Nascosi immediatamente la mano sporca di sperma e mi sistemai i pantaloni. Mi guardai un attimo intorno. Sgranai gli occhi e iniziai a tremare, arrossii, il cuore mi battè all'impazzata. Mi avvolse una sensazione di timore e imbarazzo da farmi mancare il fiato. Avevo la bocca secca e non riuscii a parlare. Guardai in faccia a Melissa cercando di capire le sue intenzioni.
"Chi ci sta lì dentro?" mi domandò severamente.
"Non lo so" risposi tremando.
"Melania e la sua amica dove sono?"
"Boh, prima erano fuori al giardino, Melania stava fumando...credo sia ancora lì".
"E tu che stavi facendoo dietro la porta del bagno delle femmine?"
"Niente". La risposta tipica di un bambino preso in flagrante, che non può negare, ma nemmeno ammettere.
Mi guardò con le labbra serrate. Melissa ha sempre avuto un volto molto severo, arrabbiato. Osserva da sempre con sguardo cattivo. Come se volesse distruggere la felicità di ognuno, quasi come se pensasse che in questo modo lei possa raggiungere la felicità. O forse semplicemente gode nel distruggere quella altrui. Sembra che qualsiasi mezzo possa utilizzare, ne approfitti per farti del male e usarlo contro di te. Lo stesso è sua sorella. Credo abbiano preso dalla loro madre. L'unico sempliciotto senza malizia è il fratello Gregorio.
L'avevo vista che guardava me e Monica con la sua tipica espressione cattiva e cupa, come se si stesse insospettendo. Conoscendo la sua natura, se lo avesse saputo avrebbe subito spifferato tutto. E anzi, anche senza saperlo, avrebbe messo in giro questa voce basandosi su personali sospetti. Ma ora che si tratta di sua sorella, che cosa avrebbe fatto o detto in giro?
Guardò la mia mano che tenevo nascosta dietro il sedere, poi mi guardò in faccia senza dire nulla, ma come se avesse capito tutto.
All'improvviso si avvicinò alla porta e iniziò a bussare.
"Occupato!" esclamò la voce di Melania. Si percepiva la tensione nella sua voce. Come avrebbero fatto adesso?
Decisi di correre in loro aiuto:"Melania, hai ancora mal di pancia?" domandai, sperando che capisse.
"Sì" rispose dopo qualche secondo.
"Credo sia meglio che tu vada in un altro bagno..."
Melissa mi guardò severamente "Stavi spiando mia sorella? Tua cugina! Che schifo!
"No no, non hai capito..." risposi io "mi assicuravo che stesse bene, sapendo che stava male..."
"E allora perché hai detto che non sapevi che c'era nessuno in bagno?"
"Non volevo che ti preoccupassi..."
"Per un mal di pancia? Ma tu pensi che sono scema? Glielo dirò. E lo dirò a tutti che vai spiando le ragazze nel bagno e per di più tua cugina. Fai proprio schifo".
"Ma non è così" provai a insistere "hai frainteso..." ma niente, ormai mi aveva scoperto. Mi sentivo male. Sapevo che era capace di dirlo davvero a tutti. Non mi diede più retta e fece per andarsene, senza aggiungere più nulla. La seguii "Aspetta, Melissa!"
"Che vuoi?"
"Ti prego, non dire niente a nessuno...non lo farò più". Lei mi guardò con il suo tipico sguardo duro, come per farmi capire che era irremovibile.
"Ti prego" ripetei e aggiunsi "farò tutto quello che vuoi, qualsiasi cosa...ma ti prego, non dire niente a nessuno..."
"Ti sei chiavato anche nostra cugina Monica, che schifo..." aggiunse.
"Melissa, ti prego..."
"Davvero farai tutto quello che voglio se non dico niente a nessuno?"
"Sì" annuii "assolutamente, qualsiasi cosa..."
"D'accordo" e andò via. Non sapevo che cosa avesse in mente, ma il cazzo mi si drizzò di nuovo e compresi così la mia indole masochista.
Tornai al tavolo con aria turbata, ma anche molto eccitato. Con il capo chino, fissai il mio bicchiere di vino e non bevvi. Monica mi vide e mi domandò cosa ci fosse che non andava.
"Niente" risposi forzando un sorriso. Poi avvicinai il bicchiere alla mia bocca e sorseggiando, dissi "vuoi venire a stare da me?" le domandai.
Lei spalncò gli occhi "E per quanto?"
"Quando vuoi. Finché non ritorna il tuo fidanzato". Accettò e per un periodo vivemmo insieme come due fidanzati, fregandocene dei giudizi di tutti. Era stupendo dormire insieme e fare l'amore ogni volta che volevamo. Adoravo portarle la colazione a letto prima di andare al lavoro e lasciarla riposare nel mio letto. Ero un uomo libero e indipendente e nessuno poteva dirmi che cosa fare.
Nessuno, tranne Melissa, la mia unica Padrona. Una mattina, mentre ero in ufficio, mi scrisse su WhatsApp "vieni subito a casa!"
Cercai di oppormi dato che ero in ufficio a lavorare, ma ella mi ricattò e allora dovetti trovare una scusa per allontanarmi. Le domandai che cosa volesse e mi intimò di non fare domande e di andare direttamente lì a casa sua. Mi avviai in macchina e la raggiunsi.
La trovai davanti alla porta che mi attendeva con un sorriso cattivo.
"Allora, che cosa volevi?"
"Non è con questo tono che mi devi parlare" disse con tono autoritario, avanzando verso di me, minacciosa.
"Mi devi dire 'cosa desideri, Padrona?"
Appena me lo disse, mi tremò la bocca dall'eccitazione e persi immediatamente il controllo.
"Cosa desideri, Padrona?"
"Voglio che mi lavi il pavimento, in tutte le stanze. Poi che mi prepari il pranzo e me lo servi e infine mi lavi i piatti".
"Come desideri, Padrona".
"Dammi del Lei".
"Sì, Padrona, ai Suoi ordini".
Obbedii lavando i pavimenti, lei camminava sul bagnato per ostacolarmi, per il solo gusto di schiavizzarmi di più. Qualche volta baciavo anche le orme dei suoi piedi sul pavimento. Avevo appena finito di lavare il bagno quando lei, con i suoi magnifici e deliziosi piedini nudi, entrò lasciando le tracce. Si abbassò le mutandine davanti a me e, sedendo sul cesso, iniziò a cacare.
"Vuole che esca, Padrona?"
"No" rispose, lei "anzi, chiudi la porta". Obbedii e rimanemmo entrambi nel bagno.
"Ti ricordi quando eravamo più piccoli che ogni volta che volevo andare in bagno, mi bussavi alla porta perché volevi vedermi e fare il pervertito?"
"Sì, Padrona".
"Adesso ti accontento. Solo che ti devi respirare tutta la puzza di merda e pulire il cesso, lo voglio splendente". Lo avevo appena pulito, ora mi toccare rifarlo, ma non mi importava. Per la mia Dea questo e altro.
"Inginocchiati" mi ordinò.
"Sì, Padrona". Obbedii
La vidi spremersi e udii il suono del primo stronzo che finiva nell'acqua, poi il secondo, poi il terzo. Poi lo scroscio del piscio. Per me quell'odore di cacca non era affatto una puzza, era un profumo gradevolissimo, leggero, non era la tipica puzza di merda pestilenziale. Strano per una che mangia solo schifezze e quasi zero verdure. Per questo motivo la vedevo ancora di più come una Dea.
"Dai, annusa!" mi ordinò severamente. Respirai profondamente quella meravigliosa fragranza e il cazzo mi s'indurì fino a sentirsi imprigionato nelle mutande e nei pantaloni. Melissa non era una mistress professionista: probabilmente non sapeva assolutamente niente di queste cose, ma ce l'aveva nel sangue l'indole da Padrona. Da quel che so è sempre stata autoritaria anche con il marito, anche quando erano fidanzati, sia con il suo patrigno.
"Adesso pulisci"
"Sì, Padrona!"
Più mi dava ordini, più il cazzo mi si induriva. Presi la carta igienica e pulii il suo bellissimo culo.
"Ora con la lingua".
"Sì, Padrona". Leccai il suo ano e repressi i conati del vomito. "Che c'è ti fa schifo?"
"No, Padrona, è un onore!"
Disgustata, mi sputò in faccia con rabbia. Ma non uno sputo normale, quello con il muco, che a Napoli si chiama "rascata", quella in cui si sente quando una persona prende una specie di rincorsa per accumulare la "rasca", cioè il muco. Me lo buttò in faccia con violenza. E io lo raccolsi con le mani e lo leccai, ingoiandolo.
"Fai proprio schifo" mi disse "ora pulisci il cesso, schiavo".
"Sì, Padrona".
Mi avvicinai alla tazza senza sapere esattamente cosa fare e a un tratto mi sentii prendere la testa e spingermela dentro il misto di acqua, piscio e merda. Provai una sensazione strana, tra umiliazione e piacere. La amavo sempre di più. E pensai a un fatto strano: avevo sempre cercato di dominarla per chiavarmela e invece era lei che stava dominando me. In effetti, se penso a come iniziata la nostra storia, fin da bambini è sempre stata lei ad avere il controllo. La amo. La amo. La amo. Pensavo tra me, mentre baciavo i suoi bellissimi stronzi marroncino chiaro e lunghi, belli compatti e la sua deliziosa urina. Sembrava quasi che volesse soffocarmi, quando all'improvviso tirò lo scarico e soltanto dopo mi lasciò e mi fece riprendere fiato.
"La ringrazio, Padrona" le dissi tra le lacrime.
"E adesso vattene, schifoso schiavo".
"Sì, Padrona".
Mi alzai, con le lacrime agli occhi, il capo chino e il cazzo duro, andai via tornando in ufficio.
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