Conflitti

Conflitti

Passai dalla palestra ma neppure scesi dall’auto; uno squillo e il mio ragazzo fu lesto a scendere le scale e affacciarsi al finestrino dell’auto; lo feci salire e mi sbrigai a partire per il solito motel; erano ormai sei mesi e più che uscivo due volte al mese con questo ragazzo di venti anni, meno di mia figlia Ada che ne aveva ventitré e meno ancora di Mario, mio figlio, che ne aveva venticinque ed era sposato da tre con Marika, giovane avvocato brillante ed ambizioso.

Caratterialmente, erano il nostro ritratto; mia figlia assomigliava tutta a me, che riassumevo le caratteristiche della ninfomane rancorosa con il marito che si occupava solo di soldi e non mi rivolgeva più un complimento per errore; mio figlio invece era tutto suo padre, meticoloso, preciso, attento al lavoro ed alla progressione sociale; per questo, sapevo poco di Ada che forse usava la figa a piacimento, ma non aveva, come me, il vincolo matrimoniale a renderla puttana, mentre Mario era un libro aperto.

Per tutti gli anni della fanciullezza e dell’adolescenza, mi ero preoccupata di educarli all’odio verso il padre, segnalandone pesantemente la ‘distrazione’ dagli affari familiari, preso com’era dal lavoro; ed ero riuscita ad allontanarli da lui perché fossero solo ‘cosa mia’ fedelissimi alla mamma e pronti a tutto per lei, ma altrettanto rancorosi col padre di cui non vedevano gli enormi sforzi per assicurargli vita serena, studi qualificati e risultati positivi.

A quel distanziamento acrimonioso ero arrivata istigata dai miei genitori che male vedevano il ‘piccolo ragioniere’ farsi largo nella società e raggiungere obiettivi da altri neppure sognati; col tempo, mi ero incancrenita nella violenza e negli ultimi due anni avevo cominciato a fargli le corna con sempre maggiore cattiveria e più dura convinzione; mentre parassitariamente sfruttavo la ricchezza che lui produceva, cercavo dovunque chi mi soddisfacesse a letto per il solo gusto di umiliarlo e offenderlo.

Anche le visite a quel motel erano strutturate per fargli tutto il male possibile; addirittura, le spese erano coperte da una carta di credito che mi aveva concesso e che usavo anche a sproposito, senza preoccuparmi se se ne rendesse conto; neppure mi sfiorava il dubbio che fare inviare le fatture alla società a cui la carta era intestata era pericoloso perché, come avrebbe dovuto essere evidente immediatamente, era mio marito che controllava quella società.

Ma la mia follia non aveva limiti; neppure mi resi conto che, col passare degli anni, i miei ‘ragazzi’ si erano smaliziati, avevano imparato a riconoscere il bene e il male, si erano presto convinti che era da papà che dipendevano totalmente, che lui si preoccupava delle cose veramente importanti, scuola e lavoro innanzitutto, e che la mamma invece si crogiolava nel suo parassitismo condito da una troiaggine che diventava sempre più evidente ed offensiva, per tutti tranne che per la mia vittima.

L’ultima mia ‘geniale invenzione’ era stata farmi assegnare un lavoro in un’azienda cittadina, ma solo perché ero diventata l’amante fissa del padrone che mi scopava ogni paio di settimane in albergo, ma soprattutto organizzava lunghi viaggi in cui gli facevo compagnia e passavamo settimane a girare il mondo e a scopare come scimmie; per onestà riconoscevo che non era gran che a letto; mio marito mi aveva dato, e ogni tanto mi dava, molto di più e di meglio; ma era umiliarlo che mi ingolosiva.

Per contrastare la sua arroganza e per arricchire il palco di corna del mio amato-odiato compagno di vita, ricorrevo a giovani quasi vergini che mi garantivano sedute straordinarie di sesso tempestoso; era esattamente la situazione in cui mi stavo immergendo e di cui ancora non ero annoiata, come spesso mi capitava coi miei capricci; il giovane stallone incontrato in palestra e ‘adottato’ immediatamente, da sei mesi, puntualmente mi faceva tornare a casa gongolante e con lo slip grondante di sborra.

Andai alla reception e chiesi la solita camera, ormai quasi mia per diritto; segnai il mio nome e quello del mio stallone, senza pensare a conseguenze; espletai le solite pratiche e feci spedire, come sempre, la ricevuta alla società; presi per i fianchi il ragazzo e mi diressi al primo piano, conoscendo perfettamente il percorso; anche quel corpo era ormai mio personale possesso e sapevo come baciarlo per sentire immediatamente il cazzo picchiarmi sulla figa, da sopra i vestiti, per cominciare ad eccitarmi.

Ormai i gesti seguivano un rito finanche monotono; sfilai il vestito, che si reggeva solo su due spalline, e lo lasciai scivolare a terra; restai in slip, avendo abbandonato altri indumenti; alle mutandine avevo deciso di non rinunciare mai perché, l’unica volta che ero venuta nuda sotto l’abito, al ritorno, dalla figa era debordata la sborrata che, per abitudine, lui mi scaricava dentro poco prima di lasciare la camera; il vestito e il sedile dell’auto ne risentirono e decisi di usare sempre lo slip per contenere la fuoruscita.

Lui era stato altrettanto rapido a spogliarsi del jeans, della maglietta e delle scarpe ed ora mi stava davanti, splendido nella sua bellezza apollinea col corpo giovane segnato da una muscolatura tonica ma non di palestra, da un cazzo che, barzotto, valeva quanto quello di mio marito duro, da una bellezza quasi angelica per i riccioli biondi a circondare un viso regolare, gli occhi intensi e la bocca carnosa; lo abbracciai e lo avvolsi in un bacio lussurioso.

Ricambiò l‘abbraccio con la foga della giovane età e sentii la lingua invadermi la bocca, riempirla e perlustrarla tutta provocandomi intensa lussuria ed eccitazione notevole, testimoniata dai capezzoli che si erano fatti duri come chiodi; non avevo scopato molto, quella settimana, e la voglia era sicuramente tanta; accostai il pube al suo e appoggiai con una mano il cazzo alla figa facendolo strusciare sul clitoride che reagì da par suo provocandomi un leggero orgasmo.

Per un lungo tempo mi abbandonai al piacere di sentirmi manipolare da lui che mi divorava letteralmente la bocca e la lingua, succhiandola come un piccolo cazzo, mentre le mani artigliavano i glutei e strapazzavano le natiche; un dito scivolò verso l’ano e sentii la prima piccola penetrazione della serata; continuai a baciarlo abbandonandomi al languore che il piacere mi suggeriva; mi spinse seduta sul bordo del letto e mi intimò.

“Succhiamelo!”

Mi piaceva sentirlo autoritario e impositivo, specialmente se, dentro di me, lo confrontavo con la sdolcinata arrendevolezza di Oscar, mio marito, che si perdeva in lunghissime ed estenuanti sedute di preliminari leccando, carezzando, titillando ogni punto erogeno fino a farmi sentire esausta e svuotata di ogni forza, prima di decidersi a mettermi nel corpo la sua mazza che restava, imperterrita, dura come cemento anche per ore.

Presi in mano il cazzo che mi inteneriva per come, al tempo stesso, appariva fragile e delicato per rivelarsi poi duro e spietato quando sfondava; lungo almeno una ventina di centimetri, roseo del colore di un neonato, al centro leggermente incurvato verso l’alto, scappellato offriva un glande a fungo di impressionante spessore che amavo moltissimo sentirmi penetrare in bocca e forzarmi la gola fino al vomito.

Quando lo infilava in figa, dovevo prima lubrificarmi molto coi miei orgasmi, per non avvertire dolorosamente quella cappella violare il canale vaginale e penetrare fino in fondo, fino a colpire la cervice dell’utero; quando poi decideva di incularmi, la preparazione era assolutamente indispensabile perché, anche se avevo preso nel culo delle belle mazze, la sua mi premeva sempre sforzando lo sfintere ed io amavo sentire piacere senza dolore, come per anni mi aveva abituato Oscar.

Accolsi molto volentieri la mazza dura e la presi a due mani, una per reggere i coglioni grossi e gonfi, forse di sborra e di voglia; l’altra per masturbare l’asta tenendola ritta sul ventre; le smorfie di piacere che leggevo sul viso deformato dalla libidine mi suggerivano i movimenti per farlo godere al massimo; appoggiai la lingua sul meato ed avvertii il sapore noto del precum che urgeva; strinsi le labbra e spinsi per farmi stuprare la bocca come una figa vergine.

Con la lingua lo feci scivolare sulle gote e, strusciando la cappella sul palato, spinsi verso l’ugola per ingoiarne al massimo; mi scopò per qualche momento nella bocca e dovetti frenare la mazza fuori dalle labbra per impedirgli di spingere fino a soffocarmi; mi dilettai per un tempo lunghissimo a scoparmi in gola col movimento della testa e, soprattutto, con un lavoro di lingua che ricoprì la mazza di saliva e la fece scivolare in fondo, finché riuscii un paio di volte a toccare con le labbra la peluria del pube.

Lui mi penetrò con violenza in gola, facendomi salivare fino a gocciolare fuori dalla bocca e spingendomi il cazzo fino a darmi conati di vomito e sensazioni di soffocamento; per un tempo infinito mi scopò in bocca e lo succhiai con passione; poi decise di fermarsi, sfilò il cazzo, mi sollevò per i piedi e si inginocchiò accanto al letto con la bocca impiantata direttamente sulla figa; cominciò un cunnilinguo che per esperienza sapevo lungo e dolcissimo.

Come ormai era quasi rituale, cominciò a leccarmi il ventre tutto, soffermandosi sull’ombelico con cui giocava volentieri, per passare lentamente sul monte di venere e aggredire la figa; prima leccò amorosamente le grandi labbra, poi le aprì con le dita e passò alle piccole labbra; le titillò con la punta della lingua e affrontò il clitoride che si era rizzato per effetto della stimolazione; catturatolo con il pollice e con l’indice, lo strofinò a lungo finché urlai per la sborrata.

Poi appoggiò le labbra e lo succhiò a lungo, beandosi degli umori di orgasmo che sgorgavano dalla vagina; con l’abilità che conoscevo e che gli avevo suggerito, forte dell’insegnamento di Oscar in queste cose autentico maestro, lo prese delicatamente fra i denti e cominciò un’altra stimolazione, un poco più aggressiva, che mi inondò di piacere, scaricato in un nuovo orgasmo che bevve come un assetato.

Fui io a quel punto che lo spinsi supino sul letto, gli montai sopra a sessantanove e lo ‘obbligai’ a continuare a leccarmi mentre io prendevo in bocca il cazzo; poiché avevamo già praticato quella soluzione, lo fermavo stringendogli la testa tra le cosce, quando preferivo essere io a lavorarmi il cazzo dai coglioni alla cappella e scoparmi in bocca con tutta la mazza, fino ai peli; lo lasciavo fare quando preferivo che fosse lui a leccarmi culo e figa, che gli si aprivano davanti come paesaggi di paradiso.

Mi bloccò autorevolmente quando si rese conto che rischiava una sborrata precoce; si sfilò da sotto a me e mi lasciò carponi sul letto; si sistemò alle mie spalle e cominciò a succhiare e leccare, stavolta da dietro, tutto l’apparato sessuale offerto, anzi spalancato, davanti al suo sguardo e alla sua bocca; a spatolate larghe, percorse infinite volte il perineo, dalla figa al culo e viceversa, strappandomi orgasmi quando si tratteneva con la lingua in uno dei buchi.

La dolcezza della lingua che accarezzava la pelle mi fece abbandonare languida al piacere immenso che la pratica mi dava; sentivo intanto che, per dare forza alla scopata, mi stringeva i capezzoli e scosse di piacere si aggiungevano ai brividi che venivano dalla bocca che tormentava il sesso; conoscendo i ritmi del mio amante provvisorio, avvertii quasi in anticipo il movimento del corpo che si appoggiava al culo e la mazza che penetrava in figa, a pecorina.

Nel silenzio generale si udiva solo lo sciaff tipico del ventre che sbatteva contro il culo e mi sentii profondamente riempita perché il ragazzo spingeva come se dovesse far entrare in figa anche i coglioni; aiutava le spinte afferrandomi i lombi o i seni che pendevano, per gravità; piacere si aggiungeva a piacere; andò avanti a lungo; sapevo per esperienza che, quando si impegnava, aveva una gran bella resistenza; e quella sera si impegnava davvero allo spasimo.

Mi scopò da quella posizione, poi mi rovesciò su un fianco e continuò a pompare in figa; sentivo l’utero maltrattato dalle spinte della cappella contro la cervice, tutto il pacco intestinale spostato quasi verso lo stomaco; ma le sensazioni erano di piacere intenso, di orgasmo continuo e di sborrate che punteggiavano l’assalto; sembrava irrefrenabile, il ragazzo, ed io mi perdevo appassionatamente nella scopata più bella e lunga che ricordassi.

Quando ritenne di avermi smantellato abbastanza le reni con la lunghissima monta in figa, sentii con dolore che si sfilava, si allungava verso il comodino e prelevava il tubetto di gel che avevo appoggiato; secondo copione, quasi, adesso era il momento della più saporita e lunga inculata che potessi desiderare; con la punta del cazzo raccolse dalla figa abbondanti umori e li trasferì al buco del culo; ripeté l’operazione con un dito e lo infilò profondamente nel retto che lo accolse quasi deridendolo per la pochezza.

Le dita diventarono due e si aprirono a ventaglio ruotando; lo sfintere cedette immediatamente la sua elasticità; per infilare tre dita e poi quattro, a cuneo, e farle ruotare, versò un poco di gel e mi sentii aprire il culo fino al dolore; poi avvertii la cappella che passava l’ano e si spingeva in fondo nell’intestino; il ritmo classico dell’inculata da dietro mi prese e spinsi in direzione contraria per sentire il ventre fin sull’ano, tra le chiappe spalancate.

Mi montò così per un poco e godevamo entrambi mentre la mazza entrava in profondità, finché i coglioni picchiavano sulla figa, poi si ritirava fin quasi ad uscire completamente e, con un colpo secco o con una lenta progressione, rientrava dentro portando libidine e piacere; eravamo entrambi presi dalla passione del culo e godevamo infinitamente; amavamo molti, entrambi, l’inculata e il ragazzo mi fece percorrere tutta la gamma delle ipotesi.

Prima fu la volta della penetrazione da dietro classica, io carponi e lui inginocchiato; poi mi fece crollare su un fianco, mi sollevò in alto la gamba libera e continuò imperterrito a pompare nel culo; intanto, una mano passava davanti e raggiungeva la figa che masturbava sapientemente; la seconda cavalcata in culo mi deliziò moltissimo; mi fece rotolare sull’altro fianco e riprese la spinta dalla nuova posizione; mi abbandonai e godevo da matti.

Fu una pratica lunga, quella nel culo; dopo forse un’ora il cazzo scivolava liberamente e indifferentemente in figa o nel culo, che si era assuefatto alla mazza ed ora la desiderava sempre più a fondo; mi chiese in un soffio di voce se poteva sborrare dentro; gli dissi senz’altro di sì e finalmente gli spruzzi di una sborrata lunga e sapida mi colpirono con sferzate all’interno del ventre; ad ogni spruzzo corrispose un mio orgasmo e mi sentii vuota, alla fine, mentre crollavo sul letto inchiodata col cazzo nel culo.

Quando l’asta si svuotò e si ridusse di volume, delicatamente la lasciò scivolare fuori e sentii la sua sborra che scorreva dal culo sulle lenzuola; ci accarezzammo con dolcezza e restammo per qualche minuto immobili a riprendere vigore; appoggiai la testa sullo stomaco e titillavo con la lingua, delicatamente, il cazzo barzotto, in attesa che riprendesse energia e mi sfondasse ancora; nella calma del momento, mi riprese la rabbia contro mio marito.

Aurelio, il mio amante primario, tra l’altro anche mio datore di lavoro, mi aveva annunciato che alla fine della settimana seguente saremmo partiti, ufficialmente, per un giro di fabbriche analoghe e parallele; in realtà, per prenderci una bella vacanza in diverse località, da quelle sui monti più alti a quelle in riva al mare, dalle città d’arte famose ai borghi affascinanti sparsi lungo il territorio; l‘obiettivo primario, ovviamente, era scopare senza limiti quanto più a lungo possibile, anche un mese e più.

Sapevo che Oscar non avrebbe fatto obiezioni; a parte il fatto che il viaggio era ben motivato, vista l’abitudine acquisita dal mio amante a portarmi con se in viaggi che definiva ‘di lavoro’; ormai era subentrata in mio marito un’indifferenza che non sapevo a cosa attribuire; scartando l’ipotesi di un’altra donna, per la quale lo ritenevo inetto, non restava che pensare a rassegnazione da cornuto contento o ad una tendenza omosessuale emersa nel tempo.

Nel mio vocabolario solo le mie verità erano possibili; le altre neppure potevano ipotizzarsi; per questo, mi andavo convincendo che una volta almeno dovevo costringere mio marito ad assistere ad una mia scopata nel letto di casa; per dare più sapore alla cosa, sognavo di ammanettarlo sulla poltrona ai piedi del letto, applicargli una gabbietta di castità e costringerlo ad assistere alle più belle evoluzioni di cui ero capace su una mazza extra large.

A questo scopo, avevo comprato per via telematica l’occorrente e accarezzavo, quasi sognando, l’idea di vedere il gigante atterrato dalla femminuccia; il punto più difficile era bloccargli le mani con le manette; il resto poteva scivolare facilmente; ma ero certa che con qualche falsa moina potevo farcela; per mettere in atto il piano, pensavo di utilizzare la vigilia della partenza con Aurelio; l’assenza avrebbe dato a lui modo di assorbire il colpo, se non fosse stato arrendevole e partecipe come speravo.

Abbandonai i pensieri di lotta impegnativi e tornai a dedicarmi al giovane stallone che ormai aveva recuperato le energie ed era pronto a dare vita ad una nuova fase di quella grande scopata; mi stesi supina al centro del letto e lo invitai a sedere sullo stomaco, col cazzo piantato tra i seni; abituato ormai ai capricci della ‘signora’, il caprone non ebbe bisogno di ulteriori indicazioni e si preparò alla ‘spagnola con pompino’ che già aveva avuto modo di sperimentare con gusto.

Appoggiò tra i seni il cazzo, di nuovo duro e ancora viscido del gel dell’inculata; raccolsi le mammelle, che per la posizione si erano leggermente appoggiate ai lati, e le portai a stringere in una dolce morsa di soffice carne la mazza che reagì inalberandosi; stringevo i globi intorno al cazzo e mi titillavo i capezzoli; il ragazzo si spingeva in avanti col corpo e faceva scivolare il cazzo tra i seni, fino a toccare con il glande il mento; piegai la testa, tirai fuori la lingua e lambii il meato.

Trovammo istintivamente la coordinazione; mentre lui spingeva il corpo intero a scivolare su me e portare il cazzo alla bocca, io piegavo la testa, con sacrificio della cervicale, e facevo in modo da ricevere in bocca almeno l’intera cappella; intanto, mi strofinavo tra le dita i capezzoli e mi procuravo un ininterrotto ed intenso piacere che più volte culminò in sborrate di media forza; non ci mise molto, il ragazzo, ad avvertire che la sborrata gli premeva dalla prostata; frenammo il giochetto a ritardare l’orgasmo.

Passammo sollazzandoci con il sesso tutto il pomeriggio fino a sera; il giovane stallone mi titillò e mi scopò a lungo in ogni modo, mettendo in pratica tutto quanto aveva appreso in quei mesi; passò la mazza sulla pelle di tutto il corpo; mi riempì più volte tutti i buchi, culo figa e bocca, mi sditalinò a lungo e mi fece il classico ‘pigiama di saliva’ leccando ogni punto, dai capelli alla punta dei piedi; non me ne stetti ferma a farmi scopare ma manipolai, leccai, succhiai, morsi, presi in ogni buco il cazzo ritto.

Alla fine della performance, non ero in grado di dire quante volte avessi sborrato; moltissime, senza dubbio, di cui almeno una decina ad alto tasso di libidine, con urla disumane di piacere; lui limitò le sue a tre, con eiaculazione, la prima nel culo, la seconda nella gola, dopo un pompino durato un tempo interminabile, e l’ultima in figa quando mi scopò alla missionaria, proprio al momento di uscire dalla camera perché mi piaceva portarmi a casa la sborra in figa, forse in spregio al cornuto mio marito.

Negli ultimi mesi, infatti, non mi ero più preoccupata di nascondere le condizioni in cui rientravo in casa dopo le lunghe sedute di sesso, sia col mio amante fisso e datore di lavoro sia con i personaggi occasionali dai quali elemosinavo ancora un poco di illusoria giovinezza, scopandomi ragazzi addirittura più giovani dei miei figli, senza preoccuparmi di un’opinione corrente che ormai mi classificava puttana e ninfomane, quanto meno bisognosa di assistenza se non da condannare.

Fibrillai per tutto il tempo che mi separava dal ‘grande momento’; Aurelio aveva stabilito che il venerdì, dopo pranzo, saremmo partiti in macchina per la ‘grande vacanza’; decisi allora che il ‘momento della verità’ sarebbe stato il giovedì sera, quando Oscar fosse tornato dall’ufficio, subito dopo cena; organizzai accuratamente tutte le mie cose e mi preparai alla manfrina per convincere mio marito a farsi ammanettare e ad ad essere spettatore dell’incontro con un ragazzo mulatto, a me già noto, fornito di un gran bel cazzo.

Attesi con particolare fibrillazione che arrivasse giovedì; anche se ero fortemente determinata a condurre il gioco fino alle conseguenze che prevedevo; anche se avevo preparato tutto con estrema meticolosità, pure non riuscivo ad impedirmi una certa ansia, soprattutto di fronte all’incognita della reazione di mio marito quando gli sarebbe stato totalmente chiaro il fine del mio progetto; un eventuale scatto di orgoglio non era poi così assurdo da ipotizzare.

Passai una mattinata di grande tensione; mi tenni libera il pomeriggio per dedicarmi alla cura di me stessa; feci una rapida visita al centro estetico, dove mi ero fatta ripulire tutta solo qualche giorno prima e passai la ceretta su tutto il corpo, mi feci ravvivare la pettinatura; a casa, mi lavai l‘intestino con un lungo ed elaborato clistere perché volevo che il culo fosse il centro della scopata serale, forse la più importante della storia delle corna ad Oscar.

Lui rientrò puntuale alle 18,30 e cenammo rapidamente; lo condussi in camera con moine e vezzi che lo disorientarono; quando lo stesi sul letto, non fece obiezioni e si trovò con i polsi ammanettati; avevo nascosto sotto al cuscino le manette, le corde ed il bavaglio; con una corda ancorai i polsi uniti alla testiera superiore del letto; ammanettai le caviglie e le ancorai alla testiera inferiore; gli posai il bavaglio sul viso e gli impedii di protestare.

Quando fu immobile sul letto, incapace di fare qualunque movimento, gli aprii i pantaloni e glieli abbassai alle caviglie, con i boxer; presi da sotto il cuscino la gabbietta di castità che avevo comprato appositamente e gli applicai il pezzo fisso, prima, e quello mobile, poi, costringendo il cazzo a stare nei limiti stretti della gabbia di plastica; infilai il lucchetto e chiusi con la chiave che deposi sul comodino a fianco.

Non si rese immediatamente conto di quello che facevo; guardavo i suoi occhi smarriti mentre telefonavo al mulatto per dirgli di venire a godersi con me una serata di grande sesso; continuava a rimirarmi sbalordito e incredulo mentre mi spogliavo nuda per coprirmi solo con una vestaglia nera trasparente; non fece neppure il più piccolo cenno di meraviglia; non capivo se era contento della situazione che si creava o taceva per incredulità.

“Caro il mio cornutone, adesso viene qui un ragazzo molto ben dotato ed io ci scopo alla grande, così impari ad apprezzare una donna calda che non sai più considerare nel suo grande valore; se sei un cuckold, come io credo, te ne starai buono, ti farai trattare da quel bravo schiavetto che sei e alla fine saremo tutti felici e contenti; se per caso mi fossi sbagliata e non sei lo slave di cui ho bisogno, stasera abbasserai la cresta, una volta tanto; poi vedremo come va a finire.”

Quando il ragazzo bussò, andai ad accoglierlo discinta com’ero e cominciai a carezzarlo, a spogliarlo e a baciarlo non appena varcò l’uscio; lo accompagnai in camera tenendo in mano il cazzo che era già diventato mostruosamente grosso; mi sedetti sul letto, dalla parte di Oscar e gli offrii da vicino lo spettacolo della mia bocca che affrontava energicamente un cazzo molto grosso e lo infilava direttamente fino all’ugola.

Volsi gli occhi a guardare la reazione di mio marito e gli vidi l’aria assente che tante volte gli avevo notato; mi aveva spiegato che, quando una cosa lo annoiava o lo turbava, si concentrava su qualcosa di intimo, che non avrebbe rivelato nemmeno in confessione, e perdeva il senso della realtà; quello che gli capitava intorno si proponeva come uno spettacolo estraneo, una sorta di film che non gli piaceva e che non seguiva affatto, perduto dietro i suoi sogni.

La coscienza che mi stava pigliando per culo e si estraniava anche da qualcosa che nelle mie intenzioni doveva ferirlo profondamente mi rese ancora più feroce; gli mollai un paio di ceffoni per costringerlo a prestarmi attenzione; mi rispose con uno sguardo d’odio che sentii profondamente nel cervello e nell’anima; mi resi conto per un attimo che stavo distruggendo un matrimonio, una storia, una vita.

Ripresi con più feroce perfidia e mi portai ancora più vicino ai suoi occhi perché ammirasse il modo in cui leccavo amorosamente i coglioni tenendo ben ritto il cazzo contro il ventre; infoiata dalla mia stessa provocazione, leccai a lungo con gusto la mazza tutta, appoggiai la lingua al meato e raccolsi il precum, socchiusi le labbra e mi feci penetrare con violenza il cazzo fino alla gola; cominciai una fellazione artistica spingendo la testa indietro fino a toccare il corpo di lui dietro di me.

Mentre il ragazzo si spogliava completamente, mi stesi di schiena di traverso sul cazzo ingabbiato di mio marito e presi la testa del ragazzo per farmi leccare profondamente la figa; intanto, accarezzavo la mia vittima e la solleticavo; si distraeva dalla sua atarassia solo per lanciarmi sguardi d’odio; non poteva parlare, per fortuna; non so quali urla avrebbe lanciato e cosa avrebbe scatenato; qualcosa dentro di me mi suggeriva che stavo superando tutti i limiti, ma la tigna era più forte.

Insoddisfatta della scarsa reazione di Oscar, mi sdraiai di schiena sul suo viso, con le gambe fuori dal letto, ed invitai il mulatto a fottermi sulla sua faccia; con mille acrobazie, mi infilò in figa il suo enorme cazzo ed io carezzavo la fronte e la testa a lui che sul suo volto assisteva alla violenta penetrazione della mazza nell’utero; per accentuare il disagio, urlavo i miei gemiti e davo la sensazione di una scopata davvero straordinaria.

Il ragazzo non resse molto alla mia manfrina e, stufo di essere usato come una mazza inerte, mi obbligò a stendermi sul letto e mi montò addosso infilando la mazza fino alle palle; per accentuare il possesso, mi tirò su le gambe fino a circondare la vita; per favorire la sua scelta, intrecciai i piedi dietro la schiena e andai a carezzare il cazzo ingabbiato; non sentii nessuna reazione e andai ancora più in bestia; davvero non capivo se fosse omosessuale o freddo come il ghiaccio.

Continuando la persecuzione imbecille a cui lo stavo sottoponendo, costrinsi il mio giovane amante a sfilarsi dalla figa e mi disposi carponi sul letto, con la figa rivolta al viso di mio marito; il ragazzo si inginocchiò dietro di me, con la gamba che premeva il corpo immobile di mio marito, e spinse il cazzo profondamente dentro.

“Vedi, cornuto, di che mazza ha bisogno la mia figa? Non posso accontentarmi del tuo fuscello!”

Sapere che stavo mentendo, perché il cazzo di Oscar mi aveva deliziato per anni, da un lato mi dava il gusto del tradimento anche a parole; dall’altro, mi ispirava un certo disgusto di me stessa e delle cattiverie inutili che stavo infliggendo per una mia fisima; quasi a rafforzare la cattiveria, sfilai il cazzo dalla figa, spostai la cappella e l’appoggiai al culo; senza lubrificazione, non avevo mai consentito a mio marito di incularmi; stavolta strinsi i denti e mi lasciai sfondare.

“Vedi, cornuto, come godo a farmi spaccare il culo da una bella mazza; tu non avrai mai questo piacere perché a te non darò più niente, se non ti rassegni a dichiararti mio schiavo almeno nel sesso!”

Speravo di sentire da lui almeno un gemito, vedere uno sguardo triste o, addirittura, una lacrima, di fronte alla scempio che permettevo di fare del culo che era stato per anni suo esclusivo dominio; ma dovetti arrendermi alla realtà che la sua tigna arrivava ben oltre la mia, visto che, ammanettato, ingabbiato, umiliato, continuava a tenere un atteggiamento distaccato quasi che stesse valutando una proposta di lavoro già deciso a rifiutarla; questo mi imbestialiva più di ogni altra cosa.

Eravamo entrati in camera che erano da poco passate le nove; sapevo che dovevo chiudere la partita presto, per riposare abbastanza da affrontare, il giorno seguente, il viaggio con Aurelio; decisi che in tre ore o poco più avrei dovuto farmi fottere come non ero stata mai fottuta, avrei dovuto scopare come fino a quel momento non avevo fatto, avrei dovuto infierire su Oscar fino a distruggerne la dignità, l’orgoglio, la volontà di imporsi a me.

Mi feci montare in figa e nel culo mentre me ne stavo piegata su di lui e gli titillavo con la lingua il cazzo dolorosamente costretto nella gabbietta; lo costrinsi a guardarmi mentre mi facevo entrare fino all’esofago un cazzo straordinario, spompai il ragazzo con una spagnola indimenticabile, che gli feci concludere in bocca dove lo costrinsi a sborrare mentre mostravo a mio marito la sborra che raccoglievo e poi ingoiavo.

Andammo avanti, come avevo preventivato, per circa tre ore; a mezzanotte decisi che la ‘giostra’ poteva chiudere; avvertii il mio giovane amante che si rivestì e andò via; io andai in bagno, mi feci una doccia veloce e andai a letto; mi stesi accanto ad Oscar, ancora ammanettato e legato al letto, e prima di addormentarmi lo avvertii che il giorno seguente sarei partita con Aurelio per una ricognizione nelle varie fabbriche sul territorio nazionale; non sapevo quando sarei tornata.

Non mi poteva rispondere perché era ancora imbavagliato e non avevo nessuna intenzione di sentirmi aggredire e maltrattare verbalmente, cosa in cui era abilissimo; quindi diedi per scontato che lo avevo messo sull’avviso e questo mi esimeva da qualunque altro dovere coniugale; ingollai un paio di ansiolitici e caddi nel sonno più profondo e, per certi aspetti, soddisfacente; mi svegliai abbastanza presto, passai sotto la doccia per togliermi di dosso le scorie del sonno e della serata ‘brava’.

“Senti, cornuto, io adesso esco per andare al lavoro; ti lascio le chiavi delle manette e della gabbietta qui sul cassettone; vuol dire che, dopo che sarò uscita, striscerai come il verme che sei fino al cassettone, recupererai le chiavi e andrai a lavorare, l’unica cosa che ti compete e che sei in grado di fare; come ti ho detto, non so quando tornerò, ma, al ritorno, fatti trovare umile e sottomesso; altrimenti quello che hai vissuto ieri sera ti sembrerà una passeggiata riposante rispetto a quello che ti farò imporre da qualcuno dei miei amanti, possibilmente uno dei più violenti e determinati; devi accettare che sono la tua padrona e che sei il mio slave; solo a queste condizioni ti sarà consentito di vivere a fianco a me; in caso contrario, ti farò riempire di mazzate e ti farò condannare a mantenermi senza neppure vivere insieme!”

Difatti quello stesso pomeriggio ci mettemmo in macchina e in poche ore di viaggio eravamo in piena montagna ancora parzialmente innevata, e mi rilassavo in un albergo a quattro stelle; quella notte fu la prima di una lunga serie passate a scopare come scimmie, anche se emergeva netta la pochezza del cazzo di Aurelio, specialmente dopo che mi ero presa una mazza superba in una condizione particolare come quella della sera prima; comunque, mi andava bene anche così.

Per più di due settimane ci trattenemmo in ambiente alpino; la quindicina successiva era prevista di soggiorno al mare; ma per me tutto andava benissimo; l’importante era imporre la mia libertà, le mie scelte, la mia voglia di scopare, specialmente con un individuo inferiore al quale imporre anche ritmi e tecniche; tutto filava perfettamente e la casa, il marito, i figli erano quasi un lontano ricordo; solo un incidente si verificò che per un attimo turbò la pienezza del mio benestare.

In un negozio dove avevo acquistato un abitino che mi aveva affascinato, la mia carta di credito non fu accettata; Aurelio provvide a pagare con la sua, ma restai ansiosa perché con me non avevo altro che quella carta e dovevo cercare di porre rimedio; mandai al diavolo il mio accompagnatore che lesse in quel disguido una possibile iniziativa di mio marito; telefonai a mio figlio Mario, che lavorava nella banca da cui la carta era stata emessa.

“Ciao, troia, dove ti stai facendo sbattere?”

“Scostumato, che linguaggio è questo? Come ti permetti di rivolgerti a tua madre con questi termini?”

“Guarda che sei carta scoperta, ormai; si sa tutto di te e sei tu che non sai che cosa ti aspetta. Che cazzo vuoi?”

“Quando ci vedremo, mi renderai conto di questo linguaggio; non mi è stata accettata la carta di credito. Puoi fare qualcosa?”

“Sì, mandarti in galera perché usi una carta che non è tua e spendi soldi che non sono tuoi; questo nel diritto italiano si chiama furto continuato!”

“Che stai dicendo? Questa è la carta di mio marito!”

“E lui te l’ha data per pagare i tuoi amanti e fare le corna a lui? Mio padre giurerà in tribunale che l’hai rubata e usata per pagare le tue scopate!”

“Ma che stai dicendo? Oscar avrebbe detto questo?”

“Non hai la minima idea di quello che ha detto Oscar, di quello che dicono i filmati delle tue scopate, di quello che dice di te la città, di quello che diranno i giudici del tribunale; forse lo capirai quando graziosamente rientrerai nella tua realtà; posso solo anticiparti sorprese spaventose, novità terribili e una brutta fine per te!”

“Ho capito, di colpo sei diventato un follower del tuo carissimo papà e fai del terrorismo psicologico; vuol dire che mi divertirò quanto posso; quando ne avrò voglia, tornerò a cercare te e il cornuto e vi farò correre come dico io … “

“Comincia a correre e, se vuoi un consiglio, non farti mai più vedere da queste parti; ti ripeto, hai rubato soldi per anni; rischi la galera e non saremo noi a risparmiartela!”

“Vaffanculo!”

Staccai la comunicazione; Aurelio mi chiese di mostrargli la carta di credito e fece qualche telefonata.

“Ester, guarda che davvero questa carta non è tua e non è nemmeno di tuo marito; è di proprietà di una società; se non sei a capo di questa società o non hai un ruolo importante, tu hai rubato soldi a degli sconosciuti … “

“Come è possibile? Oscar la usava spessissimo, prima che me la prendessi io … “

“Ma lui lo sa, che la usi tu?”

“No! Perché dovrebbe saperlo?”

“Ester, bada che tuo marito è un uomo molto abile nel suo lavoro; da lui dipendono personaggi che nemmeno ti immagini; lui è un artista ad aggirare il fisco; quasi certamente dietro la società c’è lui che, così, risulta nullatenente e si gode il fottio di soldi che ha e che tu spendi senza controllo; se è così, un avvocato incaricato dalla società ti può chiedere conto di ogni centesimo che hai speso con questa carta; ci hai pagato alberghi, ristoranti per portarti degli amanti?”

“Non vedo che te ne fotte, a te, a mio marito e a chicchessia … “

“Senti, tu hai usato soldi che non sono tuoi e non figurano nemmeno di tuo marito; se ti denunciano, vai in galera … “

“Mio marito mi dovrebbe mandare in galera?”

“Sì; e, appena condannata, sei anche costretta a subire la separazione legale e il divorzio per colpa tua. Bada che sono in una condizione simile; la proprietà dell’azienda è di mia moglie; io sono solo direttore amministrativo; se mia moglie mi taglia i fondi, finisco sotto i ponti; non ti fare penose illusioni; se sei in tempo, cerca di ricucire eventuali fratture!”

“Io dovrei piegarmi a quell’essere inutile che è mio marito? Può darsi che abbia il potere che dici tu, ma davanti alla mia figa si può solo inginocchiare!”

“Beata te che ci credi; io so solo che devo avere paura perché, tra i suoi ‘amici’ ci sono malviventi pericolosi; se Oscar chiede che ci ammazzino, non abbiamo scampo … “

“Lo vuoi capire che è totalmente impotente? Non mi fa né caldo né freddo; ora lo chiamo e te lo dimostro!”

Ma i tentativi di chiamare furono inutili; non capivo che lui aveva bloccato la comunicazione e che ormai non lo avrei raggiunto mai più; solo qualche altra persona, di sua estrema fiducia, poteva contattarlo e farmici parlare; ma non era certamente nell’albergo dove soggiornavo e mi dedicavo all’unica attività che mi unisse a Aurelio, scopare alla faccia del cornuto; messa alle strette, pensai di rivolgermi all’unica altra persona in grado di collegarmi a mio marito, nostra figlia Ada.

“Ciao, sono mamma; tuo fratello è stato molto sgarbato; sei in grado di spiegarmi quale vipera l’ha morso?”

“Mamma, sono emerse cose da accapponare la pelle; per anni ci hai fatto odiare nostro padre ed ora scopriamo che sei lercia tu; ci sono filmati, documenti e prove; hai esasperato nostro padre che forse ti ha lasciato per sempre; hai speso senza criterio, anche per amanti addirittura più giovani di me e rischi di finire in galera perché non erano soldi tuoi; Marika lavora nello studio che rappresenta la società che hai derubato; è controparte diretta; capisci che Mario ha tutti i motivi per essere feroce contro di te? Quando torni? Che hai in mente di fare? Insomma, c’è una dignità in quello che fai o procedi sempre senza criterio?”

“Sono in viaggio di lavoro col mio principale … “

“Mamma, credi ancora di raccontare la favola ai bambini per nascondere le corna che fai a tuo marito? Ci sono investigatori che controllano anche i peli del cazzo dei tuoi amanti; ci sono foto e filmati che raccontano tutto; se provi ancora a dire che Aurelio è solo il tuo principale, stacco il telefono e ti pongo il divieto di chiamarmi!”

“Va bene, sono in viaggio di piacere e, al punto in cui sono arrivata, non ci rinuncio più; se devo finire male, a casa, tanto vale che torno il più tardi possibile; poi cercherò un avvocato che mi faccia ottenere almeno un vitalizio per venticinque anni di convivenza con quel bastardo di vostro padre!”

“Mamma, questi termini li hai usati finché eravamo ragazzini; ora sappiamo che tu sei la puttana e che lui è cornuto perché tu lo hai tradito da almeno cinque anni in qua; non so se un giudice lo obbligherà mai a pagarti un assegno, visto che hai un lavoro fittizio dal tuo amante; ma stai certa che, se lo esasperi ancora, papà prima ti fa ammazzare, poi fa finta di piangere sul tuo cadavere e non ti paga neppure un giorno di galera perché i personaggi con cui tratta sono i peggiori del mondo e fanno le cose con la massima efficienza; se vuoi un consiglio, non stuzzicare ancora il cane che dorme se non vuoi essere aggredita alla gola!”

Le accuse di mia figlia mi avevano decisamente turbato; ma il mio timone era ormai la tigna e la forza che mi spingeva era la presunzione che tutti interpretassero a mio danno i fatti, mentre solo io possedevo la verità; mio marito era stato sempre tanto innamorato di me da consentirmi qualunque capriccio; ad un certo punto, preso dal lavoro, mi aveva trascurato ed io stavo cercando, riempiendolo di corna, di farlo tornare ad essere quello di un tempo.

Dopo la scenata da cuckold e dopo quella vacanza con il mio amante abituale, poteva solo arrendersi, in forza dell’amore che aveva per me sin da quando mi aveva sverginata, ancora giovanetta; venticinque anni di matrimonio non gli consentivano di lasciarmi di colpo, solo per qualche scopata che mi ero fatta senza concedere amore; se così non fosse andata, avevo sempre la possibilità di costringerlo, dopo un quarto di secolo di convivenza e due figli grandi, ad obbligarlo a mantenermi.

Nessuna altra ipotesi era prevedibile, nella mia logica; non sapevo niente di giochi strani con società fittizie e speculazioni sul denaro; queste cose le sapeva fare benissimo Oscar e per me valevano solo perché potevo spendere senza badare ai cartellini dei prezzi; se qualche problema si fosse presentato, mi sarei rivolta ad amici avvocati che mi avevano già anche scopata e ci avrebbero pensato loro a far abbassare la cresta a mio marito.

Mentre riprendevo il contatto con la realtà del momento, sentivo che qualcosa dentro di me cambiava radicalmente; ripensando a quanto detto sulla società che gestiva i capitali di mio marito, ricordavo bene che avevo messo via, su richiesta di  Oscar, delle carte da cui risultava essere lui l’unico beneficiario della società e che il conto a cui si riferivano era su una banca in Centro America a nome di mio marito.

Chiesi ad Aurelio se la comunità di beni di due coniugi decadeva con la separazione; mi chiarì che i beni che erano stati comuni tra coniugi si diversificavano col divorzio ma rimanevano in stallo nella separazione; di solito si concordavano le scelte; quando accennai a conti off shore, mi avvisò che mio marito era un vero genio in quel genere di manovre, che organizzava per tutti i potenti della regione spesso al limite della legge; io per la legge ero socia anche di quei beni.

Mi appariva sempre più che a minacciarmi era la malafede di Oscar che usava la società, di cui ero contitolare a mia insaputa, per prospettarmi la galera e per vendere l’appartamento della nostra esistenza; mi rafforzai nella convinzione che dovesse arrendersi, chiedermi scusa e solo allora sperare di tornare con me, non solo per l’antico amore ma anche per le colpe oggettive; in pochi giorni dovevo passare dai capricci infantili alla coscienza della lotta feroce; decisi che avrei vinto.

Quasi a rafforzare questa mia convinzione, mi dedicai ad Aurelio con maggiore impegno, nel corso di quelle settimane; onestamente, ammettevo anche con me stessa che non era il massimo, scopare con un individuo mediocre in tutto, a cominciare dalla dimensione del cazzo, appena dentro la media di un individuo adulto; ma l’assoluta obbedienza ed una debolezza di carattere del tutto congenita consentivano di usarlo a mio piacimento e di soddisfare, almeno con lui, il bisogno di dominare.

Cominciai da quel momento ad infierire con sempre maggiore cattiveria; il fatto stesso che avesse rivelato di essere un amministratore del patrimonio di sua moglie e di non potermi garantire, quindi, un mantenimento adeguato se avessi rotto con mio marito, lo rendeva spregevole e da maltrattare; poiché il sesso era l’unico legame che ci tenesse avvinti, su quello cominciai a picchiare duramente trasformando ogni scopata in un divertente recita sadomaso in cui trasferivo a lui i caratteri di mio marito.

Il carattere principale delle scopate matrimoniali erano gli infiniti preliminari, in cui Oscar era un autentico maestro; mi trovai, paradossalmente, a recuperare tutti i riti a cui mi aveva abituato in quei lunghi anni di armoniosa convivenza, per trovarmi continuamente a confrontare le due prestazioni e verificare con rabbia e vergogna che non c’era gara tra quello che avevo disprezzato e sprecato e quel poco, invece, di cui mi trovavo ad accontentarmi per dare un senso qualsiasi alla mia ‘ribellione’.

I quattro o cinque centimetri che gli mancavano, di cazzo, rispetto alla mazza di Oscar, per un verso mi davano la possibilità di ingoiare fino a toccare con le labbra i peli del pube; e questo decisamente mi consentiva di affrontare il pompino con un’energia, con un’arroganza assoluta perché gli facevo fare quello che volevo io; leccavo per un tempo infinito e mi divertivo a strizzare i coglioni non appena avevo sentore di un orgasmo in arrivo; per altro verso, questo però frenava anche i miei orgasmi.

In venticinque anni di matrimonio, gli avevo fatto per lo meno un migliaio di pompini e mi riusciva quasi di ricordarli uno ad uno, tanto abile e determinante era il mio compagno quando accostava la mazza alle mie labbra e mi scopava, o mi incitava a scoparmi in bocca, percorrendo tutta la cavità orale e giocando a coinvolgere labbra, lingua e palato in una fellazione che raggiungeva toni apocalittici quando eravamo al massimo della lussuria.

L’idea stessa di vivere il pompino che stavo facendo al mio amante alla luce della nostalgia per quelli che facevo a mio marito mi indispettiva da morire; mi scatenavo con autentica violenza su quell’asta spingendola oltre ogni limite di buonsenso; arrivavo a stimolarmi occasioni di soffocamento e conati di vomito solo per poter dire a me stessa che con quel cazzo valeva la pena di fare le corna al maledetto uomo, incapace di capire le mie esigenze.

La mazza scivolava fluida fra le mie labbra, occupava e perlustrava tutta la cavità orale, mentre la lingua incessantemente la solleticava in tutti i punti più delicati, dal meato alla corona sotto la cappella, lungo l’asta fino ai testicoli che raccoglievo in bocca uno per volta sollecitandoli; il movimento con la testa per scoparmi in bocca era quasi perfetto e faceva impazzire di piacere me che praticavo la scopata e lui che la subiva.

Quando la pompa perse vigore e interesse, mi sdraiai supina al centro del letto e tirai la sua testa sul ventre; la bocca si trovò all’altezza della figa e finalmente colse che doveva leccarmi; dovetti guidare quasi ogni gesto, per ottenere il piacere a cui ero abituata nel cunnilinguo; alla fine riuscii a farmi stimolare nei punti giusti e godetti come una pazza; la memoria delle leccate di Oscar mi accompagnava mentre urlavo la mia sborrata più bella e gli sparavo in bocca uno squirt sesquipedale.

Lo stesso registravo quando decidevo di lasciarmi scopare; sentirlo entrare di colpo fino alla cervice dell’utero mi dava anche qualche momento di piacere, ma era niente a confronto con le penetrazioni lente, assaporate, quasi meditate con cui Oscar mi riempiva il canale vaginale stimolando la muscolatura periferica ad abbracciare la mazza e succhiarla in vagina, non era lui a penetrarmi ma io a succhialo in me; poche volte avevo trovato ragazzi capaci di darmi un’emozione simile o vicina.

Cercavo allora di frenare e rallentare la scopata del mio amante, al quale imponevo di accostare con la massima cautela il cazzo alla vagina e di farlo entrare lentamente, quasi a millimetri, mentre io attivavo i muscoli del canale per mungere, titillare, succhiare, accarezzare la mazza che penetrava; quando era dentro lo invitavo, a parole e a gesti, a scoparmi a lungo prolungando infinitamente il piacere suo e mio; lo stesso facevo quando mi prendeva da dietro, a pecorina, e lo accoglievo lentamente.

Nelle due settimane che trascorremmo al mare scopammo più volte al giorno, lui in piena libidine, io esprimendo una rabbia feroce contro le magagne di mio marito ed i suoi feroci e disumani tentativi di distruggermi perché offeso da qualche mia scopata contro la sua autorità che non accettava di vedere messa in discussione; più che di una kermesse di sesso, per me era una crescita, la preparazione alla lotta feroce da cui volevo uscire per lo meno a testa alta, se non fosse stato possibile piegare il tiranno.

Alla fine della ricognizione, Aurelio tornò in sede accolto con onori per il buon lavoro svolto; alcune perplessità furono espresse dalla moglie per le voci che erano circolate sul vero ruolo dell’impiegata che lo aveva accompagnato in veste di assistente; gli impose, naturalmente, di liberarsi subito di quella persona e provvedere a sostituirla con qualcuno di suo gradimento; nella situazione di generale sfacelo in cui mi trovai, perdere il lavoro fu la ciliegina sulla torta.

Al portone della casa che consideravo anche mia, il portiere mi fermò per avvertirmi che l’appartamento era stato liberato da mio marito e che la società proprietaria lo aveva messo in vendita; ingoiai magone e rospo e andai direttamente a casa di Ada, mia figlia, l’unica persona che avesse dimostrato una certa disponibilità nei miei confronti; non aveva un grande alloggio ma io avevo bisogno di un posto dove fermarmi in attesa degli eventi.

Bussai alla porta del miniappartamento e venne ad aprirmi un ragazzo di una ventina d’anni che mi guardò imbarazzato; la voce di Ada da dietro gli chiese chi fosse e, prima che lui rispondesse, urlai che ero io; mi venne incontro e mi abbracciò con foga; balbettavo mentre mi scusavo per non avere preannunciato ed essermi presentata inattesa forse mentre era impegnata; mi rasserenò e mi presentò Stefano, il ragazzo che aveva aperto, e Pasquale, un altro più grande, che armeggiava in cucina.

“Scusami, Ada; tolgo subito il disturbo; vorrei recuperare delle carte che sono in un cassetto segreto dello scrittoio del nonno che hai preso tu … “

“Mamma, non dirlo neppure per scherzo! Se anche avessi avuto degli impegni, mi libererei per te; ho sentito che papà ha lasciato l’appartamento; dove pensi di andare?”

“Dovrò trovare un alberghetto; tua cognata ha detto chiaro e tondo che devo starle lontano perché lei rappresenta la controparte in una certa causa; tuo padre non so neppure dove sia finito; mi resteresti tu, ma con lo spazio risicato che hai ti pesterei i calli … “

“Mamma, non pesti nessun callo; alla peggio, se ho un incontro amoroso, ti fornisco di tappi per le orecchie … “

“Non ho nessuna intenzione e non sono nella condizione di esprimere giudizi o altro; puoi fare quello che vuoi; anzi, forse adesso potrò farlo anche io, visto che sono stata ridotta a single dalla separazione … “

“Già; ora sei di nuovo libera di te stessa; papà invece ha già un’altra prigione .. “

“Che vuole dire?”

“Tu non puoi sapere che, da quando hai dato i numeri, si è messo con una ragazza poco più vecchia di Mario; insomma, ha avuto per due anni una doppia famiglia ed hanno già un figlio di più di un anno … “

“Capici, il moralista offeso per le mie scopate aveva la doppia famiglia; giuro che gli faccio pagare tutto!”

“Che siate due maiali, ormai è chiaro a chiunque, tu con le tue trasgressioni e lui con la doppia famiglia; ma, da quel che dice Marika, tu rischi la galera … “

“Ti ho detto che avevo bisogno di certe carte; sono nello scrittoio del nonno in uno scomparto segreto; ce le ho ho messe io in trent’anni; adesso mi tornano a fagiolo.”

Le presi e ne stesi alcune davanti a lei; mentre armeggiavo mi chiese come mai le avessi messe lì; le confessai che era successo quando non c’erano ombre tra me e Oscar, lui si affidava a me e io non domandavo il perché di quel che mi chiedeva di fare: erano le fotocopie di documenti che attestavano i suoi movimenti off shore in paradisi fiscali del Centro America.

“Ada, non so se sei informata ma tu padre è ‘il Commercialista’, vale a dire non uno dei tanti ma quello che favorisce elusione ed evasione fiscale, riciclaggio di soldi dubbi, costituzione di capitali all’estero ed altre amenità varie; ne capici tu di economia?”

“No, ma Stefano si sta laureando in economia. Ne sai qualcosa, Ste’?”

“So chi è il Commercialista e quanto potere ha su tutti i ricchi e potenti della regione; se questi documenti testimoniano solo una piccola parte di quei maneggi, ce n’è per mandarlo in galera … “

“Mamma, non mi dirai che vuoi mandare in galera mio padre … “

“No, Ada, amore mio; non avrei mai il pelo sul cuore per mandare in galera l’uomo che amo da quando mi sverginò a sedici anni, col quale ho condiviso segreti, come vedi, assai delicati, dal quale ho avuto una figlia stupenda come te e un rompicoglioni di figlio come tuo fratello; è stata tua cognata ed anche tu, a dirmi che rischio la galera; in questi documenti per me c’è solo la prova che non ho rubato niente a nessuno. Stefano, sai interpretare questi due documenti?”

“Certo, in uno ci sono sono le coordinate di un conto off shore alle Kaiman intestato a tuo marito; l’altro è la dichiarazione che sempre tuo marito è unico beneficiario di una società che opera in incognito utilizzando quel conto … “

“Grazie, giovane bellissimo; Ada, tu sei esperta di legge?”

“Mi sto per laureare; qualcosa ne capisco.”

“Due coniugi in regime di comunità di beni hanno gli stessi diritti anche su questi conti ‘particolari’?”

“Se scatta la galera, ci andate tutti e due perché eravate in regime di comunità … “

“E allora, perché non avrei potuto usare le carte di credito di quel conto? Perché il tiranno vende la nostra casa, la vita mia, sua, tua, vostra, nostra che in quella casa si è sviluppata per quasi trent’anni e non sente neppure il dovere di chiedere la mia opinione? Telefoni tu a Marika per chiarire che lei rappresenta anche me, difendendo quella società? Vuoi essere tu a denunciare tu padre perché mi ha tenuto nascosti i termini di questi conti segreti e della società?

Scherzo, amore mio; nessuno vuole la galera per nessuno; tu, se vuoi farmi una cortesia, avverti tuo fratello e tuo padre che stasera ci vediamo tutti insieme, anche la nuova compagna e l’ultimo suo figlio; facciamo chiarezza su certi equivoci e, forse, tentativi di imbroglio ... poi ognuno andrà per la sua strada!“

“Va benissimo; mamma, puoi aiutare Pasquale a preparare una carbonara ben fatta? Se non ricordo male è una delle tue ricette preferite; è chiaro che, a questo punto, ti fermi a pranzo con noi … “

“Sì; mi fa anche piacere perché non saprei dove andare; spero di pesarti il meno possibile; dopo pranzo vado un po’ in giro; ci vediamo stasera … “

“Perché?”

“Come, perché? Capisco benissimo che ti eri preparata a una seduta a tre e che sono arrivata a disturbare … “

“No, mamma; per la verità, io scopo qualche volta con Pasquale; ma oggi non avevamo in programma di fare niente; se proprio vuoi, possiamo organizzare una cosa a quattro … “

“Col ragazzo? E’ più piccolo di te; potrei essere sua madre … “

“Mamma c’è un personaggio che voi un tempo indicavate con ‘bella tardona’, una donna non più giovanissima ma ancora molto appetibile; oggi con parola inglese si definisce Milf, un acronimo da ‘mother I'd like to fuck’ la mamma che mi piacerebbe scoparmi; dalla bava che gli corre, credo che Stefano stia fremendo dalla voglia di scoparti; visto che sei single, se gliene offri l’occasione, non la perde e ti può dare molto piacere, se vuoi festeggiare il chiarimento di stasera ... “

Decisi di dedicarmi alla cucina e mi accostai a Pasquale che manovrava tra uova, guanciale e pasta; mi sfiorò un fianco e mi sussurrò.

“Pensi solo alle due coppie indipendenti o si può sperare in un cambio di partner?”

“Non sei il ragazzo di Ada?”

“No, sono solo uno scopamico, un amico che qualche volta lei si scopa; mi piacerebbe più di quanto tu credi assaggiare una milfona da sballo come te!”

“Vediamo come procede la cosa; sono tropo euforica per limitarmi e la complicità di mia figlia mi stimola assai più di quanto pensavo.”

Ada aveva chiamato il fratello e stava chiarendo i termini con Marika che era decisamente sconvolta dalle rivelazioni di sua cognata; già avere preso atto, con suo marito, che l’indole da ragazza viziata e capricciosa di sua suocera era colpa anche e soprattutto dei genitori e del marito che per trent’anni ne aveva assecondato tutte le voglie, anche impossibili, e si era inalberato improvvisamente quando lei aveva chiesto più coccole in vista della temuta vecchiaia.

Già aveva visto le sue certezze vacillare quando aveva appurato che suo suocero era ‘il Commercialista’ responsabile di tante evasioni fiscali e dei comportamenti illegali di gente ricca e potente; adesso scopriva addirittura che il caposaldo delle sue accuse ad Ester crollava perché nel regime dei beni comuni rientrava anche la società da cui avrebbe sottratto soldi che invece erano anche suoi; l’idea di dovere delle scuse enormi alla suocera la turbava non poco.

Mario si interpose e chiese alla sorella di farlo parlare con me; ma non volli apparire, in quella fase, riaffermai a mio figlio e a mia nuora l’affetto immutato che avevo sempre provato per loro e li invitai a trovarsi, col padre, la nuova compagna e il figlio piccolo, alla pizzeria che con mio marito frequentavamo quando dovevamo conciliare il pranzo con la cena; non avrei accettato un ristorante di lusso, status symbol del tiranno; volevo parlare coi figli e con l’ex marito, familiarmente.

Mario anticipò alla sorella che aveva dato un’occhiata alle mie tesi e che effettivamente molte colpe del padre erano già emerse; la pregò di suggerirmi di frenare la sacrosanta ira e di non rovinare di più un situazione di terremoto in atto; la sorella lo rassicurò che aveva trovato in me una donna matura e determinata, capace di fare concessioni e di reclamare i suoi diritti; rinviò tutto alla cena familiare.

“Scusa, Ester; mi pare che ci siano molte preoccupazioni contro di te; è scortese chiedere che cosa hai combinato di così grave da sfasciare una famiglia e un matrimonio di quasi trent’anni?”

“No, Pasquale, è più che legittima la domanda; la risposta, ridotta all’osso sarebbe; ho scopato, fuori dal matrimonio, troppo per mio marito; in realtà ho reagito alla situazione incancrenita di un padre e di un marito che per anni hanno, col loro lassismo, lasciato correre i capricci di una ragazza che non voleva crescere; quando mio marito si è dedicato ai soldi trascurandomi, ho scelto di colpirlo dove era più fragile, sul sesso; sono andata al di là delle intenzioni; ma lui ha risposto con maggiore violenza.”

“Pasquale, neppure noi figli ci eravamo resi conto delle verità nascoste; Stefano sapeva che mio padre era un mezzo malavitoso e io no; lui si è sempre proposto con l’aureola del missionario e noi siamo stati combattuti tra l’immagine del santo e quella del demonio che ci indicava mia madre, che però era talmente innamorata che lo seguiva e lo copriva; ma anche questo l’ho scoperto stamane; mia madre in due anni, con un amante che vedeva a fine settimana avrà fatto un centinaio di scopate.

Il ‘santone’ ha scelto una ragazza del nostro giro, della nostra età, l’ha messa incinta e, ventitré anni dopo di me, ci ha fatto un figlio, vivendo due famiglie diverse; come vedi, è un intreccio spaventoso di errori e ripicche; perché, in tutto questo, emerge chiaro che continuano ad amarsi come quando lui, a sedici anni, la sverginò; adesso, per uscire dall’impasse, devono trovare il modo di salvaguardare due entità ormai distinte, mio padre e mia madre, ma anche Cristina, la nuova compagna di mio padre.

Mettici per soprammercato che ci sono tre figli, due adulti e quasi autonomi ed uno di poco più di un anno e capirai quanto delicata sarà la discussione di stasera quando dovranno decidere il divorzio e i rapporti tra genitori e figli; io spero e so che mamma ha tutte le buone intenzioni di conciliare anche gli opposti estremi, ma non so quanto mio padre accetterà una sconfitta o quella che lui ritiene una sconfitta; è troppo abituato a trattare le cose da vincente, per darla vinta alla ex moglie.”

“Ester, i documenti che hai esibito ti autorizzano a chiedere quello che vuoi; se moderi le pretese, aiuti la famiglia a rimanere legata se non unita; ti consiglio, da avvocato non ancora abilitato, di essere prudente; l’affetto per Ada e Mario è più importante di qualche soldo in più o in meno; tu puoi salvare la tua idea di famiglia se sacrifichi un poco del tuo orgoglio; quello ti ha già fatto troppo male … “

“Ada, se ti dico fuori dai denti che ho bisogno di fare tanto sesso, ti scandalizzi?”

“No, mamma; è la prima volta che te lo sento dire; ne ho bisogno anche io; mangiamo e fiondiamoci a letto; è meglio.

Il pranzo si risolse in un’apoteosi del sesso e delle voglie; Ada, liberatasi dalla reticenza di fronte a me, pomiciò per tutto il tempo con Pasquale, suo rifugio abituale quando aveva voglia di sesso; lui perse ogni inibizione e la palpò per tutta la durata del pasto; Stefano era molto più imbarazzato, forse anche perché l’impeto giovanile del desiderio lo sopraffaceva e gli impediva qualunque azzardo.

Mi resi conto che dovevo essere io a provocarlo e, forse, a fargli da nave - scuola per guidarlo passo passo ad una nobile e ricca scopata; gli chiesi se fosse in soggezione con un donna che poteva essere sua madre; si affrettò a negare e ad assicurarmi la sua voglia enorme ed infinita; lo provocai chiedendogli perché guardasse con invidia Pasquale che palpava Ada e non azzardasse almeno un movimento; gli domandai se sapesse come si faceva.

La reazione del ragazzo fu improvvisa e sconvolgente; mi trovai di colpo abbracciata con furia tentacolare e sentii la bocca giovane e fresca impossessarsi della mia e andare ad esplorarla con la lingua in tutti gli anfratti; dopo un attimo di sorpresa, allungai la mano sulla patta e trovai un cazzo già duro come acciaio e di una stazza assai notevole; la figa mi grondò in previsione del piacere che quella sberla mi avrebbe portato in tutti i gangli della vagina; lo strinsi a mia volta e gli feci sentire il seno matronale contro il torace.

Pasquale interruppe le sue manovre, meravigliato dalla novità; Ada si fermò con lui, mi guardò con ammirazione; le dovetti apparire assai più giovane, vogliosa e disponibile di quanto avrebbe mai immaginato; pensò quasi con invidia che, in una discoteca, avrei fatto strage di cazzi da succhiare in auto nel parcheggio esterno, e che forse la mia serata sarebbe risultata assai più valida della sua, per la voglia estrema che dimostravo di prendermi il cazzo.

Lasciammo la tavola come stava e si ritirarono, lei e Pasquale, nella camera; io presi Stefano per mano e lo guidai verso il divano che avrebbe anche potuto trasformarsi in letto; ma preferii lasciarlo in quella funzione; ci sedemmo affiancati e riprendemmo il bacio da dove lo avevamo interrotto, continuando il duello di lingue che avevamo avviato con una larga profusione di saliva vogliosa; gli aprii la patta, mi impossessai della mazza e la portai alla luce.

Mi fermai ad ammirare il cazzo giovane, estasiata per la bellezza della conformazione, rosa, leggermente incurvato al centro, ma soprattutto lungo più di venti centimetri e largo come una lattina; la cappella ormai quasi viola si ergeva prepotente a coprire a fungo la mazza e presi a masturbarla portando la pelle su e giù fino a coglioni; con l’altra mano li raccolsi delicatamente uno per volta e li manipolai lussuriosamente.

Abbassandomi sul ventre, appoggiai la punta della lingua sul meato e sentii la passione emanare come afrore di maschio e col sapore acidulo del precum; giocai con la cappella sulle labbra e la feci penetrare lentamente come se violasse una figa vergine; il ragazzo fremeva e si contorceva, gemendo per il piacere; inutilmente tentava di soffocare i gemiti per evitare che gli altri , dalla camera, sentissero il godimento.

Lo spinsi ad alzarsi, in piedi davanti a me, e gli abbassai sulle caviglie pantalone e boxer; il cazzo emerse in tutta la sua possanza e mi riempì di voglia e di piacere; cominciai a scoparmi in bocca con una certa energia e godevo ad ogni gemito che strappavo all’inesperto giovane amante; mi entusiasmava sentirmi capace di strappare quella goduria da un cazzo giovane e voglioso; mi ci dedicavo con l’entusiasmo della neofita e prestavo attenzione alle reazioni per prevenire eiaculazioni precoci.

Quando il fremito lungo e intenso di tutto il corpo segnalava che la prostata spingeva la sborra ad esplodere, frenavo il pompino e stringevo i coglioni; il ragazzo si bloccava e dopo poco tornava a scoparmi in gola con maggiore entusiasmo e desiderio; era evidente l’estasi che raggiungeva quando il cazzo scivolava fino all’esofago e me ne riempivo tutta; per un tempo che a lui apparve interminabile giocai a spingere a fondo e tirare fuori il cazzo leccando, succhiando e carezzando.

Non gli consentii di sborrare; aprii la parte superiore del vestito e gli diedi i seni da palpare; lui abbandonò il pompino e si fiondò sui capezzoli che prese a succhiare come se dovesse davvero estrarne la linfa vitale della sua esistenza; si perse a manipolare, palpare, spremere, carezzare, leccare, mordicchiare le mammelle carnose ed invitanti; scivolò sulle aureole grinzose ed eccitate fortemente; leccò, succhiò, mordicchiò ed accarezzò i capezzoli a lungo.

Io intanto avevo infilato una mano in figa e mi masturbavo con gusto; lo lasciai succhiare finché non sentii esplodere nella vagina due grossi orgasmi con uno squirt finale; ripresi a spogliarmi e a spogliarlo facendomi baciare e leccare tutto il corpo, dal viso ai piedi; mi stesi sul divano e portai la testa del ragazzo sulla figa invitandolo a succhiare; rivelò una rara abilità nel cunnilinguo e mi procurò piaceri infiniti succhiando l’anima dalla vagina.

Ormai però ambedue fremevano dalla voglia del cazzo in figa; mi sistemai in ginocchio sul divano, coi seni appoggiati allo schienale, e invitai lui a leccarmi da dietro; come avevo pensato, l’abilità di lui a passare la lingua sul sesso mi diede fremiti lunghi e dolci di piacere che manifestai in autentici urli che furono senz’altro uditi dai compagni di sesso che stavano scopando in camera e molto spesso si facevano sentire per orgasmi notevoli raggiunti.

Finalmente mi decisi a suggerirgli di prendermi così, a pecorina; il ragazzo appoggiò la cappella alla vagina e spinse; in un solo colpo fu dentro fino alle palle e sentì la punta che colpiva con forza la testa dell’utero; grazie alla mia abilità a ‘massaggiare’ il cazzo coi muscoli del canale vaginale, si sentì titillato, carezzato e risucchiato fino a che l’anima gli esplose dalle palle in un orgasmo enorme che scaricò con goduria nella figa; risposi con un urlo bestiale per l’orgasmo raggiunto.

Ci rilassammo sdraiati alla meno peggio sul divano; a me l‘incontro era piaciuto molto e soprattutto la scopata era risultata molto intensa; desideravo andare oltre; forse potevo fargli assaggiare l’esperienza del culo ed ero certa che per lui sarebbe stata una grossa e straordinaria novità; ma le dimensioni della mazza del giovane amante davano una qualche preoccupazione, perché da tempo non prendevo nel retto un bastone di quella fatta.

Mi alzai dal divano e andai decisa alla camera che aveva la porta spalancata; vidi Ada sdraiata supina, a gambe larghe, che accoglieva nel ventre il suo Pasquale che la stava montando con grande passione.

“Scusami Ada, non volevo interrompere ma ho bisogno del lubrificante anale; ne hai in casa?”

“Si, nell’armadietto dei medicinali in bagno ce n’è un tubo … Hai deciso di dargli il culo?”

“Ha un cazzo assai bello e mi piacerebbe assaggiarlo dappertutto; dopo la bocca e la figa, spetta al culo … “

Si rivolse al suo amante.

“Davvero il ragazzo ha un cazzo così interessante?”

“Le poche che ci hanno scopato ne parlano con entusiasmo; qualche altra non ha voluto starci perché dice che è grosso … “

“Cazzo, avevo un amico ben dotato e non ho mai pensato a lui come amante; arriva mia madre e vuole dargli anche il culo. Mamma, che ne diresti, se ti proponessi di continuare con Pasquale che non ho spompato ancora ed io mi prendessi per la prima volta Stefano per assaggiarlo?”

“Avevamo previsto, eventualmente, di scambiare i partner; se vuoi, io provo anche il tuo scopamico; oltretutto, sono felice di prendermi qualcosa che è tuo; sarà quasi come fare l’amore con mia figlia … “

Ada si allontanò per raggiungere Stefano sul divano ed io non potei impedirmi di ammirare il corpo perfetto di mia figlia che su gambe snelle ed armonicamente disegnate come quelle di una scultura classica poggiava un culo aggettante e provocatorio, mentre il seno sfidava la gravità ergendosi superbo dal petto; andai in bagno, prelevai il gel e ritornai sul letto dove Pasquale sembrava ansioso di farmi assaggiare una mazza notevole ed eretta.

Mi sistemai carponi fra le gambe ed andai a prendere in bocca la mazza notevole; lui mi prese per i lombi e mi fece ruotare finché ebbe sul viso la figa grondante; cominciò a leccare devotamente perineo figa e culo; mi bloccò la testa tra le gambe, per impedirmi di succhiare l’uccello; capii che voleva alternare il piacere e mi fermai, godendomi in pace la lingua che passava a spatola su tutto il sesso, dal pube alla spina dorsale.

L’altro dimostrava grande abilità a leccare i punti giusti, dalle ultime vertebre, attraverso ano e figa, fino a prendere in bocca il clitoride e a strappare piaceri inusitati; mi sentivo portare in paradiso dalla sapienza della stimolazione orale; quando lui si fermò e allentò la presa sulla testa, cominciai a succhiare ed ingoiare il cazzo fino alle profondità recondite della gola; sentivo le dita di lui che percorrevano le natiche, lo spacco e il buco del culo con dolcezza e con amore.

“Ester, hai il culo più bello che si possa immaginare; se dovessi trovare un aggettivo, dovrei usarne uno antico, greco, callipigia; ‘Venere callipigia’ è detta una statua classica di Venere con un culo inarrivabile; tu per me sei Venere venuta a farsi scopare proprio da me; non ho mai visto in vita mia una perfezione simile a queste natiche splendide; il resto non è da meno, perché sei bellissima dappertutto; ma il tuo culo è un poema degno di un poeta non di un amante.”

“Maledetto stronzo, hai capito che mi piace infinitamente sentirmi ammirata e tiri fuori la tua abilità di parlatore per rendere questa scopata meravigliosa!”

“Hai detto tu che hai cominciato a tradire tuo marito perché non ti ammirava; ma Ada ti può confermare che è mia personale abitudine elogiare le donne che amo, parlare troppo durante le scopate e raccontare quello che farei mentre sto facendo altro … “

“Ero venuta a chiedere il lubrificante per l’inculata; adesso voglio quella; e sarò io ad incularmi, non tu a sfondarmi!”

Gli montai addosso, senza farlo muovere dalla posizione supina in cui si trovava e con insospettabile agilità mi mossi fino ad appoggiarmi il cazzo sulla figa; infilai una mano e guidai la cappella alla vagina; cominciai la cavalcata più intensa che ricordassi; facevo scivolare la mazza fino alla punta e, di colpo, piombavo giù a sfondarmi l’utero; mi montavo con colpi forte e veloci per un poco, poi mi placavo e gustavo il bastone per tutta la lunghezza; lui, a sorpresa, mentre mi carezzava e mi baciava tutta, parlò.

“Adoro vedere come mi possiedi e mi cavalchi; ma mi piacerebbe di più che una sera decidessi di venire con me a mangiare una pizza; ci andremmo a piedi, come ragazzini, attraversando la piazza mano nella mano; ogni dieci passi mi fermerei a baciarti, a titillarti i capezzoli e a farti sentire il cazzo contro il ventre; per tutta la cena ti terrei una mano fra le cosce e ti masturberei fino a farti urlare in pubblico; ti metterei il cazzo in mano e mi farei masturbare da te … “

“Ma non mi daresti il cazzo da succhiare e non mi leccheresti la figa fino a farmi morire?”

“Questo lo faremmo dopo, quando ci rifugeremmo in un nido d’amore per scopare fino all’alba; allora ti riempirei tutti i buchi, ti bacerei la pelle di tutto il corpo, succhierei capezzoli e clitoride per sentirti urlare di piacere ad ogni orgasmo; ti monterei da pazzi soprattutto nel tuo meraviglioso culo; su quello credo che mi ci perderei per ore, tanto mi attira; non mi fermerei finché non venissero a raccogliere con le barelle quello che restasse di noi dopo tanto amore.”

“Se queste cose le dici e non le fai, ti odierò per tutta la vita; mi stai facendo godere contemporaneamente col cazzo in figa e con la lussuria nel cuore e nel cervello; sei un maledetto e in questo momento ti amo alla follia!”

Mentre descriveva come mi avrebbe scopato con amore, io mi impalavo con forza su di lui; presi il tubo del gel e mi unsi il canale rettale e l’ano; unsi abbondantemente il suo cazzo che era una trave di fuoco piantata nel corpo; lo sfilai dalla figa, spostai la punta indietro e l’appoggiai all’ano; mi inculai lentamente, meditatamente, quasi scientificamente, e gli succhiai dentro il retto il cazzo provocandogli intensi stimoli; la sollecitazione dell’utero dal retto mi diede sferzate nuove di piacere.

Mentre scopavamo con tutta l’energia disponibile, lui continuava a descrivermi come mi avrebbe scopato la sera della pizza ed io continuavo a piangere a fontana dalla figa che allagò di umori il lenzuolo; lui mi tormentava con le dita e coi denti i capezzoli e il clitoride che catturò tra le cosce; godevo doppiamente, del cazzo nel culo e delle sue parole nella mente; mi vedevo in piazza fermarmi in un androne a succhiare il cazzo fino a sentirlo sborrare in gola; l’emozione fu molto vicina al vero e sborrai urlando.

Quando la sua sborrata mi esplose nel ventre, mi sentii scoppiare tutta in fuochi d’artificio, suoni angelici e psichedeliche visioni; lo sentii urlare come agnello sull’altare sacrificale e vidi la sua espressione caricarsi di libidine e poi rilassarsi alla fine; quando fummo presi entrambi dal languore del piacere che ci inondò, mentre ce ne stavamo sdraiati supini con le mani sui sessi, gli ricordai che la pizza per me non era un’ipotesi ma una promessa che gli avrei chiesto di mantenere quanto prima.

Mi ribadì che mi aveva amato con trasporto infinito e che non voleva affatto una sveltina e via; anche lui voleva una serata di amore pieno, fosse stata anche una sola, ma tutta per lui; quando glielo avessi chiesto, non avrebbe esitato a mantenere fede a quello che anche lui considerava un impegno; andammo in bagno a ripulirci sotto la doccia e ci unimmo ai due che già avevano scaricato le loro voglie e si erano rivestiti.

I ragazzi andarono via tra mille abbracci e baci sensuali; io e Ada ci trattenemmo nel suo appartamento ancora qualche tempo per mettere in ordine le carte che avevo recuperato; poi andammo alla pizzeria che avevo indicato, ad attendere il resto della famiglia; arrivarono Mario e sua moglie; mio figlio, apertamente contrito, mi abbracciò con affetto e ricambiai l’abbraccio con tutto l’amore che provavo per lui.

Marika borbottò qualche incomprensibile parola di scusa; Ada le sciorinò davanti le fotocopie e l’altra si rese conto senza problemi che l’accusa a me, di avere usato soldi altrui per gli acquisti, risultava infondata; il conto di riferimento era intestato ad Oscar; questo diceva senza discussioni che, essendo al tempo in regime di comunità di beni, ero io addirittura che potevo denunciare mio marito per aver costituito un fondo senza informarmi; addirittura, l’illegalità del deposito all’estero faceva rischiare a me, all’oscuro di tutto, una denuncia per complicità in un reato che lui aveva commesso nascondendomelo; i presupposti dell’accusa cadevano e doveva essere ridiscussa la separazione.

Oscar arrivò con Cristina e il bambino; tra me e lei non ci furono imbarazzi; mi venne incontro e ci salutammo amichevolmente; accarezzai Vittorio, il loro figlio; lui mi ignorò come non esistessi ed altrettanto feci io; Marika lo gelò subito presentandogli le carte e commentando che l’impianto accusatorio non reggeva, che andavano riviste le condizioni della separazione perché la comunità di beni, al momento della separazione, mi dava diritto a metà del suo capitale; gli ricordò che le diatribe sugli assegni per la separazione tra due coniugi aveva segnato l’inizio di ‘Mani Pulite’; se si fosse ostinato a pretendere tutto e subito, rischiava che facessi intervenire la Tributaria con conseguenze assai disastrose.

“Hai conservato carte così delicate; come mai?”

“Tu dimentichi che ti amavo alla follia, facevo tutto quel che mi dicevi e non battevo ciglio; tu mi avevi chiesto di conservare al sicuro le fotocopie e l’ho fatto; ora mi tornano utili, ma non per aggrediti; io non sono come te, non so aggredire; voglio e devo solo difendere i miei diritti minimi; bada che anche la separazione per abbandono del tetto coniugale è una tua invenzione; ero in viaggio di lavoro documentato ufficialmente in azienda.”

“Vuoi farmi credere che non sei andata a scopare col tuo amante?”

“Quel che facevo di notte è coperto dalla privacy; di giorno ero la perfetta assistente e in tribunale contano le carte e le testimonianze degli imprenditori che ho incontrato in pubblico; devi cambiare la richiesta in separazione consensuale. Marika, scusa la trivialità della domanda, quale percentuale del capitale del mio ex marito mi spetta, con la separazione?”

“Oscar, bada che un buon avvocato le farebbe assegnare il cinquanta per cento, anche sui conti segreti; quelli, poi, se li fai emergere, ti procureranno fastidi con le tasse. Tieni presente che, con le parcelle che potrebbe pagare vincendo la causa, qualunque grande studio ne assumerebbe la tutela … “

“Aspetta, Marika; io ho fatto sesso contro mio marito, bada bene; amore mio, scusami Cristina ma ho amato e amo Oscar anche se mi sono fatta sbattere da qualche imbecille e l’ho perso perché ha scelto te; dicevo che ho fatto i miei errori perché mi rifiutavo di accettare che amasse i soldi e il potere molto più di me; non farò danni ulteriori per soldi; sarei in contraddizione con me stessa e mi farei schifo. Voglio solo alcune cose, ma chiare e precise.”

“Parlane con me che a questo punto sono la mediatrice. Oscar, per favore sta’ zitto e aspetta la conclusione!!!!”

“Stai per vendere la casa che è stata nostra, ma che è soprattutto mia, costruita col nostro amore, col nostro sangue, coi nostri sacrifici; c’è la vita dei nostri figli, là dentro, e ci sono trent’anni di noi; non ti permetterò di darla a una impresa di costruzioni qualsiasi; voglio che gli avvocati che rappresentano la tua fittizia società vendano a me, col nome da nubile, come singola, quella casa con tutti i suoi mobili e scarafaggi; voglio invecchiarci, spero con un nuovo amore.

Voglio che ci sia di nuovo il posto dove possano rifugiarsi i miei figli e anche il tuo ultimo, se sua madre lo vuole e accetta di essermi amica piuttosto che nemica; tu puoi anche fuggire, se il tuo orgoglio maschilista ti impedisce di guardare la vita reale; ma io spero di invecchiare con tanto amore intorno, come è sempre stato; inoltre voglio che il mio potentissimo ex coniuge mi trovi un lavoro dignitoso a contratto blindato; Marika, si può fare?”

“Certo; ti fanno un contratto con la clausola che, in qualunque caso e per qualsiasi motivo quel posto venisse meno, il tuo ex coniuge, responsabile dell’accordo, si impegna a trovarti un equivalente in altra struttura.”

“Ecco, voglio che mi assicuri la casa, il mio lavoro e un assegno, neanche grosso; lo lascio definire dai giudici o dagli avvocati se evitiamo il processo, purché mi garantisca, se non il tenore di vita che mi assicurava mio marito, almeno una vita agiata; se firmi per queste condizioni, ti lascio tutte le speculazioni e i soldi che hai amato tanto più di me; ora tocca a te dire cosa vuoi fare … ”

“Oscar, prima che dica la tua, sarà bene che ascolti anche me. Ester ti ama davvero, al punto che ha scelto di tirarsi indietro e di lasciarmi campo per non creare problemi a nostro figlio; non sai quanto la ammiro per la forza d’animo che esprime; però io non sono lei, non ho lo spirito di sacrificio di starti dietro, sostenerti e coprirti anche quando sbagli; proprio come è capitato a lei, ti amo molto e sono pronta a vivere con te tutta la vita.

Ma se credi di imporre le tue scelte, le decisioni, un’autorità che non meriti, insomma il tuo maschilismo becero, io prendo il mio bambino e torno a vivere da sola, non aspetto a mandarti al diavolo tra vent’anni; lei ha il cuore che sanguina ma resiste; io non voglio farmi spezzare il cuore; le tue scelte con la famiglia valgono anche per me, paradigmaticamente; scegli cosa vuoi essere, con lei e coi tuoi figli, ma anche con me e con nostro figlio.”

“Dunque, Marika, chiedendo scusa a Cristina se qualcosa che dirò potrà essere male interpretato, il tuo suocero immacolato e talebano ha costruito una nuova famiglia con la quale, per i prossimi vent’anni, gli auguro di essere felice almeno come sono stata io; non sono io a inventami che una nuova realtà familiare può danneggiare l’asse ereditario esistente; se Oscar venisse preso da un amore senile per suo figlio e lo indicasse come unico erede, i danneggiati sareste soprattutto voi.

Non ha mai fatto niente per dire al mondo che i suoi figli sono i suoi eredi naturali; non posso chiedere niente, ma posso consigliare al mio ex marito di togliere suo figlio dalla condizione di bancario e di promuoverlo a suo vice, con prospettiva di subentrargli quando invecchierà; lo stesso vale per te che, anziché sbrigare gli affari dello studio, potresti entrare al fianco di Cecere nell’ufficio legale dell’azienda di Oscar per arrivare poi a dirigerla.

Lo stesso discorso vale per Ada e per Cristina, in nome e per conto di Vittorio; non ho voce, in questo capitolo; ma Oscar farebbe bene a chiarire la posizione dei figli e il destino del suo patrimonio.”

“Oscar la tua ex moglie mi pare che faccia un discorso sereno e importante di chiarezza, di lealtà, di buonsenso; io dovrei stare zitta perché sono parte in causa; ma, se ci facciamo prendere dalle soggezioni, i tuoi figli non parlano chiaro al padre per non apparire avvoltoi, Cristina non vuole coinvolgere suo figlio ma neppure lo difende ed io mi vergogno di approfittare di mio suocero; sbagliamo tutti quanti ma tu più di tutti; ancora una volta Ester rischia sulla pelle per arrivare alla verità; hai capito cosa ti si chiede? Cosa sei disposto a concedere dall’alto del ruolo di Capobranco?”

“Ester, hai qualche notizia del tuo amante principale, Aurelio?”

“Non tirare fuori Aurelio per accampare scuse; è il mio principale ma solo in ufficio; il resto riguarda lui e la sua vita privata; non credere che tirare fuori le tue corna possa sottrarti ai tuoi obblighi ... “

“Non intendo sottrarmi a niente; fin qui sei tu che hai hai toccato il fondo per sfogare la tua libidine; cara ex moglie, dove sei stata fino a un’ora fa? .. A casa di Ada?! ... E’ vero, con tua figlia e con due suoi giovani amici con cui vi siete sollazzate a vostro piacimento! Carissime meravigliose puttane, non violo una privacy se tua figlia ha preteso il sistema d’allarme collegato con la rete della ditta ed ora tutti gli addetti sanno quello che voi due avete combinato, dalla carbonara alle scopate in coppia; credo che non ci sia un modo più particolare di manifestare il tuo grande amore!!!!

Tornando al tuo amante, è all’obitorio; pare che un’auto pirata l’abbia investito e ucciso sulla provinciale; ti suggerirei di riflettere su questa cosa perché sono incidenti frequenti e alla fine i colpevoli non si trovano, specialmente se sono specialisti del genere! Pensi di andare a salutare la salma o rimani qui a discutere delle mie corna e delle tue colpe?”

“Dici sul serio? E morto?”

“Ti risulta che scherzo su incidenti ed omicidi?”

“Oscar, aspetta, che significano questi discorsi su omicidi e pirati specialisti?”

“Marika, tu e la mia ex moglie riuscite a mettere nella stessa frase cose bellissime e castronerie improponibili; parli di un capobranco e non sai che nella società che tu rappresenti c’è una cupola con molte autorità; parli di documenti e tutto si risolve in fotocopie vecchie di anni e muffite; quanto impiegherà la Società a creare un team di avvocati che dimostri l’inattendibilità di vecchie fotocopie nascoste non si sa perché né dove?

La mia ex moglie attenta ad un capitale che non è di uno solo; quali strumenti saranno messi in atto per difendere da una parassita l’integrità del patrimonio; chi garantisce che accetteranno la modifica dell’organigramma? Strano che una giovane avvocata brava come te cada in errori fanciulleschi; ‘cambiamo tutto, assegniamo le parti secondo il nostro capriccio ... ‘; lo capisci che le offese vengono punite severamente? Ti rendi conto che tenete atteggiamenti offensivi?

Questa storia del capobranco su cui insistete mi sta dando fastidio; però è tutto vero; posso e voglio nominare Mario Vice operativo e dargli uno stipendio adeguato; posso e voglio assumere te nell’ufficio legale per aggiungere all’esperienza di Cecere la forza della tua grinta; Ada e Cristina possono avere ruolo di rappresentanza per indicare i miei tre eredi.

Ester, non mi sono comportato da sciocco perché mi ritengo capobranco o individuo alfa o quel diavolo che vuoi; forse non ho saputo vedere quanto eri bella e come mi amavi; ma tu sei andata fuori da ogni limite e hai scatenato una tua guerra personale fino alle corde e alle manette, ricordalo!; adesso ho una realtà nuova e non torno indietro; spero che tu incontri presto l’uomo dei sogni; stai bene attenta perché ti muovi sul filo di un rasoio assai affilato ... 

Sono qui per cercare la pace non per fare la guerra come state facendo voi portando avanti la battaglia che Ester ha dichiarato a non so chi; Marika, se vuoi puoi cominciare da domani a lavorare per tuo suocero e per tuo marito; prepara l’istanza di separazione consensuale e tutti gli atti ufficiali per la vendita della casa, l’assegno all’ex moglie e gli incarichi ai miei figli; voglio ancora una famiglia mia, allargata ma compatta, anche se non darò ospitalità a mia figlia che si porta gli amanti in casa.

Sono diverso, forse fatto male ma una cosa è certa; amo sempre con convinzione e determinazione; finora è stata Ester la mia donna; ora veniamo a te, Cristina; e spero proprio che non avremo frizioni pericolose come quelle che hanno rovinato il mio primo matrimonio.

Se credi anche tu di risolvere coi ricatti le difficoltà di rapporto, rischi di trovarti in breve nella stessa situazione e senza neppure la garanzia illusoria che ha la mia ex moglie di documentare mie presunte irregolarità; se ritieni preferibile l’amicizia di Ester al mio amore, accomodati; ma non ti sognare di sottrarmi mio figlio; sono pronto a pagare un killer se devo portartelo via; e non esito a minacciare davanti a testimoni non certamente bendisposti nei miei confronti.

Questa signora assolutamente indegna ha cercato di imporre un suo capriccio, è andata fuori di testa e deve ritenersi fortunata se non paga tutte le sue colpe, perché è la madre dei miei figli; tu non hai cominciato la vita con me e già minacci; è la maniera peggiore per avviare una convivenza; se non sei convinta, fermati qui; se vai avanti, non sono né tenero né duttile; semplicemente ti amo e ti chiedo amore ...”

“Oscar, io per prima devo chiederti scusa per aver esagerato senza esaminare i fatti; Cristina è disorientata da tutto quello che sta succedendo; se vi calmate, troverete il vostro equilibrio come dovremo trovarlo io e Mario, come dovrà farsi un esame di coscienza Ada che ha favorito il lassismo di sua madre credendo di giocare col sesso; Ester troverà il suo equilibrio altrove; la famiglia c’è, perché tu la vuoi e la difendi; accetta qualche compromesso; la fine di Aurelio non vuole farla nessuno, vero ragazzi?”

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