«Così finalmente ci incontriamo Jacob». Disse una voce femminile.
Jacob era stato preso di sorpresa proprio quando la missione sembrava conclusa, era riuscito a strappare i documenti dalle mani di Katrina, ma non aveva messo in conto l’intervento della Mantide Bianca.
La Mantide Bianca era ed è una agente segreto di una nazione sconosciuta di lei non si sa nulla; ne da dove proviene, ne la sua età e neppure il suo nome, infatti veniva chiamata con quel soprannome poiché aveva l’abitudine di scopare con le sue vittime prima di ucciderle, proprio come la mantide.
Inizialmente Jacob pensava che Katrina fosse la mantide ma si sbagliò e ora ne pagava le conseguenze. L’aveva immobilizzato grazie a un taser, una di quelle pistole che danno la scossa in tutto il corpo.
L’agente statunitense cercò di guardare il volto della mantide ma, lei in modo molto furbo si era coperta la faccia con un passamontagna. Per Jacob era la fine.
«Ora ci divertiamo» Disse la Mantide Bianca.
Qualche ora prima…
Katrina stava cercando l’autore dello sparo che l’aveva distratta mentre scopava con l’agente Americano, iniziò persino a pensare che il rumore fosse causato da un potente petardo, girò per tutto il piano ma non riuscì a trovare nulla che potesse anche soltanto avvicinarsi a quel rumore, dunque decise di tornare sui suoi passi e cercare il documento sul nucleare cubano. Passando vicino le scale udì due soldati che parlavano tra di loro, si mise a origliare.
«Il comandante è morto».
«Come è possibile».
«Dicono sia stata una donna, magari un agente segreto. Prima hanno scopato e forse mentre lui stava in estasi l’ha sparato in testa. Aveva ancora il cazzo duro».
«Che morte orribile».
«Dipende, comunque muoviti dobbiamo finire di perlustrare tutto il palazzo in cerca di quella troia e del suo collega Americano».
«Sì signore!»
Katrina capì rapidamente che le cose stavano prendendo una piega molto pericolosa non dovevano riuscire neanche a vederla; doveva entrare in modalità Ghost.
I ghost sono unità fantasma, nessuno sa quando agiscono, nessuno sa quando sono dietro le loro vittime per farle a pezzi, si scopre la verità soltanto quando finiscono il proprio lavoro.
«Il primo piano e il secondo non contengono studi, perciò devo salire al terzo piano», pensò mentre saliva le scale.
Arrivata in cima vide tre porte, una sulla destra, e due sulla sinistra; decise di prendere la prima a sinistra.
Entrata si accorse subito di essere finita nella biblioteca ma aveva il presentimento che qualcosa o qualcuno si nascondesse in mezzo a quei innumerevoli scaffali, per sicurezza prese in mano la sua amata pistola di produzione sovietica, e, cercò di verificare se realmente ci fosse qualcuno con lei, sempre però con circospezione e stando particolarmente attenta anche a dove poggiava i piedi, non voleva mica finire sopra una qualche tipo di trappola.
Passò tra le prime tre file di scaffali senza trovare prove di presenze avverse a lei, fin quando non sentì un proiettile che le passava accanto all’orecchio sinistro, - l’assalitore aveva sicuramente il silenziatore -, si spostò immediatamente da lì cercando di rimanere basso e muoversi il più possibile in modo da non facilitare il lavoro dell’assalitore, senza sapere che l’assalitore la stava conducendo nella sua trappola, quando se ne rese conto era già troppo tardi: finì sopra una mina a pressione fortunatamente non caricata con esplosivi, era una mina stordente.
La vista le mancava, la testa le girava, cercò ma invano di prendere posizione contro l’assalitore ma disgraziatamente non ci riuscì, fu l’avversario ad avere la meglio. Katrina sentì molto bene la fitta dolorosa sulle costole dovuta a un calcio, le arrivò anche un pugno senza riuscire a intercettarlo. In quelle condizioni era impossibilitata a difendersi dovette per forza cedere e lasciarsi sopraffare.
Il corpo nudo che si trovava davanti era invitante, i capelli biondi la eccitavano parecchio senza contare i suoi capezzoli, forse era la sua preda migliore, e sempre per un disgraziato destino dopo la goduria ci sarebbe stata la tristezza di doverle togliere la vita, così la Mantide si prodigava a godere col corpo nudo di Katrina. Leccò lentamente le labbra che reagivano aprendosi a lei, ci mise un dito, poi un altro. La penetrazione faceva sussultare Katrina anche se incosciente ne sentiva l’eccitamento, - strano il corpo umano e ancor più strano fu quello che fece la Mantide -. Prese un dildo nero parecchio usurato, lo lubrificò per bene poi iniziò la penetrazione su Katrina che lentamente si stava svegliando, grazie anche a quelle sensazioni che la sua nemica le provocava… Non ci fu resistenza, sembrava quasi che le due avessero una sorta di chimica. Ora l’agente segreto Russo stava iniziando a godere realmente sotto i colpi di quel dildo che la scuoteva dall’interno, ne sentiva quasi l’esigenza. Per la prima volta in vita sua supplicò la sua temporanea amante di non fermarsi ma anzi, di andare con più vigore, veemenza e intenzione.
«Scopami». Solamente questo uscì dalle labbra di Katrina, nient’altro.
La Mantide si tolse i pantaloni con le mutandine, si incastrò a Katrina e iniziò a sforbiciare con lei, le due ora godevano insieme, l’estasi più pura arriva quando meno te lo aspetti.
E così fu, Katrina fulminea blocco la sua avversaria al suolo con una presa alla caviglia, la teneva ferma e mentre cercava di pensare a un modo di fuggire da lì, si ritrovò con un laser puntato in mezzo agli occhi.
L’uomo che le puntava l’arma era Jacob; la guardò e poi fece fuoco.
Fine seconda parte.
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