Amori equivoci
Incontro Franco, lo scopamico al quale ho deciso di dedicare questa giornata di sesso, al bar che frequentiamo solitamente; come al solito, è affettuoso, galante e leggermente volgare nei gesti e nelle parole, come piace a me; questo aspetto dei nostri rapporti è uno dei motivi di base per cui da mesi ormai tradisco senza limiti mio marito Nello, rivelatosi col tempo troppo ‘perbenino’ per i miei gusti.
Me ne sono innamorata assai giovane ed abbiamo trovato subito una buona intesa, specie a letto; con una mazza oltre i venti centimetri, di cui non sono riuscita a trovare simili nei maschi che mi sono scopata in seguito, mi prepara sapientemente con lunghissimi cunnilinguo, fellazioni spesso spossanti e manipolazioni varie e diverse; quando decide di scoparmi, attraversa tutta la casistica, dalle spagnole più saporite alle scopate da tutte le posizioni alle inculate più dure e piacevoli.
Per un paio d’anni, dopo il matrimonio, ho accettato tutto con gioia e dedizione; poi ho cominciato a sentire la mancanza delle ‘coccole’; come se fossi ormai diventata patrimonio quotidiano, non mi rivolge più lusinghe e commenti per i piccoli elementi che fanno il mio orgoglio di femmina; non si accorge quasi più di una pettinatura nuova, di un diverso colore del rossetto; non mi sbaciucchia anche a sproposito o in momenti e posti impossibili.
Anche quando stiamo scopando, non capita mai che mi dia qualche schiaffone sulle natiche, mentre mi sfonda il retto fino all’intestino; non mi strizza i capezzoli fino a farmi urlare, per farmi godere di più; mai una parolaccia per eccitarmi; si ferma non appena sente che il cazzo in gola mi soffoca; insomma, tutto rimane nell’ambito della correttezza che, a mio avviso, va bene in chiesa ma non a letto.
Non gliene ho mai parlato, perché voglio che sia lui a prendere coscienza delle mie esigenze, senza che debba espormi ad un giudizio negativo facendo richieste ‘strane’; ma lui, convinto di darmi tutto quanto mi serve, si limita a scopare da perfetto marito, secondo i canoni del matrimonio classico; non so proprio come dirgli che ho bisogno di altro; e mi trovo naturalmente a ricevere quelle stesse cose da maschi incontrati occasionalmente.
Sei mesi fa, mi sono fatta trascinare da un baldo giovanotto che, sotto i suoi occhi, mi ha colmato di dolcezze e di adulazioni, mi ha carezzato di nascosto il culo, con la mia partecipazione volontaria, e si è trovato invitato a incontrarci, il giorno dopo, al bar che frequento; è stato il primo dei maschi con cui ho scopato contro mio marito e sono tornata a casa giuliva come una pasqua perché mi sono sentita trattata da vera puttana.
Rotta quella diga, è stato tutto un susseguirsi di cicisbei che, capito il punto debole, si mettono in coda per arrivare a scoparmi almeno una volta; è ormai noto a tutti che voglio sempre e solo carne fresca ed evito di scopare due volte con lo stesso soggetto; solo con Franco ho fatto eccezione e sono ormai alcune settimane che, più o meno a giorni alterni, prima mi faccio corteggiare e stimolare al bar e lungo il viaggio, poi mi faccio sbattere per ore in un qualsiasi rifugio, motel o casa privata.
Stamattina mi stimola molto l’idea di una giornata tutta di sesso e umiliazioni al cornuto; è la mia giornata di libertà dal lavoro e voglio godermela tutta; appena gli sono a tiro, Franco, con mio grande piacere, mi afferra per la vita e mi stringe la figa contro il cazzo che gli si rizza immediatamente; gli impongo di contenersi e di non baciarmi in pubblico, come sta per fare, perché comunque siamo in un bar e certe effusioni vanno controllate.
Mi stringo al suo fianco e sento la mano che passa lussuriosa sul culo, a cercare le tracce dello slip che non trova perché non l’ho indossato; scivola verso il seno e verifica che neppure ho il reggiseno; l’unico mio vestiario è un vestitino fresco, perché siamo in primavera, corto poco sotto l’inguine e ampio da esporre il seno completamente; mi chiede se andiamo via; gli spiego che aspetto una telefonata da mio marito che mi deve fornire una chiave.
Commenta che, una volta tanto, dipendiamo dal cornuto; ribatto che sarà felice dell’attesa, perché il posto dove lo porterò è di un bellezza unica; il ‘mulo di casa’ l’ha acquisito per quatto soldi in una vendita all’asta; potrebbe diventare la ‘mia’ alcova dove sbizzarrirmi con maschi in grado di darmi il piacere che cerco; ridendo, assicura che, per un po’ di tempo almeno, sarà anche la ‘sua’ alcova perché è l’amante migliore che possa cercare.
Evito di dirgli che, se si tratta di cazzo, il suo è più piccolo e meno valido di quello di mio marito; le doti per cui lo cerco non sono neppure qualità, nell’opinione corrente; ma mi accorgo che sto prendendo le difese del mio ‘cornuto’ e preferisco glissare; piuttosto, ci sediamo ad un tavolo d’angolo e le sue mani, nascoste dall’ampia tovaglia, vanno subito a titillarmi seno e figa.
“Sei una vera puttana insaziabile; ti sfondo tutta, oggi!”
L’oltraggio mi suona carezza e per un attimo provo vergogna per come sto sprofondando nella miseria più becera; finché le dice in privato, su un letto, quelle cose mi eccitano; qui, in un locale pubblico dove incontro anche amici rispettosi e corretti, le sue sono solo volgarità gratuite che rivolge alla ‘sua puttana’ quasi che alla fine debba pagarmi per le scopate che gli concedo; lo prego di trattenersi almeno fino alla telefonata.
Nello mi chiama e mi spiega come fare per aprire i cancelli e la porta del bungalow che ha comprato in una nuova struttura turistica a ridosso della città; per crearmi un alibi, lo avverto che il telefonino fa i capricci e, per precauzione, lo terrò spento per tutta la giornata; so che è dotato di un GPS da cui lui potrebbe seguire i miei movimenti; lo spengo e cavo via la batteria; lo riattiverò quando avrò concluso la mia ‘missione’ di cornificarlo.
Saliamo in macchina e mi metto alla guida, lasciando che il vestito risalga fin quasi a scoprimi la figa; Franco ne approfitta immediatamente per ficcarmi due dita dentro e masturbarmi freneticamente; gli impongo di fermarsi, perché non mi va di procurare un incidente e di dover rendere conto a mio marito anche dei danni ai veicoli eventualmente coinvolti; a malincuore, cede e si limita a carezzarmi il ginocchio e la coscia fino a sfiorare la figa.
Arrivati al bungalow, non si sofferma nemmeno per un momento, come farebbe qualsiasi persona fornita di un minimo di buongusto, davanti ad un paesaggio incantevole e per lui nuovo; ancora prima che io apra la porta, mi sta già smanacciando culo, ventre e seni; in fondo, mi dico, è per questo che lo cerco; in qualche modo, lo sento e lo tratto da escort, un maschio che scopa meccanicamente a pagamento.
Tecnicamente, non si prostituisce perché non gli pago una tariffa; ma in poche settimane già gli ho fatto molti costosi regali, pagati con la carta di credito del cornuto; maglioni, camicie, scarpe e accessori vari mi sono costati forse l’equivalente di una tariffa media di escort; ma la coscienza, che non mi ripugna a calpestare crudelmente la fiducia di un uomo a cui avevo promesso lealtà e fedeltà sull’altare, mi spinge a giustificarmi che non è una scopata a pagamento, ma amicizia espressa in regali.
Cancello immediatamente le ‘ubbie’ che mi solleva la certezza della mia stupidità e mi abbandono languida ai suoi baci focosi e stimolanti; in un attimo, sono nuda tra le sue mani e comincia il lungo percorso di preparazione delle scopate che mi aspetto celestiali; mi accarezza il seno e il ventre, infila le mani tra le cosce e mi titilla la figa lungamente; comincio a sbrodolare e a gemere per i piccoli orgasmi che mi scatena.
Mi spinge supina sul letto e piomba fra le cosce, portando immediatamente la bocca alla figa; lecca deliziosamente grandi e piccole labbra, finché raggiunge il clitoride; lo lambisce con la lingua e lo afferra tra i denti; lì scatta la differenza con Nello; mio marito a quel punto continua all’infinito a leccare e succhiare facendomi illanguidire e cadere in deliquio per la gioia del titillamento con labbra e lingua; raramente e con garbo stringe intorno i denti dolcemente.
Franco invece diventa aggressivo e violento; i denti sul clitoride diventano quasi uno strumento di tortura; molto spesso sono costretta a riconoscere a me stessa che avrei dovuto fare presente a mio marito una mia vena masochistica; poiché me ne vergogno, in buona sostanza, non gli ho mai detto niente; Franco lo ha scoperto per la sua innata violenza; quando si è reso conto che godo molto quando mi morde la figa, ha cominciato a farlo con determinazione e violenza.
Urlo i miei primi orgasmi; so che arriverò a sera completamente fuori uso per quanto sborrerò; lui è decisamente professionistico, se non un vero e proprio bull; riesce a controllare le sue sborrate e a raggiungerne, in una giornata, al massimo tre, in bocca, in figa e in culo; mio marito, travolto dall’amore e dal piacere, non si trattiene ed è capitato che sia crollato senza forze dopo la sesta, in una notte.
Il mio obiettivo adesso è godere comunque allo spasimo; riesco a ribaltare le posizioni, lo spoglio velocemente, lo faccio stendere sul letto e mi attacco al cazzo giocando a farlo indurire fino a che gli dolga; ma è esperto e resistente e la sua mazza si leva alta a essere usata per il mio piacere; mi scopo in bocca fino a rischiare di soffocare o di vomitare; passo più di un’ora a leccare, succhiare e godere in tutta la cavità orale; masturbandomi mentre faccio il pompino, riesco a sborrare almeno tre volte.
Quando mi stende supina e mi viene addosso, so che mi scoperà a missionaria; appena mi ha infilato, in un solo colpo, il cazzo in figa, gli abbraccio i fianchi con le cosce e coi piedi dietro la schiena gli do il ritmo; con un colpo di reni ribalta la posizione e si fa montare a cavallerizza; sono io a quel punto che decido penetrazione e ritmo; l’ho imparato da Nello che ama molto farsi cavalcare e mi suggerisce i movimenti per variare le sensazioni e le emozioni.
Quando mi fermo perché i muscoli mi dolgono, mi fa mettere carponi e mi viene dietro; mi lecca a lungo, amorosamente quasi, su tutto il sesso, dal pube alle natiche; si ferma spesso a penetrare con la lingua culo e figa, spremendomi piccoli e grandi orgasmi; quando si solleva in ginocchio, so che mi scoperà a pecorina, per ora usando il culo solo per infilarvi le dita mentre mi sbatte il ventre contro le natiche con il rumore tipico delle carni che si scontrano.
Mentre mi scopa, mi afferra le tette, da dietro, e tira i capezzoli fino a farmi veramente male; i miei lamenti di dolore sono il segnale per fermare la tortura; Nello non è stato mai nemmeno tentato di farmi provare quel dolore; ancora una volta, sono costretta a riflettere che non gli ho mai accennato ad una mia possibile vena masochistica, unica giustificazione valida a certe preferenze; comunque i capezzoli martoriati sono un ulteriore elemento di piacere.
La ‘cerimonia’ dell’inculata ha tempi e modi ormai standard; prende dalla mia borsa il tubo del gel lubrificante e anestetizzante; mi lecca a lungo il buchetto; unge di gel le dita per facilitare i movimenti; riempie canale rettale e figa addirittura con quattro, due per ciascun buco; ruota quelle nel culo per ammorbidire lo sfintere; finalmente, appoggia la cappella all’ano e spinge con forza finché i coglioni sbattono sulle natiche.
Partecipo alle inculate con grande lussuria e godo moltissimo delle variazioni che propone, dalla pecorina alla posizione a cucchiaio, da destra e da sinistra, faccia a faccia sul bordo del letto o su un rilievo di cuscini sotto le reni, tutto disteso sulla mia schiena o dall’alto, mentre io appoggio solo le spalle sul letto e sollevo i piedi al suo collo; mente mi incula, io da sola o con la sua mano mi masturbo lungamente e raggiungo un numero non calcolato di orgasmi mentre lui controlla la sua sborrata.
Siamo arrivati all’alcova intorno alle dieci e mezza del mattino; mangiamo a letto due panini che avevo preparato prima di partire, innaffiandoli con una bottiglia di vino che nel frigo non manca mai; alle sei del pomeriggio decidiamo che ne abbiamo abbastanza; facciamo una salutare doccia, evitando di stare insieme sotto il getto per non arrivare tardi a casa, dove mio marito rientrerà alla solita ora di cena; rivestiti, usciamo.
Mentre chiudiamo il bungalow, Franco mi chiede quando prevedo di tornare ad incontrarci; un’idea che mi sta frullando per la testa si affaccia prepotente e gli chiedo se sia disposto a venire a scopare a casa mia, la volta seguente; mi chiede cosa farà mio marito; gli obietto che sfidarlo apertamente è proprio quello che sto meditando e che ora desidero più di ogni altra cosa al mondo; vedo nettamente la diffidenza manifestarsi sul suo volto; l’idea di una pistolettata da un cornuto non gli garba; me lo dice.
Lo disprezzo profondamente, a quel punto; poteva defilarsi in mille modi; ma la vigliaccheria che gli leggo in viso cancella di colpo tutte le motivazioni, assurde, per cui lo avevo accettato per tante scopate comunque gratificanti; lo avverto che non c’è più trippa per gatti e che inviterò qualcuno più disposto ad affrontare il rischio; sono convinta che Nello farà al massimo una scenata a me, ma sono pronta a rischiare anche la fine del matrimonio, per tentare di piegarlo alle mie scelte.
Rientro a casa stanca della kermesse di un’intera giornata; riesco ad imbastire una cena non ignobile e, quando mio marito arriva, mangiamo in fretta e accampo immediatamente stanchezza e un malessere inspiegabile; vado a letto anche per evitare possibili avances sessuali dal legittimo consorte; ho già deciso che il matrimonio può essere messo a rischio da una scopata offensiva; in realtà, sto cavando via la pietra che demolirà la costruzione della vita coniugale.
Quello che non so è che Nello, già messo sul chi vive da voci di corridoio, appena mi chiudo in camera va in bagno e controlla il mio vestito che reca tracce fin troppo evidenti di scopate senza limiti; ha anche notato che giro senza intimo e il sospetto è diventato realtà; curiosa nel telefonino e scopre che manca la batteria, che non ho riposizionato; non ha bisogno di andare oltre la somma del due più due per capire che ho passato la giornata a letto con un amante.
Non prende nessuna drastica decisione, esce di casa solo per sfogare la tristezza del sogno di una vita che finisce nella sborra di un caprone; non cerca una spalla asciutta su cui sfogarsi e non sogna vendette o ritorsioni; ma forse è stasera che incontra la persona determinante per gli sviluppi della nostra storia; quel che è peggio è che la va a cercare proprio nel bar da cui è partita la tempesta che sta sfasciando la nostra famiglia.
Dormo saporitamente, per la stanchezza e per la sinecura che sempre mi ha caratterizzato; non mi rendo conto che per un paio di settimane mio marito appare distante e diffidente; l’uomo che mi scopava quasi quotidianamente, non mi tocca per molti giorni e neppure me ne preoccupo, tesa come sono ad inseguire il mio sogno di vederlo piegarsi alla personale interpretazione dell’amore, decisamente equivocata.
Continuo ad inseguire l’utopia di vedere mio marito implorarmi di tornare ad amarlo alle mie condizioni; dovunque mi capita, aggancio giovani caproni da cui mi faccio montare senza problemi; Il ragazzo che aggancio dopo due settimane dalla scopata con Franco mi sembra perfetto per le mie esigenze; è abbastanza arrogante e supponente per accettare di venire a scoparmi a casa mia; non fa nessuna domanda su mio marito, anche se sa che sono sposata.
L’unica che mi ferma, per invitarmi a riflettere sull’opportunità di alzare l’asticella fino a quel limite, è Iris, una mia carissima amica, single per vocazione, per scelta e per determinazione; poiché è al mio tavolo proprio quando propongo allo sconosciuto di andare a scopare a casa mia, mi guarda quasi inorridita e osserva che certe scelte, compresa quella della vita da single, devono essere fatte sempre in una logica inoppugnabile.
Non condivide le mie convinzioni sulla ‘distrazione’ di mio marito al quale non ho fatto cenno di mie esigenze particolari; ritiene che la provocazione di fargli le corna nel letto matrimoniale può scatenare una bestia che non riesco a valutare; le dichiaro ingenuamente che l’amore tra coniugi non si incrina per qualche scopata; il mio è intatto; si mette a ridere e mi ricorda che il matrimonio obbligherebbe anche alla fedeltà; la mando al diavolo e mi porto a casa, alle sei del pomeriggio, l’amante nuovo.
So che Nello alle sette circa sarà puntualmente a casa e non intendo perdere tempo; appena entrati, lo guido alla camera e cominciamo a spogliarci lungo il percorso; quando si sistema in piedi davanti a me, seduta sul bordo del letto, attacco immediatamente i suoi abiti e tiro giù, insieme, pantaloni e boxer; il cazzo che mi esplode davanti al viso è un autentico gioiello; grosso come quello di mio marito, è chiaramente più eccitato e pronto a sfondarmi dappertutto, come mi aspetto.
Lo prendo a due mani, una sui coglioni e una lungo l’asta, e do il via ad una sapiente masturbazione, mentre lecco le palle e le porto in bocca una per volta; passo la lingua lungo la mazza e, arrivata in punta, gioco a lungo con ghirigori lungo la cappella; di colpo, la spingo in gola, in fondo fino a sentire conati di vomito e un senso di soffocamento; comincio a scoparmi in bocca mentre con la mano sulla mazza attivo una masturbazione esaltante.
Devo strizzargli i coglioni perché accenna già a sborrare; lo guardo con aria severa, capisce e si attiva per frenare; lo fa più volte mentre lo succhio e lo mando ai pazzi con il pompino più sazio che abbia mai ricevuto; capisco che non è abituato a grandi scopate e mi impegno a farlo godere al massimo e, al tempo stesso, ad insegnargli come far godere una donna calda come me; le carezze che mi rivolge mi dicono che è l’allievo giusto.
Sfila via il cazzo dalla bocca e si dedica al mio abbigliamento, scarso e facile da sfilare; sono nuda in pochi attimi e sento che mi afferra i seni, mentre infila in figa due dita che mi masturbano sapientemente il clitoride; mi spinge supina sul letto, scende sulle tette e comincia a leccare, succhiare e mordere con forza i globi e i capezzoli che tortura con denti avidi e abili; deve avere avuto informazioni sulle mie preferenze e mi rendo conto che mi sta letteralmente e sadicamente torturando mentre gode.
Quando scende lungo il ventre fino alla figa, sento i denti che afferrano subito il clitoride e lo tormentano; scatta il suo istinto sadico e mi accorgo che mi fa effettivamente male; ma di quel dolore io colgo solo la parte che mi eccita terribilmente; avrei dovuto appurare e far sapere a mio marito che ero masochista impagabile, ma mi nascondo dietro la convinzione che quella cosa doveva intuirla lui e comportarsi di conseguenza; si sarebbe risparmiato tante corna.
Intanto, il mio amante occasionale mi sta divorando letteralmente la figa ed io esplodo in orgasmi successivi che gli inondano viso e bocca dei miei umori da orgasmo; quando è sazio delle sborrate che mi ha provocato, mi fa sistemare al centro del letto, mi viene addosso e mi pianta nel ventre la sua notevole mazza; mi duole l’utero, per la violenza con cui ha picchiato contro; ma sono felice anche di quello e godo.
Si stacca da me, frenando ancora una volta la sborrata, e mi fa mettere carponi sul letto, si colloca dietro di me e aggredisce con la bocca il sesso; tra languide leccate, dolci titillamenti con le dita e morsi feroci che mi stimolano, fa passare alcuni minuti; il piacere sommo lo raggiungo quando mi schiaffeggia le natiche urlandomi la sua gioia di possedere un culo così bello e voglioso; mi sento enormemente gratificata dai complimenti e il mio piacere si fa ineffabile.
Finalmente si solleva in ginocchio, accosta la cappella alla figa e spinge in fondo la sua notevolissima mazza; urlo per il dolore dell’impatto sull’utero e ancora di più per la lussuria che la scopata mi ha sollecitato; sposta la cappella verso l’alto e sento che mi incula solo con gli umori che il cazzo ha raccolto dalla figa; grido per il piacere che la scopata violenta mi procura ma godo anche perché sento la mazza violentarmi l’intestino e, da dietro, ancora una volta l’utero; sborra rapidamente.
Esce delicatamente e si stende al mio fianco; lo accarezzo dolcemente su tutto il corpo, quasi a significargli il piacere che ho provato per la bellissima prova di scopata che ha appena superato; avverto qualche dolore al culo e alla figa per la violenza del rapporto, ma sono languida di piacere; ascolto con attenzione i rumori che vengono dalla casa, dove qualcuno ha aperto la porta e aspetto con ansia che mio marito venga a prendere atto delle sue corna.
Accolgo con un sorriso ironico e irridente il suo volto che si affaccia nel riquadro della porta della camera.
“Ciao, stronzo, sei contento che finalmente sai per certo di essere un povero cornuto? Adesso che intendi fare?”
Non pronuncia una sillaba, si gira ed esce; sento la porta di casa che sbatte; di tutte le reazioni che potevo ipotizzare, quella è la meno prevedibile; invece mio marito, con una determinazione degna di altre motivazioni, mi pianta in asso, rabbiosa più che se mi avesse morso un cane affetto dalla malattia; poiché ormai la scopata c’è stata ed è risultata soddisfacente, almeno per me, dico all’amante del momento di andare via perché non ho più voglia; si riveste e mi lascia ai miei tormenti.
Dopo la farsa, risultata inutile, recitata per offenderlo, Nello sembra dissolversi dal mio mondo; pranza e cena fuori, non mi rivolge il saluto neppure se ci scontriamo fisicamente in casa; ignora qualunque cosa gli dica e dorme nel suo studio, su un divano letto messo lì appunto per casi di emergenza; tignosa più di lui, continuo imperterrita a godermi i maschi che mi capitano, portandomeli talvolta anche a casa, dove so che non lo vedrò per niente.
La sorpresa mi arriva una sera che sto cenando da sola, come sempre, e non so ancora come imbastirmi una serata di corna al pecorone, scappato e non ricomparso, ma che comunque non deve avere assunto iniziative per rompere il matrimonio, perché sue tracce mi compaiono nello studio ormai diventato il suo rifugio in casa; sembra quasi che sia lui a nascondersi da me ed evitare in ogni modo di confrontarsi, forse perché non ha motivazioni da opporre alle mie scelte di libertà, o di libertinaggio.
La scampanellata mi scuote dal mio torpore; vado ad aprire chiedendomi chi possa intervenire a risolvermi una serata in cui non voglio restare sola coi miei problemi; i cinque che entrano non hanno facce né conosciute né raccomandabili; si presentano come amici di Nello che hanno saputo da lui che la moglie ha voglia di giocare a scopa con amici e sono lì per farla contenta; sono quasi felice, perché, nella mia lettura, è la resa di mio marito che mi ha portato degli amanti per godere delle sue corna.
Chiedo lui dove sia, mi rispondono vagamente che prima o poi arriverà; ma ormai non mi interessa più; se ha mandato gli amici, per me vuol dire solo che si è rassegnato a farmi scopare con altri anche se mi turba che abbia scelto lui i partner; li sto spogliando e mi stanno denudando mentre andiamo verso la camera; mi sento esplodere di gioia a mano a mano che vedo spuntare le mazze notevoli che hanno e che mi preparo a sorbirmi col massimo piacere.
Mi trovo, quasi senza rendermene conto, nuda sul letto con cinque maschioni intorno, tutti nudi e a cazzo duro, che mi afferrano senza riguardo da tutte le parti; non sono palpamenti, i loro, ma strette violente, dolorose, come se qualcuno li avesse avvertiti delle mie perversioni; a sorpresa, uno mi infila nella figa una mazza grossa e lunga che mi sconvolge il ventre; otto mani mi sollevano insieme e uno mi si infila sotto; gli altri mi abbassano sul cazzo di culo, sfondandolo mentre arriva all’intestino.
Sento le budella sconvolte dalla mazza terribile che mi penetra senza lubrificazione; un cazzo mi ha occupato la bocca e non riesco neppure a urlare come mi verrebbe naturale; le mani sono impegnate, ai miei lati, da due mazze che sembrano non smettere di gonfiarsi; le masturbo e succhio quello in bocca; cerco di adeguarmi alla penetrazione multipla e lascio che i due mi fottano in culo e in figa.
A mano a mano che procediamo nella scopata, mi rendo conto che non è il sesso il loro obiettivo, ma la violenza, assai superiore al mio masochismo; uno dei cazzi si sfila dalla mia mano e si va ad affiancare a quello che mi scopa in bocca; mi trovo a succhiare con enormi difficoltà due cazzi insieme; le mascelle mi dolgono per la fatica, ma i due mi sbattono le mazze nell’esofago senza pietà e senza rallentamenti.
Non vedo nessuna motivazione ad una violenza così cinica e immotivata; ma i cazzi in bocca mi impediscono di articolare qualunque protesta; una mano blocca sul letto il braccio libero; l’altro cazzo che masturbavo si sfila e il tizio si affianca a quello che mi scopa in figa; mi fanno sollevare in alto le gambe e infilano le due mazze, insieme; sento che i tessuti si lacerano perché due sberle difficili da sopportare individualmente sfondano insieme l’utero.
Sento di svenire e quasi neppure più sento quello che mi fanno per alcune ore; mi trovo sola, in un lago di sangue che sgorga da culo e figa; con le mascelle dolenti per lo sforzo, riesco a malapena a chiamare il pronto soccorso; mi trascino alla porta e la lascio aperta per i soccorsi che arrivano molto rapidamente; non riesco a rispondere a nessuna delle domande che mi pongono e mi abbandono svenuta al dolore e al senso di liberazione da un incubo.
I medici non mi lasciano parlare e i poliziotti all’ospedale non possono avere molte indicazioni; dalla borsa che avevo lasciato in casa hanno derivato le mie generalità e sento dire che hanno avvertito mio marito a casa dei miei; non so se sbalordisco, se mi preoccupo per l’imprevedibile novità o semplicemente mi meraviglio che il cornuto si sia rivolto proprio ai miei familiari; ma, nelle mie condizioni, non posso dire niente senza tirarmi la zappa sui piedi.
Quando arrivano i miei genitori, immediatamente salta fuori che ricevo in casa, in assenza di mio marito, amanti violenti e irrispettosi, sconosciuti a tutti e aggressivi; ma più ancora emergono le corna che ho fatto a mio marito per sei mesi; la reazione di schifo dei miei genitori è automatica e indiscutibile; per il loro intendimento della famiglia e della morale, sono fuori da qualunque ipotesi di perdono.
C’è assai poco da discutere; decidono, famiglia e rappresentanti della legge, che ho l’unica scelta di andare via in attesa della separazione giuridica e del divorzio; come risolverò la mia vita, non interessa a nessuno; per fortuna, mi viene a trovare Iris che mi garantisce ospitalità finché non troverò un alloggio mio; lo stipendio mi consente una vita modesta, come quella di tante mie compagne di lavoro che ci vivono ma che non si possono permettere i lussi che faccio pagare al cornuto.
Il soggiorno nel miniappartamento di Iris si protrae per almeno tre mesi, per l’enorme difficoltà a trovare un alloggio congruo con le mie scarse entrate e, soprattutto, il denaro sufficiente a pagare il deposito di ingresso, tre mensilità a fondo perduto; per compensare, almeno in parte, lo scoramento davanti alla presa di coscienza del fallimento di tutte le mie illusioni di potere, scelgo alcune volte di accompagnare la mia amica in scopate random ed occasionali.
Senza una qualsiasi motivazione di base, anche fittizia e oggettivamente inesistente; senza un nemico da combattere, anche inventandomelo io, sento assolutamente inutile e squallido scopare con qualche individuo ‘raccattato’ in un bar o in una discoteca ed illudermi, a fine performance, di essere soddisfatta; la realtà che emerge è di un rancore profondo a mio marito che è l’ideale per il mio bisogno di primeggiare.
Non ho smesso di indagare, alla ricerca di un appartamentino che corrisponda alle mie esigenze e sia, al tempo stesso, compatibile con le mie entrate; comincio a girare anche cantieri di lavoro, che nella periferia sorgono quasi ogni giorno, per creare quella realtà abitativa che vuole rendere ad ogni costo la città una metropoli; l’urbanizzazione di intere aree verdi mira anche a fornire alloggi di piccolo formato, appunto per persone come me, singole e non ricche.
Nella dolorosa peregrinazione per ambienti che mi sono rimasti sconosciuti, anche se il mio ex marito vi si muove come un pesce in acquario, finisco per incontrare, quasi senza volerlo, un personaggio intrigante e sconvolgente; si tratta di un giovane imprenditore edile, decisamente rampante, autoritario ed abituato a prendersi quello che vuole, evitando comunque di entrare in rotta di collisione con personaggi dello stesso stampo e di potere uguale o maggiore.
E’ il padrone riconosciuto di vari cantieri edili nei quali sono costretta ad andare in pellegrinaggio alla perenne ricerca del ‘mio’ alloggio da affittare; lo incrocio un paio di volte, prima che lui faccia in modo da essere il mio diretto interlocutore in una terza visita; Iris mi ha aggiornato sul personaggio e mi ha messo in guardia sul fatto che è regolarmente sposato e indissolubilmente legato alla famiglia; nel caso, ci pensassi solo per una bella serata.
Per sovrammercato, è anche concorrente e avversario del mio ex marito, il che lo porta inevitabilmente a concupirmi, se non per altro, per il gusto almeno di prendersi qualcosa che è stata di Nello; l’ipotesi che il nostro incontro possa fare scattare una tardiva e inutile gelosia del mio ex è possibile e non dispiace a nessuno; a me, che voglio ancora offendere il mio ambizioso ex marito, risulta invece particolarmente piacevole, anche se assai rischiosa.
L’impatto è promettente; mi chiede del mio bisogno di un alloggio e si fa in quattro per convincermi ed assicurarmi che è in grado di garantirmi un mutuo conveniente, perfino per comprare il miniappartamento che è nelle mie aspirazioni; naturalmente, la contropartita è che accetti di cenare con lui; cerco di temporeggiare, per gli avvertimenti preoccupati di Iris; accenno ad un precedente impegno con la mia amica; mi suggerisce di verificare la fattibilità e di adottare soluzioni buone per tutti.
Iris, interpellata per telefono, mi suggerisce di proporre un’uscita a quattro, con lei e con un suo amico, avvocato ben noto nell’ambiente; Oreste, come si chiama l’imprenditore, accetta volentieri anche perché è amico dell’avvocato; fissa per il sabato sera, in un noto ristorante della città; l’occasione sarà utile per definire l’acquisto, anche con la consulenza dell’avvocato, che ha con lui probabilmente una collaborazione già sperimentata.
La cena risulta gradevole, nonostante qualche sbavatura dovuta al carattere maschilista del mio nuovo amante, e a qualche suo imperdonabile ‘scivolone’ per una cultura approssimativa; l’idea che voglia sentirsi pari a Nello, il mio ex marito, mi fa ridere sia del mio accompagnatore inutilmente illuso di crearsi una credibilità con due belle donne e un noto professionista, sia del mio ex, irrimediabilmente cornuto, nonostante la separazione in atto.
Il giovane avvocato è della specie abilissima a cercare e trovare i cavilli per aggirare la legge e per niente preoccupato di perseguire la giustizia come sarebbe giusto nelle sue funzioni; ma la sua marginalità alla malavita non toglie niente al suo eloquio ed alla capacità di fascinazione; poiché si dedica quasi soltanto ad Iris, che ha con lui una lunga esperienza di amicizia e di scopata, finisce per non incidere sullo sviluppo della vicenda che si sta dipanando tra me e Oreste.
Usciamo dal ristorante abbastanza ‘caldi’ perché si è bevuto molto, con vino e liquori; il mio partner ha ormai liberato tutta la smania di dominio; la passionalità si dispiega virulenta e marcia ormai abbarbicato a me come l’edera a un albero; mi blocca ogni pochi passi e mi bacia voluttuosamente in mezzo alla strada; l’idea di destare scandalo mi solletica solo perché spero che la notizia arrivi alle orecchie del mio ex e lo faccia soffrire.
Saliamo sull’auto sportiva, di grande valore, dell’imprenditore e lui si dirige sparato ad una sua villa di campagna, poco fuori città; uno sguardo con Iris ed un suo cenno di intesa mi suggeriscono che è d’accordo e che vuole godersi come me la serata di sesso e libertà; in pratica, siamo tutti al settimo cielo, io perché ho trovato la casa che cercavo, lui perché ottiene la serata di sesso che voleva, l’avvocato perché rafforza i suoi legami con quel mondo e Iris perché si diverte come le piace.
La casa, disegnata da un buon architetto, è decisamente bella e funzionale; i mobili sono di gusto e si fanno apprezzare dai palati fini, anche se non dal padrone di casa; le camere da letto sono un poco più pacchiane soprattutto per l’enorme quantità di specchi, su tutte le pareti e sul soffitto, che servono evidentemente per potersi ammirare anche mentre si scopa, vezzo presumibilmente del padrone che ha scelto quella soluzione e se ne vanta.
Ho già avuto occasione di scambiare con Iris esperienze di amore saffico; non mi preoccupa, quindi, l’idea di trovarmi in quattro su un lettone unico, a scopare indifferentemente con due maschi e una femmina che conosco calda e disinibita; ma la casa è grande e le camere sono molte; la mia amica e il ‘suo’ avvocato spariscono dietro una porta ed io mi trovo col ‘mio’ imprenditore che mi guida dolcemente ad un’altra camera, presumibilmente la più bella.
L’unico mobile evidente è un lettone enorme che occupa per buona parte la sala assai grande; se vi sono armadi o cassettiere, sono assai ben mimetizzati dietro la fila di specchi che corre sulle tre pareti; Oreste mi avvolge in un abbraccio tentacolare e comincia a spogliarmi, mentre mi stringe le natiche spingendo il bacino contro il mio a farmi sentire la possanza di una mazza che non mi sembra molto importante, rispetto a quella del mio ex marito.
Lo lascio fare, lascivamente piegandomi alle sue tacite richieste; mentre spinge in basso il vestitino sfruttando il largo scollo e la gonna svasata, io gli apro la camicia e porto alla luce il torace per la verità forte e giovane, coperto da una discreta peluria; afferro i capezzoli e li tormento con le dita; mentre lui mi accarezza con libidine la schiena e le natiche, mi piego a prendere in bocca i capezzoli grossi e duri e lo comincio a far vacillare dal piacere intenso che so provocare con quella poppata per lui inattesa.
Quasi a ricambiare il piacere che ha ricevuto, mi spinge schienata sul letto, coi piedi ancora sul pavimento, e si abbassa sul mio seno; mi sfila il reggiseno e comincia a leccare, succhiare e mordicchiare tutto il petto; quando i denti affondano nelle mammelle e mordono da farmi male, capisco che ha assunto informazioni e che è al corrente della mia tiepida forma di masochismo, che sfrutta nell’intento di darmi piacere; lo lascio fare e carezzo dolcemente la testa.
Il gusto aggressivo della violenza non si frena quando scende dal seno, attraverso il ventre, fino alla figa; le labbra succhiano con foga, le dita penetrano e scavano fino all’utero e i denti afferrano il clitoride stringendo fino a farmi male; ma io avverto solo il piacere che da quella stretta mi deriva e godo intensamente fino a squirtare nella sua bocca; accoglie impavido gli umori che gli scarico e mi stringe forte finché urlo, a metà tra dolore e piacere.
Insiste imperterrito a succhiare, leccare, titillare e mordicchiare finché non sente il terzo orgasmo esplodergli in bocca e non mi vede abbandonarmi languida sul letto; solleva la bocca dalla figa, si alza in piedi e mi porta a sedere; il cazzo mi balla davanti al viso; lo prendo con una mano, mentre l’altra corre ai coglioni che afferro delicatamente; comincia il balletto tra le mie mani, la mia bocca e il suo cazzo; la mia abilità di pompinara esplode in tutta la sua maestria.
Lecco accuratamente il meato e la cappella ricavandone la dolce sensazione di una pelle serica e dolce che lambisco con passione; atteggio la bocca a fessura stretta e faccio entrare il cazzo accompagnandolo con le labbra e con la lingua; quando sento la cappella dentro, la spingo contro il palato per farmi scopare in bocca; lo spingo alternativamente sulle gote per godermelo in ogni anfratto e, finalmente, a fondo, contro la gola, ben oltre il velopendulo.
E’ un mio vezzo particolare, quando pratico un pompino a regola d’arte, assaporarlo in ogni parte della bocca e della gola; mi piace sentirmi forzata fino ai conati di vomito o ai principi di soffocamento; godo, quando la mazza è particolarmente grossa, a sentirmi sbavare e salivare molto, per lubrificare l’asta e per godermela con tutta la bocca; non è, quello di Oreste, un cazzo particolarmente grosso; ma riesco a godermelo e a farlo godere molto.
Mi scopa in gola con veemenza; lo freno trattenendo fuori dalle labbra il grosso della mazza; alla cappella e alla metà che mi entra in bocca, fino alla gola, dedico appassionate leccate e profondi risucchi, che lo mandano in orbita; alla parte che resta fuori, dedico una masturbazione, tra pollice e indice, che gli da continui brividi.
“Sei un’idrovora che mi svuota; mai vista una simile succhiacazzi!”
Non sono queste, le carinerie che pretendevo dal mio ormai ex marito; ma, allo stato a cui sono giunta, non mi posso aspettare di meglio, da amanti occasionali, rudi, duri e anche un tantino buzzurri; stravolgendo ogni realtà, mi continuo a ripetere che è stato Nello, ignorando i miei veri bisogni, ad indurmi ad arrivare a quello stato di umiliazione; faccio buon viso a cattivo gioco e accetto gli epiteti più squallidi come dolcezze da innamorati.
Mentre succhio imperterrita il cazzo, decisa ormai a farlo sborrare in bocca a qualunque costo, lui mi apostrofava con epiteti pesanti come ‘puttana’, ‘troia’, ‘sfondata’, ‘rotta in culo’ e simili che, qualche mese prima, mi avrebbero fatto scattare con violenza contro mio marito se avesse osato usarli mentre scopavamo; con Oreste, non solo li accetto sorridendo ma rincaro la dose con offese al mio ex marito che definiamo ‘cornuto’, ‘frocio’ e ‘impotente’.
Neanche mi sfiora il dubbio che certi epiteti, se riportati a Nello e usati contro di me, possono farci rischiare una denuncia per oltraggio o diffamazione; ma l’idea che un qualche osservatore prezzolato mi stia registrando mentre scopo neanche mi sfiora per errore; per me, è solo la punizione ad un maschio incapace di amare una donna meravigliosa come io mi ritengo; il particolare che mi prostituisco a un imprenditore per avere la casa mi sfugge completamente.
Mi impegno allo spasimo nel pompino; infilo tra le cosce una mano e mi masturbo con voglia, mentre succhio davvero come un’idrovora; cerca di fermarmi, quando avverte che la sborrata gli preme dalla prostata; ma glielo impedisco e continuo imperterrita a succhiare perché voglio la sborra in gola; e finalmente sento gli spruzzi violenti di sperma che mi colpiscono direttamente; fermo il cazzo in bocca e raccolgo tutta la sborra gustandomela goccia per goccia.
Ho sborrato anche io, in contemporanea, e crolliamo stremati sul letto; continuo a tenere il cazzo in mano, quasi delicatamente, mentre ci rilassiamo dall’enfasi del pompino.
“Spero che tu non abbia una ripresa lenta e difficile!”
Gli sussurro quasi pentita di averlo fatto concludere con tanta rapidità.
“Non preoccuparti; ci starò poco a ricominciare; poi, per una figa come la tua, si fanno volentieri gli straordinari; ed io non ho neanche cominciato ad assaggiarti!”
Rinfrancata dall’assicurazione, mi stendo supina e con una mano gli tengo il cazzo mentre con l’altra mi carezzo la figa, in una dolce e tenera masturbazione.
“Se sei pronta a ricominciare, mi basta che mi succhi un poco … “
“No; leccami tu, adesso, ma a pecorina … “
Non devo ripeterlo; in un attimo, sono piegata carponi sulle ginocchia e lui, da dietro, passa la lingua a larghe spatolate su tutto il sesso, dal monte di venere al coccige; infila spesso la lingua in figa e nel culo.
Il cazzo ha ripreso la dimensione che aveva mentre lo succhiavo; me lo passa dolcemente, seguendo la linea percorsa dalla lingua, e lo accompagna con un dito che penetra in culo e in figa a ogni passaggio; non so decidere se preferisco una scopata a pecorina o un’inculata violenta che mi dia il senso della bestialità mia e del caprone che mi sta montando; lascio che sia lui a decidere; avverto presto la punta sull’ano e la mazza che entra nel canale rettale.
Il mio, ormai, non è più un semplice buco di culo; piuttosto, un tunnel nel quale il cazzo entra liberamente e senza problemi per me; l’unica cosa che devo fare è gustarmi la mazza che entra fino all’intestino, mi solletica da dietro l’utero, piacere a cui sono largamente abituata, e mi sbatte tutto il pacco intestinale facendomi sentire l’inculata fino allo stomaco; il piacere che ne ricavo è immenso e, a giudicare dai versi che fa, deve godere molto anche lui.
“Non sborrare troppo presto!”
Lo avverto e sento che rallenta la spinta e si gode il passaggio del cazzo lungo lo sfintere, quasi a farselo carezzare dai muscoli anali; con una leggera spinta, lo faccio cadere sulla sinistra e mi stringo al ventre, col cazzo piantato in culo; capisce l’intenzione e mi scopa a lungo, a cucchiaio prima sul fianco destro e poi su quello sinistro; mi rovescia sul letto e mi monta da dietro, con tutto il corpo; godo infinitamente e mi lascio fottere per una buona mezzora da tutti i lati.
Si sfila per farmi girare e mi incula faccia a faccia, sul bordo del letto, prima, e con una montagnola di cuscini sotto le reni, dopo; è evidente che quella posizione è la sua preferita e mi sbatte con forza, facendomi sentire la mazza fino al cuore; è forse la più bella scopata che facciamo, in quell’occasione; quasi a coronare la bellezza dell’evento, sborra lungamente nel mio intestino; al traino della sua sborrata, la mia esplode con virulenza; si stacca con delicata prudenza.
Ci riposiamo ancora qualche momento, poi si chiede ad alta voce cosa faranno i nostri amici; gli suggerisco di lasciarli fare e di pensare a noi; mi avverte che non può trattenersi tutta la notte; so che è sposato e lo capisco; lo avverto che per me va bene concludere in qualunque momento; vuole soltanto almeno una volta sborrarmi in figa; lo voglio anch’io e, prima di rivestirci, mi monta alla missionaria, mi scopa con inusitata violenza e sborra con entusiasmo.
Da quel momento comincia tra me e lui una relazione vera e propria; mi consegnano il miniappartamento che vado ad occupare ed inauguro con lui, con una scopata che mi resterà impressa nella memoria; sistemo anche le pendenze con la banca e Oreste mi garantisce la copertura del mutuo almeno finché scoperemo; lo avverto che non gli resterò fedele, come non ho fatto con mio marito, e rivendico il mio diritto alla scopata libera, quando mi capiti; è d’accordo.
Ma che il suo ruolo nella mia vita sia primario lo confermo anche facendomi accompagnare in tribunale per la causa di separazione; mi rappresenta l’avvocato amico di Iris e di Oreste, con patrocinio gratuito; purtroppo, scopro all’improvviso quale potenza reale sia il mio ormai ex marito; il pool di avvocati che si schiera a difesa di lui fa spavento, perché raccoglie i migliori professionisti del tribunale.
Il peggio viene quando esibiscono le prove documentate delle offese che ho fatto a mio marito mentre mi facevo sbattere come una puttana dai miei amanti; ci sono gli estremi per denunciare me e i miei complici per offese e diffamazione; peggio ancora, i conti presentati dicono che ho pagato con soldi suoi le corna che gli facevo; senza tenere nessun conto delle corna, sono a rischio di galera e di enormi difficoltà nell’attività che svolgo di impiegata in un pubblico ufficio.
Avrebbe gli estremi per mandarmi in galera, il mio ex; ma sembra stranamente disponibile a una soluzione che cancelli pochi anni di matrimonio, senza figli, semplicemente andando ognuno per la sua strada; l’unica magra consolazione che mi resta è sapere che comunque l’ho fatto cornuto e che ho al mio fianco un amante quasi fisso, mentre lui pare solo, irrimediabilmente; su questa povera considerazione poggio la mia presunta ‘dignità’ per andarmene a coda ritta.
Comincia per me una nuova fase della vita; Oreste non è certo il compagno ideale per chi voglia rifarsi un’esistenza sulla falsariga di quella vissuta con Nello, da moglie più o meno fedele; lui è legato a filo multiplo alla moglie ed ai figli; tra le altre cose, il capitale su cui ha costruito la sua attività è stato messo a disposizione dal suocero, che mal sopporta i suoi costumi libertini; ovviamente, a farne le spese, sono io, costretta al ruolo di ‘amante nell’armadio’ per non metterlo in crisi.
Dall’altro lato, non posso mollarlo di colpo, perché ben presto mi abituo a vedere pagato dalla sua società il rateo del mutuo che debbo alla banca; se dovesse gravare sul mio reddito, mi costringerebbe ad una vita di stenti; la soluzione è in una solida frequentazione di Iris, con la quale posso assicurarmi momenti di entusiastico piacere con scopate occasionali, random, organizzate nelle frequenti feste ed occasioni di gozzoviglie.
Quando proprio non reggo, vado a cercarmi giovani puledri da cui farmi corteggiare e coccolare in cambio di grandi scopate, nel mio miniappartamento, in macchina, in un bagno, dovunque capiti; comunque, anche Iris sostiene con forza che il rapporto con Oreste mi ‘deve’ star bene; lei ne approfitta per ‘tenersi buono’ il giovane avvocato con cui scopa di tanto in tanto; sicché non sono rare le occasioni di ‘fuga’ in situazioni spesso paradossali.
Per una di queste, mi propongono una ‘uscita a quattro’ piuttosto elegante per una festa che si celebra in una sala di rappresentanza del comune; si celebrano i cittadini benemeriti dell’anno in tutte le attività; l’intera città è mobilitata per l’evento; Oreste non è con noi perché anche sua moglie ha voluto partecipare; ci incontreremo alla festa; ovviamente, è opportuno evitare che certi altarini vengano svelati; accetto molto a malincuore di essere della partita; lo faccio per Iris.
Mentre andiamo e ci intratteniamo con gente conosciuta, mi pare di notare nella mia amica un’aria provocatoria, quasi irridente, della quale non riesco a trovare motivazione; mi rifugio nella convinzione che sia la particolarità dell’occasione e lascio perdere; resto sbalordita quando mi presentano e scambio un anonimo e breve saluto con la moglie di Oreste; a poco più di trent’anni, con due figli piccoli, è una donna di rara bellezza, con un fisico assolutamente intatto, nonostante le maternità.
Un capannello poco più avanti mi incuriosisce e, studiando i visi, scorgo una festeggiata che, con mia meraviglia, individuo come la mia sorella minore Matilde, Tilde per noi, che viene vivacemente complimentata da amici e conoscenti; Iris mi suggerisce che è stata proclamata, nonostante la giovanissima età, cittadina benemerita per il lavoro svolto, per la cronaca locale, in un giornale nazionale; sento mia sorella che si schernisce attribuendo il merito maggiore al compagno che la sostiene.
“Ciao, Tilde, riesci ancora a salutarmi o mi hai condannato anche tu?”
“Nina, amore mio grandissimo; non mi interessa affatto emettere giudizi; resti la mia carissima sorellona, qualunque cosa sia successa; come stai?”
Si è lanciata ad abbracciarmi e ritrovo intatto l’affetto della persona a me più cara in tutta la vita; le chiedo del premio e si schernisce dicendo che ha solo cominciato a lavorare seriamente nel campo che amava di più; fortunate coincidenze e il sostegno di un uomo che ama l’hanno aiutata a trovare i temi giusti per ben figurare; non vuole rivelare chi sia l’uomo del mistero.
“Meglio se lo scopri da sola … “
Veniamo separate a forza perché gli amici reclamano la festeggiata; chiedo a Iris se sappia dell’uomo di mia sorella; la vedo balbettare impacciata e non so trovare un motivo per la sua ritrosia; poi quasi sbotta.
“La sta baciando in questo momento!”
Mi giro e resto di sale; è Nello l’uomo che la stringe con amore e la bacia appassionato.
“Dio mio, no! Non può essere proprio il mio ex marito! … “
“Perché tu potresti essere la lercia troia che ti sei rivelata e tua sorella non avrebbe diritto all’uomo che ama da sempre?”
La risposta mi brucia alle spalle come una scudisciata; mi giro e mi trovo di fronte a mia madre, livida e feroce come non l’ho mai vista; cerco di dare una risposta ma mi escono solo balbettamenti.
“Nina, prima che scopri altre verità che ti faranno male, sappi che anche Nello è nel novero dei benemeriti, per la sezione imprenditori; quei due sono la coppia più indovinata che possa immaginarsi; puoi solo arrenderti alla tua insipienza!”
“Iris, tu sapevi?”
“Nina, io vivo tra la gente, non tra un letto e una macchina; tutti sanno di Matilde e Nello!”
Mi rendo conto all’improvviso che ho sbagliato tutto; Tilde è stata da sempre innamorata di Nello, ma non ha mai detto una parola meno che corretta; la mia ‘devianza’ deve avere indotto lei e Nello a fare i conti coi sentimenti e si sono dichiarati; mio padre, da sempre molto tenero con la mia sorellina, ha accettato la cosa e mia madre l’ha addirittura benedetta; i due si sono intesi, non solo a letto, ed hanno vinto le loro battaglie.
Io, stupidamente, non ho guardato neppure il programma della serata, troppo presa ad esibirmi senza successo; ora sono lì impalata senza sapere che fare; sono fortemente tentata di scappare senza salutare; ma un rigurgito di doveri familiari mi trattiene; spero almeno di ritrovare con mia madre l’affetto che Tilde mi ha dimostrato.
“Mamma, posso rimediare a tanti errori stupidi?”
“Figlia mia, i miei vecchi dicevano che solo alla morte non c’è rimedio; non sei morta ed hai solo venticinque anni; se esci dalla bambagia che ti ottenebra, tutto si può rimediare, tutto si può perdonare … “
“Non posso sperare di recuperare l’amore di mio marito, specialmente adesso … “
“Se fai un solo gesto contro tua sorella, ti giuro che ti ammazzo sul posto!”
“No, mamma, non intendo questo; cosa posso fare per uscire dalla mia stessa ragnatela?”
“Perché non provi a parlarne? Alla fine delle premiazioni abbiamo prenotato per quattro al ristorante preferito da tua sorella; se ci presentiamo in cinque, non fanno problemi e tu puoi affrontare l’argomento con tutta la famiglia.”
Assistiamo commosse alla cerimonia con cui Tilde e Nello vengono ‘consacrati’ cittadini benemeriti e, subito dopo, mamma mi prende sottobraccio e ci avviamo verso la loro macchina, con mio padre che continua a fingersi burbero anche se so che mi ha perdonato; mia sorella e il mio ex ci raggiungono ed è chiaro che hanno parlato a lungo, quasi certamente di me e della sorpresa di trovarmi a quella cerimonia; non è sfuggito a Tilde che mamma mi tiene affettuosamente per un braccio.
Mi congratulo sinceramente col mio ex marito e lui mi bacia dolcemente su una guancia, come ad una normale cognata; sono spiazzata e gli stringo, quasi clandestinamente, una mano come facevamo quando eravamo innamorati, in segno di complicità su un tema che ci vedeva in disaccordo con gli altri; so che non ce n’è più, perché l’amore tra lui e mia sorella è fin troppo evidente; ma sento comunque un brivido di corrente passare da lui a me, quasi a dire che l’amicizia è ancora intensa e viva.
Come sembra a tutti logico, è mamma ad aprire il ‘capitolo delle lamentele’ rimproverandomi aspramente e con un linguaggio brutale, che non le conoscevo, le mie immense ed ingiustificabili colpe; aggiunge anche che si rende conto che si è trattato soprattutto di immaturità e di rifiuto ad assumere responsabilità; poiché è una donna di dirittura morale inflessibile aggiunge anche che buona parte della colpa se la devono assumere loro, i miei genitori, che non mi hanno costretta a crescere in fretta.
Non risparmia neppure Nello, al quale attribuisce il demerito di non avermi obbligato, anche con la forza, ad assumere le mie responsabilità consentendomi di fare scelte rivelatesi letali, prima che causassero i danni che hanno provocato; poiché è abituata ad essere sempre concreta, conclude il ‘pistolotto’ invitando tutti ad offrire idee per tirare fuori dal fango la famiglia e in particolare me, la figlia scapestrata che ora non può girare impunemente perché da tutti vista come ‘facile’ e ‘disponibile’.
Matilde si inserisce, rivelando una capacità di controllo che io non mi sono mai sognata, anche su nostro padre, categorico e inflessibile normalmente, e su Nello, nonostante il grande potere che detiene apertamente e di cui lei può disporre perché sa bene come spingerlo o frenarlo, secondo le esigenze del momento; riassume che devo allontanarmi dalla città per far perdere la memoria delle mie esagerazioni e che mi si deve garantire una sopravvivenza onesta e borghese.
Poiché il desiderio di tutti è che il nucleo familiare si ricomponga, con la nuova coppia di lei con Nello, suggerisce al compagno di favorire, con le sue aderenze in alto, il mio trasferimento in una sede non molto lontana, di cercare un alloggio congruo alle mie esigenze e di assicurarmi, al di là delle determinazioni di legge, un assegno per garantirmi un livello di vita borghese, almeno finché non troverò un uomo al quale legarmi anche per una vita più serena.
Mio padre interviene per segnalare che il mio ruolo di dipendente da un ufficio pubblico assicura il passaggio ad altra sede e che lui è in grado di sollecitare le autorità per rendere rapida la decisione, viste le difficoltà in cui mi trovo a vivere; Nello spiega che sa tutto del miniappartamento, che può rilevare quella proprietà e, in cambio, assicurarmene una equivalente, totalmente pagata da loro, nella nuova sede; l’unica cosa che resta è farmi gli auguri di correggere la mia vita e diventare una donna diversa.
Matilde corre ad abbracciarmi quasi urlando che è sicura che ce la farò, perché ho già sbagliato troppo, e che ha troppa fiducia in me per non attendersi un cambio di rotta decisivo; l’ultima scena della nostra piccola epopea familiare si svolge una mattina di un mese dopo, quando monto in macchina per raggiungere la nuova destinazione per il lavoro e per la casa che Nello ha comprato per me; la promessa è di rivederci presto, ma soprattutto di esserci tutti al matrimonio e al battesimo del figlio che aspettano.
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