Cosa c’è dietro l’angolo

Cosa c’è dietro l’angolo

L’ambiente era quello anonimo di un motel poco fuori città arredato con pessimo gusto e a poco prezzo; l’unica cosa valida, ovviamente, era l’ampio letto sul cui bordo laterale Magda era seduta alle prese con un cazzo di media dimensione; per il resto, un tavolino che aveva visto tempi migliori, con un cestino e una sedia mezza sgangherata, uno specchio alla parete sopra un lavandino; in un angolo, un bidet con un rotolo di carta multiuso per asciugarsi.

Non era lì per un soggiorno elegante, ma per scopare col giovane professionista che aveva agganciato e col quale intendeva fare un bel palco di corna a quell’imbecille del marito, col quale non scopava da ormai quattro anni; anzi, si vivevano come estranei in casa; non capiva perché lui non avesse ancora chiesto la separazione; fino a un paio d’anni prima, l’aveva stoppato con la minaccia di chiedere l’affidamento unico della figlia non ancora maggiorenne; lui aveva ceduto perché troppo legato a Lucia.

Ma adesso, con la figlia ormai ventenne, era masochistico, da parte di Marco, continuare a tenerla con sé pur sapendo che non gliel’avrebbe mai data, a meno che lui non abbassasse la cresta e si rassegnasse a dipendere della sua volontà; ma Lucia era figlia di un grande amore, quando lei era appena ventenne e lui, a venticinque anni, aveva già cominciato a dare la scalata al successo con la sua piccola impresa che, nel giro di qualche anno, era diventata un impero assai potente.

Aveva scelto il giovane avvocato, per fare le corna al marito, perché apparteneva a quella schiera di personaggi in vista che nei circoli cittadini facevano il bello e il cattivo tempo; nei primi anni del matrimonio, lei aveva brillato in quei cenacoli come la splendida professoressa del locale liceo adorata e venerata da tutti; suo marito era solo il suo accompagnatore quasi appena sopportato dai maggiorenti della città che davanti a lei si prostravano.

Poi, chissà come, lui era cresciuto nella stima generale, anche perché il suo ufficio economico teneva la contabilità di moltissimi personaggi, autorevoli e viscidi, e diventava quindi un loro alleato prezioso; progressivamente, il suo ruolo era finito in ombra mentre era lui, adesso, a prendersi le smancerie dei personaggi, e più ancora delle loro signore; anche se lui la trattava comunque da regina, il rancore sordo si era fatto sempre più convinto e aveva deciso di colpirlo usando la figa per la punizione.

Il giovane avvocato era decisamente solido e ben messo, da uomo che sapeva di piacere e si teneva in forma attentamente in palestra, in piscina, sui campi da tennis, dovunque la sua tonicità potesse essere rafforzata; il viso da pirata brillava sul corpo tonico e muscoloso coi pettorali ben evidenti; i fianchi ben disegnati reggevano il culetto solido e piacevole; sopra le cosce monumentali si ergeva un cazzo sui sedici/diciotto centimetri abbastanza interessante.

Abituata per anni alle scopate intelligenti e lunghe con suo marito, Magda aveva un vero amore per il pompino; quando il maschio le si accostò, le venne quasi naturale afferrare la mazza a due mani, accostarla al viso e cominciare a leccare dalle palle grosse e gonfie; era veramente eccitato, lui, all’idea di scoparsi una donna che tutti desideravano; a quarant’anni, era bella come lo era stata a venti quando si era sposata col suo amico imprenditore.

Per questo, era al massimo della forma mentre si apprestava a sfondarla dappertutto, come meritava lei e forse anche lui, che lasciava una simile bellezza affidarsi ad altre mani per cercare quel piacere che forse lui non sapeva darle; le prese la testa e la guidò garbatamente a leccare e a succhiargli il cazzo; non era nuovo ad esperienze del genere, di mogli insoddisfatte che gli si offrivano per grandi scopate; con questa, intendeva superare se stesso e accostò la punta alle labbra.

Ma lei era decisamente determinata a fare a modo suo; frenò il cazzo sulle labbra chiuse e continuò la sua leccata che titillò lentamente, lussuriosamente e libidinosamente, lo scroto, facendo entrare in bocca le palle, una per volta, e succhiandole deliziosamente e rumorosamente; passò poi la lingua sulla mazza che teneva appoggiata al ventre, ritta come un obelisco; quando la leccata raggiunse il glande e la punta, aprì leggermente le labbra e ingoiò parte dell’asta.

Lui ebbe la sensazione di penetrare una figa vergine, tanto abile fu la donna a socchiudere progressivamente la bocca mentre il cazzo scivolava sulla lingua e contro il palato; spinse il bacino contro il viso per scoparla in bocca, fino alla gola; ma ebbe la prova che era meglio lasciare fare perché una mano fermò la mazza fuori dalla bocca mentre la lingua spediva la cappella contro le gote; si fermò e aspettò che fosse lei a succhiare con gusto la mazza, mentre contemporaneamente leccava.

Le sensazioni gli bruciavano il cervello; capì che con una femmina così non era il caso di atteggiarsi a maschio; forse, pensò, il motivo di contrasto tra lei e il marito era proprio in questa volontà di lei di imporre il proprio dominio che lui non accettava di subire; si abbandonò al piacere che lei indubbiamente gli sapeva trasmettere su tutto il ventre, fino al cervello; lei si gustava il membro facendolo entrare ed uscire dalle labbra in una scopata paradisiaca.

In effetti, il rancore di Magda era nato proprio dalla tenacia con cui il marito respingeva tutti i suoi tentativi di imporre un sistema di vita che lei pretendeva perché congeniale ai suoi capricci; per lui, dominante era il lavoro, in cui si era lanciato con accanimento da quando il suocero aveva imposto il regime di separazione dei beni perché lo riteneva un avventuriero e voleva garantire la figlia da eventuali crac.

L’altro punto di contrasto era l’amore viscerale per la figlia; Marco stravedeva per Lucia da quando era nata fino a quel momento che era maggiorenne, libera e forse libertina; da quando era andata alle elementari e fino alla laurea, era stato quasi ossessivamente attento a tutte le esigenze della figlia, dai pannolini all’alloggio nella città universitaria; Magda aveva sempre più con convinzione ritenuto che lui dedicasse alla figlia e al lavoro il tempo che pretendeva dedicato ai suoi capricci.

E c’è da dire che non erano pochi, considerato che il meglio del suo tempo lo trascorreva tra feste e shopping, tra terme e amicizie al bar; anche lo stipendio da insegnante serviva alla sua bellezza più che alle spese di casa; Marco aveva lasciato fare e non le chiedeva conto delle sue scelte; lei leggeva la disponibilità come mancanza di attenzione e diventò gelosa persino di sua figlia alla quale, secondo lei, suo marito si dedicava troppo morbosamente.

Questo tarlo la divorava anche in quel momento, con una bellissima mazza tra le mani e tra le labbra; si dedicò al pompino con quanta capacità le offrivano l’esperienza, il desiderio e la rabbia di offendere quel cornuto di suo marito; il giovane amante occasionale dovette frenare più volte l’orgasmo che lei gli faceva montare coi suoi giochetti di bocca; la scopò in gola, quando lei fece scivolare la cappella fin oltre l’ugola, ma si fermò in tempo prima di sborrare precocemente.

Per evitare un assalto irresistibile, la spinse indietro e la rovesciò supina sul letto; divaricò le cosce e si chinò sulla figa bollente; leccò le grandi labbra e le mordicchiò lussuriosamente; scese fino al ginocchio e risalì lasciando una bava di saliva; ricominciò dall’altro lato e arrivò di nuovo alla figa; tormentò a lungo le grandi labbra, una per volta; poi passò a leccare le piccole che si aprirono come un fiore a lasciare scoperto il clitoride rosso e ritto al centro.

Lo prese tra le labbra e succhiò amorosamente; lo strinse appassionatamente tra i denti e riprese a succhiare; la sentì gemere dolcemente e avvertì un primo leggero orgasmo; capì che la pratica incontrava il massimo piacere e ci insistette per qualche minuto; poi infilò la lingua nella vagina e la sentì urlare di piacere; la scopò così, con la lingua appuntita, fino al canale vaginale e registrò la stretta dei muscoli che gli diedero gioia e godimento.

Subdolamente e inspiegabilmente, alla memoria di lei tornarono i lunghi preliminari che piacevano tanto a Marco; era capace di passare ore a leccarle la figa; quando lo faceva da sotto, a 69, la stordiva perché leccava tutto, figa e culo, e la deliziava con lunghi passaggi a spatola su tutto il perineo, che intervallava con profonde penetrazioni della lingua in figa e nel culo; il cunnilinguo di suo marito era di tutta un’altra classe.

Ma, in quel momento, le faceva solo rabbia il ricordo obsoleto e spesso rimosso di quei momenti di cui l’ultimo risaliva a cinque anni prima, una vera eternità di corna e di trasgressione; l’odiava ancora di più per avere interrotto quel piacere e costretta a prendersi questo, forse succedaneo ma non della stessa qualità; insegnare ad un maschio a soddisfare le voglie di una femmina era quasi impossibile; e proprio sui capricci ignorati si fondava la sua rabbia.

Il maschietto di turno non resse a lungo alla leccata; preferiva di gran lungo la bocca sul cazzo; ebbe il buonsenso, però, di farla rotolare e di sistemarsi a 69; recuperò il gioco del cazzo che pompava nella gola di lei che, sistematasi sopra, manovrava abbassando e sollevando la testa per imporre la sua volontà di affondo; fermando la fellazione ed agitando la figa sulla bocca, gli segnalò che toccava a lui; per qualche minuto si alternarono a succhiare e leccare i sessi.

Quando si fermarono stanchi, lei si dispose carponi sul letto e gli indicò di continuare da dietro; lui prontamente eseguì e la fece godere passando la lingua su tutto il sesso; sull’onda del piacere e stimolato dalla posizione, si sollevò sulle ginocchia e le infilò il cazzo profondamente nella figa; per un attimo, rimase sorpresa dall’iniziativa; poi attivò i muscoli vaginali, quando sentì la mazza riempire il canale e picchiare con la punta contro l’utero.

Lui la scopò con voglia e lussuria; ma l’attività dei muscoli vaginali, che lei aveva lungamente esercitato col marito e con gli amanti prima di lui, le consentirono di ‘mungere’ il cazzo fino a strappargli un orgasmo stratosferico che lei fece abilmente coincidere con il suo; il solito pensiero diabolico la portò a riflettere su quanto asseriva Marco su amore e sesso; effettivamente, con questo amante, come con altri, si trattava di un autentico esercizio muscolare con sborrata finale.

La riflessione le fece male; lei amava ancora suo marito, nonostante lo avesse sepolto sotto il fango per oltre quattro anni e capiva esattamente il senso dell’affermazione che il sesso senza sentimento era un esercizio fisico al quale solo un atto di fede avrebbe potuto attribuire valore di emozione e di comunicazione, quella che Marco le trasmetteva sempre; ridotto a semplice funzione corporea, non era che ginnastica non utile né a rafforzare muscoli né a dimagrire.

Intanto, si erano distesi supini, senza neppure sfiorarsi, forse inseguendo ciascuno i suoi pensieri; ma il giovane amante di quel giorno aveva abbastanza energie e riserve per riprendersi rapidamente; lo aiutò lei, che non era ancora soddisfatta e desiderava comunque una scopata bella e degna di essere ricordata, almeno per un po’ di tempo; si piegò con la testa sul ventre, prese in bocca il cazzo barzotto e con pochi colpi di lingua lo riportò all’erezione massima.

Montatagli addosso, riprese il 69 che l’aveva lasciata a metà; alternandosi tra succhiare ed essere succhiati, per un lungo tempo si sollazzarono col cazzo in bocca, lei, e con lunghissime leccate tra figa e culo, lui; poi Magda volle provare; si sganciò dal 69 e gli montò addosso; salì sul ventre, prese il cazzo con una mano e lo diresse alla figa; lo montò alla cavallerizza a lungo, usando tutta la sua esperienza per affondare il cazzo nell’utero, tirarlo fuori fin quasi ad estrarlo.

Scendeva lentamente assaporando lo spessore con tutto il canale vaginale e ritornava su, fino a tirarlo fuori, per piombare giù di colpo, squassandosi il ventre con il piacere provato; su e giù, così, per un lungo periodo; poi si ruotò su di lui, con movimenti acrobatici, e se lo rimise dentro, dandogli le spalle; titillava il clitoride e carezzava insieme le palle e la radice del cazzo, mentre si impalava fino in fondo, quasi fino al dolore.

Stanca della ginnastica, lo fece ruotare e, da supina, si fece montare addosso e appoggiò il cazzo tra le tette; accostò le mammelle all’asta chiusa nel vallo tra i seni e gli praticò una bellissima spagnola; ogni tanto, allungava la testa a ricevere il cazzo fra le labbra; lui colse l’intenzione e spinse fino a farsi praticare un pompino a conclusione della spagnola; giocarono così per un po’, poi lei lo sbalzò da se e si sistemò carponi; anche se non lo disse, per lei era l’ora di provare il cazzo nel culo.

Lui non si fece pregare e le andò dietro, si inginocchiò e riprese a leccare, come aveva già fatto, tutto il sesso, dal monte di venere al coccige, fermandosi più volte ad infilare la lingua in culo e nella figa; lei sobbalzava ad ogni leccata profonda e godeva molto; ebbe almeno un paio di orgasmi leggeri; fermando un poco la manovra, gli chiese di prendere dalla sua borsa la boccetta di lubrificante che aveva portato proprio con l’intenzione di prenderlo nel culo senza dolore.

Tornato sul letto, si sistemò in ginocchio dietro di lei e riprese a leccare culo e figa con grande entusiasmo; si unse di lubrificante le dita e, mentre con la lingua titillava la vagina, infilò nel culo prima uno, poi due e infine tre dita a cuneo per dilatare lo sfintere; non ce ne sarebbe stato neppure bisogno perché per vent’anni lei non aveva interrotto l‘abitudine di farsi inculare ogni volta che scopava.

Dopo quello di Marco, che era stato il primo e l’aveva fatta da padrone per i primi sedici anni, aveva dato il buchetto a tutti gli amanti che si era portati a letto; onestamente, non era in grado di dire quanti, perché, a scadenza almeno mensile, una mazza se l’era presa, in tutti i buchi; ma non aveva mai nemmeno ipotizzato di farlo più volte con lo stesso maschio, proprio perché voleva che fosse solo sesso, senza coinvolgimento emotivo.

Stupidamente, forse, pensava che scopare per sfizio, solo fisicamente, potesse essere meno colpevole; d’altronde, era stato suo marito Marco a sottolineare che il sesso fine a se stesso non intaccava il sentimento; essendo la sborrata un ‘incidente’ facile da lavare, farlo una sola volta con tanti, nella sua logica perversa, non le impediva di sperare che lui alla fine si arrendesse, tornasse da lei umile e disponibile, implorasse e accettasse il perdono e tornassero insieme in nome dell’amore.

Non era una stupida, Magda; anzi, negli ambienti culturali che frequentava, a cominciare dal liceo dove insegnava e che anche sua figlia aveva frequentato, era ritenuta una donna culturalmente interessante e protagonista di lodevoli iniziative; nello specifico della vicenda delle corna, la sua capacità intellettuale era come se evaporasse all’improvviso; i suoi capricci, che tali erano in definitiva, si trasformavano in modo di vita e le imponevano scelte assurde e stupide.

Non riusciva, in pratica, a rendersi conto che anche un amante al mese, in quattro anni e più, facevano almeno cinquanta maschi passati per il suo letto, cinquanta cazzi, di ogni forma e dimensione, che avevano attraversato la sua bocca, le mani, la figa e il culo; pensare che questa massa di salsicciotti fossero cancellati via con un colpo di spugna era per lo meno illusorio; ma la sua fanciullaggine le impediva persino di accettare che, per tutti, Marco era un ‘cornuto contento’.

Ancora più stupido era non chiedersi neppure come suo marito, di cui conosceva la focosità a letto, potesse ovviare alla mancanza di figa, visto che lei si era ostinata a negargliela e lui alla fine aveva rinunciato; in quel momento, mentre si preparava a prendere nel culo l’ennesimo cazzo, il problema non la sfiorava ed era tutta concentrata sul piacere che da quella mazza poteva ricavare; questa non era eccessiva, nei limiti delle misure di Marco; aveva sperimentato di meglio e di peggio.

Quando avvertì che la cappella si accostava all’ano, ebbe una forte scossa di piacere che l’attraversò dalla testa ai piedi; si augurò che fosse un buon amante e che riuscisse a darle tutto il piacere che desiderava; poche volte aveva trovato chi la riempisse; inutile dirlo, il primo in tutto era stato suo marito; quando la cappella forzò lo sfintere sentì che sarebbe stata una giornata intensa, almeno per la scopata nel culo.

L’avvocato, infatti, la penetrò con molto garbo e aggiunse lubrificante, quando fu necessario; il percorso di tutto il canale rettale fu per lei gioiosa goduria di un piacere che si trasmetteva dai terminali dell’ano fino al cervello; il suono secco, sciaff, del ventre che picchiava contro le natiche le disse che il cazzo era tutto dentro; le palle che picchiavano sulla figa le diedero la conferma; cominciò a sbrodolare e il primo orgasmo anale si avvicinò con esaltante lussuria.

Il rumore dello scontro tra ventre e natiche accarezzò l’orecchio a lungo, mentre lui entrava e usciva sempre più agevolmente dal culo arrivando a possederla senza problemi come in una figa succedanea; evidentemente, il suo giovane stupratore era particolarmente interessato e versato in quella tecnica amatoria, perché vi si dedicò per lungo tempo e modificando più volte le posizioni nella scopata.

La montò a pecorina nella maniera classica, poi la fece sdraiare su un fianco, rimanendo attaccato a lei e intano pompava il cazzo avanti e indietro con goduria reciproca; mentre si lasciava sfondare sdraiata su un fianco con la gamba libera sostenuta in alto da lui, si masturbò vigorosamente ed ebbe numerosi orgasmi; dopo averla inculata così di fianco su un lato, le fece girare sull’altro, riprese il pompaggio e la scopò altrettanto a lungo.

Con un rapido movimento, si sfilò dal culo, la fece sdraiare supina e si porto le gambe sulla testa; la sollevò tanto che alla fine solo le spalle poggiavano sul letto; lui la sbatteva dall’alto verso il basso e lei era in grado di osservare la mazza affondare nella sua carne; alla fine, lui la portò sul bordo laterale del letto, la stese supina col culo che sporgeva fuori, le sollevò i piedi sulle sue spalle e la infilò vis a vis; vedere il cazzo andare a venire dal culo le provocò un orgasmo che si sentì in piazza.

Anche il giovane avvocato esplose in una sborrata colossale che le inondò l‘intestino provocandole ulteriori spasmi di godimento; l’amante mise in atto tutte le cautele e si sfilò delicatamente per evitare i fastidi che normalmente provocava uscire da un’inculata; schiantarono, letteralmente, ambedue sul letto e per un poco si raccolsero in sé stessi per sfogare la tensione che avevano accumulato e il piacere intenso per ambedue.

Mentre si prendeva con gioia il cazzo nel culo e, dopo, mentre si sciacquava sul bidet e si vestiva, Magda si sorprese a vivere uno di quei momenti di senso di colpa che ormai conosceva benissimo perché la tormentavano da quando, dopo il primo ‘sfizio’ di farsi scopare da uno sconosciuto per rabbia, rendendosi conto che l’iterazione avrebbe significato possibile rottura definitiva, aveva cominciato a domandarsi se non stesse sbagliando.

Si rispose, per giustificarsi, che era stato suo marito a indurla a sbagliare perché non aveva saputo stare ‘al posto suo’, quello del subalterno a lei dominatrice; la logica, i fatti e i giudizi di tutti erano contro quella sua interpretazione unilaterale, ma lei ormai l’aveva usata per giustificare, a se stessa più che ad altri, la scelta di tradire; aveva aggiunto bugie a bugie, sempre ammantate dalla stessa equivoca interpretazione, ed ora era chiaro che era a fine viaggio.

L’unica motivazione che poteva intuire, per spiegare la tigna di suo marito a vivere un matrimonio che non esisteva era il fatto che lei era la madre di sua figlia; andarsene significava rischiare di perdere quell’affetto che per lui era vitale; lei, in pratica, doveva la permanenza nel benessere che Marco le garantiva solo alla presenza di Lucia, dea adorata da suo padre che era stata per larga parte il motivo vero della sua tigna, dal momento che ne era diventata gelosa.

Quasi automaticamente, scaturiva la domanda su quando come e, soprattutto, perché si era messa su quel piano inclinato coperto di sapone sul quale scivolava sempre più in basso.

I quesiti che erano affiorati a Magda durante e dopo l’ultima scopata adulterina la assillarono per molto tempo e si trovò spesso a domandarsi quando come e perché avesse cominciato quel calvario assurdo che la faceva passare di letto in letto per il gusto di umiliare ed offendere suo marito, reo, chissà perché, di averla scavalcata nel gradimento della buona società cittadina, ma soprattutto di avere ‘sacrificato’ alla cura della figlia e del lavoro il tempo che lei pretendeva per sé.

Il malumore era cominciato in sordina, crescendo a mano a mano che Lucia frequentava la scuola elementare e poi la media; ma, più ancora, perché nel tempo Marco produceva sempre più ricchezza, soprattutto per la figlia e per lei, che aveva decisamente le mani bucate e spandeva senza controllo e senza criterio, solo per essere sempre alla moda ed invidiata dalle signore bene di circuiti che ostinatamente frequentava e dove Marco prima si fece trascinare poi cominciò ad essere reclamato.

Il fatto che, in certe feste, una volta avessero avuto ruolo ‘gli intellettuali’ e che, nel giro di qualche anno, avessero cominciato a prevalere i ‘produttori’ era da lei visto quasi come un personale affronto di suo marito, di cui non riusciva a vedere le difficoltà a muoversi in un ambiente che non amava e gli sforzi immani che compiva per trattarla come una regina e per farla considerare più ammirevole di quanto non meritasse; eppure si amavano e lei sapeva con certezza di ammirare quell’uomo.

A guardare con un minimo di attenzione, era quasi come se, per una sorta di incomprensibile schizofrenia, i due emisferi del suo cervello lavorassero indipendentemente l’uno dall’altro; quello destro, più portato alla fantasia e alla creatività, imponeva la ‘bambina’ che c’era in lei e faceva esplodere come terremoti i capricci ingiustificabili; dallo stesso emisfero nascevano insieme l’amore per l’uomo e il rancore per il marito, a suo avviso inadempiente nei suoi doveri di coccole e di vezzeggiamenti.

Quello sinistro, quello della logica e delle regole, le suggeriva che, a quarant’anni, era sbagliato battere ancora i piedi e protestare pretendendo che si inginocchiasse, chiedesse perdono e confessasse colpe che non esistevano, l’uomo a cui aveva dedicato gran parte della sua vita; peggio ancora, scaricare gran parte delle responsabilità sulla figlia, che sapeva di amare come i sui occhi; essere gelosa delle cure che le dedicava, giustamente, suo padre, era quanto di più ignobile si potesse pensare.

Purtroppo per lei, nella battaglia tra angeli e demoni la ebbero vinta i demoni, specialmente in un momento assai preciso, quella festa annuale del circolo più qualificato della città, a cui aveva letteralmente trascinato suo marito, per trovarsi poi incazzata nera a constatare che tutte le autorità gli erano debitrici di qualcosa, perché tutti si avvalevano del suo studio economico per eludere qualche tassa o costruire qualche riserva clandestina in banche inattaccabili.

La rabbia che le montò si sarebbe tagliata col coltello, ma dovette fare buon viso a cattivo gioco e sentì crescere dentro di sé il rancore per quell’uomo che amava ma che la mandava in bestia perché non si piegava ai suoi capricci; neanche dopo anni di tormenti e di offese riusciva ad accettare che era stata una naturale evoluzione dei tempi, di cui lui non aveva nessuna colpa, a cambiare le condizioni di giudizio e di valutazione.

Presa nell’ingranaggio della tigna, passò la serata a cercare ogni spunto per ridicolizzare suo marito e metterlo in difficoltà, scegliendo di rapportarsi a personaggi altrettanto importanti ma più ricercati e affettati di lui; si fece ignobilmente corteggiare da molti e non lesinò ammiccamenti e allusioni offensive per lui, adombrando l’ipotesi di un’incapacità di corrispondere alle esigenze di una donna di classe, ardente ed amatissima come lei

Marco non cercò neppure di rispondere ad una sola delle aperte offese; amava sua moglie ed era convinto che la sua acrimonia fosse conseguenza di un disagio momentaneo; quando però la figlia Lucia, che al tempo aveva sedici anni e frequentava lo stesso liceo dove insegnava sua madre, telefonò per sollecitarli a rientrare ad un’ora cristiana, il marito la rassicurò, ma la moglie, invitata ad accomiatarsi dalla brigata insieme a lui, lo mandò apertamente al diavolo.

Lui, paziente come sempre, abbozzò e le chiese come volesse fare, visto che la bambina aveva bisogno di loro; la risposta fu che era lui a viziare la ‘bambina’ che non era più tale, che lei non cedeva al ricatto biologico di una ragazzina capricciosa; andasse lui, vista la passione incestuosa che lo legava alla figlia; lei avrebbe trovato il modo di farsi riaccompagnare da qualcuno più cortese di un marito buzzurro; il riferimento all’incesto provocò a Marco uno scatto per cui strinse i pugni, poi si calmò e uscì.

La parte sinistra del cervello di Magda, al tempo ed ora, a quattro anni di distanza, riconosceva tutti gli errori, le gaffe e le terribili offese che in poche frasi era stata capace di riassumere; ma, allora ed in quel momento, la parte destra continuava a sostenere i capricci che aveva attribuito alla figlia ma che, appunto in quel momento, erano solo suoi; da qui, si scatenò la slavina che avrebbe condotto alla situazione di rottura irreparabile; per coprire gli errori ne commise di peggiori.

Per nascondere l’atteggiamento arrogante col marito e rafforzare la sua immagine di donna decisa, cominciò a folleggiare per tutto il resto della serata e in particolare si lasciò irretire da un avvocato di una ventina di anni più anziano, lei aveva trentasei anni, lui cinquantacinque, famoso per le sue facili conquiste, per gli amori di una sera e per la galanteria con cui catturava l’attenzione di qualunque donna; il tarlo dell’adulterio si insinuò; decise di cedere alla tentazione e di punirlo con un paio di corna.

Era poco oltre mezzanotte quando l’anziano professionista le propose di accompagnarla a casa con la sua auto; non era necessaria molta intelligenza per cogliere cosa celasse l’invito; ma Magda forse cercava proprio quella trasgressione; non si meravigliò quando vide l’auto prendere una direzione diversa da quella di casa; in dieci minuti furono ad un locale, in un vecchio edificio del centro, che si rivelò immediatamente per un garçonnière di gusto anche un po’ ridondante, per non dire pacchiano.

L’avvocato si rivelò un gentiluomo di gran classe; appena chiusa la porta alle loro spalle, abbracciò Magda e la strinse a sé; lei gli si concesse con grazia; il primo bacio fu un’esplosione di libidine per lei, che per la prima volta tradiva suo marito e si concedeva ad un altro uomo; lui era però abbastanza smaliziato da compiere i gesti necessari per indurre a violare la fedeltà coniugale la donna che da molto tempo ormai lo intrigava e si faceva desiderare.

Il gioco delle lingue che si rincorrevano, si succhiavano, si leccavano, esploravano la bocca, si fece intenso e provocatorio; Magda si sentiva sciogliere e dalla figa le pareva che l’amore scivolasse via come umori di orgasmo che non voleva trattenere; il suo provvisorio amante aveva sistemato il cazzo fra le cosce, da sopra i vestiti, perché lei avesse immediato il senso di quello che stava aspettando e che stava pulsando la sotto; lei partecipava al titillamento e godeva continuamente.

Quando il maschio la spinse a sedere sul bordo del letto, lei colse subito le intenzioni, perché da sempre suo marito l’aveva abituata a succhiare il cazzo, prima di scoparla in figa; cosciente che il suo pompino sarebbe risultato persino letale, aprì il pantalone e lo abbassò alle ginocchia; fece scendere il boxer e le apparve in tutto il suo turgore un cazzo assai notevole; lo prese a due mani e se lo passò lussuriosamente sul volto; a Marco, quel gesto dava sempre un’eccitazione straordinaria.

Tenendo con una mano la mazza ritta contro il ventre, con l’altra manipolò delicatamente i coglioni; accostò la lingua e leccò devotamente lo scroto, fino all’ano; passò poi all’asta e raccolse dalla punta i segnali del precum che facevano capolino; infine, affondò decisamente la cappella in bocca, accompagnandola con la lingua verso l’ugola; la lunga esperienza coniugale le consentì di assorbire interamente il cazzo senza provare nessun particolare fastidio; godeva a leccarlo e a farsi scopare in bocca.

L’uomo desiderava assai più che il pompino della bella donna; la frenò e prese a spogliarla; fu molto delicato nell’operazione e le baciava amorosamente ogni parte che scopriva a mano a mano che camicetta, reggiseno, gonna, calze e slip venivano fatti scivolare con gusto e garbo lungo il corpo e depositati sulla sedia; Magda avviò anche lei la spoliazione del maschio e scoprì un fisico assai tonico, tenuto in buon esercizio e piacevolissimo da baciare, leccare, succhiare, godere in ogni modo.

L’uomo la sistemò supina sul letto, si accucciò tra le sue cosce e le aggredì con la bocca la figa grondante già di orgasmi; Magda si sentì leccare come da sempre era abituata a casa; la condizione di trasgressione, di ‘irregolarità’, in quel caso però caricavano ogni gesto di un valore nuovo e più profondo; una semplice scopata, a quel punto, diventava una ribellione aperta ad un tiranno che non teneva in nessuna considerazione il suo bisogno di coccole, di tenerezze.

L’avvocato invece dava proprio la sensazione di essere quasi in adorazione del suo corpo; difficile spiegarle che era un mezzo professionista del sesso e che aveva elaborato quasi ogni gesto in una carriera lunga e proficua di scopate con mogli insoddisfatte e, perché no, stupide; dopo anni di esperienza, sapeva esattamente quale punto toccare, quale gesto compiere per trarre da fighe eccitate il meglio della sensualità ed avere scopate straordinarie.

Quando lui scivolò sul suo corpo dalla figa verso le tette, Magda si sentì eccitare al massimo; il piacere le inondava il cervello, il cuore e la figa; esplose piccoli orgasmi ad ogni colpo di lingua ben assestato, sul clitoride, nell’ombelico e sui capezzoli; ormai si limitava a godere completamente aperta a lui e rilassata, tormentandosi seni e figa, a seconda di dove lui stesse leccando, succhiando, mordicchiando; quel che desiderava, adesso, era sentirsi una bambola coccolata.

Il vecchio marpione, invece, la trattava proprio da bambola, ma di quelle di gomma utili per pratiche solitarie; dopo averle fatto assaggiare il piacere con la lingua in figa ed averla portata al parossismo dedicandosi alle tette, si sistemò su di lei, le divaricò le gambe, sollevò le ginocchia per scosciarla meglio e le infilò il cazzo dentro; entrava lentamente, dolcemente, fermandosi ad ascoltare i gemiti e gli orgasmi di lei a mano a mano che il cazzo conquistava terreno nel canale vaginale.

Lei si sentiva portata in paradiso dalle emozioni che la scopata le dava e si abbandonò al piacere intensissimo che lui le procurava; quando sentì l’urto della cappella contro l’utero, capì che era entrato tutto; sollevò i piedi intorno ai fianchi e lo afferrò per i lombi, facendosi riempire finché furono una cosa sola; lui la cavalcò con impeto e lei si lasciò andare al piacere delle violente botte che lui dava contro il suo inguine; sborrarono insieme, urlando, e giacquero svuotati per qualche tempo.

Ma la rabbia di lei, che ancora scopava solo per offendere suo marito assente, e la perizia di lui, ormai consumato a quelle esperienze, li portarono ad una ripresa quasi rapida; lui le montò a cavalcioni e le piantò il cazzo fra le tette; prese le mammelle dai lati e strinse la mazza, avviando una spagnola importante; lei, abituata a sollazzare Marco con le sue tette piene e morbide, lo aiutò sostenendole; tirò fuori la lingua e leccava la punta quando lui spingeva.

La fece sistemare carponi sul letto, le andò dietro e le leccò per un tempo lunghissimo figa e culo; si rese conto che il buchetto era ben abituato alla mazza; quando glielo chiese, lei confermò la disponibilità ad essere inculata e lui andò in bagno da dove tornò con un tubetto di lubrificante; si piazzò dietro di lei, le infilò il cazzo in figa ed afferrò le tette per usarle quando spingeva contro l’utero; la sentì gemere tre volte per l’orgasmo raggiunto; poi si abbassò a leccare intensamente il buco del culo.

Lo trattò con molto garbo; aiutandosi col lubrificante, infilò fino a tre dita e le ruotò finché fu pronto per il cazzo; appoggiò la cappella, spinse e sentì che lei godeva anche di culo; la chiavò violentemente a lungo, in tutte le posizioni; dopo la pecorina, lo fece da dietro, distesi su un fianco, a cucchiaio; sollevandola fino a farla poggiare solo per le spalle sul letto, la inculava all’alto con somma goduria; alla fine la stese sul bordo del letto e la inculò faccia a faccia; sborrarono ancora insieme.

Neanche più sapevano da quanto tempo stessero scopando; quando si rese conto che era quasi l’alba, lei lo sollecitò a concludere la serata folle; lui la scopò un’ultima volta, alla missionaria prima che lei infilasse lo slip e i vestiti, mentre ancora la figa gocciolava la sborra di lui; la riaccompagnò a casa; quando le chiese se si sarebbero rivisti, lei negò recisamente; voleva sesso occasionale non una storia; uscì dall’auto quasi correndo e si precipitò in casa.

Magda non avrebbe saputo dire come si sentisse mentre rientrava clandestinamente, evitando ogni rumore, attenta al respiro regolare della figlia; quando si rese conto che in camera la luce era accesa, ripiegò sul divano del salotto; si coprì con il plaid che era messo lì per le serate fredde e crollò addormentata; visse incubi spaventosi ma dimenticò tutto e, quando si svegliò, Marco e Laura facevano colazione; sgattaiolò silenziosamente in bagno, si spogliò e cercò di ripulirsi sotto la doccia.

Uscendo, trovò suo marito che la schivò, entrò in bagno e recuperò i suoi slip dove spiccava netto lo sperma scivolato dalla figa mentre tornava; la guardò con lo schifo con cui avrebbe guardato una latrina pubblica sporca e si andò a sedere con la figlia; lei si asciugò, indossò una tuta e andò a fare colazione con aria di sfida; l’ultima pietra sulla sua fine fu affrontare il marito col piglio di chi pretende anziché chiedere scusa.

“Ti ho fatto cornuto; hai avuto quel che meriti!”

“Magda, te lo dico ora e non lo ripeterò; hai commesso un grave errore; se è un fatto episodico, si può anche pensare a rimedi; se dovessi rendermi conto che hai scelto un altro itinerario di vita, sappi che non avrò pietà.”

“Mio eccelso tiranno, tu queste minacce le fai ai tuoi dipendenti o ai tuoi schiavi; io sono una donna libera e decido io quello che mi va bene; un povero muratore avrebbe dovuto adorarmi ed inchinarsi sempre alla mia superiorità; tu hai scelto di diventare ricco e potente; io ti dimostrerò che sei un buzzurro impotente; hai scelto di privilegiare la figlia di cui sei morbosamente innamorato; io ti garantisco che se, chiedi il divorzio, MIA figlia te la scordi e mi paghi un assegno astronomico di mantenimento.

Ti ho fatto le corna, se è questo che ti interessa; te ne farò ancora, a carrettate, finché non ti prostrerai ai miei piedi e mi chiederai di perdonarti per avermi trascurato in tutti questi anni.”

La più scossa era Lucia, che mai si sarebbe aspettato un simile linguaggio da sua madre; era impallidita e trattenne le lacrime finché poté; poi non resse e scoppiò in singhiozzi.

“Maledetta stronza, come ti permetti di essere così razzista, offensiva, senza morale e squallida? Come osi avanzare sospetti sulla pulizia morale mia e di mio padre? Come si può essere così vigliacca da ricorrere al ricatto biologico per sentirsi autorizzata a fare la puttana? Papà, ti voglio bene con tutta me stessa ma non è come questa zoccola dice; io non mi voglio staccare da te; ma se devi farlo per liberartene, vattene e non la degnare più di uno sguardo; preferisco perderti che vederti soffrire.”

“Lucia, amore mio, tua madre non ha retto allo stress, perché il muratore vale assai più di lei; e glielo farò pesare, in ogni momento; la nobildonna qui seduta è invidiosa del nostro amore perché lei non sa amare, né suo marito né sua figlia; ma è reduce da una prova di forza in cui ha dimostrato solamente di saper fare sesso, l’unica cosa che ha imparato bene, purtroppo per lei, proprio da questo muratore; quello che non dice è che sa quanto sono forte e spietato se decido di vincere.

Il suo ricatto vale poco; hai sedici meravigliosi anni, ragazza mia; sei molto più bella di lei e diventerai migliore di lei, in tutto; io sono un lottatore, soprattutto perché so valutare bene le cose; il bengodi del sesso durerà solo due anni, lunghissimi forse, ma anche velocissimi se sapremo viverli; quando avrai diciotto anni e scioglieremo il matrimonio, il giudice ti imporrà di scegliere se vuoi stare con l’insegnante che non può mantenerti agli studi o col muratore che ti garantisce la laurea e il lavoro, dopo.

Come vedi, sarai tu a decidere la sorte tua, mia e anche della nobildonna che si vergogna del muratore che diceva di amare; io ho pazienza, forza ed economia per costruire la mia realtà, anche con te e per te; ce la fai a resistere? Allora non ti porre problemi; se ti va, abbracciami, ho bisogno di sentire qualcosa di fresco, di nobile, di pulito dopo lo sperma e il fango che ho visto volare in questa casa finora immacolata.”

Fu l’ultima scena di una commedia squallida a cui diede vita Magda che si irrigidì nelle sue convinzioni e cominciò a voler lottare suo marito con tutte le sue forze; ma l’unico terreno su cui poteva vederlo perdere era il sesso; naturalmente, lo evitò e si rifugiò in un lettino nella camera degli ospiti per non condividere più il talamo; per alcune settimane rimase ferma nella convinzione che lui sarebbe andata a cercarla e che, per amore e per desiderio, sarebbe sceso a patti per farsi perdonare.

Quando si rese conto che lui non cedeva, ne parlò in termini vaghi e generici con una collega; fu per lei quasi una scoperta sapere che gli uomini, per non creare problemi con amanti, ricorrevano spesso a servizi di agenzie di escort se non di prostitute; se Marco non sentiva pulsioni, era evidente che si sfogava con quel mezzo; le era estremamente difficile pensare che Marco si rivolgesse ad una professionista del sesso; neppure si accorgeva dell’assurdità, visto che aveva tradito non credendosene capace.

La sorte ancora una volta concorse a farla decidere; proprio in quei giorni, la scuola aveva organizzato una gita culturale in una città d’arte; ad accompagnare i ragazzi erano stati scelti lei ed un giovane supplente annuale, ormai agli sgoccioli dell’incarico; era un bel giovane di una trentina d’anni col quale aveva avuto modo di scambiare alcune impressioni su temi letterari; il feeling non era altissimo, ma nel corso della visita scoprì tratti assai affascinanti di lui.

La gita prevedeva un pernottamento in albergo; dopo la cena, messi a posto tutti gli studenti, i due si guardarono negli occhi e, quasi d’istinto, lei se lo portò in camera sua; per la seconda volta nella sua vita, decise di lasciarsi andare e di dare una lezione all’arrogante suo marito lasciandosi scopare da uno sconosciuto; per quasi tutta la notte si rotolarono nel letto e lei mise in mostra il meglio del suo repertorio in fatto di sesso; il giovane rimase quai sconvolto; verso l’alba si ritirò in camera sua.

Dell’avvenimento nessuno ebbe la più vaga notizia, per l’estrema discrezione con cui avevano agito e perché, poche settimane dopo, il supplente sparì fagocitato dalle graduatorie per supplenze che lo spedirono chissà dove; Magda, però, ormai diventata davvero perversa, decise che Marco doveva sapere; mantenne in una busta lo slip pieno di sperma che aveva quando aveva scopato; a casa, lo lasciò in piena vista nella cesta dei panni da lavare; la faccia del marito quando lo trovò fu per lei un peana.

Da lì ebbe inizio il suo percorso di perdizione; a scadenza mensile, più o meno, si arrendeva all’idea che suo marito le preferisse delle prostitute e si abbandonava al piacere di una scopata liberatoria; aveva però il buonsenso di scegliere gli amanti tra i meno pericolosi; quindi, non nella cerchia delle amicizie dove le voci potevano correre, ma in ambienti defilati o lontani, per avere le massime garanzie.

Arrivò ad approfittare dei servigi di un’agenzia che gestiva bull a pagamento, per concedersi qualche scopata quando non trovava di meglio tra le sue disponibilità; purtroppo, non sempre la scelta fu felice; in particolare, si trovò a farsi sbattere una volta da un personaggio anziano e viscido ma straricco e largamente prodigo, che scoprì ipodotato e pervertito; lui, che aveva avuto qualche sentore delle malefatte di lei, non esitò a corteggiarla a lungo per averla finché lei cedette quasi per stanchezza.

Mentre si lasciava scopare, senza partecipazione, l’altro le rivelò che il suo obiettivo sarebbe stato piuttosto averla disponibile a scopare con giovani mercenari, ben garantiti da ogni punto di vista, perché il suo interesse maggiore era vedere una donna bella come lei sbattuta da un giovane vigoroso mentre lui si accontentava di stare ad ammirare e masturbarsi per suo conto; le fece un grosso regalo dopo che l’ebbe scopata e le propose di trasferirsi da lui in cambio di una vita senza problemi economici.

Magda rifiutò, sul momento, perché le sue esigenze si limitavano più o meno ad una scopata mensile, perché era convinta che quella colpa potesse essere dimenticata; Marco stesso aveva detto che una scopata non costituiva vero tradimento ma solo trasgressione; lei non incontrava mai due volte un amante e, prima o poi, il marito si sarebbe arreso e avrebbe implorato il suo perdono, stanco di cercare prostitute per soddisfare la sua natura calda, e si sarebbe ridotto ad accettare la sconfitta, per la prima volta in tutta la sua vita, perché l’amore rendeva lui debole e sua moglie assai più forte di lui.

Invece scivolarono via quattro anni e non si capacitava che, diventata Lucia maggiorenne, suo marito non avesse mai accennato a separazione o divorzio; questo la confortava nella sua convinzione che Marco, pieno di dubbi, stesse ancora meditando su come quando e dove inginocchiarsi a farsi perdonare; l’idea di un’altra donna che avesse già preso il suo posto nel cuore di suo marito neppure la sfiorava anche perché riteneva che il posto da occupare fosse il letto, non il cuore.

Quello che Magda, nella sua smania di scaricare sul marito ogni responsabilità delle sue scelte scellerate, non riusciva a vedere, anche se tutti i segnali glielo indicavano, era che Marco, mentre lei scatenava i suoi bassi istinti con la motivazione speciosa che faceva solo sesso e quindi non sussisteva la colpa di tradimento, aveva dirottato il suo interesse ad un vecchio amore tacitato e nascosto per anni.

Infatti, da lungo tempo aveva allargato gli orizzonti della sua attività; inizialmente, aveva solo creato un ufficio di contabilità ed economia che servisse alla sua impresa ed a qualche ditta collegata; a dirigerlo, aveva assunto una giovane donna, Elena, laureata in Economia e Commercio, che, con la sua preparazione, era riuscita a fare del semplice ufficio di amministrazione una vera centrale di consulenza economica a cui si erano rivolti non solo gli imprenditori della città, ma anche professionisti e politici.

Giostrando abilmente tra le leggi internazionali, Elena era riuscita a creare meccanismi particolari che le consentivano di far accumulare, in compiacenti banche estere spesso fuori dai controlli degli organi superiori, ingenti capitali con le rimesse di coloro che volevano giocare con la libera economia e, qualche volta, eludere o evadere le tasse; la sua ‘specialità’ era diventata costruire un sistema di ‘scatole cinesi’ per cui era difficile arrivare ai veri ‘tesoretti’ che si voleva occultare.

Questo aveva creato, per Marco, una posizione dominante nella società, quella stessa che aveva scatenato la rabbia di sua moglie, costretta a vedersi semplicemente come ‘la moglie di … ‘ nei circoli cittadini in cui era abituata a brillare per la sua avvenenza e per il ruolo di insegnante del liceo, che si era andato oscurando col passare del tempo e per l’incalzare di nuove attività privilegiate; la solidarietà nel lavoro aveva fatto nascere un buon feeling tra il ‘padrone’ e la sua dirigente di settore.

Inizialmente era stata proprio Magda la prima a scherzare sull’amore tacito di Elena per Marco; finché erano nell’orbita del grande amore unico e non condivisibile, non perdeva occasione per stuzzicarlo, sulle possibilità che suo marito aveva, e sprecava, di tradirla con una donna bella, intelligente, interessante e tanto devota a lui; quando perse la testa e si lanciò nella coltivazione del rancore fino al sesso trasgressivo per ‘punirlo’ della sua scalata al potere sociale, perse di vista quella situazione.

Marco pazientò a lungo perché non voleva rischiare di dover rinunciare a sua figlia, come Magda minacciava; si trovò quasi di necessità, quando si rese conto che le scelte capricciose erano diventate un modo di vita, a dover cercare una spalla asciutta per versare quelle lacrime, ideali più che materiali, che non incidevano sul fallimento in atto del suo matrimonio; Elena, che viveva con lui quotidianamente per otto o dieci ore, si trovò ad essere l’amica a cui raccontare fatti intimi.

Inevitabilmente, scattò la molla di un’antica passione repressa; dopo una tenace resistenza per non cedere alla tentazione, Marco, che aveva chiaramente espresso alla moglie la convinzione che, se fosse andato a letto con un’altra donna, lo avrebbe fatto per e con amore, si trovò avvolto in un bacio di grande passione e condivisione una volta che una ‘fuga notturna’ della moglie lo colpì profondamente e gli fece rischiare una vera e propria crisi di depressione.

Ormai non condividevano neppure il letto; nell’assurda logica di Magda, questa distanza era coperta da lui con il ricorso a prostitute o escort, assoldate attraverso agenzie specializzate; nei momenti di peggiore cattiveria, insinuava che l’uomo che per sedici anni l’aveva scopata almeno cinque o sei volte a settimana con grande irruenza, con passione e con molto amore, fosse in realtà un omosessuale che scaricava il suo bisogno con ragazzi mercenari che prendeva da agenzie.

Per i quattro anni, quanto durò la sua ‘follia lucida’, prima della conclusione inevitabile, lei rimase ferma sulle convinzioni che si era costruita come alibi per coprire le sue colpe e i suoi errori; neanche per un attimo le venne in mente che anche lei sapeva bene che Elena aspettava solo un gesto del titolare per concedersi senza riserve; più giovane di lei di dieci anni e bella quanto lei, era da ipotizzare per lo meno che Marco si sarebbe rivolto alla persona che viveva con lui giornate intere, per avere amore.

Ma sua moglie era ormai fuori della grazia di Dio e lui non si trattenne la volta che la ragazza, consolatoria, lo abbracciò e lo baciò appassionatamente; capire che la soluzione era lì a portata di mano fu elementare; quella stessa sera, chiusi gli uffici, la requisì e la portò a cena; scelse un ristorantino fuori mano, discreto e appartato, in qualche modo per favorire l’aria di grande dolcezza che si generava tra loro e di benessere reale che lui provava quando era tete a tete con Elena.

Cenarono con poche cose, cucina familiare senza molti orpelli; eppure si stabilì tra loro un filo che portava le mani ad incontrarsi sopra il tavolo, gli occhi a scavarsi dentro, le parole a indagare nella storia personale con confessioni che solo ad una persona cara si possono fare; Marco sentiva che si impossessava di quella donna, delle sue realtà intime, delle sue passioni; lei si aprì completamente, gli dichiarò senza perifrasi il grande amore che nutriva da anni e il desiderio di appartenergli senza pretese.

Si alzarono dal tavolo non molto tardi e dovettero farsi forza a vicenda per decidere di non finire a letto come avrebbero desiderato; non fu facile, per lui, accompagnarla sotto casa, salutarla con un leggero bacio sulle guance e scappare, prima che la passione avesse il sopravvento; passò una notte insonne di rimorsi e di speranze; la prima cosa che si dissero, la mattina seguente, quando si trovarono nell’ufficio di lei, fu il rimpianto inguaribile con cui avevano chiuso la serata, entrambi.

Chiederle di vedersi ancora, alla chiusura dell’ufficio, fu spontaneo e inevitabile; promise a se stesso che stavolta non avrebbe rinunciato alla felicità intravista, anche se avesse dovuto significare un taglio netto con il passato e il rischio di separarsi anche dalla figlia; in realtà, fu la stessa Elena, che aveva coscienza delle difficoltà di lui, a fargli presente che non intendeva rinunciare alla sua libertà di singola, non per il momento almeno, e che non lo avrebbe posto di fronte a scelte dolorose.

Le fu ancora più grato, per la sensibilità e per la lucidità con cui poneva un problema spinoso; a se stesso, però, promise che al più presto si sarebbe liberato della palla al piede del matrimonio e che avrebbe costruito la sua felicità con una donna che l’amava tanto da suggerirgli di non farsi del male, mentre cercava di raggiungere una calma dello spirito, almeno provvisoria; con la maggiore età di Lucia, le cose avrebbero assunto una diversa dimensione e non mancavano che due anni.

La sera uscirono insieme; lei prese la sua macchina, la spostò nel parcheggio sotto casa e salì con lui, che si diresse allo stesso ristorante dove erano stati così bene; stavolta però, parcheggiata l’auto, appena scesi, la prese tra le braccia e la baciò con furore, quasi; stringendola, le fece sentire il cazzo duro contro la figa e notò che la donna non solo accettava volentieri, ma si muoveva per stimolare il clitoride con la mazza che le premeva tra il ventre e le cosce; gemiti soffocati nel bacio dissero che godeva molto.

L’aria complice con cui sorrideva il proprietario chiarì tutto; a cenni lasciò intendere che, sopra, le camere erano a disposizione degli ospiti e gli consegnò la chiave della 3; lui chiese ad Elena se si sentisse offesa; gli ribatté sorridendo.

“Mi avresti certamente offeso se, ancora una volta, avessi oltraggiato la mia passione riaccompagnandomi a casa quando non ne avevo nessuna voglia … “

La cena scivolò dolcemente tra carezze e piccoli gesti che davano chiaro il segno di un amore che finalmente sbocciava e si proponeva in tutta la forza fino a quel momento contenuta; entrambi ardevano dalla voglia di dare corpo al desiderio compresso per anni; cenarono in fretta e si diressero al piano superiore; il breve percorso fino alla camera assegnata fu una sorta di pellegrinaggio nell’amore.

Marco si sorprese, quasi, a verificare in concreto quanto lo accendesse la coscienza di vivere la lussuria del desiderio e il trasporto amoroso nello stesso momento e per la stessa persona; non era nuovo, a quella condizione; se riandava a una ventina d’anni indietro, ricordava perfettamente il calore che gli dava sentire tra le braccia il corpo quasi esile di Magda e, nel cuore, l’intensa emozione che promanava dal loro amore.

Ma sua moglie era ormai una perfetta sconosciuta troia, perduta in una battaglia contro sé stessa, vittima di un equivoco insolubile su cui stava costruendo lo sfacelo dell’amore e della famiglia; Elena diventava, inevitabilmente, l’approdo naturale del suo desiderio, delle sue passioni e delle prospettive di vita; si rifiutava di escludere, che uno sviluppo ulteriore, se non avesse incontrato la ferma opposizione di sua figlia, avrebbe potuto essere una nuova famiglia.

A quelle condizioni, la salita al piano per raggiungere la camera diventava, nella loro intenzione, una sorta di accostamento alla camera nuziale per una rinnovata luna di miele; ed entrambi si trovarono a vivere la tensione di una ‘prima volta’ ricca di fascino e di interrogativi; quasi contemporaneamente e concordemente, sintetizzarono i pensieri in un ‘ti amo’ che finiva per dire il meglio di quel momento; entrarono in camera con la coscienza di lasciare fuori il mondo.

Chiusa la porta dietro le spalle, Marco abbracciò la donna come se davvero fosse la sposa appena impalmata sull’altare; la tenne a lungo tra le braccia e le baciò il viso con amore infinito; effettivamente, sentiva di scoprirla per la prima volta, pur avendola vissuta per oltre dieci anni come una straordinaria collaboratrice, partecipe dei suoi segreti più intimi; il corpo che percorreva con mani vogliose gli si apriva con la gioia dell’amore che si rivelava.

Promanava dal cuore, dalla mente e dal corpo, il desiderio di possederla, di sperimentare con lei il sesso in tutte le sfaccettature che ben conosceva e che, presumeva, non erano ignote a una femmina che era arrivata fin oltre i 35 anni non da monaca di clausura ma da donna bella e corteggiata; in quel momento, erano due adolescenti, rinchiusi in corpi maturi, che cercavano la chimica per prendere e dare tutto quanto avevano appreso del sesso e dell’amore.

Per questo, finirono sul letto ancora vestiti; lui scavava quasi sotto gli abiti per scoprire i seni, il ventre, la figa, il culo; e, fanciullescamente, scopriva due meloni maturi di carne soda e dolcissima da manipolare, un seno abbondante, di almeno una quarta taglia, che desiderò immediatamente carezzare, leccare e succhiare; che lei avesse la stessa ansia, lo lesse immediatamente dalle mosse acrobatiche con cui lo favorì mentre le sfilava camicetta e reggiseno.

Marco si tuffò tra le mammelle con la foga del poppante affamato; la lingua svariò velocemente sui globi e li percorse tutti con voglia inesauribile; quando le labbra incontrarono un capezzolo, lo catturarono in un succhione esaltante, mentre le dita di una mano titillavano l’altro, con brividi di piacere che colpivano con forza tanto la figa della donna quanto il cazzo del maschio, rivelando la voglia a stento contenuta di fondersi in una scopata epica.

Anche se il buonsenso gli suggeriva di prenderla immediatamente e rapidamente, per esaurire il primo empito di passione, non resistette al fascino che su di lui esercitava il cunnilinguo, che sapeva essere una pratica particolarmente amata dalle donne perché dava loro un immenso piacere e perché, implicitamente, indicava una complicità assai intima, sorvolando su remore igieniche e dimostrando una voglia matta di impossessarsi anche del sapore acre della femminilità della partner.

La spinse quindi supina sul letto, le sollevò la falda della gonna fino in vita, spostò l’esigua stoffa dello slip e si fiondò sul pelo pubico ben curato; la lingua spaziò sul basso ventre percorrendo la parte alta delle cosce fino alle grandi labbra che succhiò strappando brividi e gemiti di piacere alla donna; vagò a lungo sui genitali, stimolando piaceri intensi e sconosciuti, finché catturò tra le labbra il clitoride e lo succhiò con foga e passione.

Lei si abbandonò al piacere del godimento e lasciò che il partner le succhiasse dalla figa anche l’anima; gli prese le tempie tra le mani ed orientò la bocca verso i punti di maggiore goduria lasciando che si sbizzarrisse a leccare, succhiare e mordicchiare il delicato organo di piacere; quando lui, mentre suggeva delicatamente il centro della lussuria, inviava la lingua a colpire vari punti della figa, lei urlava a gola spiegata il suo amore.

Più volte, nel corso del cunnilinguo, sentì il ventre contrarsi ed esplodere di felicità, di goduria; la prima volta si frenò vergognosa perché temeva che fosse solo orina quella che aveva spruzzato; poi ‘si arrese’ agli squirt successivi e, quando avvertì che lui li beveva goloso e ansioso, li liberò ad ogni orgasmo urlato; non furono pochi, nell’oretta che impegnarono in quel primo step; ma entrambi avevano coscienza di desiderarsi oltre ogni limite.

Si spogliarono con garbo e, nudi, si sdraiarono supini sul letto, affiancati; Elena si piegò sul corpo di lui e cominciò a baciare, leccare, succhiare il torace coperto da rada peluria; si accanì con gioia sui capezzoli e li succhiò a lungo; scivolò con la testa e con la lingua giù verso lo stomaco, l’ombelico e l’inguine, baciando dappertutto con amore e scatenandogli brividi di piacere incommensurabili; quando incrociò il cazzo ritto dal ventre come un obelisco, lo prese con una mano.

Lo masturbò dolcemente per qualche tempo, poi appoggiò la bocca sull’asta e prese tra le mani i coglioni; si spostò per leccarli uno per uno e per assaporare il piacere dell’umore maschio che emanavano; con le labbra percorse tutta la lunghezza notevole dell’asta fino a che raggiunse la punta; la cappella scivolò tra le labbra; guidata dalla lingua e spinta contro il palato, affondò fino all’ugola; lui si elettrizzò per le leccate rapide e le succhiate profonde che lo facevano impazzire di piacere.

Non era possibile resistere a lungo al desiderio del possesso; per troppo tempo avevano trattenuto la passione e il trasporto che sentivano l’uno per l’altro; a quel punto di esasperazione, prima di ogni altra cosa volevano sentire di appartenersi soprattutto fisicamente; Marco spinse supina la donna, le montò addosso e la avvolse tutta con la sua stazza; il cazzo scivolò fra le cosce quasi naturalmente; la punta si appoggiò alla figa fremente; una spinta e fu dentro fino all’utero.

Elena soffocò in un bacio di grande sensualità il forte lamento che la penetrazione le aveva strappato; lo avvolse con le gambe intorno ai fianchi e spinse finché non furono incollati l’uno all’altra; lui si sentì avvolto da una coltre di passione che gli mandò fulmini e saette al cervello; si perse nel piacere di quella prima volta; si accarezzarono a lungo sui visi, sui corpi stretti, quasi a sentire la realtà della scopata; la cavalcò poco e lentamente.

Sentì che la sborrata gli urgeva con forza; le chiese se poteva venire dentro; forse non era il caso, perché non era protetta e non avevano usato preservativo; per un momento, Marco desiderò una seconda paternità; ma non ne avevano parlato ed era assolutamente la primissima loro scopata; si fermò e ritirò il cazzo dalla figa, con acuta sofferenza sua e di Elena che non avrebbe mai voluto interrompere quel momento di esaltante passione.

Uscito dalla figa, il cazzo si appoggiò duro come il marmo sul ventre di lei e scaricò un fiume di sborra direttamente nell’ombelico elegantissimo, un autentico perfetto tortellino che decorava il ventre asciutto e piatto; mentre recuperava il respiro normale, lui le chiese se era nelle sue previsioni una vita comune ed un figlio a cementare il loro amore; Elena si limitò a rispondere che al momento non le era parso opportuno, ma che il figlio lo avrebbe avuto, solo per se, se lui si fosse defilato.

Fu quello il momento in cui Marco decise che non poteva essercene più, per Magda; pur condividendo il desiderio di prudenza di quella che sentiva già come la sua donna, le fece presente che il rispetto alla figlia Lucia, in età e in condizione di farlo nonno, non poteva essere determinante su una decisione così grave che interessava soprattutto e forse unicamente la loro vita di coppia; comunque, fu d’accordo a rinviare di qualche tempo la decisione.

Aveva chiara e precisa coscienza, però, che il tempo di sua moglie era esaurito e che, costasse quel che costasse, avrebbe scelto di legalizzare una separazione che di fatto durava da oltre due anni; il buonsenso della donna, che amava forse anche per questo naturale equilibrio, gli suggerì che ancora Lucia non era nelle condizioni di accettare serenamente una separazione comunque dolorosa; potevano abitare insieme l’appartamento di lei, visto che la maggior parte della giornata erano al lavoro.

Da quel momento, quindi, per Marco cominciò una vita da bigamo; passava a casa con la moglie solo i giorni in cui Lucia veniva dall’Università; per il resto, era fisso con Elena che diventò il suo riferimento imprescindibile; fu lei a chiedere di mettere in cantiere il figlio che, maschio, fu atteso come un Messia, vissuto come elisir di eterna giovinezza e illuminò fortemente la loro esistenza; per lui, Marco ebbe le stesse premure che aveva avuto per Lucia, con rabbia feroce di Magda.

Purtroppo, le premure forse esagerate per la figlia impedirono ai due di decidere la separazione in tempi brevi; assestatisi in una doppiezza di cui solo loro sapevano, finirono per rimanere ‘clandestini’ ancora per un paio d’anni, dopo la nascita del figlio; Magda, nella sua follia lucida, lesse la mancata richiesta di separazione come debolezza del marito, dal quale continuava ad aspettare un pentimento assolutamente immotivato, accentuando i suoi comportamenti sopra le righe.

Ma che fosse assai vicino il momento della resa dei conti non poteva sfuggire neanche ad un osservatore distratto; Magda ormai viveva una sua dimensione di cui precludeva l’accesso a chiunque; radicata nella sua convinzione di essere vittima di non si sapeva quale mena sotterranea di suo marito, continuava a collezionare amanti su amanti, all’incirca al ritmo di uno al mese; per caso, a sua figlia Lucia confidò che sentiva innocenti le sue copule.

Di fronte allo sbalordimento della ragazza, ricordò che suo padre stesso aveva dichiarato che il sesso senza amore non era tradimento; lei si sentiva indissolubilmente legata a Marco da un’antica promessa d’amore e aveva avuto solo incontri occasionali, senza amore o coinvolgimento; lui doveva solo accettare una sconfitta e ammetterla pubblicamente; poi poteva tornare ad essere affettuoso come era agli inizi del matrimonio; la loro vita avrebbe ripreso serena ed armoniosa.

Lucia, esterrefatta, si limitò a suggerirle di rivolgersi ad un analista perché i suoi erano discorsi da folli, che dilatavano, ad anni di perversioni e di slealtà, la concessione, eccezionale, di non considerare tradimento uno sporadico episodio di sesso; ma capì che, in parte per una deformazione culturale, in parte per avere almeno con se stessa una motivazione da accampare, sua madre aveva fatto diventare norma da imporre una personale manipolazione di frasi slegate.

Alla prima occasione, pregò suo padre di ‘tagliare il nodo di Gordio’ perché solo un gesto forte poteva spianare la via alla pacifica convivenza; troppe volte aveva avuto notizie precise e umilianti dei comportamenti di sua madre che, proprio la sera che ne parlò col padre, era certamente in un albergo di dubbia fama con un avvocato noto in città che aveva voluto vendicarsi, come Magda, di essere stato messo in ombra dal ‘muratore arricchito’ che però curava i suoi interessi inconfessabili.

Dopo l’ultima sua ‘scopata a dispetto’, Magda era rientrata che ormai albeggiava, si era buttata vestita sul divano del salotto, suo giaciglio ormai abituale, ed era sprofondata nel sonno; la casa taceva e i due, padre e figlia, dormivano; quando si svegliò, sentì rumore di stoviglie in cucina, capì che stavano facendo colazione; andò in bagno; si spogliò degli abiti che aveva la sera precedente, si ficcò sotto la doccia e uscì in accappatoio, dolorante in tutto il corpo; entrò in cucina con la solita aria arrogante.

Non c’era caffè caldo; solo, nella cuccuma, un fondo di quello freddo; lo versò di malavoglia e aggiunse latte; il silenzio era tombale e si tagliava col coltello; un senso di morte e di condanna aleggiava nell’aria; il telefono di casa squillò; Magda andò a rispondere; sobbalzò quasi spaventata e balbettò.

“Tu?! Cosa ti salta in mente, di telefonare a casa? … Vuoi parlare con Marco?!?”

“Metti il vivavoce e non rompere, imbecille!”

“Ciao, sono Alessandro … “

“Ah, vedo che siete risuscitati ambedue dopo la serata da leone … che vuoi?”

“Ho sentito che certi conti sono stati svuotati … “

“E allora? Non sono un direttore di banca; mi occupo di edilizia!”

“Dai, sai benissimo di cosa parlo … i conti che amichevolmente hai agevolato … “

“Certo che si deve essere un vero Caino, a parlare di amicizia dopo che ti sei sbattuto per una notte quella troia di mia moglie. Non so di che cazzo parlate, voi che avete fatto sporche manovre e che vi derubate a vicenda. Invece, sappi che tutti i tuoi debiti sono stati rastrellati da un’agenzia e che da un momento all’altro possono essere messi all’incasso; mi sa che la prossima volta mia moglie te la porti a scopare sotto i ponti dove finirai … “

Magda era furibonda, mai si sarebbe aspettata un linguaggio così crudo dall’uomo che amava e da cui era convinta di essere amata perdutamente; avrebbe voluto intervenire per dire qualcosa, ma fu anticipata dalla figlia.

“Mamma, domani papà rompe il matrimonio. Hai deciso cosa fare?”

“Ma cosa vuoi che faccia questo povero derelitto? Lo sa bene che è schiavo di me e del mio amore; non è in grado di muovere una foglia se non mi ha vicino; aveva minacciato che, alla tua maggiore età, si sarebbe separato; è ancora qui, lo vedi.”

“Lucia, per favore, non darle spago; verresti a pranzo con me?”

“Certo, papà; come mai questa scelta?”

“Ti metti tu a spignattare? O credi che Sua Nobiltà mia moglie sia disposta a sporcarsi in cucina le manine che le sono servite a maneggiare il cazzo per tutta la notte?”

“Io il cazzo da manipolare ce l’avevo; tu non ti sei fatto mandare la solita puttana?”

“No, quella di casa era fuori a farsi montare … Lucia, vuoi venire o no?”

“Si, papà; andiamo.”

Uscirono padre e figlia; lei credeva che andassero alla trattoria sotto casa, ma lui prese l’auto e guidò verso la periferia della città; si fermò ad un ristorante nuovo in una urbanizzazione recente; Lucia aveva la sensazione di qualcosa di non chiaro anche fra loro due; scesero dall’auto ed entrarono in un ambiente elegante e raffinato; una bella ragazza li guidò ad un tavolo accanto ad una vetrata; vide che c’era già Elena, il capo dei servizi economici dell’azienda di suo padre, una donna che ammirava da sempre.

Marco le andò incontro, lei si alzò, si abbracciarono con affetto assai più che amicale e lui la baciò sensualmente sulla bocca.

“Papà, ti sei innamorato di Elena?”

“Sì, Lucia; è per questo che ho voluto pranzare con te fuori casa; ti turba la cosa?”

“Certo che mi turba, mi esalta, mi fa felice, mi emoziona; posso abbracciarti, amica mia?”

“Beh, ti confesso che un poco di paura ce l’avevo, a dirti la verità; guarda che non è finita … “

“Altra sorpresa?”

“Sì; questo è Arturo, nostro figlio, cioè il tuo fratellino e, se preferisci essere legalmente corretta, il tuo fratellastro … “

“Papà, Elena, avete un figlio già grande? Quale fratellastro? Se andate a vivere insieme, io sto con voi e con mio fratello; non ti azzardare a sporcare una cosa così bella; quanti anni ha?”

“Poco più di due anni; lo abbiamo voluto e atteso non sai con quanta gioia; e non sai come sono felice che tu non abbia risposto male alla sorpresa; ci tengo tanto a te e vorrei essere tua amica, se me lo consenti.”

“Io esigo che tu mi sia amica, sorella, guida culturale, tutto quello che posso rubarti di affetto e di esperienza sarà mio, compreso il fratellino meraviglioso.”

“Quindi, se mi separo da tua madre, non ti perdo?”

“Nessuno dei due mi perde; io non posso dimenticare che è mia madre, con tutte le colpe che ha, con tutto il male che ha fatto e che fa; ma tu sei il mio riferimento, il mio approdo, il mio tutto; quello che tu ami lo amo con la stessa intensità; so che hai sopportato tua moglie per non farmi male lasciandola; stamane dovevo capirlo che c’era un motivo per la dichiarazione che hai fatto e per questo invito.

Adesso però, sono io che devo avvertirti che devo fare una cosa spiacevole per voi; non posso fare finta di non sapere; devo dire a mamma che il suo tempo è finito e che deve trovare una sua strada lontano da noi; mi hai insegnato la lealtà come fondamento dell’etica e non posso essere sleale con mia madre, qualunque cosa sia lei.”

“Lucia, è così scontato che potevi anche non dirlo; tuo padre ha sofferto molto questa situazione di strano equilibrio; io non ho mai insistito per una vita di coppia; Arturo è una certezza che vale assai più di un certificato che fra qualche giorno sarà carta straccia; avremo tempo per valutare; ti convince una famiglia anomala con due conviventi e due figli di lui ma di madri diverse?”

“Elena, le famiglie allargate sono ormai una realtà; solo mio padre è monogamo e, quello che è peggio, sua moglie è una bambina capricciosa che interpreta a modo suo quello che ha imparato; capisci, papà, che lei interpreta l’indissolubilità solo nel suo interesse e il sesso come un suo diritto di libertà che ti esclude completamente?”

“Dolcissima figlia mia, l’hai detto or ora; quando tua madre perse la Trebisonda, tu eri minorenne e lei minacciava di portarti via; quando sei diventata maggiorenne, non mi interessava separarmi perché avevo la doppia vita; ora però Magda è fuori da ogni possibile sopportabilità; ho paura, ma solo di non controllare la mia ira e di farle molto più male di quello che merita. Tua madre è malata, avrebbe bisogno di andare in analisi, ma non lo ammetterà mai; io sono stanco di sopportarla; parlaci tu.”

Pranzarono con gusto; nel pomeriggio, Lucia avrebbe dovuto prendere il treno per andare all’Università; Marco poteva accompagnare sua figlia e poi raggiungere Elena per la cena; con uno scarto improvviso, chiese a Lucia se le facesse piacere mostrargli il monolocale che aveva comprato per lei da quando era andata all’università; Lucia lo guardò meravigliata.

“Senti, Elena, tu adesso vai a casa, io accompagno Lucia e ti raggiungo; al tramonto, anziché lasciarla alla stazione, la accompagniamo all’Università; basta un’oretta di viaggio; ceniamo per strada, poi torniamo a casa nostra; che ne dici?”

“Marco, andiamo; sarà l’occasione per stare insieme ancora qualche ora; ho idea che Lucia dovrà sfogarsi un po’ … “

“Perfetto, papà, così mi spupazzo il fratellino durante il viaggio. Allora, a più tardi, Elena.”

“Marco, ti aspetto a casa; preparo il caffè o ti fermi da Magda?”

“No; papà torna da te; devo parlarci occhi negli occhi; lui farà bene a coccolare te o gli succede lo stesso che con mamma … “

“Piccola, io so leggere le coccole anche nei gesti più strani; sai, prima di diventare anche la sua donna, ero già molto amica, complice e socia in affari; le sue coccole le leggo anche nella guerra che fa ai traditori, facendogli sparire i capitali accumulati off shore; un giorno ti spiegherò anche questi meccanismi che per un’economista abile sono importanti.”

“Quindi, tu sapevi di cosa parlava Caino … “

“Anche sua moglie Maria sapeva ma non gli ha detto niente; i suoi beni sono distinti e separati; ma queste bassezze per ora non ci interessano; andiamo a casa.”

Marco lasciò la figlia sul portone e tornò dalla sua donna; Lucia entrò e trovò sua madre ancora in accappatoio; davanti, aveva una scatola di tonno, vuota, e fette di pane; aveva risolto il pranzo così.

“Mamma, dobbiamo parlare molto seriamente … “

“Di cosa dovrei parlare seriamente con una figlia che non mi degna neppure di attenzione?”

“Mamma, spero che tu stia recitando una pessima parte; il tuo tempo è scaduto; devi rinunciare a matrimonio e famiglia … “

“Perché dici questo? Marco non mi ha cacciato e so che non mi caccerà mai; cederà, prima o poi … “

Aprì il telefonino e le mostrò le foto di Marco, di Elena e di Arturo.

“Mamma, capisci che in questi anni papà ti ha sopportato perché amava un’altra donna meravigliosa … non ti azzardare a sputare una delle tue solite offese, se non vuoi che ti tolga anche l’affetto filiale! Quello, se non capisci, è mio fratello, il figlio di mio padre e della sua donna; non c’è spazio, per te, nella nostra vita; quattro anni girando per motel e alberghetti, facendo le peggio cose e ancora ti illudi? Mamma, vai da un buon analista; tu sei molto malata, credimi.”

Magda era davvero affranta; si piegò, fisicamente addirittura, sotto il peso delle verità che sua figlia le aveva sbattuto in faccia; ebbe un attimo di rigurgito di orgoglio e avvertì che ‘gli farà guerra, lo porterà in tribunale e lo costringerà a rendere conto della bigamia di fatto vissuta per anni’; Lucia ne aveva le tasche piene e fece per lasciarla alle sue stupide elaborazioni mentali di una realtà tutta sua; Magda la fermò spaventata; sua figlia era l’unica cosa rimasta, di un grande amore calpestato.

“Cosa posso fare adesso?”

“Ti cerchi un alloggio; oppure andiamo via noi e ti fai carico di questa casa, un carico non leggero per un’impiegata statale … sta’ zitta; ormai i professori siete ridotti a impiegati inferiori … la terza ipotesi è che un amante danaroso ti accetti come mio padre ha fatto per anni, e che ti consenta lo stesso benessere … “

“Dici che, visto che ho fatto la puttana, tanto vale che lo faccia per mantenermi nel lusso?”

“Se hai altre ipotesi … “

Non ne aveva; si ricordò del viscido amante che le aveva proposto un regime da cuckold in cambio di benessere e valutò che fosse la scelta meno peggiore; gli telefonò e, per buona sorte, lo trovò immediatamente pronto a riceverla nella sua villa; se voleva, passava a prenderla; fece appuntamento da lì a due ore, per mettersi in ordine; fu puntuale e, due ore dopo, salutò sua figlia chiedendole di non dimenticarla; si potevano incontrare nel fine settimana almeno per un aperitivo; sparì nel nulla.

Lucia preparò il bagaglio, avvertì suo padre e poco dopo erano in macchina diretti all’Università; lo avvertì che sua madre era andata via, con un protettore col quale avrebbe fatto una vita di eccessi; Marco conosceva il tipo e sapeva che già avevano scopato; augurò alla ormai ex moglie buona fortuna e, sulla statale, si fermò ad una ‘frasca’ dove cenarono a bistecca e insalata accompagnate da un buon vinello.

In auto, il discorso scivolò sulle esperienze sessuali di Lucia che confessò di avere un ragazzo fisso ma di essersela spassata assai; Marco era perplesso quando sentiva parlare di sveltine in bagno e di car sex; Elena lo derise un poco; lui forse neanche capiva che sua figlia non gli voleva solo bene, ma che lo amava, anche se per cultura non arrivava a pensare all’incesto; lui chiese alla figlia se davvero lei qualche volta avesse avuto pensieri cattivi … lei ribatté che ogni volta che scopava, pensava a suo padre.

Da quando era adolescente, aveva sognato di vedere il cazzo di suo padre, ma soprattutto di vederlo in azione quando, dalle pareti comunicanti, sentiva che stava scopando con sua madre; stargli seduta vicino e guardarlo riempire d’amore Magda era il sogno accarezzato fino a poco tempo prima; adesso, naturalmente, desiderava vederlo amare Elena; la dichiarazione della donna la sorprese.

“Marco, io sono più giovane di te e ho vissuto quello di cui parla Lucia; adesso tu continui a guidare, io ti faccio una sega e tua figlia vedrà che mazza è quella che l’ha fatta nascere … “

“Ti prego Elena; non voglio provocare un incidente … “

“Marco, svolta nel primo sentiero tra i campi e cerca un posto sicuro; adesso davvero voglio realizzare il mio sogno; ti giuro che non cercherò di fare sesso con te; ma se mi fate guardare come lo fate voi, sarà il massimo della vita.”

“Marco, fai felici due persone; sarà il mio festeggiamento per l’incontro con una cara amica, alla quale non voglio tenere segreto niente; se vuole vederci scopare, non puoi tirarti indietro; sperimenterai anche il car sex con la tua donna  … “

Non seppe resistere e prese il primo sentiero che incontrò; lo percorse tutto fino ad una casa abbandonata e distrutta; sul percorso, Elena aveva aperto la patta e tirato fuori il cazzo duro; Lucia osservava con attenzione e ammirò la mazza di suo padre, che trovò assai interessante; allungò una mano sul viso della donna e giocò con un dito sulle labbra; l’altra prese in bocca il dito e lo succhiò lussuriosamente, mentre masturbava il compagno che si distendeva sul sedile per favorire l’erezione.

Lucia accompagnò la testa di Elena che si piegava sul cazzo; ammirò la sapienza con cui teneva le labbra strette, quasi a far violare una figa vergine dal cazzo arrapato; portò una mano lungo la schiena fino alla minigonna che prese per la falda e fece scivolare fino alla vita; infilò la mano fra le natiche di Elena e catturò la figa nel palmo; il medio partì da solo, spostando lo slip, e premette il clitoride; il gemito della donna, soffocato dal cazzo che stava pompando, segnò il piacere che la ragazza le dava.

Marco conosceva l’infinita dolcezza della fellazione di cui era capace Elena, ma sentiva esaltate al massimo le sensazioni dalla coscienza che lo stava guardando, eccitata, sua figlia per la quale più volte aveva provato l’istinto a sentire almeno il sapore dei baci che dava ai suoi ragazzi; senza che se ne rendesse conto, l’estasi che provava gli fece confessare quanto avrebbe desiderato sentire il sapore della bocca di sua figlia mentre era eccitato.

Elena fermò il pompino e guardò con aperta intenzione la ragazza; Lucia prese la testa di suo padre, la ruotò un poco verso di se e gli stampò sulle labbra il bacio più arrapato che avesse mai dato; la lingua scattò da sola e dopo un attimo sentiva la dolcezza delle sue papille incontrare la ruvidezza della lingua, grossa, carnosa, desiderosa, di lui che non esitò a ribattere colpo su colpo, linguata su linguata; la salivazione si fece intensa e i due si bevvero letteralmente, mentre esploravano le bocche reciprocamente.

“Marco, sai di tabacco, di maschio, di buono, di amore!”

“Lucia, fermiamoci qui; tu sai di fresco, di giovane, di fragola, di erbe spontanee; ti prego, non arriviamo all’incesto … “

“Non ci arriverete, perché adesso ti sposti sul mio sedile e mi scopi fino a svuotarmi; vi amo, maledetti, con tutte le facoltà fisiche e mentali; adesso mi fate godere tutti e due, Lucia sulle tette e tu col cazzo in figa.”

Lucia era rimasta spiazzata dalla verifica della sessualità di Elena; la donna tutta garbo e compostezza, imperturbabile, era una femmina calda e passionale quando si accostava al sesso; la vide abbassare lo schienale del suo sedile, tirarsi su fino alla vita la gonna e stendersi a gambe divaricate; Marco, che qualcosa doveva avere sperimentato, le ruotò sopra, spostò lo slip e le infilò il cazzo profondamente in figa; l’urlo di piacere di lei fu soffocato dal bacio che si scambiarono.

“Cazzo, che bella figa hai!”

Era stato Marco ad esclamarlo quando, girando lo sguardo, aveva visto sua figlia a gonna alzata infilarsi in figa tre dita e masturbarsi alla grande; gli orgasmi dei tre furono quasi unisoni; lui scaricò nella vagina di Elena una lunghissima sborrata a cui corrispose, con un urlo disumano, quella di lei, seguita a ruota da Lucia che il suo urlo soffocò coprendosi la bocca; si trovarono abbandonati senza forze sui sedili; il bambino dormiva serafico mentre intorno il sesso si scatenava.

Si ricomposero alla meno peggio e Marco riprese la strada verso la città; fu il primo a parlare per esprimere la gioia immensa per avere sperimentato qualcosa che alla sua gioventù era mancato, perché comprò la prima auto quando già era sposato e Lucia era nata; aveva sperimentato la passione irrefrenabile della sua compagna e l’amore fisico di sua figlia; ma era felice di non essere arrivato alla penetrazione; il bacio era stato stratosferico e valeva una grande scopata.

Elena chiese a Lucia se avesse un ragazzo fisso e se si lasciasse andare a trasgressioni; le disse che anche lei aveva praticato pompini, scopate a pecorina e inculate nei bagni dei bar e delle discoteche, quando era molto più giovane; poi si era calmata e aveva scopato con criterio e raziocino; da quattro anni era monogama e fedele per amore; Lucia le confidò di avere fatto qualche piccola trasgressione nei bagni, ma che da alcuni mesi era felicemente innamorata e fedele come le aveva insegnato suo padre.

Marco, leggermente stordito da rivelazioni del tutto impreviste, chiese provocatoriamente se per caso non dovesse riabilitare il comportamento di Magda.

“Papà, non dire stupidaggini; li siamo di fronte ad una patologia; mamma è convinta che tutto quello che ha fatto fosse perdonabile perché ti sei proclamato innamorato; continua schizofrenicamente ad offenderti nei fatti e nei discorsi, ma poi pretende in cambio amore e devozione; noi stiamo parlando di un naturalissimo bisogno di sesso all’interno di un amore vero e limpido; anche tu ti scaldi, e non poco, quando fai sesso; ma all’interno di un amore profondo.

Io non troverei nessun motivo valido se tu non amassi una donna della qualità di Elena; se ti conosco, saresti capace di passare anche su un momento di folle passione, per una scopata adulterina; ma Elena è straordinaria, come compagna, come amica, come sorella, come amante; io non la cambierei con niente e con nessuna; decidete di stare nella nostra vecchia casa o vai a stare da lei? Sai, devo sapere dove andrò a passare i prossimi fine settimana.”

“Lucia carissima, diciamo che dove saremo io, Arturo e Marco, lì sarai anche tu; mi piace l’idea di una famiglia con tante diversità, a cominciare dall’età dei figli; mi piacerebbe che fossimo anche più legate, insegnarti il lavoro che sarà tuo, tenerti vicina, ma senza i rischi di lesbismo che mi hai fatto sfiorare, perché ti voglio fin troppo bene … “

“Non temere; te l’ho detto; madre no ma sorella si; amante no ma amica, profondamente amica, ad ogni costo; mi sarai mentore e socia, complice e pilastro; tieni presente che la figura femminile di mia madre è stata prima sfuggente poi da condannare; voglio trovare con te il gusto dell’amore, anche filiale, e dell’amicizia; avremo i fine settimana per dirci ogni volta tutto quello che dovremo; papà, ho promesso a mamma che, quando sarò da te, le riserverò il tempo almeno di due chiacchiere.”

Arrivati a destinazione, Marco ed Elena osservarono il locale dove la ragazza abitava e, soddisfatti, tornarono indietro; andarono a dormire da lei, col loro bambino, mentre sua moglie apriva il nuovo capitolo della sua vita.

Magda era uscita dalla casa ove aveva vissuto i suoi anni migliori con il cuore e la testa in tumulto; la sua parte razionale improvvisamente le fece vedere l’abisso in cui stava continuando a precipitare senza riuscire a vederne il fondo; solo adesso, dopo anni di sofferenze imposte alle persone care, si rendeva conto di avere demolito, coscientemente e cinicamente, un matrimonio nato meraviglioso, vissuto con entusiasmo ed arricchito dalla nascita di una figlia di cui essere orgogliosa.

Sapeva anche, finalmente, che pure sua figlia era stata sacrificata alla sua intemperanza capricciosa, nei primi anni, con una assurda gelosia per le attenzioni che suo padre le riservava e sulle quali presumeva di avere chissà quali diritti; successivamente, con un rifiuto totale e categorico della famiglia, per rancore verso suo marito e per il conseguente rigetto dell’amore materno; la presa di coscienza della gravità degli errori commessi la deprimeva molto, ma non poteva tornare indietro.

Dall’altro lato, però, la persistente tigna della ragazzina che non aveva voluto crescere ancora teneva vivo, solo in piccola parte ormai, l’acrimonia contro la famiglia che aveva tradito ma da cui, speciosamente, si dichiarava ingannata perché non era stato riconosciuto il suo ruolo sociale e umano; nonostante le accuse precise che il raziocinio le muoveva, continuava a difendersi sostenendo di essere vittima dell’egoismo di suo marito che aveva creato una famiglia alternativa mettendola fuori gioco.

Per quanto le ripugnasse, la scelta di appoggiarsi all’unico protettore che aveva incontrato nella sua orribile esperienza si proponeva come l’unica possibile e facilmente percorribile, per non perdere almeno in parte i privilegi di cui aveva fino a quel momento goduto; d’altronde, solo adesso ne prendeva coscienza, la reputazione che si era costruita, di spregevole adultera, non le consentiva di proporsi nuova e ‘pulita’ negli ambienti in cui aveva folleggiato coi suoi tradimenti.

Decidere di essere puttana fino in fondo, diventava il percorso necessario per salvaguardare almeno il tenore di vita; quanto meno, adesso poteva continuare a prendere cazzi con la prospettiva di ottenerne dei vantaggi; la ragione indicava che significava diventare effettivamente una zoccola pronta a prendere cazzi da qualunque parte venissero; il desiderio di essere ancora sotto la luce dei riflettori indicava che in quel percorso aveva ancora qualcosa da dire.

L’amante che aveva scelto, e che le aveva quasi ripugnato l’unica volta che si era lasciata scopare, non intendeva perdere tempo; passò a prenderla sotto casa e la accompagnò alla splendida villa che possedeva sulle colline intorno alla città, un’autentica reggia con un parco enorme, piscina e campo da tennis, nella quale la accolse come una regina, solleticando l’egocentrismo smodato di lei che di colpo abbandonò le riserve e si dispose a godersi la nuova condizione.

Chiese di fare una doccia e si trovò in un bagno che era un autentico salone tanto era vasto; era dotato di tutto quanto si può chiedere a un bagno, dalla Jacuzzi a interi set di trousse per il trucco, da un armadio di creme a set di asciugamani e accappatoi di ogni forma e colore; capì che quello era il mondo in cui avrebbe vissuto assai più largamente che con suo marito; le scopate che in cambio avrebbe dovuto fornire potevano essere un optional piacevole, se i patti venivano rispettati.

Ma le cose andarono assai peggio di qualunque sua nera previsione; scoprire che era per il suo protettore solo una bambola di gomma da dare in pasto a cani e porci fu questione di pochi mesi; quella sera stessa, senza neanche avvertirla, quando si ritirarono nella camera padronale, trovò il letto occupato da un ragazzo di una trentina d’anni, assai tonico e forte, con una mazza di almeno venticinque centimetri, che se la menava con gusto e con un’aria arrapata che non lasciava presagire niente di buono.

Il suo padrone si limitò a sfilarle la camicia da notte, di preziose trine, che aveva appena indossato; sospingendola garbatamente per le natiche, la spinse verso il letto e si andò a sedere su un poltrona ai piedi del letto; si sfilò pantaloni e boxer e tirò fuori il cazzetto che tanto l’aveva fatta sorridere nella loro prima scopata; cominciò a masturbarsi lentamente e lussuriosamente mentre, con lo sguardo, invitava lo stallone a fare il suo dovere.

Il mercenario la prese per una mano e la tirò sul letto, la fece accosciare accanto al cazzo ritto come un obelisco, le prese la nuca e le forzò la cappella in gola provocandole fastidi di rigurgito e di respirazione; avrebbe voluto protestare che quello non era nei patti ma, accettando di entrare in quella casa, sapeva di avere scelto la schiavitù al sesso; qualunque tentativo di ribellione sarebbe stato inutile e forse rischioso; si piegò alla necessità e cominciò la fellazione.

Si rendeva conto, finalmente, di cosa significasse schiavitù al sesso e avrebbe dato tutto il resto della vita per potersi andare ad inginocchiare a suo marito e alla sua presunta arroganza; ma il suo orgoglio era ormai definitivamente spezzato e poteva solo piegarsi e prostituirsi oltre qualunque limite; se ne rese ancora più conto quando capì che il caprone affittato per montarla era spietato e cinicamente sadico; i colpi dati per affondare il cazzo fino all’esofago denunciavano la semplice volontà di fare male.

Non era un pompino, quello che stava facendo, ma una prova di dominazione alla quale fu giocoforza piegarsi perché non avrebbe saputo dove andare, in alternativa, e la sola idea di ridursi ad una vita borghese senza nessuno dei privilegi di cui godeva le ripugnava e la induceva a cedere alla dominazione del maschio che la controllava; era chiaro che tutto era studiato per il piacere del suo protettore; lui sceglieva i maschi per la monta, lui decideva cosa fare del corpo di una donna che aveva comprato.

Fortunatamente, nei giorni successivi lei scoprì che, dopo gli assalti bestiali a cui la faceva sottoporre, lui diventava improvvisamente tenero, dolce, affettuoso, che la riempiva di regali costosi e non le negava niente, senza badare al cartellino del prezzo; la sua prostituzione in definitiva, non era nemmeno così grave se guardava ai vantaggi che ne derivava; un minimo di buonsenso e qualche indicazione implicita di amici le suggerì che quel calvario avrebbe avuto una brevissima durata.

Nel giro di qualche anno, il suo corpo sarebbe diventato inappetibile per i maschi che lui le imponeva; figa e culo troppo slabbrati, gola profonda ormai abituale per chiunque, mani che non avrebbero dato più le stese emozioni masturbando avrebbero determinato la necessità, per il suo signore e padrone, di sostituirla con una più giovane; era facile prevedere per lei una non lunga parabola; forse la cosa migliore era battere il ferro caldo e prendere tutto e subito.

Sentiva il marcio di queste valutazioni riempirle il cuore, il cervello e il corpo; ma non era più in grado si porre rimedio e dovette adeguarsi alla realtà; quella prima sera passò come un incubo da cui avrebbe dovuto e potuto risvegliarsi; il caprone le sfondò figa e culo, le martirizzò la bocca scopandola in gola per un tempo infinito, la sottopose a tutte le vessazioni che il protettore indicava per ridurla all’obbedienza; quando finì e si ritirò, lui le impose di succhiargli il cazzetto e le sborrò in bocca

Quasi a compensazione, la mattina seguente la trattò con un garbo da antico cavaliere verso una dama della nobiltà; le fece trovare, con la colazione, una preziosa collana e lei maturò la convinzione che doveva ‘spremere il limone’ fino all’ultima goccia prima di essere messa da parte come appariva facile da capire; si preparò a vivere momenti di quella aberrazione e forse anche peggiori, ma di ‘lavorare’ per crearsi un capitale segreto, di quelli in cui era abilissimo Marco.

Il suo protettore alzò progressivamente l’asticella; dopo una settimana circa, Magda, a sorpresa, trovò nel letto due baldi giovani, tra i venticinque e i trent’anni; subito dopo entrò in camera il suo caprone che, nudo, si sedette su una poltrona e li invitò a gesti a darsi da fare per soddisfare la sua personale voglia di guardare la donna che dominava lasciarsi scopare, con la voluttà che conosceva, da due cazzi meravigliosi, prima di soddisfare lui.

Non impiegò molto a rendersi conto di quale sarebbe stata la sua sorte nell’immediato futuro; adattandosi immediatamente alla situazione, salì carponi sul letto ed afferrò, uno per mano, i due cazzi di stazza più che notevole, almeno 20 centimetri in stato di semi erezione; l’abilità maturata in quegli anni di stravizi emerse immediata e le riuscì, benché avesse a che fare con mercenari esperti, a far rizzare le verghe al massimo della potenza.

Alternando la bocca su ciascuno dei cazzi, li deliziò a lungo con un saporitissimo pompino che il suo padrone non poté fare a meno di ammirare, menandosi freneticamente il pisellino che stentava a ritrovare tra i peli del pube; avendo capito che l’altro amava le lunghe sedute che agivano sulla libidine mentale, più che sulla potenza del cazzo, passò un tempo infinito a leccare, succhiare, manipolare ed eccitare i cazzi vogliosi dei due ragazzi, evidentemente ben allenati.

Si era imposta, con determinazione, di favorire la libidine del caprone, cercando di lasciarsi coinvolgere solo minimamente nella lussuria delle scopate; dedicando mentalmente la situazione a quel cornuto traditore di suo marito, fece in modo che la rabbia dominasse sulla libidine e il piacere lasciasse posto alla tecnica, fino a ridurre la scopata ad un esercizio ginnico ben eseguito, accompagnandolo con urli di piacere, assolutamente imitati da certi godimenti provati.

Offriva, in pratica, il massimo del piacere ad un lurido pervertito, senza voler neppure accennare a rendersi conto che seriamente, a quel punto, si schiavizzava al potere di un maschio indegno per contrastare quella che solo lei vedeva come arroganza di un marito colpevole solo, in realtà, di cercare il massimo successo anche economico per consentirle di vivere la sua esistenza libertina e spudorata.

Stanca di preoccuparsi solo del piacere dei due mercenari, si distese supina al centro del letto e ne fece stendere uno al suo fianco, col cazzo rivolto al viso, mentre allargava le cosce ed invitava l’altro a leccarla; cominciò il secondo step della sua ‘scopata al servizio del protettore’; ben presto, la lingua del ragazzo, assai abile nel cunnilinguo, le mandò involontariamente scosse al cervello e la eccitò al di là delle sue intenzioni; mentre si dedicava al cazzo che succhiava, si abbandonava alla lingua dell’altro.

Si alternarono più volte a succhiare e farsi succhiare; tutti e tre facevano sforzi immani, lei per ridurre le sborrate, i due stalloni per evitarle fino alla fine; l’unico a godere senza limiti era il ‘padrone’ che si manipolava il pisellino con goduria infinita ma senza arrivare a sborrare; a una sua indicazione, i tre cambiarono posizione ed uno le leccava culo e figa mentre lei, carponi, ingoiava fino alle palle il cazzo ritto e duro dell’altro.

In quella posizione a pecorina, uno dei due le infilò fino all’utero il grosso cazzo, provocandole anche un lieve fastidio con la spinta improvvisa e imprevista; per circa tre quarti d’ora, la chiavarono alternandosi in figa e in bocca, mentre il terzo continuava a smanettarsi senza sborrare, prolungando oltre ogni limite possibile la sua libidine mentale; quando allungò al ragazzo più vicino un tubetto di lubrificante, fu chiaro che si aspettava una inculata severa.

Il più scuro di pelo dei due sfilò il cazzo dalla bocca, dove stava scopandola, fece segno al compagno di spostarsi, si chinò dietro di lei e leccò a lungo, abilmente, culo e figa; unse l’ano col lubrificante, infilando un dito coperto di gel fin oltre lo sfintere; lei capì che era il turno del buchetto a ricevere la visita dei due cazzi; rilassò i muscoli, afferrò fra le labbra la mazza libera e protese il culo indietro, aspettando la botta che le avrebbe ingombrato il retto.

Non si faceva nessun problema, di fronte alle mazze che aveva già sperimentato notevoli, perché il suo culo era stato già paragonato, verosimilmente, a un traforo dove sarebbero passati anche dei tir; anzi, ebbe un brivido di piacere, quando sentì la cappella appoggiarsi morbida all’ano; forte di una lunga pratica anale, spinse come per andare di corpo e sentì il randello scivolare nel canale rettale stimolandole i terminali nervosi; godette molto e frenò a stento un orgasmo anale che l’avrebbe sfiancata.

Per una ventina di minuti, il ragazzo pompò nel culo con sommo gusto; poi ‘passò la mano’ all’amico che ne prese il posto e la penetrò con decisione; la spinsero di lato e la obbligarono a distendersi su un fianco; quello che la inculava, riprese la sua manovra, sollevandole la gamba libera; il compagno le infilò il cazzo in gola e la scopava con gusto; l’inculata fu lunga e gustosa; la fece ruotare più volte sui due fianchi per spingere il cazzo profondamente nel retto; si fermò al limite della resistenza.

Si fermarono supini tutti e tre, mentre il loro dominatore si masturbava freneticamente; il suo cazzetto era ormai viola dalla tensione e dal logoramento della sega durata per oltre due ore; non appena si rese conto che si erano ripresi abbastanza, li sollecitò allo step finale; uno dei due ragazzi si stese supino e cazzo duro, ritto come un minareto dal ventre; Magda intuì le intenzioni e montò a cavalcioni sul ventre, dirigendo il cazzo alla figa ormai slabbrata e rorida; si penetrò a fondo.

L’altro ragazzo le si accostò alle spalle e la spinse a sdraiarsi col busto quasi completamente sull’amico, le gambe poggiavano ai lati sulle ginocchia; si accostò all’ano e lo lubrificò ancora una volta abbondantemente, passò il gel sul cazzo massaggiandolo con lussuria; lei seppe che la stavano per scopare in doppia; aveva fatto altre volte l’esperienza, nei suoi sfrenati folleggiamenti sul cazzo, ma era impressionata dal doppio volume di quei cazzi.

Strinse i denti, quando sentì la seconda nerchia forzare il buchetto, ma provò solo un leggero dolore, quando la cappella forzò lo sfintere e sforò nell’intestino; cominciò anche a godere, mentre i due rivelavano una perfetta armonia nei movimenti della doppia scopata; quando entrarono nel vivo della monta, lei si abbandonò al piacere che le saliva intenso e irresistibile da tutto il ventre e le inondava il corpo, il cervello e il cuore; i tre sborrarono insieme e si abbatterono svuotati l’uno sull’altro.

Si districarono con una certa fatica dal groviglio umano e si rilassarono per qualche minuto; i ragazzi andarono in bagno, uno dopo l’altro, e la lasciarono stesa bocconi sul letto, disfatta dalla scopata decisamente intensa e violenta a cui avevano dato vita; mentre gli stalloni si rivestivano ed uscivano, il ‘padrone’ si impossessava della bocca di lei e vi infilava il cazzetto duro; dovette lasciarlo scopare a lungo, prima che un getto di sperma molto liquido si riversasse nella sua gola.

Finalmente il suo protettore sembrava soddisfatto e Magda poteva rilassarsi; addirittura si sentiva quasi gratificata dalle carezze e moine che lui, felice della serata, le dedicava; si augurò che sarebbe rimasto soddisfatto almeno per qualche tempo; per un paio di settimane, lui non le chiese che qualche pompino e tentò, inutilmente, di scoparla, perché nella caverna di lei, ormai, il cazzetto scompariva del tutto.

Non molto spesso, ma qualche volta il suo protettore organizzava feste in giardino, dalle quali però era bandita qualunque ipotesi di approfittarne per fare sesso in coppia o con più protagonisti; in sostanza, l’unico che poteva permetterselo era il padrone di casa che faceva venire gruppi di giovani dai vari ritrovi della zona; l’idea di una festa nel parco era sempre accolta volentieri, nonostante le limitazioni; fra loro faceva mescolare il bull o i bull con cui sollazzarsi.

Una volta deciso il momento, si appartava con Magda e con il mercenario, o i mercenari, e vivevano due ore di sesso violento, mentre nel parco si scatenava la festa dei ragazzi; la cosa lo intrigava molto per la copertura, apprezzata dalla gente, che copriva le sue trasgressioni; Magda trovava macchinose e stupide le manovre per fare il suo porco comodo quasi sotto gli occhi di ragazzi qualsiasi; ma ormai si era abituata alle stranezze e neppure ci badava.

Quella volta, alcuni ragazzi erano stati ‘reclutati’ al bar che sua figlia Lucia frequentava abitualmente; anche lei accettò di partecipare col ragazzo del momento; non vide quasi sua madre, che neppure sapeva abitasse lì, se non quando il proprietario prese da parte due giovani a lei sconosciuti e in quattro si appartarono in villa; presa da curiosità, li seguì ed assistette di nascosto all’avvio della seduta di sesso estremo a cui sua madre diede vita a letto coi due bull e col padrone seduto a guardare.

Si allontanò sorpresa, ma non giudicò; con qualche abile domanda, chiese informazioni alla più esperta del gruppo, che le rivelò la tendenza cuckold del padrone di casa e l’abitudine ad avere sempre una donna disposta, per regali di grande valore, a dare spettacolo per lui; Lucia ricordò che, nell’ultimo dialogo avuto, sua madre, perdute le speranze di recuperare una famiglia, aveva detto chiaramente che si andava a prostituire per mantenere il tono della vita piuttosto alto.

Andò ad aspettare che scendesse e la salutò a sorpresa.

“Ciao, mamma; vedo che te la cavi bene anche con due torelli e un miserabile!”

“Mi hai spiato? Cosa avrei dovuto fare, separata e costretta alla miseria? Credi proprio che farlo per la ricchezza o farlo per il gusto di imboscarsi in un bagno col primo ragazzo che ti piace ci sia tanta differenza? Io non ho mai neppure pensato di controllarti nei bagni, in macchina, negli appartamenti vuoti; se tu preferisci montare in cattedra, buon pro ti faccia.”

“Mamma, non prendere subito cappello; ormai sei fuori dalla mia vita e non intendo contestare niente; come madre, non posso fare a meno di volerti bene perché il richiamo del sangue funziona sempre; come donna, non condivido nessuna delle tue convinzioni; comunque, è assai meglio farti mantenere da uno che ha denaro da fare schifo che farti sbattere da qualche bulletto solo per umiliare tuo marito che non ha così tante colpe come tu vorresti affermare … Mi dici cosa ti saresti aspettata da lui?“

“Mi sarei aspettata, e forse mi aspetto ancora, un gesto di amore estremo; sentirmi abbracciata e baciata da lui anche mentre mi facevo sbattere da un altro; potrebbe essere un esempio; il porco che mi mantiene, per lo meno mi dà l’illusione che io sia importante per lui, quando sto scopando per il suo piacere; l’orgoglio di tuo padre a questo estremo non arriverebbe mai e si scontra col mio che non gli perdono niente ... Quindi, posso credere che non ho perduto del tutto l’amore di mia figlia?”

“Mamma, ci sarò sempre se mi cercherai; non ti condivido, non ti giudico e ti lascio al tuo destino; fallo anche tu.”

Lucia sparì nella confusione dei ragazzi invitati ma Magda quella sera dormì meglio.

A scadenza quasi periodica, lui le portava amanti mercenari che la sbattevano in lungo e in largo, per concludere sempre col solito pompino che reclamava per sé dopo ogni performance; per sua fortuna, la scopata doppia non era stata particolarmente gradita dal suo sadico dominatore e non le ripropose la situazione di amanti multipli; ma i cazzi che sceglieva per farla montare erano sempre di dimensioni cavalline e, accanto al piacere lussurioso, lei registrava qualche fastidio.

Col passare dei mesi, si faceva sempre più incisivo il dubbio che, scaduto il tempo utile per essere la sua ‘schiava sessuale’, lui l’avrebbe scaricata per una più giovane e intrigante; era stato così per molte e lei non avrebbe fatto eccezione; a ricordarglielo, l’unica collega che ancora le era rimasta amica, che le sottolineò anche come la vita in città le diventava sempre più difficile, oppressa ormai da un giudizio di condanna che tutti, più o meno apertamente, esprimevano.

Le si pose il problema di cambiare aria e di garantirsi qualcosa di concreto; pose il problema con l’amante e gli chiese se, invece di uno dei gioielli carissimi che le regalava dopo ogni performance sessuale, non potesse regalarle qualcosa di più concreto, come l’anticipo per un appartamento; l’altro si dichiarò disposto a firmarle un assegno per il valore del gioiello più caro che, proprio in quel tempo, aveva in animo di regalarle.

Si sentì molto prostituta, mentre prendeva l’assegno; si giustificò con sé stessa, cercando di convincersi che era una via di uscita dalla situazione; la soluzione che aveva progettato le sarebbe costata molto del suo orgoglio smisurato, ma era la più logica possibile e, forse, poteva evitare di sottomettersi a Marco, l’umiliazione che avrebbe voluto evitare; telefonò a sua figlia, si accertò che lavorasse ancora con suo padre al cantiere e le chiese di parlare di un suo problema.

Magda, ancora quasi incredula di avere ottenuto con tanta facilità un assegno in cambio del regalo caro e vistoso che senza dubbio il suo protettore le avrebbe fatto, andò all’incontro con la figlia con molta determinazione e altrettanta speranza; a quasi un anno dalla separazione, definita ormai anche giuridicamente in attesa del divorzio, non aveva ancora il coraggio di affrontare suo marito, non tanto per le possibili reazioni, ma per la vergogna che era subentrata.

Con Lucia, invece, che in una situazione assai delicata le aveva rinnovato la sua dichiarazione di affetto filiale, sentiva di poter vuotare il sacco e parlare serenamente delle sue prospettive di vita; si trovarono in un bar, davanti ad un drink; osservò sua figlia e non poté esimersi da un gesto di ammirazione per la bellezza innegabile di quella donna che avrebbe dovuto essere la sua più cara amica e che incontrava, su terreno neutro, quasi ancora come una nemica.

Non ci fu niente di sgradevole, tra di loro; la figlia aveva cercato di capire l’errore di sua madre ed aveva accettato l’idea che forse a favorire certe tendenziali esasperazioni erano stati anche il permissivismo dei nonni, prima, e di suo padre, poi, rispetto ad una ragazza cresciuta nella convinzione che i suoi capricci fossero legge per i suoi cari; solo adesso, quando i rancori erano sopiti, capiva il punto di vista di Magda.

A lei era capitato, in una occasione, di avere un ragazzo troppo geloso; per punirlo e ridimensionarlo, aveva fatto in modo, in una vacanza in campeggio, di obbligarlo a stare a guardare e tenerle la mano mentre scopava con gusto col suo migliore amico; capì, alla fine, che il tentativo di schiacciare sotto la sua gelosia una donna di grande temperamento aveva prodotto solo una ribellione viscerale; ricucirono il rapporto, ma poi la vita li divise.

Il discorso di sua madre, sul gesto del suo protettore, di lasciarla scopare con bull mentre stava a guardare, in cui lei riusciva a leggere l’amore particolare di un cuckold che si eccita a vedere la sua donna godere, riferito al padre che per orgoglio neppure pensava possibile quello che lei, sua figlia, aveva fatto, non giustificava la donna, ma lasciava molti dubbi sulla vera capacità di suo padre di accettare un principio di libertà che toccasse anche le sue donne.

In fondo, era un mezzo malavitoso, comunque complice di elusioni ed evasioni fiscali di molti, che a parole si professava aperto e libertario, ma in realtà si era legato a donne che gli si concedevano in ruoli subalterni, sua madre, moglie fedele e serva per lungo tempo, Elena, in quei mesi, e lei stessa che gli aveva nascosto molte cose; solo a sua madre aveva confessato la sua sfrenata libidine che le faceva cambiare partner ogni volta che quello del momento rivelava il maschilismo nascosto.

Si sentì molto più vicina ed affettuosa quando si incontrarono; non si meravigliò quando Magda le parlò delle sue ansie che il bengodi di prostituirsi alla perversione dell’amante stesse per esaurirsi ‘per raggiunti limiti di usura’; una maggiore perplessità la provò quando sua madre le comunicò che aveva presentato domanda di trasferimento dalla sede di insegnamento; in forza dell’anzianità di servizio era certa che le avrebbero assegnato una sede ad Arezzo, in Toscana.

“Mamma, non voglio nascondere il mio rammarico, perché te ne vai; ma sono certa che riuscirai e ricostruirti una vita, forse non da sola; sei ancora giovane; qualche mese di riposo e di astinenza ti consentiranno di essere ancora maledettamente desiderabile; in una realtà tutta nuova, non avrai problemi a trovare un uomo che accetti di condividere maturità e vecchiaia; anche se la lontananza mi fa già male, posso solo essere d’accordo con te.”

Il discorso rinfrancò Magda che affrontò con meno ansia il problema per cui l’aveva voluto incontrare; le parlò dei regali spesso esagerati che riceveva dal suo dominatore per le ‘prestazioni speciali’ di cui aveva avuto una prova; le disse anche dell’assegno che aveva chiesto in cambio del regalo, con l’intento di prendere un suo appartamento; le chiese quindi di mediare con suo padre, al quale non accettava ancora di umiliarsi, per investire al meglio i soldi.

Lucia la rassicurò che, allo stato delle cose, poteva senza dubbio suggerire ad Elena di investire i suoi soldi in un conto estero; se voleva, poteva fermare per lei un miniappartamento, con la quasi certezza che sarebbe stata sufficiente la cifra di cui disponeva; Magda dovette farle osservare che, se avesse avuto il trasferimento ad Arezzo, l’acquisto sarebbe risultato inutile e dispersivo; meglio attendere che fossero pubblicati i trasferimenti, prima di agire.

La figlia, decisamente più energica e determinata della madre, la rassicurò che, nell’immediato, avrebbe fatto depositare i soldi in un conto svizzero, da usare per le emergenze; se fosse rimasta in città, avrebbe scelto il miniappartamento più congruo con le sue disponibilità; se veniva trasferita ad Arezzo, tenesse in conto che la loro attività ora spaziava in tutta Italia e che lei aveva le redini dei lavori, visto che Elena si occupava dell’ufficio economico e suo padre dei rapporti esterni.

Un cantiere era attivo anche ad Arezzo, dove ristrutturavano edifici del centro antico; fra essi, poteva scegliere il piccolo appartamento che fosse più coerente con le disponibilità; l’avrebbe senz’altro sostenuta e aiutata sia nell’acquisto che nell’arredamento; le faceva enorme piacere sapere che si allontanava dalla ‘zona inquinata’ di origine e poteva rinascere a qualche centinaio di chilometri, lontano da pettegolezzi e non irraggiungibile, per incontrarsi ogni tanto.

Prima di separarsi, Lucia sentì il bisogno inderogabile di chiedere a sua madre perché si fosse prostituita così turpemente; le spiegò che vi era stata oggettivamente costretta; aveva equivocato sul senso del dominio, ma si era trovata nella condizione di non godere di buona reputazione ; per non fare la fame aveva accettato la sottomissione al peggiore forse tra gli amanti che aveva avuto ma che era anche quello che le aveva consentito di realizzare una piattaforma di autonomia.

Non le nascose che, dopo tante traversie, un unico desiderio le era rimasto, che suo padre, almeno una volta, accettasse una sconfitta, almeno comportandosi da cuckold anche se non lo era; purtroppo, gli orgogli contrapposti e la tigna di Marco le impedivano anche una piccola soddisfazione; Lucia, senza dire niente, si ripromise di organizzare le cose per accontentarla, prima che lei sparisse per sempre.

Magda tornò alla villa del protettore molto più rasserenata, determinata a rinascere, felice di aver recuperato con la figlia almeno il filo di un dialogo affettuoso; Lucia lavorò di fino sapendo che il tempo utile sarebbe presto scaduto; aveva spesso ricevuto le confidenze di un suo amico, poco maggiore di lei per età ma alquanto ricco e autonomo, che non aveva esitato a dichiararle che, essendosi lei categoricamente rifiutata ad ogni sua avance, non avrebbe disdegnato, in alternativa, sua madre.

Conosceva la storia di Magda ed era intrigato, da bravo tombeur de femme, dal personaggio; quando Lucia gli propose una kermesse di sesso con sua madre, per piegare l’arroganza eccessiva di suo padre, trovò la situazione tanto intrigante che se ne impossessò e decise di farla sua; Lucia avrebbe invitato Magda e Marco ad andare nella villa che lui abitava in campagna e avrebbe fatto in modo che il maschio entrasse quando era già in piena copula con l’amico.

Stava a lei, poi, obbligare il marito, ancora non divorziato, ad accettare di ammirare la moglie che scopava con uno che poteva essere addirittura suo figlio; per parte sua, lui non intendeva avviare nessuna relazione sentimentale, solo una seduta di puro sesso in qualche modo ‘a scopo terapeutico’; era certo che la cultura dei due avrebbe evitato uno scandalo o strane polemiche per questioni di corna; soprattutto, avrebbe scopato con una donna che ammirava moltissimo.

Magda non trovava nessunissima giustificazione all’invito di Lucia, ad accompagnarla nella villa di un suo amico che sapeva grande amatore; gli sguardi di intesa fra i due, mentre esaurivano le formalità della conoscenza, le suggerirono che qualcosa bolliva in pentola; si fidò della figlia, che appariva molto serena e incoraggiante; quando sparì per un poco e il ragazzo si avventurò in una conquista persino facile, si abbandonò facilmente alle sollecitazioni di lui.

Nel tempo necessario a prendere del vino dalla cantina, il ragazzo aveva già circuito la donna e l’aveva baciata con una passione che lei trovò entusiasmante; le figa le colava sin dai primi tocchi decisamente volontari, che lui aveva azzardato sul suo corpo scatenandone la libidine; quando Lucia rientrò e li ignorò, capì che era qualcosa di meditato; guardò la figlia interrogativa, lei le fece cenno di lasciarsi andare e decise di possedere quel maschio meraviglioso, ambito da moltissime donne.

Dopo qualche minuto erano in una lussuosa camera da letto, attrezzata come solo quella di un donnaiolo poteva essere; convinta di essere l’ennesima conquista da aggiungere al palma res del latin lover e che in qualche modo Lucia era d’accordo, mise in atto tutto il suo fascino per sconvolgere il ragazzo; per la prima volta dopo mesi poteva scoparsi un amante non mercenario e la considerazione non era priva di interesse.

Mentre si approcciavano per i preliminari, sentì che bussavano all’ingresso; il giovane non se ne curò e la spinse sul letto; cominciò a leccarle la figa, spostando solo il perizoma, con un’enfasi che lei raramente aveva verificato nelle sue scopate; nel volgere di pochi minuti le succhiate sul clitoride le avevano dato un bell’orgasmo; subito dopo, il ragazzo le sfilò il perizoma e con le dita le manipolò insieme figa e culo; lei avvertì immediato l’arrivo di un orgasmo violento.

Mentre urlava di piacere, sentì che la porta della camera si apriva; stesa supina con la testa alla porta, non ebbe modo di vedere chi fosse entrato e, soprattutto, non se ne curò; sentì però la voce di Lucia che, prima con autorità poi con tono sempre più calmo e suadente, invitava qualcuno ad accomodarsi e stare a guardare; se lo avesse desiderato poteva anche intervenire con qualche piccolo gesto; glielo doveva, se voleva mantenere intatti i loro rapporti.

Avrebbe voluto tanto sapere a chi fosse rivolto un discorso al tempo stesso tanto perentorio e tanto suadente; ma le dita che frugavano nel corpo le impedivano di razionalizzare e di girare la testa in maniera assai innaturale per individuare lo sconosciuto; finalmente, dopo che Lucia aveva più volte precisato che era suo dovere almeno una volta cedere alle preghiere, sentì la voce di lui che, quasi rassegnato, aderiva alla richiesta e dichiarava che si sarebbe limitato a sopportare la vista.

Scoprire dalla voce che si trattava di Marco, ancora suo marito, la mandò in estasi; si stese supina sul letto e si tirò addosso il ragazzo che le piantò immediatamente il cazzo fra le cosce mentre succhiava intensamente i capezzoli; con pochi movimenti precisi, le scivolò sul corpo e infilò un randello di oltre venti centimetri nella figa vogliosa e grondante; con movimenti al limite dell’assurdo, girò la testa verso suo marito.

Lo guardò intensamente negli occhi, comunicandogli il suo delirio, la voglia enorme e un piacere infinito; mosse la mano a simulare un bacio con le dita e mandarlo nella sua direzione; vide la patta gonfia che segnalava un’intensa eccitazione e accentuò il gemito che la monta le scatenava, le dispiaceva non poterlo dire apertamente ma sperava che lui capisse che quello sguardo intenso e quel bacio appena accennato erano l’amore che provava per il suo uomo mentre un cazzo la riempiva.

Marco era decisamente incerto tra la lussuria che la situazione gli scatenava e la rabbia per aver accettato una chiara sconfitta dalla figlia che lo ricattava.

“Quindi, è questo quel che tua madre voleva da me e che tu mi obblighi a concederle?”

“No, caro il mio presuntuoso; questo è quel gesto d’amore che non hai mai pensato di fare; sarebbe bastata una situazione del genere, fin dall’inizio, un tuo gesto per arrenderti una sola volta a una scopata che la doccia laverà via, perché foste ancora una coppia meravigliosa; mamma ha sbroccato ed è andata fuori dalle righe; ma sa perdere ed ha coscienza di quello che vuole; tu invece ti arrocchi ancora dietro le leggi, la logica, il dovere; hai già distrutto il matrimonio.

Adesso uccidi il mio amore di figlia se non concedi a mia madre, che amo a prescindere da tutto, quel piccolo gesto che vuole dall’uomo che ha amato per tutta la vita; fai lo sforzo di dirle che l’ami ancora, anche se state per divorziare; prendile solo una mano, non ti chiedo di scoparla o di congratularti col suo stallone; stringile la mano per dirle che ammiri la sua gioia di vita, che sei contento di vederla godere; te lo ha chiesto per anni.

Invece l’hai, anzi l’abbiamo, massacrata, offesa, vituperata, trattata da puttana, cacciata dalla famiglia; sta per andarsene, sparirà dalla tua vita e dalla tua felicità futura, con un’altra; dalle solo questa soddisfazione, misera ed elemosinata, falle capire che l’ami anche mentre si fa sbattere da un bull; stringile solo una mano o salutala con un bacio casto; so, perché me l’ha detto, che è tutto quello che ancora può desiderare; ce la fai ad essere superiore, a vincere con la nobiltà d’animo e non con la forza?”

Magda era in trance, ormai; tra il cazzo che le pulsava nel ventre e le scuoteva i precordi del piacere; e la gioia che sentiva pervaderla di fronte al ‘suo’ uomo che la guardava eccitato mentre si faceva scatenare la lussuria in tutto il corpo, non sapeva proprio decidere che cosa la stimolasse di più a godere; l’orgasmo mentale era assai vivo ed intenso; riassumeva anni di attesa, di ansia di un piacere nuovo, diverso, tutto suo; ma il sesso le dava emozioni fisiche indicibili.

Marco si fece incantare dal magnetismo della situazione a cui non aveva mai pensato; guardare ‘dall’esterno’ le smorfie che la sua donna per anni aveva fatto quando lui la scopava con amore, ora gli balzavano nitide davanti e gli davano il senso vero dell’immenso piacere che le aveva dato senza rendersene conto; seguiva affascinato ogni movenza dei corpi e non provava gelosia, ma un desiderio a quel punto assurdo.

Si alzò quasi automaticamente come un robot, e si avviò al letto; lei lo seguiva incantato, desiderosa di sentirlo, per una sola volta, per l’ultima volta, finalmente suo, alle sue condizioni; allungò una mano, mentre il corpo si contorceva per il piacere che lo stallone le stava provocando, e cercò la sua, sempre più vicina; sfiorò le dita con un orgasmo potentissimo e infine i palmi si congiunsero; una scossa elettrica attraversò gli arti e si trasmise ai corpi.

Marco salì sul letto e si inginocchiò accanto alla testa della moglie; passò una lieve carezza sul viso; avvertì l’umido di una lacrima che era scivolata giù, involontaria; lei attirò a se le mani unite e baciò il dorso di quella dell’uomo che amava nonostante tutto; lui si abbassò sul viso e depositò un bacio leggero sulla guancia più vicina; Magda sobbalzò in un orgasmo mai provato prima che scatenò quello del suo stallone e le inondò il ventre; Marco allontanò la mano, scese da letto e si sedette sulla poltrona.

I due amanti, dopo essersi riposati ed aver ripreso normali funzioni, si ritrovarono di nuovo carichi di voglia e di entusiasmo; il cazzo di lui era ancora ritto come un obelisco e reclamava carezze e scopate al massimo livello; lei dovette asciugarsi la figa madida di umori, prima di essere in grado di riprendere; si sistemò carponi sul letto e aspettò che lui si inginocchiasse dietro di lei e aggredisse con la bocca il culo sporto in offerta e la figa che pulsava di desiderio.

La leccò a lungo, devotamente, minuziosamente, e le strappò una lunga serie di piccoli orgasmi; si sollevò in ginocchio e piantò la cappella sulla figa; un colpo secco e le sprofondò nell’utero con immensa goduria e con un forte sobbalzo di piacere per lei; la cavalcò per qualche minuto, artigliandole i seni e usandoli per tirare a se il corpo quando picchiava col ventre contro il culo e per spingerlo quando tendeva ad uscire; la chiavò a lungo, finché la sentì sborrare.

Si stese supino al centro del letto e la fece montare sopra, con la figa sulla bocca; cominciarono un sessantanove epico; lui si perdeva quasi nella dolcezza delle natiche davanti allo sguardo, da allargare e stringere, palpare e manipolare; la lingua che svariava tra figa e culo si perdeva spesso nel buchetto posteriore con somma goduria di entrambi; catturava il clitoride e lo tormentava leccando, succhiando e mordicchiando; percorreva con la lingua a spatola tutto il perineo.

Marco decise a quel punto che poteva anche basare; si avvicinò alla coppia avvinghiata, carezzò per l’ultima volta il volto della sua donna e sparì in silenzio, con Lucia che non gli si mosse dal lato, decisamente felice di quanto aveva visto personalmente; sapeva per certo che suo padre aveva indirettamente ammesso una sua colpa e che forse avrebbe riflettuto sull’eccessivo rigore nei rapporti e sul bisogno di trasgressione per dare sale alla vita.

Ma sapeva con maggiore certezza che ora a sua madre la separazione non pesava più con tanto dolore; il rapporto tra loro due si era ripristinato e rafforzato; il contrasto con suo padre era attenuato e avrebbe consentito ad entrambi una maggiore serenità; lei era certa di avere operato per il meglio e fornito a sua madre l‘occasione desiderata per esprimere una sua realtà, certamente discutibile ma anche piena di intenzioni e motivazioni da studiare.

Rimasti soli, i due amanti si scatenarono nel sesso più ardito che conoscevano; lui la scopò ancora in figa e in bocca, la inculò con forza e desiderio da tutte le posizioni, da dietro, da davanti, da sopra, da sotto, di lato, prendendosi un piacere indicibile e offrendone a lei altrettanto; si leccarono, si accarezzarono, si succhiarono per ore; lasciarono il letto per andare sotto la doccia che quasi non si reggevano in piedi, tanto avevano scopato.

Dopo quell’autentica ’indigestione’ di sesso che la figlia le aveva offerto su un vassoio d’argento, Magda decise di tirare i remi in barca e di prepararsi al passaggio ad Arezzo; non appena furono pubblicati ufficialmente i trasferimenti e fu confermato Arezzo come sua destinazione, provvide a scegliere, con Lucia, l’appartamentino da acquistare ed organizzò il trasloco delle poche cose che volle portare con se; approfittando della vacanza estiva, andò sul posto per ambientarsi.

L’addio a Lucia fu particolarmente emotivo e dovettero ricacciare indietro le lacrime; ambedue sapevano che era un cambio necessario e forse vitale; quindi riuscirono a superare l’impasse con una certa disinvoltura, dichiarando di volersi vedere spesso ma sapendo che non avrebbero avuto molte occasioni; salutò con affetto anche Elena, con la quale aveva comunque un buon rapporto di amicizia; a Marco diede appuntamento alla sentenza di divorzio, di lì a qualche anno.

L’anno scolastico si andava esaurendo, quando Magda decise che le cose da dire a sua figlia non potevano riassumersi per telefono; le scrisse una lunga lettera per dirle che si era trovata benissimo nell’ambiente della piccola provincia tutta cultura e storia; l’appartamentino era risultato delizioso e ci viveva benissimo col nuovo compagno; aveva conosciuto infatti un collega cinquantenne che non aveva indagato molto sul suo passato e col quale aveva legato meravigliosamente.

In quel momento stavano valutando dove passare le vacanze, se in Puglia o in Istria; contavano, dopo il divorzio, di sposarsi; si preparasse, quindi a ricevere un regolare invito per la cerimonia e per conoscere il suo nuovo amore; stavano benissimo insieme e speravano di vivere una serena maturità di affetto e di buone abitudini, dopo le esasperazione di una gioventù forse troppo frenetica e aggressiva.

Lucia decise che anche lei non poteva risolvere tutto per telefono; le comunicò che forse poteva essere lei, sua madre, a doversi spostare per assistere alla cerimonia del suo matrimonio; era andata a vivere col suo ragazzo, in procinto di laurearsi e di lavorare con suo padre; aveva avuto notizie contrastanti su sua madre e ardeva dalla voglia di incontrare ‘la suocera’ per valutare personalmente da che parte pendesse la bilancia; si amavano molto e volevano fare tutto per bene.

Suo padre aveva messo su famiglia con Elena e col figlio minore; particolare importante, era molto cambiato; ‘non tutti i mali vengono per nuocere’ e le loro traversie avevano avuto come conseguenza che, finalmente, aveva capito che il rigore è necessario; ma che, senza un minimo di fantasia, di creatività, di spensieratezza, si diventava aridi e troppo rigorosi; Elena viveva assai più serenamente il rapporto ed erano felici insieme.

Soffriva un poco la distanza da sua madre, ma aveva la certezza che l’affetto non fosse mutato, anzi si fosse rafforzato; e che le poche e rare occasioni di incontro sarebbero valse a verificare che erano maturate, che le loro vite si erano diversificate ma che ritrovarsi diventava ogni volta una gioia ineguagliabile.

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