Il collega del sudafrica

  • Scritto da gigi il 17/11/2020 - 18:12
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Rieccomi qui, sempre io Barbara, la moglie di Alberto.

L’aver messo nero su bianco le mie esperienze sessuali non nascondo che mi abbia dato molta soddisfazione. Ripercorrere, poi, con la mente quanto mi è successo, ha fatto riemergere i vari stati d’animo a suo tempo vissuti. La scrittura del resto non è solo un ottimo mezzo di espressione ma, e soprattutto, un fantastico catalizzatore di energie mentali.

Mi eccita molto raccontare, non tanto le mie fantasie, quanto ciò che nella realtà sono riuscita a vivere. Di tutto questo non devo che ringraziare mio marito che, forse data la sua esperienza di vita, è riuscito a capire la mia vera natura, fino a poco tempo fa conformata al comune senso del pudore, spronandola alla libertà.

Devo ammettere che l’occasione per ringraziare Alberto per la sua presenza e attenzione alle mie esigenze, l’ho tratta proprio mentre Vi raccontavo la mia terza esperienza del meeting di Roma. 

Il mio uomo aveva infatti organizzato un piano, direi diabolico, non solo per mettermi alla prova, quanto per permettermi esperienze sessuali fino ad allora presenti solo nella mia mente, e forse nemmeno in quella.

E veniamo alla mia di orchestrazione in favore del mio amato Alberto.

Tutti gli eventi e le esperienze sessuali che io e mio marito abbiamo vissuto in quest’ultimo periodo hanno come denominatore comune, oltre alla mia natura di … (ed avete capito), la propensione di Alberto ad essere compartecipe con altri alla mia soddisfazione: chiamiamolo, anche se impropriamente, cuckoldismo. Su tale presupposto ho quindi organizzato la sorpresa che mi appresto a raccontarvi.

 

Rientrata da Roma, e passata la breve arrabbiatura per come Alberto mi aveva strumentalizzata per mettermi alla prova (ricordo che il suo intendimento era quello di vedere quanto fossi sincera nei suoi confronti), la nostra vita sessuale continuò con la solita soddisfazione: ci raccontavamo le nostre fantasie e le nostre scopate da questo ne traevano somma vitalità.

Presi la palla al balzo quando Alberto, tornato dal lavoro, mi raccontò di un suo collega – che qui chiamerò Antony - che rientrava da una lunga trasferta in Sudafrica. Era un uomo di circa 45 anni di origine Zulù, trasferitosi da giovane in Italia ove si era poi laureato in ingegneria. Assunto dalla multinazionale dove lavora anche Alberto, dopo un tirocinio veniva mandato in trasferta per curare un’importante opera viaria.

Da pochi mesi era, quindi, rientrato in Italia e solo da qualche giorno trasferito alla sede di Milano. Con un interrogatorio che solo una donna riesce a fare (quindi senza che Alberto se non rendesse realmente conto) riuscii a farmi dare una serie di informazioni utili al mio piano.

All’ennesimo discorso ove ricompariva la figura di Antony presi l’occasione per dire a a mio marito: “perché non inviti il tuo collega qui a cena? Sarà interessante ascoltare le sue esperienze lavorative e magari così conosciamo anche la moglie.”

Alberto, peraltro non del tutto convinto, accettò evidenziando però che la compagna di Antony in realtà era rimasta ancora in Sudafrica con i figli, in attesa che terminassero l’anno scolastico.

Ovviamente lo sapevo già, figurarsi se avrei permesso ad una estranea di interferire con il mio piano.

Avuto il via libera, organizzai la cena per il venerdì sera successivo, prevedendo ogni singolo aspetto nei minimi particolari. Prima di tutto mandai i figli dai nonni per il weekand per avere così campo libero; predisposi la cena a base di pesce, crostacei ed ostriche in particolare, cibo risaputo essere afrodisiaco; acquistai champagne di qualità.

Il venerdì pomeriggio, mentre mio marito era ancora al lavoro, mi preparai fisicamente. Dopo essere stata dal parrucchiere per un taglio alla moda (porto i capelli corti con la frangia e il lato destro quasi completamente rasato) fissai l’appuntamento con l’estetista. Ritenni di farmi fare la ceretta da una professionista ed optai per una depilazione completa della vulva lasciando una parte di pelo solo nella zona superiore, dal clitoride in su per intenderci. Non vi nascondo che notai come l’operatrice rimase colpita dalla mia figa molto dilatata, e si trovò anche in difficoltà ad intervenire con la cera. Del resto a mio marito piace così, e pure a me.

Rientrata, feci una doccia calda rigenerante e mi spalmai della crema idratante in tutto il corpo.

Arrivato il momento di scegliere l’intimo optai per quello che mio marito gradisce di più.

Indossai una minigonna nera a sbalzi, calze nere autoreggenti, una camicetta di seta bianca semitrasparente e le consuete scarpe con il tacco, un must.

Alle 19.30 giunse a casa Alberto che, vedendomi così abbigliata non potè che eccitarsi, tanto che si avvicinò per un veloce “assalto”, subito da me bloccato. Lo mandai a farsi una doccia rinfrescante in attesa dell’arrivo del nostro ospite.

Alle 20.00 in punto suonò il campanello. Andai ad aprire la porta, essendo Mio marito ancora impegnato con la doccia.

Mi trovai difronte un bell’uomo di colore, molto scuro vista la provenienza, alto circa un metro e ottantacinque di corporatura atletica e ben strutturato fisicamente. Mi porse un mazzo di fiori come dono e si avvicinò per un bacio di circostanza, cosa che ricambiai. In tale contesto ebbi modo di sentire il suo profumo, speziato ed aromatico che mi fece subito ricordare le mie vacanze giovanili in Jamaica.

Lo feci accomodare porgendogli un calice di vino.

Mi scrutò con interesse, guardandomi dalla testa ai piedi, seppure con discrezione. Potei notare che si soffermò sulla camicetta trasparente nella quale si intravedevano le mie tettine adolescenziali con i capezzoli ben in tiro (i chiodi, come li chiama Alberto).

La cosa non mi dispiacque affatto, tanto che percepii un rivoletto di umore vaginale che scendeva tra le cosce; provvidi con movimento celato ad asciugare l’indomito risultato ormonale.

In soccorso, in quel momento di imbarazzo, per fortuna arrivò mio marito che amichevolmente accolse il collega. Antony, rivolgendosi ad Alberto, non ebbe remore a lodare subito la mia bellezza, complimenti immediatamente fatti propri anche da mio marito che mi guardava incuriosito.

Invitai i due uomini a tavola ed iniziammo a cenare. Il buon pesce afrodisiaco accompagnato da vari calici di champagne portò il discorso, come da mio copione, su argomenti di carattere sessuale. Va detto che durante la cena Antony si dimostrò tutt’altro che timido, tanto che durante una breve assenza di Alberto allungò le mani sotto il tavolo accarezzandomi la coscia destra. Non battei ciglio, anzi con un sorriso biricchino lo invitai a non desistere. Ed infatti anche quando mio marito ritornò dal bagno il suo collega continuò a palparmi di nascosto.

Come detto i discorsi si fecero piccanti ed io, per gettare benzina al fuoco, chiesi al nostro ospite cosa ne pensasse dei rapporti liberi, dove il marito, o la moglie, accoglie nel menage un terzo “giocatore”. Antony rimase qualche secondo in meditazione e rispose: “bhè se il terzo sono io tutto va bene, ma mai lo potrebbe essere mia moglie e mai permetterei che un altro uomo la toccasse, sono cresciuto nel meridione, sai” e terminò la frase con un sorriso malizioso.

Nemmeno il copione più dettagliato poteva prevedere l’intervento di Alberto, che con uno sguardo provocatorio si rivolse all’amico: “per fortuna non siamo tutti uguali, io adoro vedere Barbara eccitata e completamente soddisfatta, quindi qualunque strumento, sia esso uomo od oggetto, è buono per raggiungere l’obiettivo”. Intervenni io, come in una tandem ben affiatato, dicendo “e pensa che non sono facile da soddisfare”.

La mia sorpresa ad Alberto si era appalesata: coinvolgere il suo collega nei nostri giochi.

Avevo lanciato il guanto di sfida a quell’uomo, toccandolo indirettamente nell’orgoglio: sarebbe mai stato in grado di soddisfarmi?

I discorsi continuarono sul piano dei doppi sensi, ma venendo che era più bravo a parlare che ad agire (nonostante continuasse a cercarmi con la mano sotto la tavola) mi attivai in prima persona, sicura che Alberto avrebbe gradito.

Con la solita scusa del tovagliolo che cade (banale ma efficace) mi portai sotto la tavola davanti alla patta di Antony ed iniziai a carezzarlo, nel mentre mio marito, complice, continuava a parlarci facendo finta di nulla. Il pacco iniziava a gonfiarsi finchè, curiosa di assaporare quell’asta scura, non estrassi dai pantaloni quel cazzo d’ebano. Sentivo la voce dell’interessato subire cambiamenti di tono ad ogni mio minimo intervento.

Il cambiamento di stato di quel meraviglioso membro, da barzotto ad eccitato, fu quasi repentino quando introdussi la lucida cappella nella mia bocca.

Non starai male?” disse Alberto rivolgendosi all’amico rimasto immobile e privo di logos.

Era giunto il momento di risolvere quella situazione di assurdo imbarazzo, non per noi ovviamente.

Alberto, senza tanti giri di parole si rivolse ad Antony dicendogli: “Non senti che Barbara brama il tuo cazzo, forza fatti onore”. Fu quasi una parola magica, il nostro ospite, risvegliato dall’insolito torpore, si alzò, si denudò mettendo in evidenza il suo fisico atletico e rivolgendosi a me - nel frattempo ero uscita da sotto la tavola - mi disse, mostrandomi il grosso cazzo: “questo calippo è tutto tuo, vieni qui a prendertelo”.

Da brava mogliettina perversa andai prima da mio marito e lo baciai, facendogli sentire il gusto del nero uccello appena assaggiato, dopo di che mi recai ai piedi dell’uomo nero. Risalii leccandolo, dai piedi alla base delle palle, per poi prendere in bocca quell’asta virgulta. Il cazzo di Antony era di grosse dimensioni, riuscivo a malapena introdurlo nella bocca. Non era un cazzo a fungo con una cappella preponderante, era molto grosso alla base e in prossimità del glande si affinava un pochino, aveva la forma di un missile. Non sviava nè a destra nè a sinistra, proprio dritto come un fuso, dritto ma con una serie di vene ben in evidenza e piccoli bozzi che lo rendevano molto interessante; e qui le signore mi capiranno. Era particolarmente lungo, forse il più lungo che io avessi mai visto di persona, penso sui 25 centimetri o forse più.

Lo leccai avidamente e lo presi in più e più volte nel tentativo di ingoiarlo fino alla sua base, tentativi che ovviamente andarono tutti a fallire. Vi assicuro che era un gusto segare con le due mani quel cazzo nel mentre lo spompinavo, senza che le mani ostacolassero la mia bocca: 25 centimetri di felicità.

Non avevo mai avuto esperienze con uomini di colore ed ero curiosa di sapere se la loro sborra avesse un gusto diverso rispetto al bianco latte che ultimamente avevo iniziato ad apprezzare così tanto.

Ad un certo punto, Alberto, stanco di essere semplice spettatore, ci invitò a seguirlo in camera da letto, cosa che facemmo ben felici di trovare più comodità. Presi Antony per la sua proboscide e lo condussi, come si fa con un cagnolino, nella camera matrimoniale che si trovava al pino superiore. Alberto per parte sua, nel precedermi sulle scale per farci strada, con la mano dietro la schiena sollecitava i miei due “chiodi” che spuntavano dalla camicetta aperta.

Giunti in camera mi sedetti sul letto, la minigonna si sollevò mettendo in mostra la mia figa completamente libera e già abbondantemente bagnata. Avete capito bene la lingerie preferita da mio marito è quella che non c’è: era tutta la serata che sotto il tavolo il bravo Antony mi toccava e stimolava la passera pronta all’uso.

A quella visione Alberto non seppe resistere e, denudatosi d’un sol colpo, si fiondò con la bocca a gustare il mio copioso nettare che scendeva all’interno delle cosce. Mi spogliai, interrompendo per un attimo l’opera di mio marito, rimanendo solo con le calze autoreggenti.

Ci trovammo tutte e tre felici nel lettone king: ero assaporata dai due maschi bi color; uno riprese la sua opera nella vulva vogliosa e l’altro iniziò a mordicchiare i miei capezzoli appuntiti.

Non resistetti molto a non far nulla. Invitai i commensali a cambiarsi di ruolo: Antony si diresse con la bocca verso la mia figa e mio marito verso la mia bocca, che baciò appassionatamente. Scostai Alberto e lo invitai con un gesto a porgermi il suo membro, cosa che fece felicemente.

Iniziai a pomparlo con ritmo, alternando giochi di lingua sulla sua rossa cappella. Non sono mai stata dettagliata nel descrivere il sesso di Alberto, devo ammettere che il suo cazzo alla fine è quello che prediligo. Non è eccessivamente grosso ma sicuramente il suo diametro supera la media. E’ la sua cappella la cosa che più adoro, è grossa, lucida e liscia ed ha una circonferenza maggiore rispetto all’asta, è proprio un bel cazzo a forma di fungo. E lo sa usare!

Nel frattempo l’ospite mi leccava e masturbava inserendo le sue grosse dita nella mia cavernosa vagina.

Passarono alcuni minuti (o almeno credo fossero solo alcuni: avevo perso la cognizione del tempo) quando mi prese la voglia irrefrenabile di farmi scopare dal nero adone.

Con voce perentoria dissi: “Alberto, è giunto il momento che la mia figa assaggi questo grosso cazzo nero, quindi ti prego preparamela”. Era nostro uso infatti, soprattutto quando c’erano cazzi di dimensione ragguardevole, che Alberto mi dilatasse in modo che il successivo amplesso fosse più “scorrevole”. Questa la prima delle giustificazioni. La seconda, e per me più importante, era che a mio marito piaceva molto la sensazione burrosa che si ha quando un membro entra in una vagina molto larga, come lui dice quando ci si balla dentro. Questa seconda motivazione valeva per lui e desiderava che anche gli altri potessero gustarsi tali sensazioni. La terza e non ultima riguardava la mia sensazione di essere aperta come una troia, più che fisica era una gratificazione psicologica.

Mi misi pancia all’aria con le gambe ben aperte per permettere ad Alberto un lavoro di lingua, e soprattutto di mani, il più accurato possibile. Nel mentre Antony, affiancatomi sulla sinistra, mi pose il suo bastone che iniziai a succhiare avidamente: il mio intento, in quel momento, era di renderlo il più duro e grosso possibile in attesa della copula.

Alberto, terminata la sua opera, diede il via libera. Si scostò sulla destra ed invitò l’amico su di me. Fu una specie di offerta al dio nero che, senza esitare un secondo, appoggio il suo grosso scettro all’entrata della vulva furente. Ero eccitatissima e la mia micetta così bagnata che le lenzuola erano già inzuppate come non mai. Antony diede un colpo di reni improvviso ed il suo cazzo, con sua stessa sorpresa, scomparve inghiottito tutto nella mia abbondante faretra. Ero così dilatata ed eccitata che i 25 centimetri di carne non trovarono alcun ostacolo se non sbattendo morbidamente contro l’utero.

L’ospite desiderato si muoveva con abilità caricando al massimo ogni colpo che sferrava come un atleta in una gara importante: voleva dimostrare di sapermi soddisfare.

Il suo nerboruto cazzo, seppur grosso, danzava senza costrizione nella mia figa con sommo piacere di mio marito. Alberto si gustava lo spettacolo da dietro e con la mano cercava di capire quanto spazio ancora ci fosse nella mia figa. Infilò un paio delle sue dita per testare il terreno e poi, chiedendo spazio al collega di giochi iniziò ad inserirne una terza e poi una quarta. Ero montata da un dio del sesso e nel contempo masturbata da mio marito: mi sentivo ebbra di passione.

Chiesi ad Antony di mettersi supino e mi sistemai a cavalcioni su di lui impalandomi il suo lungo cazzo. Appoggiai quindi la mia schiena sul suo tronco, aprii ancora di più le gambe in modo da  offrire alla vista di mio marito lo spettacolare amplesso.  Mi feci possedere ripetutamente finchè, a vulva ancora più dilatata, invitai Alberto ad avvicinarsi. Si stava menando il cazzo, duro all’inverosimile. Alberto si portò davanti a me e, leggendomi nel pensiero, puntò la cappella nella mia figa già occupata. Antony si fermò qualche istante, il giusto il tempo che Alberto con un lento ma convinto movimento, non entrasse anche lui in me. Avevo due cazzi, e che cazzi, contemporaneamente dentro di me. Già solo il pensiero mi avrebbe fatto venire un orgasmo, pensate un po’ voi la realtà. I due maschi alternavano i loro colpi con regolare cadenza fin tanto che Alberto non resistette e venne dentro di me copiosamente. Si tolse e mentre l’amico continuava la sua corsa, mi appoggiò il membro ormai barzotto affinchè lo pulissi tutto, cosa che feci con sommo piacere.

Volevo assaporare Antony quindi, prima che arrivasse all’epilogo, lo pregai di farmelo pompare.

Mi tolsi quindi dal quella posizione e, giratami, iniziai a sbocchinare il cazzo del nostro amico che ancora resisteva. Non ci volle molto ancora quando, all’ennesima aspirazione, sentii l’irrigidimento del membro prodromico all’eiaculazione (le donne possono ben comprendere quanto piacere ciò provochi). Mi sborrò in bocca una quantità ragguardevole di sperma, molto denso e gustoso.

Assaporai con curiosità quel nettare un po’ più aromatico del solito, che ingoiai tutto con somma gioia.

Alberto nel frattempo immortalò con il cellulare l’epilogo della bellissima serata.

Non pago Antony volle sondare con mano (e non è un modo di dire) quanto dilatata fosse la mia gnocca. Mi mise supina, mi allargò bene le gambe e, dopo averla leccata, iniziò ad introdurvici le dita: tre in un sol colpo, poi quattro, e poi il palmo. Non aveva mai avuto questa esperienza in passato in quanto la sua mano era di dimensioni ragguardevoli tali da non permettere giochi così estremi, disse. La mia figa però era così dilatata che c’era ancora spazio di manovra. Alberto seguiva tutto con massima attenzione, segandosi il cazzo di nuovo duro. L’ospite ripiegò il pollice sul palmo ed iniziò a premere, prima lentamente poi con sempre più intenzione, finchè la mia sorca non cedette all’irruente “attacco” ed incamerò in un sol colpo la nera mano. Alberto sborrò inconsapevolmente colpendomi la faccia e assaporando quella, per lui, sublime visione: sua moglie era come una cagna sotto le sgrinfie dell’uomo nero.

Antony infoiato continuava a fistarmi con pugno chiuso.

Squirtai più e più volte finchè non tolse la mano impastricciata dei miei umori.

Mi girò e mi prese nuovamente stantuffando come una locomotiva a vapore fin tanto che la mia vulva non cominciò a spruzzare il suo nettare più dolce e lui a sborrare direttamente in figa.

Raggiunsi il sublime, anche se per una settimana non riuscii ad avere altri rapporti sessuali, ma ne valse la pena.

 

 

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