Qualche settimana fa, mio marito Manuel ed io siamo andati a Misano Adriatico, dove un suo cliente ci aveva invitati per festeggiare l’inizio della sua sponsorizzazione di un pilota che corre nella Porsche Carrera Cup.
Il primo mattino di prove, Manuel è andato con lui al circuito. Siccome sono usciti presto, io ho preferito prendermela un po’ più comoda.
Per l’occasione, mi ero comprata un tubino rosso bello aderente, che aveva due bande verticali bianche ai lati. Faceva molto “ragazza del paddock”, tanghino in cotone bianco e sandaletti rossi con mezzo tacco, per stare più comoda. Ho completato il look con uno dei cappellini sponsorizzati che ci avevano regalato. Avevo fatto colazione in camera perché, vestita così, non essendoci mio marito, non mi andava di attirare gli sguardi.
Scesi alla reception ed iniziò l’assalto. Mentre chiedevo di chiamarmi un taxi, il direttore dell’hotel mi venne incontro, chiamandomi “Signorina” (“Signorina sti cazzi”, pensai), mi chiese se in hotel mi trovavo bene, se il servizio e la camera erano all’altezza delle mie aspettative e che, se avessi avuto necessità di qualsiasi cosa, avrei potuto chiamare direttamente lui, senza chiedere alla reception. Mi diede il suo biglietto da visita, il porco, e aveva la fede al dito!
Arrivò il taxi. Mentre mi avvicinavo all’auto, vidi che il taxista aveva una faccia annoiata e aspettava in macchina scazzato, poi voltò lo sguardo verso l’ingresso dell’hotel e, vedendo chi si stava avvicinando, scese velocemente per venire ad aprirmi la portiera.
Mentre salivo, si godette il mio scosciamento e, sicuramente, avrà visto anche le mie mutandine, perché il tubino era piuttosto corto.
Pensai che la mancia gliela avevo data!
Mi portò a destinazione, facendomi mille domande e, mentre gli pagavo la corsa, mi disse che, se avessi avuto bisogno ancora di un taxi, avrei potuto chiamare direttamente lui, senza passare dal centralino. Raccolsi quindi il secondo bigliettino da visita.
Quando fui ai cancelli di ingresso dell’autodromo, mi accorsi di aver dimenticato in camera il pass e il cellulare. I due tizi all’ingresso mi chiesero se ero lì per qualche sponsor; gli dissi il nome dell’azienda del cliente di mio marito, così mi fecero passare senza problemi. Uno di loro, parlando alla radio, disse: “Arriva una signorina vestita di rosso senza pass. Questa falla entrare lo stesso e accompagnala.”
Mi venne incontro un gorilla calvo, con lo sguardo da duro, mi informò che mi avrebbe accompagnata ai box. Quando fummo quasi arrivati, mi diede un bigliettino con il suo numero di telefono e mi disse: “Se hai bisogno di qualcosa, o se stasera non sai cosa fare, chiamami pure.”
Mi diede due baci sulle guance, mentre mi posava una mano sul culo, mi fece l’occhiolino e si allontanò. Io rimasi senza parole!
Entrai nel box, guardando se vedevo mio marito, ma non c’era. Mi venne incontro un tizio, che sembrava essere il capo, mi squadrò più volte dalla testa ai piedi e, con accento romanesco, mi disse: “Ciao bbbella, tu sei la ragazza imaggine dello sponsor?”
“Beh, io sono…” Non mi lasciò nemmeno il tempo di rispondere, mi squadrò ancora e aggiunse: “Certo che non hanno badato a spese quelli lì… senti, se ti interessa, quasi tutti i weekend noi facciamo delle corse. Se non hai altri impegni e vuoi guadagnarti un po’ di soldi, questo è il mio biglietto: chiamami. Puoi fare da modella per le foto con le auto che facciamo correre. Poi, se ti interessa arrotondare o toglierti qualche sfizio, nelle pause o dopo l’orario di lavoro dei meccanici, puoi occuparti di loro, ma io non voglio sapere niente… però, se decidi di farlo, piacerebbe anche a me sentire il profumo della tua patata…”
Rimasi basita, per la naturalezza con la quale mi propose di fare la puttana!
Ok, sono consapevole che in certi ambienti è ormai consuetudine ma, sentirselo chiedere personalmente, mi ha scosso. Poi, si rivolse ad un ragazzo che stava pulendo dei pezzi e gli ordinò: “Offri un bel caffè alla signorina.”
Mentre bevevo il caffè, il ragazzo ruppe il ghiaccio, illustrandomi i monitor delle telemetrie e mi fece timidamente qualche domanda. Poi, mi disse che, verso le diciotto, con alcuni suoi colleghi, sarebbero andati a prendere l’aperitivo a Rimini. Se avessi voluto unirmi a loro…
Incassai così un altro foglietto con numero di cellulare.
Mi misi vicino all’ingresso dei box, per non intralciare le operazioni dei meccanici (di cui avevo continuamente gli occhi addosso), guardando se riuscivo a scorgere mio marito.
Ad un certo punto, mi si presentò un tizio grassottello (sembrava il sosia di Boss Hogh della serie Hazzard), ben vestito, con accento e fare milanese, che mi disse: “Ciao carina, sei qua con qualcuno?”
“Veramente, sono la moglie di Manuel Drake, e mi piacerebbe sapere dove è finito!”
“Ah, scusami! Pensavo fossi una delle ragazze mandate dall’agenzia di promozioni.”
Si presentò: era il cliente di mio marito. Mi disse che Manuel era in giro con il fotografo e che ci saremmo incontrati nella VIP Hospitality.
“Vieni che ci andiamo insieme.” Disse, prendendomi sotto braccio, e ci incamminammo, passando davanti ad altri box. Lui camminava lentamente, per farsi vedere il più possibile con la bellona a braccetto, e intanto mi spiegava: “Quella è la Carrera 4S, quella è una GTS, quell’altra è la Turbo che ho anche io.” e si fermava tutti i momenti a guardare le auto (e a farsi guardare con me, trattenendomi incollata a sé).
Capito il furbastro? Ecco perché non ha discusso gli importi delle fatture che, in seguito, mio marito gli ha mandato… eh, eh…
Arrivammo all’hospitality, dove, finalmente, vidi mio marito, ma era impegnato con due persone, per cui non andai a disturbarlo.
Nel frattempo, il suo cliente mi lasciò sola per parlare con un altro tizio, così mi si avvicinò un signore, che si presentò come giornalista sportivo della Gazzetta. Solita raffica di domande e pavoneggiamenti, poi chiamò una ragazza che si presentò come collaboratrice dello sponsor.
Molto probabilmente era lesbica, o perlomeno bisex, perché mi mangiava con gli occhi. Mi accompagnò al buffet e mi offrì un flûte di spumante, mi fece mille domande e mi lasciò l’immancabile bigliettino da visita.
Ormai in mano ne avevo una mazzetta alta così! Finalmente, Manuel si liberò e venne a salutarmi con un bel bacio. Il suo cliente ci invitò ad accomodarci al tavolo riservato alla sua squadra. Mentre stavamo per sederci, arrivò il pilota che sponsorizzava, che fece di tutto per sedersi vicino a me, attaccandomi un bottone, come se ci conoscessimo da sempre.
Mio marito lo notò e lo lasciò fare, perché, per lui, la situazione era troppo divertente, dato che praticamente nessuno sapeva che io ero sua moglie.
Finalmente ci pensò il suo cliente che, una volta seduti, prese la parola, ringraziando tutti di essere intervenuti, facendo le presentazioni di ciascuno e dei rispettivi ruoli. Dopo aver presentato Manuel, aggiunse: “…e ringraziamo anche Monica, per averci deliziati con la sua incantevole presenza. Ah, dimenticavo: lei è l’innamoratissima moglie di Manuel, per cui fate i bravi, altrimenti rischio di perdere una delle colonne portanti della mia azienda!” Seguì una risata generale ed iniziammo a mangiare.
Nonostante il discorso, il pilota continuava a guardarmi le cosce, invece di guardare nel piatto… Fu estenuante! Quando arrivammo al dessert, sussurrai nell’orecchio di mio marito che, l’avere tutti quegli occhi addosso e l’aver ricevuto anche qualche proposta indecente, mi aveva acceso la birichineria e mi era venuta voglia.
Mi rispose di avere ancora un po’ di pazienza, e che avrebbe trovato il luogo e la situazione che mi avrebbero sicuramente intrigata.
Non stavo più nella pelle, fantasticando sul dove e sul come.
Il pranzo finì e, visto che, per il momento, gli impegni di Manuel erano terminati, si congedò dal suo cliente, dandogli appuntamento per la cena.
Ci incamminammo per tornare verso i nostri box: lui mi teneva per mano e, finalmente, ero contenta di essere accompagnata dal mio uomo, e non da un fanfarone che si faceva bello con qualcosa di non suo.
Lungo il tragitto, gli mostrai la mazzetta di bigliettini che avevo racimolato durante la mattinata.
Gli dissi: “Amore, guarda, questi sono tutti quelli che, da questa mattina, mi hanno fatto proposte, dal semplice aperitivo ad una carriera di puttana delle corse automobilistiche. Che dici, chiudiamo i conti?”
Mi rispose: “Sì, certo amore, ma alla maniera nostra, ripagando con la stessa moneta.”
Arrivammo ai box, andammo dal capo squadra (quello che mi aveva proposto di fare la zoccola), ci vide chiaramente tenerci per mano e Manuel gli disse: “Mia moglie ed io dobbiamo usare l’ufficio sul camper per un’ora, non vorremmo essere disturbati.”
Lui arrossì come un peperone, memore della proposta indecente fattami qualche ora prima, e rispose: “Prego, signor Manuel, è a sua completa disposizione.”
Non poteva dirgli di no, visto che era la nostra azienda ad intermediare la sponsorizzazione del cliente, e che era, tra l’altro, la più importante che la squadra aveva ricevuto quell’anno.
Quindi, ci dirigemmo verso il retro dei box e mi voltai a guardarlo: era rimasto ad osservarci con la faccia più ebete e bastonata che avessi mai vista!
Secondo me stava pensando alla sponsorizzazione, che, sicuramente, mio marito non gli avrebbe rinnovato. Così impara a catalogare le persone, senza nemmeno lasciarle parlare.
Il mega-camper era ricavato nel rimorchio di un TIR, parcheggiato proprio a fianco dell’ingresso posteriore dei box.
Manuel aprì la porta. Poi, mentre salivo i gradini di accesso, vidi il ragazzo che mi aveva invitata per l’aperitivo, che stava passando a fianco del camper, facendo rotolare uno pneumatico: era stato comunque gentile e garbato, per cui non volli infierire troppo, così gli dissi solamente: “Ciao, ti ringrazio per l’invito di questa sera ma, come vedi, sono impegnata con mio marito.”
Mi guardò stralunato, poi guardò Manuel, che attendeva che io salissi gli scalini. Immagino la sua frustrazione, per l’essere venuto a conoscenza del fatto che ero sposata o, forse, perché aveva visto il maestoso scosciamento, prodotto dal mio cortissimo vestito, mentre salivo la scaletta!
Mio marito non aveva ancora accostato la porta di ingresso, che già avevo la sua mano in mezzo alle chiappe.
Mi disse: “Vediamo cosa indossano le ragazze immagine, sotto questi vestitini, per farlo venire duro a noi manager.”
Morivo dalla voglia: mi girai e iniziai a baciarlo furiosamente. Intanto, le sue mani mi esploravano in ogni dove. Ne presi una, la tenni ferma sulla mia patatina, che era rovente, e gli risposi che poteva scoprire tutto quello che voleva, di questa ragazza immagine principiante ed inesperta.
Poi gli chiesi di chiudere a chiave la porta, ma lui non volle e disse: “Pensa se entrasse qualcuno…”
La cosa, letteralmente, mi infiammò e lo trascinai verso uno dei divani, mi ci sdraiai, divaricando completamente le gambe, mostrandogli la mia carnosa passerina, ancora avvolta dal tanghino bianco.
Lui non esitò ad inginocchiarsi sul pavimento e iniziò a baciarmela e a leccarmela impetuosamente, tanto che dovetti fermarlo, per non avere un orgasmo immediato. Volevo che venissimo insieme.
Il profumo del mio sesso lo inebriava: si alzò e si spogliò, mi tolse le mutandine, mi diede ancora qualche leccata e iniziò ad immergere il suo pisello dentro di me.
Pensai che non avrei resistito molto a quella scopata: all’esterno del camper c’era ogni tipo di rumore e mi aspettavo, da un momento all’atro, di sentire anche quello della porta che si apriva. Chi sarebbe entrato, non avrebbe potuto evitare di vedere lo spettacolo osceno che offrivo, con le gambe spalancate in aria, mentre mi prendevo un cazzone: da vera troia del paddock!
Il suo pisello mi stantuffava alla grande, me lo girava dentro in ogni modo possibile. Dalla patatina, colava una grande quantità del mio miele, che sentivo scorrere anche tra i miei glutei e che, inevitabilmente, stava imbrattando il velluto del divano.
Manuel mi confessò che gli stavo offrendo una delle immagini più erotiche ed arrapanti che gli fosse mai venuta in mente e, quando gli dissi di venire quando voleva, non se lo fece ripetere.
Dopo un istante, alla colata dei miei umori, si unì quella del suo sperma, così abbondante che non riuscii a trattenerla.
D’altra parte, come avrei fatto a trattenerla? Il mio orgasmo mi provocò tali contrazioni che non riuscivo a controllare le pompate della mia vagina… Quando si fu scaricato tutto, da vero porcello, anche parecchio feticista, pensò bene di tirarlo fuori e di scendere a leccare la patatina, che era impiastrata di tutto l’inimmaginabile.
“Non hai idea di cosa mi provoca leccartela quando sei piena, sia del mio che del tuo...” mi disse.
“Amore, anche a me piace quando lo fai, mi dà un senso di tale intimità che non hai un’idea, specialmente se poi mi vieni a baciare, con tutto l’impiastramento sul tuo viso, che io succhio con voracità… siamo due grandi porcelli, non c’è che dire!” replicai.
Placati i sensi, venne il momento di riassettarsi e fu abbastanza complicato. Nel camper faceva molto caldo, dato che, presi dal nostro trasporto, non avevamo pensato di accendere l’aria condizionata.
Oltre agli impiastramenti dei nostri umori, eravamo sudatissimi: Manuel, almeno, si era tolto i vestiti, ma io avevo ancora indosso il mio vestitino, che era madido, e anche il trucco mi si era parzialmente sciolto.
Così lo mandai in missione, alla ricerca del bagno del camper. Una volta trovato, recuperò un rotolo di carta igienica che mi portò, per tamponare la colata che avevo tra le gambe.
Mentre andava a cercare il bagno, ero rimasta a gambe spalancate, aspettandolo, in quanto mi accorsi che, se le chiudevo, lo sperma e i miei umori uscivano più copiosamente.
Quando tornò da me, mi chiese: “Ma che cazzo ci fa ancora a gambe spalancate? Vuoi un’altra dose di pisello, o stai aspettando che qualcuno, finalmente, entri e che ti veda in tutta la tua troiaggine?”
Non trattenni una sonora risata, cercai di sistemarmi meglio che potessi, poi andai in bagno, e impiegai parecchio per ripulirmi e ricomporre il trucco. Trovai anche un asciugacapelli, con il quale cercai di rendere decente, soprattutto, il vestito.
Prima di uscire, mi diedi una guardata allo specchio e, a paragone di quando arrivai all’autodromo, che ero perfettissima, ora si vedeva lontano un miglio che ero reduce da una devastante scopata.
Dirigendoci verso l’uscita del camper, guardai il divano, dove avevamo scopato: la seduta era completamente bagnata da sudore, umori, sperma e saliva. Avrebbero dovuto lavorare un bel po’ di lavanderia per riportarlo allo stato originario, ma me ne infischiai, pensando a tutti i soldi che la squadra aveva ricevuto per la nostra sponsorizzazione.
Quindi, ci dirigemmo a piedi verso l’uscita dell’autodromo. Avevo ancora dei conticini in sospeso con qualche personaggio.
Avvicinandoci ai cancelli, vidi il gorilla calvo che mi aveva messo una mano sul culo, e che mi aveva detto di chiamarlo, se avessi avuto bisogno di qualcosa.
Mi aggrappai a mio marito, in modo che il tizio vedesse chiaramente che stavamo insieme.
Quando arrivammo davanti a lui, presi dalla pochette il bigliettino con il suo numero che mi aveva lasciato, glielo allungai e gli dissi: “Grazie lo stesso, ma tutto quello di cui ho bisogno, me lo dà mio marito, praticamente tutti i giorni, come ha fatto anche pochi minuti fa!”
Rimase basito, riprese il suo bigliettino, senza proferire parola, e ci seguì con lo sguardo, mentre ci allontanavamo; presi la mano di Manuel, che mi teneva sul fianco, e gliela la spostai sul mio culo.
Per tornare in hotel, quale miglior mezzo di trasporto, se non il taxi del guardone, che mi aveva accompagnata all’autodromo, giusto poche ore prima?
Cercai, tra i restanti bigliettini, il suo. Composi il numero e attesi la sua risposta. Si ricordò subito di me e mi garantì che sarebbe arrivato in un lampo.
Infatti, dopo qualche minuto, lo vedemmo arrivare sparato. Si fermò e fu sul punto di scendere per aprirmi la porta, ma si accorse che non ero sola, per cui non si mosse dal posto di guida. Salimmo e ci chiese, con aria scazzata, dove avrebbe dovuto portarci.
Evidentemente si aspettava che sarei stata sola e, magari, sperava di darmi qualche altra sbirciata, o di tentare qualche approccio.
Rimase ovviamente deluso, ma volli rincarare la dose. Iniziai quindi a fare la scema con mio marito: portavo il mio orecchio davanti alla sua bocca, come se lui mi stesse sussurrando qualche oscenità, poi esclamavo, ad alta voce, frasi del tipo: “Ma daiii… Cosa vuoi che ti faccia?... Cooosa?... Ma quanto sei porco!... Non ti è bastato quello che abbiamo fatto mezz’ora fa?... Ma dove metti quella mano?... Dai, non qui in macchina… aspetta almeno di essere in camera, porcello…” e ridevo come un’oca totale.
Manuel vedeva di profilo il tassista, che era diventato rosso come un peperone, e sbuffava in continuazione. Non vedeva l’ora di giungere a destinazione, il poveretto.
Arrivati davanti all’hotel, mentre Manuel pagava la corsa, presi il bigliettino che mi aveva lasciato, glielo restituii e dissi: “Se lo riprenda, perché non ci serviremo più del suo taxi, visto che non c’è privacy, e non riesco a fare a mio marito tutto quello che vorrei, senza sentirmi osservata!”
“E meno male che non c’è privacy, altrimenti che cazzo avreste combinato sul mio taxi?” replicò.
“Addio!” lo salutai.
“Abbia pazienza, è fatta così...”, aggiunse ironico mio marito, mentre scendevo.
L’ultimo della lista era il direttore dell’hotel, che mi aveva detto di chiamare sempre lui, al suo cellulare, invece di rivolgermi alla reception, con ovvii sottintesi.
Entrammo in albergo separatamente, per evitare la possibilità che ci vedesse insieme. Quando fummo in camera, lo chiamai al cellulare, dicendo che avevo una richiesta, rimanendo vaga.
Dopo pochi minuti, bussò alla porta, aprii e gli dissi: “Buona sera, avrei bisogno che, tra un paio d’ore, mandasse una cameriera a cambiare le lenzuola del letto, dato che io e mio marito stiamo per fare l’amore, pertanto le stesse saranno inutilizzabili, quando avremo finito.”
Inizialmente rimase impietrito a fissarmi, senza dire niente, tant’è che gli dovetti chiedere se aveva compreso la richiesta. Poi, con aria arrogante, mi chiese: “E lei mi disturba solo per una cosa così?”
“Certo! Non è stato lei a dirmi che, per qualsiasi cosa e a qualsiasi ora, avrei dovuto chiamare lei, invece della reception? O forse avrebbe voluto che la chiamassi solo per qualcosa di diverso? Mi dica… anzi, se ha delle rimostranze da farmi per averla disturbata, si rivolga pure a mio marito, è qui in camera con me.”
Gli porsi il biglietto che mi aveva dato la mattina. Non lo prese, ma disse a bassa voce: “Mi scusi”, girò i tacchi e se ne andò. Dopo dieci minuti, bussarono nuovamente alla porta: andò ad aprire Manuel, perché io ero già sotto la doccia.
Era il cameriere che portava un carrello con spumante in ghiaccio, due flûte, un cesto di frutta e una busta che conteneva un biglietto, dove c’era scritto: “Sentite scuse per l’accaduto dalla direzione dell’Hotel.”
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Monica cura maniacalmente il proprio aspetto fisico e il proprio abbigliamento, che descrive sempre con dovizia di particolari per il piacere dei più raffinati feticisti, attirando su di sé le attenzioni e le bramosie degli uomini che incontra, mantenendo continua e vivissima la tensione erotica anche con suo marito che la coinvolge in alcune esperienze che nemmeno lei, che in fatto di sesso ne ha visti di tutti i colori, si sarebbe mai immaginata di vivere specialmente dopo sposata e con lui come regista delle sue trasgressioni.
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