Educare mia madre

  • Scritto da geniodirazza il 04/01/2025 - 09:49
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Educare mia madre

L’autobus era affollato come nelle ore di punta; ma riuscimmo comunque, io e mia madre, a entrare e sistemarci in un angolo con le borse della spesa piene; per evitare noie, mi sistemai alle sue spalle e, senza volerlo, mi trovai ad ammirare sia il suo seno matronale che il sedere ampio e invitante.

Infatti Elena, mia madre, era una donna molto affascinante, che incantava per la sua aria timida e spesso impacciata ma eccitava moltissimo per la figura decisamente armonioso e bella, specialmente un seno di 5^ taglia che ad ogni movimento ballonzolava in maniera invitante e un sedere ampio, vero magnete per l’attenzione di qualunque maschio; anche io, suo figlio Angelo, un giovanotto di venti anni, non resistevo al desiderio di ammirarlo e di fantasticare.

Alto molto più di lei, sfioravo il metro e ottanta e lei superava di poco il metro e sessanta, ben piantato e con un fisico scolpito da un’attività sportiva quotidiana, ero stato partorito quando aveva meno di venti anni; appariva molto più giovane dei suoi quarant’anni; non era affatto strano, quindi, che qualche volta la scambiassero per mia sorella o addirittura per la mia fidanzata, quando ci lasciavamo andare, raramente, comunque, a gesti di affetto fuori dalle righe.

Piantato dietro di lei, quel giorno non riuscivo a distogliere lo sguardo dal seno che ammiravo dall’apertura della camicetta estiva che indossava; la reazione del mio fratellino fra le cosce non tardò a manifestarsi e sentii il mio batacchio gonfiarsi e andare a battere direttamente tra le natiche; intuii che indossava un perizoma microscopico, anche se non conoscevo il suo intimo, abituata com’era a nascondere le sue nudità in mia presenza; e mi eccitai ancora di più.

S’era accorta della mia reazione e, senza neppure girare la testa, ma spingendosi nettamente con il sedere contro il ventre mi disse.

“Angelo, ma ti rendi conto che ti stai eccitando sul didietro di tua madre?”

“Elena, chiamavo mia madre sempre solo per nome, sono un maschio anch’io e non mi dire che non sai quale effetto fa il tuo meraviglioso corpo sugli uomini … “

“E’ la prima volta che lo sperimento sulla pelle … e non mi dispiace neppure, ma è una colpa assai grave …. “

“No, è solo la natura che reclama … “

Tacemmo ma cominciai a muovermi, favorito dal movimento dell’autobus stesso; di colpo mi trovai a copulare con lei, in piedi, vestito, in una folla maleodorante di viaggiatori; non fece niente per allontanarmi, anzi avvertii un leggero movimento delle natiche che favoriva il mio amplesso estemporaneo; bisbigliando quasi, per non farsi sentire dagli altri ma solo da me, mi disse una frase che per un attimo mi scioccò.

“Amore mio, mi hai fatto eccitare; adesso allunghi una mano davanti, tra me e la borsa che stringo al ventre, e mi dai tutto il piacere che prometti, con la mano; stai attento a non sporcare i pantaloni se eiaculi.”

Non ebbi esitazioni, le passai una mano intorno ai fianchi e le afferrai la vulva, da sopra il vestito leggero e il perizoma quasi inesistente; col dito medio le titillai il punto che ritenevo corrispondere al clitoride; si mosse per adattarlo meglio ai suoi bisogni e con pochi rapidi tocchi la portai al culmine; il lamento sottile, evidentemente soffocato, il rilassamento dei glutei che favorì l’avanzata del mio sesso verso la sua vulva e il rapido abbandono mi dissero che aveva goduto.

La mia reazione fu un evidenziarsi dell’eccitazione; a quel punto bastò che mi muovessi in sintonia coi sobbalzi dell’autobus e con pochi colpi raggiunsi l’apice soffocando con difficoltà l’urlo che mi esplose per il violento orgasmo; mi accostai a lei con tutto il corpo e ne assorbii con goduria odori, calore, amore e sensualità; mi sentivo in paradiso; era stato il godimento più alto che avevo provato nella mia breve esperienza di sesso, assolutamente incomparabile.

Mentre percorrevamo a piedi il tratto di strada che dalla fermata arrivava a casa, Elena mi disse sottovoce.

“Angelo, dobbiamo parlare di quello che è successo.”

“Certo, Elena; ma ti prego di non assumere il tono educativo della mamma al ragazzino, sono pronto a parlarne ma da adulti maturi e ragionevoli; ormai ho vent’anni e certe cose le conosco.”

“D’accordo; anche se non ero preparata, ne parleremo da uomo a donna; anzi, visto quello che è successo, da femmina a maschio.”

Depositammo in cucina le borse della spesa; corsi in bagno, mi liberai dello slip, di cui una dose massiccia di sperma aveva impregnato tutta la parte anteriore, mi lavai sul bidet e tornai in cucina con indosso solo un pantaloncino; dopo di me, mia madre andò in bagno, per cambiarsi il perizoma che immaginavo gonfio dei suoi umori; come d’abitudine, chiuse la porta a chiave e, per sicurezza, coprì la serratura con un asciugamano.

Al rientro, attaccò la predica della buona mammina.

“Quello che è successo oggi, è assolutamente riprovevole e peccaminoso … “

La interruppi immediatamente.

“Elena, avevi detto che avremmo parlato da femmina a maschio. Questo ti pare il linguaggio di una femmina in calore o la predica ecclesiale di una madre ottusa e baciapile?

“Cosa vuoi dire? Come vorresti parlarne?”

“Forse potrei aggredirti io, chiedendoti come mai avevi tanta voglia da arrivare a farti masturbare; e stavi zitta. Ma non è questo il punto; quello di cui dobbiamo parlare è perché siete così ipocriti e bigotti in questa casa.

Io ho vent’anni, lo ricordi questo? Frequento ragazzi della mia stessa età e tutti abbiamo già fatto sesso; ma anche quando ero più piccolo, dai quattordici anni in su, il tema ricorrente dei nostri discorsi era il sesso; il bersaglio preferito erano le mamme, le prime donne con cui tutti hanno a che fare.

Tutti i miei compagni avevano visto, o almeno intravisto, delle proprie madri, un seno, il sedere, la vulva; quasi tutti avevano assistito allo spogliarello della madre mentre si cambiava e conoscevano il loro abbigliamento intimo; alcune mamme addirittura circolavano per casa nude o seminude.

Io non ero mai alla loro altezza, perché la mia mamma si chiude in cassaforte per cambiarsi calze, reggiseno o mutande; mia madre, anche poco fa, in bagno si chiude a chiave e copre la serratura perché teme che possa essere spiata.

I miei amici mi raccontano le copule dei genitori che ascoltano dalle pareti divisorie; alcuni li hanno anche visti o guardati mentre lo facevano; qualcuno arriva a osservare in azione gli amanti della madre o le amanti del padre e non si scandalizzano; io devo essere nato per opera e virtù dello spirito santo, visto che non ho mai avuto sentore di copule in casa.”

Mi madre mi interruppe.

“Angelo, adesso esageri; non saresti nato se non ci fossimo accoppiati; è vero che non lo facciamo spesso; è vero che stiamo attenti a non fare rumori; è vero che proteggo le mie intimità, ma non devi fartene un assillo; è solo un fatto di educazione, di formazione.

Visto che mi ci costringi, credo proprio che l’hai sperimentato quanta voglia ho e quanto posso essere calda; ma non pensare che si possa cambiare di colpo una mentalità.”

“Elena, ascolta. Tu sei una donna stupenda; da quando ero adolescente, parlando di donne, il pensiero dominante dei miei amici, ed anche il mio, era fare sesso con te; tutti i miei amici hanno espresso il desiderio di portarti a letto, specialmente quelli che ti frequentano e ti adorano. Anche io darei un braccio per averti almeno una volta. Mi piacerebbe sapere cosa fate di tanto straordinario, tu e tuo marito perché tu sia tanto vincolata a lui.”

“Imbecille, non facciamo niente! Se il tuo sesso è grosso come l’ho sentito in autobus, lui ha un grissino che mi entra in vagina, eiacula e sparisce; non ti faccio spiare in bagno perché non voglio che mi veda quando mi masturbo per un orgasmo; per caso, ricordi che l’ho chiesto a te? Se ti lasciassi guardarmi seminuda, sarei io ad eccitarmi e dovrei correre a masturbarmi.

Lo capisci, allora, che il mio problema sei tu? Ti amo da madre; ma ormai ho preso coscienza che ti desidero da femmina; se mi lascio andare, sfascio la famiglia. Lo capisci? Credi che sarebbe una soluzione farti fare il cuckold ed importi di starmi a guardare mentre mi faccio possedere da un tuo amico?

Ti piacerebbe stare in un angolo a masturbarti mentre io copulo con un estraneo? Non posso e non voglio importi questo; e sto lottando contro la mia coscienza che mi fa vedere l’incesto come una colpa assolutamente non perdonabile; cosa pensi che potrei fare?”

“Non lo so; adesso so che mi desideri, che l’episodio capitato per caso stamane è un segnale. Ne riparleremo, se necessario.”

“Sappi, comunque, che tuo padre, anche se come amante non vale molto, è sempre mio marito ed io non voglio lasciarlo.”

“Non ti chiedo di lasciarlo; ma prenderti una vacanza e sperimentare un sesso soddisfacente non è neppure fare le corna.”

“Per oggi abbiamo già detto e fatto troppo; ora abbiamo elementi in più, se dovesse capitarci di parlarne.”

Non ne parlammo più per un po’ di tempo, salvo che cominciai a sbirciare più apertamente nelle sue scollature, non coprì più la serratura del bagno e qualche volta si fece intravedere mentre indossava un tanga, uno slip, una brasiliana, insomma un intimo eccitante che mi obbligava a correre in bagno per masturbarmi; capivo che lei sapeva quello ed anche che immaginavo la sua mano mentre la mia menava gioiosamente l’uccello fino ad un orgasmo da svenire.

L’estate era vicina e presto partimmo per la solita vacanza, allo stesso stabilimento dove ormai conoscevo tutti; nella stanza unica d’albergo, un paio di volte colsi che mio padre effettivamente la montava per pochi minuti, respirava profondamente e si addormentava; mia madre andava in bagno per lavarsi, ma sapevo che era andata a masturbarsi e, subito dopo, correvo io a svuotare i testicoli con una manipolazione quasi feroce.

Il giorno seguente a una loro copula veloce, sparai diretto su mia madre.

“Ha timbrato il cartellino ieri sera?”

“Sì; stavi a guardare?”

“Non si vedeva niente ma intuivo tutto, anche la tua masturbazione … “

“Già! … Poi ti sei precipitato tu … “

“Con chi copuleresti tra questi della spiaggia?”

“Imbecille, sai bene che l’unico che mi interessa è mio figlio; per questo non posso neppure pensarlo!”

“A parte me, anzi, davanti a me che ti assisto e ti do amore, a chi daresti sesso volentieri?”

“Sicuramente al professore che finge di passeggiare sulla battigia e viene a guardarmi lussuriosamente; deve avere una bella dotazione, da quel che si vede, e volentieri una bottarella me la farei dare … Soddisfatto?”

“Lo sarò quando passerai ai fatti … “

“Tu sei matto! … “

Andai verso il mare, apparentemente per fare un bagno; mi fermai sulla battigia, intercettai il personaggio gradito a mia madre, con la scusa di chiedergli una sigaretta, anche se non l’avevo mai visto fumare e, a bruciapelo, gli chiesi.

“E’ vero che passeggi qui per guardare Elena?”

“Parli di tua madre?”

“Si, ma per me è Elena e nient’altro.”

“Visto che spari dritto, sì, mi intriga molto e mi piacerebbe conoscerla meglio … “

“ … biblicamente, immagino.”

“Ci vedi qualcosa di male?”

“No; solo che lei senza me non farebbe mai il passo di tradire il marito … “

“Intanto, ti sei fatto conoscere tu e sono contento; non ho problemi a pensare che tu possa essere con lei se si concede; mi piace senza se e senza ma … Tu sei bisessuale?“

“Non credo; ma amo Elena e non solo di amore filiale, lei non accetta l’incesto, ma accetterebbe di provare piacere davanti a me e insieme a me.”

“E tu accetteresti di vederla fare sesso con uno sconosciuto, amandola come l’ami?”

“Sesso e amore possono viaggiare su binari paralleli; se mi dà amore, può dare sesso a chi vuole.”

“E tuo padre?”

“Non esiste, fa la sua parte e ignora il resto.”

“Cosa dovrei fare?”

“Agganciala; è predisposta e non rifiuterà.”

“Tu che fai?”

“Organizzo … ciao … a più tardi.”

Andai alla cassa del lido e sottrassi abilmente la chiave di un magazzino in disuso; passai dai bagni; dal distributore prelevai una confezione da dieci preservativi; avevo deciso che mia madre si sarebbe scatenata, quella settimana; controllai che nel vecchio magazzino ci fossero i materassini che sapevo, disposti per accogliere copule intense; tornai all’ombrellone dove Elena e il professore erano immersi in una difficile discussione.

Non mi interessava niente quel che dicevano; notai invece la mano di lui che, dal ginocchio, avanzava verso la vulva, e lo sguardo di mia madre attento al pacco di lui decisamente teso e gonfio; il costume stringeva bene, e dolorosamente, una mazza bella grossa; li guardai con intenzione; Elena colse il messaggio subliminale; quando le proposi di vedere con me una cosa, prese lui per la mano e si mossero dietro di me.

Mentre chiudevo la porta del magazzino dietro le nostre spalle, i due erano già avvinti in un lubrico bacio lussurioso; mi accostai alle spalle di Elena, totalmente assorbita nel corpo di lui; infilai ambedue le mani nel bikini ed afferrai le natiche che palpai con gusto; tirai in giù il minuscolo indumento e lo cavai via, Infilai una mano fra le cosce, raggiunsi la vulva e cominciai a muovere le dita fra grandi e piccole labbra, finché incontrai il clitoride che presi a sfregare tra pollice e indice.

Sentii che, godendo, colava umori d’orgasmo che mi lubrificavano le dita; lasciai che il pollice premesse sul clitoride, sollecitandolo, ed infilai indice e medio in vagina; gemette un poco e accentuò la produzione di umori che mi scorrevano lungo la mano; usai l’altra mano per sganciare il reggiseno del bikini che rimase stretto fra i due corpi; spostai la mano sul seno ed agguantai un capezzolo che strinsi fra due dita, come stavo facendo col clitoride; i gemiti si fecero più acuti.

Mi sciolsi dal titillamento, mi abbassai sulle ginocchia ed infilai il viso fra le cosce; speravo di raggiungere con la lingua la vagina, ma dovetti accontentarmi dell’ano e presi a leccarlo lussuriosamente; le piaceva molto e si agitava sul sesso di lui che le premeva contro il pube; girai intorno alla coppia e abbassai a lui pantaloncino e costume in un sol colpo; la mazza balzò fuori, prepotente e rivelò una lunghezza ed una grossezza rispettabili; lo poggiai in mano a Elena.

In un momento di sosta del bacio cannibalistico che si erano scambiati fino a quel momento, lei sussurrò.

“Guidami, non l’ho mai fatto!”

Mi meravigliò l’idea che mio padre la possedesse in vagina e non le avesse mai chiesto una masturbazione; presi il dorso della mano che teneva il fallo e la guidai nel movimento di su e giù che le piacque immediatamente; in un attimo era lì che lo masturbava con gusto; finalmente lui si riscosse, si rese conto che stavo guidando totalmente la copula; interruppe il bacio, la prese sulle spalle e la spinse delicatamente a terra.

“Questo lo so fare!”

Elena lo disse a me, sicuramente; e si accosciò fino ad avere davanti agli occhi la mazza; continuò a manipolarla masturbando e appoggiò la lingua alla cappella; come degustando una pietanza delicata e preziosa, la vidi leccare tutto intorno, soffermarsi sul meato e sul frenulo, aprì la bocca e si lasciò penetrare fino in gola; passò poi a leccare l’asta tutto intorno, a succhiare e leccare la cappella quando era contro il palato; si fece copulare in bocca spingendo e tirando i lombi.

“Da un momento all’altro può venire qualcuno e non so se ci sono altre chiavi!”

Avvertii; lui la fece sedere sui materassini che erano alle spalle e continuò a pomparle in bocca; poi la spinse supina sui materassini, si distese su di lei e accostò la cappella alla vagina; lo fermai con un gesto deciso, estrassi dal pacchetto un preservativo e lo passai a lei dicendogli di farglielo indossare e indicando la bocca per suggerire come; fu abilissima e, col goldone sulle labbra, ingoiò l’asta fino ai testicoli, coprendola con la protezione.

Lui riprese la posizione e accostò la cappella alla vagina; lei mi chiamò a se e mi baciò voluttuosamente mentre passava le gambe intorno ai fianchi e si abbarbicava a lui facendosi penetrare deliberatamente fino in fondo all’utero; godeva nella mia bocca, gemendo e salivando; le presi un capezzolo e lo strofinai con amore; i gemiti divennero un ululato continuo e la salivazione crebbe; lui picchiava con colpi decisi ma morbidi contro l’inguine; all’improvviso, esplose.

Noi continuammo a baciarci ed Elena mi abbracciò per le spalle, staccandomi dal suo seno; l’altro si sollevò, si liberò del preservativo, lo legò su se stesso, lo depose nel costume che aveva indossato; ci guardò con affetto, salutò con la mano e uscì.

“Angelo, amore mio, è stato meraviglioso; ti ho amato con tutta me stessa mentre lui mi dava sensazioni nuovissime, mai provate, nella vagina, nel ventre, in tutto il corpo; ma il mio amore è tutto per te.”

“Non ce la fai a farti prendere anche da me?”

“Angelo mio, amore mio, figlio mio; non ci riesco; non ce la faccio ancora, perdonami ma non posso; dimmi come posso aiutarti … “

“Te la senti di succhiarmi? … No? Lo sapevo … Allora puoi solo masturbarmi. Vuoi?”

“Si, amore; certo che voglio; almeno farti godere posso farlo!”

Aveva già afferrato la mia mazza con un’aria soddisfatta quasi dicesse a se stessa che aveva capito bene, in autobus, che il mio fallo era ben grosso; e che era ben felice di applicare subito quello che aveva imparato da poco; non le ci volle molto per portarmi all’orgasmo; pochi colpi e il mio manganello eruttò una serie di spruzzi carichi e densi.

“Se mi avessi avvisato, almeno avrei bevuto il tuo seme; l’ho già fatto in una fellatio a tuo padre e non mi ha disgustato.”

Non c’era niente che potessi ribattere; l’aiutai a rivestirsi e ne approfittai per carezzarle tutto il corpo.

“Angelo ti prego; sulla spiaggia cerca di contenerti; non vorrei dare scandalo.”

Non le diedi nessun motivo per avere timori e passammo la giornata a crogiolarci al sole, a bagnarci e a fare scherzi fanciulleschi a mare; ci conoscevano su quella spiaggia e sapevano che ero il figlio; ma a chiunque non lo sapesse apparivamo due giovani innamorati in piena esplosione di ormoni, tanto la sessualità esplodeva da ogni poro del nostro corpo; verso il tramonto, rientrammo in albergo dove mio padre era ancora al computer, alle prese con gli impegni di lavoro.

Ci avvertì che aveva prenotato e che entro un’ora si doveva andare a cena; salimmo in camera e, per la prima volta in vita mia, per velocizzare i tempi, mia madre mi chiese di fare la doccia insieme, dal momento che già l’avevo vista nuda; le sorrisi e le tirai uno scapaccione scherzoso; per qualche minuto cercammo di urtarci il meno possibile, mentre ci guardavamo con senso di possesso; lei si incantava di fronte all’uomo che aveva partorito e che vedeva sessualmente forte e desiderato.

Io, a mia volta, non mi stancavo di rimirare le sue forme armoniose e desiderabili; ma la guardavo con l’occhio del maschio eccitato, senza dare nessun peso al fatto che da quella vagina ero nato, ma desideravo invece con tutte le sue forze penetrare in quell’utero, sfondare anche il retto, possibilmente, che a quel punto ritenevo inviolato; mi trovai a carezzarla quasi senza rendermene conto; e, quasi involontariamente, la mia carezza si fece sempre più lussuriosa.

Non resistette molto, Elena, poi si lasciò andare al bacio più caldo e più intenso che avessi mai provato; la mia mazza si appoggiò alla vulva e la stimolò; ebbe alcuni gemiti da piccoli orgasmi; poi, prendendo improvvisamente coscienza, mi allontanò un poco.

“Angelo, ti prego … non possiamo farlo … sono tua madre … “

“Se non vuoi, non lo facciamo; ma io ti amo e l’amore filiale che tracima in amore fisico non è né colpa né peccato; è natura; tu sei bellissima ed io ti adoro; non è colpa se ti desidero anche … “

“E’ vero; anche io mi rendo conto che è l’amore materno a caricarsi di sensualità e ti desidero quanto te; ma voglio lasciarmi ancora un piccolo margine di buonsenso … “

“Vuoi che esco e ti lascio sola?”

“No, ti voglio … qui, stretto a me … ti amo … Facciamo così; ti faccio godere con la bocca e ti bevo tutto; è stupido, ma avrò ancora l’illusione di essere un passo prima dell’incesto; vuoi?”

“Elena, amore, sono qui, sono tuo da sempre; fai quello che il cuore ti detta.”

Tornò a baciarmi con la stessa intensità, sentii che si scioglieva in un lunghissimo orgasmo, le afferrai la vulva e la masturbai a lungo; lei lanciò un autentico urlo, coperto in parte dallo scroscio dell’acqua; poi, come invasata, si piegò sulle ginocchia, prese la mia asta e se la passò golosamente su tutto il viso; la accarezzò con la lingua dalla punta alla radice, la infilò in bocca e la spinse fino all’ugola; mi praticò una fellatio che sarebbe rimasta incisa indelebilmente nella mia memoria per sempre.

Mi limitai a continuare ad accarezzarle la testa e il viso deformato dal fallo che teneva in bocca; si mosse a copulare e la favorii muovendo il bacino; sentii lo sperma montare dai testicoli, attraverso l’asta fino al meato; l’avvertii ed esplosi un orgasmo lunghissimo; sentivo che raccoglieva lo sperma in bocca e poi lo mandava giù; ad ogni spruzzo fremeva di orgasmo; crollammo insieme senza forze.

“Due volte in poche ore. Non ti farà male, angelo mio?”

“No, tu non mi potrai fare mai nessun male, specialmente se sei così, nuda davanti a me, meravigliosamente mia; ed io non mi stancherei mai di stare nudo davanti a te, a farmi dare e a darti tanto amore.”

“Adesso, per favore, sbrighiamoci; tuo padre è un imbecille ma almeno che arriviamo puntuali a cena, lo merita!”

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Da molto tempo, ormai, smaniavo dalla voglia di stringere con Elena, mia madre, un rapporto più intenso, addirittura intimo, continuamente ostacolato, anzi frustrato, dalla struttura fondamentalmente religiosa della sua formazione; in altri termini, il mio desiderio più vivo era arrivare a possederla almeno una volta; lei invece, ossessivamente ancorata a una visione bigotta, oscillava continuamente tra desiderio e sensazioni di colpa.

Dopo uno strano approccio assolutamente casuale, in un autobus particolarmente affollato, in cui aveva sentito chiaro e netto il mio sesso duro contro il suo didietro, aveva detto apertamente di non essere assolutamente soddisfatta delle prestazioni di mio padre, freddo e metodico anche nel sesso; ma di non poter nemmeno per idea accettare di farsi penetrare da me nell’utero da cui ero nato; pur amandomi follemente anche col corpo, non avrebbe mai accettato di fare sesso con me.

Durante la villeggiatura estiva, riuscii a far emergere in parte la sua natura vera, di femmina calda e ansiosa di abbandonarsi ai piaceri del corpo; un sabato sera, mio padre ‘timbrò il cartellino della copula istituzionale’ alla missionaria, godette con pochi colpi e si addormentò, lasciandola così insoddisfatta, che dovette correre in bagno a masturbarsi.

La mattina seguente ne approfittai per riaprire il discorso sulla sua sessualità sacrificata e la indussi a un amplesso occasionale con un bagnante che lei aveva notato da sempre, che apertamente mirava a possederla; mi consentì di assistere alla copula, mi masturbò con mia infinita felicità e la sera, prima di cena, sotto la doccia, si decise a praticarmi una fellatio indimenticabile.

Ma il mio obiettivo era far esplodere tutta l’enorme carica sessuale che nascondeva sotto l’apparenza di piccola borghese bigotta; segretamente, non demordevo dall’intenzione di arrivare a copularci; ma, in maniera più chiara e onesta, desideravo che veramente lei riuscisse a liberare la libidine che nascondeva sotto il ‘tappeto’ del buonsenso, facesse l’amore in maniera libera e gratificante; speravo, comunque, che prima o poi toccasse anche a me la gioia di penetrarla dappertutto.

Lasciai passare solo un paio di giorni; il mercoledì, mi fermai l’intera mattinata con lei sotto l’ombrellone, stuzzicandola con discorsi e piccoli gesti apparentemente filiali, ma sostanzialmente molto sensuali, per scatenare la ‘bestia’ che teneva così ben controllata; con molta determinazione e con il solito buonsenso, mi confermò che non era dispiaciuta di aver fatto emergere quella parte di sé che ignorava; ma ripeté che l’idea dell’incesto la turbava troppo per formularla anche come solo pensiero.

Per combattere il caldo, decidemmo di andare al bar dello stabilimento balneare per una bibita fredda; mi esaltava camminare a fianco di una donna decisamente bella e da ammirare, un poco più bassa di me ma con forme sicuramente da urlo, appena velate, ma neanche tanto, da un minuscolo bikini che nascondeva solo l’essenziale, la vulva e i capezzoli, lasciando libero il seno matronale e il favoloso lato B.

Mentre osservavo e, dentro di me, commentavo le reazioni dei maschietti che incrociavamo, Elena sembrava non rendersi nemmeno conto delle emozioni che la sua vista suscitava; ne approfittavo viscidamente per appoggiare le mani su punti ‘incriminabili’ del suo corpo, cosciente che il quadro che proponevamo era di due giovani innamorati, per la sua aria sbarazzina che le attribuiva meno di trent’anni e la mia presenza fisica che me ne attribuiva molti più dei miei venti.

Mentre eravamo ‘arrampicati’ sugli enormi sgabelli del bancone, lei assunse, istintivamente e involontariamente, una posa di grande lascivia, che non passò inosservata ai bagnanti presenti e, in particolare, a un tizio maturo, credo sui sessant’anni, che non le toglieva gli occhi di dosso; sembrava addirittura volerla vivisezionare, tanto era attento e vivace il suo sguardo che correva lubricamente su tutte le parti del suo splendido corpo.

Glielo feci discretamente notare e le chiesi se lo conoscesse; m’informò che da vari anni s’incrociavano su quello stesso stabilimento; sapeva solo che era milanese, un funzionario statale di un certo rilievo, con il quale spesso si era intrattenuta a parlare di varie cose; aggiunse che era una persona di buon eloquio, assai elegante nei modi, corretto e di piacevolissima compagnia.

“ … tranne quando diventa uno sporcaccione … “.

Chiosai; mi guardò con severità e si svolse tra noi il dialogo muto più bello che ricordassi; lei mi fulminò con lo sguardo che mi domandava perché; io le indicai con gli occhi la vela che la mazza, evidentemente notevole, faceva nel pantaloncino; Elena soffocò la risata in un sorriso e mormorò.

“Qualcosa lo avrà eccitato …”

“ … e tu proprio non riesci a capire cosa …. Non è così?”

“Vorresti dire che … “

“Io non voglio dire niente; adesso pero tu ti accarezzi lussuriosamente la gamba che tieni giù dal sedile fino a passare la mano sulla natica; poi vediamo le reazioni … Ti va?“

Non rispose ma si accarezzò la coscia da sopra al ginocchio fino alla natica bene in vista; di sottecchi controllava l’altro e notò anche lei il fremito che lo colse dal sesso fino ai capelli; si girò verso di me e mi apostrofò con falsa severità.

“Ho trascorso dieci anni a villeggiare qui e non ho mai osservato niente; ora viene un maialino e all’improvviso mi fa vedere sesso dappertutto.”

“Non sarebbe più giusto dire che per anni ti sei rotolata nella tua capacità di ammaliare i maschi e non hai visto niente perché avevi gli occhi foderati di prosciutto?”

“D’accordo; sono stata la bella addormentata; e adesso?”

“Semplice! Adesso, visto che stai sbavando, possiamo anche ripete il giochetto che abbiamo sperimentato. Vuoi?”

“Hai deciso che devo essere una troia?”

“Io mi limito a spostare un tappeto e a far emergere quello che nasconde; se sotto il tappeto della bigotta c’è una dolcissima e controllatissima troia, godi ragazza mia, per parafrasare il poeta! … Guarda che si avvicina; se attacca bottone, per favore, lasciati andare; sei troppo bella per essere monopolizzata da chiunque!”

In effetti l’anziano signore si accostò, la salutò affettuosamente, mi fu presentato e ci offrì da bere; Elena cominciò a scoprire in sé le capacità di seduttrice e, dopo poco, erano sdraiati sotto l’ombrellone a chiacchierare di tutto, finché il dialogo si spinse alle intimità; dopo una breve schermaglia in cui entrava tutto, dal mito al gossip, capii che il dado era tratto quando vidi Elena rivolgersi a me con aria ammiccante; aveva finalmente deciso di prendere l’iniziativa.

“Angelo, non devi andare a prendere la chiave?”

In realtà, me l’ero fatta duplicare e l’avevo nel marsupio che portavo in spiaggia, insieme ai preservativi; andai a fare un giro per darle il tempo di stabilire un contatto; quando mi accorsi, da una postazione riparata, che la mano di lui era scivolata su una coscia e che lei gli stuzzicava il fallo da sopra al costume, godendo a vederlo crescere, mi riavvicinai all’ombrellone, stetti per un poco ad ammirare la loro gestualità libidinosa e alla fine chiesi.

“Andiamo?”

Si alzarono insieme e mi seguirono al vecchio magazzino; aprii con cautela, nel caso qualcuno avesse avuto la stessa idea, poi li feci entrare e bloccai la porta alle mie spalle; quando mi girai, li trovai che si baciavano con passione e vidi che le mani erano già nei costumi, lui a palparle con amore le natiche che teneva strette per spingere il pube contro il suo, lei sulla mazza che ormai faceva capolino dal pantaloncino; il mio arnese s’impennò, andai a piantarlo tra le natiche di Elena.

Mi spostai per sistemare i materassini; misi un salvagente a terra, sotto le ginocchia di lei e la spinsi per le spalle a inginocchiarsi; scese tirandosi dietro, insieme, pantaloncino e costume; portò alla luce una mazza dura, lunga e grossa che prese fra le labbra mentre ancora scendeva a inginocchiarsi; lui scalciò i suoi indumenti, io sciolsi il reggiseno di Elena e le sfilai con qualche difficoltà lo slip; lei cominciò a manipolare il bastone che si rivelò enorme; ma lo ricevette con gioia.

La fellazione durò solo qualche minuto; sapevamo che non potevamo rischiare che qualcuno entrasse per qualsiasi motivo; la stese sul materassino e s’inginocchiò tra le sue cosce spalancate; le passai il preservativo e lei lo srotolò con le mani sull’asta; io mi sistemai in ginocchio dietro la sua testa, tirai fuori la mazza durissima e gliela appoggiai sulle labbra; mentre lui la penetrava con calma e delicatezza, io non riuscii a stare zitto.

“Adesso tocca anche a me!”

Prese il fallo in bocca e se lo fece arrivare all’ugola; pompai un poco, poi mi resi conto che le due azioni le impedivano di godere; lo sfilai e glielo passai dovunque sul viso; l’altro, che aveva infilato la sua nerchia fino alla testa dell’utero, cominciò a montarla con foga; lei gemeva a ogni colpo e, quando aveva piccoli orgasmi, tendeva a urlare; mi abbassai a baciarla per soffocare le grida; la dilettammo così per una decina di minuti, quando lui non resse e godette rumorosamente.

Quasi spaventato da quello che aveva fatto, si alzò, tolse il preservativo e si guardava intorno cercando dove buttarlo; gli feci segno di annodarlo in cima e portarlo fuori; lo fece e si dileguò; spinsi Elena sul materassino e le montai addosso, appoggiandole il membro tra le cosce.

“No, Angelo; non voglio; non me la sento; ti prego, non usarmi violenza; ti odierei per la vita!”

“Elena, stai diventando paranoica! A questo punto, scusami se ti ho insegnato a godere; adesso vado cercarmi una ragazza per copularle fra le cosce, come si fa con tutte le vergini che si vuole rispettare, visto che qualche cretina nemmeno questo sa. Finirò per avere a noia la tua vagina, se continui a essere così impaurita e sospettosa; alzati, rivestiti, torna all’ombrellone e aspetta il fine settimana per la copula di protocollo!”

“Angelo, perché sei così duro? Possibile che non ti riesca di capire il mio tormento? Io ti voglio, tutto e dappertutto; ma non riesco a superare questo blocco che mi tiene. Vuoi andartene? Va’ pure, cercati le ragazzine per copulare; io ti amerò lo stesso e mi tormenterò comunque perché mi abbandono serenamente a sconosciuti e non riesco a farlo con te che amo al di sopra di tutto. Non ho capito che volevi godere fra le mie cosce, semplicemente perché non l’ho mai fatto!

L’unico uomo con cui avevo fatto sesso, fino a tre giorni fa, era tuo padre che non perse tempo; dopo avermi baciato, mi abbassò le mutandine e mi penetrò, esattamente nella maniera che conosci; da allora, per venti anni, è stato così; in presenza di tuo padre, di sesso nemmeno parlare si può; la prima volta che ho sentito un altro pene sul mio corpo è stato in autobus, con te. In tre giorni hai sconvolto il mio mondo.

Posso chiederti di aspettare con un po’ di pazienza? Se mi avessi detto che saresti venuto ‘sul’ mio corpo e non ‘dentro’ di esso, ti avrei accolto con tutto l’amore del mondo; ho avuto paura che ti prendesse la voglia e mi forzassi a fare qualcosa che voglio fare ma che mi darebbe incubi infiniti se lo facessi senza convinzione. Riesci a capirmi, amore mio? Se non mi accetti, così come sono, vattene; piangerò ma mi rassegnerò a perderti come amante, forse a perdere il gusto dell’amore fisico.

Se vuoi ancora il mio amore e riesci ad accettare le mie paure, sono qui; è già un miracolo che ti stia davanti, nuda io e nudo tu; che me ne stia ferma ad ammirare con enorme desiderio il tuo sesso meraviglioso; che ti parli col cuore in mano; ce la fai a essere paziente? Fa’ conto che io sia una vergine da rispettare, fammi fare l’amore fra le cosce; imparerò un altro modo di amarti.”

“Elena, scusami; non riesco ad accettare una verità che invece è straordinaria; tu sei veramente vergine, non di vagina ma di cuore, di testa, di convinzioni; e forse dovrei prima insegnarti qualcosa io. Il sedere lo hai già dato a tuo marito?”

“Sei pazzo? Mi ha ripetuto milioni di volte che i maschi che lo fanno sono omosessuali latenti e le femmine che lo accettano imperdonabili peccatrici; ho sentito che qualcuna lo fa; e, quelle che l’hanno confidato, lo hanno anche detto con gioia; a me è proibito pensarlo, perché è scattato il blocco; se si può fare, allora sarai tu a sverginarmi dietro, visto che è già di per sé peccato grave; ma finora non ho mai pensato che l’amore, concetto così alto, si potesse fare con la parte più spregevole del corpo.”

Non riuscii a trattenere un sorriso.

“Elena, ti prometto che, se e quando lo deciderai, se sarò io a violarti, ti farò toccare il paradiso con la ‘parte più spregevole’ del tuo corpo e ti farò scoprire che il tuo è meraviglioso, forse sublime.”

“Hai ancora desiderio di me? Vuoi godermi addosso come stavi per fare?”

“Amore mio vergine, lo farò, ma da dietro; non ti spaventare, te lo appoggerò da dietro contro la vulva e godrai con me!”

La abbracciai a me e la feci ruotare fino ad avere davanti al sesso, ormai infoiato in maniera disumana, il suo sedere scolpito da un miracolo, perfettamente tondo, morbido, dolce; schiacciai i glutei contro il ventre, appoggiai il sesso delicatamente contro la vulva e portai la sua mano a toccare la cappella che sporgeva davanti, presi con una mano un seno e strinsi il capezzolo tra le dita, cominciò a godere e a colare; lo sentivo da come si lubrificava il sesso; usai l’altra mano per stimolare il clitoride.

Cominciò a gemere sempre più forte; staccai la mano dal seno e le feci girare la testa finché potei baciarla e soffocare nel bacio i suoi gemiti, ripresi a titillare il capezzolo e per qualche minuto copulai fra le cosce, coinvolgendo ano e vulva, titillai un capezzolo e masturbai il clitoride; godette e gemette senza interruzione, mi divorò le labbra nel bacio, per scaricare gli orgasmi e urlare nella mia bocca il piacere.

“Angelo mio, amore mio, mia libidine pura, non so dirti quanta gioia mi dà sentirti dentro di me; non dirmi che non sei penetrato; lo so, ma ti sento comunque nelle mie viscere, nel mio utero, sto godendo senza interruzione; ti amo; sei mio figlio e dovrei vergognarmi, ma non ho nessun rimorso; so che ti amo e che mi stai amando con tutto il corpo; ti voglio, dentro, tutto e dappertutto; riuscirò a superare i miei tabù, le mie paure e ti darò tutto l’amore del mondo; adesso fammi godere tu!”

L’orgasmo arrivò improvviso e le esplose sulla mano; accolse quasi con devozione lo sperma che le riempiva il cavo; con un gesto imprevedibile, si portò la mano alla bocca e leccò la mia eiaculazione fino alla fine.

“Lo sapevo; sai di buono, di amore infinito. Grazie, angelo mio, grazie di farmi scoprire a me stessa; non credevo di potere essere tanto felice per un orgasmo.”

Ci rimettemmo i costumi e, muovendoci con prudenza, uscimmo sulla spiaggia, andammo a bagnarci in mare per lavare le tracce della recente copula; poi lei si sedette sulla sdraio sotto l’ombrellone e si appisolò, forse provata dalla performance; io andai a passeggiare sulla battigia e m’intrattenni con uno degli addetti dell’albergo, quello che si occupava dell’animazione, col quale scambiai opinioni sugli ospiti; mi chiese se la donna dell’ombrellone era davvero mia madre; risposi di sì.

“Perbacco, con la mia esperienza alle spalle, avrei commesso una grossa gaffe; per me eravate due amanti appassionati.”

“ … Anche …. “

Gli risposi sornione; mi guardò intontito, mentre andavo verso Elena.

Ci spostammo all’ora di pranzo e andammo al ristorante dell’albergo, come facevamo tutti i giorni tranne il sabato, quando c’era anche mio padre che preferiva andare a pranzo fuori; prendemmo posto in un tavolo d’angolo ed Elena si allontanò per andare in bagno; mi raggiunse Dario, che mi chiese se dicevo sul serio a proposito del rapporto con mia madre; gli dissi di sì, si sedette e mi disse che non era raro che mogli insoddisfatte si rivolgessero ai figli, per non tradire i mariti con sconosciuti.

Gli rivelai che il nostro caso era diverso, perché ero io che stavo ‘educando’ Elena a vivere la sua sessualità in maniera più intensa e libera; di fronte alle sue perplessità, chiarii che i miei erano pieni di fobie; che mio padre era un burocrate amministrativo anche nell’intimità e che stavo cercando di far svegliare in lei la sessualità sacrificata per venti anni.

“Quindi, tu e lei … “

“No, Elena è anche molto religiosa e l’idea solo dell’incesto la blocca; mi concede solo qualche palliativo … “

“Vale a dire?”

“Mani, bocca, cosce … “

“E per il sesso, quello vero, intendo … ?”

“Sto cercando se trovo qualcuno che sappia muoversi con delicatezza nella situazione e mi dia una mano … “

“Senti, Angelo, tua madre è una donna bellissima; se non ci fossi tu, sarebbe una lotta al coltello per cercare di portarsela a letto. Se veramente stai facendo un’azione terapeutica e hai bisogno di un alleato, io ci sono e ti garantisco che molte cose sono successe e rimaste sepolte in quest’albergo, anzi nella mia memoria … “

“Hai già fatto esperienze a tre?”

“Stai proponendo che noi due … con lei … ?”

“Sta zitto; sta tornando; se riesci a conquistarla, l’ipotesi è quella … “

Elena venne a sedersi al tavolo; presentai Dario come un animatore incontrato sulla battigia e con cui avevo legato; mi guardò sorniona e capii che aveva già mangiato la foglia; anche questo, amavo di lei, la capacità di cogliere le situazioni e volgerle a suo vantaggio; gli offrì di pranzare con noi e lui accettò; intanto lei faceva scivolare il pareo trasparente per esporre al meglio il corpo bellissimo, si carezzò lascivamente una coscia, finse di spazzolare dal seno inesistenti briciole e vidi i capezzoli inturgidirsi.

Avevo la netta sensazione che la ‘chimica’ stesse scattando tra i due e ne ero felice; durante il pranzo, i tocchi ‘casuali’ tra i due furono frequenti e mi trovai a godermi la tensione sessuale che cresceva tra tutti e tre, perché anch’io mi sentivo partecipe degli eventi; e il mio fratellino in basso premeva dolorosamente nel costume; chiesi a Dario dove alloggiasse; mi disse che stava in una dependance dell’hotel, un piccolo bungalow che era riservato a lui; non c’era bisogno di altro.

Dopo pranzo, Elena avvertì che sarebbe andata in camera per rinfrescarsi e riposare; Dario le offrì immediatamente di farlo nel suo bungalow dove si poteva anche bere qualcosa di fresco; ci guardammo con intenzione e accettammo; appena varcammo la soglia, lei si fermò immobile e lui la abbracciò da dietro, baciandola delicatamente sul collo e sulle spalle, io la andai ad abbracciarla da davanti e le feci sentire il sesso sulla vulva.

Mi sfilai il costume e sbattei il membro fra le cosce, appiccicato alle grandi labbra; Dario fece lo stesso e sganciò il reggiseno del costume, sfilò lo slip dai piedi, spinse noi due insieme finché finii seduto sul bordo del letto; fece piegare Elena in avanti, le offrii il pene da succhiare; lo prese senza esitazione, mentre l’altro, da dietro, le allargava le natiche e infilava la testa, cercando con la lingua ano e vagina e sottoponendola a una lussuriosa leccata; era la prima volta, forse, per Elena, che gemette.

Mi era chiaro che stava godendo meravigliosamente e le accarezzai il viso; le feci sollevare la testa dal fallo e, lasciandola piegata in avanti per favorire la leccata di Dario, la baciai sulla bocca ingaggiando una lunga battaglia di lingue; sentivo il piacere che le scorreva dalla vagina e si andava a scaricare in bocca all’altro che aspirava rumorosamente; presi fra le mani i seni e li palpai a lungo, afferrai fra le dita i capezzoli e li titillai; godeva e gemeva ininterrottamente.

Poi lui si alzò in piedi e le appoggiò la cappella della mazza fra le natiche; lei per un attimo s’irrigidì; Dario colse il movimento e la rassicurò.

“Non preoccuparti, non tocco l’ano; lo so che è riservato ad Angelo.”

Passai a Elena il preservativo che avevo preparato e Dario infilò la sua lunga asta in vagina; reagirono insieme con evidente goduria, lui perché sentiva sul ventre le natiche tonde e dolci che gli premevano sul pube, lei perché si godeva la mazza fino alla testa dell’utero e soffocava sul mio sesso, che teneva fisso in gola, l’urlo di piacere che la penetrazione le scatenava; copulò per una ventina di minuti; quando la sbatteva con maggiore forza, io e lei eravamo spinti verso il centro del letto.

Si staccò dalla mia asta e sollevò il viso; mi sussurrò un ‘ti amo’ che mi rese felice; la baciai appassionatamente; mi spostai e lasciai che lui la spingesse a salire carponi sul letto, si riposizionò dietro e infilò di nuovo l’asta nel ventre; continuò a montarla così, a pecorina, per un po’ ed Elena versò sulla sua mazza tutti gli umori di orgasmo di cui era capace; poi lui la schiacciò sul lenzuolo, distesa, e continuò a possederla da quella posizione, che consentiva a entrambi di far sentire tutto il corpo.

Il rumore del ventre che picchiava sulle natiche era estremamente eccitante ed io non smettevo di masturbarmi mentre Dario la cavalcava con grande abilità, ma anche con un pizzico di amore che rendeva dolcissima la copula; Elena aveva l’aria estatica di chi sta facendo un sogno meraviglioso; le carezze, gli sguardi, le smorfie che mi dedicava dicevano che era felice; si offriva abbandonandosi all’amore, accompagnando i colpi con gemiti dolci.

Quando l’altro si sfilò dalla vagina e si sdraiò sul letto, Elena sembrò rilassarsi e si girò supina; all’altezza della sua vulva, una larga macchia indicava quanti umori aveva prodotto la copula; si abbandonò sdraiata; Dario, dopo un breve riposo, le salì addosso, divaricò le ginocchia sollevandole e si collocò con il sesso puntato alla vagina; lei lo prese in mano e lo guidò alla penetrazione; subito dopo lui era profondamente dentro di lei.

Cominciò allora la cavalcata più bella, quella in cui ambedue davano il meglio della loro voglia di sesso e di passione; Dario ci dava dentro con tutto se stesso; la montava con colpi di rara violenza, alternati a movimenti lenti, ma carezzevoli, che stimolavano la libidine e gli orgasmi che le strappava in continuazione; la fece ruotare varie volte prendendola da davanti, da dietro, di fianco, sollevandole le gambe una per volta o tutte insieme per la massima penetrazione.

Lei favoriva e accompagnava i movimenti di lui; partecipava intensamente all’amplesso, unico per lei; qualche volta allungava la mano a prendere la mia e mi comunicava amore con lo sguardo languido, acquoso; m’invitava a baciarla mentre lui la montava con foga; prendeva il mio sesso e accennava a brevi masturbazioni; le raccomandai di badare alla mazza che la riempiva, a godersi fino in fondo quella copula meravigliosa; mi ripeteva ‘ti amo’ come un mantra.

Il tempo era volato, mentre godevamo il sesso più soddisfacente e piacevole che potessimo immaginare; quando si rese conto che era ora di rientrare, Elena sollecitò Dario a godere finalmente; aveva resistito finanche troppo frenando l’orgasmo, mentre lei si era completamente svuotata; feci cenno all’altro di concludere; chiese se doveva concludere fuori o se poteva farlo dentro; lei gli disse che non aveva problemi.

L’orgasmo che si scatenò fu da enciclopedia; urlavano tutti e due come ossessi, mentre lui scaricava nel preservativo uno tsunami di sperma; in cambio, lei allagò letteralmente il suo membro e il lenzuolo, squirtando come forse non aveva mai fatto in vita sua; stavo a guardare, ma durò solo poco; sussurrando ancora il suo amore, Elena mi obbligò a salirle addosso, afferrò il sesso e se lo collocò tra i seni; mi sentii portato in paradiso, quando prese le mammelle e le strinse intorno all’asta.

Non servirono molti movimenti, per farmi arrivare all’orgasmo; già solo guardando il suo viso stravolto dal piacere, la macchia che si allargava sotto di lei per la fuoruscita dei suoi umori, il corpo rilassato e morbido nel languore dell’amore appena manifestato, mi sentivo caricato al massimo; eiaculai di colpo e il mio sperma le volò sul viso e sul petto; lo raccolse con le dita e se lo portò alla bocca, succhiandosi le dita.

“Te l’ho detto che sei dolcissimo, amore mio, in tutti i sensi. Però sabato sera, quando tuo padre ‘timbrerà il cartellino’, tu mi farai il favore di non dormire; quando andrò in bagno, tu verrai con me e sarai tu a lavarmi e a fare quel che normalmente faccio da sola … “

“Intendi … masturbarti?”

“Si; in compenso, lo farò a te e avremo l’orgasmo simultaneo più bello del mondo … “

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L’avventura mentale del sesso con mia madre sembrava conclusa con il rientro dalle vacanze; quasi che avesse chiuso una parentesi della sua vita, Elena si richiuse a riccio nelle sue abitudini; non solo sembrava aver cancellato gli episodi che avevano rivelato la sua vera natura, lussuriosa e totalmente incurante della morale, tranne che per il rifiuto dell’incesto; ma addirittura sembrava ritrattare tutte le professioni dell’amore che mi aveva dichiarato.

Dopo un breve, iniziale sbandamento, mi feci travolgere dalle lunghe chiacchierate con Franco, il mio amico più caro, con il quale rinnovavo il piacere provato al mare, raccontandogli fin nei particolari più insignificanti le ‘prodezze’ di mia madre con il professore, prima, con il funzionario sessantenne, poi, e con l’animatore, infine; naturalmente, la parte più succosa e sulla quale insistevo di più fu la mia partecipazione diretta agli eventi e le attività sessuali praticate con mia madre.

Su questo aspetto specifico, io e il mio amico avevamo una lunga storia, perché sin da ragazzini avevamo ipotizzato di finire a letto, io con mia madre e con la sua e lui con mia madre e con la sua; naturalmente, il racconto della mia partecipazione, sia visiva che attiva, alle copule di Elena eccitava le fantasie e stimolava lunghissime e goduriose masturbazioni che realizzavamo sia individualmente che contemporaneamente, chiudendoci nel bagno, di casa mia o di casa sua, a seconda di dove eravamo.

Quasi provocatoriamente, avevo preso l’abitudine di lasciare la porta male accostata, quando andavo in bagno; se mi accorgevo che mia madre si era messa a spiare, manovravo la mia asta in maniera provocatoria, esibendola in tutta la sua possanza e masturbandomi a lungo, pacatamente, godendomi ogni passaggio della mano sul membro; più la vedevo attenta ad osservarmi, più insistevo a masturbarmi ‘al rallentatore’ per farle godere lo spettacolo.

Subito dopo, era mia madre che si precipitava in bagno, chiudendo ermeticamente la porta e tappando il buco della serratura con un asciugamano appeso alla maniglia; non poteva sapere che una web cam bene appostata riprendeva puntualmente tutte le sue manovre per titillarsi il clitoride e portarlo alla massima eccitazione, i movimenti della mano per penetrarsi in vagina con le dita e masturbarsi a lungo con conclusioni stratosferiche di orgasmi i cui gemiti avvertivo da fuori.

Una volta che notai in Franco un’eccitazione particolarmente vivace, gli suggerii di andare in bagno a masturbarsi ma di farlo a porta semichiusa ed esibendosi al meglio, perché mia madre lo avrebbe spiato e si sarebbe eccitata; quando lui uscì con un sorriso che gli illuminava il volto, accesi il computer e lo invitai a guardare con me mia madre che si masturbava ferocemente per l’agitazione che lo spettacolo le aveva provocato.

Franco fece la stessa cosa con sua madre e ormai passavamo i pomeriggi a masturbarci a favore delle nostre spettatrici; subito dopo, ci godevamo lo spettacolo delle donne che si manipolavano quasi con sofferenza al pensiero di quello che avrebbero desiderato fare e che, stupidamente secondo me, si rifiutavano di accettare per un equivoco senso di colpa che le riduceva ad uno stato quasi pietoso.

Difatti, mio padre non aveva perso il ritmo delle sue ‘copule protocollari’ e si limitava ad una veloce penetrazione, il sabato sera, a cui mia madre faceva seguire una sana masturbazione che la web cam riprendeva e mi rimandava in tutta la sua lussuria; la mamma di Franco, invece, non faceva che soffrire i tradimenti che il marito le propinava ogni giorno con tutte le dipendenti della sua azienda; anche lei si sfogava masturbandosi sotto gli occhi della web cam.

Più volte avevo cercato di ‘provocare’ mia madre portando il discorso sul sesso, toccandola ‘a tradimento’ sul seno, sulle natiche, sul ventre, abbracciandola da dietro e facendole sentire la mazza dura tra le natiche, oppure da davanti facendole sentire il sesso sul ventre; puntualmente, mi respingeva; quando accennavo all’estate appena trascorsa, mi sentivo rispondere che la vacanza era un’eccezione che terminava appena si rientrava a casa.

Ero nero di rabbia contro il suo bigottismo ottuso e, a quel punto, assolutamente ingiustificabile; decidemmo con Franco di puntare su sua madre che, per molti aspetti, era più ‘vulnerabile’ essendo vittima di continui tradimenti e provando quindi un desiderio più vivo di rivalsa, senza il coraggio di cercare fuori della sua casa la soddisfazione anche fisica a cui sapeva con certezza di avere pienamente diritto.

Cominciammo a trascorrere i pomeriggi quasi sempre a casa sua; io lasciavo puntualmente aperta la porta del bagno e mi manipolavo sapendo con esattezza che lei mi stava guardando e si consumava dal desiderio ammirando il mio sesso turgido, ritto e prepotente; Franco mi avvertì che l’aveva vista infilarsi la mano tra le cosce e masturbarsi mentre mi guardava menarmi l’uccello con il massimo piacere dipinto sul volto.

Lo convinsi a farlo insieme, in una posizione da cui ci avrebbe certamente osservati; e fu quella la più lunga e sapiente masturbazione che ci concedemmo, godendo dal primo all’ultimo secondo, quando esplodemmo insieme un’eiaculazione che sembrava non finire, tanti furono gli spruzzi che lanciammo sul pavimento; subito dopo, Franco mi fece notare che lei si era inginocchiata a pulire le piastrelle ma che portava ogni tanto un dito alla bocca.

Cominciò a vestire più ‘disinvolta’, con vestaglie chiuse male, lasciando sbordare continuamente un seno ricco e abbondante sul quale gli occhi miei e quelli di suo figlio si perdevano in adorazione per lunghissimi momenti, quando movimenti bruschi, apparentemente casuali lasciavano scoprire le cosce lunghe e ben modellate, fino al boschetto dell’inguine, segnalando che non indossava intimo.

Proposi a Franco di proporle apertamente di fare sesso con ambedue, per ripagare suo marito delle corna che le piantava; e gli suggerii di scegliere per sé un ruolo defilato, se lei avesse obiettato il rifiuto categorico per l’incesto; dopo circa una settimana di dialoghi intensi, di cui mi riferiva il mio amico il giorno seguente, era riuscito ad insinuarle il desiderio di dare una ‘scrollata’ alla sua vita e di concedersi una trasgressione.

Quando si appoggiò ad una spalla con la scusa di aiutarmi in un passaggio ostico, non feci che girare la testa e trovarmi con gli occhi che fissavano i suoi capezzoli; allungare la testa a baciarne uno fu un attimo; in quello successivo le stavo aspirando la bocca nella mia in un bacio sensuale e lunghissimo; Franco si era sistemato alle sue spalle, piantandole il sesso fra le natiche; mi abbracciò con forza e perlustrò la bocca con la lingua.

Spinsi una mano fra le cosce oltre la vestaglia e afferrai il pelo pubico a piena mano, inserii il medio in vulva e titillai il clitoride; dopo l’orgasmo, ci prese per mano e ci condusse alla camera, fece cadere la vestaglia e restò nuda davanti a noi; mentre Franco la abbracciava e la baciava con ardore di amante, io mi liberai di vestiti, la spinsi seduta sul bordo del letto e le diedi la verga da succhiare; la ingoiò tutta, di colpo, fino ai peli del pube.

Il mio amico le andò alle spalle e afferrò con entrambe le mani i seni, strinse tra le dita i capezzoli e li sfregò; intanto le passava il sesso lungo la schiena fino ai lombi e lungo le natiche ; liberata una mano, le accarezzò lo spacco fra le natiche e cercò l’ano; lei sollevò il corpo e gli offrì il varco per arrivare alla vagina; mentre mi succhiava come un’idrovora, si godeva il dito del figlio che le stuzzicava il clitoride da dietro; non guardarlo in viso, aiutava il piacere della trasgressione.

Quando avvertii che l’orgasmo incombeva, sfilai il sesso dalla bocca e la spinsi supina al centro del letto; mi chinai sulla vulva e presi a succhiare il clitoride; Franco prese il mio posto nella bocca e le diede l’asta da succhiare; Maria incessantemente godeva; un paio di volte l’orgasmo fu potente e si sentì netto anche nel gemito alto e lungo che emise, nonostante la mazza del figlio in bocca.

“Ti voglio dentro, Angelo; prendimi, ti prego!”

Mi spostai fra le sue cosce, le sollevai per avere migliore accesso, accostai la cappella alla vagina e spinsi; penetravo con agilità, naturalmente, ma godevo infinitamente nel sentire le pareti del canale che avvolgevano il mio sesso e lo risucchiavano verso l’interno; spinsi delicatamente finché sentii la testa dell’utero contro la punta; mi fermai un momento e insieme godemmo il piacere di sentirci compenetrati.

Franco si sistemò seduto su sua madre, le poggiò il sesso tra i seni abbondanti; lei accostò le morbide mammelle all’asta e lui spinse a copulare tra le lette; quando la cappella sfiorò le labbra; Maria aprì la bocca e accolse il sesso succhiando e leccando; il mio amico si spinse con il corpo più avanti e la penetrò in bocca copulando come in vagina, mentre lei con ambedue le mani carezzava l’asta lungo tutta la dimensione.

Non resistemmo molto; l’eccitazione era troppo alta e la morbidezza delle carni di lei ci sollecitava troppo; le chiesi se potevo venire dentro, mi disse di sì, accentuò il movimento pelvico ed urlò a bocca piena, mentre lo sperma scaricato dai miei testicoli le inondava a spruzzi l’utero; contemporaneamente, anche Franco mollava ogni resistenza e, avvertita la madre, lasciò andare una lunga eiaculazione che lei accolse in bocca ed ingoiò con gioia, trovandola buona.

Quando ci rilassammo supini sul letto, Maria si precipitò in bagno per lavare lo sperma; io e Franco ci guardammo, ancora fortemente eccitati dall’evento che comunque ci aveva impressionati; solo al pensiero di quello che era stato, i nostri sessi ripresero vigore e ci trovammo con le aste ritte; quando sua madre tornò a sdraiasi in mezzo a noi, Franco accennò a sistemarsi fra le cosce con l’intenzione di copulare in vagina; sua madre lo fermò.

“Franco, ti prego, non ci provare; non me la sento di arrivare all’incesto, almeno non ancora; pareggiare i conti è giusto; farlo in famiglia forse è persino prudente; farti rientrare nell’utero da dove sei nato, per ora, mi crea disagio.”

La magia del momento era sfumata; riprese la vestaglia e si coprì; a malincuore, ci rivestimmo.

“Hai detto ‘per ora’; non pensi ad un momento che è passato e non tornerà?”

“Se tuo padre d’un tratto rinsavisce e torna da me a darmi l’amore e il sesso che mi deve, non ci saranno strascichi; se continua a portare fuori la sua passione e a concedere a me solo il protocollo del colpetto settimanale, ora che ho assaggiato quanto potete dare, non sarò io a fermarmi; e se faremo ancora l’amore, supererò anche il senso di colpa che mi scatena l’incesto … “

“Se conosco papà, so che presto ti avrò tutta per me … e non sai quanto sono felice … “

“Tua madre ha deciso?”

“Non mi ha neanche detto che ci stava pensando … “

“Strano; mi ha raccontato di quelle cose e con tale entusiasmo che ero convinta vi avesse assaggiato persino insieme!”

“Macché; si fa ancora tante di quelle paturnie! … “

Adesso ero davvero feroce con mia madre, da quel punto di vista; non era scemato per lei non solo l’amore filiale che le portavo da sempre ma neppure il desiderio fisico che coltivavo per il suo corpo; visto però l’atteggiamento di chiusura netta, continuai ad andare ogni pomeriggio a casa di Franco, a studiare, a giocare, a parlare di tutto ed a masturbarci, con il favore ormai esplicito di sua madre che cominciò a bearci almeno la vista con la visione parziale delle sue bellezze intime.

Le apprezzavamo con evidente entusiasmo; ma per un po’ di tempo non accennò a quanto era successo e non diede nessun segnale di volere ripetere l’esperienza; avevo però la sensazione, da piccoli segnali quasi impercettibili, che qualcosa stesse accadendo, tra lei e mia madre, perché molto spesso lei mi guardava con interessata curiosità e mia madre, invece, era persino troppo premurosa, anche se non concedeva niente neppure allo sguardo.

Una volta che eravamo da soli, chiesi a Maria che diamine stesse succedendo, perché mi guardasse con quell’aria indagatrice; mi rispose che era imbarazzata con mia madre perché assisteva impotente alla difficile lotta che stava sostenendo con se stessa, divisa tra il ricordo di quel che era successo l’estate prima; il desiderio di voler riprendere quel filo senza turbarmi; l’ipotesi di proseguire senza di me; la tentazione di cedere e di concedersi a me a al mio amico.

Un sabato sera, cercavo inutilmente di prendere sonno, mentre sicuramente mia madre stava copulando col marito; non sentivo quasi niente finché non avvertii che la porta della loro camera si apriva; tesi allo spasimo l’udito e riuscii a seguire mentalmente mia madre che usciva in vestaglia; ma non andò al bagno; capii immediatamente che stava aprendo la porta della mia camera e accesi l’abat jour proprio mentre metteva dentro la testa.

“Vieni in bagno con me? Ho bisogno della tua mano.”

Non me lo feci ripetere e la seguii con solo lo slip addosso; chiuse a chiave la porta dietro le nostre spalle, si sedette sulla tazza e mi tirò davanti a se; mi teneva per i lombi e il suo viso era sul mio sesso duro; vi strofinava sopra il volto, passava sopra le labbra, baciava la punta, da sopra la stoffa dello slip, e sembrava adorarlo; si liberava la vescica, intanto, e scaricava sperma e orina; baciò con intensità la cappella e raccolse con la lingua qualche goccia di preorgasmo che filtrava.

“Perdonami, angelo mio, non ce la faccio ancora, non riesco a pensarti dentro di me; posso e voglio ancora sentirti godere con me, su di me, in tutti i modi che vuoi, ma non ce la faccio a lasciarmi penetrare.”

Non le risposi; le carezzai con affetto la testa, abbassai leggermente lo slip e le poggiai la cappella sulle labbra; le aprì dolcemente e fece entrare appena la punta, succhiando leggermente; abbassai ancora lo slip e le porsi l’asta che prese nelle mani, succhiò in bocca la cappella e la leccava tutto intorno; poi si staccò, mi spostò e trasferì il meraviglioso sedere sul bidet lì a fianco; si insaponò la vulva e mi chiese di lavarla come sapevo io.

Agguantai il sesso a piena mano, premendo col palmo sul clitoride che le fece emettere un gemito; il medio scivolò istintivamente in vagina e la titillò; con pochi movimenti di strofinio sul clitoride le provocai l’orgasmo che la recente copula aveva avviato ma non concluso; si girò verso il mio ventre e mi leccò l’uccello; mi sottrassi e la invitai a godere senza distrarsi; mi obbligò a piegarmi e mi baciò mentre strofinavo il clitoride col palmo della mano.

Soffocò nella mia bocca un urlo che si sarebbe sentito in piazza ed io le lavai accuratamente la vulva fin dentro la vagina, feci scorrere l’acqua e risciacquai; la sollevai e le passai l’asciugamano; me lo prese e continuò da sola; poi mi abbracciò, mentre ancora si sentiva che fremeva per l’orgasmo che aveva appena provato; si schiacciò contro di me col corpo seminudo e mi sussurrò.

“Angelo, amore mio; lo sai che ti amo con tutta me stessa; perdonami se non riesco ad uscire dai miei dubbi; lo vedi tu stesso che ti voglio, ma qualcosa mi frena ancora; vorrei che godessi con me, ma non nell’utero, ti prego.”

“Elena, ti piacerebbe bere ancora? … E allora che aspetti, l’invito su cartoncino?”

Si sedette sulla tazza col coperchio abbassato e prese a due mani il membro che accarezzò con tutto il viso, passandoselo perfino sugli occhi; quando giunse alla bocca, tirò fuori la lingua e lo leccò delicatamente sulla punta e poi lungo la cappella; prese con una mano i testicoli e li solleticò dolcemente, sembrava quasi soppesarli o carezzarli; poi infilò la cappella in bocca e la fece seguire dall’asta quasi per intero, non so per quali acrobazie.

Doveva tornare presto a letto e si diede da fare a succhiare e leccare fino a che, con una certa rapidità, l’orgasmo mi montò dai testicoli all’asta ed esplose nella sua bocca; raccolse lo sperma contro le guance e sotto la lingua; quando l’ultimo palpito si esaurì, aprì la bocca e mi mostrò lo sperma accolto; ingoiò di colpo e tirò fuori la lingua pulita.

“E’ inutile, sei la cosa più dolce che io possa assaporare!”

La baciai sulla bocca e le infilai la lingua fino alla gola.

“Adesso per quanto tempo mi terrai lontano?”

“Non essere stupido; ho bisogno di decidere ; lo farò, te lo prometto; ma ho bisogno di trovare la serenità interiore; poi sarò completamente tua; ti ho promesso anche l’ano, lo ricordo benissimo; per favore, abbi pazienza; verrà il momento.”

Franco mi telefonò un pomeriggio, prima che mi muovessi da casa per andare da lui; non avevamo impegni urgenti e l’idea era quella di passare qualche ora a chiacchierare, forse uscire a cercare qualche ragazza; mi spiegò che sua madre gli aveva proposto di andare a fare shopping in un centro commerciale, approfittando di un momento in cui, statisticamente, c’era assai meno traffico di persone ed era più facile guardare e curiosare, anche senza comprare.

Ero deluso per il pomeriggio vuoto e mia madre, che assisteva alla telefonata, se ne rese conto; ad un tratto prese l’apparecchio, mise il vivavoce e chiese a Maria se le sarebbe piaciuto che andassimo tutti e quattro a fare shopping; l’altra acconsentì immediatamente; prendemmo la macchina, passammo a prenderli e andammo insieme al centro commerciale; sin da quando si sedettero insieme sul sedile posteriore, le due cominciarono un bisbiglio fitto che ci tagliava fuori.

Mi suonava molto strano che le due lungo i corridoi del centro camminassero insieme lasciandoci da soli a seguirle; ma il parlottio a cui si dedicarono indicava che parlavano di cose importanti e delicate; ancora più strano mi risultò che Maria decidesse, per andare in bagno, di chiedere a Franco di accompagnarla; quando tornarono, lui aveva una faccia strana, tra il serafico e il cretino, che mi riempì di sospetti inesprimibili.

Di colpo, si decise di tornare a casa; il padre di Franco non sarebbe tornato perché era fuori città per due giorni e fu deciso di andare a prendere il te a casa loro; io guidavo in silenzio, ma mi veniva in mente una battuta di Totò che, modificata, suonava ‘vediamo ‘sti stupidi dove vogliono arrivare’; salimmo in casa e mamma mi teneva abbracciato a se, come faceva Maria col figlio; decisi di stare a guardare e salii.

Io e Franco ci sedemmo al tavolo del salotto e le due si allontanarono verso la camera; dalla porta lasciata aperta, vidi che Maria prendeva mia madre e la spingeva supina, le sollevava la gonna e si tuffava sulla sua vulva spostando semplicemente la fettuccia del perizoma; nel giro di pochi minuti erano nude sul grande letto e si stavano letteralmente ‘mangiando’ le vulve con un entusiasmo lesbico che mai avrei attribuito a mia madre.

Guardai il mio amico e lo interrogai con lo sguardo; mi rispose che la madre in bagno lo aveva eccitato moltissimo con profondi baci e gli aveva chiesto di non commentare quello che sarebbe successo; neanche lui si aspettava una scena del genere, ma la sua mazza ornai scoppiava nei pantaloni; la mia forse stava anche peggio; bastò uno sguardo per decidere che dovevamo unirci alla sessione amorosa ed esserne partecipi.

Ci spogliammo strada facendo e ci adagiammo ai lati delle due impegnate in una sessantanove quasi epico, vista la fame di sesso che avevano, le loro forme piene ed armoniose, la lascivia dei due corpi sovrapposti; poiché Elena si trovava sopra, mi fu facile accarezzarle la schiena e le natiche dolcissime che desideravo al di sopra di tutto, di baciare le spalle, i lombi, i glutei giù fino alle caviglie; per baciarla sulla bocca, mi trovai a succhiare Maria.

Franco non ebbe esitazioni; approfittando della posizione, accostò la cappella alla vagina di sua madre, facendola scorrere sulla lingua di Elena che gli cedette il passo; con un colpo netto la penetrò e lei soffocò l’urlo di goduria nella vulva di Elena; si rese conto che la mazza che l’aveva penetrata non le era nota, sollevò la bocca e chiese se Franco le stesse possedendo; mi feci vedere ed ebbe la certezza che era lui.

Mi indicò con lo sguardo il sesso di Elena e io mi accostai con il glande che lei leccò amorosamente per poi guidarlo alla vagina di mia madre in cui penetrai con estrema dolcezza e con amore infinito; mi sentii il cervello scoppiare mentre i tessuti del canale vaginale abbracciavano la mia asta e la risucchiavano fino all’utero; con delicatezza la montai per un lungo tempo, mentre Maria mi leccava i testicoli e la base dell’asta fin dove penetrava in vagina.

Copulammo con un amore infinito tutti e quattro, beandoci dei corpi amati che possedevamo, che ci assorbivano e ci titillavano, muovendo le mani a carezzare ogni cosa che ci capitasse, di chiunque si trattasse; con la mazza piantata nella vagina di Elena, le accarezzavo amorosamente le natiche che sporgevano dal corpo di Maria e a lei titillavo i capezzoli, inserendomi sotto il corpo dell’altra; a volte mi abbassavo a baciare la schiena, oppure infilavo un dito nell’ano a sollecitarlo.

Franco penetrava sua madre in vagina ma ogni tanto estraeva la mazza e la infilava nella bocca di Elena che la succhiava con gusto; anche lui carezzava testa e viso di mia madre, allungandosi a stuzzicarle i capezzoli; dopo una monta più lunga e intensa, Franco guardandomi negli occhi mi avvertì che l’orgasmo ormai lo sovrastava; gli dissi che anch’io ero vicino e avvertimmo le due; esplodemmo all’unisono in un orgasmo senza simili con sessi e bocche che esplodevano insieme.

Con cautela districammo il groviglio e ci distendemmo sul letto a posizioni contrapposte, ansanti e soddisfatti; Elena fu la più lenta a recuperare; senza muovere la testa, mi rimproverò che finalmente c’ero riuscito; le chiesi se fosse pentita; mi urlò il suo amore infinito e la gioia di avere rotto il tabù; aggiunse che presto sarebbe stata tutta mia; Maria sembrò svegliarsi da un dubbio, afferrò i due sessi, li manipolò un poco, li succhiò fino a renderli di nuovo duri.

Si girò verso di me, mi schiacciò sul letto e mi salì addosso; muovendosi come una contorsionista, si fece infilare la mazza fino nel profondo dell’utero, spalancò in maniera innaturale le gambe e ordinò a Franco di penetrarla analmente, lui rimase un momento fermo e meravigliato; poi capì che voleva sperimentare la doppia penetrazione in ano e in vagina, accostò la cappella al foro grinzoso e non ben preparato e spinse; ebbe un brivido, sua madre, ma resse e lo lasciò entrare.

Dalla mia posizione, vedevo mia madre con occhi sbarrati quasi incredula di fronte a quel che vedeva; le feci cenno di accostarsi e mi venne a lato, le indicai di baciarmi; mentre si abbassava, le sussurrai ‘ti amo’ con profonda convinzione; lei si limitò a occuparmi la bocca con la lingua e mi fece così intendere che ora gli ostacoli erano caduti e che era pronta a qualunque esperienza le avessi suggerito, ma solo per amore.

Non durò a lungo la doppia monta; la novità assoluta della cosa, la carica che avevamo accumulato, il desiderio che coltivavamo da anni, la coscienza che stavamo possedendo insieme una delle nostre madri ci fece esplodere in poco tempo; ma Maria ebbe un orgasmo che, come poi dichiarò, avrebbe ricordato per sempre; Elena promise che, appena si fosse fatta penetrare anche nell’ano da me, non avrebbe avuto più freni e che voleva godere al massimo.

Mentre ci rivestivamo, per una strana alchimia, i rapporti tra di noi tornarono improvvisamente quelli dell’amore filiale che erano il vero fondamento anche delle nostre esasperazioni; Elena si rivolse a me con l’affetto che avevo sempre conosciuto e che sentivo vitale a me stesso, anche quando il desiderio prendeva il sopravvento e mi trasformavo in amante ossessivo di una femmina davvero meravigliosa; ci carezzavamo delicatamente.

“Angelo, ti amo veramente; so di doverti essere grata per il mondo che mi hai aperto e che continui a farmi conoscere; in tutta la vita non ho provato la gioia, il piacere, il desiderio che in quest’ora sei riuscito a farmi provare; adesso però non posso sottrarmi a tante paure. Cosa succederà da questa stessa sera? Come farò a vivere a fianco di tuo padre e desiderarti con tutta me stessa? Come farò a non cercarti ogni giorno della mia vita? Ora ti voglio, continuamente; e voglio solo te, nessun altro.

Cosa succederà quando ti innamorerai sul serio di una ragazza? E quando ti sposerai? Che cosa diventerò per te? Dove mi collocherai? In che ruolo? Capisci che sono entrata in un cul de sac e rischio di distruggermi?”

“Elena, in ordine, per favore; tuo marito è un ragioniere e si occupa solo dei suoi calcoli; a lui non interessano i tuoi orgasmi, il tuo piacere, il tuo amore; non vuoi divorziare e fai bene; ma questo non ti impedisce di concedere a lui la copula protocollare e venire a farti masturbare da me, subito dopo; gli orgasmi te li vieni a prendere da me, quando vuoi; non voglio essere né geloso né possessivo.

E’ chiaro che sei la cosa più preziosa per me e se mi dai tutto, ogni giorno, ogni momento, non posso che essere felice; non cedo più niente a nessuno e non voglio che ti allontani; devi cercarmi anche più volte al giorno, se ne hai voglia; ed io ci sarò sempre, ti amerò ogni momento della tua vita, fino a consumarmi, fino a scoppiare; non ti farò mancare mai l’amore che tu chiedi a me e che io voglio da te. Ti è chiaro?

Può darsi che mi innamori e che mi sposi; è nell’ordine delle cose; alla peggio, resterai in eterno la mia amante segreta, ti amerò alla luce del sole perché lo devo a mia madre e nessuno potrà mai avere da ridire se ti amo; in privato, tra me e te, sarai sempre la mia donna, anche quando non ce la farò più a inventarmi per te le forme d’amore che non esistono, per farti godere all’infinito; al massimo, ti odierò con tutte le mie forze se ti innamorassi di un altro; voglio che tu sia mia per la vita.”

“Sei folle; tu lo sai e io lo so; ma voglio impazzire per te ed essere la tua amante, sempre, ed esserti fedele perché tu sei il mio amore infinito.”

Anche Franco e Maria avevano molto da spiegarsi, ma per altri motivi.

“Mamma, i discorsi di loro due valgono per me; tu sei il mio grande amore e lo sarai qualunque sarà il corso della nostra vita; finché tuo marito ti negherà il piacere di vivere io sarò pronto a darti tutto l’amore e il piacere che ti serve; non cambierà quell’uomo, e noi saremo per sempre madre e figlio ma anche amanti appassionati; anche se mi dovessi sposare ed avere una carrettata di figli, tu sarai sempre l’amore nello scrigno e per te ci sarò ogni volta che ne avrai bisogno.”

Sapevamo di dire frasi assurde, forse senza senso.

Ma sono passati anni e non sono cambiate le cose; continuiamo ad essere gli amanti delle nostre madri e, qualche volta, ci troviamo per lunghe, dolci, appassionate ore di amore a quattro, come la prima volta.

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