Doppia da incesto
Pioviggina maledettamente e la strada provinciale è buia; per fortuna, riesco ad individuare la villetta dove lo scopamico contattato nella solita chat mi ha dato appuntamento alle dieci di sera; accosto al marciapiedi e fermo l’auto, scendo e non ho il tempo di rendermene conto, ma vengo colpita sulla natica destra da un veicolo che mi sbatte per terra e fila via spegnando tutte le luci; perdo i sensi e mi risveglio in ambulanza.
Non ho mai messo in conto pericoli di quel genere, nelle avventure di sesso in cui mi lancio ormai con una certa disinvoltura, considerato che varie volte la settimana combino incontri con personaggi già conosciuti o totalmente sconosciuti; questo è del tutto nuovo e, dalle immagini spedite, sembra essere in grado di offrire una seduta speciale di sesso senza limiti, esattamente quello che cerco alle spalle del cornuto troppo pieno di se.
L’infermiere mi perseguita di domande stupide e mi sposta la bocchetta dell’ossigeno per sentire le risposte; so che è il modo per accertarsi che non ho problemi gravi, ma ugualmente mi da noia dovere ripetere nome cognome e bazzecole simili; quasi non mi rendo conto del percorso che facciamo e mi trovo in una camera d’ospedale, fasciata per tutto il busto e con una gamba ingessata; intorno si muovono medici e infermieri.
Un poliziotto in divisa mi chiede le generalità e le confronta con un mio documento che trae dalla mia borsa; l’hanno recuperata, per fortuna, sul luogo dell’incidente; pressata dalle domande, sono costretta a dichiarare che ero su quella strada per un appuntamento con un amante occasionale di cui non conosco il nome vero ma solo il nickname in internet; mi chiede se può consultare l’agenda dei nomi sul telefonino per contattare Alfredo, mio marito.
Non posso dire di no e nemmeno ho motivi validi per impedirgli di chiamarlo; sento anche da lontano la sorpresa scandalizzata con cui apprende che sono stata vittima di un investimento su una strada provinciale, alle dieci di sera, in una località periferica sconosciuta; capisco che da quel momento comincia un mio calvario verso la fine del matrimonio con chissà quali ulteriori conseguenze; ma ormai la frittata è fatta.
Mi addormento, infine, anche per effetto dei sedativi che mi hanno iniettato; mi sveglio che il sole è già alto, con dolori in tutto il corpo; il medico che mi trovo davanti mi rassicura che non sono stati riscontrati danni permanenti ma una frattura ad una gamba può richiedere una lunga degenza e, successivamente, la riabilitazione dell’arto; mi folgora immediatamente il timore che, uscita dall’ospedale, avrei serie difficoltà a trovare i soldi per la riabilitazione.
Ho il terrore inconfessato della reazione di mio marito alla notizia e a quelle altre che, inevitabilmente, ne deriverebbero successivamente; temo di vederlo apparire da un momento all’altro e non so come reagire; invece mi appare, ma solo dopo due giorni di degenza in solitudine, il viso del nostro secondo figlio, Nicola, vent’anni, studente universitario che dovrebbe essere nella vicina città per la frequenza ma che forse, avvertito, è venuto a vedere di persona.
“Ciao, bella troia, sei riuscita finalmente a spaccare tutto!”
“Che linguaggio è questo? Come ti permetti?”
“Ma guarda da che pulpito! … Credi proprio di avere ancora a che fare coi ragazzini di otto o dieci anni?”
“Che diamine vuoi dire?”
“Senti, signora Anna, di chiamarti mamma non mi viene proprio e forse non ci riuscirò più; quando avevamo otto, dieci anni potevi anche imbonirci la storia degli amici troppo espansivi che ti abbracciavano ma che erano amanti che ti scopavano; ma, da quando avevamo solo quattordici o quindici anni, eravamo già smaliziati; stessa spiaggia, stesse cabine dove avevamo fatto i fori giusti per guardare lo spettacolo che offrivi, stessi bagnini che si chiudevano con te, quando non erano i vicini d’ombrellone.”
“Mi spiavate?”
“Solo un’imbecille poteva non accorgersi che eravamo allupati come bestie, che controllavamo tutto e che sapevamo esattamente quando ti saresti appartata col bagnino nella cabina; e allora via a guardare dai fori che avevamo preparato per vedere come tu, bella giovane arrapante, prendevi in mano un cazzo enorme, di oltre venti centimetri, e lo leccavi col gusto di un ghiacciolo, tutto quanto, dalle palle gonfie attraverso l’asta fino alla cappella sulla quale giocavi per lunghi minuti.
Un poco ci meravigliava vedere con quanta disinvoltura lo prendevi in bocca fino a raggiungere i peli del pube e lo spompavi; lo sperma ce lo facevi vedere dopo, quando tiravi fuori la lingua per mostrarlo a lui, prima di ingoiarlo; non abbiamo mai smesso di sorprenderci quando lo vedevamo riprendere vigore sotto l’effetto delle tue linguate sapienti e travolgenti; i poveretti roteavano gli occhi al cielo estasiati e, quando la mazza era bella dura, ti montavano sopra e ti riempivano la figa; quanto urlavi!
Le prime volte ci spaventammo, temendo che fosse dolore, quello che provavi; poi ci abituammo sapendo che erano urla di piacere, quelle che lanciavi; non parliamo poi di quando ti facevi sbattere a pecorina e intanto ti pastrugnavi la figa per avere orgasmi sempre più potenti; abbiamo assistito a più messe in culo che in chiesa; sono anni che conosciamo le tue bravate con tanti cazzi senza limiti; sei tu che non sai quanti litri di sborra abbiamo versato masturbandoci sulle tue scopate.
Nessuno ti ha mai detto niente perché, se una è troia, sono cazzi suoi, letteralmente; ma stavolta l’hai fatta fuori dal vaso e il ‘povero cornuto’, lo chiamavi così, è vero?, ha scoperto tutti gli altarini; gli hanno consegnato il tuo cellulare ed ha visto l’elenco dei maschi che ti hanno montato, dei posti dove li incontravi; potrebbe fare la cronologia delle tue scopate e delle sue corna; mi sa che il tuo bengodi è finito, a cominciare dalle carte di credito; credi ancora di poterti lamentare?”
“No, signor giudice; hai perfettamente dimostrato che sono un troia incallita e tuo padre un cornuto irrimediabile; hai già preparato la condanna o consenti di sentire qualche cosa in più?”
“Perché l’hai fatto? Non conosco un uomo più buono e degno di stima di mio padre. Perché lo hai umiliato per anni?”
“Dovresti andare indietro fino a tuo nonno, quando ero fidanzata con un giovane imprenditore rampante; mio padre, cretino totale, temeva che il giovinastro mirasse alla mia dote, pochi soldi e quattro stracci; impose il regime di separazione di beni e considerava lui un povero illuso; il giovane imprenditore dimostrò di avere talento da vendere, iniziativa e coraggio; diventò un potente uomo di affari e in breve mi relegò al ruolo di moglie del dittatore prepotente tiranno e arrogante.
Puoi anche scandalizzarti, perché tua madre cominciò a voler umiliare tuo padre, che amava follemente fino ad un giorno prima; più cresceva, più odiavo il suo potere, più cercavo di maltrattarlo; l’unico percorso era quello delle corna e cominciai a fargliene, sempre più, prima nel circondario, poi, tramite internet, sempre più vastamente e intensamente, sono diventata quasi dipendente dal cazzo, non riesco a fare a meno di fargli le corna; mi illudo così di fargli abbassare la cresta.
Se stai per dire che sono una stupida folle ninfomane, risparmiatelo; non è necessario e non è vero; ho amato sempre il cazzo, soprattutto quello di tuo padre che non cede in niente a nessuno; è stato rancore bilioso inspiegabile, frutto dello scontro indiretto, dentro di me, tra mio padre e il mio uomo; uno doveva uscirne con le ossa rotte ed ho scelto mio marito perché con lui la figa diventava uno strumento di offesa ed ho cercato i modi peggiori per offenderlo.
Ora se vuoi rinnegare tua madre e andartene, io non posso né fermarti né trattenerti; posso dire solo che sei mio figlio e che ti amo al di sopra di qualunque cosa, se mi confessassi che hai ucciso per vendetta, sarei con te e mi farei ammazzare per difenderti; se sei giudice e carnefice di tua madre puttana, il problema è solo tuo; io ne ho altri.”
“Non stare a dire cazzate; sono arrabbiato feroce; sto attraversando un momento terribile, ma sei mia madre e ti voglio bene, anzi ti amo come ti amavo quando mi svenavo di masturbazioni per desidero della figa che davi tanto disinvoltamente ad altri; il problema vero è ora cosa succederà … “
“Sai qualcosa delle intenzioni di tuo padre?”
“Ha già deciso che stamani l’avvocato ti propone una domanda di separazione consensuale; se firmi, sarete ipso facto separati in attesa di divorzio; se vuoi impiantare una lite giudiziaria, dovrai trovarti un ottimo avvocato e prepararti ad affrontare una guerra senza quartiere che per te si prevede sicuramente perduta.”
“Lo pensi tu o hai prove?”
“Hai chiesto tu la separazione dei beni; non hai diritto a niente; non puoi contare su un assegno perché si dà solo per i figli affidati; siamo tutti e due maggiorenni e ci chiederanno con chi stiamo; scusami ma, tra una madre indigente e puttana ed un padre che può farci completare gli studi, io e Giulio abbiamo già scelto che stiamo con lui; tuo marito, che è comunque un uomo buono e generoso, ti farà assumere nella fabbrica di un suo amico, ma solo come operaia e con un salario che non ti consente di mettere insieme pigione, pranzo e cena; se almeno avessi avuto il buonsenso di farti un amante in grado di mantenerti … “
“Senti, stronzo, non usare il verbo amare; ho amato solo un uomo che poi ho odiato ferocemente; ora lo amo e lo odio con la stessa intensità; non ho mai avuto un amante, per questo cercavo cazzi che mi sfondassero; non lo facevo per me ma contro tuo padre, ti è chiaro?”
“A proposito di paternità, guarda che papà ti chiederà l’autorizzazione a fare il test del DNA per noi due; per come ti sei comportata, l’ipotesi che non siamo figli suoi non è poi tanto peregrina … “
“Puoi chiamar tuo padre per me? A me non risponderebbe, se ho ben capito.”
Lo chiama e me lo passa.
“Ciao Alfredo, non riattaccare; sono una troia ed hai tutti i motivi per odiarmi; volevo però dirti che autorizzo tutti gli accertamenti che vuoi sulla paternità; ti ho amato da prima che ci sposassimo e sono stata la moglie più fedele per i primi anni di matrimonio; di una sola cosa sono più che certa; i nostri figli sono miei e tuoi, di nessun altro; comunque fai pure i test; io sono serena.”
“Non ho mai avuto dubbi su di te; il test è conseguenza di stupidi errori; chiedo scusa a te e ai ragazzi se mi tolgo questo dubbio; ma i fatti dicono che è meglio la verità scientifica; per il resto cosa decidi?”
“Mio caro, per una vita mi sono attenuta alle tue decisioni; lascia stare la moralità; pensa alla logica; ho sempre vissuto alle tue dipendenze, ed è questa la vera causa della mia stupida ribellione, essermi rassegnata alla tua tirannia e avere reagito irrazionalmente; accetto tutto quello che il tuo raziocinio mi propone; so bene che non avrò mai una pensione, se comincio da operaia a 42 anni; ma la colpa è stata solo mia; cercherò di farcela e pagherò in vecchiaia gli eccessi stupidi di gioventù.”
“Hai parlato coi ragazzi?”
“C’è qui Nicola, Giulio non l’ho viso, spero non sia andato in tribunale per tentare di cancellare la madre dalla sua vita … scherzavo, lo so che non si può; intendevo dire che spero che non mi condanni fino a cancellarmi anche dai ricordi; Nicola mi sembra meno ostile; sentirò e vedrò anche Giulio; se il prezzo è questo, lo pago; in fondo, posso sempre concludere in bellezza, basta una passeggiata alla stazione e un merci di passaggio … “
“Non essere melodrammatica; pensa a ristabilirti e impara due cose, l’umiltà che non hai avuto, e la capacità di guadagnarti la vita, di cui non hai mai avuto bisogno.”
“Grazie per la lezione, maestro; in materia di umiltà, sei proprio il pulpito giusto! Sei sempre meravigliosamente impeccabilmente stronzo; un po’ di corna ti umanizzavano, forse; perdonami, cerco di sdrammatizzare un momento che è molto difficile. Addio … Bene, ragazzo, tua madre ora è nella merda e non so se ne uscirà; vi prenderete voi cura di vostro padre? Almeno in questo, gli ero indispensabile … ”
“Sbagli ancora, mamma; papà è da dieci anni che ha una doppia vita; sapeva della tua depravazione, non ha fatto storie e si è costruito una vita parallela con una donna bella e paziente che gli ha dato anche un figlio; abbiamo un fratellino, forse dovrei dire fratellastro ma non mi riesce, che ha sei anni ed è dolcissimo.”
“Ah, meraviglioso! Tuo padre, l’inappuntabile talebano che impone a tutti i modi di vita, da dieci anni ha una storia importante con Corinna?”
“La conosci?”
“Certo; è una donna bellissima, di almeno dieci anni più giovane di me, efficiente, attiva e indispensabile per tuo padre; adesso capisco perché se la portava a tutti gli incontri, i convegni, gli stage; era la madre di suo figlio. Vedi quanto è stupida tua madre? Io credevo di avere notti da passare con i miei maschi e lui coltivava il suo amore fedele ed unico; lui ha già la sostituta di qualità ed io dipendo dalla carità del mio ex marito, se voglio sopravvivere.”
“Mamma, hai sbagliato tu; lui ha risposto alle tue scelte emotive e sbagliate con altre razionali e giuste; tutto qui; tu devi riparare le falle e sperare; lui deve riorganizzarsi una nuova famiglia.”
“Ti hanno detto per quanto tempo starò qui ricoverata?”
“Non molto; tra qualche giorno potrai uscire, ma dovrai tenere il gesso per più di un mese e camminare con una stampella; poi dovrai fare riabilitazione dell’arto.”
“Cavolo; e dove li prendo i soldi per sopravvivere finché comincio a lavorare? E la riabilitazione, come la pago? Ma, soprattutto, dove vado a stare, se a casa non posso tornarci?”
“Non so cosa dirti; posso solo rassicurarti su un aspetto; papà mi ha dato un po’ di soldi con cui puoi resistere almeno un mese, il tempo per percepire il primo salario; ma credo che non te ne farebbe mancare, se gliene chiedessi; se escludiamo le corna, ci sono comunque ventitré anni di vita trascorsi insieme, due figli allevati benissimo e cresciuti meglio, insomma non credo proprio che ti voglia cancellare dalla sua esistenza; per il resto, mi sa che dovrai inventarti qualcosa tu.”
“Corinna e il piccolo vivono nella casa di tuo padre?”
“Sì; devo dire che abbiamo legato subito; lei è una sorella maggiore per noi e noi siamo i fratelli maggiori per Giorgio; ormai si sono trasferiti completamente.”
“Certo non hanno perso tempo, per fortuna.”
“Perché per fortuna?”
“Se mi dimettono, mi accompagni da tuo padre?”
“Sicuro; perché no? Ma che ci vai a fare?”
“A inginocchiarmi e ad implorarlo … “
“Tu sei proprio matta … “
“Amore mio, non sono matta; sto rinsavendo, anzi, e sto facendo tesoro di quello che Alfredo mi ha suggerito; umiltà, innanzitutto.”
I medici mi lasciano libera, mi metto in macchina con mio figlio e andiamo dal mio ex marito; mi riceve con più affetto di quanto mi aspettassi; ci sono la compagna e il figlioletto.
“Ciao, Alfredo; Ciao Corinna, sei sempre bellissima; questo è il vostro bambino? Meraviglioso. Senti, Corinna, tu adesso vivi a casa di Alfredo, come è giusto; so che ti ha intestato il miniappartamento che avevamo da giovani sposi; io non so dove andare; ti creerebbe disagio o turbativa lasciarmelo in uso almeno finché non trovo una sistemazione?”
Nicola rimane basito di fronte alla mia uscita; anche Corinna è perplessa; Alfredo non fa una piega.
“Cara, anche se lo affitti, quei pochi soldi non incideranno sul nostro bilancio; Anna invece ha bisogno subito di una casa; conosce benissimo la tua che è stata nostra finché non sono nati i ragazzi; io credo che sarebbe bello lasciargliela usare fino a che, speriamo, trova una sua strada; io direi proprio che si può fare.”
Corinna si limita a prendere le chiavi e a consegnarmele con un gesto quasi di affetto; rispondo con un largo sorriso; Alfredo sembra solo allora rendersi conto della stampella.
“Dovrai fare riabilitazione?”
“Dovrei; ma non ho soldi e queste palestre costano … “
“Avrai anche commesso errori, ma sei ancora mia moglie, almeno fino al divorzio; pago io la cura.”
Detto fatto, telefona alla palestra, chiede gli appuntamenti per me e incarica di mandare a lui il conto; sono sorpresa; Nicola sorride come un pasqua; anche Corinna pare rilassarsi; li saluto cordialmente, suggerisco a Corinna di stare attenta ai colpi di testa; mi guarda stralunata; Nicola mi accompagna alla mia prima casa in città e comincio la mia nuova vita.
Sono già due settimane che, a giorni alterni, frequento la palestra; inevitabilmente osservo che un signore di poco sopra i cinquanta anni, molto tonico ed energico, mi guarda con interesse, quasi già mi conoscesse; ma sono certa di non averlo mai visto e di non averci scopato nei miei raid sessuali; lui finalmente si decide e mi aggancia immediatamente.
“Sbaglio o lei è la moglie di Alfredo … “
“Ex, per l’esattezza; ci siamo separati da poco.”
“Ah, sì, per quello storia di adulteri … “
“Intende farmi la morale?”
“Dio me ne guardi anzi … io mi chiamo Stanislao, Stani per gli amici, sono vedovo da qualche mese; proprio in relazione a quei discorsi a cui accennava lei, non solo non intendo fare moralismi, ma addirittura mi riesce più facile confidarle che ho qualche piccolo problema per il quale non riuscivo a legare bene con mia moglie buonanima.”
“Che problema?”
“Bah … ecco …. Insomma, io sarei quello che si dice un guardone; ma mia moglie più di una missionaria non mi ha mai concesso; speravo, da vedovo, di trovare qualche occasione per essere più libero … “
“Detto in altri termini, mi stai proponendo di fare sesso davanti a te che stai a guardare?”
“No; assolutamente no. Quello che intendo sarebbe andare a vivere insieme; sono abbastanza agiato, ho una fabbrichetta che tra poco entrerà nell’impero di tuo marito; per questo anche ti ho riconosciuto; ho una bella casa, forse troppo grande per me solo. Insomma ti volevo proporre di venire a vivere con me, di scopare anche, qualche volta, ma soprattutto di scopare con giovani da prendere in affitto da qualche parte mentre io sto a guardare e mi masturbo. Ho osato troppo?”
“Direi proprio di no; scopare è un mio vezzo personale al quale non potrei dare sfogo, come sono combinata ora; farlo con giovani tori non mi è mai dispiaciuto; lasciarti guardare con gusto, partecipando o no lo decidi tu, mi intriga molto; direi che una qualche prova si può fare e, se funziona, la rendiamo convivenza operativa.”
“Dici sul serio? Cavolo, è una fortuna; dimmi solo quando ti va di vederci e ci organizziamo immediatamente.”
“Io per questo mese ho un’intensa attività di riabilitazione; dall’inizio del mese prossimo dovrei cominciare a lavorare come operaia in un’altra fabbrica del circuito del mio ex; non so che turni dovrò rispettare; quando avrò chiare queste informazioni posso darti una risposta e fissare appuntamenti.”
“Lavorare da operaia?! Ma vuoi scherzare? Se ne hai bisogno, il lavoro te lo do io, nella mia fabbrica, e sicuramente non da semplice operaia; se poi troviamo l’intesa per realizzare il nostro progetto, l’unico lavoro lo svolgi a letto e sarà decisamente più gioioso e gratificante.”
“Beh, a questo punto, la mia gamba già fa bene il suo dovere; per me, qualunque momento è quello giusto.”
“Hai qualche preferenza circa il torello?”
“No, mi affido a te; basta che sia valido e resistente.”
“Cazzo, mi fai già eccitare; sono convinto che sei l’ideale per me … “
“Quando lo verifichiamo?”
“Stasera, naturalmente; e non ti fare problemi di economie o di lavoro; a te ci penso io; se è vero metà di quel che ho sentito, devi essere un vulcano a letto.”
“Aspetta a gioire finché avremo verificato; anche io sono curiosa di vederti all’opera. Pensi di scoparmi anche tu?”
“Solo se ti va, se me lo concedi e se non interferisce con l’attività di guardone; prima guardare, poi forse scopare.”
“Okay, Stani; adesso che usciamo mi fai vedere la tua casa; ci vediamo stasera, a cena, e cominciamo a ballare; se ci troviamo coi passi, faremo furore.”
Verso le otto mi reco nell’appartamento di lui che mi aspetta con la tavola apparecchiata e il pollo, comprato in rosticceria, già diviso in pezzi; una bottiglia di prosecco naviga nel ghiaccio del cestello e una di rosso prende aria nel decanter; ci versiamo del bianco e brindiamo alla serata; poco dopo suonano al citofono ed entra il bull, un bel ragazzo forse di origini meridionali, scuro di pelle e di pelo, con vivaci occhi neri e un fisico temprato dallo sport, forse.
Ci sediamo compostamente, quasi partecipassimo ad un pranzo di gala; lui ci osserva ansioso; decido di rompere gli indugi.
“Stani, questa sera sei tu che decidi; faremo esattamente quello che ci chiederai; quindi, se tu non dirigi e non dai disposizioni, non possiamo fare niente.”
Gli occhi gli si animano, sobbalza sorpreso come un bambino che ha aperto la scatola del giocattolo nuovo; quasi urla, d’impeto.
“Baciatevi!”
La sua bocca non mi bacia, divora le mie labbra e le succhia mentre la lingua invade la cavità orale e la perlustra tutta, centimetro per centimetro; sento il piacere scorrermi in gola e traboccare dalla figa verso il vestito, perché non ho indossato intimo; le mani mi afferrano le natiche e le stringono vogliose e forti, strofino il pube sul suo e sento il cazzo ergersi duro e grosso fino a titillarmi il clitoride.
“Prendigli il cazzo da sopra i pantaloni.”
Mi impone Stani ed io afferro la mazza e la masturbo delicatamente attraverso la stoffa delicata del pantalone; il mio partner ordina al ragazzo di succhiarmi le tette e l’altro si fionda con la bocca a ventosa sui capezzoli; mi sento strappare l’anima dal corpo quando prende a succhiare come un’idrovora; mi sciolgo in languore quando afferra i capezzoli tra le labbra e li succhia come un poppante; quando li mordicchia leggermente, brividi di goduria mi percorrono.
Ci prende per le mani e ci guida verso la camera; sul percorso mi scioglie un nodo e il vestito scivola giù, sono completamente nuda; mi libero anche delle scarpe e mi siedo sul bordo del letto; non ci vuole molto a cogliere quale sia l’obiettivo di Stani.
“Lecca le palle!”
Le prendo una per mano e le soppeso, sono grosse come albicocche e piene di sborra che vuole scaricare; le lecco delicatamente e le percorro tutte, dall’ano alla radice del cazzo.
“Mettiglielo in bocca!”
Impone al ragazzo; lui appoggia la cappella alle labbra; atteggio la bocca ad un buco di culo e lascio che lui spinga a penetrarmi come se mi stesse inculando in bocca, allargo le labbra e lo faccio scivolare fino in gola; mi chiava in gola con foga ed io accompagno l’asta con la lingua nel percorso avanti e indietro; Stani si è spogliato e si tiene in mano un cazzetto piccolo, ma non ridicolo, e si masturba con foga e passione; sborra una prima volta mentre l’altro ancora mi fotte in bocca.
“Leccala tu, adesso!”
E’ il comando successivo; il bull si inginocchia tra le mie cosce e poggia la sua micidiale bocca sulle grandi labbra; sembra che le stia baciando mentre le lingua si insinua tra le piccole e va a stuzzicare il clitoride ormai ritto da fare male; lecca, succhia a morde; ed io verso umori in una serie di orgasmi infinita; l’altro gli impone di girarmi e riprende a leccare culo, figa e perineo; per quasi una mezza ora la sua lingua percorre tutto il mio sesso ed io arrivo più volte a godere.
“Adesso scopatela come preferisci e non pensare più a me; scopate come volete; mi basta guardare!”
Mi stende supina, solleva le gambe e mi infila in figa una mazza durissima e ansiosa di assaggiare la carne morbida della vagina; va avanti a lungo ed io non smetto di avere orgasmi continui; ‘a pecorina’ indica l’altro e il bull mi gira, mi mette carponi, si inginocchia dietro e fa arrivare la mazza fino allo stomaco; sento che guarda ammirato il mio culo, lo accarezza, lo palpa, se lo gode come una cosa preziosa e viva.
“Voglio incularti!”
Mi sussurra il ragazzo.
“Stani, prendi il lubrificante e prepara l’inculata!”
Stavolta sono stata io ad essere perentoria e decisa; lui viene col tubetto del lubrificante e, sopra il cazzo duro piantato in figa, infila due dita nell’ano spargendo il fresco gel; si sofferma a distribuirlo al meglio ed io godo dell’attesa; massaggia con la mano unta il cazzo appena esce dalla figa, lo manipola per farlo ingrossare al massimo, punta la cappella e spinge; mi sento aprire dolcemente e mi godo la mazza di carne che entra piano.
“Devo sborrare!”
Implora quasi il ragazzo; attivo i muscoli del retto e non resiste; la fiumana di sperma si scarica con violenza nell’intestino; poi, delicatamente, lui si ritira e il cazzo barzotto scivola fuori; corro in bagno tamponandomi il culo con le mani; quando torno a letto, lavata e asciugata, li trovo distesi che si tengono il cazzo segandolo un poco per lasciarlo in vitalità; li prendo in mano contemporaneamente e li masturbo con soddisfazione.
Andiamo avanti per tutta la serata; il bull mi scopa con molta intensità ancora due volte in figa, a missionaria e a pecorina, ed altre due mi incula vogliosamente; passo gran parte del tempo a succhiarlo, per farlo venire duro ogni volta o semplicemente per il gusto di tenerlo in bocca e assaporare il gusto meraviglioso del sesso giovane e vibrante; più volte mi scopa tra i seni, facendo arrivare il cazzo fino alle labbra; sborra ancora una volta in figa; poi ci lascia.
Alla fine delle grande giostra, chiedo a Stani se desidera scoparmi da solo; mi fa osservare che ha sborrato tre volte mentre scopavo col bull, che ha provato un piacere immenso e che non se la sente di provarci ancora a rischio di star male; chiudiamo lì il gioco e ci addormentiamo; ma è evidente che i fatti hanno dimostrato che esiste l’intesa per convivere; ringrazio Alfredo per l’offerta ma rinuncio a lavorare da operaia; rendo le chiavi dell’appartamento e vado a vivere con Stani.
Finisco per trovarmi bene, anzi meglio che con Alfredo; la cosa più faticosa che faccio è scopare, con lui tutta la settimana e con un bull, per lui, il sabato sera; farlo con lui mi diverte persino, visto che il suo cazzetto non presenta problemi di penetrazione e che lo schema preferito è farsi delle enormi seghe mentre guarda voglioso qualunque cosa, dai ditalini che mi sparo davanti a lui, a cosce larghe e figa osservabile quasi fino all’utero, ai filmini che raccoglie da ogni dove.
Il sabato, naturalmente, è tutta un’altra storia; ogni volta mi propone un soggetto diverso, ma in genere preferisco torelli con cazzo non grossissimo per giocarci senza forzature e senza violenze; è cliente fisso di un’agenzia che gli propone ragazzi idonei, ha capito i caratteri che preferisce e glieli procura, assolutamente garantiti e sicuri; con loro passo serate meravigliose di sesso e goduria, con sborrate epiche che durano spesso fin verso l’alba; trascorrono pigramente alcuni mesi.
Agli inizi d’autunno, c’è una grande festa dell’Associazione Industriali della Provincia e sono tutti presenti con famiglia; Alfredo ci è andato in pompa magna accompagnato dalla sua bellissima compagna che davvero solleva ammirazione e invidia per la bellezza naturale, per l’eleganza dei modi e del portamento, per l’abbigliamento scelto con cura; hanno lasciato il piccolo ad una baby sitter; sono con loro Nicola e Giulio, i nostri figli che guardo ammirata come li vedessi per la prima volta.
E forse mi ero anche un poco distratta negli ultimi tempi, perché scopro due giovani straordinari, con un fisico curato e maturo, muscoloso e asciutto, eleganti nei modi e ricercati nell’abbigliamento casual; me li scoperei immediatamente se solo ne avessi l’occasione; sono bellissimi e sento i mormorii di ragazze e signore; saluto con la mano da lontano.
Io sono leggermente più dimessa, in parte perché ancora mi porto dietro il risentimento dei danni riportati nell’incidente, in parte perché ho scopato molto negli ultimi tempi, ma soprattutto perché non ho nessun interesse a mettermi in mostra o in caccia per catturare un giovane toro; ho con me il compagno ormai ufficiale, che tutti conoscono come cuckold, e il torello che ha scelto per la serata, quando saremo solo noi tre e mi potrò scatenare in una scopata epica, visto che è sabato sera.
Ma è proprio la presenza del bull a sollevare qualche disapprovazione e il conseguente dissapore; a renderlo manifesto, almeno a me, è mio figlio Nicola che mi si avvicina con aria aggressiva e, con la scusa di baciarmi su una guancia, mi sussurra in un orecchio un rimprovero che, in realtà, non ha nulla a che vedere con la sconvenienza della presenza del bull alla festa, ma è piuttosto un’autentica scenata di gelosia da uomo innamorato.
“Anna, ma che cazzo combini? Con chi ti vai a mettere?”
“Che problema hai, ragazzo mio?”
“Che problema?!?! Ma allora proprio non vuoi capire! Ti avevo pur detto che da ragazzi ci hai fatto svenare di seghe per le tue scopate; ora ti presenti accompagnata da un cuckold e, come non bastasse, aggregate pure il bull che stanotte dovrà scoparti per il piacere del tuo guardone? Cazzo, un po’ di buonsenso!”
“Senti, amore mio, potrei risponderti in tanti modi, a cominciare da ‘che ti interessa da quali cazzi mi faccio scopare?’ a ‘ce l’hai una proposta alternativa?’ a … “
“Fermati! Visto che stupida non sei, allora devo pensare o che siamo su diverse lunghezze d’onda o che non ci arrivi proprio; io me ne fotto di chi ti scopi; sono io che voglio scoparti! Anna, mi porti a letto, stasera? Mi fai stare non da te, ma con te?”
“Perdonami; non avevo capito! … Stani. Dai al torello quel che gli spetta e mandalo via; stasera si fa a modo mio; non avrai da pentirtene … Imbecilletto di Anna che ti ama, io non avevo il coraggio di dirtelo; ti rendi conto di cosa significhi per me farti rientrare nell’utero da dove sei nato? Vuoi capire che non c’è sogno più bello di un incesto con un figlio adorato? Semplicemente non avevo coraggio; mi hai tanto massacrato coi giudizi morali, di cui tuo padre ti ha imbottito, che non osavo proportelo.
Se ti voglio? Anche qui, adesso, davanti a tutti, non solo al mio guardone. Vuoi dormire con me, dopo avere scopato, naturalmente? Anche tutti i giorni; ma non potevo essere io, la troia, la depravata, a farti la proposta; aspettavo un segnale; me l’hai dato? Sei mio, da adesso a domani mattina; ti insegnerò a scopare una donna calda e vogliosa, maledetto ragazzino capriccioso!”
“Come la mettiamo con Giulio?”
“Ha la tua stessa disponibilità, desidera come te possedere sua madre? Volete scoparmi in doppia? Parla, aiutami a capire; sono pronta a tutto, per voi, anche a farvi diventare i miei unici amanti per tutta la vita. Ti basta?”
“Certo che ci basta, tesoro nostro!”
A parlare è stato l’altro mio figlio, Giulio, più grande del fratello poco più di un anno; me lo sento all’improvviso alle spalle, col cazzo piantato tra le natiche; ha preso da suo padre, evidentemente, ed ha una mazza di grande valore; ma il calibro di quella di Nicola non si rivela inferiore, quando me la pianta tra le cosce per abbracciare, insieme, me e suo fratello; sento che comincio a versare umori dalla figa che rischiano di rovinare il mio bel vestito.
“Ragazzi, se insistete ancora, scoppia uno scandalo senza precedenti con la mamma troia che si fa scopare in piedi dai due figli in doppia penetrazione; tra poco scappiamo via; potete pazientare qualche minuto?”
Andiamo via quasi alla chetichella; il più sbalordito sembra Stani che ha conosciuto solo quella sera i miei figli ed ancora non ha capito perché vengono via con noi; in macchina, Nicola che è il più infiammato tra i due, si siede sul sedile posteriore e quasi mi costringe a sedermi al suo fianco, non appena siamo vicini, mi stringe in un abbraccio che è d’amore puro e la sua bocca diventa un aspiratore che passa su tutto il viso, sulla gola, sul seno e soprattutto sulla bocca che divora quasi a succhiarmi tutta; allungo le mani e vado a cercare il bastone che ho intuito tra le cosce nell’abbraccio in sala; è meraviglioso, gli sussurro.
“Che cazzo bellissimo, voglio sentirlo dappertutto; stasera sarai il mio bull!”
“Posso accarezzarti la figa? Non vedo l’ora di sentirla viva e bagnata.”
“Il vestito non si presta; troppo lungo e troppo chiuso; accontentati del seno che ti aspetta con la stessa ansia, con lo stesso desiderio; sai, amore mio, quando eri piccolo e poppavi, io mi facevo succhiare volentieri e a lungo perché la tua bocca mi stimolava e mi faceva sborrare; si, amore, sei stato il mio primo amante, il primo uomo col quale ho fatto le corna a mio marito; non puoi immaginare con quanta ansia ti venivo a prendere per la poppata; era più eccitante che prepararmi ad una grande scopata.”
“Stasera ti farò godere in maniera che non potrai più trovare un uomo in grado di darti le stesse emozioni; ho una voglia di te vecchia di almeno cinque o sei anni; non vedo l’ora di sentirmi immerso nella tua figa; ti amo tantissimo, come donna, desidero scoparti come non ho mai desiderato; tra poco ti succhierò l’anima; finalmente potrò dire che sei tutta mia!”
“Volete smetterla là dietro? Mi sembra di essere il terzo incomodo; state facendo tutto voi, per voi, da voi … “
“No Giulio, ti amo da morire, non sai quanto soffro i tuoi silenzi severi; perché non mi baci anche tu con lo stesso amore? Ho bisogno di tutti e due, anche insieme, se è possibile.”
“Ci avrai; dovrai solo badare a non farti male con due sberle di questa fatta!”
“Anna, ma non ho capito male? Stasera vuoi scopare coi tuoi figli?”
“Stani, coi miei figli ci faccio l’amore, non ci scopo semplicemente; ti è chiaro perché ho detto che ti darò una serata straordinaria? Stanotte questi ragazzi torneranno nell’utero da dove sono nati e me li prenderò tutti e due, uno per volta e tutti insieme, li succhierò fino a dissanguarli, me ne ciberò come Tieste ingannato da Atreo, li voglio, sono miei e per stasera almeno voglio che lo siano anche fisicamente; tu te ne starai a guardare e dopo, forse mi farò scopare anche da te.”
“Anna, sei certa che non saremo noi a divorarti? Io ti voglio circondare di tanto amore che non ci sarà più spazio per nessuno!”
“Nicola, te l’ho già detto; se dovesse scoppiare tra noi un amore epico, sono anche pronta a prendervi come amanti per il resto della vita; non mi interessa se avete una o cento ragazze, se vi sposate con una o dieci donne; io vi voglio e, finché posso, vi sequestro in una macchina come questa e vi posseggo, vi prendo tutto; io tra poco divorerò il tuo cazzo e te lo restituirò prosciugato, perché ti amo e ti voglio dentro, completamente!”
“Tu continui a parlare solo con lui; giuro che ti occupo come un fortezza e non esco più dalla tua figa.”
“Ragazzi, state calmi o mi fermo e mi sparo una sega enorme; mai sentita nell’aria tanta libidine; per fortuna siamo arrivati.”
Non ho il tempo di respirare; Nicola mi è addosso e mi stringe fra le braccia; allungo una mano e, mentre lui mi riempie la bocca con la lingua vogliosa, afferro il cazzo da sopra al vestito; sento che alle mie spalle Giulio mi sta sollevando l’abito e le sue mani si appoggiano sulle natiche; allungo una mano dietro, incontro il cazzo già nudo, lo prendo a mano piena e ne gusto la consistenza di seta; è di una dolcezza infinita; godo immediatamente e Nicola lo avverte dalla salivazione.
Sposto il cazzo di Giulio tra le cosce, lo appoggio alla figa evitando il filino del perizoma e lo appoggio all’imbocco della vagina; spinge con forza sovrumana e sento che mi penetra dolorosamente.
“Amore, fai piano; ce l’hai grosso e lo sento forte.”
“Ma non doveva passarci un tir, secondo l’opinione comune?”
“Vai a dire a quello stronzo che lo racconta in giro che il mio amore Giulio ha un trasporto speciale fra le cosce e si scopa i tunnel ferroviari facendosi sentire; me ne frego che mi spani, sono felice di sentirti dentro; ti amo, Giulietto mio, ti amo infinitamente.”
“Non puoi immaginare quanto ti amo io; non sai quante volte ho sognato questo momento!”
“Mi lasciate fuori, allora?”
“Stupidone mio, che ti ho detto in macchina? La tua bocca sulle tette mi mandava in estasi fin da piccolo; che aspetti a succhiarmi i capezzoli? Se preferisci, allora mi piego e te lo succhio io!”
“No, voglio i tuoi capezzoli; è vero; voglio sentire l’amore che viene giù dal seno, dalla figa, da tutto il tuo corpo.”
“Stani, come stai; ti senti emarginato?”
“Vuoi scherzare? Ho davanti a me la materializzazione di tutti gli amori, quello materno che tracima nel sesso, quello filiale che indurisce i cazzi, quello emotivo, quello fisico; siete meravigliosi; tu non te ne sei accorta, ma io ho già sborrato una volta; stasera rischio l’infarto, se non mi controllo. Ma un pizzico di quell’amore, per me, lo provi?”
“Mi spiace; io l’amore l’ho dato sempre e solo a un uomo e ai figli che da lui ho avuto; agli altri ho dato e do solo il sesso; di quest’amore neppure una briciola può essere sprecata … Giulio, staccati da me; non voglio che arrivi all’orgasmo; sei rientrato nel tuo utero; adesso fermati e facciamo tanto amore, ti va?”
“Si, Anna; va bene; mi stacco … “
“Dio, che vuoto mi lasci; non ho mai provato una simile sensazione di distacco; è una parte di me che se ne va, perché il tuo cazzo è una parte di me che si era staccata ed ora, per qualche minuto, è tornata dentro.”
Ci spostiamo finalmente in camera e Giulio mi spinge immediatamente sul letto; Nicola si stende al mio fianco e riprende a titillarmi il seno, succhiando i capezzoli con una passione straordinaria; Giulio si fionda sulla figa e percorre tutto il pube, fino al buco del culo, con le mani, con la lingua; poi ci appoggia il cazzo e me lo fa sentire dappertutto; Stani, seduto sulla sua poltrona abituale, si sta sparando una sega che non ha eguali; gli chiedo se vuole che lo succhi; mi accenna di no e continua a fissare incantato i miei figli e i loro cazzi che mi accarezzano tutto il corpo.
Ormai li voglio, dentro; ma non riesco a decidere chi dei due in figa e chi nel culo; so che non digerirebbero bene la scelta dell’altro; faccio stendere Nicola sul letto, lo scavalco e mi siedo da cavallerizza su di lui; lo vedo impressionato mentre la mazza scivola nella vagina e va a colpire la cervice dell’utero; gli impongo di starsene fermo; mi volto a guardare Stani; ormai ci comprendiamo a gesti, va in bagno e torna col lubrificante; mi unge il canale rettale dove infila tre dita che fa ruotare.
Anche i ragazzi hanno almeno intuito, ma sembrano impressionati dall’ipotesi che la gracile mammina possa prendersi, contemporaneamente, due mazze così grosse nella figa e nel culo; non hanno neppure idea di quello che una donna innamorata è capace di fare; e non ancora realizzano che li amo alla follia, che farei per loro qualunque cosa e che, da buona mamma, voglio che siano felici insieme.
Stani che mi conosce prepara per bene le cose, abbassa la testa di Nicola finché ha la bocca su un capezzolo; capisce e prende a succhiare; mi sento strappare il cuore dalla pancia, esplodo in uno squirt che è amore totale; Stani prende Giulio, ancora sconvolto, per il cazzo e lo appoggia al mio culo, gli da una prima spinta; Giulio finalmente si riprende, mi afferra per le anche e spinge la mazza, dolorosamente, nel culo.
“Amore, fai piano, Nicola già mi riempie e il tuo randello è gran bella cosa; scopami con garbo. Vi amo, tantissimo.”
Spinge in fondo e i suoi coglioni vanno a battere su quelli di Nicola; si fermano entrambi incantati ed ascoltano, quasi, con i cazzi decisamente impiantati nel mio corpo, l’amore che promana dalla situazione quasi assurda di cui sono protagonisti senza essersene accorti; Stani è il più entusiasta di quello che sta avvenendo.
“Adesso capisco che vuole dire Trinità; tre corpi che formano un solo amore, sembrano uno solo e si armonizzano perfettamente!”
I miei figli sembrano esaltarsi per l’osservazione e mi baciano da tutte le parti, Nicola sul davanti tra seno collo e viso, Giulio da dietro, seguendo con le labbra la linea della spina dorsale, mentre con le mani mi tiene a palme larghe il culo morbido e compatto, al tempo stesso; mi abbandono alla lussuria della doppia penetrazione ed attivo i muscoli di tutto il ventre per godermi il senso di possesso che esercito sui ‘miei’ cazzi rientrati nel corpo da cui sono usciti.
Sento che sono nel pallone entrambi, presi da una foga sessuale stupenda, ma anche da un amore immenso che è filiale, materno, sentimentale, fisico, sessuale; esplodono all’unisono, quasi lo avessero predeterminato; tre urli si uniscono in un suono unico; sono loro due che scaricano nel mio corpo due fiumi paralleli di sborra; ma sono soprattutto io che esplodo al cielo la mia soddisfazione per avere finalmente su di me, sotto di me, i frutti di un antico amore; piango, involontariamente.
Si spaventano e mi chiedono perché; li rassicuro che è solo gioia, enorme, infinita, perché ho finalmente i loro corpi nel mio; gli impongo di non muoversi finché non sentiranno scaricata la tensione amorosa che ci stringe insieme; gli accenno solo che un grande amore può dare frutti straordinari e che io sto cogliendo i migliori della mia vita, qualunque cosa se ne dica.
Nicola è il più stanco, perché gli siamo pesati addosso in due; ci stacchiamo con molte cautele, soprattutto Giulio mentre mi sfila dal culo il cazzo barzotto ma sempre pericolosamente grosso; ce ne stiamo per qualche momento sdraiati sul letto a riprendere fiato; la sborra che mi scorre da culo e figa inonda il letto, ma non me ne curo; come sempre, provvederà la donna delle pulizie che è abituata a certi spettacoli, il lunedì mattina.
“Mamma è stata la cosa più sesquipedale che potevamo realizzare. Sai che faccia farebbe tuo marito se ci vedesse!”
“Nico, amore mio, dov’è quel ragazzo che qualche mese fa giurava che non ero più degna del titolo di mamma?”
“Hai ragione; perdonami; forse non ancora ho capito tutto, ma mi hai già lasciato capire che non è stata solo colpa tua quel che è successo … “
“In quanto a vostro padre, non credo che questo spettacolo spaventerebbe l’amante del pompino … “
La frase di Stani suona stonata.
“Stani, che diavolo c’entra un amante del pompino?”
“Non sai che Alfredo in certi ambienti è famoso perché va solo a farsi fare pompini? Non hai mai conosciuto Eloisa?”
“Mamma, chi è Eloisa?”
“E’ una puttana di professione che esercita in un bordello di lusso; l’ho incontrata una volta e mi hanno spiegato che è soprannominata ‘gola profonda’ o ‘regina dell’ingoio’ per la sua specialità lavorativa, pompinara con ingoio … chi è l’amante del pompino di cui Eloisa sa?”
“Come, chi è? Anna, davvero non sai che tuo marito è un cliente affezionato di Eloisa e la frequenta solo per i pompini? Per le altre cose, ha altre specialiste.”
Siamo in tre a strabiliare, perché ne abbiamo fino alla nausea dei discorsi bigotti di Alfredo, io e i nostri due figli.
“Mamma, c’è per caso qualcosa che dovresti aggiungere a quel quadro? Adesso mi pare che le cose assumano un’altra luce.”
“Nicola, aspetta; lasciami pensare … oh,dio, … suo padre! … “
“Mamma, che c’entra il nonno?”
“Allora, ascoltami; ti ho già detto che la stupidità di mio padre incrinò i rapporti fin da quando eravamo fidanzati perché fece storie sulla dote; quello che non ho detto perché non sapevo, è che tuo padre è da sempre succubo di suo padre, bigotto baciapile talebano in casa e puttaniere fuori casa; quello che non avevo intuito era che vostro padre ne è vittima e seguace; in casa, impone e sbandiera la castità, la fedeltà, i limiti e tutte le altre cazzate; lui si va a sfogare nei bordelli e si sente puro.”
“Anna, se è vero, è un grandissimo figlio di puttana; spieghi anche a me, come hai fatto a Nicola, non tanto la storia del potere di cui mi ha detto mio fratello, ma questa del puritanesimo? Quand’è che lo hai cornificato la prima volta e perché?”
“Da sempre vostro padre mi predicava, e mi aveva costretto ad accettare, che si scopava alla missionaria solo allo scopo di fare nascere i figli; tutto quello che si diceva del sesso ‘altro’ era traviamento, perdizione, vergogna e peccato; gli credetti, perché lo amavo follemente e neppure mi accorgevo di come mi ero fatta schiavizzare a lui e ai pregiudizi orrendi di cui era portatore; non domandavo e di nascosto soddisfacevo i pruriti di figa con lunghe masturbazioni, peccato anche quelle.
Una sera, ad una festa, avevo bevuto un po’ di vino e di liquori; astemia come ero, persi un poco la testa e mi trovai in un giardino con Giuliano, un amico di vostro padre, che mi baciò a tradimento; provai un’emozione diversa; quando mi fece accosciare e mi piazzò davanti alla bocca un cazzo di normale dimensione, niente a che vedere con quello di vostro padre, non seppi tirarmi indietro e mi scopò in bocca, fino a sborrare; ingoiai la sborra, la vergogna e il senso di colpa, tutto insieme.
Passata la sbronza, a casa, tentai di ripetere il gesto su mio marito; mi trattò da sgualdrina, mi cacciò dal letto e per un mese non mi concesse neppure la solita missionaria; fu allora che decisi che avrei provato altrove; lo feci col bagnino, poche settimane dopo, in vacanza; scoprii un altro mondo e decisi di tradire la fiducia, di fare tutto con tutti; non ho mai smesso di amare Alfredo; come hai detto, al di là di questo limite, è l’uomo migliore del mondo; ma ho fatto a modo mio, anche stasera.”
“Credi che stia facendo la stessa cosa anche con la nuova compagna?”
“Lei ha trent’anni, stanno insieme da dieci; ne aveva venti quando l’ha sverginata, più o meno come con me; temo che stia ripetendo il copione; lei, come me, neppure immagina che lui soffra della repressione paterna nel talamo nuziale e si sfoghi con le puttane, come facevano suo padre e suo nonno, prima di lui.”
“Forse Corinna andrebbe messa sull’avviso … “
“Giulio caro, chi lo fa? Chi si assume l’incarico ostico di parlare di sesso ad una vergine madre?”
“Anna, non lo so; forse lo farò io; ti rendi conto di quale sofferenza è sapere che la donna che adoro da quando sono nato e che sono stato spinto ad odiare dall’ipocrisia di un talebano, adesso mi sta ancora aprendo gli occhi, come quando ero bambino, e mi dice che la verità è altro da quella che mi rifilano? Non credo che sia sano consentirgli di schiavizzare quella donna e, dall’altro lato, non vorrei che lei si trovasse come te a dovere fare scelte errate e terribili.”
“Amore mio, perché siete i miei amori ed ora sono io che vi proibisco di chiamarmi mamma specialmente quando abbiamo scopato come scimmie, con tantissimo amore, io almeno; amore mio, se potessi, sarei io stessa a parlare con Corinna per metterla sull’avviso rispetto a quello che sta succedendo; io ho due ostacoli insuperabili; il primo è che non sono credibile con la fama che Alfredo mi ha costruito; l’altro è che, ci puoi giurare, lei è tanto innamorata di lui che leggerebbe qualunque indicazione diversa come una cattiveria per screditare l’uomo che ama; con una donna così, non hai speranza; crederà a lui e alle sue prediche talebane.”
“Anna, se io potessi essere, come sono ora, davanti a te, prima che diventassi mia madre, io te lo farei il discorso, e mi scontrerei anche con tuo marito, con la tua fede cieca; ho bisogno di tentare di riscattarmi per non avere capito, per averti giudicato, condannato e fatto eseguire la condanna; se posso trovare un percorso qualsiasi per sbugiardare mio padre, non esiterò a farlo e, se conosco la donna che amo, non me lo proibiresti, anzi, mi incoraggeresti; quindi, lascia che faccia il mio percorso; alla peggio, ti vengo a chiedere ospitalità … “
“Giulio, ma vale anche per te Nicola; so come e quanto amate Anna; tutti e tre non ci risparmiamo per farla felice; se, per qualunque motivo, doveste avere bisogno di vostra madre, non di Anna che potete avere quando volete, ma di una madre che vi sostenga e vi aiuti, io sono qui a cercare di farla felice; non sono un imperatore come vostro padre, ma posso concedermi molti lussi; se entrate in collisione con vostro padre e decidete per l’affidamento ad Anna, sarete i miei pupilli.
Tra me e lei non c’è amore, perché lei lo ha già dato tutto, ma c’è affetto, solidarietà, comprensione, complicità; in qualunque momento, fate conto su vostra madre e su tutto quello di cui lei può disporre, del mio ed anche di me.”
“Stani, essere maledetto, perché dici le cose con tanta crudezza? E’ vero che non so e non posso darti amore; ma ti do tutto il resto della mia vita, il mio affetto, la mia devozione; lo so che sei con me e che posso fare affidamento su te; ma qui si tratta di evitare che una povera vittima della repressione paterna faccia altre vittime; si tratta ci cercare di educare lui, non di salvare Corinna o Anna o chiunque altro.
Capisci Giulio? E’ l’obiettivo che sbagli; tu devi preoccuparti di tuo padre; è lui che va convinto ad essere leale e al passo coi tempi, non Corinna ad essere convinta a scopare liberamente; credi di farcela a scardinare le incrostazioni di ipocrisia di tuo padre?”
“Anna, non lo so; anche se non devo dirlo dopo avere fatto l’amore, tu sei comunque mia madre ed hai scardinato in me, in noi, il tabù dell’incesto, il più grave peccato che si possa immaginare; io ti amo con tutto il corpo, adesso, e lo farò anche se mi sposerò, a costo di essere l’amante segreto; ma io sono anche figlio di mio padre e, perbacco, devo riuscire a farlo ragionare; è così brillante nelle cose concrete, perché devo lasciarlo cavernicolo in quelle che attengono a bigottismo ed ipocrisia religiosa?
Lascia che ci provi, almeno; adesso mi dici se ci vuoi cacciare via o se ci concedi l’elemosina di un poco di amore ancora?”
“Senti, stupido, io non ti impedisco niente; posso al massimo proporti di cambiare area di intervento; tu mi hai assaggiato dietro, lui davanti; riproviamo a posizioni invertite? … Forse però, adesso puoi anche lasciarti succhiare, Stani; non è proibito entrare nel nostro cerchio d’amore, specialmente se ne sei largamente artefice.”
“Quindi un poco del tuo amore sarà anche per me?”
“La smetti di fare dei distinguo così sottili? Se non provassi amore per te almeno quando stiamo scopando, credi che riuscirei a stare così bene? Ti voglio bene; qualche volta mi scappa di amarti e ne sono felice.”
“Io invece ti amo e sono sempre felice, specialmente quando ammiro la tua grandezza umana!”
“Anna, è vero; sei grande, come mamma e come donna!”
“Basta con le adulazioni; è il momento del sesso, che sia tanto, forte e dolce.”
Mi sazio dei miei figli fino al mezzogiorno di domenica; mi sembra di non averne mai abbastanza, vorrei davvero farli e pezzi e cibarmene per prenderli tutti in me; mi accontento del loro cazzo e non mi stanco, non mi fermo, ne ho sempre uno con cui sto facendo l’amore in una parte del corpo; Stani alla fine mi deve obbligare a smettere; ora che si sono aperti e mi hanno assaggiata, sa, e lo so anche io, che non si stancheranno mai di cercarmi e che io mi stancherò ancora meno di trovarli.
Nicola, che è il più emotivo ed attaccato a me, chiede espressamente a Stani di non affittare più bull; si impegna ad essere da noi ogni sabato sera; vuole essere lui l’amante fisso di sua madre; gli spieghiamo serenamente che il rapporto è tra me e il mio cuckold, che il bull è una sorta di sex toy che affittiamo di volta in volta; se possiamo avere la certezza di un cazzo per i nostri giochi erotici, avere insieme anche tanto amore non può che renderci felici.
“Allora, risparmiati la ricerca; ci sarà sempre uno dei tuoi amori a riempirvi di gioia; e ne saremo sempre felici, credimi.”
Giulio, come al solito, è categorico e definitivo; li salutiamo perché vanno a casa e, il lunedì, alla sede universitaria; raccomando a mio figlio di evitare l’aggressività con cui si sta muovendo; amo i miei figli ed anche mio marito, nonostante tutto; voglio bene anche alla sua attuale compagna e spero di conoscere presto il bambino che è comunque il figlio del mio ex marito, anzi del mio primo grande amore.
A tavola, il clima è duro e freddo; ad Alfredo non ha fatto piacere che i figli si siano allontanati con la ex moglie; ma è la loro madre e non può obiettare niente; comunque, una decisione presa senza neppure interpellarlo non gli sta bene; lo dice con chiarezza; non è stato bello andarsene con una troia e con un cuckold; questo danneggia anche la sua immagine pubblica; Giulio riesce a non perdere le staffe e mantiene una grande freddezza.
“Per ora ti chiamo ancora papà; spero tu non mi costringa ad usare altri epiteti; Anna è mia madre, non una troia; se non smetti con queste attribuzioni, uso aggettivi e sostantivi che ti possono fare molto male; io amo mia madre, l’ho amata con tutto me stesso fino a dieci minuti fa e non consento a nessuno di usare la benché minima espressione offensiva contro di lei; un cuckold è un persona con gusti sessuali diversi rispettabilissimi; chi giudica Stani dovrebbe farsi prima l’esame di coscienza.”
“Che intendi dire?”
Corinna accenna ad andarsene quasi non le interessasse il discorso.
“Corinna, ti prego, stai seduta lì; per una volta non farti dirigere dal solo sguardo del tuo signore e padrone; il discorso ti riguarda più di quanto tu vuoi ammettere. Caro papà, come vedi uso ancora il termine, spero non per poco; in primo luogo, Stani dichiara la sua condizione e non usa due morali, una per la casa e una per l’esterno; io ammiro il suo coraggio e disprezzo l’ipocrisia di chi nasconde dietro la maschera del perbenismo le sue perversioni.”
“Che cosa vuoi dire?”
“Se dico Eloisa, ti basta o devo spiattellare tutto?”
Freme e si agita tutto, ma si trattiene.
“Che c’entra questo?”
“Corinna, ascolta questa favoletta. C’era una volta un vecchio pervertito, ufficialmente persona inappuntabile padre di famiglia, uomo di rispetto, che però frequentava bordelli e prostitute ma proibiva ai figli e ai familiari di dire anche una parola che in qualche modo sapesse di volgare; educò così suo figlio che divenne baciapile, bigotto, talebano e puttaniere; il nonno di mio padre e il mio nonno furono così ed educarono mio padre ad essere perverso e perbenista, a usare la doppia morale.
C’era anche un altro mio nonno, dio lo maledica, che fece un’ira di dio perché temeva che il fidanzato di sua figlia diciassettenne mirasse alla dote, quattro soldi e pochi stracci li ha definiti Anna che è molto serena e leale, sempre; mio nonno paterno instillò in mia madre il sospetto che mio padre fosse un tiranno spietato che voleva controllarla ad ogni costo; mia madre lo vide coi suoi occhi ma era tanto innamorata che lo accettava come naturale e normale, poiché era una sprovveduta.
L’altro mio nonno, invece, obbligò il mio ingenuo padre a vedere dappertutto il male, tranne in quello che faceva lui; così si stabilì un regime per cui mio padre cominciò ad imporre la sua dittatura su tutta la vita di mia madre, anche sulla gestione della sua sessualità; so per certo che mio padre ha un grande entusiasmo sessuale e la dotazione per praticarlo ma impone le sue leggi, quelle che vengono dalla morale di casa; fuori casa frequenta puttane.”
“Questo non te lo consento!”
“E allora chiamerò Eloisa, gola profonda o regina dell’ingoio, come preferisci, e le chiederò di dirmi chi è l’amante del pompino che ha come cliente affezionato ed assiduo da moltissimi anni … “
“Va bene; non è necessario … “
“Bravo paparino; passiamo a noi; non sei riuscito a farmi diventare talebano come te e come gli ipocriti tuoi antenati; ma il tuo atteggiamento mi fa schifo … sta fermo e zitto, altrimenti mi incazzo e ti farò ricordare che sono cintura nera di karate; come sono incazzato adesso con te, giuro che ti farei molto male. Corinna, tu lo sai che cosa è una fellazione? … Non fare la faccia di chi si vergogna, sto chiedendo il significato di una parola; il talebano non vuole che tu la pronunci, ma non sono così cretino da pensare che la ignori.”
“Calma, ragazzo; la conosco e so che volgarmente si chiama pompino; questa tua Eloisa deve essere ben esperta.”
“Eloisa è del tuo compagno, quasi tuo marito, padre di tuo figlio; è lui il cliente abituale; ma, come mi hai dimostrato, in casa ti proibisce anche di usare il termine scientifico e corretto … “
“Dove diavolo vuoi arrivare con questi sillogismi da strapazzo? … “
“Ti ho detto di non esasperarmi o ti ammazzo; non è chiaro, per te? Mia madre, alla tua età, non sapeva neanche cosa fosse un pompino; mio padre l’aveva segregata dal mondo e intanto frequentava le puttane; non è così, grande imperatore d’industria?”
“Tua madre era solo una donna morigerata e fedele … “
“Già!!!! Peccato che quella sera, sbronza, incontrò il tuo amico Giuliano che la convinse a fargli un pompino … “
“Che stai dicendo’”
“Di che ti meravigli, Corinna? Ti ho detto che mia madre era stata segregata nell’ignoranza totale dalla tirannia di un talebano; disgraziatamente apprese qualcosa da altri; lui si rifiutò persino di parlarne, quando lei gli chiese di farsi fare un pompino, la isolò per settimane; la donna, pressata dall’odio per il potere economico e dal rigetto totale per la falsa fede di suo marito, decise di percorrere una strada sua; è precipitata sempre più in basso, si è avvoltolata nella sua rabbia e lo ha riempito di corna. Come hai risposto, tiranno talebano?”
“Ma di che parli?”
“Sono ancora paziente, ti dico io; non hai il coraggio di agire personalmente; io, se ti ho promesso che ti spezzo le ossa, te lo faccio qui, davanti a tutti e mi gioco la libertà, per amore di mia madre; tu che sei vigliacco ne hai parlato a quel tuo amico mafioso che ha spedito un altro vigliacco ad un appuntamento che avevi colto e, con un’auto, ha cercato di ammazzarla; non ci siete riusciti e tu ne hai approfittato per fare il bel gesto di pagare la riabilitazione dell’arto che hai fatto distruggere.”
“Alfredo, che dice tuo figlio? Che c’è di vero?”
Con aria scocciata, il padre esce dalla sala e si chiude in camera; è davvero in preda a forti sensi di colpa, al di là della verità o dell’esagerazione dei fatti di cui viene accusato.
“Il vigliacco non si smentisce; non parlerà mai delle sue aberrazioni; lui proibisce a te di dire ‘cazzo’ e lo va a distribuire a tutte le puttane della città. Perdonami, Corinna, non puoi immaginare quanto bene ti voglio; ho sentito le cose, a sprazzi, da mio fratello, da mia madre, da quelli che lo conoscono ed ho una sola preoccupazione; quest’uomo non deve fare a te il male che ha fatto a mia madre.
Se non te ne rendi conto, io ieri sera ero il talebano che lui vorrebbe rendermi in ossequio alla lezione di suo padre e di suo nonno; per sua disgrazia, l’Università mi ha dato altri percorsi ed ho una mamma straordinaria che si è ribellata, ha lottato ed ha pagato e sta pagando a caro prezzo la sua lotta; la amo, follemente, fisicamente; Anna fa l’amore in un modo che non puoi non restarle avvinghiato per la vita; questo talebano ha distrutto anche quello.”
“Hai detto molte verità, di qualcosa non so che dire, ma su altre ti sbagli; è vero che non si parla volgare, ma non perché lo impone lui; non sono l’anima candida che forse era tua madre; ha avuto vita facile con una più debole; io non sono disposta ad accettare; sei una bella persona ed hai di lui la determinazione e la lucidità; hai anche qualcos’altro, un certo fascino che ti viene forse da tua madre.
Non preoccuparti, non sarò schiava del talebano e non avrò bisogno di fargli le corna e passare per puttana; io non lo sposerò mai; ho un figlio da lui, ma è mio figlio; se mi fa disamorare perché si comporta come hai denunciato, ci metto poco ad andarmene nel mini che mi sono fatta intestare; se proprio ti interessa, in quel caso ti chiederei addirittura di essere il mio compagno, perché io amo tuo padre e, se dovessi nausearmi di lui, prendermi suo figlio sarebbe una gran bella cosa.”
“Ti ha fatto, fratello; questa non usa la minigonna per non far vedere che ha i coglioni come un maschio!”
“Peccato che tu non abbia frequentato mia madre; siete assai simili; ma tu sei più tosta, adesso, quando serve; lei ha passato l’inferno prima di imparare.”
“Per questo ne sei tanto innamorato! Sei riuscito a farci l’amore’”
“Sono stato in paradiso. Ti basta?”
“Me la farai conoscere, prima o poi; deve essere un pozzo di esperienza.”
“Ti vuole già molto bene; e non è una che parla per parlare … “
“Colpa tua, che scateni l’amore quando parli; questo deve essere il dato che ti accomuna a lei.”
“Giulio, ma sei certo che papà ha commissionato l’aggressione a mamma?”
“Nicola, se avessi le prove, l’avrei già denunciato; parlo per logica e il suo comportamento è stato quello di chi ha un forte senso di colpa; poi conosco qualcuno dei farabutti con cui lavora … “
“Hai sentito che ha detto mamma? Non è aggredendolo e colpevolizzandolo che risolvi il problema; deve essere lui a convincersi che ha sbagliato e che deve cambiare sistema; gli hai messo sul tavolo le colpe e gli errori; adesso puoi e devi solo aspettare che ci rifletta e decida. Sta’ zitto, per favore; è comunque nostro padre e il padre di suo figlio … “
Corinna affida il bambino ai ‘fratelloni’ e si avvia verso la camera; si sente che parlano a lungo e che spesso lui sembra singhiozzare; i due fratelli, per riempire il silenzio surreale, si dedicano ai giochi del bambino, se ne lasciano coinvolgere e quasi si dimenticano delle cattiverie che sono state fatte risuonare in quella sala; il padre esce poco dopo, sconvolto, scarmigliato, decisamente sofferente; Corinna è con lui e gli stringe un braccio, per solidarietà ed affetto.
“Giulio, anche se non condivido moltissime cose di quelle che hai detto, ho capito che la massima parte delle colpe è mia e dell’educazione deviante che ho ricevuto; poiché la capacità di razionalizzare è l’unico merito che anche tu mi riconosci, ho riflettuto sulle cose dette; ho sbagliato per incapacità di reagire ad un’educazione oppressiva; posso solo essere felice che almeno voi non siete stati contagiati; spero che cresciate abbastanza liberi e determinati.
Se vi sta bene vivere con noi, vale a dire con me, con Corinna e con nostro figlio, posso solo esserne felice perché siete l’unica cosa indiscutibile che ho realizzato nella mia vita e vi voglio bene come è giusto e bello che sia; se decidete di andare a stare con vostra madre, posso solo accettare serenamente anche gli impegni che mi comporta; ma mi piacerebbe che manteneste sia con me che con lei rapporti aperti, chiari e affettuosi.
Vostra madre non è esente da colpe; ha reagito con una violenza spropositata alle mie angherie; parlare avrebbe prodotto meno danni e maggiore serenità; per sua fortuna, ha trovato una sistemazione che le consente di esprimere compiutamente la sua personalità, quale che sia; voglio che tu sappia per certo che non ho nessuna responsabilità nell’agguato che ha subito; se qualcuno ha voluto essere più realista del re ed ha attuato una vendetta che non voglio e non mi interessa; non c’è colpa mia.
Quello che posso fare è accertare, proprio con quelle amicizie che tu mi accusi di avere, le vere responsabilità; se c’è in qualcuno smania di vendetta, sarà soddisfatto; io preferirei vivere in pace, dimenticare e costruire una nuova realtà che cancelli innanzitutto gli errori e le colpe, non solo miei; Corinna è d’accordo con me a continuare la nostra storia con la dolcezza con cui è nata; io posso solo cercare di stabilire con vostra madre il rapporto di amicizia che può tenersi in questi casi; lo farò volentieri.
Dopo questa tempesta, sta ora a voi decidere cosa volete fare; questa casa è vostra e non esclude nessuno, nemmeno la mia ex moglie e il suo compagno; proprio perché essere talebano è stata la mia colpa più grave, posso rimediare solo aprendomi ad una nuova realtà; non è fuori tempo né fuori luogo pensare ad una famiglia aperta e leale; se è vero che lei ha ancora affetto per me e per la mia compagna, Anna è stata comunque mia moglie e voi siete il frutto di un grande amore.
Quando saprete come volete vivere il futuro, fatemelo sapere.”
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