Entrammo in una stanza: una camera con un letto a baldacchino tutta in stile ed arredata con arte: un grande armadio, una poltroncina con segreter in arte povera, due grandi specchi con cornice moderna; il pavimento interamente coperto da un bellissimo tappeto persiano.
Tanto avevo goduto su quella scalinata, tanto mi ero svuotata ed ero sfatta che non riuscivo a sopportare i brividi che provavo non appena Alice faceva il gesto di sfiorarmi per seguirla in camera. Mi sdraiai sul letto e lei mi spogliò levandomi ogni indumento e sfilandomi la gonna, la maglia, il reggiseno, lo slip dicendomi un “Riposa tesoro” che sapeva di adorabile e affettuoso.
Al risveglio lei mi stava carezzando i fianchi e i capelli e a quel punto mi resi conto di essere nuda.
Mi girai nel letto.
Alice era sdraiata su un fianco.
Completamente nuda con un braccio si reggeva il capo, i capelli cadevano morbidamente sul cuscino e lei mi guardava fissa.
“Ciao” mi disse mentre continuava a fissare il mio seno e le gambe “come stai?”
La guardai negli occhi.
“Alice hai un corpo magnifico !!!”
La bocca carnosa socchiusa e il suo seno formoso che contrastava ogni legge di gravità e sopra i capezzoli dritti come baionette.
Un triangolo di peluria sul monte di venere indicava che poco più sotto stava il suo sesso con la voglia di essere goduto.
“Monica leccamela, ti prego”.
“Alice, non sono mai stata con una donna” risposi timidamente.
“Non ti piaccio abbastanza?”
“Ma no, ma no che dici. Sei bellissima ed intrigante, mi piaci da morire ma…” stupidamente indugiavo tradita dall’odore degli umori con la figa ancora sfatta ma già bagnata pronta per un’altra scopata.
“Scopami con la bocca tesoro. Il mio corpo è solo tuo. Ho la figa in fiamme dalla voglia. Prendimi, leccami e sbattimi”
Non attesi altro invito.
Un bacio a stampo sulla sua bocca fu inaspettato piacevole approccio al corpo di una femmina che per la prima volta era a mia completa disposizione.
La mia bocca scivolò sui capezzoli che non vedevo l’ora di saggiare: dritti e vispi parevano in attesa di essere leccati e morsicati: che bella la sensazione di sentirne la consistenza fra le labbra come assaporare una fragola che imbocchi e poi mordi apprezzando gusto e consistenza.
Sempre più presa con le mani mi impadronivo del seno e lo stringevo e pastrugnavo con forza quelle interminabili tette che si gonfiavano a dismisura scivolandomi dalle dita.
L’eccitazione nel sentire le carni di una femmina fra le mani era forte e più toccavo e più la fame e la voglia aumentavano.
Nonostante la mia inesperienza Alice mi confortava dimostrando piacere dimenando il corpo come una sgualdrinella in calore e più si contorceva e più mi bagnavo e godevo con lei nel farla godere.
“Sei femmina vogliosa e sgualdrina, cazzo quanto sei tanta e desiderabile: ti fai fare di tutto”.
“E tu Monica quanto sei brava e delicata… mmmmmm… sento le mani ovunque come la tua bocca: non fermarti e prendimi da cima a fondo, dalla bocca alla vulva… scopami a dovere”
Infoiata come ero quella frase fu la goccia che fece traboccare il vaso (non la mia topona rossa che era già abbondantemente bagnata e gocciolante).
Quella femmina era lì sdraiata pronta e calda e tutta per me; e io per lei.
Finalmente era arrivato il momento di provare una fica che non fosse la mia, di poterla toccare e masturbare, sentirne il sapore e fotterla a più non posso.
“Monica fottila e scopala” mi dicevo.
Mi buttai a capo fitto senza lasciarmi sfuggire l’occasione alquanto ghiotta.
Alice aveva le labbra della vagina depilata piacevolmente carnose tanto da farne un confronto con la sua bellissima bocca e il desiderio di leccarla come fosse darle un bacio alla francese fu cosa facile. Ne saggia la consistenza prendendole fra le mie labbra una alla volta succhiandole come se fossero petali di fiore dai quali estrarre saporito nettare: ne imboccavo prima una e poi l’altra e poi ancora la prima e poi l’altra.
Quella topa cominciava a lasciarsi andare aprendosi a me sbrodolando umori e schiuma dalle carnosità rosso fuoco che pulsavano come un cuore mentre la femmina cominciava a miagolare il suo piacere ondeggiando il suo ventre voglioso contro la mia bocca e la mia lingua che ritmicamente leccava l’estremità del clito rosso e lucido scappellato a fondo con le dita come fosse un piccolo pene; lappavo senza fermarmi e il sapore dei quella figa bagnata era piacevole e intrigante: non pungente e sapido come quelle di un cazzo succhiato e bevuto ma dolce e cremoso.
Alice ritmicamente ansimava cominciando a masturbarsi i capezzoli e le tette mentre la mia faccia era sempre più impastata dal suo piacere.
Infilai un dito nella bocca socchiusa di quella femmina che lo prese per intero bagnandolo di saliva.
“Mettimelo dentro” sussurrò lei fra un gemito e l’altro riferendosi al dito appena succhiato e carico di saliva.
Con la bocca piena della sua vulva cominciai a riempirle la figa fradicia con le dita.
“Tesoro spingimelo in culo, lo voglio dritto nello sfintere”
Ero nel panico dall’eccitazione che stavo provando e dal godimento che quella zoccoletta provava con me; io femmina esperta di uccello ma di primo pelo con una figa.
Con le cosce completamente divaricate e i buchi accessibili lubrificati da uno sputo abbondante di saliva, Alice non aspettava altro che il dito le scivolasse nello sfintere per intero e, una volta penetrata a fondo, forzavo quel buco di culo che sembrava debitamente già rotto descrivendone il contorno con la falange che avanzava dall’inserimento per possederla per intero.
Cazzo; non ne potevo più dalla voglia che provavo e dallo sballante desiderio di far godere quella sgualdrina mangia femmine.
Mentre col medio le scopavo il pulsante sfintere l’indice le fotteva la vagina e la punta della mia lingua colpiva freneticamente la clito.
“Mettiti alla pecorina e continua a darmi piacere: voglio vedere il tuo di dietro muoversi mentre mi lecchi” disse Alice con un filo di voce fra un gemito e l’altro.
Dal gioco di specchi vedevo i miei ondeggiamenti di natiche e il ciuffo rosso di peli che spuntava da sotto mentre con bocca e mani giocavo con il corpo di Alice che gemeva come una posseduta.
Carmen la cameriera di Alice era lì che ci guardava.
Una ragazza di colore giovane e prosperosa che indossava unicamente un grembiulino con contorni di pizzo che vestiva un membro di gomma intonato al suo colore di pelle; pelle che sembrava liscia e morbida come il velluto. Se lo menava lentamente simulando una masturbazione lubrificata con saliva prelevata dalla bocca e con un massaggio ai finti coglioni che sembravano veramente gonfi di piacere.
“Amore fatti scopare da Carmen” mi sussurrò Alice.
Non sapevo come oppormi a quell’invito. Tanto ero fuori di me che, a dire la verità, non volevo oppormi.
Mentre proseguivo a dar piacere ad Alice la femmina nera mi afferrava i chiari fianchi per impormi il suo dardo da tergo e in un attimo quella mi affondò l’asta di gomma che mi riempì il sesso cominciando a scoparmi come se fosse un maschio anzi meglio di un maschio: con la dolcezza e la passione di una donna. L’emozione di essere penetrata da una femmina era grandissima.
Le continue contrazioni dei buchi di Alice riempiti dalle mie dita e le ondate di umori sembravano non terminare mai quanto il mio godimento all’incedere di quel membro che da tergo insisteva dietro di me. Ero prossima anch’io all’esplosione dell’orgasmo quando, nel tentativo di sgrillettarmi per aumentare la mia eccitazione, mi accorsi che la mia figa era vuota rendendomi cosi conto che Carmen mi stava scopando lo sfintere.
Non avevo tempo (ne voglia) per sorprendermi o mostrare futili vergogne a tanto piacere e in prossimità dell’orgasmo ormai imminente, aumentai il ritmo del bacino. Da dietro Carmen sembrava volesse sfondarmi aumentando la stretta delle mani sui miei fianchi ad ogni colpo.
Ero pronta a godere e anche Alice che con due ultimi colpi di lingua sfogo nella mi bocca il suo orgasmo ed io nella bocca di Carmen che aveva imboccato la mia fica in orgasmo.
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