Imprinting

  • Scritto da Nice_cock il 08/03/2021 - 22:38
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Io ed il mio Luca eravamo sposati da poco, abitavamo in un appartamento che mia zia Carlotta, la sorella di mamma, ci aveva affittato ad un canone quasi simbolico.

L'appartamento era nuovo ed era uno dei tanti investimenti che mio zio Alfredo, marito di zia Carlotta e alto funzionario di banca, aveva fatto prima di passare a miglior vita.

Avevo conosciuto Luca all'università, era un ragazzo dolcissimo ed intelligentissimo ed era uno stimato giovane ingegnere.

Lo amavo tanto ed amavo soprattutto quella sua ingenuità, era un bambino su certe cose ma io avrei voluto solo lui come padre dei miei figli, era un ragazzo di ottima famiglia ed, ero certa, mi avrebbe fatta felice e sarebbe stato un papà meraviglioso.

Io provenivo da una famiglia che aveva dovuto lottare per vivere e l'unica in famiglia che aveva raggiunto una solida tranquillità economica era zia Carlotta che mamma amava anche perché ci aveva aiutato più volte nei momenti più duri.

L'appartamento era nuovo, completo di tutto ,ma sentivamo la necessità di avere il telefono.

All'epoca non esistevano ancora i cellulari e per avere “la linea” del telefono fisso bisognava aspettare anche un mese, nei nuovi quartieri poteva passare anche di più, le nostre famiglie abitavano in città ma ,se per caso dovevano contattarci o avevamo bisogno noi di loro, avevamo chiesto ai vicini la cortesia di poter usare il loro telefono.

Un giorno Don Mario , il nostro vicino, bussò alla nostra porta informandoci che mia suocera aveva bisogno di parlare con Luca.

Mio marito tornò dopo quasi mezz'ora col sorriso sulle labbra, “E' stata una lunga telefonata, forse mamma ti ha detto che abbiamo fatto tredici che sei così allegro?” gli chiesi io.

Luca ridendo mi disse che secondo lui Don Mario doveva essere un po' “malato” , quando aveva chiuso la chiamata era andato a cercarlo per salutarlo e ringraziarlo e lo aveva trovato che guardava una cassetta porno, la moglie era al lavoro e lui tranquillamente era seduto sul divano a farsi una sega.

Mi disse che aveva smesso appena lui era entrato , gli aveva chiesto se voleva rimanere a godere il film con lui ma per tutto il tempo era rimasto con l'uccello fuori dalle mutande.

“E non ci crederesti” mi disse “ ha un cazzo incredibile, spropositato, Dio mio, quello la moglie la sfonda” aggiunse.

Ma come ho detto Luca era piuttosto ingenuo...

Io risi di gusto ma la cosa mi fece tornare alla mente un episodio della mia vita e mi riaccese antichi pruriti, ma prima di continuare devo tornare indietro nel tempo.

Ero una ragazzina di una decina di anni ed avevo un fratello più grande di qualche anno, non ci potevamo permettere delle stanze separate e quindi da sempre conoscevamo quasi tutto dei nostri corpi.

Un giorno che mamma e papà erano fuori mio fratello Dario mi disse:” lo sai che dal mio pisello esce il latte?” .

“Ma per favore Dario mica sei una donna! E poi io so che si allatta con le tette mica col pisello!” risposi.

“Ed allora prova tu a farmelo uscire il latte! Vedrai che è come dico io” e così dicendo estrasse il suo cazzo che aveva già i peli e stava diventando grosso e me lo mise in mano.

“Muovi la mano come ti faccio vedere io!” e così io feci a mio fratello la prima di quelle cose che lui chiamava “pugnette”.

Mi spaventai quasi quando vidi uscire dal suo uccello dei fiotti di un liquido biancastro.

“Lo vedi che non è latte! Mi pare colla!” dissi.

A mio fratello piaceva che io lo “mungessi” come diceva lui e ogni volta che eravamo soli mi veniva a cercare per farsi fare la pugnetta giornaliera.

Venne l'estate e le vacanze in campagna da nonna ed io, unica cugina, mi ritrovai a fare le pugnette o le pippe ,come le chiamavano loro, a tutti i miei cugini.

Mio fratello aveva detto loro che io ero bravissima e che la mano di una femmina era molto meglio per certe cose.

 

Il tempo passava ed io crescevo, ero diventata abile a “mungere” mio fratello , lo facevo senza provare alcuna vera eccitazione ma ,in sincerità, mi piaceva avere il cazzo fra le mani e molto più mi piaceva farlo ai miei cugini più grandi che mi toccavano pure le tette che stavano spuntando e mi toccavano il culo.

Il tutto aveva il gusto del proibito.

Durante i periodi che tutti si ci riuniva da nonna facevo loro le pippe come se mi avessero chiesto di lavare loro i capelli, senza un vero coinvolgimento, ma si, però mi piaceva farlo.

Un giorno il marito di una nostra parente mi vide mentre facevo una sega ad uno dei miei cugini e minacciando di riferire tutto ai nostri genitori mi disse che il latte usciva anche a lui ma gli piaceva di più se glielo facevo uscire con la bocca e non con le mani, ma se volevo che lui tacesse dovevo mantenere il segreto anch'io.

Così feci il primo pompino della mia vita, mi venne da vomitare quando da quel cazzo di uomo grande riversò nella mia bocca un mare di sperma ma lui mi costrinse a inghiottirlo tutto.

Aveva anche cominciato a infilarmi un dito nel buco del culo e a toccarmi la fica che nel frattempo era diventata pelosa, ora cominciavo a provare piacere anch'io, ormai non facevo più le pippe ai cugini ma lo succhiavo volentieri al parente adulto.

Ma fortunatamente tornammo in città alla fine della settimana e probabilmente questo mi salvò il buco del culo.

Avevo però capito che una femmina da prima che le crescano le tette e metta il pelo sulla fica deve sapere che ci saranno sempre tanti uomini che non cercheranno altro che infilarle l'uccello da qualche parte...

Erano finite le vacanze di Natale , si era a metà gennaio, quando a mio zio Alfredo venne la bella idea di farsi venire il secondo infarto.

Zio Alfredo era un pezzo d'uomo con una bella panza di sessanta anni e zia Carlotta era una signora minuta di cinquantacinque anni ancora piacente e ben messa, avevano tre figli sposati che vivevano tutti in altre città con le loro famiglie , erano venuti per visitare il loro padre ma quando la situazione si era stabilizzata erano tornati ai loro impegni.

Lo zio non ci era rimasto secco, stava in ospedale e migliorava lentamente.

La mamma mi chiese di far compagnia a mia zia la notte , la zia infatti non aveva voluto trasferirsi a casa nostra, diceva che non voleva chiudere la casa, portava male secondo lei.

Io andavo a scuola, passavo a casa mia per il pranzo , facevo i compiti e andavo da zia la sera quando lei tornava dall'ospedale, le portavo la cena e dopo averla consumata insieme guardavamo un po' di TV e si andava a letto.

Non avevo mai avuto una stanza tutta mia, io mi ero sistemata nella stanza di uno dei suoi figli e mi ci facevo delle dormite stupende, la casa della zia era grandissima ed aveva più bagni, un vero lusso allora.

Una notte mi svegliai per fare pipi' e recandomi scalza e silenziosa, nel buio, al bagno più vicino alla mia stanza, sentii un parlottio sommesso provenire dalla stanza della zia.

Chiedendomi con chi stesse parlando mi avvicinai alla sua porta, dal buco della serratura vidi che la luce era accesa, appoggiai l'occhio alla toppa.

Mia zia era stesa sul letto e aveva la testa fra le gambe del giovane portiere dello stabile, gli stava succhiando il cazzo leccandoglielo dalla base alla testa inghiottendo la cappella quando arrivava in cima, una tecnica da vera professionista come mi resi conto anni dopo.

Io a quindici anni già ne avevo visti parecchi di cazzi e l'ultimo , quello che per poco non mi aveva fatto il culo e che avevo spompinato per qualche giorno era un bel cazzone adulto, ma quello del giovane portiere era , come dire , veramente enorme, mi sembrava lungo quanto un avambraccio di zia e dello stesso spessore.

Rimasi a guardare, zia si alzò la camicia da notte, si mise in ginocchio sul letto mettendo il mostra il suo bel culo e offrì al portiere la sua grossa fica che avevo a volte intravisto mentre faceva il bagno.

 

 

Mentre il portiere affondava quel palo nella sua pancia la zia aveva inarcato il dorso e con il viso rivolto in alto aveva lanciato un “ahhhh!!!” dimentica di non essere sola in casa, non era un grido di dolore sembrava il canto di una che vedesse il paradiso.

Ero rimasta a guardare il portiere che infilava quella bestia poderosa in mia zia stappandole dei gemiti che capivo fossero di intenso piacere, non riuscivo a crederci, mia zia , la sorella di mamma, la moglie del funzionario di banca chiavata come una vacca da un toro infuriato.

 

In quella posizione precaria, con l’occhio al buco della serratura, finii per perdere l'equilibrio e diedi una bella capocciata al legno della porta.

Tentai una corsa in camera mia ma la zia che si era precipitata fuori della sua stanza mi aveva raggiunto e spinta ,quasi di forza, nella mia.

“Credimi Rosa ho dovuto cedere, mi ha costretta, è la prima e l'ultima volta, non dirlo a nessuno te ne prego! Se lo sapesse zio Alfredo ne morirebbe ed i miei figli che direbbero? E tua madre, a pensare che tu eri in casa mia, mi strozzerebbe.” mi disse in ginocchio abbracciando le mie gambe.

Io avevo quindici anni ma non ero stupida, pensai che zia da un bel pezzo doveva aver cornificato col cazzone del portiere lo zio Alfredo che da quando aveva avuto il primo infarto, secondo me, non doveva nemmeno averla più toccata, avevo trovato la gallina dalle uova d'oro, mi conveniva stare zitta che ne avrei ricavato solo benefici.

Poi pensavo che zio Alfredo, che era un uomo tutto d'un pezzo, non avrebbe gradito affatto conoscere quella storia e le amicizie che doveva essersi fatto con i finanziamenti in banca sarebbero state ben felici di spezzare le gambe al portiere o far accadere un incidente a mia zia ed al suo amante, tanto per rendergli il favore.

Meglio tacere.

Così tornai a stare a casa mia perché mia zia disse a mamma di essersi “ripresa” e la lasciai a godersi quel palo ancora qualche notte prima che zio venisse dimesso.

Ero diventata grande, avevo mantenuto il segreto e zia aveva saputo ricompensarmi, vestivo griffato, lei esaudiva ogni mio desiderio, per le nozze mi fece il più bel regalo e mi regalò anche il vestito da sposa.

Poi ci aveva affittato, ad un canone ridicolo perché Luca aveva insistito a voler pagare qualcosa, quell'appartamento nuovissimo.

Potevo dire, congratulandomi con me stessa, che di quel cazzone che sfondava mia zia avevo goduto indirettamente pure io e mi veniva da ridere.

Ma quell'immagine di mia zia penetrata dal portiere e il grido di piacere che lei aveva mandato mi erano rimasti negli occhi e nelle orecchie.

Avevo perso la verginità con uno dei primi fidanzati dell'università e ormai avevo dato anche il culo a più uomini ma quando ero sola e avevo voglia di farmi un ditale l'unica immagine che mi faceva venire mentre mi infilavo le dita nella fica era quella di mia zia fottuta da quel cazzone, che non ne avevo mai più visti di simili.

Ma come ho detto Luca era ingenuo e non è mai prudente dire ad una moglie che il vicino possiede un cazzo incredibile..

Luca era un buon amante ma io non avevo mai lanciato con nessuno quell'urlo che aveva lanciato mia zia, era una esperienza che mi mancava.

Era estate e quando mia madre mi telefonò, io dopo aver parlato al telefono indugiai con la scusa di fumare una sigaretta in compagnia, Don Mario sedeva sul divano ed io ad una sedia del soggiorno, non si ripetè la scena del filmetto porno, forse perché lui si vergognava a farla in presenza di una ragazza che poteva essere sua figlia.

Ma io notavo che il lato destro del suo pantaloncino era rigonfio ,fino a mezza gamba quasi ,di qualcosa che somigliava ad una grossa salsiccia, anzi nei sui movimenti un po' imbarazzati sul divano, avevo visto spuntare appena dietro l'orlo dei calzoni una grossa cappella, “mamma mia!” dissi a me stessa.

Allora decisi di iniziare il gioco sporco per spingere quell'uomo maturo a fare delle avances.

 

Quando Luca non c'era e la moglie di Don Mario era al lavoro, aveva ancora qualche anno prima della pensione lei, io con una scusa qualsiasi andavo a fargli visita e parlando del più e del meno, seduta alla sedia del soggiorno mentre lui sedeva regolarmente sul divano, cominciai ad aprire le gambe e a mostrargli le mutande.

Un giorno vidi che la salsiccia diventava decisamente più grossa e che la cappella ora spuntava dai calzoncini e che lui non faceva più nulla per nasconderla, anzi apriva le gambe per mostrarmela bene.

Bisognava dare il colpo di grazia, Don Mario non riusciva a superare l'imbarazzo, così mi presentai a lui senza mutande e seduta sulla sedia gli mostrai la fica.

Il bestio quasi fece scoppiare i pantaloni ed io mi lanciai in ginocchio a succhiare quella meraviglia della natura nello stesso modo che anni prima avevo visto fare a mia zia, quando sentii il palo di carne diventare un palo di legno duro , mi misi a pecorina con le tette sulla spalliera del divano offrendogli la mia fica che stillava miele.

Lo sentii appoggiare la cappella alla fica e spingere con forza, finalmente dopo tanti anni lanciai lo stesso grido che aveva lanciato mia zia, mi sentivo scoppiare ed in paradiso contemporaneamente, ora capivo davvero mia zia.

Il cazzo di Luca mi faceva godere ma quello di don Mario mi mandava in paradiso.

E' vero che le dimensioni non contano quando una donna non ricerca solo il piacere ma ama il suo uomo, ma quando vuol godere davvero le dimensioni contano eccome!

Don Mario cominciava ad impazzire per me, io avevo ventiquattro anni ed ero una bella fica, lui che al massimo godeva della moglie anziana e di un'altra signora del palazzo cominciava a perdere il senno per me.

Io adoravo il suo cazzo, quando la prima volta mi aveva penetrata avevo perso qualche goccia di sangue, lui e solo lui mi aveva davvero sverginata finalmente e totalmente e, con molta pazienza e con un po' di lavoro di dita e di un vibratore, ero riuscita anche a farmi inculare da lui, ed era stato meraviglioso.

Ma il diavolo mette la coda nelle umane faccende e così la rovina venne proprio da quella signora del palazzo che a volte veniva a fare pulizia in casa di don Mario e che diceva a suo marito che andava per rassettare e scopare un po'....per arrotondare il reddito di famiglia.

La signora era leggermente più giovane della moglie di Don Mario, aveva una barca di figli e il marito operaio, credo che avesse una fica tanto larga per tutti i parti che aveva avuto che il cazzo di suo marito doveva ballarle dentro, solo la bestia di Don Mario forse riusciva a darle sollievo e lui l'aveva messa da parte per la mia giovane fica.

La brava signora mise la pulce nell'orecchio ad un' altra signora che abitava nel quartiere e che conosceva mia madre.

Cosi un giorno mia madre che era sempre stata una tipa tosta, senza dir nulla a nessuno in famiglia,venne nel mio palazzo , bussò alla porta di Don Mario e affrontandolo a brutto muso lo minacciò con un paio di forbici, o mi lasciava stare o gli avrebbe aperto un'asola nella pancia e gli avrebbe tagliato le palle.

Poi bussò a casa mia e ,chiamandomi troia e puttana, disse che mai avrebbe permesso uno scandalo simile , che Luca non meritava questo, e che nella mia famiglia le donne erano state sempre donne per bene, non sarei stata io la prima ad infrangere la tradizione.

Ma lei non sapeva la faccenda di sua sorella...

Da quel giorno fui messa sotto stretta sorveglianza, se non c'era mamma c'era mio fratello, se non c'era mia fratello a casa mia papà rimaneva seduto a casa mia a leggere il giornale.

Se nessuno poteva venire venivano a prendermi per portarmi a casa di mamma.

I maschi di famiglia sapevano che ero depressa e che potevo tentare il suicidio.

Lo stesso sapeva pure Luca , lui era piuttosto seccato di aver sempre qualcuno della mia famiglia per casa ma , alla fine, fu convinto che cambiar casa mi avrebbe fatto bene e avrebbe tenuto i miei un po' per fatti loro.

Con un piccolo mutuo comprammo casa in un' altra zona della città e zia Carlotta ci fornì buona parte del denaro occorrente.

 

Non mi sono incontrata più con Don Mario ma anche oggi che sono diventata una signora ed ho dei figli e Lui non c'è più , certe volte mi sparo dei ditali fantastici dove lui è il protagonista, Dio l'abbia in gloria e gliene renda merito.

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