Come ho conosciuto mio marito – L'umiliazione più grande (31 dicembre)

  • Scritto da Lizbeth il 31/12/2025 - 10:56
  • 16 Letture

Quest’opera è di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi sono frutto dell’immaginazione dell’autore o usati in modo fittizio.


 

La Vigilia di Capodanno a Cortina era un luccichio opulento. La neve cadeva fitta, creando una cortina scintillante sotto la luce dei lampioni. Lì, davanti all'ingresso in marmo del palazzo della festa, c'era Sara.

Indossava l'abito da Dama di Cenere: velluto nero attillato con uno spacco vertiginoso sulla coscia e un’elaborata maschera di pizzo che le copriva solo gli occhi, lasciando la bocca pericolosamente libera. I suoi capelli, di solito sciolti, erano tirati in uno chignon lucido, la pettinatura esatta dell'amante che doveva sostituire, Eleonora Sarti. L'intera figura era un'opera d'arte seducente e spettrale, l'ultima finzione.

Sara guardò l'ingresso, cercando di reprimere il tremore. Era l'ultimo ostacolo. La sua mente, per un istante, scivolò indietro, alla sera precedente.

Il sole di mezzogiorno illuminava i cristalli di neve, ma il salotto privato dell'hotel di Cortina era ovattato. Marco l'aspettava. Sara lo guardò: l'eleganza che emanava era la sua armatura e la sua arma. Appena lo vide, sospirò; era un sospiro di liberazione imminente, ma dentro di sé, con sua stessa sorpresa, sentiva un piccolo, oscuro dispiacere. Forse era la dipendenza dal pericolo.

«Buon Capodanno, Sara,» sussurrò Marco, sollevando il calice di champagne. «Questa sera finirà con la tua ultima avventura e una migliore situazione economica.» Prese un sorso. «Sai, non pensavo saresti arrivata fino a questo punto.»

«Neppure io,» rispose lei, con sincera spossatezza.

Marco spinse un assegno da $20.000$ euro lungo il tavolo. «Ecco a te il tuo ultimo assegno. È così generoso perché quella di stasera è la sfida che porterà maggiore soddisfazione nella mia vita.»

Sara allungò la mano per prenderlo, ma lui la bloccò, afferrando il foglio. Lo strappò in due parti perfette e le porse solo la metà.

«Non ancora. L'assegno l'avrai quando avrai completato l'ultimo, piccolo compito.»

Sara ammirò quel pezzettino tra le sue mani. «Mi sembrava troppo semplice.»

Marco si sporse in avanti, abbassando la voce in tono cospiratorio. Prese un pacco da sotto il tavolo.

«Questa sera c'è una festa in maschera. Il tuo prossimo obiettivo è il Principe di Karesia, un giovane erede cruciale per i miei affari. Si aspetta di incontrare una donna di cui si è invaghito in questo periodo. L'ho fatta allontanare. Nella sua camera ho trovato questo costume della Dama di Cenere, nota ladra della letteratura. La vera Dama di Cenere si chiama Eleonora Sarti, ha 41 anni ed è una collezionista d'arte. Sarai il suo doppio perfetto, so che lo saprai sedurre.»

«E dopo di questo?» chiese Sara, la necessità di certezza che le bruciava in gola.

«Ti darò l'altra metà dell'assegno. Tu avrai completato tutte le sfide e avrai i $100.000$ euro che ti avevo promesso all'inizio. E io sparirò dalla tua vita. Nessuno saprà nulla delle tue gesta.»

«Prima di andare. Come lo riconosco?»

«Sarà vestito da Conte della Notte. Indosserà un vestito di velluto blu profondo e una Maschera Volto, in velluto blu notte con un sottile ricamo in argento, che gli copre solo la parte superiore del viso. Avrà un evidente mantello cremisi in velluto. Il dettaglio per te è il giglio d'argento cucito sulla spalla sinistra del mantello.»

«E tu come fai a sapere certe cose?» chiese Sara.

«Beh, tesoro,» era la prima volta che la chiamava così con quella dolcezza perfida, «l'ho chiesto alla stessa Eleonora. Mi piace curare i dettagli, e mi ha pure detto che il ragazzo ha una cotta tremenda per lei, quindi probabilmente sarà lui a trovarti per primo.» Detto questo, si alzò in piedi. «Sara, è stato un piacere rivederti. Questa probabilmente sarà l'ultima volta. L'ultimo pezzo dell'assegno lo troverai sul comodino a missione compiuta.»

Marco se ne andò, lasciandola da sola con la metà strappata dell'assegno e il pacco contenente il costume.

Ora, eccola lì. Di nuovo la Dama di Cenere, in piedi davanti alla porta del palazzo dove si teneva la festa. Sara spinse la porta. Non c'era più tempo per la paura. C'era solo un ultimo compito.

Entrò nel salone. L'aria era satura, un inebriante cocktail di costoso champagne e gli ormoni sprigionati da ogni singolo invitato. Sara si mosse lentamente attraverso la folla, facendo ondeggiare i fianchi con una deliberata promessa. Molti la notarono. Doveva tenere la parte della Dama in Cenere, l'ultima finzione. Molti si avvicinarono, ma lei, con un'autorità che non si riconosceva fino a pochi giorni prima, li bloccava prima che potessero avanzare. Doveva trovare solo lui, non poteva perdere tempo.

In mezzo a quel caos di velluti e pizzi, non l'avrebbe mai individuato. Decise così di dirigersi verso gli scalini che portavano a un ampio terrazzo; da lì poteva dominare la folla e farsi notare dal suo bersaglio.

Poi lo vide: il Conte della Notte. Era decisamente alto e magro. Anche se indossava la maschera e l'abito elaborato, si capiva che era molto giovane. Per sicurezza, Sara rimase ferma a osservare finché non vide il dettaglio cruciale: il giglio d'argento cucito sulla spalla sinistra del mantello cremisi. Sospirò. Un leggero, quasi impercettibile, sospiro. «Dai, cara, un'ultima recita.»

Anche lui la notò immediatamente e si avvicinò con un'urgenza adolescenziale. I suoi occhi erano fissi su di lei. «Sei… qui. Non ti trovavo, mia cara Eleonora,» mormorò il Principe. Qualcosa nella sua voce le era familiare, ma il frastuono assordante della folla e della musica impediva ogni percezione chiara.

«Mi scusi, mio caro Conte, volevo farmi bella per lei,» rispose Sara, con un tono seducente. Non sapeva fin dove si fossero spinti i due amanti, ma l'impassibilità era la sua migliore arma.

Il Principe prese l'iniziativa. «Cara, ti desidero. Sono tre giorni che ti conosco e non mi hai neppure ancora baciato.» Detto questo, cercò il corpo della Dama. Le sue mani le afferrarono i fianchi e la tirarono prepotentemente a sé. Sara non si ritrasse, e avvicinandosi ancora di più sentì chiaramente il desiderio del Principe premere duro contro i suoi pantaloni.

Sara gli prese la mano e iniziò a ballare con lui, i loro corpi a contatto. «Beh, stasera è la festa di Capodanno. Tutto può succedere. Potrei fare tutto quello che richiede il mio principe azzurro.»

«Vorrei tanto stare da solo con te, mia Signora. Non mi importa nulla di questa gente, non mi importa nulla di mia sorella,» e indicò una ragazza bellissima e atletica, vestita in un attillato completo di pelle nera che lasciava poco all'immaginazione, con orecchie da gatta e una frusta giocattolo appesa alla cintura. Era l'icona perfetta di una Catwoman di lusso. «Lei mi tiene sotto osservazione.»

Era proprio un ragazzino, era così facile conquistarlo. Sara gli prese la mano e si guardò intorno. «Sono sicura che troveremo un luogo dove appartarci e finalmente avrai quello che brami da tempo.» Osservò la sorella del Principe. Appena vide che la ragazza si distraeva per accettare un flute di champagne, guidò rapidamente il ragazzo verso una porta.

Si trovarono in un corridoio illuminato da luci fioche, chiaramente usato dal personale di servizio. Ora che il rumore era diminuito, sentiva chiaramente il respiro ansioso del ragazzo. Le fece quasi tenerezza. Appoggiò le sue labbra sulla bocca del Principe. Lui la spinse contro il muro, sfiorò il seno della sua dea con la mano destra e appoggiò il suo pene duro, che spingeva i pantaloni, contro il ventre della donna.

Si notava la sua insicurezza; non sapeva bene dove mettere le mani e non sapeva baciare. Lei gli disse: «Apri le labbra, caro.» Lui obbedì e lei gli infilò la lingua in quel covo ansante, prendendo il controllo del bacio.

Il ragazzo afferrò il pizzo dello spacco, strappandolo senza pensarci, desideroso di raggiungere l'oggetto del desiderio di ogni uomo, quello che lui non aveva mai visto né toccato. Sara si scoprì a gemere: quel ragazzo era un misto di aggressività e dolcezza, tipico della sua età. Il Principe trovò l'orlo delle sue mutandine e iniziò ad abbassarle.

«Non qui,» ansimò Sara, allontanando il viso del ragazzo. «Dobbiamo trovare una stanza. Ti prometto che passerai il Capodanno più bello della tua vita, e forse anche il giorno dopo.»

Il Principe si allontanò, la fretta visibile. Dal costume attillato si vedeva chiaramente la collinetta creata dal suo membro eretto. Aprì una porta e trovò una sorta di salottino, forse un ufficio secondario. L'interno era buio. Cercò un interruttore e, appena lo premette, si accese una piccola abat-jour. La luce era fioca, ma sufficiente.

«Entriamo.» Sara obbedì e, una volta dentro, chiuse la porta alle loro spalle.

La debole luce dell'abat-jour creava un'intimità distorta. Il Principe, giovane e fremente, aveva gettato via il pesante mantello. Rimaneva immobile, teso e vulnerabile nella sua maschera.

Sara si avvicinò, un sorriso disegnato dalle labbra libere. «Qualcosa mi dice, mio caro, che sei ancora inesperto.» Il Principe, incapace di parlare, confessò la verità annuendo con la testa. «Allora, lascia che sia io a farti da guida.»

Sara iniziò a spogliarsi lentamente. Trovò la cerniera sul fianco e iniziò ad abbassarla con una deliberata lentezza. Il velluto nero cedette, e il vestito scivolò lungo il corpo sensuale e maturo della donna, rivelando una porzione alla volta la sua pelle perfetta. Il Principe era ipnotizzato. I suoi occhi, spalancati dietro la maschera, brillavano estasiati.

Sara rimase nuda, fatta eccezione per le mutandine di raso – un piccolo lembo che le copriva appena il pube – e i tacchi a spillo neri, che adorava indossare perché le facevano sentire la piena potenza della sua femminilità.

Si inginocchiò e sfilò lentamente la cintura dai pantaloni di velluto del ragazzo. I pantaloni iniziarono a scivolare e bastarono pochi centimetri perché la sua erezione, tesa e bellissima, si liberasse. Sara lo aiutò a togliersi i pantaloni del tutto e poi prese quell'asta in bocca con tutta la sua esperienza. Lavorò lentamente, la lingua perlustrava ogni centimetro, concentrandosi sulla sua educazione.

Il Principe non sapeva dove mettere le mani; gemeva solamente. La sua esperienza fece capire a Sara che era il momento di fermarsi: altrimenti il ragazzo avrebbe raggiunto l'orgasmo troppo rapidamente, macchiando il suo volto con "schizzi imperiosi" e compromettendo la missione.

I tacchi della donna spuntavano oltre il bordo del divanetto, le gambe spalancate invitavano il Principe, la cui erezione era imperiosa, a muoversi verso di lei. Si spostò il raso delle mutandine, rivelando completamente la vulva.

Il Principe, desideroso, si inginocchiò. Sara gli afferrò la nuca con le dita bagnate e lo spinse, con una forza ferma e irresistibile, verso il suo sesso.

«Non mordere, mi raccomando,» sussurrò Sara, le sue parole un gemito spezzato. «Lentamente, come se stessi assaggiando un gelato gustoso al cioccolato.»

Il ragazzo obbedì. La sua lingua, inizialmente incerta, trovò rapidamente il ritmo, spinto dalla necessità di non deludere. Sara sentiva di avere il controllo assoluto su quel corpo giovane.

Mentre il Principe le leccava la vulva, Sara si dedicò al suo stesso piacere. Le sue mani, libere, esplorarono il suo seno sodo. Si strinse i capezzoli tra il pollice e l'indice, mugolando a ritmo con la lingua del ragazzo. Le sue dita scesero più in basso: una mano accarezzava il raso bagnato delle mutandine, l'altra si concentrava sulla passera.

«Più forte, più forte, lì, sulla gemma,» ansimò Sara, guidando la sua lingua verso il clitoride.

Lui rispose con una spinta più energica e profonda. Sara sentì il piacere pulsare, e si inarcò, stringendo i denti per non gridare. L'eccitazione era amplificata dal suo desiderio di completare la missione, dalla vista del corpo giovane e teso sopra di lei, e dal brivido di quell'intimità proibita.

Con la mano sinistra, Sara raggiunse l'erezione del Principe, ferma e calda. Iniziò a muovere la mano, tirando e massaggiando con una ritmica esperienza. Era un gioco di equilibri precisi: lei lo portava al limite con la mano, mentre lui la portava al limite con la bocca.

Il Principe, sentendo la mano di lei su di lui, accelerò il ritmo. La sua lingua, ormai, era un organo esperto. Sara era al culmine. Si sentì sul punto di esplodere, la sua passera si contraeva violentemente attorno alla lingua del ragazzo.

Sara scostò il ragazzo, spalancò ancora di più le gambe, si tolse le mutandine. «Ora ragazzo, devi darti da fare, voglio sentire la tua erezione dentro di me, adesso.»

Il ragazzo tremava, si vedeva tutta la sua inesperienza, ma non poteva perdere l'occasione di fare sesso per la prima volta, e per giunta con una donna meravigliosa come Eleonora. Introdusse il pene dentro la passera bagnata. Sara raccolse quella carne tesa dentro di sé.

Sara gemette. Il Principe era dentro di lei e, anche se non gliel'avessero detto, si capiva che quel ragazzo era vergine. Spinse il suo corpo verso la bocca del Principe e lo baciò, divorando il fiato del partner.

«Non vedevi l'ora,» sussurrò Sara al Principe. Lei guidava il ritmo, era lei che prendeva l'iniziativa. Si spingeva verso di lui, assaporando tutta la lunghezza del membro. «Più forte. Così! Voglio che tu impari, così sarai bravo con altre ragazze.»

Sara chiuse gli occhi. Non sapeva perché le venne in mente Marco. I suoi muscoli si contraevano. Il Principe era al culmine del piacere. Non tutti potevano vantare una prima volta così piacevole. In quel momento, quasi si dimenticò dei soldi e del fatto che lo faceva per denaro, non si sentiva quello che era, una puttana. Voleva regalare a quel ragazzo il piacere più intenso della sua vita, voleva che dopo di lei facesse fatica ad appassionarsi a un'altra donna. Vide il suo viso, poteva riconoscere quell'espressione, vista mille volte con i suoi partner passati.

«No, no! Non ancora. Non puoi ancora finire con me, non te lo permetto.»

Sara si staccò dal ragazzo. La sua mente era lucidissima. Si sollevò sui suoi tacchi. Appoggiò le mani sul divano, spalancò le gambe, rese ancora più toniche dalle scarpe. Quel gesto era un'offerta esplicita che non doveva essere ignorata.

«La Dama di Cenere ha un ultimo desiderio da te,» ordinò con la voce rauca. «Voglio regalarti il sogno proibito di ogni uomo, e te lo dono con piacere.»

Sara usò le dita per preparare l'ingresso dell'ano, si leccò pure le dita e se lo masturbò per qualche secondo; doveva renderlo più morbido all'ingresso. Il Principe sembrava confuso, non sapeva bene come reagire.

Afferrò il suo pene, se lo masturbò, vide quelle forme mature sculettare. Non poteva desistere, doveva fare la sua parte. «Dai, muoviti, non mi desideri? Vuoi che lo faccia con un altro?»

Quelle parole lo incitarono. Appoggiò il suo pene contro la parete anale, lo spinse, sentiva resistenza. Spinse ancora, e finalmente varcò quelle mura. «Sei un ragazzino spaventato o cosa? Spingi, fammi godere, stupido! Spingi come un toro in una corrida. Sfondami, Principe!»

La penetrazione divenne una serie di affondi profondi e violenti. Sara sentì ogni colpo; lui, di sua iniziativa, le afferrò il seno e la strinse contro di sé. In quel momento non era più il ragazzino timido e insicuro. Sudava, gemeva, strinse gli occhi.

Sara, dentro di sé, sapeva che sarebbe stata inondata da lì a poco. «Il tuo nome! Dimmi il tuo vero nome, voglio sapere chi sei!» urlò, con voce strozzata.

Il Principe si inarcò, riversando il seme la prima volta all'interno di Sara. Ci fu una seconda esplosione. Il pene uscì e diede un'ultima scossa sulla schiena di Sara e urlò: «Mamma mia! Eleonora, sei una donna stupenda, ringrazierò per sempre l'amico di mamma per averci presentato.»

Quelle parole risvegliarono Sara dal sogno. Cosa volevano dire? Si sentiva confusa. In quel momento, la porta si spalancò e vide il Volto di Lucifero.

Il Principe, ora sul divano ansimante. Anche lui si voltò verso la porta.

«Congratulazioni,» quella voce la conosceva. «Hai superato ogni mia aspettativa.»

In quel momento Sara si aspettava di ricevere il suo premio, ma Marco, era sicuramente lui sotto quella maschera, si avvicinò al Principe. La sua mano guantata afferrò la maschera del Conte della Notte e con uno strattone secco la strappò via.

La luce del corridoio illuminò quel volto. Sara urlò. Fu un suono muto. L'orrore le apparve sul volto. Era il volto di Andrea, il suo Andrea. Suo figlio.

Non poteva sbagliare, vedeva quei lineamenti ogni giorno. Il suo bambino. Il mondo di Sara si disintegrò. Non poteva stare più lì. Prese in fretta e furia il suo costume e cercò di rivestirsi come poteva. Vide un giaccone pesante sull'attaccapanni e lo prese, chissenefrega se lo rubava a un inserviente. Superò Marco. «Sei un lurido bastardo.» Guardò un'ultima volta Andrea; il suo volto era confuso, era evidente che non aveva ancora capito cosa era successo e quello era una fortuna.

Lei corse via, spinse la maniglia antipanico e si ritrovò all'esterno. Guardò il cielo, scendevano delle palline bianche, era neve. In quel momento non sentiva freddo, voleva solo scappare il più lontano possibile.

Post New Comment

Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.