Bed And Breakfast

  • Scritto da geniodirazza il 24/10/2023 - 05:00
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Bed And Breakfast

Si erano sposati abbastanza giovani, Nadia che a quel tempo aveva 23 anni, e Marco, che ne contava 28; erano arrivati al matrimonio dopo un lungo fidanzamento; entrambi provenivano da libertine esperienze giovanili ma si promisero amore e fiducia sincera; lui aveva da tempo avviato una sua carriera nella locale filiale di una banca nazionale, destinato ai portafogli esteri; lei era arrivata ad ottenere la cattedra agognata nel locale liceo, che ambedue avevano frequentato; passarono bene i primi cinque anni; il sesso tra loro era decisamente soddisfacente, anche se a lui piacevano molto i preliminari e a lei invece interessava assai di più la mazza nel ventre, dalla vagina o dall’ano, ma non disprezzava affatto qualche altra pratica, prima fra tutte le fellazione e la copula fra i seni, alla spagnola.

Esaurito, quasi, l’entusiasmo dei primi cinque anni, qualche frizione cominciò ad affacciarsi tra loro, specialmente perché a Nadia erano nati particolari ‘pruriti’, conseguenti ai discorsi che si facevano in sala insegnanti sul piacere di certe trasgressioni che, a quanto risultava, erano abbastanza diffuse nel loro ambiente; inizialmente, per rispetto a certe linee di comportamento che si erano imposti, decise di parlarne chiaramente con suo marito.

Marco osservò pacatamente che tutto era possibile tra due che si amassero, a patto che avvenisse sempre alla luce della chiarezza tra loro e della sincerità, basilare in un rapporto; il controcanto, per lei, era rappresentato da una collega più ‘vivace’ che esaltava invece il gusto della ribellione al maschio e della segretezza di un rapporto adulterino che poteva caricarsi solo di maggiore emozione se il ‘cornuto’ era all’oscuro o scopriva dopo, talvolta accettando la situazione.

Non vi fece molto caso, Nadia, fino a che un periodo di discussioni più vivaci e continue non la obbligò a riflettere sulle reali intenzioni del marito che, come suggerivano i maliziosi e fraudolenti suggerimenti della collega, probabilmente mirava, con la dialettica e la richiesta di lealtà, a controllare la moglie mentre forse lui, nel segreto della sua professione, poteva celare chissà quali inconfessabili segreti.

Una volta che la litigata fu più vivace del solito e lei volle vedere in quello di suo marito un discorso capzioso e prevaricatorio, andò a scuola con l’animo agitato e pronta a fare il salto per ‘punire’ l’arroganza di Marco; per sfortunata coincidenza, proprio quella mattina Ettore, un giovane insegnante di Educazione Fisica molto ammirato per il corpo scultoreo che esibiva e che curava appassionatamente, la prese a corteggiare con maggiore insistenza del solito e le fece richieste esplicite di sesso.

Non avrebbe saputo dire esattamente cosa scattasse in lei; accettò la corte del collega e l’invito a vedersi per il pranzo; avvertì che doveva però rientrare a casa prima che Marco tornasse dal lavoro; l’altro la rassicurò che, per quello che pensava lui, avrebbero avuto tempo per conoscersi bene; Nadia autorizzò se stessa a fare le corna riservandosi, nel caso, di parlarne immediatamente dopo a suo marito per limitare le conseguenze ad una dura lezione al tiranno.

All’ultimo suono del campanello della giornata, uscì in fretta, sistemò le sue cose e scappò nel parcheggio della scuola, dove Ettore l’aspettava nella sua macchina; in meno di mezzora furono ad un b&b posto a metà della collina che sovrastava la città; il suo collega si mosse con la determinazione e la sicurezza di chi conosce perfettamente il posto per esserci andato spesso; le risultava che alcune delle sue colleghe avevano passato con quel maschio interessanti pomeriggi.

Consumarono in fretta una bistecca e si rifugiarono in una delle camere del locale, della quale il proprietario aveva fornito la chiave all’uomo quando aveva ordinato il pranzo; Nadia ebbe per un momento la sgradevole sensazione di essere una prostituta che si appartava con un cliente in un albergo ad ore dove era previsto che si copulasse a tempo determinato; pensò al suo matrimonio e prese coscienza che lo stava mettendo in forse; ma la tigna prevalse e salì.

Non perse tempo, il partner; appena entrati, la avvolse in un bacio forsennato e le perlustrò tutta la bocca con una lingua morbida e pastosa, che la donna apprezzò; sentì immediatamente la mazza che le premeva contro l’inguine ed eccitava il clitoride stretto fra il bastone di carne e l’osso pubico; ebbe un primo involontario e repentino orgasmo; si abbandonò tra le braccia dell’uomo e ne godette le membra forti e rassicuranti.

Dovette bloccarlo perché minacciava di strapparle la brasiliana; non intendeva portare immediatamente a suo marito tracce dell’adulterio; lo frenò e si sedette sul bordo del letto per spogliarsi; lui si accostò e le sbatté sul viso l’inguine duro per la mazza che premeva; lei slacciò il pantalone e lo tirò giù insieme allo slip; aveva avuto già esperienza di amanti troppo eccitati e violenti, da ragazza, ed aveva imparato a controllarli e a dominarli.

Non le ci volle molto per imporre al maschio il freno, afferrando il fallo a due mani, una per i testicoli, e dando il via alla più sapiente delle fellazioni, che le veniva quasi spontanea; in cinque anni di rapporti, suo marito si era fatto succhiare con molto gusto quasi ad ogni copula; sapeva bene come trattare il bastone e stimolarlo per fargli raggiungere l’orgasmo; avviò la sua particolare interpretazione e in un niente l’altro gemeva tra leccate, succhiate e affondi.

Quasi a riscattarsi da quella condizione di subordinazione del suo piacere alle voglie della donna, il maschio le sfilò in parte il bastone dalla bocca, le prese le guance e spinse il fallo in fondo alla gola, incurante delle sue reazioni al limite del soffocamento; Nadia si vergognò di aver pensato a suo marito come ad un violento, di fronte a quella aggressione da autentico caprone; fece scattare la sua reazione e controllò con le mani la mazza fuori e con la lingua la cappella in bocca.

Cominciò a succhiare con tutta la sua maestria; si infilò una mano fra le cosce e si masturbò con passione; succhiò il fallo con tanta abilità, con tanta insistenza e con tale energia che in breve l’altro dovette cedere e le sparò contro l’ugola una serie infinita di spruzzi di sperma; mentre anche il suo utero esplodeva in un orgasmo violento, trattenne la cappella in bocca finché il sesso non fu svuotato; raccolse fino all’ultima goccia ed ingoiò con gioia; l’altro si complimentò per l’arte dimostrata.

Lei si spogliò del tutto e si sdraiò schienata al centro del letto; tirò a se il maschio e obbligò la bocca ad appoggiarsi sul seno; l’esperienza con Marco le suggeriva che era il turno di lui a farla godere con la bocca; Ettore non si tirò indietro; leccò e succhiò sui due capezzoli con molta cura, ma senza l’affetto, anzi la devozione, che metteva suo marito; evitò i confronti e si lasciò sollecitare sui seni; quando cercò di portare la bocca sulla vulva, l’altro ebbe una reazione imprevista.

Si stese lui supino al centro del letto e invitò lei a salirgli addosso offrendogli la vulva e impossessandosi del fallo; intuì che le chiedeva un sessantanove e vi si dedicò con tutta la sua esperienza; poiché l’altro aggrediva con foga il sesso, lo imprigionò fra le cosce e riuscì a imporgli l’alternanza nelle funzioni; quando lo succhiava, gli teneva stretta la testa fra le cosce; quando voleva essere succhiata, lo rilasciava.

L’amante, che era avvezzo a diverse esperienze, colse il senso della proposta e si adeguò; per una mezz’ora, fecero rinvenire i sessi succhiandosi a vicenda, lei la mazza sempre più dura e lui la vagina e l’ano che trovò pronto alla penetrazione; la previsione di una copula straordinaria gli suggerì di affidarsi alla donna, che in breve divenne padrona della situazione e gli fece attraversare il mondo del piacere.

Si fece leccare e stimolare ano e vulva da dietro, standosene carponi; da quella stessa posizione si fece penetrare in vagina, accettando con gioia le spinte vigorose del maschio contro il suo didietro che ad ogni colpo era spinto notevolmente in avanti; capito che l‘altro amava il sesso aggressivo, al limite del dolore, scelse le posizioni e i modi più favorevoli attingendo alle esperienze fatte, prima che con suo marito e prima del matrimonio, quando incontrava giovani violenti.

Il focoso amante copulò in vagina, da dietro, da davanti, da sopra, da sotto, a cucchiaio, standole steso sulla schiena con l’asta infilata nella vagina; insomma, in quasi un’ora di copula, la possedette continuamente cambiando spesso posizione; lei seguitava ad avere orgasmi sfiancanti e non cessava di bearsi della libidine che manifestava; quando decise di godere, lui la possedette a missionaria e, assicuratosi che era protetta, le versò nell’utero un fiume di sperma.

Prima che scadessero le due ore per cui era previsto l’uso della camera, lui decise di violarla analmente; aveva con se un tubetto di lubrificante; al momento opportuno, leccò accuratamente e amorevolmente l’ano, passò il lubrificante sul canale rettale e sull’asta e la penetrò con un certo garbo nell’intestino; Nadia godette infinitamente della pressione che, dal retto, la mazza esercitava sull’utero; la lussuria fu immensa.

Prima di concludere la seduta, lui le chiese un ultimo orgasmo, il quarto in due ore, e la possedette canonicamente occhi negli occhi beandosi ambedue delle smorfie di piacere e dei gemiti dell’altro; quando le ebbe scaricato nell’utero l’eiaculazione, lei si rivestì quasi in fretta, per non tardare oltre, e lasciò che lo sperma assorbito si riversasse sugli striminziti laccetti della brasiliana; rinunciò anche ad una doccia, troppo lunga per il tempo di cui disponeva, e si precipitò a casa.

Gettò nella cesta dei panni da lavare tutti i suoi indumenti e si fiondò sotto la doccia a lavarsi; il marito entrò e la trovò che usciva in accappatoio; stretti nella ragnatela delle litigate, non si rivolsero la parola e lei non si avvide che lui andava diretto alla cesta dei panni sporchi e prendeva la brasiliana imbevuta di sperma; quando lui si sedette al tavolo di cucina, si mise a sfaccendare per la cena; il silenzio si tagliava con il coltello.

“Nadia, io credo che tu debba dirmi qualcosa; se lo fai, tutto prende una piega di possibile sistemazione; se taci, sarò costretto a prendere atto del tuo silenzio; ma ne trarrò anche le conseguenze ... “

“Vedo che ancora insisti a voler controllare anche i miei pensieri; allora ti dico che i miei pensieri sono miei e tu non tentare neppure di entrarci; se e quando avrò da dirti qualcosa lo farò, anche se non ne sarai contento!”

Ormai il dado era tratto e non le rimaneva che portare alle estreme conseguenze lo scontro; era certa che dalla lotta uno dei due doveva ritirarsi con una dichiarazione di resa; non sarebbe stata lei; l’indomani stesso si accordò con Ettore per incontrarsi ancora e, come si era augurata, fu ancora più affascinante tradire Marco e umiliarlo con una cesta di corna; ci prese gusto e per un paio di mesi si incontrarono abbastanza di frequente.

Ma non provava nessuna emozione per quel caprone bravo solo a montarla in tutti i modi; gli disse chiaro che non ci stava più e lo minacciò, se avesse rivelato qualcosa, di fargli fare una brutta fine; la mandò al diavolo in malo modo ma si rifece presto con altri; in realtà, lei aveva già appuntato l’attenzione su un altro soggetto, un collega di Arte molto sensibile e delicato nel quale sperava di trovare le dolcezze che con Marco non si scambiava più e che Ettore non era in grado di darle.

L’invitò a pranzo nel solito b&b, dove ormai era nota e dove poteva chiedere la camera ad ore; copularono con molta soddisfazione; non era gran che bravo, a letto; ma lei era in grado di guidarlo amorevolmente; non aveva una grossa dotazione, decisamente inferiore sia a quella di Ettore che a quella di Marco; ma gli insegnò rapidamente ad usarla con molto garbo; era un ottimo allievo e non gli ci volle molto per essere all’altezza.

Continuò con lui le abitudini che aveva preso con Ettore e per qualche mese le cose andarono meravigliosamente; la tigna però continuava a suggerirle che Marco non era stato umiliato abbastanza; il fatto che, ufficialmente, non risultasse niente delle corna che gli faceva, la imbestialiva assai più dell’atteggiamento supponente con cui la guardava, quasi fosse un verme, le poche volte che si incrociavano, per lo più a cena.

Decise che doveva alzare il livello di scontro; o suo marito accettava le corna, dichiarandosi cornuto contento; o accettava di diventare slave in un rapporto che lo vedesse prono a lei in atteggiamento cuckold; oppure, meglio ancora, rivelava la sua natura gay o bisex e si piegava ai suoi ordini; oppure lo mandava al diavolo, lui e il suo matrimonio oppressivo e castrante, e si liberava di un inutile peso morto.

Era ormai alla paranoia e non riusciva a vedere oltre il naso, anzi forse oltre la vagina; neppure sfiorava per errore la verità, che Marco, sin da quando aveva trovato lo sperma sulla brasiliana, aveva scelto l’amore che da anni una collega gli dimostrava in tutti i modi; dopo avere più volte, e con tutti i toni, cercato di farle confessare le corna, nella speranza che uno spiraglio si aprisse per ricucire un rapporto lacerato, si era sempre più allontanato e viveva la sua storia d’amore lontano da lei.

Aspettava il gesto definitivo, quello che lo inducesse a tradire tutte le sue convinzioni e a fargli decidere la separazione legale e il divorzio, visto che separati in casa, nei fatti, lo erano da tempo; ottusamente determinata nella convinzione che doveva piegarlo e che lui fosse ‘tarato’ e dipendesse dalla sua vagina, si organizzò per copulare davanti ai suoi occhi e obbligarlo ad arrendersi; diede appuntamento ad Eraldo, come si chiamava il suo nuovo amante, per le sei di quel pomeriggio.

Marco l’aveva avvertita che cenava con lei, quella sera, e le sei era l’ora in cui di solito rientrava; andò al bar che frequentava e vi trovò il suo complice ignaro; lo fece salire in macchina, lo portò a casa sua e parcheggiò nel garage sotterraneo; entrati in casa, gli tolse la giacca, lo fece accomodare su una poltrona e si sedette in braccio a lui; gli disse che era casa sua e che voleva fare l’amore nel suo letto; le chiese di suo marito ma lo rassicurò.

Quando Marco entrò, la vide subito in braccio a lui, sulla poltrona, che si baciavano con una passione inconfondibile.

“Bella sorpresa! Chi è questo signore?”

“E’ il mio nuovo amante .. “

“Ha sostituito il professore di Educazione Fisica?”

“Sapevi anche questo?”

“So molto di più di quel che pensi; cos’è questa pantomima?”

“Non è una pantomima; è chiaro che sei cornuto e contento; quindi io ed Eraldo faremo l’amore finché ce ne viene voglia; tu hai una vasta scelta; puoi stare a guardare; puoi aggregarti; puoi aiutarci e leccare tutti e due prima e dopo, raccogliendo umori e sperma; puoi anche farti penetrare analmente con un vibratore o col sesso del mio partner, se è d’accordo; in ogni modo, stasera ammetti la tua sconfitta e il tiranno cede il trono a chi ne ha più diritto!

Adesso noi ce ne adiamo nella camera da letto e tu sei pregato di comportarti bene nella mia casa; non dimenticare che sono titolare dell’affitto e che quindi questa è casa mia; non costringermi a denunciarti perché ti sei introdotto contro la mia volontà, non ti conviene; allora mi dici cosa vuoi fare o devo ignorarti e comportarmi come se tu fossi meno dell’attaccapanni che almeno serve ad appendere i vestiti mentre tu non servi a niente e non hai nessuna stima da me?”

Non le rispose, andò verso la camera e lo vide uscire con grosse valigie e con mucchi di abiti e biancheria sua.

“Sei in partenza?”

“Saprai a momento debito; ora la camera è tutta tua, come la casa; buona serata.”

“Ma dove speri di andare povero derelitto? Chi ti darà ospitalità?”

“I ponti ospitano molti clochard; meglio quelli che casa tua!”

Un minimo di buonsenso avrebbe dovuto suggerirle che Marco non faceva mai niente senza garanzie preliminari; ma il raziocinio era proprio quello che le mancava e la tigna le imponeva di opporsi a qualunque sua scelta; si ritirò in camera trascinandosi dietro l’inebetito Eraldo che non si raccapezzava, al centro di quella scenata da autocoscienza classica in cui vedeva il fango volare da tutte le parti e due vite stravolgersi.

“Nadia, ho la sensazione che stai buttando all’aria un matrimonio … sei certa di volerlo?”

“Voglio che si arrenda, che si umili, che proclami che dipende da me in tutto; ha fatto per troppo tempo il maschio alfa .. !”

La seguì titubante; suo marito intanto raccoglieva nelle valigie documenti, carte, capi d’abbigliamento e oggetti vari; mentre entravano in camera e si spogliava, lei udì la porta d’ingresso sbattere con forza; Marco se n’era andato, ma era certa, o per lo meno si augurava in cuor suo, che non ce l’avrebbe fatta e sarebbe tornato sconfitto dalla donna che amava alla follia; non si rendeva conto che il suo amore si esprimeva con un’aggressività indegna di qualunque umanità.

Sempre più tignosa, decise di passare comunque una grande serata di sesso; finì di spogliarsi e spogliò nudo lui; se lo portò sul letto; come ormai erano abituati, si sistemarono a sessantanove e diedero inizio alla più ricca seduta di fellazione e cunnilinguo contemporanei; dentro di lei, il cuore sanguinava e le lacrime facevano groppo, perché prendeva coscienza dell’errore commesso e delle conseguenze; fuori di lei, la tigna le imponeva di essere amante perfetta e superiore.

Quella sera diede vita alla copula più bella, più intensa, più significativa della sua vita; non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma era consapevole di aver distrutto una relazione che avrebbe accettato anche le trasgressioni, se avesse avuto il buonsenso di parlarne; invece, per tigna si accaniva sul cadavere del matrimonio con una copula che non le avrebbe lasciato niente, nemmeno le lacrime per piangere sulle vittime.

Non vide suo marito per oltre una settimana; non riuscì a parlargli al telefono perché al suo cellulare non le era concesso di accedere; aveva deciso il blocco del suo numero; avrebbe voluto telefonare dall’apparecchio della collega; ma sarebbe stato elemosinare la sua attenzione, esattamente quello che non voleva; protrasse l’attesa ancora per qualche tempo, sperando che, smaltita la rabbia, Marco si convincesse a cercarla; non ebbe notizie; il suo numero risultò disattivato.

L’ufficio della Società dei telefoni di cui si serviva il marito le fece sapere che la scheda era sparita e che era molto probabile che ne avesse acquistato un’altra da diverso distributore annullando la precedente; in conclusione, non aveva neanche più un suo numero di telefono; gonfia di tigna come un otre, lasciò scorrere il tempo finché l’anno scolastico finì; libera da impegni, se ne andò in Calabria e ci passò tre mesi di piatta calma, senza voglie, senza impegni, senza speranze.

Al ritorno in sede, ormai alla disperazione, per la rabbia ma anche e soprattutto per la coscienza che aveva distrutto tutto, decise di andare al suo ufficio e affrontarlo di persona; un vigilante alla porta la bloccò; chiese di parlare con suo marito; la risposta la folgorò.

“Il dottore non lavora più qui da mesi ormai.”

Chiese di parlare col direttore per avere informazioni sul conto comune che avevano presso quella filiale; le concesse pochi minuti per comunicare che il marito aveva regolarmente chiesto il trasferimento ed attivato la prassi veloce per motivi personali; per rispetto della privacy, non poteva dare l’indicazione della nuova sede, visto che Marco aveva comunicato che aveva richiesto la definizione legale della separazione di fatto.

Era esterrefatta; l‘unica notizia meno dolorosa fu che aveva svuotato il conto comune e fatto riversare le competenze di lei sul conto personale, rilevando le sue per aprire un conto altrove; lei aveva blaterato di sconfitta e di umiliazione, lui aveva tagliato tutti i fili che li potevano in qualche modo legare; le rimaneva ormai un solo dubbio, se fosse andato via con un’altra donna; una collega del marito, che la conosceva, la prese in disparte.

Non si sa se intendesse fare solo del pettegolezzo sulla separazione di fatto, di cui tutti sapevano; se avesse capito la tragedia e volesse in qualche modo attenuarla; o se semplicemente si fosse divertita al suo dolore; sta di fatto che le confidò che, contemporaneamente a suo marito, una giovane e bella collega si era trasferita alla stessa destinazione; pareva che tra i due fosse nato qualcosa una sera che lui le aveva chiesto ospitalità; precisò che lei era da anni innamorata di lui.

Qualcosa le si spezzò dentro e perse i sensi, per un attimo; si riprese seduta tra gente che cercava di aiutarla; ringraziò, assicurò che ce la faceva e andò finalmente a piangere sulla sua presunzione.

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