Chi è causa del suo mal ...

Chi è causa del suo mal ...

Il ragazzo che mi abbordò, mentre sorseggiavo un beverone al bar che frequentavo di solito, corrispondeva quasi esattamente al mio gusto in fatto di amanti; sapevo che mio marito non sarebbe uscito dal lavoro prima delle dieci di sera, perché aveva il turno serale, e decisi di portarmelo a casa; non avevo voglia di risolvere tutto con un pompino o con una sveltina a pecora nel bagno del bar; a giudicare dall’esterno, doveva avere proprio una gran mazza e preferivo gustarmela bene.

Lo frenai con decisione mentre andavamo a casa mia e salivamo al secondo piano, dove c’era il nostro appartamento; non mi piaceva l’idea di apparire al vicinato la zoccola che ero o far risultare cornuto mio marito tra i condomini; appena chiusa la porta alle spalle, però, cominciammo a limonare con foga e in breve le sue mani erano nel vestito, ad abbrancare le tette e a palpare con smodata lussuria per trasferirsi sulla figa ed infilarmi due dita a masturbare sapientemente.

Arrivammo in camera che eravamo già quasi nudi, mi sedetti sul letto e tirai fuori il cazzo che mi esplose in faccia nello splendore dei suoi venti centimetri per lo spessore di una piccola lattina; non che fosse una dimensione eccezionale, per me che ne avevo visto passare a decine per tutti i miei buchi, figa culo e bocca, oltre che su tutto il corpo e tra le mani; poiché avevo esperienza e colpo d’occhio, sapevo che non era più grosso di quello di Serse, mio marito.

Ma quello che mi stavo lavorando era il cazzo della trasgressione, della sessualità libera e volontaria, del piacere puro; quello di mio marito era il cazzo ‘obbligatorio’ quello che avevo sposato per dare ordine a una vita sregolata e assicurarmi il benessere quotidiano con due salari e la convinzione che giammai il poveraccio avrebbe azzardato nemmeno pensare di rompere un sacramento per la mia manifesta ninfomania.

Non sapevo come avesse fatto, e perché, a scegliere di sposarmi; era tornato al paese dopo anni di ‘esilio’ per studiare in città e si era fatto travolgere e sbattere in un cesso da una Erinni del sesso, come io ero, per fottermi rapidamente e trovarsi all’improvviso di fronte ad una proposta di sposarci per ‘scappare’ dal grigiore del paese, accettando una proposta di assunzione, per tutti e due, in un fabbrica cittadina e realizzando una condizione agiata da piccoli borghesi.

Non sapevo, non capivo e non mi ero chiesta perché fosse passato su quello che tutti sapevano, cioè che ogni maschio valido in paese era passato per la mia bocca, per la mia figa o per il mio culo, perché sin dalla prima adolescenza non mi ero risparmiata e non mi ero negata a nessuno; ero convinta che avesse saputo, anche se erano passate poche settimane prima di trasferirci in città, nell’appartamento che aveva affittato per noi, e ci sposassimo con tutti i crismi.

Le mie convinzioni oscillavano tra il cornuto contento o cuckold, addirittura, che aveva trovato la figa giusta per la sua perversione; e una natura bisex o omosessuale che aspettava il momento buono per propormi di lasciarlo montare dai miei amanti e realizzare la sua voglia segreta di essere inculato; intanto, sin dalla prima scopata in bagno, mi aveva offerto un cazzo di grande potenza e bellezza che sapeva usare anche con molta sapienza.

Nell’anno scarso di matrimonio, mi aveva scopato regolarmente, un paio di volte alla settimana, svariando anche spesso nel culo e in bocca, sollazzandomi con profonde leccate e spagnole culminate nel pompino; insomma, a giudicare dalle prestazioni, non c’erano elementi che facessero pensare ad uno slave da piegare alle mie turpi voglie; per questo, avevo trascinato le cose per un anno senza nascondermi troppo ma senza esagerare.

Non mi risparmiavo niente e scopavo quasi quotidianamente, per tutta la settimana, tranne i festivi quando eravamo insieme a casa; nella maggior parte dei casi, erano sveltine in bagno, di figa di culo o di bocca; quando capitava, ricorrevamo al carsex e mi scatenavo sui sedili dell’auto di cui il partner poteva disporre; nei mesi più recenti, avevo deciso di sfruttare la differenza di orario nei turni di lavoro per portarmi gli amanti a casa e scopare sul letto matrimoniale.

Quel giorno, io avevo lavorato di mattina, fino alle 14, Serse era montato alle 14 e sarebbe tornato a casa dopo le 22; avevo alcune ore a disposizione per scopare alla grande con lo sconosciuto di cui non mi incuriosiva neppure il nome; sotto sotto, non disperavo, se mio marito avesse rivelato la sua natura cuckold o di omosessuale, di passare con lo sconosciuto tutta la notte e scoparci fino all’alba del giorno seguente, quando dovevo essere in fabbrica.

Intanto, mi impadronivo della mazza nodosa e bella che mi offriva da usare a mio piacimento; cominciai a masturbarlo con devota passione; mi piaceva infinitamente incappellare e scappellare il cazzo, portare la pelle fino ai coglioni e ritornare su a coprire il glande; naturalmente, lo scopo non era farlo sborrare ma solo eccitarlo allo spasimo fino a vedere la cappella diventare quasi viola per la pressione del sangue e cominciare a perdere precum dal meato.

A quel punto scattò, anche in quell’occasione, la punta della lingua che andò a raccogliere le gocce ammirandone l’afrore, il sapore acidulo e la gioia del cazzo che entrava in bocca; strinsi le labbra per obbligare la mazza a violarle come se stuprasse una figa o un buco di culo vergini; la sensazione che stesse vivendo le stesse emozioni di un amante che sverginava una donna mi fu confermata dalle smorfie del viso e dei gemiti intensi a mano a mano che il cazzo penetrava nella cavità orale.

Ad accoglierlo, era pronta la lingua che lo circondava e lo titillava per tutto il percorso, lungo il palato, fino all’ugola dove lo fermavo per conati di rigurgito; cominciai la fellazione vera e per una buona mezz’ora succhiai quel cazzo in tutti i modi, me lo passai in tutta la bocca e lo masturbai con gioia godendo e facendolo godere.

Quando mi resi conto che con la bocca avevo dato il massimo piacere possibile, mi sdraiai supina sul letto, sollevai le gambe e lo invitai e leccami la figa; l’ora successiva fu segnata dalle emozione indicibili della lingua che attraversava il mio sesso in tutte le direzioni; a differenza del mio occasionale partner, però, io sborrai più volte quando mi leccò profondamente in figa, prima sdraiata supina e poi carponi, da dietro, facendo percorrere alla lingua tutto il perineo dal pube all’osso sacro.

Sapeva usare con molta abilità la lingua e mi diede emozioni non frequenti con l’insistenza sui due buchi, con le dita che muoveva sapientemente dentro e fuori singolarmente, a due, a tre, a quattro chiuse a cuneo o addirittura due in figa e due in culo per una doppia masturbazione; vissi momenti di celestiale esaltazione e non aspettavo altro, a quel punto, che si sentirmi sfondare davanti e dietro con una mazza capace di mandarmi ai pazzi per il piacere.

In un momento di sosta della leccata in figa, lo ribaltai sul letto e gli montai addosso a 69; in un attimo fui sul suo cazzo e me lo facevo arrivare fino all’esofago in un arditissimo ingoio; reagì, come speravo, agguantandomi le natiche che, da quella posizione, gli si aprivano in tutto il loro splendore; la lingua dolcissima coprì le piccole labbra e mi provocò fitte straordinarie di piacere che mi attraversarono la spina dorsale e bruciarono il cervello.

Gli suggerii di alternarci nella succhiata per goderci ciascuno la bocca dell’altro e mi presi dalla mazza tutta la libidine che sapeva darmi; subito dopo, fu lui che attraversò il sesso dal monte di venere all’ano e mi fece gemere di goduria; continuammo a leccarci, succhiarci e mordicchiarci a lungo; poi, inchiodandolo supino a letto, gli montai addosso e, a cavallerizza, mi infilai il cazzo in figa fino a che sentii dolermi la cervice dell’utero.

Lo cavalcai con voglia infinita e mi strappai dalla vagina almeno due orgasmi violenti; poi il mio occasionale amante mi rovesciò supina, mi divaricò le gambe alzandole e piegandole verso il ventre; infine piombò su di me con tutta la mole del suo cazzo che infilò di colpo in vagina; urlai come squartata e godetti come poche volte mi era capitato; il maschio prese a montarmi quasi con ferocia e alla fine mi scaricò nel ventre uno tsunami di sborra che mi fece squirtare notevolmente.

Crollò al mio fianco svuotato di energie e ce ne stemmo un poco a guardare il soffitto, cercando di recuperare un respiro normale e regolare; quando ci fummo un poco ripresi, mi piegai sul suo ventre e presi in bocca delicatamente il cazzo barzotto; pochi colpi di lingua, qualche succhiata e la mazza cominciò a riprendere vigore; mi fece sistemane a pecoroni e mi leccò a lungo il culo; con le dita spostò nell’ano la sborra che stazionava in vagina; prelevai il tubetto del gel e glielo passai.

Mi preparò a lungo e accuratamente il culo, prima leccando amorosamente, nonostante la presenza della sua stessa sborra; poi usò le dita per allargare il foro e lo sfintere, il muscolo più resistente e difficile da domare; si aiutò col gel a far entrare nel canale rettale due, tre e poi quattro dita a cuneo; ormai il varco era sufficiente all’inculata e mi preparavo già a sentire la mazza violentarmi l’intestino quando avvertimmo la porta d’ingresso aprirsi.

“Chi può essere?”

Chiese il mio ospite abusivo.

“L’unico che ha la chiave è quel cornuto di mio marito, che dovrebbe essere al lavoro ancora per qualche ora; a meno che non abbiano interrotto in anticipo per qualche motivo … “

Indossai una vestaglia sul corpo nudo e andai verso l’ingresso; effettivamente mio marito stava entrando e posando sulla sedia la borsa che portava con se.

“Come mai sei rientrato così presto?”

“Domani parte lo stage e stasera bisogna preparare molte cose. Tu, piuttosto, come mai sei tutta nuda? Che ci facevi in camera?”

“Stavo scopando … Non lo sai che il cazzo mi piace da morire? Tutto il paese sa che ho scopato come una puttana da quando avevo quindici anni; non ti hanno avvertito che mi sono fatta tutti gli uomini validi del paese? Non sapevi che ti ho sposato senza amore solo per avere una condizione sociale accettabile e che ti sto riempiendo di corna da quando siamo venuti ad abitare qui? Io avrei giurato e sono ancora convinta che sapevi tutto e accettavi le corna perché sei un cornuto contento; anzi, pensavo proprio che mi avresti chiesto di stare a guardare perché sei cuckold o che ti saresti fatto inculare dai miei amanti perché sei omosessuale … Mi sono sbagliata?”

Non mi degnò di una sillaba; mi guardò come uno straccio sporco e andò verso la cucina, raccolse da una caffettiera le rimanenze stantie del caffè che avevo preparato nel pomeriggio e consumato solo in parte.

“Beh, io ero nel pieno di una bellissima scopata; non intendo rovinarla solo perché sei arrivato tu; se vuoi stare a guardare, accomodati; altrimenti fai quello che vuoi … “

Per un momento venni assalita dal dubbio che fossi andata troppo oltre le righe; ma l’idea stessa di offendere a sangue un piccolo dirigente della fabbrica che, partito dalle mie stesse posizione e con gli stessi titoli, si era affermato percorrendo in un anno una rapida carriera, si aggiunse al piacere del sesso trasgressivo e delle corna; finii per trovare quasi giusto e bello massacrarlo anche se, in definitiva, non avevo niente di veramente concreto da rimproverargli.

Rimontai sul letto, mi disposi carponi e invitai il mio bull a riprendere da dove ci eravamo interrotti; mi leccò di nuovo tutto il sesso, dalla figa all’ano e viceversa, e mi forzò il buco del culo con le dita fino a infilare le quattro di una mano a cuneo; a quel punto, passò del gel, con le dita, lungo tutto il canale rettale, se ne unse abbondantemente il cazzo, appoggiò la cappella e spinse; la mazza scivolò dentro decisa e rapida; sentii il pacco addominale spinto contro lo stomaco.

La violenta penetrazione mi provocò brividi di piacere che si scatenarono nel ventre, nell’utero, premuto da dietro, sulle tette che lui aveva afferrato per spingere con forza il ventre contro le natiche, insomma su tutto il corpo; si aggiungeva, inevitabilmente il piacere sottile di sapere che, finalmente, mio marito aveva ben chiara la certezza di essere cornuto e forse ne godeva; accentuavo il rumore dei gemiti e delle urla per fargli sentire tutto.

Entrò in camera e, senza degnarci di uno sguardo, si diresse al suo armadio da cui trasse una grossa valigia e alcune sue cose, abiti, intimo e documenti personali; lo provocai a bella posta.

“Ti piace allora il palco di corna che ti ho fatto?”

“Tu, parlando di corna, ti riferisci a quelle ideali mie e ai palchi dei cervi. Ricorda che, per la nostra cultura, le corna più vicine sono quelle dei tori; quelle qualche volta aprono il ventre dei toreri; ho letto che producono una morte lentissima con dolori atroci; stai attenta che le corna di un toro non ti aprano la pancia … “

“Questo sarebbe giusto se qui ci fosse un toro; anzi, il bull c’è ma serve solo a farmi scopare con gusto; per il resto vedo solo un bue mansueto che tornerà da me schiavetto e accetterà il mio potere assoluto … “

“Auguri, allora!”

“Stai partendo? Quando torni?”

“Prima o poi, avrai notizie di me … “

“Va dove vuoi; quando tornerai a implorarmi di lasciarti scopare, faremo i conti … Buona fortuna!”

Non mi curai più di lui e mi dedicai al cazzo che mi aspettava pronto a sfondarmi il ventre.

“Fai bene la tua parte di bull, adesso, mi raccomando!”

Il quadretto che avevamo involontariamente recitato lo aveva impressionato; lo sentii alquanto perplesso, da un lato e capivo che non gli andava molto di essere coinvolto in una questione di rapporti familiari in cui era protagonista almeno per quella occasione e, forse, non gli andava a genio l’appellativo di ‘bull’ che gli avevo rifilato; dall’altro lato, era decisamente eccitato per la serata di sesso e si rivolse a me con l’impeto proprio di un toro decisamente infuriato con una vacca da montare.

Appoggiò di nuovo la cappella al culo, mi afferrò le tette, spinse e tirò contemporaneamente; il ventre sbatté contro il culo col rumore classico delle carni che si scontrano; la mazza era totalmente nell’intestino con mia somma goduria; spinse e montò a lungo a pecorina; poi ruotò i corpi finché furono a cucchiaio, tutti e due sdraiati sul lato destro col cazzo dentro e una mano che mi straziava il clitoride masturbandomi golosamente.

Mi inculò per un tempo infinito, godendo con gemiti ed urli; trattenne più volte la sborrata e cambiò diverse posizioni, da quella tutto sulla mia schiena a quella faccia a faccia; persi il senso del tempo, nella splendida inculata che mentalmente ad ogni orgasmo dedicavo al mio povero cornuto ed alle sue inutili minacce; la sua formazione religiosa gli avrebbe impedito di spezzare un sacramento e l’unica via che gli restava era arrendersi a me e diventare il mio schiavetto sessuale.

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Era passato un anno da quella sera e molte cose erano successe; per un mese Serse non si fece vivo con me; seppi che era andato a stare con Ines, una mia compagna di lavoro ed amica, dalla quale ebbe anche un figlio; si sistemarono nell’appartamento che era stato nostro, perché, rimasta sola, non ero in grado di reggere l’affitto e le spese di gestione; Ines mi volturò il contratto per il suo monolocale e riuscii a cavarmela rinunciando alla cura del corpo e all’abbigliamento alla moda.

Avevo cercato di oppormi alla richiesta di mio marito di separazione legale senza oneri per nessuno; mi trovai di fronte all’impossibilità di fare fronte ad eventuali parcelle di avvocati per oppormi alla richiesta; ma, più ancora, pesarono le mie stesse dichiarazioni sui motivi che mi avevano portato al matrimonio; le cose si fecero ancora più delicate quando il parroco che ci aveva sposati e il vescovo ebbero una denuncia che ero diventata sterile per stupidi abusi sessuali.

Una sera, anni prima, mi ero fatta sbattere con indicibile violenza da un gruppo di motociclisti di passaggio; quando mi abbandonarono esanime nel casolare dove mi avevano stuprato, col mio consenso e su mia provocazione, ero finita in ospedale dove era stato registrato un disordine nelle ovaie che aveva procurato la sterilità; avere taciuto la circostanza al parroco inficiava il matrimonio; avere provocato io la vicenda mi metteva alla gogna senza remissione.

Sull’onda della mia presunzione, sollevai un baccano immenso e rischiai il licenziamento; poi scesi a più miti consigli e accettai di traslocare nel mini che era stato di Ines, in società con un’altra ragazza; questo però comportò anche che dovessi ridurre le mie intemperanze sessuali alle sveltine nei bagni e a qualche occasione di carsex, quando incontravo un soggetto munito di automobile; ben misera cosa rispetto alle notti al calor bianco del mio ex con la madre di suo figlio.

Ciliegina sulla torta, seppi da voci di capannone che i due erano frequentatori, anche se non abituali, di privè, saune e spa dove praticavano sesso libero, a detta di chi li aveva visti, con molta classe; pareva infatti che li avessero visto scopare, ciascuno con tre partner diversi, ma che non smettevano, anche scopando con altri, di guardarsi intensamente, di stringersi le mani e di scambiarsi tenerezze; Ines aveva dichiarato che il loro motto era ‘sesso agli altri; amore sempre e solo tra noi due’.

Mi tornò alla mente la volta che li incrociai ad una festa delle maestranze di fabbrica; lui aveva l’aplomb del piccolo dirigente rampante pronto a scattare alla prima occasione per elevarsi; lei era stupenda ed elegantissima, perché il reddito complessivo le consentiva facilmente, ed io lo sapevo, parecchie soddisfazioni; il figlioletto, bellissimo come tutti i neonati, era in una sorta di marsupio che si scambiavano secondo le necessità; mi sentii un verme, di fronte alla testimonianza concreta del mio fallimento.

Quasi per rifarmi e picchiare duro almeno una volta, li salutai con affetto e chiesi a Serse se era vero che aveva imparato l’amore libero; mi rintuzzò immediatamente Ines.

“Amica cara, non è un problema di conversione, ma solo di lealtà; siamo entrambi assai caldi e disponibili; lo dovresti sapere meglio di tutti perché per un anno ti sei spupazzata il cazzo di Serse e sai di cosa è capace; peccato che non sia stata in grado di capire che gli artefici del nostro destino siamo noi stessi, nel bene e nel male; il tuo ex marito ti aveva avvertito che le cornate dei tori uccidono lentamente e con dolore; lo so perché ci diciamo tutto, anche quello che potrebbe darci fastidio.

Tu hai preteso di imporre il tuo punto di vista, ti sei scontrata col toro e sei stata sventrata; eppure sapevi che aveva i coglioni e quanto fossero grossi e duri; ma hai scelto la tua strada e ti sei fatta il tuo destino. ’Chi è causa del suo mal, pianga se stesso.’ Purtroppo, questa è l’unica cosa che posso risponderti; noi siamo artefici e responsabili dei nostri comportamenti, sia se andiamo a scopare come scimmie in un privè, sia se passiamo le serate a letto a fare l’amore.

Tu hai confuso tutto, creato situazioni assurde e cercato di imporre la tua lettura dei fatti; hai visto come è finita; se continui su questa strada, non avrai scampo e pagherai anche i nuovi errori; se cerchi di fare un’analisi convinta di quel che vuoi , esistono tanti ragazzi interessanti e di qualità, proprio come era il tuo ex marito; ma non li conquisti se scopi ancora nei cessi o nelle auto in parcheggio. Le cose si dovrebbero fare sempre usando la testa, oltre al cuore; la figa dovrebbe venire dopo.”

“Da quello che dici, sarebbe solo colpa mia se ho sbagliato tanto, nella vita, e pago adesso un prezzo così alto; però nessuno ha mai mosso un dito per orientarmi, per aiutami; tutti mi hanno giudicato e condannato; nessuno ha pensato che poteva correggermi ... Serse, quando ha saputo la verità, ha semplicemente girato le spalle ed è sparito. Anche tu, in fondo, in questo momento, sei impeccabile come giudice, ma non mi pare che mi offra nessun aiuto a cambiare … “

“Coi casini che hai combinato, non potremmo neanche parlarti, io e il mio compagno, perché siete separati in attesa di divorzio; se dovesse risultare che hai fatto qualcosa col tuo ex marito, e tu fai temere che non esiteresti a dichiararlo, la separazione perderebbe valore e dovremmo ricominciare da capo … “

“Ti faccio così schifo che sospetti la malafede anche se ti chiedo aiuto come amica?”

“Daria, io sono veramente tua amica, non ho niente da giudicare o da rimproverare; fosse per me, ti consentirei anche di scopare col mio compagno; ti ho spiegato che lo facciamo volentieri e senza problemi; so che lui lo farebbe con la massima lealtà nei miei confronti, ma non so se la ragazzina capricciosa che si nasconde in te e ti ha fatto fare cazzate immense può essere affidabile per scelte impegnative.”

“Ognuno è autore del suo destino; l’hai detto tu; ma un’amica serve anche a dare indicazioni; io ho solo due amici, un uomo che mi amava follemente e che ho calpestato ma che non credo mi abbia cancellato dalla sua vita; e la madre di suo figlio che gli ha garantito una splendida vita di coppia moderna e aperta ma non mi ha mai visto e non mi vede come nemica; so che dico cose difficili e terribili, ma siete rimasti l’unico riferimento.

Se, in nome della sua follia amorosa, Serse se la sente di camminarmi vicino, da amico, io ve lo chiedo in ginocchio; mi basta sapere che in ogni momento posso fare affidamento su di voi; le cose successe mi hanno costretta a riflettere che sono stata l’unica causa dei miei mali e che posso solo piangere sulla mia stupidità; ma sono ancora la ragazzina dei sogni e non voglio smettere di credere che ci siete ancora per me.

Non cercherò di riprendermi l’uomo che ho mortificato; non è di un cazzo che ho bisogno; e neppure del suo amore; ma della sua calma, del buonsenso, della lucidità, beh di quelle ho un bisogno urgente e solo lui me ne può dare; se vi parlate e vi rendete conto di potermi essere amici, sono certa che mi aiuterete a superare momenti difficili. Se ti va di parlarne col mio ex marito, io dipendo da te … ”

“Beh, se per avere Serse e tutto quello che rappresenta devo prendere l’intero pacchetto compresa la ex moglie ed amica, non sono così pazza da rifiutare; forse l’amore che ha provato per te è una componente della sua sensibilità di cui sono orgogliosa; i tuoi errori, in fondo, sono la base da cui è nata la nostra famiglia, la nostra vita; quindi, senz’altro ci possiamo vedere a cena o per un aperitivo; se tenti qualche sporca manovra per riprenderti il tuo ex, giuro che ti faccio a pezzettini … “

“E un letto a tre piazze? Mi hanno detto che vi ci muovete benissimo!”

“Ti hanno spiegato che ci amiamo in quei momenti più che in qualunque altro? ...Allora sai anche che non ci tiriamo indietro di fronte a nessuna proposta … “

“Mi piace ripetere che ‘chi è causa del suo male pianga e stesso’; ma mi piacerebbe ancora di più poter dire che ‘chi è artefice della sua gioia deve innanzitutto congratularsi con se stesso’ … “

“E’ vero; e non è detto che tu non possa avere momenti di felicità, se cominci a lavorare sul serio e impegnarti per passare al ruolo di impiegata, visto che ne hai i titoli e le qualità; se smetti di rincorrere qualunque mazza si muova in un pantalone e aspetti di incontrare quello giusto per te; forse potresti anche sperare in una sera di sesso esaltante col tuo ex, se ti venisse voglia di capire a cosa hai rinunciato; ma in questo caso, ci sarei io a marcarti stretta e a impedirti di fare altre sciocchezze!”

Senza accorgercene quasi, ci siamo abbracciate ridendo della sua battuta.

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