Il principio dell'estate

  • Scritto da Eddy Lanotte il 04/06/2021 - 18:48
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Mi svegliai. Aprii gli occhi. Il cinguettio degli uccelli. Il sole che entrava dalla mia finestra. Una strana sensazione di tristezza. Mi alzai. Mi preparai la colazione ed il caffè. Mi affacciai alla finestra, guardando verso la campagna. Poi volsi lo sguardo nella strada. Auto frettolose di gente che sembra aver perso la propria anima e trasformata in macchine per produrre, consumare e nient'altro. Come se non esistesse più l'amore, come se nessuno avesse più sentimenti. Dopo qualche oretta decisi di scendere a passeggiare. Osservai la bellezza della natura.

Gli alberi di ciliegio. I gelsomini, i sambuco e i ligustri spargevano il loro profumo nell'aria. Il sole illuminava le strade e riscaldava la mia pelle. Farfalle bianche che svolazzavano.

Una bellissima ragazza, davanti al suo negozio di abbigliamento, mi sorrise e mi salutò dolcemente. Avrei voluto fermarmi a parlare con lei, ma non avevo argomenti né l'umore giusto. Proseguendo vidi altre donne bellissime che facevano esercizio fisico. Com'erano belle con le loro braccia nude e le tute attillate che mostravano le loro forme, i loro culetti e i loro seni! Alcune più giovani indossavano gli shorts che mostravano le bellissime natiche. Altre con le gonne corte o vestitini succinti. Tentai di guardarle e sorridere, ma nessuna di loro ricambiò il mio sguardo. Arrivai in una piazza. Lì ci sono vari bar. E in uno di quelli ci lavora lei, Ludovica. È bellissima con la sua divisa da lavoro, quando serve ai tavoli, con quei capelli biondi e quella bella treccia che le scende lungo la schiena. Non so come io mi sia invaghito di lei. È bella, ma di una bellezza semplice, non ha un fisico perfetto, anzi il culo è un po' troppo grosso in proporzione al resto del corpo. Ma i lineamenti del viso sono delicati, ha la pelle liscia, candida.  Gli occhi color nocciola.

È abbastanza alta, non saprei dire quanto. Credo avesse circa ventuno anni a quei tempi. Le poche volte che ci avevo parlato mi era sembrata molto dotata di spirito e simpatia. Oltre a questo, nulla di speciale. Eppure spesso mi fermavo a guardarla mentre lavorava. Lei non mi vedeva, perché la guardavo da lontano e perché era occupata.
Non ero mai entrato in quel bar da quando ci lavorava lei. Non ci entravo molto neanche prima. Quella mattina qualcosa mi spinse a entrarci. Non sapevo nemmeno io che cosa prendere. Camminai tremando e con il cuore che mi batteva forte.
«Buongiorno!» dissi.
«Buongiorno» mi risposero i baristi. Lei stava preparando il caffè, voltata di spalle e vedevo la sua bella treccina. Avevo una gran voglia di stringerla e abbracciarla, baciarla.
Lei si voltò e, vedendomi, mi sorrise «Buongiorno» disse. Vidi che aveva l'apparecchio per i denti, con la mascherina abbassata che si rialzò appena mi vide. Avrei voluto dirle che non era necessario.
«Bene, grazie...scusa un attimo, torno subito» e con un vassoio in mano andò a servire ad alcuni tavolini. Ritornò subito, allegra e pimpante.
«Dimmi..»
«Un caffè...» fu la prima cosa che mi venne in mente, ma non ne avevo voglia e soprattutto era l'ultima cosa di cui avevo bisogno. 
«Subito!» e si mise all'opera. Sul mio volto si stampò un sorriso tenero.
«Ecco a te!» disse porgendomi la tazzina.
«Grazie» e presi a sorseggiare «ottimo, sei brava con il caffè».
«Grazie».
«Senti, Ludovica...volevo dirti...»
«Sì?»
«Ecco, è da molto che stavo pensando...che vorrei conoscerti meglio...»
La vidi sgranare un po' gli occhi, forse non se lo aspettava, forse non lo voleva.
«Non è un invito a uscire, voglio solo conoscerti meglio...» mi affrettai a precisare.
«Sì, va bene», disse. 
«Venerdì sera va bene? So che lavori fino al tardo pomeriggio...»
«Prima o dopo cena?»
Pensai che fosse troppo presto per una cena galante, perciò proposi dopo cena, una semplice birra a un pub e quattro chiacchiere.

La sera arrivò e ci vedemmo davanti al locale che le avevo indicato. Era bellissima nel suo abito elegante, un vestitino rosso e corto. Le scarpe con i tacchi. La treccia non c'era più. I capelli erano sciolti e lisci. Ci salutammo baciandoci sulle guance, la feci sedere al tavolo che avevo prenotato. E sedetti di fronte a lei, sorridendole teneramente. Arrivò la cameriera e ordinammo due birre alla spina. 
«Come mai non ti ho mai vista in giro, a parte quando sei al lavoro?»
«Sarà perché esco altrove, io però ti vedo quando passo con l'auto».
La cameriera portò le birre e anche degli stuzzichini. Io cominciai a fare qualche battutina, attento a non sembrare un pagliaccio. La feci ridere e poi mi feci serio guardandola con un sorriso dolce: «sei bella, lo sai?»
Lei si morse le labbra timidamente e disse «Grazie».

Appoggiai la mia mano sulla sua e gliela accarezzai dolcemente fino a stringere le mie dita tra le sue. La guardai negli occhi e avvicinai il mio volto al suo guardando le sue labbra. Lei chiuse gli occhi, la baciai e li chiusi anche io. Ci staccammo e ci guardammo fisso. Le tolsi un ciuffo dalla fronte e guardai le sue gambe che cominciai ad accarezzarle, lei disse «andiamo nella mia auto».

Pagai le birre ed entrammo nella sua macchina. 
Lì continuammo a baciarci. Le infilai una mano sotto la gonna, accarezzandole ancora le cosce fino ad arrivare alle sue mutandine. Il cazzo mi divenne duro. Le infilai la lingua in bocca, mentre le sfilavo gli slip, calandoli fino ai suoi piedi, finché non mi ritrovai con la mia testa verso la sua fica. Sollevandole il vestitino, infilai la  testa lì sotto e la mia bocca incontrò i suoi peli, che baciai con tanto amore. Poi iniziai a leccare ogni parte della vulva, alternando baci e leccate. Le succhiai il clitoride e le infilai la lingua dentro al buco. 
Ludovica allargò le gambe e spinse la fica verso di me e con una mano abbassava il sediolino.
«Sì, dai, che bello! Continua», disse.
Continuai, mentre il cazzo mi si gonfiava sempre di più nelle mutande. Lo tirai fuori e mentre gliela leccavo, mi masturbai un po'. Dopo alcuni minuti, cambiai posizione e la baciai sulla bocca,  che lei aveva aperta, con occhi socchiusi e in espressione di goduria. Lei mi prese il cazzo nella sua morbida mano e mi fece una bellissima sega.

Era scomodo scopare in macchina, ma questo non mi impedì di trovare una posizione per metterglielo in bocca. Mi diventò più duro mentre me lo leccava. Cambiai ancora posizione.
Io con la mia mano sinistra le alzai il vestitino e con la destra afferrai il mio cazzo puntandolo sulla sua fica per metterglielo dentro. Ora usai la sinistra per liberare il suo seno dalla scollatura e leccarle le tette e succhiarle i capezzoli. Contemporaneamente, stavo per spingere il cazzo dentro la sua vagina, ma ella gridò :«Fermo! Aspetta!»
«Che succede, piccola? Non vuoi?»
«È che...è la prima volta»
«Stai tranquilla, tesoro...farò delicatamente» e la baciai sulla bocca.
Spinsi dolcemente il cazzo dentro. Ella emise un lamento.
«Mi brucia».
«Faccio il possibile, tesoro».

Le diedi un bacio sul collo. Spinsi il cazzo più dentro fino a romperle l'imene. 
«Aaaahhh» gridò per il dolore, con le lacrime agli occhi. Il sangue le colò dalla fica e glielo pulii col fazzoletto. 
«Posso continuare, tesoro?»
«Aspetta...» la vidi ansimare un po' e poi disse «va bene, vai, ma fai piano...»
«Tu stai rilassata, piccola».
Feci il possibile per non farle male, ma a un certo punto, cominciai a chiavarla più forte, leccandole di tanto in tanto le tette e baciandola in bocca con la lingua.
«Ti adoro, Ludovica, sei bellissima e dolcissima». 
Mi fermai.
«Girati adesso».
«Cosa? No, nel culo no. Già mi fa male la fica».
«Voglio solo baciartelo e leccartelo, ti prego».
Ludovica allora, sebbene con un finto broncio, si girò e mi puntò il culo in faccia. Non era un classico culo perfetto, aveva anzi anche della cellulite, ma a me questo non importava. Le baciai le natiche e poi gliele leccai. Le aprii il culo e le infilai la lingua nell'ano, spingendola sempre più dentro e muovendola in ogni modo. Non resistetti e alzandomi provai a infilarle il cazzo nel culo.
«No, ho detto nel culo no».
«E dai, ti prego, amore mio, faccio piano» dissi affannato e sudato «se ti faccio male, me lo dici».
La convinsi e cominciai a incularla piano piano, poi più forte. 
«Ah! Ah!» gemeva, ma non protestava. Le fottei il culo, che in quel momento mi sembrava il culo più bello del mondo. Di tanto in tanto le baciavo la schiena. Continuai a incularla per molto tempo, finché non sborrai.
«Ah sì! Che bello!» dissi «sei fantastica amore mio. Che ne dici di pulirmi il cazzo con la lingua?»
La ragazza si voltò e mi prese il cazzo in bocca leccando le gocce di sperma.
Poi prese il fazzoletto e si pulì la bocca.
«Dammi un bacio» le dissi. Lei sorrise, l'apparecchio ai denti la faceva sembrare una bambina. Ci baciammo.
«Sporcaccione, mi hai sporcato l'auto di sborra» disse ridendo e dandomi uno scherzoso schiaffo sulla spalla. Anche il suo vestito era macchiato.  Pulimmo insieme le gocce di sborra, per quanto possibile. Poi ci rilassammo abbracciati nella sua auto. Abbassammo i finestrini e ci lasciammo coccolare dall'aria fresca di fine primavera.

Adesso stiamo insieme, non so quanto durerà, ma da quando c'è lei accanto a me, non mi sento più triste e tutte le altre donne non contano nulla.

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