Corna impreviste

Arrivò l’inverno e, a causa delle scarsissime nevicate, decidemmo di non andare in montagna, ma preferimmo farci una vacanza di una decina di giorni a Cancún.

Susanna ed io ci parlammo al telefono solo sporadicamente. Mi disse di essere molto felice e che anche a lei quell’esperienza aveva fatto bene.

Con l’approssimarsi della bella stagione, venne il momento di riaprire la nostra casa delle vacanze. Come ogni anno, dopo essere rimasta chiusa per alcuni mesi, era necessario darle una bella riordinata.

A causa dei numerosi impegni di lavoro, Manuel non poté partire con me, così lo precedetti di qualche giorno.

Chiamai Susanna e la informai del mio arrivo. Fu contenta di sentirmi e di organizzare il nostro incontro. Anche Gianpiero era via per lavoro, così, da sola, si annoiava.

Sbrigai le faccende più urgenti durante i primi due giorni, poi volli prendermene uno di riposo. Chiamai la mia amica e decidemmo di andare a prenderci un po’ di tintarella in alta quota.

Il mattino, di buon’ora, passai a prenderla a casa sua e, come nostro solito, andammo a far colazione in pasticceria.

Come meta della giornata, mi propose un posto incantevole, con un ampio prato in una zona assolutamente non frequentata.

Arrivate sul posto, stendemmo il plaid sull’erba e ci spogliammo. Visto il totale isolamento nel quale eravamo immerse, indossai solo un ridottissimo perizomino e nient’altro, per evitare che il costume mi lasciasse i segni sull’abbronzatura.

Da buone amiche, ci spalmammo la crema vicendevolmente e ci sdraiammo al sole, continuando la nostra chiacchierata.

“Così, mi dicevi, che quest’inverno tu e Manuel avete preferito rinunciare allo sci?”

“Si, perché non volevamo fare l’esperienza dell’anno scorso, con la maggior parte delle piste chiuse e, sulle poche aperte, sciare sull’erba e rovinare gli sci.”

“Avete fatto bene. Così, cosa avete fatto? Siete andati altrove?”

“Sì, siamo andati in Messico, in un villaggio dove avevo lavorato per un periodo, parecchi anni fa.”

“Ah, bello. Come ti sei trovata?”

“Benissimo. Ho voluto portarci Manuel perché a lui non sono mai piaciuti i villaggi tradizionali, ma questo è veramente spettacolare e tra le migliori strutture della zona. Non per niente, avendoci fatto la direttrice artistica per un anno, lo conosco bene e so come viene gestito.”

“Vi siete divertiti?”

“Oh, sì. Sai che adoro la vita di mare, mentre Manuel, che normalmente in spiaggia si annoia, ha potuto praticare qualche attività, tipo il corso di vela.”

“Avete fatto qualche incontro?”

“Ehm…, Nessuno in particolare…”

L’incertezza nella mia risposta, accese immediatamente la curiosità e la malizia della mia amica.

“Dimmi un po’, furbina. Con quell’espressione, non me la racconti giusta.” replicò divertita.

“Ok. Questa non l’ho raccontata a Manuel, perché, ogni volta che ci penso, mi sento una grandissima troia.”

“Raccontami tutto!” mi incalzò, mettendosi a sedere e protendendosi verso di me, quasi non volesse farsi sfuggire nemmeno una parola.

“L’attuale direttore del villaggio è stato un mio collaboratore, quando ho lavorato lì. È sempre stato veramente un bel tipo e, con gli anni, si è fatto ancora più interessante. Mi piaceva già all’epoca ma, tra noi, non c’è mai stato niente, sia perché ero la sua diretta superiore e non ho mai mischiato i rapporti personali con quelli di lavoro, sia perché ci siamo sempre scornati, avendo metodi di lavoro completamente diversi e incompatibili.”

“Uhm, interessante…” interloquì Susanna.

“Un giorno, a circa fine vacanza, Manuel è uscito in barca con gli altri allievi del corso di vela e io sono rimasta tutto il giorno in spiaggia. Dopo cena, come al solito, ci siamo seduti in uno dei lounge del villaggio a berci qualcosa e ad ascoltare la musica. Verso mezzanotte, è venuto al nostro tavolo Marco, quello che ti dicevo. L’ho presentato a mio marito e ci siamo messi a chiacchierare.

Dopo una ventina di minuti, Manuel stava crollando dal sonno, così ci ha salutati ed è andato a dormire. Con Marco, i nostri discorsi sono andati su quanto faccio adesso, poi sui tempi passati, e abbiamo ricordato un sacco di episodi e di persone dell’epoca.

Inevitabilmente, siamo finiti anche sui nostri rapporti contrastati e mi ha fatto le sue scuse per certi comportamenti scortesi che aveva tenuto nei miei confronti.

Insomma, ha tirato fuori il meglio di sé, se non fosse che, approfittando di una mia distrazione, mi sono ritrovata la sua bocca a due centimetri dalla mia e, un attimo dopo, stavamo limonando come adolescenti in fregola.”

“Ma va’? Cavolo!” esclamò Susanna, restando a bocca aperta.

“Eh, sì…”

“E tu?”

“E io… Ci sono stata. Ormai il locale era vuoto. Saranno state oltre le tre, così ne ha approfittato e, mentre slinguavamo, mi ha infilato una mano in mezzo alle cosce e ha iniziato ad accarezzarmi impunemente la passera…”

“ ‘aaazzz!”

“In qualche attimo di tregua che la sua lingua mi ha concesso, ho provato a chiedermi che cazzo stavo facendo, ma la lussuria ha prevalso sulla ragione. Così, ad un certo punto, avevo le mutandine fradice e sono stata io a chiedergli se voleva che andassimo in camera sua. Pensa che troia…”

Susanna mi ascoltava con gli occhi fuori dalle orbite.

“Il problema era che lui divideva la camera con un collega. Così, ovviamente, non potendo andare nella mia, dove c’era mio marito, siamo andati nel suo ufficio. Appena ha chiuso la porta, ha ripreso a baciarmi e a mettermi le mani dappertutto…”

“Intraprendente, il tipo!” osservò Susanna.

“Beh, io non sono stata certo da meno. Gli ho subito impugnato il pacco attraverso i pantaloni e ho preso a smanovrarglielo con forza.

Mi ha fatta sdraiare sulla scrivania, mi ha divaricato le gambe e ci ha tuffato in mezzo il viso. Lui lappava e io squirtavo. Quindi, mi ha strappato le mutandine, si è aperto la patta e lo ha tirato fuori.

Io non capivo più un cazzo. Mi sono sentita trascinare verso di lui, poi, un attimo dopo, sentivo il suo pisellone che mi stantuffava per tutta la lunghezza, dalle labbra all’utero. Mi sono fatta scopare così per un po’, quindi ho iniziato a partecipare attivamente anche io, contrapponendo i miei movimenti ai suoi potenti affondi.”

“Cazzo, Monica! Che storia!”

“Abbiamo proseguito per una mezz’ora, poi è arrivato il momento che doveva eiaculare. Stava per tirarlo fuori, ma ho voluto che mi venisse dentro, altrimenti avrebbe provocato un disastro sul vestito che non mi aveva dato il tempo di togliere.

Quando l’ho sentito venire, sono venuta anch’io un’altra volta. Infine, è crollato sopra di me e ha continuato a baciarmi.

Dopo esserci ripresi, mi sono alzata dalla scrivania e ho guardato l’orologio: erano quasi le cinque, così gli ho dato un ultimo bacio e sono filata in camera.

Sono entrata piano e, per non fare casino, mi sono tolta vestito e scarpe e mi sono infilata nel letto, senza nemmeno andare a lavarmi. Appena sotto al lenzuolo, Manuel si è svegliato e, quasi incosciente, mi ha chiesto che ore fossero. Non ha nemmeno atteso la mia risposta che si è girato dall’altra parte.”

“Mano male!” osservò Susanna.

“Mica tanto. Sono anni che Manuel mi chiede di tornare a casa piena di un altro uomo, ma non ne ho mai avuto il coraggio. Invece, quella volta che Marco mi ha riempita all’inverosimile, lui se l’è lasciata sfuggire. Ero ancora così eccitata che non avrei avuto problemi a dirgli che mi ero appena scopata uno!”

La mia amica scoppiò in una risata e io richiusi gli occhi, ripensando a quelle scene bollenti.

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