Francesco mi aveva abbandonato per strada nel tentativo di spaventarmi, ma ottenne l'effetto contrario. Iniziai a trovare eccitante l'idea di battere i marciapiedi e di farmi scopare in luoghi luridi e vergognosi: cessi pubblici, sottopassaggi, motel economici. Le mie fantasie si popolarono di glory hole, materassi sporchi e soprattutto di uomini rudi e volgari che mi trattassero come un preservativo, ossia come una sacca da riempire di sperma e gettare a bordo strada.
Non avevo alcuna intenzione di cessare le mie attività notturne, ma decisi di sospenderle per un qualche tempo, in modo da tranquillizzare Francesco e, in seguito, mettere in atto un piano che avevo in mente da tempo.
Comprai online un seno finto con cinghia. Un accessorio straordinario. Le due tette in silicone sembravano vere e rimbalzavano come un seno reale (nessuno si sarebbe accorto della finzione perché, in genere, gli uomini si limitavano a scoparmi la bocca).
L'idea che qualcuno potesse sborrarmi sopra delle tette di silicone mi faceva impazzire. Volevo essere la puttana di plastica e gomma di qualche maschione grezzo col cazzo enorme.
Nei miei scambi di messaggi con Francesco, tra un bocchino e l'altro, gli raccontai alcune mie fantasie e lui s'impegno a metterle in atto. Un sabato sera mi venne a prendere a casa, indossavamo una striminzita minigonna nera in pelle, tacchi con plateau del medesimo colore, autoreggenti rosse e una camicetta bianca dalla quale strabordava il mio seno finto.
Per tutto il tragitto mi tastò le tette. Potevo vedere il suo cazzo gonfiarsi sotto ai jeans sgualciti, gonfio e minaccioso. Arrivammo proprio nel luogo che avevo immaginato. Si trattava di un vecchio autolavaggio abbandonato, dove spesso si recavano le coppiette per scopare in macchina.
Francesco mi fece scendere e mi condusse nel vecchio bagno abbandonato. La luce funzionava ancora, un led sfarfallante che illuminava una spazio impolverato e maleodorante dalle pareti ricoperte di scritte e disegni osceni.
"Te lo devo succhiare qui?", gli chiesi, piuttosto schifato dall'ambiente circostante.
"Ma sei cogliona? – rispose lui – prima mi chiedi di scopare in posti da troia e poi ti sorprendi se ti ci porto?".
Aveva ragione. M'inginocchiai sul pavimento sporco, probabilmente schizzato di piscio, con fatica, a causa della gonna troppo succinta, gli slacciai i pantaloni e cominciai a ciucciargli il cazzo. Faceva su e giù lungo il bastone, cercando di metterlo tutto in bocca, fin nella gola. Ogni intanto gli leccavo anche lo scroto rugoso. Avevo nel naso l'odore di urina del bagno che, invece di disgustarmi, mi fece eccitare ancora di più. Francesco mi ripeteva "succhia puttana succhia" e io pompavo con più vigore.
Come già fece una volta, prima di venire, mi afferrò per la gola per farmi alzare e mi sbattè contro il muro. Mi lubrificò il culo e inizio a sodomizzarmi. Mi sbatteva forte, mentre con una mano mi stringeva il cazzetto. Sentivo il suo basso ventre colpire ritmicamente le mie chiappe. Quella nerchia mi stava aprendo di nuovo. Non resistetti oltre e urlai: "SCOPAMI BASTARDO SONO LA TUA PUTTANA".
Allora, Francesco, infoiato come un animale, mi diede dei colpi di reni estremamente decisi, che mi fecero vibrare tutto il corpo. La luce sfarfallante del led si spense. Poi, mi riversò nel retto litri di sperma. Quando estrasse il cazzone dal mio culo, le gambe non mi reggevano, mi accasciai in ginocchio sul pavimento, ansimando.
"Cazzo, mi hai distrutta".
"Rimettiti in piedi – disse lui nel buio – andiamo via di qua prima che qualche barbone ci pianti un coltello in culo".
Quando uscimmo dal bagno, notai alcuni senzatetto che guardavano nella nostra direzione. Avevo il culo gocciolante.
"Andiamo a bere qualcosa fuori città", disse Francesco.
Mi sistemai il trucco e partimmo.
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