Estate 1990, sabato 7 luglio. Avevo quasi 17anni e ricordo quell’estate non solo per quello che mi è capitato di vivere, ma anche perché la nostra nazionale di calcio, l’Italia di Azeglio Vicini, arrivò terza ai Mondiali Italia 90 grazie a Roberto Baggio e Totò Schillaci. Due gol indimenticabili.Quella sera ero molto triste, come molti dei miei amici, eravamo arrivati terzi, erano i Mondiali giocati in Italia, una squadra fortissima, ma quella vittoria non arrivò. Non potevo immaginare che stava per accadere qualcosa che avrebbe cambiato la mia adolescenza. Era quasi mezzanotte ed io ero in compagnia del mio più caro amico Massimo, coetaneo, che mi chiese di accompagnarlo a salutare Marianna, la fidanzata (quasi due anni più grande di noi, ma ne dimostrava almeno quattro in più dal punto di vista dello sviluppo fisico), per darle la buonanotte.
Arrivati sotto il balcone di lei, che attendeva affacciata già sapendo che il suo fidanzato sarebbe passato di lì per darle l’ultimo saluto della giornata, la vidi per la prima volta in tutto il suo fascino di sedicenne avanzata in una camicetta da notte bianca molto succinta. Riuscii a scorgere dal basso l’interno delle sue gambe abbronzate fino a vederne l’intimo che indossava. Sentii subito il mio cuore battere forte in gola e l’eccitazione salire alle stelle, ma non potevo condividere con nessuno il tumulto che incalzava dentro di me, tantomeno col fidanzato della persona che me lo stava procurando; anzi, mi preoccupavo di non far capire che il mio sguardo era diretto tra le cosce di lei. Ma quel momento fu niente rispetto a quello che sarebbe successo di lì a poco: Marianna chiese a noi due di entrare nel palazzo e di attenderla vicino alle porte dell’ascensore perché, approfittando del fatto che i genitori dormivano già, sarebbe scesa per 5–10 minuti per salutare Marco. Ci fiondammo nel palazzo davanti alle porte dell’ascensore. Era un palazzo di un quartiere medio-alto borghese della mia città, ci ero nato, cresciuto e poi abbandonato dopo trentacinque anni. Mi ricordo il profumo del tiglio e le sue foglie leggermente mosse da un vento leggero estivo. Nella mia mente avevo già pensato che avrei salutato rapidamente Marianna e sarei uscito dal palazzo per lasciar loro l’opportunità di vivere l’intimità di quei 10 minuti.
Sentimmo dal piano superiore i passi felpati della ragazza che usciva sul pianerottolo, stando attenta a non chiudere completamente la porta di casa per far sì che i genitori non si svegliassero. Sentii il “clank” della porta dell’ascensore, poi il sibilo della discesa fino al piano terra. Avvertivo una strana sensazione dentro di me, ma non capivo cosa fosse: la attribuii al modo in cui lei mi guardò dal balcone e pensai che avesse capito dove io la stavo guardando. Pochi secondi e le porte dell’ascensore si aprirono davanti a noi. Quando la vidi mi paralizzai, non riuscendo neanche a girarmi per guardare l’espressione del mio caro amico Massimo che, comunque, immaginavo essere di cera. Davanti a noi lei era completamente nuda, con le braccia alzate, le mani appoggiate alle pareti del vano ascensore e le gambe leggermente divaricate; ai suoi piedi la camicetta da notte che aveva appena tolto. Negli occhi, puntati dentro quelli di Marco, Marianna aveva il fuoco della passione. Io non mi girai verso lui ed ero così imbarazzato che mi sforzavo di non guardare le sue parti intime temendo che, se il suo sguardo avesse incrociato il mio, non avrei fatto una buona figura. In quel momento la mia mente era un turbinio di pensieri, e non sapevo come comportarmi. Proprio mentre ragionavo sul da farsi, lei, sensuale come una pantera, uscì e si piombò sul suo fidanzato abbracciandolo, baciandolo e leccandolo con passione tra le parti intime mentre io, ancora paralizzato, osservavo l’inizio di un momento di passione come non l’avevo mai visto prima. Dopo pochi interminabili secondi, resomi conto di essere trasparente per loro, ritornai in me e pensai di andar via come già pianificato prima di entrare nel palazzo. Feci per girarmi quando mi sentii afferrare ad un braccio: era lei che, avvinghiata al suo fidanzato, mi tirava con la sua mano verso di loro. Opposi un minimo di resistenza guardando contemporaneamente negli occhi di Massimo per capire se resistere nelle mie intenzioni di lasciarli soli o assecondare i suoi desideri peccaminosi ed i miei impulsi. Il mio amico aveva lo sguardo tra l’impaurito e l’incredulo, ma questa sua esitazione durò poco e, eccitato com’era, si tolse la polo che indossava e, riportando l’attenzione su di lei, cominciò a baciarle i seni e a leccarle i capezzoli. La presa di lei sul mio braccio era ancora forte nonostante fosse anche lei in uno stato di trance apparente. Non ce la feci più a resistere e mi lasciai risucchiare in quel vortice di passione a tre. Non capivo letteralmente niente. Le nostre mani si muovevano vorticosamente sui nostri corpi ormai nudi e incuranti del rischio che correvamo di farci beccare in quella situazione eccitantissima da qualche inquilino che sarebbe potuto rincasare trovandosi tre giovani ragazzi, comunque conosciuti perché del quartiere, che facevano un giro a tre nell’androne del palazzo. Per non parlare del rischio di essere scoperti da qualche inquilino degli appartamenti del piano terra, visto che gemevamo ed ansimavamo come se fossimo completamente soli. A quel punto lei si abbassò in avanti avvicinando la sua bocca alla chiusura lampo, già aperta, del pantalone di Massimo per accomodare nella sua bocca il cazzo turgido del mio amico che era ormai smarrito e travolto dalle emozioni. Lei, però, teneva ancora la scena e tutto era sotto il suo dominio: prestandomi le sue natiche e tirandomi alla sua sinistra, mi guardò negli occhi e mi fece cenno di posizionarmi dietro di lei. Detto fatto! In un attimo mi sentivo catapultato in paradiso mentre me lo prendevo in mano ormai duro come una pietra per entrare tra le sue grandi labbra. Aveva la figa bagnata come se fosse inondata di un olio essenziale, il mio cazzo giovane scivolò dentro e con lui anche io entrati totalmente dentro di lei. Ero incredulo e mi sembrava di assistere ad una scena al di fuori del mio corpo, come se l'avessi abbandonato ed assistessi allo spettacolo da qualche metro di distanza. Massimo capitolò molto velocemente e lei, ancora pulsante di desiderio, spalmò tutta la sborra - riversato parzialmente nella sua bocca e parzialmente nelle sue mani - sul petto del suo ragazzo. Poi si girò verso di me chiedendomi di dare più ritmo e vigore alle mie spinte. Dopo quella richiesta, unitamente a spinte più intense, affondai le mie dita nei suoi fianchi carnosi, facendo vibrare i suoi fianchi ad ogni colpo. Sentivo i suoi gemiti, il suo fiato e la sua schiena abbronzata imperlata di sudore, si girò verso di me e mi sorrise fissandomi con i suoi splendidi occhi neri. Il suo culo si muoveva accompagnando i miei colpi, fino a quando non capì che stavo per venire. A quel punto mi fermai e lei spinse il culo verso il mio ventre roteando i fianchi. Sborrai mentre mi tiravo fuori. La sua figa era fradicia, il mio cazzo rimase con la cappella rossa e gonfia appoggiata al suo culo che continuava a tirare fuori le ultime gocce di sborra. Il corpo di Marianna era pieno di liquido seminale mio e di Marco; lei si alzò e pulì rapidamente natiche, cosce, mani, seni e bocca con il vestitino che era ancora lì a terra. Tutti e tre, ormai rinsaviti, fummo rapidissimi a ricomporci per evitare che ci scoprisse qualcuno e lei, ancora nuda si avvicinò a Massimo con tutta la sua sensualità e lo baciò con grande passione. Poi si girò nella mia direzione e mi fece l’occhiolino mentre con la mano destra mi prese i testicoli e me li strizzò. Poi fece per salire in ascensore. Dandoci le spalle, mostrando il suo lato migliore, lasciò che le porte dell’ascensore si chiudessero davanti ai nostri occhi, ancora increduli, per risalire verso casa. Io e Massimo fuggimmo via come due ladri e ritornammo velocemente a casa senza parlarci. Viale Cappuccini era deserta, eravamo solo io e lui che correvamo verso la zona dello Stadio, eravamo sudati, felici e ancora increduli.
Ancora oggi, se mi fermo un attimo, riesco a sentire l’odore della sua pelle.
…Fra quelle braccia colme di seno
Sulle sue gambe rami forti e umido fieno
Sopra il suo corpo preso ai pittori
Su quella bocca che qualcuno le comprò al banco dei fiori
E fu così lei dentro un sogno
Lei stessa un sogno una vaghezza
Io le vegliavo la purezza
Dell'impossibile (il suo cammeo)
Il musicista ritrovò
La musica sua sola sposa
La musa allora ritornò
Al suo museo..
Signora delle ore scure - Claudio Baglioni
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