Divorzi

Divorzi

Guido dirigeva con perizia e intelligenza lo ‘Studio Legale Squillaci’ che aveva ereditato da suo padre, che lo aveva reso importante sotto la guida di suo nonno; sin dal matrimonio, ne assunsero la conduzione lui e sua moglie Maria, divenuta ben presto il terrore degli avvocati nelle cause di divorzio; la previsione più semplice e naturale era che avrebbero continuato la tradizione le figlie Anna, ormai abbastanza vicina alla laurea in legge, e Nina, agli inizi del corso universitario, entrambe divorziste.

L’ultima figlia, Vera, di qualche anno minore delle precedenti, avrebbe scelto il percorso delle Lettere e si sarebbe ‘avventurata’ nella trafila del precariato per arrivare alla cattedra; tutto filava liscio secondo un ordine atavico che imponeva quasi la continuità da padre a figli nell’esercizio della professione; ‘l’incidente di percorso’ arrivò imprevedibile e sconvolgente quando Guido fu sorpreso dalla moglie a letto con una giovane babysitter.

Lo scandalo fu evitato solo perché lui accettò le condizioni ricattatorie che la moglie, durissima sempre e ancora di più con lui, impose con estremo cinismo; Guido si trovò privato di ogni diritto sull’affidamento delle figlie, assegnate totalmente alla moglie, e dello studio che aveva ereditato e di cui lei divenne titolare unica; se ne andò a cominciare da zero in una regione costiera e cercò in tutti i modi di tenere i contatti con le figlie.

Le abili manovre di Maria impedirono che potesse fare telefonate alle ragazze e intercettarono tutti i comunicati e i regali che lui faceva pervenire; le figlie crebbero nel rancore al padre e nella convinzione che fosse l’unico responsabile del fallimento del matrimonio; benché adulte e in grado di decidere autonomamente, furono educate a dipendere dalla madre dittatoriale accettandone le scelte senza ribellarsi; l’abilità di lei a gestire le situazioni si dimostrava anche nella casa, non solo nel lavoro.

Anna aveva percorso con profitto la carriera universitaria e si era fidanzata con Alberto, un assistente di psicologia criminale che presto assunse la carica di titolare e di consulente del tribunale; non era un grande amore, per lei, ma solo una situazione di serenità e di sicurezza che, nella famiglia in cui viveva, era un approdo fondamentale; il cuore batteva, e la figa pulsava, per un collega, di un anno più anziano, che era l’obiettivo di tutte le ragazze della facoltà per il carattere aperto e per la facile loquela.

Con Massimo aveva passato serate molto affascinanti, al calore bianco per intensità di passione, che non rifiutava di vivere ogni volta che lui glielo chiedeva; non escludeva l’ipotesi di un rapporto assai più ‘regolare’, fino al matrimonio, anche se sapeva con certezza di non essere l’opzione migliore per le ambizioni di lui; anche per questo motivo aveva scelto l’innamoratissimo Alberto col quale sapeva di poter progettare una vita a due ed una famiglia canonica.

La sera del patatrac aveva partecipato alla festa di addio al nubilato di una sua amica; aveva bevuto alquanto, nel corso della vivace festa che era stata organizzata all’insegna di una contenuta licenziosità; per il rientro alle abitazioni, molti ragazzi legati alle diverse amiche stavano aspettando in macchina fuori dal locale; solo Massimo, con la solita improntitudine, osò entrare nella sala della festa e agganciò Anna che non resistette molto alla sollecitazione amorosa di lui.

La indusse a brindare rapidamente con altre due coca libre con tanto rum e la guidò dolcemente al parcheggio; Anna neppure si avvide che, nella sua auto, Alberto era fermo ad aspettare come un cagnolino fedele; quando la vide uscire al braccio di Massimo che la sorreggeva, tirò fuori il telefonino e riprese la scena di lei che si faceva depositare affettuosamente nell’auto; li seguì attentamente finché andarono a casa di lui.

Appena la porta si chiuse dietro le loro spalle, si era già liberata dello scialle, si era stesa sul letto e sembrava quasi che lo aspettasse ansiosa; si liberò in fretta degli abiti e salì accanto a lei; le sfilò il reggiseno e fece esplodere al cielo un seno meraviglioso, ritto come pietra e soffice come panna.

Si piegò a leccare le carnose mammelle e le tormentò a lungo con mani e bocca, assaporandone il gusto come se assaggiasse un dolce particolare; osservò compiaciuto i capezzoli piccoli e rosei; gustò la vagina stretta, soprattutto per la sua mazza notevole; succhiò i capezzoli, uno per volta, e la sentì gemere di goduria e lanciare piccoli urli quando ne stringeva uno tra i denti, delicatamente.

Si perse per un poco sul seno meraviglioso e succhiò come per popparne il latte vitale; ne ricavò solo un piacere infinito che lo portò vicino all’orgasmo; scese con la lingua e con le dita lungo il ventre piatto, teso, morbido e attraente come calamita; giunto al perizoma, tirò giù i laccetti che lo costituivano liberandolo dalle tumide grandi labbra e dalle natiche che lo imprigionavano, si spostò verso i piedi e si chinò a baciare la vulva.

Cominciò a leccare l’interno della coscia da sopra il ginocchio e arrivò lentamente alle grandi labbra; le catturò nella bocca e poi tra i denti, prima una poi l’altra, gioendo ad ascoltare i gemiti di languore che le sfuggivano dal petto ansante; infilò la lingua fino a far aprire il fiore delle piccole labbra e lambì dolcemente il clitoride; la mano di lei gli artigliò la testa e la spinse con forza sul pube rasato; succhiò con forza, prese tra i denti il piccolo fallo emergente e lo tormentò.

Anna gemeva come il suono di una sirena e si abbandonava al piacere che lui sapeva darle con la bocca, la lingua e i denti; dopo il terzo orgasmo consecutivo che la privò di energie, si sollevò a sedere, lo spinse supino sul letto e si gettò quasi affamata sulla mazza che si levava imponente al cielo; la sua piccola bocca si aprì in una sorta di nuova voragine ed ingoiò la cappella che leccò a lungo, tenendola nella cavità orale.

La donna teneva tra le mani l’asta fuori dalle labbra, regolando la penetrazione; bastò un terzo della mazza per raggiungere il velopendulo; ma ne fece entrare ancora una buona parte, mentre mandava su e giù la testa pompando con forza il sesso in gola; lui dovette frenarla per non arrivare ad un orgasmo che ne poteva inibire le funzioni, almeno temporaneamente; voleva copulare tutta la notte e ne aveva il tempo, ma non le energie.

Dopo che si furono sollazzati ampiamente con bocche, mani e sessi, lei si dispose carponi sul letto, invitandolo implicitamente a prenderla da dietro; si accosciò alle spalle e passò devotamente la lingua, a larghe spatolate, su tutta la superficie, dall’ano alla vagina, strappandole intensi brividi e gemiti; penetrò più volte con la punta della lingua nel canale vaginale, cedevole ed ampio, e nell’ano che rilassava progressivamente le grinze per aprirsi a una prevedibile penetrazione.

Quando sentì che colava umori di orgasmo, puntò decisamente il fallo all’ingresso della vagina, afferrò da dietro i seni e, facendo forza su essi, spinse l’asta fino in fondo, colpendo con vigore la cervice dell’utero; lei lanciò un piccolo urlo; poi i muscoli vaginali abbracciarono il fallo e aiutarono il movimento di vai e vieni; la libidine che travolse Massimo fu di quelle che raramente si dimenticano; la montò selvaggiamente a lungo, frenandosi spesso per non eiaculare.

Quando la sentì rilassarsi perché l‘ultimo orgasmo era stato enorme, sfilò dolcemente l’asta dalla vagina, spazzolò con la punta lungamente il perineo, raccolse da lei gli umori che l’orgasmo aveva scaricato e spostò l’asta all’ano; afferrò di nuovo i seni per fare forza e spinse; lei lo fermò con un gesto quando lo sfintere reagì con forza; poi si rilassò e fu lei stessa a spingere indietro il sedere, penetrandosi fino in fondo; i testicoli picchiarono sulla vulva e fu certa di averlo tutto dentro.

Si meravigliarono entrambi che il retto avesse accolto una mazza così dura e possente fino all’intestino; lei la sentì anche nello stomaco, perché tutto il pacco addominale fu spinto in avanti; ma il piacere che le dava il fallo che scivolava nel ventre era sublime; lui, a sua volta, si perse felice nelle sensazioni di estrema voluttà che gli dava il canale rettale stretto intorno all’asta a sollecitare tutte le fibre dell’organo che vibrava riempiendolo di gioia.

La cavalcò a lungo così aggrappato ai seni e spingendo con voglia e con forza; picchiava e penetrava fino a che i testicoli quasi forzavano la vagina; lei aveva infilato una mano fra le cosce e li accarezzava, usandoli per strofinarsi il clitoride libidinosamente; poi lui estraeva l’asta lentamente, fin quasi a farla uscire, e seguiva con gli occhi la violenza su quell’ano spanato che la sua mazza dilatava spropositatamente; il piacere visivo si accompagnava a quello tattile.

Finché, con un ultimo violento colpo, affondò fino all’inguine nel sedere spalancato e sparò uno tsunami di sperma direttamente nell’intestino; lei accolse con goduria ed urla di piacere i singoli spruzzi che si perdevano nel ventre; delicatamente, lui accompagnò la riduzione del sesso finché, barzotto, lo sfilò garbatamente dall’ano; si sdraiò bocconi sul letto e lei lo seguì stendendosi accanto.

Passarono quasi instancabili l’intera notte a copulare come scimmie; Anna diede in quella seduta di passione tutta se stessa; Massimo si esibì, secondo un suo personale intendimento, nella migliore espressione del suo potere di fascinazione e di dominazione; lei esitava molto tra la passione violenta e il calore della sicurezza che Alberto le dava; Massimo, benché attratto da lei, non dimenticava che era alla vigilia del matrimonio che sarebbe stato annunciato proprio in quella cerimonia nuziale.

Il sole era appena sorto e le vie si animavano dei riti soliti, quando decisero di porre termine alla violenta seduta amorosa; si rivestirono e lui la accompagnò a casa; naturalmente non fecero nessun caso all’auto di Alberto ferma nel parcheggio; lui infatti aveva passato la notte in macchina, li vide uscire la mattina e li seguì; più tardi la chiamò quasi per godersi masochisticamente le bugie che si sarebbe inventata; non ebbe reazioni, perché sperava che fosse solo un capriccio.

La sorpresa fu per Anna poiché, mentre festeggiavano Clara che si sposava, Massimo e Rebecca annunciarono che nello stesso mese sarebbero convolati a nozze; gli interessi convergenti delle due famiglie avevano da tempo previsto quella soluzione; solo Anna si era ostinata a credere nell’amore intangibile di lui; quasi piangendo si rifugiò nelle braccia del ‘suo’ Alberto e si convinse che, alla fine, un matrimonio pacato e sereno era l’ideale di vita che doveva perseguire.

Si sposarono, anche prima di quanto lei avrebbe desiderato e previsto; nacquero due figli, Laura e Marco, e la loro vita scivolò serena sui binari bene oliati della piccola borghesia a cui appartenevano e che, in qualche modo, era una sorta di fortezza in cui rifugiarsi o nascondere e risolvere i problemi che sorgevano tra le coppie; in quella logica si cristallizzarono i ruoli e le situazioni; quasi per naturale necessità, Maria continuò a tenere ben salde le redini della famiglia.

Uno ‘scarto’ fu la scelta di Vera, la più piccola tra le figlie, che si iscrisse a Lettere; altro piccolo ‘scarto’ fu quello di Nina, la figlia ‘mezzana’ che rimase a fianco della madre nella gestione dello studio, ma andò a vivere da sola con la scelta categorica di rimanere single e di vivere la sua libera sessualità con amanti occasionali; lo ‘strappo’ autentico fu però quello deciso da Anna che, sposata e con figli, si dedicò al lavoro, ma accettò la proposta di un altro studio e si trovò spesso a scontrarsi con madre e sorella.

In casa, degna erede di una madre tirannica, impose il regime del ‘mammo’ che si dedicava ai figli perché il suo lavoro di docente e consulente gli lasciava molti margini per dedicarsi ai figli in tutte le fasi della loro crescita, mentre la madre spendeva tutte le sue energie e il tempo dietro le cause, specie quelle più spigolose e difficili; Alberto confermò la sua bontà finanche eccessiva assicurandole la serenità di cui aveva bisogno per il lavoro e per una certa inspiegabile irrequietezza.

Il motivo fondamentale del suo disagio fu l’arrivo, nello studio in cui lavorava, di Massimo, il suo antico amore ora divorziato dalla moglie, tornato ad essere collega valido e forte nel lavoro ma anche decisamente insistente per riconquistarla; qualche tentennamento di lei ci fu; ma fu controllato dalla volontà di mantenere in piedi una struttura familiare realizzata con sacrifici e con un lungo lavorio per armonizzare i rapporti con suo marito e con i figli che crescevano.

Laura, nei suoi anni dai quindici ai diciassette, si era ‘cacciata’ spesso in situazioni tipiche delle adolescenti come lei; i genitori avevano dovuto fare ricorso a tutto il loro equilibrio e all’esperienza per lasciarle scoprire il sesso e il ‘fumo’ evitando le esagerazioni; Marco, più piccolo di tre anni, era anche più fragile, ma più duttile e non era difficile guidarlo e consigliarlo; a complicare una situazione già assai delicata intervenne Guido, riapparso dopo oltre quindici anni.

Contattò Nina e le parlò; la figlia non lo respinse ma conobbe tutta la perfidia che sua madre aveva messo nel rinfocolare il rancore delle figlie contro il padre; emersero così le lettere e le cartoline nascoste alle destinatarie, i regali spediti e mai consegnati nelle occasioni più varie; dopo una feroce scenata in cui Maria si appellò all’amore materno per smussare le accuse delle figlie, Nina e Vera mantennero vivo il rapporto col padre; Anna s’intignò nel suo rancore e fu Alberto a far dialogare nonno e nipoti.

La ‘mazzata’ arrivò improvvisa, quando un giornaletto scandalistico locale rivelò alcune ‘vicende pruriginose’ dell’Università e venne alla luce che Alberto, a Parigi, in un convegno internazionale di studi, aveva passato una notte con una collega americana; la reazione di sua moglie fu di estrema violenza; immedesimandosi nel ruolo che non le competeva affatto di casta moglie offesa, separò i letti e costrinse suo marito a dormire nello studio per un lungo periodo.

L’amore per i figli evitò una separazione difficile da gestire e lui non rese pubblici i video del primissimo tradimento di sua moglie; le acque si calmarono, ma nel fondo del cervello rimase in Anna il desiderio di ricambiare la scortesia e di soddisfare almeno una volta la sua mai sopita passione per Massimo; l’occasione le fu fornita quasi su un vassoio d’argento, quando lo Studio per cui entrambi lavoravano li spedì per un fine settimana in un albergo sul mare per incontrare un cliente facoltoso e importante.

Dopo un’intensa giornata di sole sulla barca del cliente, la cena a sera, sulla terrazza a mare dell’hotel, fu il momento in cui i vecchi entusiasmi amorosi tornarono a galla; complice anche un poco di vino bevuto per accompagnare la cena con frutti di mare; gli atteggiamenti si fecero complici e sensuali; Anna resistette a lungo prima di lasciarsi andare; dopo una breve telefonata a casa per dare la buonanotte ai figli, quasi per farsi perdonare, entrò nella camera di lui.

Fu persino semplice, ma anche e soprattutto di grande lussuria e di passione incontrollata ritrovare il piacere con cui avevano fatto sesso quasi venti anni prima; in una notte di violente scopate, lei ritrovò le motivazioni che l’avevano indotta a concedersi a quell’amore adolescenziale e vi si fiondò a corpo morto, quasi a voler recuperare nella mente e nel cuore il piacere che quella storia le aveva fatto vivere; rientrati in sede, cominciarono ad incontrarsi regolarmente più volte a settimana.

Lui, invidioso, in fondo, della serenità familiare da lei raggiunta con Alberto e coi figli, in netto e doloroso contrasto con il fallimento totale del suo matrimonio con una donna divenuta ora l’avversario più temibile e determinato, cominciò presto ad esercitare pressione perché lei decidesse di rendere la loro relazione qualcosa di più forte e, possibilmente, definitivo; lei tentò di resistere alle sollecitazioni perché divorziasse, ma alla fine accettò le chiavi dell’appartamento di lui.

Alberto non tardò ad intuire che certe ore straordinarie di lavoro della moglie, i viaggi improvvisamente divenuti abituali, certe piccole bugie scoperte come quando la moglie aveva telefonato per dire che era in piscina mentre la sua attrezzatura era lì avanti ai suoi occhi, erano il chiaro segno di un amante da cui lei andava spesso e volentieri; per sua natura buono e paziente cercò di ridurre tutto ad una pacifica possibilità di trasgressione momentanea.

Quando una sera, preparando la biancheria per la lavatrice, si trovò tra le mani un mazzo di chiavi sconosciuto, uscito dalla tasca del jeans di lei, si palesò in tutta la violenza il tradimento della moglie; decise di seguire i due e si piantò di vedetta davanti al portone dallo studio; uscì prima Massimo e, dopo un poco, sua moglie, che gli telefonò per accampare che si tratteneva in ufficio per un lavoro straordinario.

La anticipò all’indirizzo dell’amante, aprì con le chiavi trovate, salì al piano, aprì la porta e lo trovò con due bicchieri preparati per un brindisi; il pugno scattò istintivamente e si abbatté in pieno naso all’avversario; si appoggiò al bancone ormai svuotato di ogni energia e volontà; attese che sua moglie suonasse il campanello, visto che le chiavi non le poteva avere con se; fu Massimo ad andare ad aprire tamponandosi il naso che sanguinava; Anna lo vide e si fermò come di sale sull’uscio.

Uscì lanciando ai piedi della moglie le chiavi con cui era entrato; tornò a casa e preparò una valigia con le sue cose più importanti; si sedette sul divano dove aveva dormito per mesi, ‘in punizione’, e cercò di glissare sulle domande che gli rivolgevano i figli; sua moglie rientrò subito dopo e si mosse in un silenzio di morte; liberatasi di borsa e soprabito si piantò davanti a lui.

“Perché quella valigia? Hai deciso che te ne vai?”

“Cosa dovrei fare? Dopo vent’anni, ancora una volta dovrei superare un capriccio e restare a farti da schiavo?”

“Che significa, dopo vent’anni?”

Aprì la memoria dei video del computer e le mostrò, senza parlare, quelli realizzati la notte dell’addio al nubilato.

“Eri venuto a prendermi? Quindi da quella volta sai tutto?”

“Già! E mi sono preso ‘la punizione’ perché mi ero fatto una scopata fuori dal matrimonio con una sconosciuta di cui ho dimenticato persino il nome; tu hai coltivato un amore infinito, a più riprese, con in mezzo due matrimoni e, finora, un divorzio ... Vuoi dire tu cosa pensi di fare?”

“Mi dispiace per te e per quello che è successo, ma da sempre io sono innamorata di Massimo; ho vissuto bene la serenità, l’armonia e la disponibilità che mi hai offerto; ma lui è l’amore, tu la sicurezza; è il momento di divorziare, possibilmente senza scandali difficili per tutti.”

“D’accordo; ci vediamo davanti a un giudice; tua madre saprà far pagare anche a me quello che ha imposto a tuo padre; evviva i vincitori; peggio per i fessi!”

“Io non sono mia madre e non voglio imporre niente a nessuno; parliamo in presenza di mamma e prepariamo con lei un protocollo di separazione e di divorzio; se vuoi scegliere un altro avvocato, per me va bene qualunque soluzione; sono in grado di difendere i miei diritti ... “

“Certo, come hai difeso le corna che mi hai fatto per vent’anni; cerca di non dimenticare che non sono lo stupido che puoi maneggiare a tuo piacimento; andiamo da tua madre e facciamola finita una volta per tutte.”

“Mamma, papà, state parlando di divorziare? Non saremo più una famiglia?”

“No, Laura; io vado via perché tua madre mi ha umiliato per tutta la tua vita; ma resterò in città, ci accorderemo perché possiate passare con me i fine settimana; saremo ancora una famiglia ma più moderna; io vivrò da un’altra parte ma non diminuirà il mio amore per voi ... “

“Ti rendi conto che i ragazzi ne soffriranno?”

“Avvocata, lei prevarica le funzioni; se le fosse sfuggito di mente, suo marito è professore di psicologia criminale e consulente del tribunale; finché si tratta di citare articoli e commi, lei è certamente in grado di agire per il meglio; se si tratta di capire le persone, mi vedo costretto a ricordarle che lei non ha mai assunto nessuna responsabilità vera nei confronti dei figli, non solo di suo marito; basterebbe osservare che le chiavi che mi hanno aperto gli occhi sono caduti dal suo pantalone quando io lo stavo preparando per metterlo in lavatrice; a quella funzione, lei neppure si accostava ed ora so anche perché ... “

“Alberto, ti prego, non arriviamo a stracciarci i panni addosso; è il momento delle soluzioni legali; affidiamoci a un’esperta come mia madre; cerchiamo di non spazzare via le rovine, anche se l’edificio è crollato.”

Prima di arrivare a fare chiarezza anche legale davanti a sua madre, Anna volle accertarsi di alcuni elementi; in un incontro assai delicato con Massimo gli chiese cosa pensava di fare, quando lo scandalo sarebbe scoppiato; già in passato, lui le aveva fatto cenno ad una proposta ricevuta da uno Studio di Roma, di pari qualità del loro ma a condizioni migliori; l’ipotesi era di trasferirsi insieme a Roma; lei gli fece presente che avrebbe dovuto chiedere l’affidamento dei figli; con qualche esitazione, lui accettò.

Una domenica a pranzo, a casa Squillaci, si trovarono tutti i protagonisti della vicenda; Maria subito dopo pranzo assunse, col benestare delle parti, il ruolo di Giudice di Pace ed incontrò separatamente sua figlia Anna e suo genero Alberto; Vera si mise a giocare con Marco con l’intento di distrarlo, Nina si appartò con Laura che immediatamente la ‘bruciò’ con una domanda terribile.

“Zia Nina, visto che lavori con nonna e sei altrettanto brava, la legge prevede che debba essere sentito il mio parere, visto che del mio futuro si parla? Non ho ancora diciotto anni, ma mi mancano pochi mesi; pensi che nonna mi starà a sentire?”

“A norma di legge, può anche non farlo; per i minori vale la decisione dei genitori; ma qualche giudice, ai ragazzi della tua età, chiede per lo meno un’opinione non vincolante; sono certa che nonna sentirà il tuo punto di vista.”

Intanto Maria aveva raccolto le confessioni separate ed aveva appurato che le colpe di sua figlia erano enormi e di data molto antica; molte perplessità le destò l’intenzione di sua figlia di andare a stare a Roma col suo amante; se si fosse registrata qualche obiezione dei figli o del marito, non era certa che fosse opportuno presentare quella richiesta; ma Anna era irremovibile; aveva deciso di andare dietro al cuore, di smettere con la recita della brava moglie e voleva i figli con se.

Di Alberto poté registrare solo la natura di ‘tre volte buono’ come si diceva di persone deboli e remissive; molte perplessità gli suscitava l’idea che, se voleva condividere l’affidamento dei figli e incontrarli almeno settimanalmente, dovesse affrontare una fatica massacrante, di andata e ritorno fino a Roma, e sobbarcarsi agli oneri economici del viaggio e del soggiorno; Maria lo fece presente alla figlia che le suggerì di fare leva sul carattere remissivo di suo marito.

Erano quasi arrivati ad una conclusione per cui Anna otteneva l’affidamento dei figli con un assegno di contributo del padre, l’uso dell’appartamento di proprietà dei due e varie facilitazioni; quando però lei avvertì che era sul piede di partenza per trasferirsi a Roma con l’amante con cui intendeva andare a vivere, Alberto fece solo osservare che questa novità colpiva incisivamente la vita dei figli e che Laura era certamente in grado di esprimere un’opinione non vincolante.

Fatta entrare la ragazza, che insisté con la zia per accompagnarla, Maria cercò di comunicarle con tutto il garbo possibile le richieste fatte dalla madre per la separazione; Laura guardò con intenzione Nina, quasi a dirle che aveva previsto quella clausola; rispose alla nonna che lei non si sarebbe mai trasferita lasciando tutta la sua vita che era trascorsa in quella casa, con quegli amici, in quella scuola con quelle compagne di classe.

La sola idea di trovarsi in una città sconosciuta con una madre che neppure se n’era accorta, quando era diventata donna, anni prima, che non sapeva se fosse ancora vergine o se, come aveva fatto lei al tempo, avesse fatto già esperienze di sesso; per sovrammercato di andare a vivere accanto ad un sconosciuto che solo con sua madre aveva qualche rapporto ma solo perché ci andava a letto, lei non l’avrebbe accettata mai.

Anna ebbe ancora una volta una reazione violenta; le urlò che, da minorenne, non poteva avanzare pretese e soprattutto non le era consentito un certo linguaggio; Maria la zittì con forza e le impose di far parlare la figlia, visto che lei aveva deciso di ascoltarla, nonostante la maggiore età non ancora anagraficamente raggiunta; invitò sua nipote a tenere un linguaggio più contenuto e ad evitare giudizi aspri che, giustificabili moralmente, non avevano valore giuridico.

“Avvocata, visto che dobbiamo attenerci alle leggi ed ai fatti, prevengo lei e la controparte, sua figlia, che sta commettendo una serie infinita di errori di giudizio, di scelte, di decisioni e di prospettive; io non sono come mio padre, troppo tenero anche con me, qualche volta; ma non sono neanche come mia madre, evidentemente bacata da qualche tarlo; questa vicenda mi sta facendo soffrire pene d’inferno; secondo le mie amiche, che non fanno testo, la mia cara mammina sta pagando errori collettivi.

L’impressione è che non abbia avuto un’adolescenza di amore e di illusioni; il principe azzurro non l’ha mai nemmeno sognato; per di più, si è scontrata con un divorzio che l’ha profondamente ferita, quello dei genitori, e con una sorella libertaria ed anche un poco libertina, ... scusami zia Nina ma è la verità ... Ora sta inseguendo il sogno della principessa addormentata e del principe che l’ha svegliata, dopo aver massacrato un uomo meraviglioso che per lei si è ridotto a schiavo della casa e della famiglia per essere ricambiato con un sporta di corna.

Non ho dimenticato il casino che mamma fece per una scopata extramatrimoniale ... scusami nonna ma quando ci vuole ...; lei impose la sua condanna dimenticando che lui aveva i documenti per dimostrare che era stata troia fin dal matrimonio; ora questa degnissima signora pretende che due persone le si pieghino come schiavi; mamma siamo persone io e Marco, non pacchi che sposti da un ufficio all’altro secondo il tuo personale estro; vuoi andartene col tuo ganzo e pretendi di portarti dietro anche noi?

Cara nonna, non più avvocato e Giudice di Pace, se mamma mi obbliga ad andare a Roma con lei e col suo amante, sappi che un trafiletto su un qualsiasi quotidiano uno dei prossimi mesi riferirà che una minorenne maltrattata dalla madre e dal suo maschio è stata trovata morta per overdose in un ritrovo di drogati o peggio ancora sorpresa in una retata di prostitute; io scapperò dalla prigione che mamma mi vuole imporre e farò a modo mio; tienilo ben presente, se vuoi essere giusta e completa.”

“Mamma, come si può uscire da questo impasse?”

“Visto che ti rivolgi alla mamma, sappi che non ebbi pietà per tuo padre; l’ho cancellato dalla vostra vita; ti cancellerei con la stessa determinazione; ma sei mia figlia e ti voglio bene; spero che tu me ne voglia altrettanto da figlia; sei la loro madre e spero che te ne vogliano come ne vorrei da te; ma a Roma, con un imbecille che non ti merita non ce li manderei mai, se Alberto fosse disposto a farsene carico. Genero, tu che ne dici?”

“Dove finirà la mia ex moglie, non mi riguarda; se i miei figli accettano di stare con me nella loro casa, non mi costa niente continuare a fare il ‘mammo’ come ho sempre fatto ... “

“Allora, basta ribaltare la proposta; i ragazzi restano affidati al padre con facoltà alla madre di incontrarli anche ogni fine settimana; oltretutto, sarai avvantaggiata perché quando starai qui, non dovrai andare in albergo come avrebbe dovuto fare il tuo ex marito, nella tua proposta; potrai stare qui nella camera che fu tua e, se vorrete stringervi, potrai starci anche coi figli; non proporrò che stiate a casa loro, solo perché vorrei anche io godermi i nipotini, quando verrai da Roma a trovarli. Volete che stendiamo dei regolari protocolli per definire queste condizioni di separazione?”

“Per quel che mi riguarda, non c’è bisogno di mostrare in pubblico panni sporchi; siamo d’accordo su queste basi; io non credo che avrò voglia di tornare a sposarmi; se Anna desidera costruire una nuova famiglia con l’antico amore, faccia pure ... “

“Mamma, per ora lasciamo le cose così; se dovessero intervenire ripensamenti, avremo tempo e modo per proporre i termini di un divorzio ... Laura, mi dispiace non sai quanto, che tu sia così ostile; forse presto capirai che ho agito per amore, non per disamore nei vostri confronti né verso Alberto; il sogno del principe azzurro è un problema mio che non ha niente a che fare con la famiglia e con l’amore per i figli; se potessi essere moglie dal lunedì al venerdì e amante nei week end sarei felicissima ma non si può, devo scegliere e il cuore mi porta a Roma ... “

“Ti auguro tutto il bene che ti aspetti e che la strada per Roma sia anche quella di un tua realizzazione totale; addio!”

“Addio, Alberto; ragazzi, ci sentiremo presto.”

Non perse tempo, Anna, e dopo due settimane era già a Roma col suo amante; anche Alberto, sin dal giorno dopo il chiarimento davanti a Maria, andò ad occupare il suo posto in casa dei ragazzi e non dovette cambiare niente delle vecchie abitudini, visto il ruolo di genitore unico e polivalente che aveva sempre svolto per amore alla moglie e rispetto del suo desiderio di essere protagonista nel lavoro.

I mesi scivolarono pigri, ma gli inciampi furono molti e notevoli; Anna non riuscì quasi per niente a rispettare l’impegno di incontrare i ragazzi, nemmeno a week end alternati; peggio ancora, la frequentazione dei social network consentì ai figli di scoprire dei post in cui si celebravano le ‘scampagnate’ dei ‘piccioncini’ nei luoghi celebrati della ‘dolce vita’; quando la madre si presentò senza preavviso un mercoledì a casa di Maria pretendendo di incontrare la figlia, Laura rispose con un deciso ‘no’.

Anna capì che era andata oltre i suoi diritti, proponendo di essere arbitra unica della vita degli altri; a nulla valsero le lamentazioni con sua madre, che le ricordò la sorte riservata a Guido quando si era scoperto il tradimento; le suggerì di riflettere bene prima di rendere incancrenita una situazione che le appariva assai poco chiara; ma Anna stava vivendo un momento di gioioso benessere e invitò sua madre ad occuparsi delle persone che aveva vicino; a se stessa avrebbe badato lei.

Ma le cose non stavano esattamente come lei cercava di proporle ai suoi; in un ambiente dove lo ‘Studio Squillaci’ aveva potere ed autorità, lei era risultata eccezionalmente valida; nello studio dove lavorava con Massimo, le sue qualità e il nome che portava erano garanzia; a Roma, arrivata imprevista accanto all’amante già assunto con contratto, si scontrò con un ambiente ostile, dove era nessuno e dove il maschilismo imperava incontrastato.

Nel volgere di alcuni mesi, anche il suo amante si rivelò il maschilista becero che la moglie aveva cacciato dalla sua vita; Anna lo reggeva in nome di un amore strano e adolescenziale di cui non aveva il senso e il limite; ma le umiliazioni a cui era sottoposta e le risatine ironiche anche di lui le diedero facilmente la dimensione dell’errore commesso, cacciando imprudentemente dalla sua vita l‘uomo che l’aveva sorretta e sostenuta per tanti anni a qualunque condizione.

Cercò inutilmente una spalla asciutta su cui versare la rabbia, la frustrazione, il pentimento forse; ma non c’era nessuno, in un ambiente nuovo ed ostile, che fosse disposto ad ascoltare le sue recriminazioni; la colse il dubbio che nel suo passato ci fosse la chiave per uscire dal cul de sac in cui si era infilata; sua madre però era stata persino feroce con lei; la figlia aveva quasi scientificamente dimostrato che vivevano due mondi separati; restavano la sorella Nina e l’ex marito.

Consigli da sua sorella era inutile aspettarne; la sua filosofia di vita non dava peso agli altri; il mondo girava intorno al suo ombelico, tutto il resto era scarto e superfluo; con Alberto stentava a trovare il coraggio di aprirsi per confessare le colpe e il pentimento; il suo orgoglio era ancora abbastanza smisurato per impedire di arrivare a quella conclusione, logica ma impraticabile; decise di aggirare l’ostacolo inventandosi un quesito a cui solo un criminologo qualificato poteva dare risposte.

Alberto, per quieto vivere, come sempre, la ascoltò e pacatamente le diede la risposta tecnica che lei aspettava; subito dopo le chiese apertamente il vero perché di quella strana telefonata; si sciolse come ghiaccio al sole e confessò onestamente i disagi che stava vivendo e i dubbi che la attanagliavano; l’ex marito l’avvertì che aveva difficoltà a porsi da amico a suggerire cose che toccavano la loro vita; le propose di rivolgersi a sua madre o, meglio ancora, a sua figlia.

Di fronte alle sue obiezioni, fu costretto a spiegarle, in tono quasi professorale, che sua madre era troppo matura e sensibile per non rendersi conto che una figlia non si abbandona mai; sotto la scorza di durezza, era sempre la sua prima ammiratrice; in quanto all’obiezione che non era il caso di parlare di sesso con una ragazza di appena diciotto anni, le ricordò che lei a quell’età aveva fatto già molte e terribili esperienze; sapeva per certo che Laura faceva l’amore col suo ragazzo.

Glielo aveva confidato la figlia con cui parlava spesso anche di cose che un normale rapporto familiare poteva considerare sconsigliabili; dopo essersi sbalordita di fronte a verità chiare che solo il suo egoistico pensiero non arrivava a vedere, chiese maggiori ragguagli e lui le riferì il colloqui avuto con la figlia; tutto era successo un pomeriggio che la casa era vuota; Laura e Barnaba, il suo ragazzo, si erano trovati in cucina; lei stava sistemando piatti e lui doveva prendere un bicchiere dall’acquaio.

Per arrivare al pensile, si sporse alle spalle di lei; aveva cercato di non accostarsi, ma evidentemente fu anche lei, che era arrivata al momento del massimo desiderio, a spingere indietro il sedere, che si appoggiò pari pari sul ventre; la reazione del sesso fu immediata e incontrollabile; si levò in tutta la sua possanza e si piazzò tra le natiche; per un attimo tentò di ritrarsi, ma lei protese indietro la schiena e si appiccicò a lui; le passò le mani davanti e le afferrò il seno; aveva un sedere sodo e saldo, ben disegnato e accogliente; e le tette erano piene e morbide.

Come Laura le aveva confessato, la fece girare, la abbracciò e la baciò sulla bocca, con dolce furia; lei tenne le labbra strette e quasi si scontrarono con i denti; perché non avevano molta esperienza; delicatamente, le forzò le labbra con la lingua, finché lei capì e aprì la bocca lasciandosi penetrare dall’altra; cominciò a passarla sul palato, percorse uno a uno i denti; ritrasse la sua e si preparò a ricevere quella di lei.

Coglieva al volo le cose, la loro figliola; in un attimo il ragazzo fu penetrato dalla sua lingua che si spingeva verso la gola e lo leccava dentro, dappertutto; si avvertiva che il membro gli doleva, tanto era duro, e lei aveva fremiti continui e spingeva il pube contro per sentire meglio la mazza sul ventre.

La prese per una mano e la portò sul divano, aprì l’ampia camicetta e fece esplodere due tette da infarto, almeno di quarta taglia, carnose fino a essere leggermente pesanti, con un’aureola intensa e vasta su cui s’imponevano due capezzoli grossi come nocciole; sganciò il reggiseno, le afferrò il seno e cominciò a manipolarlo, dimostrando una certa esperienza, si abbassò e prese in bocca un capezzolo, prima, e l’altro, dopo; intanto massaggiava le mammelle e le sfregavo tra di loro.

Le sganciò la cintura dei pantaloni, aprì la lampo e infilò una mano nelle mutande classiche, ancora da ragazzina; avvertì un calore intenso che emanava dalla vagina in piena eccitazione; fece entrare un dito nel folto bosco dei peli che si estendevano quasi fino all’inguine e s’infilò nella vulva; trovare il clitoride fu un gioco da ragazzi, visto che si protendeva fuori delle piccole labbra come un pene; lo masturbò con frenesia finché lei urlò di piacere.

Interruppe per un momento il racconto per chiedergli se avesse sofferto a sentire quello che la loro ‘bambina’ aveva fatto; le ribatté che aveva sopportato assai di peggio, dalla donna che amava ancora oltre i meriti; d'altronde, si era posto davanti al racconto, che lui stesso aveva chiesto, nell’atteggiamento del guardone; insomma, era stato assai più difficile resistere ad un istintivo desiderio incestuoso che alla narrazione pura e semplice di un grande momento d’amore; riprese a raccontare.

Nel desiderio ormai di andare fino in fondo, che ambedue avvertivano irresistibile, lui la fece alzare, le abbassò i pantaloni e glieli sfilò; rimase nuda davanti a lui e si rese conto che era veramente un gran pezzo di femmina sacrificato in un improprio abbigliamento fanciullesco, cominciò a leccarla dalla gola, passò ai seni e tornò a succhiarli con foga; ebbe un secondo orgasmo, ancora più intenso; si inginocchiò, le sollevò un piede fin sul divano.

Entrò nella vulva prima con un dito che andò subito ad artigliare il clitoride; la sentì fremere e urlare ancora di piacere; poi si abbassò con la testa e vi andò con la lingua; quando le lambì il clitoride, gemette quasi come se piangesse, ma stava godendo e gli inondava la bocca di umori; fino a quel momento, lei se ne era stata immobile a lasciarlo fare, senza forse rendersi conto di quel che avveniva sul suo corpo.

Aprì la patta, tirò fuori il membro, prese la sua mano e la accompagnò a impugnare l’asta; non l’aveva fatto prima, perché se ne stava immobile; guidando il suo polso, avviò una masturbazione lenta e saporita; imparava presto e gli diede enormi sensazioni di piacere con una manipolazione infantile e impacciata; premendole sulle spalle, la fece abbassare e, quando fu all’altezza giusta, le appoggiò il sesso sulle labbra; capì e ingoiò, d’un solo colpo, tutta l’asta; le prese la fronte per fermarla e le suggerì il movimento di va e vieni; capì che le piaceva leccare e succhiare; lo fece con diligenza.

A quel punto, però, voleva possederla; la fece stendere sul divano, le divaricò le gambe, s’inginocchiò e infilò il membro in un sol colpo; urlò, ma forse era solo piacere; la montò a lungo, con calma, strappandole tutti gli orgasmi, i lamenti e gli urli che poteva; visto il personaggio ingenuo, si rese subito conto che non poteva goderle dentro; sicuramente non prendeva precauzioni e lui non aveva preservativi, nemmeno pensò di chiederglieli.

La lasciò godere a lungo e pensò che, da dietro, sarebbe stato più semplice ritirarsi all’ultimo momento ed eiacularle sul sedere; si alzò, guardò il membro e rimase di sasso; era coperto di sangue.

“Eri ancora vergine?”

Chiese e indicò il sangue sul sesso; fece cenno di sì; la fece alzare, le disse di appoggiare le mani sul divano, la prese per i fianchi e appoggiò, stavolta delicatamente, il membro alla vulva; le prese una mano, l’accompagnò sulla vagina e le indicò il movimento per masturbarsi; così, mentre la penetrava da dietro, lei si masturbava; cominciò a pompare spingendo il membro fino in fondo, contro il collo dell’utero; a ogni colpo, lei gemeva, si contraeva, si contorceva … e godeva.

Andarono avanti per un po’, gustandosi il piacere di una vagina stretta che abbracciava il sesso e lo accompagnava avanti e indietro con intensi e continui fremiti di piacere; quando lui avvertì che stava per eiaculare, si ritrasse di colpo, uscì, appoggiò il membro sulla schiena, nella fessura tra le natiche, e riversò un fiume di sperma sulla sua pelle delicata; Laura ebbe un ultimo sussulto, un orgasmo violento e si gettò sul divano a corpo morto tenendosi la vulva quasi per non far disperdere il piacere.

“Nostra figlia ha raccontato a te la sua deflorazione? ... Lui mi pare che ti assomigli, in quanto a delicatezze; pensi che sia affidabile?”

“Perché non provi a parlare con tua figlia? Ti ho sentito io le volte che raccomandavi, alle signore che si rivolgevano a te per divorziare, di essere chiare e aperte coi figli; perché tu non ci provi nemmeno?”

“Non fare finta di non sapere che l’ho delusa profondamente ... “

“E tu non farmi tornare a dire che solo due persone, tua madre e tua figlia, possono non solo perdonare ma anche dimenticare e cancellare qualunque cosa sia successa ... L’unica condizione è che tu dimostri di volerti riappacificare; pensa alla storia e a Matilde di Canossa e troverai la soluzione.”

“D’accordo; cercherò di parlare anche con loro; grazie per l’aiuto; non speravo che, con quello che t’ho fatto, continuassi ad essermi amico ... Ciao!”

“Non sono ancora capace di dimenticare né so se riuscirò mai a cancellare gli errori; ma perdonarti non mi è difficile; l’amore comporta anche questo, quando lo si vive come lo sento io. Auguri per il tuo futuro. Ciao anche a te.”

Ebbe molto tempo e molte cose, su cui riflettere, specialmente quando era vittima di soprusi e mortificazioni in un ambiente di lavoro ostile; ma, più che l’ostruzionismo dei colleghi, decisamente volgari maschilisti, si sentiva offesa dall’atteggiamento del suo compagno che non solo si accodava agli sberleffi ma la derideva con sorrisi ironici quando se ne lamentava in privato; sentiva che i conti non tornavano e più volte fu tentata di recuperare almeno il rapporto con la madre, titolare dello Studio dove voleva tornare.

Dopo un lungo tentennamento, decise di affrontare il toro per le corna e di provare a parlare, viso a viso, con Maria per valutare l’ipotesi di tornare a lavorare in famiglia e a stare coi figli; approfittando di un lungo ponte di vacanza, prese un treno di alta velocità e fu a casa sull’ora di pranzo; Alberto aveva surrettiziamente suggerito che si presentasse con la testa cosparsa di cenere e dopo una lunga attesa in ginocchio davanti alla porta.

Invece, come lei aveva intensamente desiderato, aperta la porta, la madre l’accolse con un abbraccio affettuoso, mistificato dalla solita espressione burbera; prima ancora che lei avesse parlato, l’aveva già avvertita che il posto in Studio restava ancora suo, se desiderava tornare indietro; per l’alloggio, la sua camera era ancora vuota; ma, se il suo obiettivo era tornare in famiglia, si sarebbero dovuti affrontare problemi spinosi di relazione con il marito e con i figli; le suggerì di parlare con Laura, innanzitutto.

Sapeva perfettamente che quello scoglio era il più duro da affrontare e che contro di quello rischiavano di schiantarsi le sue speranze di ‘risalire in sella’ e riprendere intero il suo posto nella realtà delle famiglie, quella di origine e quella formata col matrimonio; nell’assillo di trovare un percorso, si rivolse a sua sorella Nina, con la quale sapeva che sua figlia aveva un rapporto intenso e proficuo; la violenta reazione le arrivò imprevista.

L’avvocata che aveva scelto la vita da singola e l’amore libero le sbatté in faccia che stava sognando, come nel detto popolare, di avere la botte piena e la moglie ubriaca, il marito ‘massaio’ per la quotidianità e l’amante entusiasta per i fine settimana, senza rendersi conto che la libertà totale si pagava con la solitudine, come era capitato a lei che respingeva ogni approccio con gli impegni del matrimonio per vivere la propria libera sessualità; le ribatté che lei cercava l’amore che non aveva mai provato per il marito.

Nina, per amore alla famiglia, non si rifiutò di convocare Laura, tacendo la presenza della madre; la nipote non respinse l’invito e in breve fu a casa della nonna dove trovò Maria, Nina ed Anna; dopo un attimo di smarrimento ed un’occhiata di fuoco alla zia che le aveva imposto una decisione non condivisa, fu comunque dolce con la madre che baciò sulle guance in atteggiamento affettuoso ma risentito; non le perdonava le scelte avventate; aveva capito quasi tutto e rimproverava alla donna la mancanza di responsabilità.

Si sentiva forte ormai di un’esperienza di vita come il primo grande amore e la decisione di essere ‘donna’ fino in fondo, con la complicità e la comprensione di suo padre che aveva discusso e condiviso con lei scelte non facili, alla sua età; dopo una convivenza di più di un anno con la donna che l’aveva sostituita nel cuore e nel letto di suo padre e che aveva avuto nei confronti di loro figli un comportamento da amica vera e convincente, non riusciva a capire perché lei fosse tornata.

Anna cadeva dalle nuvole; non sapeva niente di una donna che fosse diventata compagna dell’ex marito; non capiva come e perché i figli l’avessero messa da parte e si fossero votati alla nuova presenza in casa; Laura le sbatté in faccia che il suo comportamento, analizzato scientificamente, aveva rivelato una sindrome di Peter Pan che coglieva quasi tutti i ragazzi nella fase della pubertà, il rifiuto totale a crescere e ad assumere responsabilità.

In pochi casi questa patologia si manifestava in individui adulti; lei se l’era trascinata fino ai quarant’anni, aggravata dalla dichiarazione che non aveva mai amato suo marito ma l’aveva sposato per avere serenità e garanzia di famiglia; eppure si era eretta a giudice e boia quando suo marito aveva avuto uno scivolone perdonabile, mentre lei era stata infedele fin dal matrimonio; lei che stava vivendo la stagione più bella per una donna, il sogno di un amore indefettibile, non se la sentiva di credere al pentimento.

Nonostante le pressioni che tentarono di esercitare nonna e zia, Anna fu costretta dalla inflessibilità della figlia a scegliere di tornare nello studio, anche se in una responsabilità minore di quella che aveva lasciato, ed a decidere di vivere in casa di sua madre, nella camera che aveva avuto sin dall’infanzia; in tempi anche assai brevi, riuscì a organizzarsi un modo di vita che le consentiva comunque una certa autonomia per cui poteva fare molto tardi la sera e talvolta passare la notte fuori, forse da un amante.

L’ultima imprevedibile ‘sceneggiata’ si recitò una mattina che si fece annunciare un imprenditore di livello nazionale che si presentò allo studio con una richiesta di divorzio dalla moglie accampando una serie di colpe di lei per evitare di pagarle l’assegno stratosferico che richiedeva; Maria era interessata al caso e propendeva per la possibilità di accettare l’incarico e di mettere in campo tutta la sua indiscussa esperienza per vincere una causa che appariva facile.

Nina risultò immediatamente meno propensa a quella soluzione, che le suonava fasulla, per un istintivo timore della bugia senza che le risultassero elementi per esserne certa; a sciogliere i suoi dubbi intervenne, senza neppure volerlo, sua nipote Laura che un giorno le chiese un incontro privato e discreto per sottoporre alcuni post che aveva incontrato sui social che frequentava; come le era capitato con le storie che sua madre s’era inventata, da Roma, per mistificare le sue assenze agli incontri di fine settimana.

Molte immagini pubblicate e spesso commentate ampiamente dai follover presentavano infatti le lamentele di un signora per i tradimenti di suo marito che aveva un’amante fissa per la quale stava organizzando il divorzio; l’amante indicata risultava, da alcune foto postate dalla ‘cornuta’, sua madre Anna, che evidentemente negli ultimi mesi di soggiorno a Roma aveva lasciato il ‘primo grande amore’ e si era consolata con un altro amante, forse prediletto come lo era stato Massimo.

Ancora peggio, Nina, dalle foto pubblicate dalla moglie e dai nomi indicati nelle didascalie, riconobbe nel marito adultero l’aspirante cliente dello studio, evidentemente scelto da sua sorella come nuovo ‘principe azzurro’ con cui sognare un futuro di amore infinito e di avventure senza limite; fece osservare che la sorella metteva a grosso rischio la credibilità dello Studio, se avessero accettato l’incarico.

Fu Laura, a quel punto, ad assumersi la responsabilità di contattare la donna tradita e di proporle di affidare il compito di rappresentarla nel Tribunale locale, dove il marito aveva preteso che fosse celebrata la causa, dallo studio della nonna e della zia, spiegandole anche che si trattava di sua madre e che lei non condivideva certe scelte decisamente prive di buonsenso; la signora non esitò a contattare Maria e a chiederle di rappresentarla in Tribunale, vista anche la fama di cui cui godeva.

Impiegò tempo ed energie, Laura, per convincere sua nonna a non sbandierare immediatamente le novità; arrivati a quel punto, preferì fare le cose in maniera un poco più spettacolare; d’accordo con zia Nina fece in modo che la domenica successiva si organizzasse un pranzo a cui fu invitata tutta la famiglia; lei fece in modo che ci fossero anche Barnaba, il suo ragazzo, e Serena, la donna che aveva sostituito la loro madre nel cuore e nel letto del padre.

Prima di cominciare col brindisi di apertura, presentò i due nuovi aggregati.

“Barnaba è il mio, come chiamarlo, ragazzo? Fidanzato? Compagno? Insomma è il mio grande amore, passa gran parte del suo tempo a casa, vive e dorme con me; è il mio grande amore e spero proprio che sarò l’unica donna della sua vita così come lui sarà l’unico uomo per me; non seguirò le orme di mia madre che ancora non ha capito cose assai importanti. Mamma, io sono certa che lui sarà il mio principe azzurro, anche se non verrà con cavallo, mantello, e cappello col pennacchio, come pare che tu ancora sogni.

Lo sarà perché insieme costruiremo una famiglia salda ed armonica, perché mi accompagnerà lungo le difficoltà della vita, che non mancheranno ma che affronteremo insieme; tu quel principe azzurro lo hai snobbato e lo hai respinto; io so di averlo incontrato e farò di tutto per crescere insieme. Grazie, papà, che anche in questo sei stato il ‘mio’ principe azzurro, hai capito, ascoltato, seguito e guidato anche nei momenti più delicati e difficili.

Papà, ancora una cosa a te; Serena è la tua donna; è inutile che ti arrabatti a mistificare; lei è la più cara amica che avremmo potuto desiderare io, mio fratello e anche il mio compagno, preferisco chiamarti così, amore; ma soprattutto è ed ha dimostrato di essere la migliore compagna che tu possa sognare di incontrare; vista la tua monogamia cromosomica, che aspetti a divorziare e a sposarla? Se ne sentite il desiderio, mi piacerebbe anche un nuovo fratellino, che sia il cemento del vostro amore.

Mamma, poi la nonna ti spiegherà che l’hai fatta ancora fuori dal vaso; e stavolta in maniera clamorosa; solo un consiglio, da figlia alla madre ragazzina impenitente; cerca di usare la testa, non solo sul lavoro dove sembri ineccepibile, tranne qualche scivolone come quello più recente; cerca di usarla soprattutto nelle scelte di vita, dove ti giochi assai più che un successo momentaneo e caduco; hai distrutto già troppo e ti stai muovendo come un elefante in un negozio di cristalli.”

“Quando la mia ‘mammina premurosa’ avrà finito di spiegarmi come si vive, mi farete il favore di spiegarmi qualche arcano; quindi il mio innamoratissimo e monogamico marito ha un’altra e tutto sembra regolare, per tutti; mia figlia si porta l’amante in casa e suo padre le fa da mezzano e sostenitore; Marco, tu non hai niente da confessare?”

“Anna, da venerdì mattina lo Studio ha assunto la difesa della signora Nicoletta Rossi contro suo marito Roberto che dovresti conoscere bene, a quel che ci risulta; tu sei fuori dalla vertenza e farai altro ... “

“Che significa? Non dovevi incontrare Roberto Rossi per prenderne la difesa contro sua moglie?”

“Se non ci fosse stato il particolare del conflitto di interessi ... ; addirittura forse c’è ancora un possibile ostacolo, perché la causa del divorzio è un avvocato dello studio ... Davvero vuoi continuare a prenderci per culo, dopo averci messo in questo rischio? Non so se davvero qualcosa ti ha dato alla testa e non riesci neppure a lavorare correttamente o se devo riconoscere con mia nipote che mia figlia a quarant’anni passati sta ancora aspettando il principe azzurro e lo vede in ogni pantalone che le si agita davanti ... “

“Come hai saputo che Roberto è il marito di Nicoletta?”

“Laura l’ha scoperto dai social network dove le tue gesta sono ampiamente celebrate; se sua moglie avesse chiesto di difenderla a Rebecca, la ex moglie di Massimo, sai come l’avrebbe ridotto, l’adultero? Quei post sarebbero stati i pilastri forti dell’accusa e il tuo nuovo principe azzurro si sarebbe ricoperto di cacca insieme a te e allo Studio; ti rendi conto dell’imbecillità che hai commesso o sei ancora con la testa tra le nuvole del presunto principe azzurro?”

“Quindi adesso che succede?”

“Che noi accettiamo l’incarico della moglie tradita da te; tu scompari temporaneamente dal team e ti dedichi, che so, all’archivio o alla sistemazione delle vecchie pratiche; quando sarà finita la buriana di quel divorzio, ricomincerai, ma non avremo più tanta fiducia nella tua lucidità di pensiero; se ti sta bene, puoi ancora continuare a stare in questa casa, ma sei pregata di trattarla da casa e non da albergo temporaneo tra una follia e l’altra; se non ci stai, segui l’esempio di Nina e scegliti un alloggio tuo.”

“Visto che sei già sputtanata sui social, almeno fatti mantenere, dal tuo principe azzurro; almeno questo caprone ti servirà a qualcosa, non solo a montarti!”

“Nina, per favore non esagerare, ti prego!”

“Scusa, mamma; ma Anna ha perso qualunque diritto a stima e rispetto, non per quello che fa ma per come lo fa! Io non smetto di volerle bene come sorella, ma non sono più disposta a darle fiducia, perché ha dimostrato di non meritarne!”

“Nonna, zia Nina ha ragione; non riesco a smettere di voler bene a mia madre; ma in lei non ho né stima né fiducia e forse perderò anche il rispetto perché non è rispettabile quello che sta facendo e che ha fatto; tradire per venti anni una persona che si fida è da Giuda; se addirittura, per giustificarsi, aggredisce, allora se ne vada dal suo ganzo e non disturbi più la nostra serenità.”

“Marco, anche tu vuoi che sparisca dalla vostra vita?”

“Se le tue domande sono trappole così smaccate, allora vattene; torna quando sarai in grado di parlare e di prenderti la parte di responsabilità che ti spetta; fino a quel momento anch'io vorrei conservare la pace che papà ci ha garantito da quando siamo nati; questi tuoi atteggiamenti infidi mi turbano assai e preferisco non dovere rispondere a domande stupide come questa ... “

“D’accordo, sono io la causa di tutti i mali; grazie per la comprensione e per l’aiuto; Alberto, auguri per il tuo matrimonio; non ti preoccupare per me; non ti ho mai amato; ti ho voluto e ti voglio bene; ti chiedevo sostegno e armonia; me l’hai dati ed io li ho respinti; scusami; Laura, quando avrai bisogno di una madre, io ci sarò, nonostante tutto; Marco, quando non avrai paura di essere usato da una madre incapace, forse ci rivedremo; mamma ci vediamo domani in studio, qualunque posto mi vorrai assegnare.”

Se ne andò a coda ritta e sulla tavola cadde un silenzio imbarazzato; nessun sapeva come porsi in una situazione di sfacelo degli affetti; come sempre, fu Maria e decidere per tutti.

“Signori, la pasta è in tavola; Laura, qualunque cosa decida tuo padre, spero che vorrai sempre passare a salutare tua nonna e tua zia; vale anche per te, Marco, e per te, Barnaba, visto che sei della famiglia, ormai; Alberto, se vi va, sono sempre una ex suocera che vi vuole bene e che soffre con voi certe cose inaspettate; Nina, cerca di essere ancora disponibile con tua sorella; sta pagando a caro prezzo errori fatti per incapacità di leggersi dentro; ignora chi sono i suoi amori; pensa che è tua sorella.”

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