Cinema d'Essai

     

CINEMA D’ESSAI
      Sollevo lo sguardo dallo schermo del telefonino e lo scorro lungo la hall alla ricerca di Andrea. Lui è accanto alla bacheca dei film, a guardare quelli in proiezione oggi. Da come lo fissa, sembra che l’ultimo “Kung Fu Panda” lo attragga più di quello che Erica ci ha proposto di vedere, per cinefili con tanto così di pelo sullo stomaco…
      Andrea mi nota, lancia un’ultima occhiata al poster del cartone animato, e mi si avvicina. Indossa un paio di jeans e una camicia azzurra che non lascia vedere i suoi muscoli, a parte le braccia che mostrano le ore passate in palestra dopo quelle in ufficio.
      Sollevo il telefono con la chat sullo schermo a suo favore. «Erica scrive che non arriverà in orario».
      Andrea mette le mani in tasca. Lancia un’occhiata al baretto alle mie spalle. «Scommetto che ha cambiato idea e si rifiuta di vedere il film.»
      Scemo. Erica si è fissata con queste menate intellettuali dopo i due anni di università che ha fatto, e rompe con queste cose da mattina a sera. Non posso certo dire alla mia migliore amica che mi straziano i film in bianco e nero. «Guarda che Erica è…»
      «Mi scusi, signorina…» La bionda addetta agli stuzzichini del multisala cerca di attirare la mia attenzione. «…ho controllato ma al momento non abbiamo il burro per i popcorn».
      Merda, l’unico motivo che mi aveva spinta a passare il pomeriggio in un cinema mezzo vuoto a guardare una pellicola vecchia di sessant’anni e non ce l’hanno nemmeno.
      «Li vuole ugualmente i popcorn?» Pone sul bancone un bicchierone di carta da cui spunta una cannuccia di plastica. Almeno questa non si scioglierà prima dell’intervallo, come nel cinema dove Erica ci aveva trascinati la settimana scorsa…
      Sospiro. Meglio limitare al minimo i danni. «Sì, una confezione grande, grazie».
      Andrea solleva una mano come a richiamare la commessa. «A me una confezione grande di sonnifero, se ce l’ha. O un martello, che caso mai mi arrangio da solo».
      La ragazza stenta a trattenere una smorfia di divertimento. Bagascia… togli gli occhi dal mio ragazzo. 
      Prendo il cestino formato famiglia di popcorn con un sorriso falso. Do una manata sugli addominali di Andrea. «Piantala! Non vuoi aumentare la tua cultura? Questo è cinema d’essai. Lo sai perché lo chiamano in questo modo?»
      Lui solleva le spalle. «Perché quando qualcuno ti domanda se era noioso, rispondi: “Essai”».
      La bagascia si lascia sfuggire una risata. Le scocco un’occhiata assassina. Pensa a comprare il burro, troia.
      Non ho mai capito per quale motivo Andrea si comporti come uno scemo quando siamo in mezzo alla gente… Forse perché comportandosi come fa quando siamo soli verrebbe ostracizzato dalle altre persone che frequentiamo.
      Nell’atrio ci siamo solo noi ed un gruppo di bambini chiassosi con un paio di adulti poco felici di fare da balie, che dubito verranno con noi a vedere “Fino all’ultimo respiro” di Jean-Luc Picard… Jean-Luc Godard! Dannato Andrea, lui e le sue stupide battute… Non fosse che è un gran figo e scopa da dio, lo lascerei…
      No, non lo lascerei comunque.
      Andrea solleva il braccio e controlla l’orario. «Meglio entrare, non vorrei che qualcuno ci rubi i posti…»
      Prendo la bibita dal bancone e lo seguo. «Hai visto? Non hanno il burro. Già fanno schifo i popcorn…»
      «Una volta mi nascondevo il cibo addosso, quando andavo al cinema a vedere film interessanti». Lui apre la porta della sala e mi fa entrare per prima. «Ignoranti, beceri, chiassosi, ma interessanti».
      Nella sala di proiezione ci saranno sì e no dieci persone, in coppie o singoli. La metà se ne andrà quando si accorgerà che non è qui che proietteranno la maratona con i primi tre film di “Kung Fu Panda”…  Tra questi ci saremo anche noi due? La mia volontà di passare due ore a vedere il Capitano Godard vacilla.
      Seguo Andrea lungo la scalinata. Lui supera la fila di poltroncine rosse segnata sui biglietti. Due anziani sono seduti poche sedie oltre quelle che ci sono state assegnate dal bigliettaio. «Guarda che siamo qui».
      Andrea si volta verso di me. «Ero ironico quando dicevo che ci avrebbero rubato i nostri posti». Continua a scendere. «Penso che nessuno avrà nulla da dire se ce li scegliamo noi».
      Lo raggiungo. La Fanta sciaborda nel bicchierone. «Adoro il tuo spirito anarchico».
      «Ah, allora impazzirai quando scoprirai che ho messo il disco orario avanti di un’ora mentre parcheggiavo». Si ferma e con un cenno indica una fila a metà della platea, lontano da chi cerca tranquillità in alto e chi vuole fare il cinefilo piazzandosi a ridosso dello schermo.
      Nulla da eccepire. «Vai dentro tu per primo che così Erica si siede accanto a me». Anche perché la mia carissima amica mi sembra puntarti un po’ troppo… Non vorrei che, nel buio della sala…
      Stringo le labbra. Se lo facesse con me, invece… beh…
      «Grazie per il tuo sacrificio, non sarà dimenticato». Mi prende il contenitore dei popcorn e si infila tra le poltroncine.
      Lo seguo fino a quando arriviamo a metà della fila. Andrea abbassa il sedile davanti a lui e si siede. Faccio lo stesso con quella accanto. Lui appoggia i popcorn sulle sue gambe. Ne prendo una manciata e me li getto in bocca: uno stuzzicante sapore di cartone e una badilata di sale, probabilmente quello avanzato questo inverno all’Anas… A questo punto spero abbiano pure messo del kerosene al posto della Fanta per rendere la giornata perfetta.
      Il telefono lancia un trillo. Lo prendo dalla tasca e trovo un nuovo messaggio di Erica. «Dice di essere in ritardo di dieci minuti».
      Andrea accavalla una gamba sull’altra nel modo maschile, si spaparanza sulla poltroncina. Sbuffa dal naso. «Mi sa che non è solo quello il suo ritardo…»
      Gli assesto una gomitata. «È la mia migliore amica!»
      «E non capisco perché». Lui solleva un angolo della bocca. «Per me avete avuto un rapporto lesbo, in passato, che tenete segreto e vi amate ancora».
      Gli faccio una smorfia. «Mi dispiace deluderti, ma non è mai successo». Almeno da sobrie: di cosa facessimo durante le ciuche in quinta superiore non ho memoria. E, nel caso, spero di averlo fatto solo con lei…
      «Però a te piacerebbe essere il terzo, nel caso, eh, Andrea».
      Lui si limita a sollevare le spalle. «Per essere carina, Erica è carina…» Fa una smorfia, ripensandoci. «Mh… bella, in realtà. Ma a me piacciono le donne intelligenti». Mi guarda, socchiude gli occhi e mi sorride. «Oltre a te, ovviamente».
      «Stronzo». Gli assesto una manata allo stomaco. Lui ride e si mette più comodo sulla poltroncina.
      Le luci si spengono, l’unica illuminazione della sala è la pubblicità di un’auto sullo schermo.
      Mi accosto con la testa a quella di Andrea. Se provo a parlare del film, magari mi viene voglia di vederlo per davvero. «Ho letto che è considerato un capolavoro del cinema d’avanguardia. Ha avuto profonde ripercussioni sui registi che hanno poi fatto film in seguito».
      Nella semioscurità, Andrea sogghigna. «Lo so io cosa vuoi…»
      Ha già capito che preferirei rivedere i tre Kung Fu Panda che danno una sala più in là di quest’altro film? «E… cioè?» Allungo la mano per prendere un’altra manciata di cartone salato. Lui mi afferra al volo il polso e appoggia la mano sul suo inguine.
      Sotto il mio palmo, il cazzo si gonfia.
      È una cosa stupida, ma un moto di orgoglio cresce nel mio ventre tutte le volte che lo faccio eccitare.
      «Vuoi farmi un pompino», sussurra lui.
      Un’ondata di calore mi sale al viso. Devo lottare con i muscoli del mio volto per nascondere il sorriso. Pareggiamo. «Perché… perché dovrei volerti fare un pompino?» Come se mi servisse un motivo per fargliene uno più che volentieri…
      «Perché sei una troia che non aspetta altro che ti sfondi e ti faccia urlare di piacere fino a perdere la voce», spiega Andrea, le sue parole ridotte ad un sospiro nel mio orecchio, «e sai che se mi farai una pompa adesso io non vedrò l’ora di ripagarti il favore quando saremo a casa…»
      Lo fisso. Lui apre le labbra e muove la punta della lingua dall’alto in basso un paio di volte, il suo modo per dirmi cosa vuole fare sulla mia figa.
      Perdo la mia battaglia con i muscoli facciali. Posso confidare solo nella semi oscurità della sala per celare l’effetto della lussuria che sta crescendo in me sta avendo sul mio sorriso. Il mio fiato si fa breve e poco profondo, le mutandine diventano fastidiose. Non voglio passare per una zoccola… non più di quanto non lo sia già per Andrea. «Ma potrebbero…» Schiarisco la voce, ridotta ad un pigolio, «Potrebbero vedermi…»
      Andrea sposta i popcorn nel posto libero accanto a lui e mette l’altra mano sulla mia nuca. Se mi spinge la faccia sul suo pacco non faccio nessuna resistenza…
      «…e spararsi una sega. Di certo, saresti uno spettacolo migliore del film».
      Deglutisco un bicchiere di saliva. Perché non ho ancora il suo cazzo in bocca? Poi a casa mi sfonda, sdraiata sul letto, i miei capelli stretti in una sua mano, mi fotte fino a farmi crollare dallo sfinimento… Fatico a respirare. Il profumo della mia eccitazione si leva dalle mutandine, si unisce a quello di Andrea.
      «E se mi becca Erica mentre ti faccio un lavoretto?» Perché continuo a sollevare obbiezioni se l’unica cosa che potrà spegnere il fuoco che mi brucia nel ventre è una sorsata di sborra?
      Andrea solleva le spalle. «Vi mettete una da una parte e una dall’altra della cappella». Mi fa l’occhiolino…
      Bastardo. Io e lei che battagliamo con le nostre lingue sul suo glande per avere il diritto di essere quella che lo fa venire. Il fiato nelle mie narici diventa rumoroso, i denti affondano nel mio labbro inferiore.
      Deglutisco. Poi, a casa, io ed Erica facciamo un sessantanove mentre lui mi incula. E, quando viene, sborra in faccia a lei, e io la pulisco con… Il mio fiato entra ed esce a scatti, stringo le cosce sulla mia figa bagnata.
      «Bastardo…» lo fisso, le mie mani che lavorano sulla zip e il bottone dei suoi pantaloni. Infilo la destra nelle sue mutande e gli tiro fuori il cazzo in erezione.
      Metto la gamba sulla poltroncina, giro il busto, mi sporgo… ‘fanculo, è troppo scomodo. Chi è il coglione che ha progettato ‘sta merda senza pensare che qualcuno ci avrebbe fatto una pompa sopra? Mi alzo in piedi, lascio chiudere il sedile e mi inginocchio sulla moquette tra le due file di poltroncine.
      Andrea afferra i miei capelli e io mi avvicino con il viso al suo cazzo. Profuma di maschio da monta, di notti passate in letti umidi di sudore, sborra e trasudo, di sottomissione e orgasmi. Il cuore mi batte come un tamburo, la testa mi gira. Deglutisco come se avessi davanti il piatto più buono al mondo.
      Mi passo la lingua sulle labbra. «Ti macchierò l’uccello di rossetto».
      Lui scuote la testa. «Ahi, Michela… Se lo fai, poi sarò costretto a trascinarti in bagno durante l’intervallo, bloccarti contro un muro e fottere la tua fregna bagnata per pulirmelo, come l’ultima volta, e sai quanto è difficile fare andare via quelle macchie… Mi toccherà ancora metterti una mano sulla bocca perché gemi troppo e disturbi gli altri nei gabinetti».
      Un brivido di piacere mi corre lungo la schiena e mi riempie il petto. Respiro a fondo per calmare la mia eccitazione. «Sei uno stronzo, Andrea…» Ma mai quanto io che compro i rossetti che lasciano il segno, e non solo per marchiarti il collo quando siamo in presenza di altre donne.
      Stringo il cazzo e muovo la mano. La pelle scivola verso il basso, la cappella si scopre, rossa e bulbosa. Dal meato scivola una goccia trasparente, la prendo con un dito e la porto alle labbra. Stringo le cosce, la mia figa è in fiamme e rigurgita desiderio a secchiate. Portami al cesso e fottimi, Andrea, come una troia, ti prego… poi ti consumerò il cazzo a pompini quanto torneremo a casa, te lo giuro!
      Passo la punta della lingua sul meato, una mia mano abbassa le sue mutande e gli massaggio i coglioni. Voglio che mi anneghi, quando mi sborrerà in gola.
      Andrea apre la bocca e prende una boccata, gli esce un gemito soffocato. Inclina la testa all’indietro, sullo schienale della poltroncina, e chiude gli occhi.
      Abbasso il capo e prendo in bocca la cappella. È liscia e leggermente salata. Amo questo sapore, ma preferisco quando è acido per la sborra che gli faccio pisciare. Muovo la lingua lungo il bordo con delicatezza.
      Andrea sospira ancora, serra la presa sui miei capelli. 
      Muovo la mano che stringe il cazzo su e giù, la ruoto leggermente. Faccio scivolare la lingua attorno alla cappella. La mia bocca si riempie di saliva, me ne scivola un po’ dalle labbra e cola lungo l’asta del cazzo, arriva fino ai coglioni.
      Abbasso la testa fino a inghiottirlo tutto, la cappella che mi scivola sulla lingua, sprofonda fino alle tonsille. Adoro il sapore del cazzo di Andrea… perché non ho il senso del gusto anche nella figa? Le scopate sarebbero ancora migliori…
      Tira i miei capelli e mi fa sollevare la testa, la sua nerchia che scivola per tutta la lunghezza fuori dalle mie fauci fino alla punta della cappella. Gliela solletico con la lingua. Il fiato di Andrea vibra, sospira.
      «Brava, puttanella». Geme. «Brava…»
      Gli occhi mi bruciano per la commozione. Adoro quando mi chiama puttanella mentre glielo sto mangiando.
      Spinge la mia testa fino a infilarmi la punta del cazzo in gola. Me la lascia un istante, mi solleva di nuovo.
      Sono inginocchiata ma è come se mi tremassero le gambe. Sono troppo eccitata… Mi sento gli occhi di tutti i presenti addosso, anche se sono nascosta tra le poltroncine, i loro sguardi sono come fasci di luce che mi puntano nel buio, sui loro volti le espressioni di disgusto, imbarazzo, rabbia, mi additano, mi chiamano “troia” e “mignotta”.
      Vorrebbero scoparmi ma non possono. Io sono solo di Andrea. Sono solo del suo cazzo…
      Il malessere cresce nelle mie viscere, una sensazione di stanchezza che nasce nella mia figa lasciata a bocca asciutta… per modo di dire. Infilo la mano libera nei pantaloni e nelle mutandine intrise di desiderio e mi tocco.
      Le piccole labbra sono calde, bagnate, come quando Andrea me la lecca. Mi penetro con due dita: la figa è in fuoco, è una fornace, rigurgita desiderio. Il clitoride è fuori dalla sua tana, lo sfioro con il polso ed è come picchiarmi su una ferita aperta. Chiudo gli occhi e mi fotto, immagino che Andrea abbia due cazzi e il secondo mi stia scopando la figa con forza.
      Dal mio inguine proviene un suono viscido più rumoroso del pompino.
      Tremo all’idea di essere scoperta da Erica… sono stordita dall’eccitazione. Lei è alle mie spalle, esclama: “cosa state facendo?”, si eccita, mi bacia, infiliamo la mano nelle mutandine dell’altra…
      …il mio fiato è mozzato dallo stordimento che quell’immagine mi provoca.
      La mano che stringe i miei capelli mi lascia e si appoggia sotto il mio mento. Mi solleva la testa dal mio adorato lecca-lecca al gusto di maschio.
      «Ehi…» sussurra Andrea.
      Apro gli occhi. Lui mi fa segno di alzarmi.
      Non vuole sborrarmi in bocca? Perché?
      «Siediti. Voglio che mi seghi e mi limoni».
      Non capisco, ma eseguo sempre gli ordini del mio padrone. Sono la sua troia. Lui poi mi premia a casa. Mi fa bagnare il letto con lo squirto.
      Mi siedo sulla sua gamba sinistra, gli afferro il cazzo e infilo la lingua nella sua bocca.
      Adesso mi vedranno davvero mentre faccio sesso con il mio padrone, ma non me ne fotte nulla. Voglio che quei due anziani si arrapino come dei diciottenni e si mettano a sessantanove. Voglio la vecchia che urla di piacere mentre l’altro la possiede con forza.
      Andrea mi cinge dietro la schiena con un braccio e duella con la mia lingua, la spinge di lato, la coccola, la accarezza, la ama. Sto sbavando desiderio sui suoi pantaloni, glieli sto macchiando. Più glieli macchio, più mi arrapo…
      Il mio movimento di mano è automatico. Adoro il suo cazzo, lo venero. Ma la sua lingua è qualcosa di divino, qualunque punto del mio corpo stia leccando…
      Si ferma, la sua lingua si accascia nella sua bocca. Respira profondamente, il suo cuore rimbomba attraverso le mie tette dure per l’eccitazione. Stacca le sue labbra dalle mie e mi bacia il collo, come fa spesso quando viene.
      Come quando lo faccio venire.
      Il profumo deciso della sborra che viene spuzzata dal suo cazzo si solleva tra noi. Spero in un fazzolettino e non per terra o sullo schienale della poltroncina davanti alla sua. Non lo farebbe: è uno stronzo, mi scopa come una troia, mi tratta come una sua proprietà quando siamo nel privato, ma in pubblico non lo dimostra mai.
      È stronzo solo con me.
      Prendo il suo viso con le mani e lo bacio sulle labbra. Mi fa sentire sempre così orgogliosa farlo godere, così donna. «Grazie, amore».
      Lui sospira, nella scarsa luce in bianco e nero che riflette dallo schermo. «Grazie a te, gioia». Mi restituisce il bacio.
      Lancio un’occhiata agli anziani dietro di noi. L’uomo sta dormendo, la donna ha il volto illuminato dal telefono. Hanno perso l’occasione. Spero non diventeremo così anche noi, noiosi e privi del brio di vivere.
      Mi alzo dalla gamba di Andrea e mi siedo sulla mia poltroncina. Noto con dispiacere che non è rimasta nessuna macchia… Lui si rimette il cazzo nei pantaloni, nell’altra mano ha un fazz—
      Stringo le palpebre… quello nell’ombra non è un fazzolettino! Sgrano gli occhi: è il secchiello dei popcorn.
      Fisso Andrea, che me lo passa. Sui fiocchi di mais ci sono delle strisce gelatinose che luccicano nel riflesso delle immagini in fondo alla sala. Nascondo la risata dietro ad una mano. «Sei venuto sui popcorn?»
      Lui sorride, quel sorriso bastardo che mi fa venire voglia di fargli un altro pompino. «Ti lamentavi che non c’era il condimento».
      «Sei scemo…» Scuoto la testa. Prendo un popcorn, lo intingo in uno schizzo e lo porto alla bocca. Cartone, sale e sborra. È migliorato, e parecchio.
      Avvicino la bocca al suo orecchio. «La prossima volta, ti squirto nella Coca!»
      Un sorriso sornione appare sul suo volto. So già che ci proverà davvero.
      Dobbiamo venire al cinema più spesso, è così divertente, anche se c’è un film di Capitano Godard.
      «Scusate…» Erica si infila nella nostra fila di poltroncine. «Pensavo foste quei due su lì, ma poi ho notato che eravate qui».
      Ha in mano una confezione grande di popcorn e una bibita. «La prossima volta però facciamo la sera». Si siede al mio fianco. «Volevo far mettere il burro sui popcorn ma sono senza, al chioschetto…» Guarda i miei e fa un cenno. «Tu però ce ne hai, Michela».
      Sollevo un fiocco. La sborra risplende nella luce proiettata alle nostre spalle. Lo metto in bocca e lo mastico. Un prurito alla figa ancora bagnata si intensifica. Sorrido e accenno ad Andrea. «L’ha portato lui di nascosto».
      Le porgo il secchiello.
      Erica allunga una mano, afferra un paio di popcorn, li solleva e lo sperma si allunga in filamenti gelatinosi. «E dove lo nascondeva, nelle mutande?» Ride alla sua stessa battuta.
      «Ti piace il mio ragazzo?»
      Lei si ferma con la mano a pochi centimetri dalle labbra. Mi guarda confusa. «Ma… ma certo: Andrea è un gran bel ragazzo». Si mette in bocca i popcorn. Un po’ di gelatina le resta sul labbro inferiore.
      Getto un’occhiata al mio uomo, sogghignando. Lui fissa a occhi spalancati Erica che si lecca la sua sborra dal labbro.
      «Che sapore strano…» La ragazza prende un’altra manciata e se la ficca in bocca. «Peccato sia poco perché mi piace». Si lecca la punta delle dita.
      Le faccio l’occhiolino. «Se aspetti un momento, ne mettiamo dell’altro. Magari lo aiutiamo insieme». Poi se vieni a casa con noi vedrai quanto ne potremo avere.
       
FINE


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