Quando tornarono, avevo già chiuso il computer dopo aver scritto abbastanza della mia nuova storia, totalmente incentrata su questa mia nuova esperienza. Mi veniva facile scrivere, dovevo solo raccontare quello che vivevo. Suonarono al campanello, non avevo ancora fatto avere i duplicati delle chiavi, non perché non mi fidassi, uscivamo sempre insieme, ma solo perché a breve avrei traslocato da Arturo e gli avrei lasciato le mie. Andai ad aprire e poi usci in terrazza per vederli arrivare. Nello sporgermi notai che si erano fermati a parlare con un inquilino, quando furono in casa gli domandai. “Di cosa parlavate con quel ragazzo?”. “Ci aveva chiesto da quanto abitavamo qui e in quale appartamento” disse Emmy “e gli abbiamo risposto da una settimana e, stavamo in casa tua” concluse Joseph. Sapevano pochissimo di me nel condominio e non certo che avevo certi gusti sessuali, quindi mi venne da pensare che qualcuno poteva non gradire. “Ok, adesso datevi una rinfrescata che poi andiamo a cena fuori, non ho voglia di cucinare. Su, andate, o preferite che venga io a farvi il bagno?” e a turno si misero sotto la doccia mentre io mi ero disteso sul letto. Avevo appena chiuso gli occhi quando sentii delle mani afferrarmi. Li apri e mi accorsi che Isaac e Michael mi avevano sollevato di peso e mi stavano portando in bagno. “Ma che fate, scemi, mettetemi giù” dicevo loro ridendo, e lo fecero mentre dentro c’erano sia Emmy che Joseph ad aspettarmi. “Loro due hanno già fatto, noi invece vorremmo essere lavati da te” mi disse Emmy. “Con vero piacere, ma poi voi due lavate me ok?” e prendemmo ad insaponarci a vicenda facendo poi scorrere l’acqua calda sui nostri corpi. Era bello fare queste cose con loro, avevano un tocco che metteva voglia di lasciarsi massaggiare per ore. Dove avessero imparato non so, so solo che mi abbandonavo a loro ogni volta che mi accarezzavano. Poi, finita la doccia, indossammo degli asciugamani prima di uscire dal bagno. “Abbiamo comprato abiti nuovi per noi ma… abbiamo detto che tornavamo a portare il resto perché non sono bastati i soldi. Sei arrabbiato?”. “Arrabbiato no ne avevate bisogno, non so in quale negozio siete stati, Tutto qui”. “”E’ quello dentro al centro commerciale sulla strada”. “Ho capito. Va bene, ci andrò domani, voi lasciatemi lo scontrino, almeno sanno di cosa parlo. Adesso vestiamoci che andiamo in centro a mangiare e divertirci”. I soldi non erano un problema, guadagnavo abbastanza bene con i miei racconti e loro quattro li avevo sistemati, il giorno prima, in una impresa di pulizie a tempo determinato, almeno potevano avere rinnovato il permesso di soggiorno che, unito al fatto che avevano la residenza con me, permetteva loro stabilità in Italia. “Andiamo ragazzi, la serata è per noi”. C’era una pizzeria che faceva ottime pizze ma anche dei primi piatti a buon prezzo vicino al Municipio ed era vicino alla fermata dell’autobus. Al ritorno non avremmo potuto adoperarlo perché l’ultima corsa terminava alle ventitré, ma ci avremmo pensato dopo. “Buonasera signore, desidera?” mi chiese appena entrai “Un tavolo per...” non terminai la frase che entrarono anche loro. “Cinque. Questi ragazzi sono con me” dissi al padrone. “la faccio accompagnare” e chiamò un ragazzo che ci avrebbe portato al tavolo, sotto gli sguardi di alcuni curiosi. “Ecco signori, questi sono i menu, appena avete scelto vengo a prendervi le ordinazioni” e se ne andò. Nel frattempo alcuni occhi continuavano a guardare nella nostra direzione. “Tranquilli, solo occhi di persone invidiose che vorrebbero essere al mio posto” dissi loro e sorridemmo insieme. La serata passò serena, tranquilla e, nonostante qualche irriducibile guardone invidioso, il resto delle persone continuarono a mangiare parlando fra loro dei fatti loro. Ci stavamo per alzare, eravamo rimasti in pochi clienti, sette noi compresi, quando il padrone venne al nostro tavolo. “Tutto di vostro gradimento?”. “Si certo, tutto buono, potrebbe farci portare il conto? Grazie”. “Potete alzarvi ve lo faccio io personalmente” e ci disse di seguirlo. Il padrone aprì la porta dell’ufficio e i ragazzi stavano per seguirmi ma il padrone li fermò “Restate qui, basta uno per pagare” ed entrammo dentro. “Prego, si sieda” mi disse indicandomi la sedia. “Dunque, avete preso due pizze, un antipasto misto e tre primi. Acqua, quattro birre e un bicchiere di vino rosso, giusto?”. “Si”. “Una domanda, quei quattro ragazzi, vivono con lei?”. “Non credo che gli interessi, siamo venuti per mangiare e vorrei pagare”. “Certo, è solo che potrei anche non farle pagare niente se.. “si alzò dalla sedia e mi venne accanto. “Ho notato che ogni tanto, da sotto il tavolo, quei ragazzi la toccavano e mi sono eccitato. Non è che potrebbe farmi contento?”. Alzai la testa per guardarlo il viso. Aveva uno sguardo da allupato, doveva avere una settantina d’anni e feci un cenno affermativo. Non se lo fece ripetere due volte, si slacciò i pantaloni e se li tirò giù in un attimo. Mi ritrovai il suo cazzone già duro che puntava il mio naso. “Wow, vedo che è ben fornito, chissà contenta sua moglie”. “Parla meno e succhia porcellina” e me lo mise in bocca. La posizione non era delle più comode quello che contava era il pompino. Devo dire che fu rapido, anche se eccitante e volle scaricarmi tutta la sborra in bocca, non voleva pulire il suo ufficio. Così, quando ebbe terminato, mi disse “bevila, sicuramente lo hai già fatto e ti piace pure” e io ingoiai. Si rivestì e si rimise a sedere. “Dunque, come concordato, la cena la paga la casa. Grazie di essere stato qui e quando vuole, ha un posto riservato”. “Grazie, ci penserò” e mi apri la porta. Uscendo mi disse cercando di farsi udire “porti anche i suoi ragazzi se vuole, mentre con lei è un discorso già aperto”. Quando fummo fuori mi chiesero “quale discorso già aperto”, “niente, ha voluto che gli facessi un pompino perché aveva notato voi che mi toccavate e si era eccitato, questo perché la cena la offrisse lui. Tutto sommato mi ha offerto un liquorino niente male dalla sua fontana personale” e loro capirono subito da quale fontana avessi bevuto. Il ritorno fu una bella camminata perché, come avevo detto prima, l’autobus terminava le sue corse alle ventitré. Giungemmo a casa cercando di non non fare rumore ma sul pianerottolo incrociammo un inquilino che era rincasato tardi come noi. “Salve” disse “serata con amici?”. “Si, non credo che lei li conosca. Sono venuti a stare da me per qualche giorno” e li presentati. “Infatti, mi ero accorto che di un certo movimento ma pensavo più a parenti. Quindi stanno con lei per qualche giorno?”. “Si, ci fermiamo fino a quando non troviamo un appartamento per noi” intervenne Michael”. “Non credevo parlassero così bene la nostra lingua, complimenti. Bene, buonanotte allora”. “Buona notte a lei” e ci ritirammo nei nostri appartamenti. Era piuttosto tardi e il mattino seguente dovevo incontrami col mio editore quindi niente notte brava. “Scusatemi ragazzi ma per questa volta andiamo in bianco, mi farò perdonare domani sera ok?. “Promesso?”. “Promesso” ed ognuno si preparò per la notte, io nel mio letto da single, loro nel divano letto ampliato per quattro.
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