Il cliché del corriere espresso

La moretta si inginocchia davanti all’uomo muscoloso uscito dalla doccia. I suoi occhi brillano alla vista del grosso cazzo in erezione che gocciola ancora acqua. Lui sorride, pregusta cosa sta per succedere, come se potesse accadere qualcos’altro quando una ragazza afferra un grosso uccello in tiro e lo scappella.

Lui le accarezza i capelli, spostando una ciocca che nasconde il viso della ragazza alla telecamera. «Yes, bitch, suck my huge dick!»

Mi mordo le labbra e stringo le gambe. Il profumo della mia passera bagnata riempie il mio olfatto, rendendomi ancora più eccitata. Faccio scivolare avanti il culo sul divano, sbottono i jeans e le mie dita scendono sotto l’elastico delle mutandine.

La pornostar sullo schermo del mio portatile bacia la cappella dell’attore superdotato, che mugugna di piacere. Quanto vorrei avere il cazzo di Giorgio accanto a me, in questo momento. Lo afferrerei, lo leccherei, mi ci impalerei fino a farlo entrare tutto nella mia figa…

Le dita mi scivolano nell’utero per la lunghezza di una nocchia, il desiderio cola e impregna il tessuto delle mutandine. Avrei dovuto toglierle e masturbarmi nuda: dopo mi toccherà cambiarle.

L’attore appoggia una mano sulla testa della moretta e la spinge verso il suo inguine. Il grosso cazzo scompare tra le labbra rosse – chi si sveglia la mattina con il rossetto già applicato e non sbavato? Il cuscino sembrerebbe vittima di un omicidio… - e il collo della ragazza si gonfia quando la cappella le arriva in gola.

Chiudo gli occhi, inspirando, assaporando le dita che si muovono nella mia fica. Il ricordo di Giorgio che mi fotte in quel modo, che mi tratta come una puttana senza dignità, si scopa la mia bocca e mi strozza con la sua sborra mi infiamma l’inguine e il petto. Non ha il cazzo così grosso, ma lo sa usare bene. Questa e la prossima settimana non potrò godere di lui, essere la sua puttana, è in Svizzera a lavorare nelle…

Apro gli occhi, un sospiro sfugge dalle mie narici e mi svuota. Un tizio con il cazzo troppo grosso sta scopando una ragazza cretina pagata per fare la puttana davanti ad una telecamera, e io sono qui a ditalinarmi guardando queste cagate mentre mio marito è sotto una montagna, in un posto dove parlano tedesco, in mezzo a mine e polvere. Le dita nella figa sembrano infilate nella mia gola, un senso di repulsione mi stringe il petto.

Le estraggo, il liquido che cosparge le nocchie e le unghie curate quasi mi sembra alieno. Pulisco la mano sui pantaloni e blocco il film. Che diamine sto facendo?

Torna, Giorgio, senza di te impazzisco, dieci giorni da sola, a casa, sono una tortura. Voglio ripagare il tuo sacrificio, i quattro giorni di pausa che i crucchi ti concedono devi passarli dentro di me, devi goderti ogni istante libero con la tua puttana devota…

Mi abbandono sul divano. I dieci giorni che non passano mai sono un continuo languorino che non posso soddisfare. Sospiro… Torna presto, Giorgio, finisci quel dannato tunnel a Berna e torna da me… Pagherai la banca, la casa sarà nostra e passerai ogni notte a fottermi.

Abbottono i jeans, prendo il portatile dal tavolino e lo appoggio sulle gambe. Chiudo la scheda con la scopata mattutina dei due e ne apro un’altra. Il puntatore del mouse finisce per caso sull’icona del collegamento ad Amazon, il dito sfiora il touchpad e sono sul sito di e-commerce quasi senza volerlo.

I miei recenti acquisti – abiti, scarpe, intimo, qualche gioiello – scorrono come una processione sotto il banner di qualche film in esclusiva. La maglia bordeaux arrivata la settimana scorsa potrei ricomprarla anche rossa, starebbe meglio con i miei pantaloni di Prada.

Sposto il puntatore sulla barra di ricerca, la barretta lampeggia, le mie dita si fermano ad un soffio dalla tastiera. È da tempo che me lo chiedo, ma non ho il coraggio di controllare…

Che problemi mi faccio? Nessuno ne verrà a conoscenza: le mie dita volteggiano sui tasti, e la scritta “Vibratori donna” compare nella tendina del completamento del testo. Mi mordo di nuovo le labbra: ma allora Amazon li vende davvero, Sara non scherzava!

Il mio indice si appoggia sul tasto invio ma non lo preme. Come posso comprare un vibratore? Sarebbe come tradire Giorgio… Mi si mozza il fiato: e se, frugando tra i vestiti nei cassetti, se lo trovasse davanti, un cazzo di plastica, con un motorino per dare maggiore piacere, cosa penserebbe di me? Della sua virilità? Il mio cuore perde un battito… mi fotterebbe ancora?

No… no, lasciamo perdere. Meglio pensare a qualcosa di meglio.

Il banner delle offerte top lampeggia, afferra la mia attenzione e la lancia verso le nuove scarpe… Quelle sono davvero gli stivali della Stuart Weitzman con lo sconto del 50% a soli 210 €?

Uscire il sabato a mangiare la pizza con Giorgio, che figura faremmo se le indossassi? Tutte ci… tutti ci guarderebbero con ammirazione, di fronte ad un’eleganza simile. Magari potremmo passare alla Decathlon a prendere una giacca un po’ decente per lui, che si veste sempre come un barbone…

Il puntatore si sposta su “Acquista con un click”. Mi merito quegli stivaletti, sono una moglie devota che ama il suo marito ed è in pensiero per lui. E poi, non ho nulla da abbinare al Valentino che mi è arrivato due mesi fa: lasciarlo nell’armadio sarebbero soldi buttati via.

 

***

 

La ruota destra anteriore del carrello gira impazzita mentre lo spingo verso l’ingresso del supermercato.

Non so mai cosa preparare da mangiare quando sono sola, mi passa l’appetito e non ho voglia di sporcare la cucina solo per me. Magari, potrei fare un salto al banco gourmet del supermercato e trovare qualcosa da mandare giù. Chissà se ci sono anche oggi le tartare di salmone con avocado e agrumi, o meglio ancora le tagliatelle al tartufo bianco. Deglutisco il bicchiere di acquolina che mi si è formato in bocca al ricordo di quei sapori. Potrei passare anche per il reparto vini e—

«Annalisa!» Una voce femminile arriva dalle mie spalle. «Da quanto tempo!»

Mi fermo davanti alle sbarre aperte del centro commerciale. «Sara,» sorrido, «come stai?»

La mia amica scivola accanto ad un pensionato che mi supera trascinandosi dietro un cestino e mi abbraccia. «Siamo praticamente vicine e non ci vediamo mai. Ho tante cose da raccontarti».

Lei abita in fondo alla via e la vedo meno di mio marito. È una delle poche persone che conosco a Caregan da quando mi sono trasferita qui. Forse, se passassi più tempo con lei, mi sentirei meno sola, ma ha un unico pensiero in testa...

Una coppia fa manovra con il carrello per entrare nel supermercato, la stronza ci scocca un’occhiataccia nemmeno stessimo bloccando l’ingresso al pronto soccorso.

Sara si toglie una ciocca bionda dal viso stretto con un soffio e mi prende sotto un braccio. «Vieni, spostiamoci. Andiamo al bar a parlare».

 

***

 

Sara appoggia la tazzina sul piattino. «Non puoi immaginare cosa mi è successo ieri sera!»

Sorbisco un sorso di cappuccino. È un affronto al palato: la prossima volta sarà meglio prendere qualcos’altro. «No, racconta». Come dire che potrei non indovinare al primo tentativo. Conoscendoti…

La mia amica si mette più comoda. «Beh, non avevo voglia di starmene a casa… non c’è nulla di interessante in tv, secondo me…»

«Fidati, non se l’unica a pensarlo».

«…e allora ho deciso di andare in quel bar, sulla Statale, il Griso».

Trattengo a stento una smorfia. Quel posto fa schifo, l’unica cosa che ha di bello è il parcheggio bello largo che sfruttano i camionisti per fermarsi di notte. «Fammi indovinare: hai rimorchiato qualcuno». Praticamente è il suo passatempo preferito. Il suo secondo passatempo preferito, in realtà: il primo è la sua naturale conseguenza.

«Ho passato una notte di fuoco». Sottolinea il concetto con un sorriso e gli occhi che le brillano.

Sospiro e bevo un sorso dell’intruglio nella mia tazza per nascondere la mia invidia. Vorrei passarla anch’io una notte a farmi scopare come una troia, ma dovrò aspettare più di una settimana… se Giorgio non si presenta a casa stanco per il viaggio di ritorno da Berna. Dopo 700 km di macchina, crolla sul letto e quella notte la passa a dormire invece di fottermi.

Sara mi fa un occhiolino. «Una sera dobbiamo uscire insieme, Annalisa. Ci divertiremo».

Ha un corpo magro, tenuto bene. Frequentiamo due palestre differenti, ma è evidente che ci passa il mio stesso tempo. Ha un seno non troppo grande ma piacevole, e occhi azzurri. Potremmo quasi passare per sosia, non fosse per il colore degli occhi. L’idea di uscire con lei, andare a sedurre un paio di uomini, fare un’orgia insieme… Io e lei che ci baciamo mentre i due ci possiedono, ci sculacciano e ci danno delle troie… Un prurito in mezzo alle cosce e la camicetta che diventa fastidiosa contro i capezzoli mi riporta alla realtà. E al mio rifiuto di tradire Giorgio.

Scuoto la testa. Sorrido alla mia amica. «Non mi sembra il caso…» Spero che il mio sguardo non riveli la tristezza che cerca di nascondere.

Sara solleva la tazzina. «Giorgio è fortunato ad avere sposato te». Beve un sorso e l’appoggia. «Ma non so se anche tu sei stata fortunata ad avere sposato lui».

Oddio, non ricominciamo con questa storia… Indico la cintura che fascia la vita di Sara: è la prima cosa che mi viene in mente per cambiare discorso. «Bella, cos’è? Gucci?»

Sara si solleva di qualche dito dalla sedia con il culo e alza la camicia. «Ti piace?»

Annuisco. «L’avevo vista su Internet ma ero dubbiosa se prenderla perché non sapevo come potesse starmi una volta indossata, ma adesso che te la vedo addosso mi piace parecchio».

La mia amica sogghigna. «Potrei farti da indossatrice, tu compri e io indosso».

«Quanto l’hai pagata?»

Adesso ride proprio. «Praticamente nulla!»

Dissimulo un sorriso. «Il regalo di un amante?»

«Grosso modo. L’avevo ordinata su Internet, e quando è arrivato il corriere…» Sul volto di Sara compare uno sguardo furbetto.

La interrogo con lo sguardo. Non avrà davvero…

Lei si sporge sul tavolo e mi fa segno di avvicinarmi. Accosta le labbra al mio orecchio. «Quando è arrivato il corriere,» sussurra, «gli ho detto che non avevo i soldi per pagare. Era un bel moro, ricciolo, alto… Lui mi fa che allora doveva riportarlo indietro al magazzino e potevo andare a riprendermelo lì. Ma chi ha voglia di andare fino al magazzino della VFT a Longarone? Allora mi sono avvicinata, mi sono inginocchiata…»

Fisso la mia amica. Ma sta scherzando?

«…e gli faccio che potevo pagare in un altro modo. Lui ha sorriso e accettato. Gli ho tirato fuori l’uccello, una bestia lunga venti centimetri e ho iniziato a leccarglielo…»

Mi mordo le labbra. Non voglio crederle. Mi si stringe il cuore ascoltarla. Le sue parole accarezzano il mio orecchio come se me lo stesse leccando, come se stesse leccando ancora la punta di quel cazzo. «E…» Metto una mano accanto alla bocca e abbasso la voce. «E hai inghiottito?»

Lei sorride come a dire che non ho capito niente. «Quando stava per venire, mi ha afferrato per i capelli e mi ha strappata via dal suo cazzo. “Una bella troia come te me la voglio scopare per bene!”, mi fa».

Mi scopro a mordermi le labbra. Di quale perversione bisogna soffrire per eccitarsi nel sentire una propria amica raccontare di essere stata scopata per una cintura di marca?

«Allora mi getta sul letto, mi toglie i vestiti e me lo ficca nella mona. Tutti i venti centimetri. Mi afferra le tette e inizia a scoparmi».

Chiudo le gambe, mi si serra il buco del culo. Le mutandine si stanno bagnando ben più di quanto abbia fatto il porno di questa mattina. L’immagine di Sara nuda – non riesco a distogliere lo sguardo dal suo seno che deforma la camicetta, i tre bottoni superiori aperti per lasciar scorgere due piccole sfere - scopata con furia, il movimento del bacino dell’uomo che la possiede, lei sudata che ansima, mi sta facendo impazzire. Appoggio le mani sul tavolino per non rischiare di ritrovarmele tra le cosce. L’afrore della mia eccitazione si sta spandendo: Sara lo starà percependo? La starà eccitando?

«”Te lo faccio pagare fino all’ultimo euro quel pacchetto, troia!”, grida mentre mi scopava. La testiera del letto picchiava contro il muro ad ogni colpo che dava con il suo cazzo. “Ti prego, sfondami! Sono la tua puttana!”, gli facevo io».

Ho l’acquolina in bocca, ma è dalle labbra in mezzo alle mie gambe che sto davvero sbavando. Il cuore mi batte talmente forte che il rumore nelle mie orecchie quasi copre le parole della mia amica. «E ti è venuto dentro in…»

I suoi occhi brillano. «Lui si è messo ad urlare. Ululare, direi quasi. Mi ha afferrata per le anche, me lo ha piantato dentro tutto, fino in fondo, ero con la bocca e gli occhi spalancati, e ha sborrato tutto quello che aveva nei coglioni. Io urlavo: “Sfondami, sfondami” e godevo come una cagna». Sorride e appoggia una mano sul mio braccio. «Non credo di aver mai goduto come in quel momento».

Deglutisco. Mi gira la testa. «P-poi?»

«È uscito da me, si è messo in piedi sul letto con il suo grosso cazzo che pendeva e gocciolava sborra e trasudo. “Il tuo pacchetto è all’ingresso, troia”, mi fa, e mi lascia a pezzi sul letto, con la sua bega che colava dalla mia mona sulle lenzuola».

L’odore della mia figa bagnata mi sta per nauseare. Devo andare a chiudermi in bagno: il racconto del corriere espresso sta riuscendo dove il porno di prima ha fallito. «N-non ci credo…»

Sara si appoggia allo schienale della sedia e incrocia le braccia sulle tette. Fa spallucce. «Se la cosa ti fa stare meglio…»

Stronza… Non può essere vero! «Dai, mi stai prendendo in giro».

«Pensala come vuoi. Ma hai presente quelle scarpe dal tacco 12 che indosso spesso?»

«Non…»

«E quel foulard a fiori? Il mio bancomat è in mezzo alle gambe».

Non rispondo, anche perché non so se darei della troia a lei o dell’idiota a me stessa…

Sara sospira. «Quel povero ragazzo, con quel lavoro così pesante. Almeno, con me si svaga un po’… È sempre felice di farmi le consegne». Si porta una mano alla bocca e ride. «Vedessi come scodinzola quando mi vede, ma non con la coda!»

 

***

 

La tipa sullo schermo del tablet la fa facile, ma io non ho capito come devo fare con il latte e il lievito. In una terrina versa il liquido, ci mette il lievito e lo zucchero… ok.

Stringo gli occhi per riuscire a leggere i sottotitoli della traduzione automatica in italiano dal parlato in tedesco che compare sotto. “Lasciare riposare per…” Per quanto?

Scuoto la testa. Ma cosa mi è venuto in mente di preparare questo dolce? Non so nemmeno pronunciarlo. «Zup… Züf… Cazzo!»

Il latte comincia a gorgogliare, bolle compaiono sulla superficie e scoppiettano. «È normale che faccia così?» Sospiro, mi tolgo il grembiule e lo lancio su una sedia. Ma a Giorgio doveva davvero piacere questo dolce svizzero? E io dovevo proprio mettermi in testa di farglielo trovare quando torna la settimana prossima?

Questa roba finisce nella spazzatura o nel water, perché non riuscirò mai a fare la treccia di pane che compare nella copertina del video. Gli comprerò qualche pasticcino, un paio di cannoncini o bignè, per completare la cena quando torna dall’estero. «Povero caro, hai una moglie davvero imbranata…» L’unica cosa che mi riesce bene è farti godere. E la cosa mi rende orgogliosa, più di quanto potrebbe farmi sentire se fossi una cuoca provetta.

Con una mano prendo dal tavolo il martello e lo sollevo. Lungo, duro, rotondo… L’altra si ritrova ad accarezzarlo, come se fosse un animale domestico. Come se fosse… Arrivo dove si restringe, lo afferro. L’ombra di un sorriso solleva le mie labbra. Duro, come piace a me. La mano fa su e giù.

Mi scopro ad eccitarmi nel fare una sega ad un mattarello. Una situazione ridicola, che non racconterei a nessuno, nemmeno a Sara, a cui racconto come Giorgio mi sfonda, ma non riesco a smettere. Lancio un’occhiata fuori dalla finestra: in cortile non c’è nessuno, solo un furgone passa lungo la strada. Giro il mattarello e inizio a leccarne la punta ruvida.

Non è un cazzo, non ha il sapore e nemmeno la superficie vellutata della cappella, ma… Il sorriso si allarga di più al pensiero di impalarmi sul rullo, incastrarne da qualche parte una punta in modo che resti in piedi, e l’altra ficcarmela in figa. I miei umori che colano lungo lo strumento, che vengono assorbiti dal legno, io che urlo mentre un orgasmo mi travolge, il mio cuore che cavalca impazzito, la mia—

Il trillo del campanello mi scuote. Cosa sto… no, non ce l’ho dentro il mio corpo, il mattarello è nelle mie mani, appoggiato al tavolo. Solo la punta è bagnata dalla mia saliva. Il cuore continua a martellare nel mio petto.

Deglutisco e abbandono il pezzo di legno accanto agli ingredienti del dolce che non farò mai.

«Arrivo!» La voce mi esce flebile.

È come se la mia mente fosse immersa nella bambagia, fatico a restare in equilibrio sulle gambe. Un fastidio all’inguine mi assilla. Mi sembra di essere drogata, è come quando Giorgio mi massaggia e mi bacia e l’afrore del suo cazzo in erezione mi stordisce…

Esco dalla cucina e barcollo lungo il corridoio.

Il campanello suona ancora.

«Eccomi!» Non sono sicura di aver urlato o solo parlato.

C’è qualcuno appena oltre le vetrate della porta, la sua figura resa confusa dalla lavorazione delle lastre arancioni e verdi.

Appoggio la mano alla maniglia e apro. Un uomo vestito di azzurro ha in mano un pacchetto e sta controllando qualcosa sulla bolla che vi è incollata.

È il corriere espresso della VFT. È alto, i capelli mori sono ricci…

Mi si spalancano gli occhi, un fischio si accende nelle mie orecchie, fastidioso quanto il malessere che ho all’altezza dell’inguine. È quello! È il corriere espresso da cui Sara si fa fottere per avere le cose gratis!

Il suo profumo di pelle, i muscoli che gonfiano le mezze maniche dell’uniforme, la barba curata sulla mascella squadrata… quello sguardo profondo che mi punta contro. È come se mi stesse posando le sue mani sui glutei e mi spingesse a sé, contro il suo cazzo in erezione, penetrandomi per tutta la sua lunghezza, implacabile.

La mia figa sbocca desiderio nelle mutandine.

«Buo-buongiorno». Mi ricordo di sorridere.

Lui risponde con il suo. Il profumo virile di pelle mi riempie la mente e gonfia le tette.

«Buongiorno, signora… Annalisa Favaro? Mi spiace disturbarla, ma sembra ci sia stato un problema con i pagamenti». Controlla di nuovo la bolla. «L’euro e novantacinque centesimi per il trasporto non è stato conteggiato nella somma che le è stata fatta versare al momento dell’acquisto».

Sara si fa montare da questo stallone. Si fa aprire le gambe e scopare fino a farsi riempire di sborra dal grosso cazzo di questo adone… Io non potrei mai fare… L’immagine del mattarello, il mio desiderio di impalarmi sopra mi stringe lo stomaco, la sconsideratezza di fare una pazzia simile… quando potrei—

«Signora… Sta bene?»

Sbatto gli occhi, lui è lì, davanti a me, un uomo che odora di sesso, di desiderio. Quante altre donne ha posseduto oggi? Quante sono state scopate dal suo cazzo? Sarà ancora umido delle loro fregne eccitate… potrebbe esserlo anche della mia…

La mia figa sembra sciogliersi, i miei seni dolgono. Deve scoparmi.

Giorgio è in Svizzera, a lavorare. Non saprà nulla. Se mi faccio scopare qui, adesso, la mia fame di cazzo sarà sazia fino a quando tornerà mio marito…

Apro la bocca, è secca. «Per… per favore, entri».

Lui fa un passo avanti e chiude la porta dietro di sé.

È in casa mia. Sta per succedere. Lo racconterò a Sara. Non trascurerò nessun particolare.

Lui mi interroga con lo sguardo.

Deglutisco. «Io… non ho quei due euro». Il cuore sembra deragliare per qualche battito: che cazzata, chi non ha una manciata di monetine in casa?

L’espressione dell’uomo muta, perde l’interesse. Sbuffa con il naso. «In tal caso, sarò costretto a riportare il pacco al magazzino a Longarone. Sa dove si tro—»

Deglutisco a vuoto, mi passo la lingua sulle labbra. «Possiamo trovare un… un accordo». L’ho detto! Cazzo, ho appena fatto il passo cruciale!

«Di cosa sta…»

Mi inginocchio, gli sorrido. Afferro i pantaloncini dell’uniforme e—

«Ma che minchia stai facendo?» La voce dell’uomo diventa più rauca e greve. Scaglia il pacchetto dietro di me e mi prende per le ascelle, sollevandomi come se pesassi un chilo.

Sgrano gli occhi. «Ma io cred—»

Lui mette una mano sulla mia testa e la mia faccia impatta contro le giacche appese all’attaccapanni.

«Cosa minchia credevi, puttana? Che sono come quello dei porno, eh, puttana? Mi pigli per il culo?»

Che sta succedendo? Sara aveva detto che…

«Chi pensate di essere, mogli annoiate?» La sua mano libera mi afferra il retro dei pantaloni e con uno strappo me li abbassa insieme alle mutandine. L’aria pizzica il mio sedere, si infila nello spacco delle chiappe e scivola sul buco del culo e la figa grondante. «Pensate che se vi fate fottere, il corriere vi regala le cagate che comprate su Internet? Va bene…»

Cosa… perché non ha…

«…i tuoi due euro di merda te li regalo io, puttana».

Il cuore batte ancora più forte, rimbomba nelle mie orecchie, il pranzo sta per salirmi in bocca. Il corpo dell’uomo mi blocca contro il muro, la mano sulla testa scende a stringermi la gola, le sue dita sembrano voler affondare nella trachea. Mi manca il fiato, vuole strozzarmi!

L’altra mano mi sposta un gluteo, qualcosa di caldo e umido si appoggia sul buco del culo.

A stento le parole escono dalla mia gola chiusa. «No… asp—»

Un colpo di bacino mi apre il buco del culo e la nerchia del corriere sprofonda nel mio retto.

Boccheggio, i miei occhi bruciano, sono spalancati.

Una mano si infila sotto la mia maglietta, mi stringe una tetta come una morsa.

L’uomo sbatte l’inguine contro le mie chiappe, il suo cazzo è dentro del tutto nel mio intestino, lo riempie.

Mi spinge indietro, mi stringe contro di lui. Sono bloccata contro il suo corpo, il cazzo si muove dentro di me.

«Allora, ti piace farti inculare per due euro, puttana?» Esce quasi del tutto con il cazzo, me lo spinge dentro fino in fondo di nuovo. «Eh? Bello, vero?»

«Ti prego…» ansimo, la testa mi gira. Non sta succedendo davvero…

«È bello quanto essere considerato uno che ti regala le cose perché gliela dai». Fuori, dentro del tutto. Il suo cazzo sembra una lima sulla pelle del mio ano.

Mi spinge di nuovo contro le giacche. «Lo fate anche con gli idraulici, vero? Vi aspettate arrivi un pelato superdotato da pagare con la fessa, giusto, puttana?»

Il cazzo entra fino alla radice, si ferma e spinge come se volesse far uscire la cappella dalla mia pancia. Ringhia, mi stringe più forte e si irrigidisce. Si svuota dentro di me. «Pensate che uno che deve fare cento consegne al giorno per mantenere la sua famiglia abbia il tempo di scoparvi?»

Il suo cazzo esce e una colata di liquido cola dal buco del mio culo e scende lungo una mia gamba. Il fetore di sborra e intestino mi assale le narici, le colma, mi scende in gola e mi stringe lo stomaco.

Scivolo in ginocchio. Sto per rigettare.

Il corriere espresso è in piedi davanti a me, il suo cazzo pende davanti al mio volto, dalla cappella lurida dondola una goccia di sborra sudicia. Prende il mento e me lo solleva. I suoi occhi castani ardono ancora di furore. «Sei gentile a metterti in ginocchio per pulirmi la minchia, ma adesso devo proprio andare. Ho ancora da fare una consegna ad un’altra puttana in fondo alla via, che tutte le volte prova a sedurmi per non pagare…» Sorride. «Quasi quasi, oggi, la accontento per davvero e spacco il culo anche a lei».

Getta indietro la mia testa e indica lungo il corridoio: la scatola è su un fianco, ammaccata in un paio di angoli. «Le tue scarpe di merda sono laggiù, goditele quando riuscirai a camminare ancora». Mi da un paio di buffetti su una guancia. «E la prossima volta tieni pronti i soldi, o non solo porto la tua roba al magazzino, ma la faccio anche sparire dal database e la regalo a mia moglie».

Afferra il cazzo, se lo rimette nei pantaloncini ed esce sbattendo la porta. I vetri colorati tintinnano in una risata rivolta a me. Il battito del mio cuore nelle orecchie quasi copre il suo fischiettio mentre si allontana nel giardino.

Crollo a terra sugli stivali in gomma sotto l’attaccapanni, le piastrelle del pavimento sono fredde sotto la mia faccia. La sborra continua a colare tra le mie chiappe, nemmeno quando Giorgio mi ha sverginato il culo mi bruciava tanto.

«Vaffanculo, Sara…», singhiozzo. «Spero sfondi anche tu, troia bugia—» Un crampo feroce mi mozza le parole e lo stomaco mi si svuota in bocca, acido, disgustoso. Il salmone affumicato esplode dalle mie labbra e si riversa sul pavimento in una pappetta marroncina cosparsa da frammenti verdi e neri, mi scorre su una guancia, inzuppa i miei capelli.

Chiudo gli occhi e le lacrime si uniscono allo sbocco. Non comprerò più nulla su Internet… se non per un vibratore. No, andrò di persona in un sexy shop, non voglio rischiare di trovarmi il corriere moro che me lo porta e decide di provarlo di persona su di me…

Fine

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