Incontri

  • Scritto da Jormungandr il 04/05/2020 - 07:12
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1. Lei

 

[…] Il Rasoio di Occam è il nome con cui viene contraddistinto un principio metodologico ritenuto alla base del pensiero scientifico moderno. Nella sua forma più immediata suggerisce l'inutilità di formulare più teorie di quelle che siano strettamente necessarie per spiegare un dato fenomeno: il rasoio di Occam impone di evitare cioè ipotesi aggiuntive, quando quelle iniziali sono sufficienti. Se una teoria funziona è inutile aggiungere una nuova ipotesi […]

 

 

“Un altro giorno, un'altra ora, ed un momento, perso nei miei sogni con lo stesso smarrimento, il cielo su Torino sembra ridere al mio fianco. Tu sei come me.”

Quelle parole mi hanno sempre colpita come una cazzo di epifania, ogni volta più chiara delle altre quando si è trattato della nostra storia.

 

Ti guardo dormire, sei steso su un fianco e mi dai la schiena, con il viso rivolto contro il muro. Avvolto nel piumone riesco solamente a seguire con gli occhi il profilo della tua spalla, grande e forte, e della tua testa. 

Il tuo russare è morbido, forse la prima volta da quando ci conosciamo che non sei agitato a causa della mia presenza. Mi lascio cullare dal tuo respiro mentre mi stiracchio sotto le coperte troppo calde, assieme raggiungiamo probabilmente la temperatura di fusione dell'atomo, e noi dovremmo farci studiare al CERN, altroché. Dopo essere passati per un buon strizzacervelli, magari.

Ho i pensieri confusi, dalle canne e il tuo odore che oltre che nel naso si è annidato nel cervello e sembra aver messo radici. Sai di buono, sai di me, sulla tua pelle addormentata. Ma è troppo più forte di me, e lenta mi avvicino senza fare rumore. La tua schiena nuda è calda e morbida, il tuo odore sul collo più intenso, e io non posso fare che perdermici appoggiandoci il naso e inspirando profondamente. Quasi dovesse raggiungere ogni fibra del mio essere, è il tuo odore che più di tutti mi fa bagnare.

 

Ti muovi. Mi hai sentita. E lo so perché ti lasci andare in un sospiro e posso vederlo il sorriso sulle tue labbra prima ancora di aprire gli occhi mentre ti appoggio una mano morbida sul fianco.

Posso come vederli i tuoi pensieri farsi strada tra le pieghe dei sogni. “E' qui. E' calda. E' morbida. E' vera. La voglio ancora.”

Mi faccio indietro quel tanto che basta per farti girare verso di me. Ti guardo e non riesco a distogliere lo sguardo da quella barba rossa e spessa, ruvida, la bocca morbida e sottile, la punta del naso. Quando mi soffermo sui tuoi occhi verdi mi ci vuole più di un attimo per capire che anche tu stai guardando dritto verso di me, con gli occhi lucidi e assonati ma assolutamente conscio di quello che vuoi guardare. E quella cosa sono io.

 

Le tue dita calde inizialmente mi procurano un brivido indecente lungo la spina dorsale. Siamo nudi, e niente e nessuno può venire a dirci di fare diversamente, nascosti dietro 4 mura che oramai ne hanno viste e sentite di tutti i colori, soprattutto dopo stanotte.

Come ho fatto io, distogli lo sguardo solo per avvicinarti e perderti ad annusarmi il collo, tra i seni, sotto al mento, ad ogni step lasci un bacio morbido che mi brucia la pelle come fosse un marchio. E dire che sono piena dei segni del tuo passaggio, lividi rossi che tenderanno al violaceo in poco tempo, e spiccheranno sulla mia pelle bianca. 

 

“Voglio leccarmi le ferite per giorni”

 

Scivoli con le dita lungo la schiena, mi sfiori una natica esausta e ancora arrossata e lo sento che hai un brivido quando abbassi il piumone a guardare la tua opera: graffi, morsi, lividi, succhiotti, che fanno bella mostra di loro nelle parti più impensabili del mio corpo. E lo so, eccome se lo so, che la tua erezione ha un brivido e ne guadagna in tonicità quando mi guardi affamato.

Che sarebbe stato un fottuto bagno di sangue lo abbiamo saputo dal primo momento che ci siamo guardati negli occhi.

 

- Girati. -

 

La tua voce è la prima cosa in tutta questa storia che mi ha fatto capire quanto intensamente mi prendessi direttamente alle viscere. E questa mattina ne è la prova più schiacciante. Quell'accento toscano mi ammazza dentro, il tono morbido mi fa tremare, e sentire quella sola parola appena sussurrata e grattata in gola mi ha acceso un fuoco nella pancia. 

Non me lo faccio ripetere due volte e ti do la schiena, distrutta da una notte ubriaca di emozioni forti, che probabilmente nemmeno tu pensavi che saresti più stato in grado di provare, scivolando nel calore del letto che ancora resiste nonostante l'averlo messo a dura prova. Non so che ore sono, e nemmeno mi interessa, quando sento le tue dita toccarmi la scapola e il tuo bacino avvicinarsi al mio culo, tutto il resto smette di avere importanza. 

Mi lasci scivolare un braccio sotto il costato, e quella che sento è una mano forte che mi afferra un seno e lo fa proprio, la mano della misura perfetta per raccoglierlo tutto, ed è con questa che mi tiri a te e io inizio a tremare. 

Non serve nemmeno rendermi conto della mano gemella che mi passa sulla coscia e scivola sul pube per capire che questa sarà l'ennesima emozione che non mi dimenticherò così facilmente.

Sorridi tra i miei capelli mentre mi annusi, quando le tue dita trovano già umori caldi e bagnati. Orgoglioso, tronfio, il tuo ego si riversa in maniera proporzionale alla durezza della tua erezione contro il solco tra le mie natiche, al quale ti appoggi senza fare complimenti, e non riesci a reprimere una spinta dei lombi che mi fa venire la pelle d'oca sulle braccia. 

 

Sono una naufraga nel bel mezzo dei tuoi tocchi.

 

Basta un dito per farti sentire quanto io sia pronta ad averti nuovamente, un dito che mi strappa un gemito profondo e di diaframma, accompagnato dall'ansimare leggero di un cuore che inizia a pompare più sangue della norma, mentre in testa non ho nient'altro che le tue mani e la tua bocca, che si lascia andare in un morso sulla nuca, doloroso e liberatorio, che infrange ogni barriera di logica e volontà. 

 

- Ti voglio. -

 

Un'iniezione di adrenalina direttamente nel cuore avrebbe fatto meno effetto di quelle due semplici parole sussurrate vicino al mio orecchio dalla tua voce calda e sensuale. Una scarica che mi prende tutto il corpo e fa spingere il bacino verso di te, schiantandomi contro la tua voglia concretizzata in un cazzo teso e già bagnato. 

Mi ci vuole qualche secondo di troppo per realizzare, ma ti passo dietro un profilattico preso dalla scatola quasi finita sul comodino, circondata dai cadaveri delle cartine dei suoi “figli”, immolati ad Eros e Thanatos solo qualche ore prima, uno dietro l'altro. Me lo strappi quasi dalle mani mentre queste mi spariscono da dosso così come la tua ingombrante presenza, e ne sento la fottuta mancanza fisica, come se il mio corpo fosse semplicemente il loro incastro naturale, e nient'altro. 

Ritorni prepotente, ma non potrei chiedere di meglio. Mi agguanti il fianco e mi tiri verso di te. Le dita mi afferrano l'interno coscia e mi alzi una gamba per prepararti la strada. Ti ci vuole meno di un secondo per intraprendere la via giusta, e la tua presenza ingombrante mi toglie il fiato.

Sei entrato con una spinta violenta e un gemito gutturale che mi hanno semplicemente mandato a merda il cervello. Non sento più niente se non te, dentro, addosso, e attorno.

 

Ti ci vuole un attimo per riprenderti anche tu da quell'ingresso traumatico, li sento i respiri profondi schiantarsi sulla mia schiena e posso vederli i muscoli del tuo culo tesi nella spinta, rilassarsi appena inizi a muoverti fuori e dentro di me, aggiustare la posizione tirandomi meglio verso di te, portando la tua mano dalla coscia al ginocchio, per tenermi tesa e aperta alla tua presenza importante. 

Ti muovi con ritmo cadenzato, preferendo la profondità alla velocità, e non puoi fare altro che godere ad ogni spinta mentre io tremo e gemo sotto le tue spinte e i tuoi tocchi. Sento la mano libera risalire lungo la schiena e graffiarmi ancora la pelle, prima di fermarsi attorno alla nuca e scivolare davanti al collo, che stringi per qualche secondo, e nel mio respiro strozzato trovo tutta l'ingiustizia delle nostre sensazioni. 

Abbandoni la presa, andando ai miei ricci che tanto ti piace accarezzare e tirare, piuma e bastone quelle mani che si intrecciano nei boccoli prima di tirarmi i capelli alla base, con una forza che a tanti potrebbe sembrare violenza, ma altro non è se non la voglia di fonderti con me.

Fuori dal tempo e fuori dal mondo, questo angolo di inferno così paradisiaco ci regala emozioni primordiali di desideri e voglie rincorsi e raggiunti, mentre tu non riesci a fare altro che spingerti sempre più forte dentro di me. Ansimi e gemiti che si mescolano nel languore di una mattina accaldata, nel prendermi con tanto desiderio trovo la tua volontà di avermi io stessa dentro, più profonda di qualsiasi penetrazione possibile. Un essere fuso, unico, e perfetto.

 

Mi senti godere di punto in bianco, urlare il nostro nome in un orgasmo che mi prende di sorpresa quando la tua mano scivola dal ginocchio a sfiorarmi il clitoride con la punta delle dita mentre ancora mi prendi, e ti nutri a tal punto del mio piacere che ti bastano pochi secondi per lasciarti andare spingendoti con più prepotenza dentro di me e godere tu stesso. 

Ti appoggi con la fronte tra le mie scapole, e lì ansimi, cercando ossigeno nel mio odore, mentre il culmine dell'orgasmo va scemando, lasciando dietro di sé membra molli e rilassate, mentre ancora non abbiamo il coraggio di separarci. 

Sono io che ti aiuto ad uscire fuori, scivolare via dal mio sesso e sono sempre io che ti tolgo quella protezione di lattice che lascio andare nel cestino poco lontano dopo averlo legato con un nodo. Ti assesti dietro la mie schiena solo per appoggiartici con tutto il tuo corpo, la bocca appoggiata alla spalla che prendi a suggere ad occhi chiusi mentre la mia mano circonda la tua, appoggiata sulla mia pancia, mentre sento che i respiri e i battiti sono tornati vicino alla normalità.

Mi strazi, mi annienti, mi distruggi. Ma poi alla fine raccogli e torni a mettere insieme i cocci delle nostre volontà spezzate, e mi basta un bacio per sentire la pelle d'oca riformarsi a partire dalla spalla lungo il braccio.

 

Non serve parlare, sono i tuoi respiri che mi dicono quanto tu sia ancora agitato nonostante l'orgasmo appena raggiunto. Sei caldo appoggiato contro di me, caldo e sudato, ma non cambierei il contatto con niente al mondo ora, in questo microcosmo creato dai nostri respiri e i nostri corpi.

Cagna. Profondamente radicata dentro di me questa parola, che altro non è che una semplice spiegazione di quello che sento di essere. “Sono una cagna così, così mi va. Sono rabbiosa si sa ma mi difendo così” cantavano i prozac +, e li sento tatuati addosso questi versi, assieme agli altri tatuaggi molto più visibili, che hai imparato a conoscere a memoria, come ogni centimetro della mia pelle, che ora accarezzi con calma serafica, quasi a voler vedere trasferirsi l'inchiostro sulla punta delle tue dita. 

Sei morbido, ma lo so che ti trattieni, e io ho un gran bisogno di svuotare la vescica per colpa dell'orgasmo.

 

- Fammi andare a pisciare. -

 

Buongiorno mademoiselle, come al solito fine come il ghiaione grosso, quello della stazione per intenderci. Lo senti che nelle mie parole non c'è cattiveria e nemmeno la volontà di allontanarmi da te, ma quando natura chiama è da stolti non rispondere. 

Mi stacco controvoglia, e nuda mi muovo abbastanza barcollante verso il bagno, e una volta seduta scaricare quel litro di urina mi fa sentire totalmente svuotata da tutto. Un guscio vuoto e caldo, tranquillo e rilassato, lontano da tutto e da tutti. Tranne che te.

 

Sento ancora il sesso teso mentre mi pulisco, e la voglia di averti, che dal giorno prima mi ha travolta, torna a farsi sentire nell'attimo stesso che strofino un po' più a fondo. Cosa mi hai fatto?

Una sciacquata veloce, un attimo di contegno che manca da così tante ore da aver perso il conto, e il passaggio obbligato in salotto. Un occhio al portacenere, una canna già fatta a cui mancano un paio di tiri, che recupero assieme ad un portacenere vuoto. 

Sei sveglio nel mio letto. Appoggi la schiena ai cuscini appoggiati alla testiera e mi aspetti vicino al bordo del letto. Non mi da fastidio la mia nudità con te, lascio che i tuoi occhi mi cadano addosso, anche mentre appoggio il tutto sul comodino e ti raggiungo, sedendomi a cavalcioni sulle tue cosce.

La prima cosa che fai, prima ancora di darmi il buongiorno, e sfiorarmi un capezzolo con un dito, che appena sfiori reagisce subito indurendosi e mandando un qualche migliaio di sensazioni languide al mio cervello e poi al mio sesso. Ti alzo la canna davanti agli occhi e poi la prendo tra le labbra per il filtro fatto con un vecchio biglietto del treno, prima di guardarti ed accenderla. 

 

Dovevamo parlare un sacco, sì. L'avevamo detto. E abbiamo parlato un sacco prima di toccarci e capire che le parole sarebbero state sostanzialmente superflue tra di noi, che ci parliamo con uno sguardo, una carezza.

 

Fai fuoco tu, e il tiro che prendo è profondo, tanto che mi si scaldano i polmoni in un attimo e il sapore è più piacevole di una sigaretta normale. Espiro verso di te che prendi una annusata profonda e mi sorridi mentre porti le mani sulle mie cosce, sfiorandomi i tatuaggi e abassando lo sguardo di tanto in tanto verso il seno, il pube. Ti sono addosso e non puoi farci niente.

Ti lascio prendere un tiro, profondo come il mio, e mi abbasso subito a prendere il respiro che ti esce dalle labbra. Fumarti la vita a poco a poco, respirarti, goderti fino all'ultimo istante di questa pericolosa convivenza.

 

L'erba mi arriva dritta al cervello come una bomba, mandandomi in pappa quel poco che resta di neuroni e sinapsi che ne hanno passate troppe tutte assieme, e non riesco a fare altro che scivolare verso il tuo bacino, stringerti i fianchi e guardarti dall'alto con gli occhi profondi, lucidi, bramosi.

 

Dammene ancora, ti prego.

 

 

 

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