Ho fissato per domani sera; saremo in tre, tu io e Filomena, rotta a molte esperienze ma sedere bellissimo e ancora intatto.”
Dovrei sottrarmi, per onestà, per coerenza ai miei principi, per amore di Rachele; ma il fascino delle sfide di Nicla sta nel loro essere inesorabili e inevitabili; impossibile resistere all’idea di schiacciarla quando lei è convinta di avermi schiacciato; solo per cautela, chiedo alla squadra di sorveglianza di controllare se nell’appartamento ci siano cimici o altri sistemi di spionaggio, ufficialmente per timore di spie industriale, in realtà perché temo che l’iniziativa, su istigazione della madre, possa nascondere un tentativo di ‘mettermi in mezzo’ per danneggiare me e soprattutto la mia storia con Rachele.
Il controllo rivela che non mi ero sbagliato e che vari congegni avrebbero potuto registrarmi foneticamente e visivamente; mi chiedono che fare, se distruggerli, disturbarli o alterarli; chiedo lumi sulla terza soluzione e mi spiegano che, alla fine, dialoghi e immagini non corrisponderanno e che ci saranno continui inserti di cartoon, pubblicità e simili; alla fine, lasceranno un pericoloso virus in ogni apparecchio che scarichi il video; non potendo distruggerli senza che se ne accorgano, opto per la terza soluzione; preparando una contromossa, faccio un salto in un Sexy Shop nelle vicinanze e compro un dildo gonfiabile, di gomma dura, capace di raggiungere dimensioni cavalline; lo nascondo in un cassetto.
L’incontro è decisamente surreale; la Filomena proposta è una ragazzona della linea che ho intravisto qualche volta e che mi dice immediatamente che è innamorata da sempre di me; la squadro tutta, dal viso bello anche se alquanto volgare, attraverso il seno matronale, forse una quarta, il ventre piatto, teso, magnetico per certi aspetti, le gambe solide, ben costruite, che sostengono un sedere davvero favoloso.
Nicla dà il via alle danze, baciandomi e saettandomi la lingua in bocca, mentre comincia a sbottonarmi la camicia; invita Filomena a venirmi alle spalle per accarezzarmi e leccarmi le orecchie, mentre allunga una mano a tastarmi da dietro il sesso ancora frenato da slip e pantaloni; Nicla mi pressa il ventre sul pube e cerca il contatto col membro mentre mi sfila la camicia; Filomena mi fa sentire con forza le tette sulla schiena e il ventre sul didietro, usa il mio coccige per strofinare la vulva.
Non so dove mettere le mani, con tanta grazia intorno; poi comincio a slacciare vestiti, a caso; vanno giù la camicetta e il reggiseno di Nicla, le cui tette esplosive conosco bene e che mi provocano sempre brividi di piacere; riesco a farle scorrere giù anche la gonna e gli slip; la vulva è sempre bella, piena, carnosa, umida, eccitante; le afferro le natiche che sento dure e compatte e cerco l’ano che mi risponde rilassato e disponibile, al punto che infilo immediatamente il medio fino alle nocche.
Non ho ancora avuto modo di verificare le bellezze di Filomena; mi giro rimanendo all’interno del loro abbraccio per avere Nicla alle spalle e Filomena di fronte; abbasso la zip dell’abito che corre dal collo alla schiena e faccio scivolare il vestito a terra, sgancio il reggiseno e due bocce mi esplodono all’improvviso davanti agli occhi; un seno splendido, verginale, puro nelle linee, con due mammelle da strizzare, le aureole appena disegnate e i capezzoli rosa che sembrano colorati al centro.
Accarezzo i fianchi, dall’attaccatura del seno sino alle anche, e mi sembra di passare le mano su un cesto di pesche, tanto morbida è la pelle; scivolo con le labbra sulla gola, sulle mammelle e approdo sui capezzoli che succhio come affamato fin quasi a farle male; faccio scorrere le mani in avanti e percorro il ventre asciutto, teso, ma altrettanto dolce al tatto e carezzevole; raggiungo lo slip e mi infilo con le mani alla ricerca della vulva; trovo un cespuglio ruvido di peli che circondano le grandi labbra, tra le quali mi infilo guidato dall’umido che cola naturale.
Mentre le abbasso lo slip minimo che appena disegna il ventre e i fianchi, scopro finalmente il suo fondoschiena divino e prendo delicatamente tra i palmi delle mani le natiche sode e morbide, lisce e vellutate, che accarezzo con voluttà stringendole appena per sentirne il calore che mi pervade; quasi per istinto, mi piego sulle ginocchia e le vedo accostarsi al mio viso in tutta la loro enorme bellezza.
Comincio a coprire di baci prima le rotondità, poi dal coccige verso il basso, cercando il forellino prezioso che trovo racchiuso in mille grinze che lo sigillano; la lingua parte a carezzare le singole grinze che sembrano rilassarsi e favorire l’apertura del foro, nel quale infilo la punta della lingua per sentirlo ammorbidirsi, cedere, rilassarsi; sento adesso che quel buco è mio, che voglio penetrarlo a fondo, se è possibile senza fargli male ma violandolo con determinazione.
Nicla non vuole perdere il ruolo di regia; mi prende il membro in mano, allungandosi da dietro, e lo masturba leggermente e delicatamente, poi comincia a spennellare la punta lungo l’ano di Filomena, che si gira e fa in mondo che il sesso si muova a spazzola nel cespuglio dei peli della vulva che non è rasata ma nature; le grandi labbra si separano per fare spazio alla cappella che le forza delicatamente e Nicla spinge la punta verso il clitoride che comincia a stuzzicare.
Gli umori che colano sembrano orgasmi intensi, ma non sono che il preavviso; quando Nicla spinge con determinazione e il membro penetra per alcuni centimetri, la ragazza ha uno scatto ferino e si spinge a far penetrate l’asta per buona metà, pur essendo difficile, per la posizione in piedi; si stringe a me con voluttà, si strofina i capezzoli, geme e sbava ed urla, alla fine, perché l’orgasmo, il primo, è arrivato; mi si rilassa in braccio e devo sostenerla per non farla cadere.
Nicla mi aiuta a deporla cautamente sul letto, la fa distendere supina e le va sopra, fino a sedersi sul viso con la vulva tutta esposta alla bocca di Filomena che istintivamente prende a succhiare il clitoride gonfio e grosso come un piccolo pene; le divarico le cosce e mi inginocchio tra di esse, mi abbasso con la testa, apro le grandi labbra con le mani e dedico a lei lo stesso servizio.
Mentre Nicla urla a piena gola il suo orgasmo, l’altra soffoca le sue urla nel fiotto dell’orgasmo dell’altra e sul clitoride che stringe tra le labbra; mi sposto in avanti con le ginocchia, accosto la cappella alla vulva e spingo; non è verginale, la ragazza, e il bastone scivola facilmente, favorito anche dall’intensa lubrificazione, fino alla cervice dell’utero; un piccolo lamento e una serie di contrazioni del corpo avvertono che sono arrivato a fine spinta e che lei sta ancora colando, come confermano i lunghi e successivi fiotti di umori che mi scarica sul sesso e sui testicoli.
Nicla esige la sua parte; si solleva dalla bocca di lei, la scavalca e si stende al fianco, la sollecita a montarle sul viso e comincia a succhiarle dalla vulva lo sperma che ho appena scaricato, un gesto che le avevo visto fare ma di cui avevo quasi perso memoria; ha la bocca piena del mio succo e di quello che raccoglie dalla vulva ancora in piena espulsione di umori vari e forse di un poco di orina.
Intanto, piega le ginocchia verso l’alto ed offre, scosciata, la vulva alla mia penetrazione; mi masturbo un tantino, fino a rendere l’asta abbastanza dura, e la spingo a fondo nella caverna che ben conosco e che mi assorbe rapidamente fino all’utero, che si eccita al contatto ed esplode in un lungo getto di umori; mi stendo su di lei e vado a leccare anch’io la vulva di Filomena grondante nella sua bocca.
Per un lungo momento me ne sto adagiato sul suo corpo morbido e lascivo che mi scalda con la sua passione tutti i terminali del corpo; mi abbandono al piacere del contatto e mi immergo nella goduria dei due corpi giovani ed eccitanti, stuzzicando la mia libidine di possesso con le mani che stringono i seni e titillano i capezzoli, con l’osso pubico che si strofina contro il suo provocandole altri orgasmi voluttuosi.
Il suo sussurro, ‘ti amo’, mi turba più di quanto vorrei e il disagio si accresce quando anche la ragazza si lascia scappare un languido ‘ti amo, ti voglio nel sedere, ora, subito!’ che mi ricorda in parte la promessa di Nicla; sarei anche disposto a fermarmi qui, per il mio desiderio d’amore che Filomena, non l’altra, ha soddisfatto con una partecipazione orgasmica che non era solo sesso.
Ma la partita la sta giocando Nicla, contro i suoi fantasmi piuttosto che contro di me; e vuole offrirmi ad ogni costo il didietro vergine della ragazza,per essere la più brava; mi spinge fuori dalla vulva e sbalza la ragazza sul letto, accanto a sé; la fa sdraiare a pancia sotto sulle lenzuola e prende a carezzarla, quasi con un massaggio erotico, dal collo alle spalle, lungo i lombi e fino alle anche, le palpa e le ‘impasta’ le natiche sollecitandole piccoli gemiti di piacere.
Di colpo spalanca le natiche e mette in luce il buchetto, sul quale si lancia famelica leccando, succhiando, accarezzando; Filomena si lascia andare alla lascivia della carezza e si abbandona con la testa sul cuscino; mi sposto verso di lei e le appoggio sulle labbra la mazza tornata dura come acciaio; accarezza con le labbra la cappella, succhia per un attimo, poi passa la lingua su tutta la superficie scoperta dallo scroto ed infila la punta nel foro urinario provocandomi scosse elettriche di piacere.
Ingoia il membro per oltre la metà e se lo spinge sino all’esofago, agitandosi per i conati di vomito e il senso di soffocamento; non ha molto spazio di movimento, pressata sulla schiena dall’altra, e si limita a leccare e succhiare quel che le riesce; sono eccitato, fino al limite della bestialità pura.
Adesso ho anch’io voglia di quel didietro che è certamente vergine; fino a qualche momento fa, avevo qualche scrupolo anche solo a pensare di rompere quella meraviglia di perfezione; ma adesso che mi ha fatto toccare vertici di passione sfrenata, lo voglio quel sedere, e non più per vincere una battaglia contro Nicla, ma perché diventa quasi giusto che sia io, di cui Filomena si proclama innamorato, ad entrare per primo in quel santuario di bellezza, in quell’altare al sesso anale; sposto quasi con violenza Nicla dalla schiena di lei e mi ci appoggio io, con tutto il corpo, dal torace ai piedi; mentre sono fuso letteralmente con lei, sussurro.
“Veramente vuoi che vi svergini dietro? Lo sai che potresti provare molto dolore, viste le proporzioni?”
“Ti amo, da sempre, e da sempre ho deciso che devo offrirti la mia verginità residua. Voglio che mi entri nell’intestino, nel ventre, nel cuore, nel cervello, voglio che mi fai tua; siamo qui nudi sul tuo letto, il tuo sesso è già sul mio sedere. Sfondami, fammi male se necessario; stuprami a sangue, ma fammi sentire che per un poco ti appartengo e mi appartieni. Ti prego, violentami analmente.”
Nicla è già pronta col flacone del lubrificante; lo spalma abbondantemente nel vallo fra le natiche e lo distribuisce attentamente sull’ano; infila il dito medio fino alla nocca e lo fa girare nel retto; la ragazza geme continuamente ed ogni tanto rabbrividisce e scatta, quando il dito le dà fastidio; le dita diventano due e si ripetono i movimenti che accentuano il rilassamento dei muscoli del’ano; prendo i due cuscini e li sistemo sotto al ventre di Filomena per portare il sedere un poco più in alto.
Nicla mi chiede se non preferisco prenderla faccia a faccia per avere un ricordo più bello del momento; dico che va bene per me e di chiedere a lei; Filomena interviene e chiede che la penetri standole di viso; Nicla la fa girane e la fa sollevare fino a che l’ano è all’altezza giusta; mi avverte che la ragazza è pronta, le fa alzare al massimo le gambe, unge abbondantemente l’ano, poi passa in abbondanza il lubrificante anche sul mio sesso.
L’avverte di spingere come per evacuare quando comincio a penetrarla, si pone di lato tenendo alte le gambe ed io spingo una prima volta; entro per qualche centimetro e lei non avverte un grande fastidio; spingo ancora con forza e il suo urlo arriva in cielo, come quello della bestia sacrificale sull’ara pagana; mi fermo, mi piego su di lei e le accarezzo il viso.
“Se vuoi, mi fermo qui; è inutile farti soffrire ancora …”
“TU DEVI ESSERE MIO; solo per questi momenti, solo per questa sera ma devo averti dentro di me, tutto, e devo darti tutto l’amore che posso, a costo di morirci. Ti prego, stuprami con forza e con amore, se ci riesci.”
“Ci riesco sì; vengo meno alle regole più elementari della fiducia, ma in questo momento ti amo ed è amore quello che ti spingo nel corpo!”
Continuo ad avanzare, lentamente, cautamente, cercando di provocare meno dolore possibile; poi i testicoli battono contro il corpo ed il sesso è tutto dentro; Nicla le abbassa le gambe e me le sistema intorno alla vita; finalmente la guardo in viso e mi accorgo delle lacrime che le sono cadute sulle gote; mi chino a baciarle e lecco il suo pianto, prima di violentarle la bocca con un bacio di profonda passione.
Nicla le suggerisce di penetrarsi quanto vuole e di farsi cavalcare a suo gusto, adesso che il dolore è passato, che il sesso è tutto dentro e che addirittura può fissarsi in mente questo attimo nella memoria e, se le va, anche nel cuore, con le chiare immagine di me e del mio membro dentro di lei; Filomena sembra avere un attimo di esitazione, forse un pentimento per lo scherzo che mi hanno preparato.
Poi torna alla sua naturale disinvoltura e mi chiede di cavalcarla con forza; lo faccio e ci metto tutto l’entusiasmo per farle sentire il mio piacere, la mia libidine; gode moltissimo, anche dal retto; ed è un orgasmo anale quello che raggiunge, alla fine, squirtandomi addosso ed allagando il letto.
“Il tuo compito non finisce qui; hai goduto come una scimmia; ora fai godere me altrettanto.”
Sarebbe stato stupido pensare che Nicla fosse soddisfatta; e non mi sorprende la nuova aggressione; ma sono ancora profondamente nel retto di Filomena ed ho eiaculato due volte in un’ora; le faccio scherzosamente il gesto del time out in pallacanestro e me lo concede; si sdraia a cosce aperte e comincia a masturbarsi; anche per lei lo stupro è stato un momento di grande eccitazione; approfitto della sosta per uscire delicatamente dal retto di Filomena e per andare in bagno.
Tornando, prendo dal cassetto il dildo che avevo acquistato e lo parcheggio tra materasso e rete in un punto facilmente accessibile; mi distendo sopra Filomena e la coccolo delicatamente per qualche tempo; le chiedo come sta e se le duole ancora l’ano; mi assicura che sta in piena forma e che il dolore dello stupro è stato ampiamente compensato e sostituito dal piacere che l’ultimo orgasmo, quello anale, le ha procurato, non avendo lei mai provato niente di simile.
“Comunque si concluderà questa vicenda, sono arcifelice di avere fatto l’amore con te e di averti dato una parte di me stessa; sei veramente eccezionale; fai l’amore come a una donna piace e come pochi sanno fare.”
Non so se sbatterle in faccia che è un’ipocrita o crederle e pensare che ha preso coscienza di sé troppo tardi, presa com’era stata dall’abilità di Nicla nel manipolare le persone; mi avvolge in un bacio intenso, niente affatto erotico, quasi da primo grande, timido amore, e per un attimo penso di svelare i retroscena, tutti; ma la presenza di Nicla mi induce ad altri criteri e decido di portare avanti lo scontro con lei; lasciando in pace la ragazza.
Ci affrontiamo viso a viso e io lancio l’attacco, sotto forma di un bacio sapiente, elaborato, che tiene conto di tutto quel che so sulle sue preferenze e riesce, quindi, a stimolarle i precordi della sua libidine per portarla all’estremo; quando avverto che i piccoli orgasmi sono ormai esauriti, prima che arrivi quello che la butta giù, mi fermo di colpo e passo a leccarle le tette e succhiarle i capezzoli finché sento che ancora è sull’orlo della grande esplosione; e mi fermo di nuovo; è poi la volta della vulva a subire il gioco dell’orgasmo frenato.
“Ti decidi a farmi esplodere o vuoi farmi morire di libidine? E’ quasi un’ora che succhi e lecchi e non mi penetri; me la dai la mazza o all’improvviso ti prendono gli scrupoli e me la neghi?”
“Una sola mazza? Per te ce ne vogliono almeno due, e belle grosse anche!”
Le infilo il mio, quello di carne viva ma senza amore, dentro la vagina; balla un poco, a quel punto, e se ne accorge perché immediatamente mi propone.
“Dai, mettilo nell’ano; è più stretto.”
Ma solo a parole; anche il suo ano è l’imbocco di un tunnel nel quale il mio sesso si agita; in vagina, sentivo a malapena la stretta delle pareti; nel retto, l’intestino aspettava uno spessore cavallino che non è la mia dotazione; sfilo il sesso dal retto, allungo la mano sotto il materasso, prendo il dildo e lo infilo al posto del membro; sente il cambio e chiede cos’è; le dico di fidarsi, accosto il sesso alla vulva e lo spingo in vagina.
“Mi scopi in doppia? Con un dildo?”
Non rispondo e comincio a gonfiare la protesi di gomma che diventa sempre più grossa e sempre meno agevole da gestire.
“Sì, … sì, … sfondami! … ancora! … Cosa diavolo stai facendo? …. Non ti fermare … violentami ancora!!!!!”
Con una mano spingo avanti e indietro la bestia di gomma nel retto, con un’altra strofino, masturbo e stritolo il clitoride, col membro cavalco la vulva da dietro spingendolo fino a maltrattare il collo dell’utero; ogni tanto premo sulla pompetta per ingrandire la protesi di gomma che è arrivata ad avere trenta centimetri di lunghezza e otto di diametro, il massimo che può raggiungere; lei geme, urla, soffre, gode e chiede continuamente di non fermarmi, di spingere a fondo, di sfondarla, di farle male.
In un momento di sosta guardo Filomena e i suoi occhi sbarrati mi fanno riflettere; è sinceramente spaventata di quello che sta succedendo e teme che Nicla possa uscirne male; sgonfio lentamente la protesi, interrompo le manipolazioni sulla vulva e lentamente tiro via il sesso dalla vagina; lentamente, Nicla si adagia sul letto ed io vado in bagno, per orinare ma anche per mettere via il mostro di gomma.
Quando riesce a riprendersi, Nicla mi guarda meravigliata e mi chiede cosa sia successo; le dico che semplicemente l’ho sbattuta al meglio di quello che lei si aspetta, con un dildo gonfiabile che arriva a trenta centimetri di lunghezza ed otto di diametro; lei se lo è sorbita tutto, al massimo della dimensione, senza risentirne; è proprio insaziabile; fa spallucce.
“Che stai a fare il puritano? Mi piace far sesso, comunque!!!”
Filomena è spaventata dalla piega che hanno preso gli eventi; mi abbraccia e mi sussurra in un orecchio.
“Se vuoi sfondarmi ancora, sono qui che ti amo e lo voglio anch’io; ma non sognarti di usare mezzucci; sfondami col tuo membro, anche nelle orecchie se ti va, ma con il tuo corpo e, se ti va, con un poco del tuo amore!”
Non perdo l’occasione e la prendo a lungo, fino a notte fonda, mentre Nicla dorme della grossa, esaurita dallo sforzo ultimo; poi anche noi ci concediamo un po’ di sonno; fortunatamente domani è domenica e ci possiamo riposare.
C’è tensione nell’aria, lunedì mattina; e ne chiedo conto a Rachele che si informa e riferisce.
“Una ragazza della catena di montaggio, tale Filomena … dice che l’altro ieri sera è stata a letto con te; pare che da un momento all’altro un video su internet lo documenterà. E’ vero?”
“Tesoro, se il video lo dimostrasse, sarebbe vero; abbi pazienza e aspetta,”
Nicla sorride sorniona e si tocca il sedere che ancora le duole; ricambio il sorriso e le chiedo se c’è qualche problema visto che sembra non riuscire a stare seduta; avanzo l’ipotesi che possa trattarsi di conseguenze di una serata intensa e particolare; accenna di si con la testa e Rachele sembra preoccuparsi.
“Probabilmente ieri sera o sabato sera Nicla si è fatta penetrare analmente con gioia da un grosso membro e adesso il suo ano ne risente.”
“Si fa anche in quel modo? E tu davvero lo fai?”
“Il grande sterminatore di fondoschiena vergini non ha ancora provveduto con la sua amata?”
“Stiamo avanzando per gradi; quando sarà il momento, faremo l’amore i tutti i buchi; per ora, c’è chi sopperisce, se me ne viene voglia.
“Carlo, per favore, dimmi la verità; hai fatto l’amore nel sedere di Filomena o di Nicla?”
E’ Nicla a intervenire.
“Tutte e due, tutte e due!”
“E’ vero, Carlo?”
“Sì, è vero; te l’avrei detto in privato; ma visto che è di dominio pubblico … “
“E vedrai quando sarà in rete il video.”
“Hai messo cimici anche qui? Già averle messe nell’appartamento ti fa meritare la galera per spionaggio industriale; se l’hai fatto anche qui sei fritta!”
“No, cosa dici? Il lavoro non si tocca; è te che voglio affossare, te e la tua falsa bonomia.”
“Carlo, lascia stare questa imbecille e fammi capire, te lo chiedo per il nostro amore e per nostro figlio.”
“Sei incinta? Dio, che notizia! Avrò un figlio. Tesoro, dobbiamo sposarci, subito.”
“Se non mi spieghi la storia dei sederi rotti, io non solo non ti sposo, ma esco dalla tua vita.”
“Non lo dire neanche come minaccia! Questa gentile donzella mi aveva preparato un trabocchetto; appigliandosi ad un precedente episodio della nostra storia, mi aveva offerto un sedere vergine da rompere; aveva piazzato congegni per spiare in tutto l’appartamento. So che non avrei dovuto; ma con questa signora e con sua madre è in atto una lunga guerra in cui le buscano metodicamente ed ogni volta ci riprovano; ho chiamato i nostri tecnici e la ricezione è stata modificata come poi vedrai, se avranno l’imbecillità di mettere in rete il video che infetterà tutti gli apparecchi che lo scaricheranno.
La mia vendetta è stata sfondare il didietro a tutte e due e, visto che quello di Nicla è già largo come il traforo del monte Bianco, l’ho maltrattata con qualche aggeggio che non la farà sedere bene per una settimana. Ho sbagliato a far prevalere la rabbia sul raziocinio, a fare sesso con una povera imbecille che forse semplicemente è invidiosa di te; ma non ti ho tradito, nemmeno per un momento; ho solo punito un’arroganza.”
Arriva a Nicla una telefonata; d’istinto attivo il vivavoce.
“Nicla, non aprire il video; ci hanno detto che è infettato; i controllori ci hanno preceduto, hanno scoperto le cimici e le hanno modificate. Quel figlio di troia te l’ha fatta!”
“Il figlio di troia ti ha udito distintamente; ti dovrà licenziare e stavolta licenzierà anche me e finirò davvero a battere sui marciapiedi. Scusami se ti ho coinvolto e danneggiata.”
Silenzio di tomba e singhiozzi.
“Signorina Filomena, venga immediatamente in direzione.”
“Non ti azzardare a pensare di licenziarla!”
“Io? E perché? Perché mi ha fatto godere molto? Neanche Nicla sarà licenziata perché mi ha offerto una serata di sesso come piace a lei. Se tu sei d’accordo, non è successo niente.”
“No, qualcosa è successo, dentro di me; voglio il tuo sesso nel didietro e Filomena mi dovrà dire se era veramente vergine dietro e che cosa si prova a farsi sverginare anche lì. Nicla, vai a fare queste fotocopie … per favore.”
Entra Filomena con gli occhi bassi.
“Ciao callipigia, che in greco significa sedere bello, proprio come te; sappi che mia madre è stata tutto, tranne una troia; inoltre, stai attenta quando frequenti i figli di troia, prima o poi te lo mettono nel retto. Volevo ringraziarti per la bella serata e assicurarti che nessuno viene licenziato nella mia fabbrica solo perché ha fatto l’amore; per l’epiteto al direttore, multa di dieci euro. Torna al tuo posto e riga dritto.”
“Grazie, direttore!”
Volge gli occhi a Rachele quasi a chiederle scusa; lei si alza, le va vicino e le chiede.
“Eri veramente vergine di sedere? Con tutti quelli con cui hai fatto sesso? Quindi l’hai data a lui la seconda verginità? Come è, farsi riempire le budella da quel mostro?”
“Non avevo mai permesso a nessuno di farmi il didietro; ma avevo da tempo deciso che, se Carlo accettava di fare sesso con me, a lui avrei dato tutto. E’ capitata l’occasione, anche se per un inganno; e non ho avuto nessuna esitazione. Ho fatto benissimo perché copulare con lui è una cosa meravigliosa. Il suo sesso può apparire un mostro, all’inizio; poi scopri che è la delizia di qualunque vulva, bocca o sedere. E’ stupendo farsi rompere, se ami la persona che lo fa e se, almeno in quel momento, lui ci mette amore.”
“Ma tu ami il mio compagno? E lui mi tradisce, ti ama?”
“Io ti chiedo scusa, ma non riesco a fare a meno di amarlo; e sarei pronta a fare la stessa stupidaggine per lui. Ma lui ama te, per questo sono terribilmente invidiosa; gli ho chiesto di amarmi in quei due minuti di stupro e cavallerescamente mi ha amato, anche se sapeva che stavo cercando di imbrogliare; lo senti se c’è amore, quando ti possiedono; e lui per quel momento mi ha amato; ma non ti ha tradito; ha solo combattuto una frode con un pizzico d’amore per una che ha considerato più vittima che colpevole, come dimostra la conclusione di questa vicenda. Ti ama veramente e saresti stupida a perderlo. Se lo lasci, avvisami che vado a raccogliermelo.”
“Non ci pensare nemmeno per masturbarti. Carlo per ora è mio e quando gli avrò dato il mio didietro, non avrà nessun desiderio di cercarne altri, te lo posso assicurare.”
“Bada che ti sento. E’ una promessa?”
“Sì, ma la minaccia è che se lo infili ancora nel buco sbagliato, alla prima fellatio, te lo stacco con un morso.”
“Con un morso? Esagerata!!! Non ti pare un po’ troppo grosso per staccarlo con un morso?”
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