Decisionismo

Decisionismo

Tina non era in grado di capire il significato di ‘filosofia del branco’ o di ‘istinto del branco’, quando, più o meno sedicenne, le veniva rimproverato dai genitori di non avere una sua personale capacità di scelta, ma di seguire gli amici perché dominata, per l’appunto, da un ‘istinto del branco’ che la portava a seguire gli altri senza preoccuparsi di rendersi conto se le loro scelte fossero opportune o nocive per la sua crescita.

Quello che le premeva, al momento, era capire i meccanismi attraverso i quali gli amici si divertivano nei luoghi di ritrovo abituali, bar pub o discoteche che fossero; d’estate, poi, la tendenza si faceva addirittura frenetica; mentre, nello stretto della cerchia abituale in città, le corse a primeggiare erano più larvate e meno impegnative, d’estate, in spiaggia, si scatenava una vera e propria guerra dalla quale si usciva o malridotti e sconfitti o trionfanti vincitori; a lei piaceva molto vincere ad ogni costo.

Quando avvertì, dai discorsi bisbigliati tra le più intime, che molte avevano già preso in mano il sesso di un ragazzo e lo avevano masturbato fino a sentirlo e vederlo eiaculare in mano o si erano fatte manipolare la vagina da qualcuno più ardito fino a raggiungere i più intensi orgasmi che già conosceva per l’abitudine appresa a masturbarsi con le dita nella vulva, scattò in lei il desiderio di essere la più brava; ci riuscì in meno di una settimana e divenne per tutti ‘manina ‘oro’.

Quando, nella rotonda sulla spiaggia, una sera, vide una delle amiche appartata con un ragazzo piegarsi a terra e prendere in bocca l’uccello, fece abilmente alcune domande, conobbe il senso della fellazione e, dalla sera seguente, iniziò la sua educazione al coito orale nel quale divenne in breve abilissima, fino a vedere trasformato il suo soprannome in ‘gola profonda’ che accettò come una medaglia al merito e che la vide ricercata e ammirata da tutti i ragazzi dell’entourage.

Il coito anale le impose qualche cautela e un tempo più lungo; un’amica informata le spiegò che vi ricorrevano tutte quelle che volevano fare sesso completo e dare al ragazzo il piacere intero della copula, ma volevano anche conservare la verginità dell’imene fino al ‘principe azzurro’ o almeno al matrimonio; lei non pensava affatto al matrimonio; la sua personale filosofia arrivava al massimo alla convivenza; comunque, apprese i rudimenti della copula anale e la praticò di frequente.

Quando incontrò Dario, aveva da poco festeggiato i diciott’anni e si sentiva, in qualche modo, già persona a tutto tondo, liberissima di fare quel che le pareva; l’educazione permissiva dei genitori, frenati dall’esperienza libertaria che avevano praticato e predicato in gioventù, le impedì di riconoscere il limite tra disinibizione e libertinaggio, la differenza tra libertà e autonomia; inutilmente la madre cercò di spiegarle che l’indipendenza economica è pregiudiziale a qualunque libertà civile, sociale o sessuale.

Lo nominò ‘accompagnatore preferito’, forse spinta da qualcosa che sentiva come amore, e gli si dedicò totalmente; rinunciando a svolazzare, come aveva fatto fino a quel momento, da un fallo all’altro e, conseguentemente, allo sforzo di superare ad ogni costo le amiche, si dedicò unicamente a lui; per qualche anno gli praticò frequentemente masturbazioni e fellazioni, alle quali lui rispose con altrettanti piaceri titillandole sapientemente i capezzoli e il clitoride.

Quando le praticò il primo cunnilinguo, si aprì per lei un nuovo mondo di piacere al quale non sapeva resistere e che gli chiedeva ogni volta che fosse possibile, coi pochi mezzi di cui disponevano, un angolo buio, un separé, i bagni o l’automobile, quando lui riuscì a comprarne una; naturalmente, gli concesse il coito anale che divenne il loro percorso abituale del piacere e che praticavano soprattutto in auto.

Andarono avanti per qualche anno, finché lei festeggiò il ventiduesimo compleanno; frequentava senza successo l’Università, mentre Dario, che ne aveva festeggiato venticinque, era già impiegato nella filiale cittadina di una banca e si poteva permettere qualche libertà per lo stipendio garantito; la proposta che ricevette di trasferirsi nel capoluogo, ad un ruolo superiore, non poteva essere rifiutata; ma si poneva il problema di continuare la loro storia.

Come avevano fatto alcune amiche che aveva spesso preso a modello, gli ‘impose’ di andare a convivere, nonostante i malumori in famiglia, e di cercare un’occupazione anche per lei; Dario fu d’accordo; per una serie di felici coincidenze, ebbero notizia di un ampliamento dell’organico nella maggiore fabbrica del capoluogo; senza esitazioni, Tina fece domanda, superò il colloquio e venne assunta come operaia; il trasferimento fu questione di poco.

Il desiderio di imporsi nella coppia indusse la ragazza a firmare il contratto di affitto di un appartamento decoroso e quelli di fornitura dei servizi essenziali; ‘sbarcarono’ nel capoluogo con lei che figurava dominante nella coppia; ed effettivamente, era lei ad assumere le decisioni, spesso sbagliando e correggendo con l’intervento di lui; finalmente, poté concedergli il sacrificio dell’imene e, opportunamente protetta dalla pillola che si fece prescrive al consultorio, cominciarono a copulare con gusto.

Tina era orgogliosa e particolarmente felice della direzione che aveva assegnato alla sua vita; nonostante i pesanti turni di lavoro in fabbrica e l’impegno di Dario, bloccato in banca dalla mattina al pomeriggio, riuscivano comunque a ritagliarsi spazi per frequentare gli amici al bar ‘solito’, ad andare talvolta a ballare o, nei fine settimana, a fare piccole gite nel circondario; ma era sopratutto a letto che scatenavano il piacere di stare insieme liberi da impacci.

Dario era dotato di una mazza assai notevole, certamente superiore alla media, la più grossa che lei avesse conosciuto nei bagordi degli ultimi sei o sette anni; e la usava con grande efficacia e sapienza, provocandole orgasmi stratosferici; in genere, la loro libertà sessuale si manifestava sin da quando lui tornava a casa e il turno in fabbrica consentiva a lei di esserci; poiché pranzavano in due mense diverse, lei in fabbrica e lui in una presso la banca, riducevano quasi sempre all’osso la cena.

Fin dal frugale pasto, le mani correvano ai corpi giovani e vogliosi; subito dopo, si trovavano allacciati in baci vorticosi e passionali, in piedi in cucina, dove mangiavano, o nella sala grande che era, al tempo stesso, soggiorno, pranzo e salotto; lui la spogliava freneticamente e la denudava per spingerla sul grande divano, comprato apposta per quelle evoluzioni, su una qualche poltrona o, se il clima lo consentiva, sui tappeti, sul pavimento; dopo lunghi preliminari, cominciava la copula.

A Tina piaceva molto la situazione del coito orale contemporaneo e reciproco; nella lunga pratica con Dario aveva imparato a distinguere i due momenti; gli imprigionava tra le cosce la testa affondata nella vulva, quando voleva essere lei e leccare l’asta dai testicoli alla punta e farsela scivolare poi in gola, quasi a farsi soffocare; quando era sazia, bloccava la bocca sulla cappella, allentava la presa delle cosce e lasciava che fosse lui a percorrerle vulva, perineo e ano con lunghi orgasmi.

Quando la penetrava, la posizione migliore per lei era da dietro, a pecorina, mentre la prendeva per i seni per dare forza ai colpi; il suono del ventre che sbatteva contro le natiche, lo ‘sciaff’ che si produceva ad ogni colpo, la eccitava forse più dello strofinio della verga contro l’utero; la faceva godere fuori di ogni misura sentirsi presa da dietro, nell’ano o in vagina, oppure quando la faceva montare sull’asta ritta contro il ventre e lei poteva cavalcarlo all’amazzone e dare il ritmo alla copula.

Comunque, le piaceva infinitamente fare sesso e godersi sia le delicatezze eleganti e dolci dei preliminari che Dario portava spesso all’infinito, fino a farle consumare la passione nei giochi di bocca e di mano che preludevano alla copula vera e propria; sia quando decideva di sfondarle l’utero con la sua grossa mazza spinta fin nei recessi più profondi del sesso; il suo corpo si era ormai abituato ai piaceri che lui le strappava dalla bocca, dai seni, dalla vagina, dall’ano.

Per un paio di anni le cose filarono lisce; tra gli altri vantaggi, c’era che lei si era abituata a spendere agevolmente, con il suo salario, per le piccole cose che le servivano ad essere sempre alla moda, sempre ‘in tiro’, sempre elegante con capi pregiati talvolta anche di grandi firme; all’ordinaria amministrazione provvedeva quasi totalmente Dario che, con uno stipendio assai più consistente, si faceva carico di affitto, di bollette, di approvvigionamenti e di spese per la casa, necessarie o voluttarie.

In fabbrica, Tina si era fatta trascinare, per il suo ‘istinto del gregge’, ad ascoltare, a recepire e a fare suoi vari commenti che udiva dalle cerchie di operaie che volentieri, nell’intervallo per il pranzo, si trattenevano in mensa per il caffè; particolarmente la colpì un discorso sulle ‘trasgressioni’ che capiva essere diffuse tra le compagne di lavoro, sposate o nubili; da quel che capiva, si trattava soprattutto di adulteri; ma si riferivano anche ad esperienze a lei sconosciute.

Per non ‘entrare nel gregge’ da sprovveduta ignorante, decise di parlarne all’unica persona che poteva illuminarla senza crearle disagi di inferiorità, il suo compagno, in genere assai ben disposto quando si trattava di spiegare cose non capite o di correggere errori di interpretazione; decise allora che avrebbe affrontato l’argomento con Dario non appena avessero trovato una mezz’ora per parlarne serenamente a casa.

Una sera che si erano trovati a cenare particolarmente rilassati, fermò gli approcci sessuali di lui e gli pose direttamente il quesito di cosa fossero le ‘trasgressioni’ di cui aveva sentito parlare dalle compagne di lavoro; lui sembrò prendere tempo prima di dare una risposta, forse per raccogliere le idee; poi le spiegò che erano semplicemente rapporti adulterini, in genere identificati come tradimenti o, peggio ancora, come corna.

Chiarì subito che questo doveva intendersi quando a trasgredire fosse uno solo dei due della coppia, alla spalle e all’insaputa dell’altro; il gusto del proibito arricchiva la trasgressione del senso di mistero e di ribellione perché l’altro veniva messo in condizione di inferiorità; se invece la trasgressione veniva attuata dai due in armonia, in complicità e in perfetta intesa, allora le stesse situazioni si potevano considerare un modo di dare ‘pepe’ ad un rapporto.

Aggiunse che erano molto frequenti situazioni di quel genere, come evidentemente i discorsi delle operaie indicavano; si andava dal desiderio delle donne di assaggiare falli diversi da quello casalingo, matrimoniale o no, alle sessualità ambigue di alcuni, gay o bisessuali, che cercavano nei rapporti trasgressivi una via per soddisfare particolari esigenze; naturalmente, in questi casi, l’accordo, l’armonia e la complicità non erano solo consigliabili ma indispensabili.

Quando Tina gli chiese lui a quali trasgressioni sarebbe stato disposto, Dario ebbe uno scatto repentino; e assicurò che lui non aveva perversioni da soddisfare e che sperava che lei non provasse sentimenti o intenzioni di quel genere; non riteneva necessario ‘stimolare’ la loro sessualità, già così prorompente, con una qualche perversione; inutile aggiungere che qualunque iniziativa a tradimento lo avrebbe reso implacabile e nemico; meglio lasciare stare quei discorsi.

Lei si accontentò delle indicazioni; ma le restò, nel fondo, il quesito perché dovesse parlare con lui se desiderava fare qualcosa di diverso; le compagne di lavoro avevano chiaramente detto che più o meno tutte vivevano situazioni particolari; il solito sentimento di competitività nel gregge le insinuò il sospetto che stesse perdendo una gara a chi fa meglio, trascurando un segmento della vita sessuale; si ripropose di parlarne con qualcuna delle compagne.

Per sua sfortuna, scelse la più agguerrita antimaschilista e libertaria, che le presentò i dati forniti dal compagno come un tentativo di imporre uno schema vecchio, da individuo alfa che vuole dominare il gregge; le suggerì che tacere e tenersi lo scheletro nell’armadio poteva permetterle di svagarsi senza dover rispettare le regole che il suo amante e padrone voleva imporle; al gusto della trasgressione si sarebbe aggiunto quello del tradimento, anch’esso stimolante.

Tina si era abituata, in quegli anni, a parlare al compagno con molta onestà; non aveva mai trovato in lui atteggiamenti prevaricatori, a partire dalla libertà che aveva di usare il suo salario per se stessa, mentre lui si preoccupava della vita a due; il sospetto però, che effettivamente Dario tendesse ad imporre uno schema proprio della vecchia civiltà contadina a cui anche nella loro cittadina si andavano ribellando, le suggerì che forse una trasgressione poteva raddrizzare le cose.

Decise che una prova poteva farla; se fosse andata liscia, avrebbe valutato gli sviluppi; se falliva, poteva sempre appellarsi a otto anni di amore e di sincerità; in genere, con quelle argomentazioni, era facile far crollare le difese del compagno; si trattava solo di individuare un soggetto che meritasse la sua attenzione e una scelta tanto onerosa sia per lei che per l’ignaro Dario; ma l’ambiente della fabbrica si prestava facilmente a scegliere.

Sin dal primo momento che era entrata in fabbrica, molti operai e impiegati le avevano puntato gli occhi addosso, considerato anche che i suoi costumi di vita e le possibilità che aveva di essere elegante e desiderabile in ogni momento calamitavano inesorabilmente l’attenzione concupiscente dei maschi; bastò sfarfallare un poco all’entrata, all’uscita o durante la sosta per il pranzo, per vederli accalcarsi come mosche intorno a miele.

Scelse mentalmente un biondino dai tratti delicati ed eleganti, i cui occhi azzurri davano il senso di una profondità molto affascinante; muovendosi assai cautamente, ne provocò l’interesse e l’attenzione, finché si fece forza e l’avvicinò; per dare più valore al suo progetto, si difese un poco dietro la considerazione che aveva una vita di coppia stabile, mentre i segnali del corpo invitavano sempre più apertamente il giovane ad insistere; dopo una settimana, decise di portarselo a letto.

Poiché lui non aveva l’auto, lei non poteva usare quella di Dario e, col suo salario, non poteva permettersi alberghi nemmeno economici; valutò che, scegliendo opportunamente i tempi, poteva portarselo a casa; perfidamente, pensò che tradire nel talamo aggiungeva molto al senso di ribellione che ormai le si era radicato come motivazione di base; individuò una mattina che ambedue non erano di turno, mentre il suo compagno era al lavoro, e gli disse di raggiungerla.

Quando fu il giorno dell’appuntamento, fibrillava come quando, al mare, decideva di concedersi al ragazzo nuovo a cui tutte davano la caccia; in grande tensione, passò le due ore, tra il risveglio e l’appuntamento, a lavarsi accuratamente, anche nell’intestino, in previsione di un coito anale, a depilarsi completamente ed a truccarsi leggermente, perché prevedeva che le fatiche del sesso avrebbero sciupato il maquillage; si avvolse in una vestaglia trasparente e non indossò intimo.

Puntuale come la morte, alle nove il biondino suonò al citofono; lo invitò a salire al piano e lasciò la porta solo accostata; appena il ragazzo entrò, non gli diede scampo e lo avvolse in un bacio di estrema sensualità; lasciò che la vestaglia si aprisse e lasciasse emergere il seno pieno e maturo, una terza taglia abbondante, i fianchi arrotondati e ben delineati da una vita ‘da vespa’, il ventre piatto e le gambe statuarie.

Nell’abbraccio, spinse il pube sul ventre e sentì la mazza ergersi prepotente contro la vulva già grondante per l’emozione della novità; intuì un bastone non indifferente, forse di stazza minore di quello a cui era abituata quotidianamente, ma certamente degno di attenzione; restava solo da verificare la capacità dell’amante occasionale di utilizzare la sua dotazione per darle il piacere che si aspettava da quella trasgressione.

Lo spinse contro la parete e gli sfilò dalla testa la maglia, mettendo in luce un torace solido e armonico; il ragazzo era ben tonico, forse abituato a tenersi in forma con un poco di palestra; si abbassò a leccare e mordicchiare il torace e i capezzoli, che trovò particolarmente ricettivi; aprì la cintura e sbottonò i pantaloni; fatta scorrere la cerniera, poté abbassarli con un gesto deciso fin sotto le ginocchia; il fallo le apparve sorprendendola.

Come previsto, era di poco più piccolo di quello di Dario, sui diciotto centimetri, ma era circonciso e con la cappella che si apriva superba a coprire l’asta; notò sulla punta un accenno di preorgasmo, segno che era particolarmente eccitato; si augurò che non soffrisse di eiaculazione precoce; lo prese con la destra e accennò a masturbarlo dolcemente; con la sinistra, raccolse i testicoli grossi come nespole e godette intimamente a sentirli teneri e gonfi.

Il biondino, però, non accettava di essere manipolato come un oggetto sessuale; la afferrò per i seni e la fece alzare; si abbassò sui capezzoli e prese a succhiarli con devozione; intanto, le teneva in mano le natiche stringendo la vulva contro il sesso piantato tra le cosce; scalciò via il pantalone, la scostò, si sfilò calzini e scarpe, la prese per mano e la guidò verso la camera che si individuava oltre la porta aperta.

La fece sedere sul bordo del letto e le accostò al viso la mazza dura; lei tirò fuori la lingua e andò ad assaggiare la cappella e a raccogliere la goccia di precum; trovò che il sapore acidulo la eccitava al limite della resistenza; spinse per le natiche il ventre contro il viso, appoggiò le labbra strette e si fece penetrare in bocca come se fosse una vagina particolarmente stretta; dai gemiti capiva che lui godeva molto per quella manovra; la ripeté più volte.

Poi spinse la mazza in fondo, accompagnandola con la lingua che lambiva tutto, sbatté la punta verso il palato per farla discendere verso l’ugola e spaziare in tutta la cavità orale per deliziare la cappella e per godere di quel contatto che copriva tutti i punti sensibili; il ragazzo le prese la testa e la copulò con forza in bocca, spingendo l’asta fino al limite possibile della gola; si fermò perché lei lo frenò, non resistendo a conati e a sensazioni di soffocamento.

Tina fece appello a tutta l’esperienza maturata da adolescente e successivamente nei frequentissimi coiti orali che Dario le chiedeva prima della penetrazione; riuscì immediatamente a sconvolgere la determinazione dell’amante e ad imporgli la fellazione che lei preferiva, tutta giochi di lingua lungo la mazza, fino ai testicoli, succhiate profonde che tiravano su l’anima dal sesso e copule stratosferiche sulle gote e contro l’ugola; in breve, lo sentì urlare di piacere; si fermò per non farlo eiaculare.

Era molto emotivo, il biondino, e rischiava orgasmi troppo veloci; ma con la mazza che si ritrovava e ben educato poteva essere un ottimo amante; lei si propose di svezzarlo e di goderci al massimo; non riteneva di umiliare il compagno, mentre copulava con l’altro, ma solo di mettere in pratica la libertà che da lui esigeva e che in quella seduta di solo sesso trovava la più gratificante soddisfazione.

Il biondino le sfilò il sesso dalla bocca, forse per non arrivare all’orgasmo, e la spinse a salire ginocchioni sul letto, la piegò carponi e prese a ricambiare la cortesia leccandole la vagina da dietro; con larghe spatolate della lingua, percorse più volte il tratto dal monte di venere al coccige, insinuando ad ogni passaggio la lingua in vagina e ‘tastando’ l‘ano di cui avvertì immediata la sicura abitudine al rapporto per le condizioni delle pieghe che si aprivano alla lingua che penetrava.

Tina era abituata ai lunghissimi preliminari di Dario che spesso esauriva la carica sessuale proprio in quelle pratiche; apprezzò comunque la prestazione del ragazzo che per più di un’ora si ‘perse’ tra leccate profonde, titillamenti e stimolazione con le dita; lei non contò gli orgasmi e lui riuscì a controllarsi fino a che, in una fellazione particolarmente ricca e sapiente, non resse e le scaricò in gola una violenta esplosione di sperma che lei ricevette con gioa ed ingoiò devotamente.

Si riprese assai più rapidamente di quanto lei aveva sperato; la fece stendere supina al centro del letto, le montò sopra e la penetrò alla missionaria; lei lo accolse con gioia, seguendo con passione la penetrazione del sesso in vagina, centimetro per centimetro; per accentuare la fusione dei corpi, gli passò le gambe intorno ai fianchi e usò i piedi per spingerlo contro di sé; capì che era assai profondamente immerso nella vagina quando i testicoli colpirono l’ano fremente.

La copula durò a lungo e variamente interpretata; lei ebbe una serie di orgasmi squassanti mentre lui la sfondava da sopra o di lato, sollevando la gamba libera mentre la penetrava; quando la dispose a pecorina e le sbatté in corpo la mazza, lei ritrovò il piacere mentale dello ‘sciaff’ del ventre contro le natiche e si esaltò, implorandolo di spingere, di possederla, di farle sentire nello stomaco la mazza.

Affascinato dal suo sedere, mentre la possedeva in vagina da dietro, lui spostò un poco la cappella verso l’alto e le fece sentire la punta sull’ano; lo fermò, prelevò dal comodino il tubetto di gel e glielo passò; felicissimo, il biondino le unse abbondantemente il foro e, con un dito, il canale rettale; infilò più dita e le ruotò, per abituarla; ma Tina era ben avvezza a ricevere nel retto la mazza del suo compagno e non fece una piega.

Quando lui spinse il fallo nell’intestino, lei si limitò a goderselo lussuriosamente e a catturarlo coi muscoli anali per ‘succhiarlo’ fino a farlo eiaculare; non le servì molto, abituata com’era a quella pratica; il ragazzo si trovò di colpo, suo malgrado, a scaricarle nell’intestino la più grossa eiaculazione che ricordasse; lei accolse lo sperma con gioia e si rammaricò solo di non potere assistere allo spruzzo, cosa che amava particolarmente.

Passarono forse troppo in fretta le poche ore che avevano a disposizione; alle undici e mezza lei lo spinse via dal letto e dall’appartamento; doveva rinfrescarsi per andare al lavoro; ma, prima, doveva cercare di cancellare le tracce della battaglia amorosa che si era scatenata su quel letto; non aveva nessuna voglia di far scoprire immediatamente le sue magagne al compagno, che le aveva promesso reazioni assai violente in caso di tradimento.

Sapeva di averlo offeso nella maniera più volgare e più volte fu tentata di rimediare almeno raccontandogli spontaneamente e da subito quello che era capitato; a quel punto, sarebbe stato anche ipotizzabile che, per l’amore che indubbiamente le portava, sarebbe stato disposto a soprassedere; ma la certezza che tutto si sarebbe risolto in ‘una botta e via’ la frenava sul fronte opposto; ci aveva provato gusto; niente era cambiato in lei nei sentimenti per Dario; ma lui non avrebbe accettato che la storia continuasse.

Decise di tacere e di lasciarlo cornuto e all’oscuro; non accennò neppure a cambiare il suo atteggiamento, certa che qualsiasi modificazione nei rapporti sarebbe stata letta immediatamente da lui che la osservava con amore ma anche con gelosia; tacere le parve la maniera migliore di rapportarsi; per di più, la sfida a verificare se lui riusciva a scoprire il suo piccolo mistero la galvanizzava e continuò il suo ‘gioco’, incurante delle possibili conseguenze.

Ogni bel gioco dovrebbe durare poco per avere successo; ma, come per le ciliegie, la voglia di trasgredire la prese e, per un paio di mesi, si studiò le coincidenze di orario per ricevere in casa il biondino e passare con lui ore di piacere puro, senza imporre a Dario rinunce perché gli si proponeva sempre calda e vogliosa; anzi, le volte che riceveva l’amante, diventava più appassionata e quasi innamorata, forse perché sapeva di averlo messo all’angolo e godeva di essere rimasta impunita.

Ma il diavolo fa le pentole e non i coperchi; quella mattina, un improvviso malore di un impiegato mise in allarme la vigilanza e fu chiamata la squadra per la disinfestazione; la banca chiuse gli sportelli e Dario tornò a casa con largo anticipo; uscendo dall’ascensore, vide un maschio biondo del tutto sconosciuto venir fuori dal proprio appartamento; Tina era sotto la doccia e il letto recava le tracce certe di una battaglia amorosa appena conclusa; macchie di sperma ancora caldo figuravano sulle lenzuola.

“Dario, come mai qui?”

“Un imprevisto; hai copulato con gusto?”

“Si; qualcosa in contrario?”

“No.”

Lei era in ritardo per il turno di lavoro e non gli badò quasi; aveva avuto quel che si era meritato e non rompesse l’anima; lui raccolse in una valigia documenti personali, qualche capo di vestiario e poche altre cose, lasciò sul tavolo le chiavi di casa e uscì tirandosi dietro la porta; mentre andava al lavoro, Tina fu presa dallo scrupolo, quanto meno, di fissare un incontro per chiarire; il cellulare di lui non si connetteva perché aveva attivato il rifiuto della chiamata; non le restò che concentrarsi sul lavoro.

Tornò a casa alle dieci e mezza di sera, alla fine del turno pomeridiano; non si meravigliò che l’appartamento fosse vuoto; la mazzata era stata dura e lui forse era andato a smaltire la rabbia da qualche parte; le chiavi di lui sul tavolo le suggerirono che forse era passata dal capolinea quando il convoglio se n’era andato; telefonò al solito bar e parlò con un’amica comune; le riferì che Dario era passato ma scomparso subito dopo; si lanciò in una sfilza di improperi che l’altra subì pazientemente; poi sbottò.

“Senti imbecille, a chi vuoi rifilare ancora le tue bugie, i tuoi capricci, le tue stupidità? Dario se n’è andato perché hai confermato la tua natura di troia inarrestabile; non dimenticare che io c’ero, quando cambiavi i ragazzi più in fretta delle mutande; stavolta hai trovato il castigamatti; rassegnati a rimanere sola e cerca di adattarti alla nuova situazione di single; quello che poteva essere il tuo uomo, l’hai gettato nella spazzatura perché non sai distinguere un coccio di vetro da una pietra preziosa.

Non troverai un amante che ti mantenga nel lusso e ti faccia fare la parassita dorata; adesso devi fare fronte alla vita con il tuo magro salario; Dario se n’è andato; c’è una schiera di ragazze belle e intelligenti che sbava da tempo per lui; è uno scapolo d’oro disponibile e appetito; è andato via con una ma può averne centinaia; non so se tu riuscirai a tirarti fuori dalla melma; ti posso solo augurare buona fortuna e buona caccia, se cercherai di sistemarti con un altro!”

Passò la notte a meditare sull’errore commesso quando aveva respinto l’ipotesi di lui, di parlare con chiarezza; aveva trasformato una possibile trasgressione, vissuta insieme, in un volgare adulterio con l’aggravante di averlo fatto nel loro letto; non le restava margine per ricucire; come aveva osservato l’amica, ora si trovava a fare fronte ad affitto, condominio e bollette, col suo solo salario; non solo avrebbe perso l’abitudine al lusso, ma rischiava la povertà; poteva solo piangere; lo fece.

Come le aveva comunicato l’amica, Dario era andato via con una delle tante ragazze da ‘sveltina in bagno’ disposte a qualunque cosa per un ‘maschio alfa’ come quello che lei descriveva spesso; ma era stata la valvola di scarico di una notte, cosa assolutamente inusuale per il suo compagno; nei mesi successivi, si era attivato per ridimensionare la sua vita alla realtà; contrariamente a lei, disponeva di mezzi adeguati per prendere in affitto un appartamentino da single.

Aveva però soprattutto deciso di rompere con lei e di metterla tra i ricordi del passato; dopo qualche avventuroso tentativo, si era accorto di Nicoletta, una giovane collega che da tempo lo guardava sospirosa; di lei sapeva che viveva con genitori gravemente ammalati e se ne prendeva cura; sin da quando aveva preso servizio, non aveva nascosto la sua passione per il collega più anziano, felicemente accoppiato, purtroppo, ma affascinante da morire; sognava di passarci almeno una serata a cena.

Dario non aveva mai dato peso alle dicerie di corridoio, che considerava sterili pettegolezzi; quando si trovò a pesare la solitudine improvvisa, insieme alla delusione profonda con conseguente crisi depressiva, si scoprì naturalmente a parlarne con Nicoletta la cui condizione di ‘infermiera dei genitori’ la rendeva particolarmente sensibile al dolore altrui; si rese conto di averla costretta ad ascoltarlo per più di un’ora solo dopo che le aveva raccontato tutto nei particolari.

Il bacio di lei sulla guancia era solo un segno di solidarietà e di empatia per il dolore ma gli bruciò più di un amplesso in piena regola; quasi d’istinto, la abbracciò in vita e scoprì un corpo straordinariamente sottile ed elegante, caldo e appassionato; soltanto a poche settimane da una bruciante disillusione, fu automatico chiederle se avrebbe accettato di andare a cena insieme, sapendo che forse era un lenitivo a un profondo sentimento ferito da una donna.

“Dario, sai perfettamente quello che tutti sanno e che non nascondo; se avessi il tempo per organizzare un’assistenza ai miei genitori, ci verrei in ginocchio con te, a cena e anche all’inferno; ma la realtà con cui faccio i conti ogni giorno e alla quale costringo gli amici a partecipare è che sono praticamente imprigionata dalla malattia dei miei; se avessi tempo, ti proporrei di venire a cena da me; ma non riuscirei a preparare qualcosa di interessante, per noi due; quindi … “

“Nico, per cominciare, sappi che nelle scelte di vita mi comporto come sul lavoro, chiarezza, correttezza e organizzazione; tu hai desiderio di cenare con me da qualche parte?”

“Certo; passare qualche ora con te, anche a guardare la tv o a chiacchierare sul sesso degli angeli sarebbe una grande gioia; puoi cenare prima e venirmi a trovare poi … “

“Tu lascia fare agli anziani; stasera da te, quindi … Cosa ti piacerebbe per cena?”

“Con te, anche i sassi sarebbero graditi … “

“Nico, hai mai sentito parlare di cene a domicilio? Saremo noi due o cenano con noi i tuoi?”

“No; loro cenano alle sette; alle nove, al massimo, li metto a letto con tanto di medicine per dormire; poi sono libera, ma non mi azzardo a lasciarli soli per paura che possano star male; non vorrei che morissero nel sonno mentre io sono fuori … “

“Quindi, se uno ti sposa, ne prende tre in un colpo … “

“Lascia stare le facili battute o anche i sogni, se così li hai intesi; se hai voglia di fare l’amore, sappi che ne ho molta più di te; tu hai avuto Tina fino a poco tempo fa; da quel che si dice, le vostre serate erano molto calde; poi hai avuto molte occasioni provvisorie e qualche relazione significativa; diciamo che non ti è mancato il sesso; io non ricordo più quand’è stata l’ultima volta che ho avuto uno sprazzo d’amore, forse è successo prima che i miei peggiorassero … “

“C’è qualche relazione?”

“Decisamente sì; quando gli dissi che dovevo stare coi miei, il presunto grande amore scappò a gambe levate … “

“Ordino cena di pesce per due; alle nove ti consegnano il tutto; io sarò con te a ritirare … “

“Hai deciso di incastrarmi?”

“Non pensi che mi sia messo io all’angolo; prendo una e me ne consegnano tre … “

“Il grande amore millantato non resse neppure all’idea … “

“So che non sono il tuo grande amore; ma non scappo; ho voglia di esserti vicino, in tutti i sensi.”

“Bada che sono possessiva … “

“Se sei anche leale, sincera, paziente e affettuosa … ma questo non posso metterlo in dubbio, visto quel che fai per la tua famiglia … mi piacerebbe fare famiglia con te … “

“Ti prego di non crearmi troppe illusioni; parliamo di stasera; cena per due a casa mia; poi vedremo se succede qualcosa.”

Successe tutto in una sera; cenarono tête-à-tête su un tavolo apparecchiato per due con un garbo straordinario; lui apprezzò molto l’eleganza e il tratto cortese della donna; più ancora, fu colpito dagli sguardi intensi, dai piccoli gesti affettuosi e da qualche tocco più o meno involontario che si scambiarono mentre mangiavano; subito dopo, lei lo avvinghiò in un abbraccio straordinario; il bacio che li unì fu finalmente di grande passione.

“Dario, sento di amarti e di volerti; fermati con me stanotte; domattina potremo decidere che fare della nostra vita … “

“Diversamente da te, sono certo di volerti non solo per stanotte, ma per sempre, se troviamo anche a letto che l’intesa ci unisce; non ho paura di avventurarmi nell’amore … “

Lo stava già accompagnando alla sua camera, stringendoglisi contro; aveva sentito, attraverso i vestiti, la consistenza del sesso e i suoi ormoni erano impazziti; ora sapeva di volerlo e di non essere disposta a lasciarlo; appena dentro, lo trascinò con se sul letto e si stese sotto di lui, armeggiò sul pantalone finché riuscì a portare alla luce il notevole fallo; tirò su la gonna, spostò di lato il minuscolo perizoma e si penetrò, roteando al cielo gli occhi per il piacere infinito.

Sentiva finalmente nella carne quell’asta che aveva spesso sognato e sulla quale si era spesso masturbata; lui era perplesso.

“Nico, siamo ancora completamente vestiti … !“

“Sì, è vero; forse rischiamo anche di sporcarci; ma non ti azzardare a discutere o a proporre che prima ci spogliamo; io ho bisogno di te, del mio maschio alfa, se vuoi; voglio essere tua e catturarti dentro di me; quando sarai diventato mio, allora ricominceremo da capo e percorreremo tutto il kamasutra; più di te, voglio imprimermi nella mente, nel cuore, le singole pieghe del tuo corpo, più di te voglio il piacere a una potenza infinita. Ma questo avverrà dopo, prima voglio fondermi con te; ti turba?”

“Sì; mi sconvolge sentirti esprimere quello che io volevo dire a te!”

La montò lentamente, quasi scientificamente, e le fece toccare vertici non conosciuti di benessere e di piacere; lei si abbandonò fiduciosa all’amplesso e si preoccupò solo di sentire nel ventre la mazza che la possedeva, la plasmava, le strappava orgasmi infiniti; la sensazione di vivere con lui qualcosa di atavico e di immutabile la caricava di passione, di trasporto, di voglia, forse di amore.

La lunga e dolce cavalcata portò lui al limite estremo della resistenza; quando avvertì che non avrebbe retto molto, le chiese se doveva badare a dove scaricava la sua passione; Nicoletta, affannata e ansante per i troppi orgasmi che lui le aveva provocato, lo rassicurò che, anche per problemi di regolarità di ciclo, prendeva la pillola; Dario le scaricò nell’utero una fiumana di sperma, grugnendo come un maiale scannato, lei rispose con acute strida ad ogni spruzzo; si accasciarono sul letto.

Non appena si furono quietati, lei scappò in bagno a lavare le scorie della copula; lui si coprì approssimativamente e uscì sul balcone per accendere una sigaretta; sentiva di stare bene, nonostante la situazione difficile, coi genitori di lei ammalati terminali che dormivano serenamente nella camera adiacente, riconobbe che era stato veramente dolcissimo passare la serata con lei; se si fossero organizzati, la convivenza poteva essere meravigliosa.

Rientrata dal bagno, Nicoletta si coprì con una vestaglia ed andò ad abbracciare da dietro Dario che fumava; gli mordicchiò l’orecchio e allungò davanti la mano a sentire l’asta che reagiva rizzandosi al massimo; si abbandonò languida al piacere di sentire il suo corpo e spinse con foga il ventre contro le natiche dure; lui girò una mano dietro e le artigliò la vulva, da sopra la vestaglia, sollecitandone la libidine; lei si sentì fremere e lo strinse con forza.

Si trascinarono dentro e lei si lasciò cadere seduta sul letto; lo catturò a se e appoggiò il viso sul sesso duro; lui le prese le tempie e le strinse, fece scivolare le mani e carezzò il viso con dolcezza ma anche con voglia infinita, lei sussurrò.

“Se non ti turba, adesso mi piacerebbe che percorressimo tutte le vie del piacere; l’amore ce lo siamo comunicato; adesso sarebbe il caso di cercare il piacere … “

“Io sono solo un povero ragazzo innamorato che è stato preso al laccio da una Ninfa vogliosa; dimmi cosa posso fare ed io eseguirò con tutta la diligenza del neofita.”

“Povero ragazzo ingenuo; adesso questa Erinni ti insegnerà come si può fare l’amore con tutto il corpo, ti svelerà il segreto del piacere e poi ti darà in pasto ai Satiri che ti ridurranno assai male; non sarai in grado di fare gran che, quando avrò finito!”

Abbassò il pantalone che lui aveva indossato, scoprì la mazza bella grossa e dura come cemento e la prese tra le mani, accarezzandola dolcemente; lui spinse le mani in basso e le afferrò i seni, strofinando i capezzoli tra pollici e indici; Nicoletta si sentì travolgere dalla passione e leccò golosamente l’asta su tutta la superficie, dai testicoli alla cappella; disegnava con la lingua ghirigori e spingeva la punta contro le labbra socchiuse.

Preso dalla vertigine del piacere, lui si piegò fino ad affondare la bocca tra i capelli; sensualmente grufolò sulla testa, le sfilò il sesso dalla bocca e la baciò appassionatamente, lei rispose al bacio con intenso trasporto, riprese il controllo del fallo e lo spinse in gola, fin quasi a soffocare; per qualche tempo giocarono ‘di fioretto’, lui a cercare il viso e la bocca per baciarla dappertutto, lei a sentire in tutti i punti della cavità orale la mazza che sentiva di adorare come una cosa tutta sua.

La fellazione durò a lungo e si esercitò in tutti i modi nella bocca, fino all’ugola, sul viso e sul seno; quando lui la spinse di spalle sul letto, lei sollevò i piedi fin sul lenzuolo e si spalancò offrendogli la vulva vogliosa e umida; Dario si abbassò scosciando sui calcagni e affondò il viso sull’inguine; la lingua percorse a spatola il monte di venere, il perineo e l’ano fino al coccige più volte penetrò in vagina strappandole gemiti di piacere; la lingua nell’ano rivelò che era disponibile al coito.

Con uno scarto improvviso, lei si spostò al centro del letto e invitò lui con le braccia, a seguirla; lo fece stendere supino, gli montò addosso con la vulva rivolta alla testa e afferrò il sesso ritto per affondarlo immediatamente nella bocca ansiosa; lui rimase sorpreso per il particolare 69 che la donna gli proponeva e lo affrontò con la sapienza che metteva in quel genere di copula; impiegarono poco ad armonizzarsi nell’alternanza tra succhiare e lasciarsi succhiare.

Non ebbe bisogno, come era stato con Tina, di spiegare molte cose; istintivamente quasi, lei imprigionava sulla vulva, con le cosce, la bocca di lui che grufolava nel sesso mentre lei percorreva la mazza con le labbra e con la lingua finché conati e principi di soffocamento non la costringevano a fermarsi; quando allentava la presa sul viso, era lui che si scatenava a succhiare l’anima dalla vagina, a leccare e mordicchiare il sesso finché lei gemeva per l’orgasmo.

Per oltre mezz’ora stettero a ‘mangiarsi’ il sesso, mentre lei stringeva con voglia le natiche forti e lui, invece, cercava in ogni modo di raggiungere con le dita i capezzoli; quando si sentì sazia e prese coscienza che lui resisteva senza eiaculare alla sua irresistibile fellazione, lo implorò, quasi, di penetrarla; lui si apprestò a farlo, come prima, da davanti e da sopra; ma lei aveva in mente ben altro.

Si impalò su lui che era rimasto supino affondando la mazza finché avvertì la spinta dolorosa della cappella contro l’utero; si fermò un attimo per dare ritmo alla copula; poi si scatenò in un sabba quasi selvaggio godendosi il passaggio della mazza nel canale vaginale e la presa dei muscoli che artigliavano il sesso di lui e cercavano di ‘mungergli’ l’orgasmo; resistette alla sollecitazione; avrebbe voluto rendere infinito quell’amplesso o, almeno, proseguire in altro modo.

La guidò a sistemarsi carponi sul letto, le andò dietro e la penetrò in vagina, con un solo colpo che le strappò un urlo di piacere; si fermarono un attimo, per sentire eventuali rumori dalla camera adiacente; poi lui le afferrò i seni per fare leva e cominciò a picchiare contro il sedere rotondo, dolce e invitante, saldo e compatto fino ad apparire durissimo; anche Nicoletta accoglieva con gioa i colpi rumorosi del ventre contro le natiche e segnalava continui piccoli orgasmi.

Si fermò, per non eiaculare; lei gli indicò il comodino dove era conservato un tubo di gel ‘da lungo tempo giacente disusato’ precisò lei; ma lo avvertì anche che la pratica anale le dava infinito piacere; lui usò tutte le cautele per rendere meno dolorosa la penetrazione nel retto e riuscì a cogliere i momenti per fermarsi e quelli per spingere a fondo tra i gemiti dolci di lei, finché arrivò a sentire i testicoli picchiare contro la vulva, mentre l’asta affondava completamente nell’ano.

Stavolta non cercò neppure di fermarsi; spinse avanti e indietro la mazza in fondo all’intestino, finché un torrente di sperma esplose con violenza nel ventre di lei, che accolse i singoli spruzzi con gioiosi gemiti di goduria; si sfilò delicatamente dal coito anale e si stese supino su letto; lei piombò bocconi, ma ruotò il corpo e gli si accoccolò contro l’ascella; stettero immobili ed ansanti per qualche tempo; poi lei gli disse.

“Dario, ho fatto l’amore con te in una maniera che forse avevo solo sognato finora; domani mattina usciremo e forse dimenticheremo questo momento paradisiaco; sappi però che ci ho messo tutta l’anima, tutto l’amore di cui sono capace e sono totalmente felice di quello che c’è stato tra noi; se sparirai, ti capirò perché so che la mia situazione è impossibile per una relazione duratura; ma sei stato la cosa più bella che potessi chiedere alla vita.”

“Senti, donna innamorata, io non faccio le cose a caso o a metà; sapevo che, venendo a cena con te, nella tua casa, mi studiavo anche quale possa essere la mia vita con te; sono venuto a letto e ti ho dato amore, non quanto ne hai dimostrato tu, ma sicuramente amore senza riserve; se vuoi cacciarmi dal tuo menage impossibile, dimmelo pure; se però accetti di rendere la nostra una storia importante, sono abituato a inventarmi soluzioni per ragnatele ben più delicate.

Per non restare nella retorica astratta, ho capito che posso e voglio vivere con te e con i tuoi problemi che, come tutti, hanno sempre una soluzione; mi hai detto che paghi una badante che si occupi dei tuoi quando sei al lavoro; tieni presente che, se mi accetti nella tua vita e nella tua casa, avremmo due stipendi su cui fare aggio; possiamo prendere una badante h24, che si preoccupi dei malati anche di notte; questo ci consentirebbe di vivere in armonia e in amore.

Non sono proprio un pantofolaio ma frequento poco i circoli cittadini; preferisco starmene in casa a leggere, a lavorare, a coccolarmi i miei affetti, la donna che amo; forse non possiamo permetterci di ordinare ogni sera la cena al ristorante; ma qualche serata per uscire noi due ce la possiamo consentire; se abbiamo fortuna e scegliamo una badante intelligente, possiamo anche vivere una vita di relazione con l’esterno.

Voglio venire a vivere con te, fare il maschio arrogante che impone alla compagna di preparare la cena, di fargli compagnia a bere un drink, di fare l’amore alla morte, di consentirgli di lavorare da casa; voglio che il nostro sia un matrimonio, anche senza certificati se non ti va; rinuncio a te solo se mi dici che speri di incontrare uno più bello, più giovane, più disponibile; altrimenti, la mia proposta è la stessa; proviamo a vivere in coppia; se funziona, ti voglio per tutta la vita.

“Tu sei matto! Ti rendi conto che, come hai detto, scegli una ma prendi tre; io non me la sento di importi serate monotone e lunghe in cui io mi dedico a due malati e tu stai lì a grattarti la pancia; in cambio posso darti solo l’amore di cui hai avuto prova; pensi proprio di farcela, di giudicare questo poco amore sufficiente a farti fare una vita da eremita accanto a una donnicciola e a due malati? Cosa posso offrirti in cambio?”

“La tua casa mi offre la serenità di una figlia dolcissima e di una donna appassionata, la certezza che non resterò solo neanche in vecchiaia, se non ho visto male; nel pacchetto, mettici la lealtà, la sincerità, il rispetto dei valori; se hai saputo, avrai anche capito che è stato questo che volevo con tutto me stesso e che mi è mancato; se il tuo amore significa anche volontà di condividere l’esistenza, non ho bisogno di garanzie; domani stesso porto qui le mie poche cose e tu diventi la mia compagna.

Io cercherò di essere per te l’amico, il consigliere, il cavalier servente, l’innamorato che tu speri. Cosa decidi?”

“Dario, ci sono fasi in cui io perdo qualunque senso della realtà; nelle crisi della malattia, devo essere solo ed assolutamente al servizio dei miei, non posso farmi sostituire da una badante; non so mai quanto possa durare una crisi; tu rischi, in quei momenti, di non avere una compagna innamorata, ma un’estranea bisbetica che nemmeno ti sopporta. Cosa fai, se ti trovi in questa situazione?”

“Cerco di starti vicino quanto è possibile, portando affetto alle persone che ami; se non reggo, ti avverto che mi allontano, bada bene mi allontano non me ne vado, forse mi porto anche a letto qualche ragazza disponibile; ma poi torno di nuovo al mio posto accanto a te; ma questo vale solo per seguirti in queste elucubrazioni teoriche; in realtà, quei piccoli momenti, se nati e vissuti da un’armonia tra te, il tuo mondo e me, rafforzano, non debilitano il rapporto.

In altri termini, se vuoi, decidiamo di vivere insieme e di cercare le soluzioni volta per volta; se hai paura, meglio non azzardare; ma forse sarebbe stato meglio non fare l’amore; mi hai fatto assaggiare il tuo miele e sai bene che non ne troverei altro della stessa squisitezza! Forse ti sei condannata a farmi essere il tuo compagno e ad educarmi alla convivenza.”

“Dario, non bestemmiare; ti ho amato e ti amo con tutta me stessa; devo ammettere che hai ragione e che molti ostacoli si ingigantiscono perché hanno distrutto i miei sogni adolescenziali; so che sei tutt’altra cosa e che con te posso sfidare il mondo; ma una cosa voglio che tu sappia ed accetti serenamente; se mi troverai intrattabile e non avrai strumenti per accettarmi, giurami che non andrai via; mi tradirai con altre, ti allontanerai il tempo necessario a passare la crisi, ma non mi lascerai.”

“Io sarei piuttosto dell’opinione che esserti vicino quando stai male è più importante che passare una serata meravigliosa nel ristorante più elegante; comunque, se ti rasserena sapere che, in caso di malessere, ti potrei anche tradire ma non ti lascerei mai, ti ripeto che domani mi trasferisco da te e ti costringo ad occuparti anche di me, oltre che dei tuoi malati … “

Non ci volle molto ad effettuare il trasloco e, da quella sera, diventarono una coppia inossidabile, capace anche di tenere testa alla malattia e al dolore per i genitori ammalati terminali; trovarono una badante giusta, originaria dell’est, che poteva vivere giorno e notte coi due infermi accudendoli come fossero i suoi genitori; questo consentì loro alcune uscite specialmente a cena o per manifestazioni della banca in cui lavoravano, nelle quali si muovevano eleganti ed invidiati.

Tina non era riuscita a far quadrare i conti della sua vita di capricci; il primo dato di cui dovette prendere atto fu la sparizione del biondino non appena accennò all’ipotesi di andare a vivere con lei; gli era andata perfettamente a genio la proposta di fare cornuto il marito nel loro letto e di possederla dappertutto; ma quando gli propose di assumersi la semplice responsabilità di dare un seguito di continuità ai fuochi d’artificio del sesso dominante, lo vide evaporare.

La mazzata peggiore le venne dalla ‘resa dei conti’ concreti e materiali, quelli per ripartire il salario tra le spese fisse e quelle quotidiane; ci volle poco a rendesi conto che era costretta a rinunciare al lusso e al superfluo; ma anche per il necessario doveva calibrare al centesimo gli esborsi; lei che aveva vissuto allegramente l’amministrazione e le finanze di casa, dovette superare muraglie impossibili per non morire di fame.

La proposta al biondino non nasceva da particolare passione ma dalla presa di coscienza che due salari forse avrebbero ovviato a molti problemi; fu il consiglio meditato e autorevole di una compagna di lavoro, ormai vecchia single inacidita, a farle osservare che molte di loro vivevano da sole, affrontavano gli stessi problemi col medesimo reddito; tutte, bene o male, facevano quadrare i conti; non volle neppure stare a sentire le recriminazioni sui lussi a cui era costretta a rinunciare.

L’altro enorme assillo fu rappresentato dal letto, ’freddo’ da quando vi dormiva da sola; scoprì, suo malgrado, che anche solo poche ore al giorno che trascorreva con Dario riuscivano comunque a farli sentire coppia, specialmente quando diventavano amplessi meravigliosi; la profondità dell’amore che si scambiavano, anche quando lo negava per un vezzo di presunta superiorità, colmava di significati lo stare insieme; provava rabbia e rimorso per non avere confidato all’amico più caro le sue incertezze.

Si rivolse a ragazzi molto giovani, perché era in grado, con loro, di imporre una oggettiva superiorità che, sul momento, la gratificava, anche se poi, a freddo, le restava solo un senso di sgomento per la pochezza dei soggetti manipolati e l’improbabilità delle sue stesse affermazioni in mancanza di un interlocutore di qualità; finì per accettare l’idea di ventenni più o meno smaliziati coi quali si comportava come se avesse ancora diciott’anni; ma, dopo, avvertiva la miseria della finzione.

Quella sera si era affidata a uno un poco più prestante, un bulletto munito di una spider che vantava come status symbol di un potere improbabile; la invitò a cena in un locale alla moda fuori città, verso la collina; ci andarono e riuscì per alcuni minuti a sopportare l’imbecillità del tipo, decisamente un poveraccio uscito dalla periferia ed arricchitosi con attività al limite della legalità.

Mentre cercava con lo sguardo una via di fuga dalla situazione di imbarazzo in cui l’aveva cacciata lo sprovveduto, notò ad un tavolo il suo ex compagno seduto a cena con una donna decisamente ammirevole non tanto per bellezza oggettiva quanto per portamento, garbo, eleganza, finezza dei modi, insomma quello che lei aveva sempre sognato di essere senza sforzasi di riuscirci; capì in un attimo che era la sua sostituta nel cuore di Dario.

Per liberarsi dell’accompagnatore, più che per provocare un incontro con il suo ex, sussurrò ‘Cielo, mio marito’, la più classica delle frasi ad effetto; ma funzionò; il ragazzo sparì improvvisamente lasciandola anche a piedi.

“Ciao Dario, non dirmi che ti disturbo; ho ancora bisogno del tuo aiuto.”

“Ciao, Tina; confesso che non mi sarei mai aspettato di incontrarti. Nico, lei è Tina, se non la conosci; è stata la mia compagna; Tina, lei è Nicoletta, la donna che amo al di sopra di qualunque cosa al mondo … “

“Ciao, sei bellissima e, con quello che so, devo ammettere che sei totalmente degna del suo amore assoluto. Mi hai già cancellato dalla memoria?”

“No, Tina; non può averti cancellato; non lo farà mai; diciamo che sei come i ricordi delle scuole elementari, quelli di cui ti restano, col tempo, le foto di classe e qualche pagella, che non butterai mai anche se non pesano più, chiuse in una scatola tra i ricordi.”

“Spero che tu abbia dei bei ricordi da conservare; mi spiacerebbe molto se ti fosse rimasta memoria solo dell’ultimo mese … “

“Dicevi che hai bisogno di aiuto?”

“Si; ho commesso un altro dei miei errori stupidi; sono venuta con un accompagnatore incivile e scostumato; se n’è andato e mi ha lasciato a piedi; puoi accompagnarmi o pagarmi il tassì per tornare a casa?”

“Davvero sei così ridotta che non potresti pagarti il ritorno a casa? Dario, non hai mai parlato delle difficoltà della tua ex … “

“Nico, non ne sapevo neppure io; immagino che non avrai cenato; se a Nicoletta non da fastidio, mi farebbe piacere che cenassi con noi; poi ti riaccompagno volentieri a casa.”

“Cameriere, per favore aggiunga un coperto per la signora. Tina, siediti con noi; ho voglia di conoscerti per capire cosa devo o non devo fare, per non perdere l’amore di Dario; potresti anche farmi conoscere meglio il tuo ex compagno, visto che avete avuto una lunga convivenza … “

“Cercate di non farmi piangere, di emozione o di vergogna … “

“No, amica mia, siediti e parliamo … “

Cominciò la serata più surreale che avessero mai potuto ipotizzare; fu l’occasione per fare chiarezza anche sulle vicende passate; Tina poté realizzare che aveva commesso gravi errori di cui non capiva la genesi; fu Nicoletta a suggerirle che forse soffriva della sindrome di Peter Pan; Tina le disse candidamente che sapeva qualcosa del personaggio ma che non aveva mai sentito parlare della sindrome; già altre volte per ignoranza aveva commesso gravi errori.

Nicoletta le spiegò che il personaggio nasceva nella letteratura come il ragazzo che si lancia volando in mille avventure ma si rifiuta di crescere; rappresenta allegoricamente l’incapacità, per alcune persone, di liberarsi della fanciullezza e di maturare affrontando la realtà; forse Tina aveva sofferto di qualcosa di simile e ancora non si ritrovava in un mondo che non era per ragazzi ma pieno di trappole anche per adulti smaliziati.

“Dario tu sapevi che il mio malessere era quello che sta descrivendo esattamente Nicoletta?”

“Tina, se avessi saputo con certezza scientifica avrei cercato con te i rimedi; forse avevo intuito, ma non accettavo l’idea che tu fossi immatura o che ti rifiutassi di assumere responsabilità; eri così determinata che non potevo pensare ad un deficit di autostima ... “

“Vero; anche stasera ho cercato di apparire adulta e determinata ed ho fatto solo un guaio; se poi penso che domani ho un turno di otto ore in fabbrica, diventa ancora più assurdo il mio comportamento … “

“Adesso non gettarti addosso altre croci; anche noi domani lavoriamo, eppure abbiamo rubato una serata agli impegni che Nicoletta ha con i genitori malati per vivere in libertà una cena … “

“Oh, mio dio; ed io vi ho rovinato tutto … “

“Tina, non hai rovinato niente; la tua ombra pesava molto sul nostro amore; io volevo sapere tutto, ma volevo apprenderlo da te, non dai sentito dire; avevo bisogno di parlarti; è stato quasi un regalo incontrarti qui, se non cerchi di riprenderti Dario; vorrei anche potere aiutarti se sapessi in che modo … “

“Mi basterebbe che Dario mi trovasse un lavoro migliore attraverso gli imprenditori con cui lavora … “

“Non stare ad angustiarti; per lui è semplice e so che lo farà; non è vero, amore?”

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