Confessione e penitenza

Confessione e penitenza

Sofia e Davide D’Angelo, coniugi separati, vengono trovati una mattina sul letto in casa di lei, legati e coi sessi straziati; secondo la loro dichiarazione, è stata la figlia Chiara a maltrattarli così; affermano che, per ridurli in quello stato, li ha drogati e, addormentati, ha violentato turpemente il cazzo e la figa; le ricerche sulla scena del crimine portano al ritrovamento di una boccetta di forte sedativo la cui provenienza è individuata nel carico di medicinali che una sezione locale di un’organizzazione non governativa per l’assistenza medica in Africa ha preparato per spedirlo all’ambulatorio che hanno realizzato in Angola.

Iniziano le ricerche per conto dell’Interpol e, dopo più di sei mesi di indagini, due giovani poliziotti di una cittadina al limite della foresta sono mandati a prelevarla nella struttura sanitaria di assistenza; la suora li accoglie, riconosce la volontaria che cercano e avverte che è isolata nella grande capanna dei malati senza speranza; vi possono entrare solo poche persone ben attrezzate, con moltissime cautele e a loro rischio; se vogliono arrestare la ricercata, devono entrare rilasciando dichiarazione di responsabilità.

Naturalmente, la polizia angolana passa la ‘patata bollente’ a quella italiana e, dopo un altro mese, il capitano Nicola Russo, della Polizia di Stato, sbarca a Fiumicino, di ritorno dall’Uganda dove si è recato in missione per effettuare l’arresto della ricercata, che, dopo il crimine, come risulta dal biglietto acquistato in internet, è volata a Nairobi da dove l’organizzazione assistenziale, in perfetta buona fede, l’ha aiutata a raggiungere la destinazione finale in Angola.

Le uniche cose che il capitano Russo ha recuperato nell’ambulatorio rifugio di Chiara, contenute in una scatola di cartone, sono l’urna contenente le ceneri della medesima, morta nelle more, a diciannove anni e mezzo, perché ha contratto l’evola dai malati che assisteva, pochi abiti lisi e un diario personale; al giudice Silvestri, incaricato del caso, l’unica cosa che interessa veramente è il diario, dove spera di trovare gli elementi che spieghino un fatto criminale efferato e ingiustificabile.

Vi si dedica con passione nel tempo libero e alla fine si trova a sottolineare alcuni passaggi che davvero sono illuminanti; le primissime annotazioni sono del 2014; essendo Chiara nata ad aprile del 2000, al tempo aveva appena quattordici anni e si era iscritta al primo anno dell’istituto superiore, lo stesso Liceo dove sua madre Sonia, all’epoca trentacinquenne, insegnava italiano e godeva di una fama non molto piacevole.

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5 ottobre 2014

Mamma fa veramente schifo; in tutti i corridoi, in tutti i crocicchi, dovunque ci sia gente e si facciano pettegolezzi, l’argomento principe è la sua ninfomania; a sentire quello che si racconta, non ha nessun pudore e nessuna esitazione a scopare con chiunque, amici, conoscenti, colleghi, personale non docente, studenti degli anni precedenti ora universitari e persino studenti dell’ultimo anno particolarmente forti e prestanti.

Mi sento avvampare ogni volta che, passando, mi sento indicata come la ‘figlia della troia’; ma lei sembra che non prenda in nessuna considerazione commenti e giudizi; qualcuno degli amici che la conosce sin dall’infanzia, giura che è stata sempre così, anche da ragazza e che, prima di incontrare mio padre, abbia prosciugato le palle di tutti gli amici e conoscenti, principessa della scopata svelta nei bagni, dell’inculata libera e gola profonda per l’abilità nei pompini con ingoio.

Una volta qualcuno aggiunge anche che io sono nata per un errore di valutazione e che solo per un dovere civico e per evitare uno scandalo, visto che avevano fatto scadere i tempi utili per un aborto terapeutico, mi hanno fatto nascere ma che hanno passato la vita a rimpallarsi la responsabilità della mia nascita senza curarsi affatto di me; di questo ho prove concrete e dirette dai frequenti scontri che li contrappongono spietatamente, senza curarsi delle cose che mi costringono ad ascoltare.

11 novembre 2014

“Sei uno stronzo cornuto, capace solo di correre dietro alle ragazzine, senza palle e senza ambizioni; d’altronde, la tua imbecillità è stata la causa per cui siamo sposati; neanche a ritirarti al momento di sborrare riuscisti; mi sono trovata con la palla al piedi di una figlia che mi pesa solo perché tu non sapesti controllare una sborrata!”

“Per farlo, avrei dovuto essere una puttana come te che se ne scopava fino a cinque al giorno e ingoiava più sborra che acqua, dovevo avere quelle abilità che tu contavi a migliaia nel tuo bagaglio di zoccola; neanche la pillola del giorno dopo sapesti comprare, per evitare quel fagotto inutile che ora è un peso insopportabile per la mia libertà!”

Lo hanno ripetuto anche oggi, in una delle tante assurde litigate che fanno solo nella speranza di dimostrare che esistono; per fortuna, lo studio e gli amici mi danno ancora la forza di reggere e di andare avanti; oggi sono stata in parrocchia ed ho conosciuto padre Massimiliano, un missionario che ha viaggiato tanto, ha conosciuto il dolore e ha fatto tantissimo per i poveri di tutto il mondo; se mi riesce, voglio fare la volontaria nella sua associazione.

Mi ha anche avvisato che si rischia molto, anche la vita, a lavorare con malati terminali come quelli che hanno un AIDS conclamato, l’evola o una delle tante malattie mortali epidemiche proprie dei paesi africani; ma se mi rendessi conto che solo quel percorso mi resta, per dare un senso alla mia vita, lo farò senza esitazione; certo non resterò a sopportare le angherie e le volgarità di una madre ninfomane e di un padre puttaniere.

6 aprile 2016

Era il mio sedicesimo compleanno, oggi; in qualunque famiglia, sarebbe stata preparata almeno una torta; i due maiali che ho per genitori, invece, hanno riproposto l’ennesimo quadretto del lancio di merda addosso all’altro, per raccoglierla poi e spalmarsela addosso con lussuria infinita; mi fanno schifo da farmi venire da vomitare; non riesco a capire perché continuano a vivere insieme, nella stessa casa, nello stesso letto persino.

Non hanno il coraggio di separarsi; se mi logorano ancora la pazienza, rischio di essere io a separarli, anzi a dividerli staccando ad entrambi la testa, a costo di passare la vita in prigione; dio mio, no; questa non la dovrei pensare; dovrò chiedere a padre Massimiliano un perdono speciale per questi pensieri omicidi; ma ormai non riesco a provare che sentimenti di odio per tutto e per tutti; solo questo mi hanno insegnato.

Mi dispiace per Roberto; è così caro, quel ragazzo; ma non riuscirò mai a corrispondergli; lui mi vuole bene, dice anche che mi ama e che prova pulsioni sessuali per me; io al sesso penso con schifo; neanche masturbarmi mi riesce, cosa che alle amiche e alle compagne di classe sembra essere congeniale; mi ha chiesto Elvira cosa faccio quando mi siedo sul bidet; non riesce a credere che mi lavo la figa senza provare emozioni, come faccio col viso, col culo o con qualunque parte del corpo.

Lo so che risulta poco credibile, ma è così; a Roberto ho vietato di usare qualunque termine abbia la radice amor; deve essere un fratello per me; forse, se supero il mio handicap, posso anche provare a farci un po’ d’amore o di sesso; ma, per ora, temo di essermi congelata, da quel punto di vista; so che è paziente e tenace; forse ci proverà ancora; spero che mi prenda in un momento di debolezza perché una parte di me vorrebbe fare quello che fanno tutte, a cominciare da quella troia di mia madre.

25 giugno 2016

Mia madre è la più grande puttana al mondo; non solo si è portata l’amante fin nel letto matrimoniale, senza avere mai deciso la separazione; ma ha scelto un alunno del nostro liceo; ormai non conosce più limiti e me lo ha dimostrato con la ricca e completa lezione di sesso che, senza accorgersene, mi ha offerto stamane; ma credo che, spudorata com’è, non si sarebbe trattenuta neanche se avesse saputo che la guardavo.

Mi sono svegliata che mi erano arrivate le mestruazioni; come spesso mi capita, erano abbastanza dolorose; sono andata in cucina perché sapevo che mamma oggi era libera e volevo dirle che non andavo a scuola; non l’ho trovata e, pensando fosse andata a fare la spesa, sono tornata in cameretta; l’ho sentita che rientrava e quasi le andavo incontro quando ho udito, dalle voci, che era in compagnia di qualcuno che, dal tono, mi pareva giovane.

Li ho sentiti entrare in camera e dopo poco una serie di rumori mi ha suggerito che cominciavano a scopare; sono uscita silenziosamente e ho trovato la porta di lei parzialmente aperta; per la disposizione dei cardini, mi appariva parte del letto, ma molto più nitida era l’immagine nello specchio a tutta parete sull’armadio di lato; ho preso il telefonino ed ho cominciato a riprendere un video con la performance della puttana.

Sul letto, vedevo lei di schiena col culo piantato sul ragazzo disteso supino; un cazzo di notevole stazza entrava e usciva con gioia dalla figa spalancata e grondante; l’immagine allo specchio mi dava il viso di lui, nel quale riconobbi un suo alunno dell’ultimo anno; l’espressione di lei era quasi estatica di goduria; udivo anche gli incitamenti di lei che elogiava la mazza in figa e incitava il ragazzo a tenerla ritta senza sborrare per farla godere.

Con un gesto imprevisto e repentino, la vedo sfilare totalmente dalla figa il cazzo, che mi appare ancora più mostruoso una volta fuori; sposta la punta indietro, l’accosta all’ano e comincia a farlo entrare nel buchetto; tremo perché, le poche volte che sul bidet mi tasto il buchetto, nemmeno un dito riesco a farci entrare; mai avrei pensato che una mazza di quella fatta potesse riempirle le viscere; invece lo assorbe tutto e lo incita a pompare, a scoparla per farla ancora godere.

Mi viene da vomitare e cautamente vado in bagno e mi libero; al ritorno, lei si è spostata e stavolta gli sta addosso ma col viso rivolto al cazzo che lecca amorosamente; passa un tempo infinito a godersi la mazza con la bocca, leccandola sapientemente e minuziosamente lungo l’asta, infilandosela in gola forse fino a soffocare, dedicandosi contemporaneamente a masturbare il randello e a leccare i testicoli.

Mi offre, praticamente, una lezione completa sulla perfetta fellazione di un grosso cazzo, anche se ne avrei senza problema fatto a meno; l’altra immagine, quella dello specchio, mi propone la sua schiena perfetta e il culo rotondo su cui il ragazzo si sbizzarrisce con leccate, morsi, schiaffetti e delizie varie; solo quando lei interrompe la fellazione e lo lascia libero di svariare, lui aggredisce la figa con la lingua e la succhia a lungo, più volte.

Quando lei si gira e si sistema a pecoroni, lui le va dietro e con un colpo secco la penetra in vagina; dopo averla montata in tutti i modi, sposta la punta al buco e la incula da dietro, da davanti, sdraiati di lato sia a sinistra che a destra, a testa sotto, insomma a lungo e in ogni modo; ritengo di averne abbastanza e mi ritiro nella cameretta; mi sorge a quel punto il problema di apparire senza destare problemi; in un momento di silenzio loro, faccio rumore e lei si precipita.

“Come mai non sei a scuola?”

“Mi sono arrivate le mestruazioni e, come sempre, il primo giorno non sono in grado di fare niente … “

“Va bene; ho un ospite; mi libero e sono da te … “

“Se l’ospite lo hai ricevuto in intimo e vestaglia, non ti preoccupare per me; è chiaro che stai facendo le corna a mio padre … “

“Questi non sono affari che ti riguardano!”

“Quando saranno affari miei, ti presenterò un conto assai salato … Visto che non vi amate, non vi stimate, non vi rispettate, perché non la fate finita e vi separate?”

“Perché certe cose non si chiariscono ancora … Fatti gli affari tuoi!”

“Me li faccio, stanne certa; ma se perdo le staffe … “

10 ottobre 2016

Se con mia madre ero andata sul sicuro, più problematico mi risulta verificare personalmente se davvero mio padre è un puttaniere o almeno un dongiovanni, come mia madre asserisce; non conosco il suo ambiente di lavoro e lui ha assai meno occasioni di scopare in casa; pensavo che forse avrebbe avuto più dignità e difeso meglio la sua privacy; ma i fatti erano destinati a smentirmi totalmente.

Ho a lungo resistito alle profferte di Roberto di ‘conoscerci‘ più intimamente perché mi rendo conto che l’espressione nasconde l’invito a fare sesso, quanto meno in forme leggere e palliative; d’altro canto, anche persistere con protervia nella determinazione a rifiutare aprioristicamente l’amore e il sesso non mi pare un atteggiamento difendibile all’infinito; insomma, quando gli ho accennato alla possibilità di uscire noi due soli con la sua minicar, sapevo che volevo farci almeno un po’ d’amore.

Naturalmente, ho fissato paletti duri e invalicabili; ma mi vuole così bene che non esita ad accettare qualunque imposizione; montiamo in macchina e si dirige ad una radura della prima periferia di solito frequentata da coppiette; parcheggia in un angolo riparato e mi abbraccia con grande affetto; dentro di me, ho voglia di abbandonarmi a lui con tutta la fiducia del mondo e ricambio il bacio con grande sensualità; il gioco delle lingue scatta automaticamente.

Mentre lasciamo scatenare la passione e le mie mani cercano il suo corpo come le sue spaziano sul mio, mi colpiscono gli strani movimenti in una macchina a poca distanza da noi che mi sembra di conoscere; quando gli occupanti escono dall’abitacolo, rimango di sale; effettivamente conosco quella macchina, perché è quella di mio padre e l’uomo che esce è proprio lui, in compagnia di una ragazza che avrà sì e no la mia età; tutte le voci su di lui trovano in un colpo conferma.

Mi stacco dal bacio lussurioso che sto scambiando con Roberto e con lo sguardo gli indico la macchina di mio padre; ne è certo anche lui e cerca di essermi vicino consolatorio; mi abbraccia forte, quasi a distogliermi da quella vista, e mi chiede se voglio andare via, scatenare un scenata o ignorare e vivere le dolcezze del nostro incontro; lo bacio con profonda intensità, gli faccio sentire il seno voglioso contro il torace e abbasso una mano sulla patta.

“Chiara, sei sicura di volere questo? Non credi che sia questo, il momento di attivare i divieti che hai posto?”

“No; in questo momento, di fronte allo scempio della mia vita, ho bisogno di credere che qualcosa si possa salvare dal naufragio, ho bisogno dell’amico a cui aggrapparmi; se farlo al suo sesso ha questa funzione, ti voglio seriamente; domani forse ci ripenserò e ti riproporrò divieti; ma stasera sono tua, per quel poco che voglio concedermi … “

“ … che sarà tanto, infinitamente tanto, per me!”

Mentre la mia mente gira vertiginosamente cercando le parole per dire a Roberto che gli voglio un bene dell’anima e che forse sto innamorandomi di lui, gli occhi seguono le mosse del mio vergognoso padre che sta abbracciando con una foga mai vista la ragazzina con cui si accompagna; dopo averla strapazzata alquanto su tutto il seno abbondante e sulla figa, attraverso il vestito, la fa girare e appoggiare le mani sul tettuccio dell’auto, le solleva la gonna esponendo a tutti il culo nudo e la vulva grondante.

Si abbassa voglioso fino a terra e osservo nettamente la lingua che spazia vogliosa dalla figa al culo, avanti e indietro, finché le urla di piacere di lei riempiono la radura e incuriosiscono anche i più distratti o quelli impegnati in loro copule; sollevatosi in piedi abbassa i pantaloni e il boxer, insieme, fino alle caviglie e prende a sbattere il ventre contro il culo pieno e carnoso di lei; sembrerebbe quasi che voglia risolvere tutto come in una rapida sveltina in bagno; ma non è così.

Si sta sfilando dalla figa e vedo che fa ancora girare la ragazza e la fa abbassare finché si siede quasi sui talloni; a quel punto, vedo che l’asta sta scivolando nella bocca di lei.

“Roby, è questo quello che si dice fare i pompini?”

“E’ uno dei modi; ce ne sono molti … “

“Per esempio?”

“Per esempio, tu adesso mi tiri il cazzo fuori dai pantaloni e abbassi la testa finché la tua bocca lo incontra; in questo caso, sei tu che stabilisci come, quando e fino a che punto farmi penetrare nella tua bocca, in base alla tua capacità di resistenza; tuo padre è chiaro che ha imposto il meccanismo per cui è lui a decidere come scoparsi in bocca la ragazza … “

“Farti l’amore con la bocca è il modo meno grave di scopare?”

“Se proprio vuoi fare graduatorie, è chiaro che la masturbazione è il gradino più basso; il pompino sta un poco più su; poi c’è la scopata con le tette, detta alla spagnola, poi quella col culo e infine quella in figa che è la più impegnativa per due persone che credono a valori; chi non ci crede, appiattisce tutto allo stesso modo … “

“Io credo nell’amore, per questo ne ho paura … “

“Io ci credo e non ne ho paura … “

“Se adesso imparo a succhiarti il cazzo, ti do amore?”

“Tu mi dai amore già solo stando qui con me a parlarne; è la prima volta che penso di fare sesso con una donna che amo; sono completamente vergine forse come te; dove trovi un amore più pulito?”

Non esito più; adesso voglio sentire il sesso nella bocca; non mi basterebbe masturbarlo; quando ho infilato la mano nel boxer ed ho sentito la forza del cazzo scuotermi il ventre, ho capito che l’amore è ancora più bello se viene trasmesso col sesso; l’asta stretta in mano mi fa sentire forte, dominatrice invincibile; è come uno scettro che sto impugnando per dire che sono una donna viva, con un uomo vero e vivo, che ci amiamo e affrontiamo tutto, se siamo insieme.

Guardo allibita mio padre che spinge con forza il bacino contro il viso della ragazza che sta letteralmente violentando; abbasso la testa, accosto la bocca al cazzo di Roberto e lo assaggio con delicatezza, forse con amore; è dolcissimo il gesto in se, ma anche l’afrore e il sapore della mazza sono piacevoli; lecco timidamente la cappella e sento la sua mano che mi accarezza i capelli e sembra guidare dolcemente il movimento della mia lingua.

Mi perdo nella dolcezza della fellazione, nelle mie fantasie che si popolano di cieli azzurri e di musiche celestiali; sento l’asta vibrare in bocca e spingo involontariamente vero l’ugola finché l’ingombro non rischia di farmi vomitare; mi sorprendo a pensare che Roberto, ad onta della dolcezza che dimostra sempre, ha una mazza davvero importante; se la paragono ad altre che ho visto, questo è un signor cazzo, degno dell’amore di una vergine pura e casta come me.

Quasi a conferma, guardo mio padre che, con una dotazione senz’altro inferiore, è però ferino nel modo di usarla per sbattere in bocca e sul viso della malcapitata la sua profonda ed intima bestialità, non certamente la dolce emozione di piacere reciproco che sto scambiando col mio ragazzo, forse posso definirlo così ora; lui forse lo avverte dalla salivazione più intensa e più calda che la mia bocca produce sulla sua asta; sento che mi dà tanta dolcezza e tanta me ne riserva ancora.

Vorrei che l’amore che mi sta scatenando annullasse l’odio che mi provocano mia madre e mio padre, che ancora si esibisce nella sua proterva volontà di possesso spogliando nuda la ragazza, davanti a tanti spettatori nelle macchine da cui partono gli sguardi che, come il mio, ne seguono le evoluzioni; odio profondamente l’arroganza esibizionista di un uomo che non ha nessun rispetto neppure per moglie e figlia e che si esibisce come un toro nell’arena, prima di essere ‘matato’.

Sento che Roberto, piantato col cazzo nella mia bocca, geme e mugugna qualcosa finché mi suona chiaro ‘sto per godere, fai attenzione’; non mi sposto di un millimetro; ora voglio sentire la sua mascolinità esplodermi nella bocca; voglio che si senta mio come io mi sento sua; gli spruzzi della sborra che mi spara contro il palato fanno scattare la mia libidine e sento che il ventre mi si spacca, si apre a far uscire il mio piacere che si riversa nello slip; mi bacia con delicatezza e mi appoggio a lui convinta.

Il maiale, intanto, sta sbattendo ancora una volta, da dietro, non so in quale buco, la sua giovane amante; in un gesto definitivo di disprezzo, quando Roberto mette in moto l‘auto, accendo i fari abbaglianti contro l’auto di mio padre e per un attimo è al proscenio, sotto gli occhi di un riflettore, in piena luce come forse desidera la sua arroganza esibizionistica; si volta verso di me e spero che la luce degli abbaglianti gli impedisca di riconoscermi; filiamo via in fretta.

30 aprile 2017

Finalmente i due maiali hanno deciso di distinguere i trogoli; il regalo più bello che potevo ricevere per questo compleanno è la sentenza di separazione legale che sancisce per lo meno che la recita squallida della convivenza dei due inveterati sporcaccioni è finita e che ciascuno si gratterà i suoi pruriti, lei nella casa che abitiamo da sempre, lui nell’alloggio che ha preso per sistemarsi e per portarci le sue donne da scopare quanto gli pare.

Purtroppo, per me la giostra cambia ma i tormenti sono gli stessi; il motivo di fondo per cui non decidevano la separazione era l’affidamento di una figlia che nessuno dei due desiderava; il giudice ha decretato d’autorità che passo le settimane a casa di mia madre, peraltro insegnante nella scuola che frequento sei giorni a settimana; i fine settimana mi trasferisco da mio padre e sono costretta a subirmi, da un lato, gli amanti di lei e, dall’altro quelle di lui.

I primi tempi ho sofferto un poco; poi ho imparato ad usare i tappi per le orecchie quando Sofia, non mi va neppure di chiamarla mamma, si fa sbattere come uno zerbino da giovanetti prestanti o da maschi infoiati; la voglia di vomitare è la costante delle mie giornate; per fortuna, l’affetto di Roberto è ancora fonte di serenità e dolcezza, anche se facciamo molto poco sesso e al massimo con le mani o con la bocca.

A casa di mio padre, lo spettacolo di sgualdrinelle che girano per la cucina all’alba, svestite o completamente nude, disfatte da una notte di sesso, mi provoca noiosi accessi di vomito; poi imparo a immaginarle trasparenti; e non è difficile ignorarci, visto che avrebbero poco o niente da dire; invece il rancore contro ambedue i genitori è ormai una componente ineludibile del mio carattere; non risparmio occasione per dire che mi fanno schifo e che aspetto la possibilità di andare lontano da loro.

Ho chiesto più volte a padre Massimiliano se mi accoglierebbero come volontaria in una delle strutture di assistenza a cui lavorano; come era facile prevedere, mi avverte che devo essere maggiorenne se voglio fare una scelta così decisiva; sto accarezzando l’ipotesi di tirare agli squallidi miei genitori una mazzata da ricordare e, subito dopo, partire in incognito per uno dei paesi più arretrati dove svolgono la loro opera assistenziale; alla maggiore età, lo farò quasi certamente.

3 aprile 2019

Fra tre giorni festeggerò il mio diciannovesimo compleanno; l’anno scorso non se n’era ricordato nessuno dei due; mia madre si è presa un colpo quando ha saputo che, anche maggiorenne, resto a loro carico perché non ho reddito che mi renda autonoma; è diventata ancora più scortese ed offensiva, accusandomi di parassitismo e di nullità; per tutto l’anno, ho covato l’idea, al diciannovesimo compleanno, di tirargli un colpo basso e di sparire.

Determinata ad andare fino in fondo, ho interrotto, tra mille sofferenze, i rapporti d’amore e di sesso con Roberto; non voglio che sia travolto dal terremoto che intendo scatenare; ho fatto mille lavoretti per mettere insieme i soldi che mi serviranno a fuggire lontano; ho rubato, dal deposito dell’associazione, una boccetta di sonnifero perché voglio addormentarli per punirli poi severamente e in libertà; ho acquistato un biglietto per volare a Nairobi; da lì l’associazione mi porterà ad un ambulatorio per malati di evola; aspetto il compleanno che voglio come data del mio addio

Quel giorno obbligherò mio padre, poiché è un infrasettimanale, a venire a prendere un te con me e con mia madre; nelle loro tazze verserò tutto il sonnifero; quando saranno storditi, mi sarà facile legarli alle testiere del letto che in camera di mia madre sono di ferro battuto con disegni di foglie e fiori; non so cosa farò ai corpi esamini ma punirò la loro sessualità offensiva, in una maniera che voglio ancora inventarmi.

So che non è il modo migliore di comportarmi; anche se meritano tutti i castighi del mondo, non spetterebbe a me punirli; non ne parlo, neppure per errore, a padre Massimiliano al quale chiedo la complicità per sparire; mentalmente, gli chiedo perdono per la bassezza di quello che farò; il senso di colpa è forte e forse mi peserà anche quando sarò scomparsa; ma quello che la sinecura dei miei genitori mi ha costretto a sopportare giustifica e forse merita una condanna equa.

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Il diario della ragazza si ferma a quel punto; successivamente non ha avuto forse né modo né occasione per scrivere altro; non ci vuole molto a ricostruire quello che è avvenuto; gli indizi rilevati dicono che tutto si è svolto come previsto; i due assurdi genitori hanno bevuto il te col sonnifero e sono rapidamente crollati; la ragazza, bene in forma ed assai forte, li ha spostati sul letto matrimoniale e legati alle testiere e, per due piedi, tra di loro.

Poi ha stretto il cazzo del padre in un cappio fatto con una lenza da pesca d’altura, fatta passare sul lampadario e tirata allo spasimo; forse il poveraccio si è destato, per il dolore, il tempo di vedere quel che la figlia gli faceva; è svenuto di nuovo quando il cazzo ha ceduto di schianto; intanto, Chiara ’frullava’ con una frusta elettrica al massimo dei giri la figa di sua madre squarciandole tutto l’apparato sessuale.

Per una assurda legge del contrappasso, lei ha punito gli organi da cui è stata generata e poi degradata al livello della spazzatura; lo ha fatto nel talamo che avrebbe dovuto rappresentare l’unione tra loro tre in una dimensione totalmente diversa; lo ha fatto quasi un attimo prima di scegliere la via di un sublime sacrificio di cui è rimasta vittima volontaria; il giudice Silvestri quasi non riesce ad accettare la realtà degli eventi.

Lo turba l’idea che qualcosa di tanto orribile sia stato scatenato dall’immaturità di due persone che hanno affrontato nella maniera peggiore le scelte d’amore di due ragazzi e, per decadimenti successivi, sono arrivati ad un epilogo così drammatico; fissa la seduta per discutere la denuncia presentata dai coniugi; ma non sa sottrarsi alla tentazione di una telefonata alla moglie per invitarla a teatro il sabato seguente ed una alla figlia, solo per riconfermarle il suo affetto, che lei ricambia con entusiasmo.

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