La foto ricordo

  • Scritto da geniodirazza il 16/05/2023 - 09:01
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La foto ricordo

Non avevo molta dimestichezza coi social network, e li guardavo sempre con diffidenza; mi colpì come una frustata la pagina che mio figlio Franco aveva lasciato aperta su un sito hard nel suo tablet; venticinquenne laureato in legge, aveva appena aperto un suo studio legale, ma evidentemente non riusciva a staccarsi da certi pruriti giovanili; la mano che stringeva il mastodontico cazzo di un nero nel buco di un glory hole mi era familiare.

Spiccava in primo piano l’anello che avevo regalato a mia moglie Margherita almeno dieci anni prima e che certamente portava la sera del ‘blitz’ al privè, con Lucia e Ettore, dove avevamo scopato come mandrilli, scambiandoci più volte le donne; ma non avevo nessuna memoria di visite ad un glory hole né di Margie che succhiava un cazzo della portata di quello che entrava in una bocca assai simile alla sua.

La didascalia era ancora più mortificante e recitava ‘mia madre a trent’anni che svuota cazzi neri mentre il cornuto dorme’; il cornuto non potevo essere che io, evidentemente; e lei era andata a farsi un giro al glory hole; ricordavo tutto di quella sera, ma solo fino a quando Lucia mi offrì un bicchiere di aranciata; dopo, caddi in catalessi; avevo creduto che le scopate mi avessero buttato giù e avessi dormito a lungo.

Dieci anni dopo, le cose assumevano una luce strana; la cosa terribile era che, poco tempo prima di quell’evento, ci eravamo solennemente promesso, io e mia moglie, di fare le cose sempre e solo insieme; a quelle condizioni avevamo approfondito l’amicizia con Lucia, che sapevamo molto disinvolta, insomma un poco puttana, e di fare con loro due l’esperienza del privé; non sapevo nulla del glory hole e che Margie avesse agito da sola.

Inutile, a quel punto, cercare di fare chiarezza; mi ricordai però che in cassaforte, in una cassetta ‘riservata’, Margherita raccoglieva i suoi diari da quando l’avevo conosciuta; niente di più facile che ripescare la data, metà aprile, di dieci anni prima e andare a dare un’occhiata per capire; contravvenendo ad ogni regola di bon ton, con una che aveva tenuto il segreto per dieci anni, aprii cassaforte e cassetto, individuai il quaderno e lessi.

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Mi sono divertita da dio; siamo partiti da casa io e Mario, già pronti per la grande avventura del privè; il mio abbigliamento era ridotto a una tunica che, sciolto un nodo, cadeva su sandali bassi; sotto, niente intimo; Lucia aveva un abitino ancora più succinto; praticamente, culo, figa e tette erano a vista e non si contavano gli sguardi lussuriosi che l’accompagnavano.

La prima parte della serata fu persino banale; Mario mi scopò immediatamente a missionaria e mi diede uno degli orgasmi che solo con lui posso provare; ora ne sono ancora più convinta, dopo il ‘giro’ al privè e i cazzi che mi sono presa; subito dopo, scambiammo le coppie e mi feci una scopata a pecorina con Ettore; devo dire che fu una delusione; Lucia invece apprezzò molto il cazzo di Mario e come lo usava.

Senza farlo sborrare, subito dopo si fece inculare alla grande; io me lo risparmiai con Ettore che proprio non mi attirava ed aspettai che si scambiassero di posto per prenderlo nel culo da mio marito che mi diede il solito immenso orgasmo ed alla fine sborrò pure lui; dopo un breve riposo, ci dedicammo ai pompini; Lucia succhiò Mario che si risparmiò la sborrata, prese in bocca il cazzo del suo compagno e lo svuotò completamente; io feci sborrare Mario.

A quel punto, Lucia offrì ai due un bicchiere di aranciata in cui aveva svuotato una polverina; mi spiegò che era sonnifero, li avrebbe fatti dormire alcune ore e ci saremmo divertite a scopare in libertà; un poco la coscienza mi rimordeva, perché solo una settimana prima di avviare il ‘progetto privè’, mi ero impegnata con Mario alla lealtà assoluta e reciproca; in quel momento calpestavo un impegno appena assunto.

Lucia mi fece notare che mio marito tendeva a proporsi da maschio dominante e a mortificarmi, imponendomi anche le scelte sessuali; qualche cornetto poteva solo riequilibrare i rapporti; se non me la sentivo, ero libera di dormire con loro; lei non avrebbe rinunciato a sfrenarsi qualche ora; decisi che davvero Mario era fin troppo oppressivo e che due ore di totale libertà, senza che lo sapesse, potevano essere giuste, belle e utili; andai con lei.

Nella prima sala che visitammo, c’era un letto enorme dove potevano stare dieci persone; ci stendemmo e, dalle pareti, avanzarono maschi tutti ben attrezzati; Lucia ne scelse alcuni e si fece montare in figa dal primo; la imitai e scelsi un nero con un cazzo mostruoso, sicuramente assai più grosso di quello di mio marito; godetti molto, a sentirmi spaccare il ventre da quella mazza; Lucia ne aveva chiamato un altro al quale succhiava un cazzo enorme, che fece sborrare in pochi colpi.

Per sfuggire alla presunta tirannia di mio marito, mi stavo facendo plagiare da un’amica appena conosciuta e che non avrei raccomandato a nessuno; decisi di fare a modo mio; mentre lei si scatenava in una gang bang in cui non riuscivo più a contare a quanti cazzi tenesse testa contemporaneamente, io mi limitai a far sborrare il nero in figa e a far subentrare due ragazzi bianchi, biondi, quasi gemelli, coi quali volevo sperimentare la doppia scopata.

Prima ne succhiavo uno mentre l’altro mi scopava a pecorina e io godevo di bocca e di figa; poi li facevo alternare; mentre succhiavo uno, mi facevo inculare dall’altro; la dolcezza dei cazzi, di media dimensione, mi dava una lussuria infinita e sborravo in continuazione; dopo che li ebbi provati nel culo, nella figa e in bocca, decisi la mossa ultima; feci sdraiare il primo sul letto e lo cavalcai all’amazzone, sporsi il culo all’altro e mi feci inculare.

Non so dire quanto piacere provai in quella doppia simultanea che mi slabbrò figa e culo insieme; non volli abbandonarmi ad altre perversioni in quella sala e mi spostai autonomamente; incontrai una sala in penombra, con muri neri nei quali si vedevano fori ad altezze regolari; una signora presente, visto il mio imbarazzo, mi spiegò che da lì apparivano cazzi di varia dimensione; potevo scegliere quale prendere in bocca, quale masturbare, da quale farmi inculare, con quale scopare in figa o fra le tette.

Cominciai dolcemente; scoprii anche che potevano tirare fuori le mani e titillare, accarezzare, masturbare; fu un’apoteosi del sesso; non so più quanti ne presi in figa, quanti in culo o fra le tette, ne masturbai a decine e a decine ne succhiai facendoli sborrare a terra per non riempirmi lo stomaco fino alla nausea; un signore lì a fianco mi scattò una foto mentre succhiavo il più nerboruto e quella ora è fra i miei ricordi più belli.

Stanca della performance, rientrai alla camera dove eravamo; poco dopo rientrò anche Lucia; svegliammo i nostri maschietti, ignari di avere un palco di corna degno del più grande dei cervi; li guidammo all’uscita e rientrammo a casa; non parlerò mai a Mario di quello che è successo perché ho tradito il principio base del nostro rapporto; ma l’ho fatto proprio per questo; a scuola esigo rigore rispetto e puntualità; ma a casa vorrei qualche sprazzo di fantasia.

Mio marito, invece, applica lo stesso inflessibile rigore sia nel lavoro che in casa; io ho bisogno di altre arie; se non me ne consente, si prende le corna; occhio non vede, cuore non duole; finché non sa, non avrà nessun dolore; se dovesse scoprirmi, arriveremo alle conseguenze che vuole.

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Più chiaro di così, si muore; l’inappuntabile preside, tutta leggi ed obbedienza, aveva applicato nelle sue perversioni la più normale delle regole, prendere per culo il marito, promettendogli candore e fedeltà per farsi riempire di cazzo tutti i buchi e caricarlo di corna senza fargli sapere niente; ora però io sapevo e le corna prudevano e reclamavano non solo vendetta ma sangue, addirittura.

Andai in ufficio e prelevai dal conto tutta la somma depositata; la trasferii in un mio conto svizzero; considerata la mia attività di esperto in border line, avevo una cifra molto sostanziosa a disposizione; ne aprii un altro nominale in un’altra banca; caricai sul conto di Margie tutte le competenze, a partire dal mutuo, e feci sparire ogni traccia delle operazioni; il mio ruolo di supervisore nella banca mi consentiva di fare tutto a mio arbitrio.

Mi recai, nel suo ufficio, da Elena, la collega per la quale da sempre nutrivo una particolare passione che solo la mia stupida fedeltà agli impegni mi aveva imposto di soffocare; si occupava, tra gli altri, dei capitali di una grossa impresa edile da cui aveva affittato l’appartamento in cui viveva e amministrava il condominio; le chiesi se poteva acquistare per me il suo appartamento e quello adiacente, vuoto; non c’erano problemi e le bastò poco per avere le carte; le dissi di fare l’acquisto e, per il saldo, indicai gli estremi del conto svizzero.

“Ecco fatto; adesso sono un tua inquilina; a chi affitti l’altro?”

“Lo tengo per me; mi piacerebbe che mi aiutassi ad arredarlo. Avresti problemi a diventare molto più che la mia inquilina?”

“Stai pensando al divorzio? Sappi che sono contraria al matrimonio e anche alla convivenza; sai bene che ti amo da sempre; se ti va, puoi venire, andare, fermarti, fare il marito; ma voglio la certezza mentale che sono una donna libera.”

“E se ti proponessi di fare un figlio? A trent’anni non sarebbe inopportuno e saresti nei tempi giusti … “

“Aspetta, Mario; vedo che è non uno scherzo, come pensavo un minuto fa; mi stai chiedendo di metterci insieme e di avere come unica garanzia di coppia un figlio mio e tuo? … Come minimo, devi lasciarmici pensare; cosa è successo di così grave da farti decidere di rompere il matrimonio e farmi questo strano discorso d’amore e di coppia?”

“Dieci anni dopo i fatti, scopro che mia moglie non mi stima, non mi rispetta e mi ha sempre riempito di corna, non con un amante ma svolazzando qua e là per non essere scoperta; ho riflettuto che, proprio da dieci anni, io ho soffocato il sentimento pulito che avevo per te e che tu hai dovuto nascondere quello che provi per me; nella mia mia logica, che per mia moglie è la causa prima del suo odio, la conclusione è che io faccia famiglia con te.

Ho comprato i due appartamenti per venire a vivere vicino a te, non con te, e diventare il tuo amico, compagno, uomo, amante quello che diamine vuoi; io da stasera mi trasferisco nella mia casa; se pensi che possa valere la pena provare, ceniamo insieme e parliamo un poco di noi.”

“Frena, dolcissimo amico mio; dammi il tempo di riflettere; non puoi venire qui, a mezza mattina, e chiedermi di sconvolgere la mia vita sperando che in un soffio tutto cambi; dormici almeno stasera e dammi una notte di tempo, che mi porti consiglio; non devo neppure dirtelo, che ti amo; ma stare con te a qualunque condizione, è una decisione che impone calma e buonsenso; io non prendo impegni sull’onda di un’emozione; sarei pronta a gettarmi con te nelle fiamme dell’inferno, ma devo sapere se e perché lo voglio; mi dai il tempo di riflettere?”

“Hai tutto il tempo che vuoi; si possono ordinare telematicamente mobili, biancheria e ammennicoli vari fino allo spazzolino e alla carta igienica?”

“Si potrebbe, se sei un singolo e devi traslocare ad horas; se sei un individuo ragionevole, innamorato e riamato, esci con la tua donna, scegli tutti gli oggetti, te li fai trasportare e te li fai montare, dal letto alle pentole; aspetta domani, amore.”

“Posso considerarlo un saluto bene augurante?”

“Il mio amore non c’entra col desiderio di vivere con te … “

Le avevano portato i documenti delle case, perché la somma era stata versata; mi consegnò, con un bacio leggero, le chiavi del mio appartamento; la salutai e andai a casa per i gesti finali; non c’era nessuno, come prevedevo; raccolsi le cose importanti in due grosse valigie e le trasferii alla casa nuova; me la rimiravo come in un sogno da realizzare e mi sentivo in pace con me stesso; tornai a casa e mi preparai all’ultimo atto.

Mi rifugiai nello studio, dove attrezzai per la notte il divano portandomi il necessario, dal pigiama al dentifricio; diedi una scorsa veloce agli incartamenti per valutare la priorità di trasferimento alla nuova casa; sentii rumori noti, all’esterno, e seppi per certo che erano rientrati mia moglie, per prima, mio figlio dopo di lei e infine mia figlia Laura; presi la foto che avevo ricavato dal sito, entrai in cucina e la depositai sul tavolo.

“Cristo papà, come hai fatto ad averla?”

“Non c’entrano i santi; è in internet; l’ho scaricata; complimenti per il commento. Lo sapevi che il cornuto ero io?”

Margie si precipitò, prese l’immagine e bestemmiò come uno scaricatore contro suo figlio; l’unica perplessa era la ragazza, alla quale dovetti spiegare che l’anello era lo stesso che sua madre portava ancora al dito; tacque sbalordita.

“Beh, è stato al privè dieci anni fa; c’eri anche tu … “

“Al privè, non nella glory hole; mi avevi messo a dormire … “

“E con questo, non era una serata trasgressiva?”

“Margie, che s’era detto una settimana prima?”

“Oh, senti, non lo capisci che è stato quello a procurarti le corna? Tutto preciso, tutto in ordine, tutto secondo i tuoi voleri, anche le corna volevi controllare; mi avevi rotto; ho finto di accettare l’idea della lealtà, ma ne avevo le palle piene e ti ho riempito di corna; ora che vuoi fare? Chiedi il divorzio?”

“Papà, per favore, mi spieghi meglio?”

“Chiedi a tua madre di farti leggere i suoi diari; sai, l’integerrima preside tiene da decenni il diario come le ragazzine senza personalità e incapaci di decidere; e vi rivela tutte le schifezze di cui si è macchiata … “

“Hai letto i miei diari? Hai violato la mia privacy … ?“

“Avvocato, posso disporre liberamente del contenuto della mia cassaforte o devo renderne conto a qualcuno?”

“Se i diari sono nella tua cassaforte hai diritto di leggere … “

“E di sapere che la mia timorata mogliettina mi ha steso a dormire e per una notte ha scopato più della peggiore prostituta, che ha avuto relazioni con bagnini, con amici miei, con sconosciuti, con istruttori in palestra e in piscina, con quanto di peggio una puttana adultera può fare a un marito cornuto … “

“Sì, se è un impotente … “

“Cosa hai detto”

“Ho detto e ripeto ‘IMPOTENTE’”

“Avvocato, mi rappresenta lei o chiamo un amico?”

“Mamma, se hai parlato con convinzione, la tua situazione è delicata … “

“Perché, non posso offenderlo chiamandolo impotente?”

“Mamma, spero che stai dando i numeri; se tuo marito è impotente, noi non possiamo essere suoi figli; visto che lo sapevi, gli hai fatto mantenere due bastardi avuti da chissà chi per trent’anni; questo è furto continuato … “

“Non è vero; ti prego, Franco, credimi, l’ho detto solo per offendere; non è vero … “

“Mamma, questa offesa è reato, contro di lui e contro di noi; adesso devo chiedere i test di paternità e augurarti che non sorgano dubbi; se qualcosa andasse storto, finiresti in tribunale per direttissima.”

“Mario, credimi, è stata una follia successiva; è successo quando hai cominciato ad essere più importante di me, in società; non sopportavo che un ragioniere valesse, per tutti, più di una professoressa, prima ero la tua moglie vergine e casta come mi avevi presa … credimi, ti prego … non infliggiamoci quest’altra umiliazione.

E’ stato l’incontro con Lucia a sconvolgermi; lei ti odiava davvero, ma l’ho capito solo dopo; mi ha sedotta e mi trasmesso l’odio antimaschilista che era suo; è riuscita a convincermi che la tua logica inattaccabile era uno strumento di potere col quale piegavi a te anche le mie pulsioni sessuali; è stata la mia consigliera fraudolenta, quella maledetta sera; poi è scattata la disperazione da vergogna; più cresceva il senso di colpa, più mi abbandonavo alla sessualità perversa.”

“A questo punto capisco tutto perfettamente; l’integerrima professoressa, prima, e poi preside, è un creatura debole e senza dignità, esposta a qualunque pessimo condizionamento; stai dicendo che in una serata assurda, dove tutto doveva andare in direzione contraria, una donna arrogante e puttana, dalla quale eri stata messa in guardia, ti ha convinto a comportarti peggio della peggiore puttana da marciapiede; poi, siccome sei un’ameba, ad ogni segno di rimorso rispondevi tradendomi; è così?”

“Per un verso è vero; ma la realtà più profonda era che ti odiavo più di Lucia; avevi cominciato da povero ragioniere travet di banca e all’improvviso mi oscuravi completamente in società; non te lo perdonerò mai e ti terrai le corna fino alla morte.”

“Mamma, ti comunico ufficialmente che mi fai ribrezzo; ti prego di non accostarti mai a me se non vuoi che ti cacci come una lebbrosa! Papà, spero che tu voglia ancora considerarmi tua figlia, la tua pupilla; non esiste nessun modo per risarcirti delle pene che ti ha dato questa fogna ambulante; se posso aiutarti in qualche modo, sarò felice di farlo.”

“Sai cosa c’è di nuovo? Adesso la puttanella di casa e il paparino cornuto fanno le valigie e se ne vanno perché io li caccio via da casa mia!”

“Mamma, è evidente che non sei in grado di intendere e di volere; al catasto risulta che la casa è stata comprata da tuo marito, in regime di beni separati; il fisco può dimostrare che paga, lui solo, il mutuo; sei tu il corpo estraneo e inquinante, in questa casa; cerca piuttosto di fare leva sull’umanità di tuo marito, perché stai rischiando forte … “

Si ritira offesa in camera; poco dopo, i singhiozzi squarciano il silenzio e i cuori dei figli.

“Se lo ritenete giusto, andate a consolarla; fatele capire che il matrimonio non esiste più ma che il legame materno va oltre i certificati … “

“Tu che farai, papà?”

“Ho già preso le mie decisioni; lei avrà ancora bisogno di voi, quando le conoscerà … “

“Pensi di pubblicare quelle foto e farla trasferire in un paesino della Sardegna?”

”Non è la vendetta, quello che cerco; voglio ricominciare a vivere, lontano da lei.”

“Hai un’altra donna?”

“No; sono da anni innamorato di una donna meravigliosa; oggi le ho proposto di stare insieme; ci sta pensando; domani potrebbe cambiare la mia vita … “

Squilla il telefonino di mia figlia che risponde; a mano a mano, il suo sguardo si fa più cupo, mi guarda con intensità e leggo sgomento nei suoi occhi; saluta seccamente e chiude l’apparecchio.

“E’ Elena il tuo nuovo amore? … Lo sai che ha pochi anni più di me, che è mia amica, che ci diciamo tutto?”

“Non lo sapevo; mi fa piacere che si faccia chiarezza. Hai qualche commento?”

“No; sono terrorizzata; hai il doppio della sua età; è coetanea di Franco; potrebbe essere tua figlia; sei convinto che sia giusto? E’ una ragazza unica, l’esatto opposto di me che sono disinvolta e libertina; lei meriterebbe una vita sicura e agiata come tu puoi assicurarle; ma non temi che la giovane età possa giocare contro, nel corso degli anni?”

“Ti va di fare un gioco squallido e di bassa lega? … Se fossi tu ad essere innamorata di un vecchio come tuo padre e se lui ti proponesse di stare insieme, faresti queste obiezioni? … Sai, tesoro mio, l’accordo di base a cui tua madre venne meno mortificandomi non fu se scopare molto o poco; fu dirci la verità sinceramente e lealmente, anche quando fosse doloroso; lei ha nascosto per dieci anni la merda sotto cui aveva seppellito me e il matrimonio.

Con Elena siamo d’accordo che domani facciamo le valutazioni; come abbiamo visto, ha telefonato a te, prima di decidere; ora capisco che siete amiche e che lei è leale e sincera; sei tu che freni il suo amore; il fatto che sono tuo padre le ha impedito di fare immediatamente l’amore; te lo ripeto, è da dieci anni che teniamo nascosta la passione reciproca; quella troia di tua madre lo sapeva, perché non le ho mai nascosto niente; mi derideva anche per il mio amore giovanile; e intanto si sbatteva ragazzini.

Non so cosa tu abbia detto ad Elena e quale effetto avrà la tua opinione sulla sua scelta; a te ripeto la domanda; come ti regoleresti se un ‘vecchio’ come tuo padre, ma che ami da anni, ti chiedesse di stare assieme e di fare un figlio?”

“Papà, lo dico anche con più enfasi, visto il momento; NON LO SO e non ho saputo dire niente a Elena; troia come sono, qualche uomo maturo me lo sono scopato; ma non c’era di mezzo un amore grande come il vostro, un matrimonio sulle cui rovine costruire una famiglia, una figlia che fosse anche mia amica.”

D’improvviso balzò fuori dalla camera Margie, che evidentemente era stata attenta al dialogo.

“Così, intendi rovinare la famiglia per una ragazzina dell’età di nostro figlio? Io non ti ho amato, ma non ho mai fatto una carognata come questa… “

“Mamma, ti stai comportando da insensata; due minuti fa lo volevi fuori dalla casa che proclamavi tua, insieme a vostra figlia che hai etichettato ‘puttanella’ tu che puttana lo sei stata e forse lo sei ancora; fai la santa Maria Goretti e so che hai scopato con ragazzi più piccoli di me … ”

“Possibile che nessuno voglia capire? Non è una questione di scopate; quelle sono corollari e sono durate al massimo un paio di anni; il problema è l’arroganza di tuo padre, che vuole imporre le sue regole a me e rendermi subalterna mentre dovrebbe lasciarsi guidare da me che sono assai migliore di lui.”

“Mamma, l’unica arroganza che vedo è la tua; avevi accettato un’intesa e, dopo dieci anni, confessi che non la condividevi ma hai recitato per opportunismo; parli di arroganza e pretendi una superiorità che è solo nella una fantasia; però hai sguazzato nei suoi soldi e sfruttato il suo talento negli affari per esibirti in società; posso io stesso testimoniare che lo obbligavi in ogni modo ad accompagnarti perché volevi il servitorello al tuo servizio; sei perversa e sbagliata.

Papà, non so cosa pensi di me, di noi; se vuoi farti una nuova vita, accomodati; io una moglie come la tua la allontanerei di chilometri per non essere tentato di massacrarla; se hai una ragazza giovane e vuoi affrontare il rischio di cominciare con lei una nuova vita, fai pure; questa faccenda sporca avrà un solo vantaggio alla fine; da domani prendo in affitto un locale e me ne vado dalla casa delle falsità; Laura, se riesci a sopportare una mitomane fuori di testa, resta con mamma.

Fossi in te, però, preferirei vivere con mio padre e con l’amica che diventa la sua compagna, se non per altro per garantirmi la conclusone degli studi e un posto di lavoro che lui ti può assicurare … “

“Visto che ci sei, perché non ci aggiungi un letto a tre piazze con l’amica e il paparino, visto che hai detto che hai già scopato con uomini maturi .. “

“Io non ho fatto corna a nessuno; scopo se mi va con chi mi va, non per umiliare né per offendere, cara la mia troia; sei tu che devi valutare se, da sola, riuscirai a trovare l’imbecille che cerchi, slave e inutile. Papà, mi porti con te?”

“Laura, Elena non ancora mi ha detto che accetta di vivere con me; posso anche portarti con me e vivere separato dalla tua amica, ma sarebbe tutto troppo difficile … “

“Ti spaventa tanto l’idea della figlia che è anche la tua donna? Io ti prendo immediatamente dappertutto, anche in tandem con Elena; non ci metto molto a convincerla che l’amicizia che tracima nel sesso non offende nessuno, se c’è chiarezza e lealtà … “

“Laura, ti rendi conto di quello che dici? Ti stai proponendo per un incesto!”

“Ha parlato santa Maria Goretti!”

“Io ho combattuto l’arroganza di un tiranno!”

“Papà, fai finta di non sentire, per carità; ormai è monomaniaca e non guarirà neanche dopo aver versato ettolitri di lacrime di fronte alla sua evidente imbecillità; questo è l’alibi che si è costruito; se rinuncia, affoga nella sua merda … “

Laura stava telefonando; quando chiuse, mi si rivolse con un sorriso mefistofelico.

“Papà. Scusami, ma ti ho prevenuto e forse prevaricato, peggio di tua moglie; Elena ti vuole come compagno, a costo di rinunciare alla sua solitudine; intanto, le sta bene che io e te viviamo nell’appartamento accanto al suo, quello che hai comprato; al momento giusto, parleremo anche del letto a tre piazze … Ci trasferiamo nella nuova casa?“

“Puttane capricciose, ragazzine stupide!!!!”

“Papà, resto io con mamma; come le lumache, deve spurgarsi un bel po’ del veleno che ha accumulato, soprattutto contro se stessa … “

“Laura, raccogli le tue cose; andiamo nella nuova casa; se Elena fa il salto, bene; altrimenti, sarò preda disponibile per tante che mi hanno sempre corteggiato; tra me e te, vedremo cosa succede; ti voglio bene, ma non so se sono pronto a fare l’amore; quella è un’altra cosa … “

“Io voglio bene a mio padre, ma ho anche voglia di assaggiare il maschio che ha fatto impazzire mia madre e la mia amica; ti convincerò che è bello e giusto fare l’amore senza preoccuparti se il prete ti assolverà, credimi!”

Portammo le valigie nel nuovo appartamento, vuoto tranne per un letto senza lenzuola; neppure le disfacemmo; Laura era ansiosa di incontrare Elena; sapeva che l’avremmo trovata al bar e mi ci trascinò quasi a viva forza; per un attimo mi sentii a disagio vicino a lei, giovane, fresca e sprizzante sesso da ogni poro; incrociammo un gruppo di suoi amici, tutti giovani in tempesta ormonale; una ragazza le chiese spudoratamente se fossi la sua ultima conquista.

“No, Mario è il grande amore di Elena; lo sto accompagnando da lei … “

“Gran bella fortuna, Elena; con l’aria da santarellina, guarda che tronco di pino si becca; dici che ce lo fa assaggiare?”

“Io un giro in giostra me lo farò, a costo di ammazzarli; ma voi dovrete solo leccarvi i baffi; è nostro!”

“Laura, ma davvero trattate i maschi come tori al foro boario?”

“Mario, lascia la lettera delle parole e bada al senso; l’unica cosa che volevamo dirci, lei che le piacerebbe una serata di sesso con te, io che non ce n’è per nessuna, visto che sei il mio uomo da una vita e per tutta quella che ci resta.”

“Posso solo arrendermi. Devo abituarmi a sentire che mi chiami per nome, immagino … “

“Ti turba? Resto tua figlia, anche se ti concupisco e ti chiamo Mario, come fossi un mio amico o un mio ragazzo.”

“Sei più difficile da gestire di come immaginavo .. “

“Devo ricordarti io che mia madre è stata più ambigua e difficile da gestire?”

“Hai ragione; Elena è come te?”

“No, lei ha profonde differenze; lavora ed è autonoma; se lo decide, il maschio è solo una decorazione alla sua libertà; è morigerata, razionale come te ma sa essere molto calda; se è innamorata di te, devi solo temere che ti imprigionerà e ti farà passare qualunque voglia di correre dietro altre sottane … “

“ .. che, se non lo sai, è l’ultimo mio problema, lontanissimo da quelli primari, una compagna, un figlio, tanto amore e lealtà.”

“Non stare a ripetermi quello che sappiamo tutti e tre … “

“Sa che stiamo cercandola?”

“Sì; ha più paura di te, del salto nel vuoto; ma è pronta a farlo; ti ama e ci vuole bene; starete bene, e forse io con voi.”

Elena era seduta ad un tavolo appartato, immersa in profondi pensieri; era bellissima e me ne sentivo sempre più preso e innamorato.

“Ciao, Elena.”

Si stavano abbracciando e baciando con trasporto.

“Ciao amore mio. Hanno fatto chiarezza?”

“Amica mia, non farti problemi; sono alle armi bianche; ma lui è forte … e ti ama … “

“Siete venuti a sistemarvi in casa nuova? … Senza mobili?”

“Sì; devi prestarmi delle lenzuola; non ce ne sono … “

“Mario, non potevi aspettare domani, avremmo acquistato tutto … “

“Ehi, cara, ho deciso io e Mario mi vuole bene, non poteva dirmi di no … “

“C’è solo il letto grande; dormirai con lui?”

“Se riuscirà a dormire … “

“Ah, no; stasera Mario dorme con me, allora; tu cercati un caprone, se ne hai bisogno … “

“Laura, non è il mercato boario, questo?”

“Senti, coso; non confondere una gara tra due innamorate col mercato dei tori; io ed Elena stiamo solo dicendoci che, prima delle tre piazze, vogliamo sentire individualmente il tuo amore, che tua moglie descrive immenso; stasera ti avrà lei, come è giusto tra due che si affrontano per conoscersi, come dice la Bibbia; poi, alla prima occasione, approfondirai la conoscenza della femmina che c’è nella tua bambina; se tutto va bene, ti spomperemo in due, vedrai.”

“Conosci la battuta scontata ‘è una minaccia o una promessa?’; con due donne meravigliose come voi, so che è una promessa e, soprattutto per quello che sai, è un impegno che manterrete; ed io sarò con voi.”

“Amori miei, basta parlare; prepariamo i giacigli prima di cena o facciamo tutto prima?”

“Grazie per il plurale; posso anche occuparmi delle camere, mentre voi prendete contatto; poi ceniamo e, dopo cena, guai a chi vi disturba.”

“Perfetto; Mario, ti va di conoscermi?”

“Mi piace l’idea di due tempi per conoscerti e amarti; mi sento in paradiso, con due angeli a fianco … “

“ … già! Seduttore di minori e incestuoso, altro che paradiso; all’inferno dovresti finire … “

“Ma se ne sto appena uscendo, condotto per mano proprio da te!”

Le due mi presero in mezzo, baciandomi in viso, una per lato; lessi invidia in tutti i ragazzi presenti nel bar; mi sentii orgoglioso di avere due bellezze con me; le presi per i fianchi e ci avviammo.

Entrammo nell’appartamento di Elena; Laura si fece consegnare delle lenzuola e degli asciugamani; si trasferì nel nostro appartamento a fianco e finalmente potei abbracciarla; erano forse dieci anni che sognavamo quel momento, senza avere il coraggio neppure di dircelo, oppressi da uno stupido senso di rispetto al matrimonio con una donna che, ora lo sapevo, avrebbe meritato tutt’altro che quello.

Sentii il sapore di fragole su una bocca giovane e fresca, con qualcosa di verginale; la mia lingua scattò da sola a percorrere la cavità orale e i denti, uno ad uno, come ad imprimermi nella mente, nel cuore e nella bocca il sapore di lei; mi si abbandonò languida, dolce; forse provava la stessa emozione da prima volta, e avvertii che si concedeva totalmente con fiducia e sincerità; sentivo l’amore riempirmi testa cuore e sesso.

Il cazzo si era indurito fino a farmi male e era andato a stuzzicare la figa da sopra i vestiti; sentivo attraverso la stoffa i palpiti del ventre ansioso; mi prese una mano e se la portò dietro, su una natica che strinsi con amore poche volte provato nel tempo; presi la sua, di mano, e la portai sul cazzo; saggiò un poco la mazza, poi si fermò quasi sorpresa.

“Sei certo che questo mostro non mi farà male?”

“Se ti spaventa, mi fermo qui … “

“ … e io ti ammazzo; mi ha impressionato, ma ora lo voglio; ora è mio e guai a te se me lo neghi; scusa, non vorrei che ci fossero equivoci; è solo un pezzo di carne, ma è una parte di te e ti voglio tutto; l’organo puoi usarlo come vuoi, con chi ti va; ma tutto quello che significa, a cominciare dalle emozioni che il tuo bacio mi ha dato, dalla sorpresa di questo tuo cazzo meraviglioso solo a toccarlo, quello me lo dai ogni volta che puoi, ogni volta che te le chiedo … “

“Elena, sono istintivamente monogamo; non sarai tu a imporre il monopolio; sarò io a stabilire la riserva per te; solo ti chiederò lealtà e sincerità anche quando cercherai il piacere altrove; hai la metà dei miei anni e tra venti, quando tu sarai nel pieno del vigore sessuale, io sarò sul viale del tramonto; ti chiedo solo di non tradire la mia fiducia, di essere leale e sincera; è stato questo tradimento che mi ha ferito a morte; temo che, se dovesse ripetersi, perderei la testa fino ad ammazzarti, non per le eventuali scopate ma per la violazione del patto di lealtà.”

“Senti, grande stupido amore mio ferito; per tua informazione, dalle prime pulsioni sessuali, attraverso gli ingenui adolescenziali innamoramenti durante i quali si da tutto, ho imparato a non concedermi; scopo, almeno una volta a capodanno, per necessità fisiologiche; ma il bisogno di accoppiarmi, di scopare lo sto avvertendo con te da qualche anno ed è la prima volta che ci vado così vicino; non voglio giurarti che sarò fedelissima e casta.

Hai ragione, col tempo potrei rivolgere altrove le mie voglie, se tu non ce la facessi a corrispondervi; ma non tradirò mai la tua fiducia; da questo momento, saremo una sola volontà in due corpi; non ti tradirò; potrei anche concedermi ad altri, ma sarebbe solo un corollario del nostro amore. Ti è chiaro, sovrintendente?”

“Ti amo, Elena, con l’entusiasmo di un ragazzo che comincia la sua vita, nuova visto che la voglio con te; so di avere per me la donna più giusta del mondo e sarò sempre chiaro e leale con te; se riusciremo ad essere unanimi e concordi, dureremo in eterno. Voglio un figlio, nostro, che sia il certificato dell’amore, non quello del matrimonio che una sentenza annulla; so che sarò felice con te; tutta la mia vita sarà dedicata a te e a nostro figlio, credimi.”

“Ti decidi allora a farmi sentire quanto è spaventoso il tuo ‘mostro’ nel mio corpo? Ti va di conoscere finalmente quanta chimica c’è tra noi?”

La spinsi supina sul letto; non avevo voglia di lasciarmi andare a giochi preliminari; il sesso tra noi era ancora tutto da scoprire e speravo di avere tempo per imparare ed insegnare tutto; le tirai su la gonna dalle ginocchia alla vita e affondai la mano fra le cosce; trovai la figa depilata con solo una striscia lasciata a decorazione subito sopra; infilai un dito e cercai il clitoride che reagì con ardore e dopo pochi colpi sentii che mi sborrava in mano; intanto, mi baciava con passione.

Non sapevo neppure come, il cazzo era fuori dai pantaloni, tenuto da lei con una mano e appoggiato sul ventre, tra la figa e l’ombelico; lo spostò senza proferire parola e portò la punta all’imbocco della vagina; ruppe finalmente il silenzio per dire solo ‘prendimi!’ e con una spinta da sotto in su si impalò fino all’utero; soffocò un urlo e rimase a bocca spalancata, quasi a prendere aria; mi fermai imbarazzato ed attesi che respirasse regolarmente; mi sussurrò quasi in estasi.

“Ora lo so cosa fa il tuo mostro quando entra in una figa poco avvezza ad essere riempita; manda in paradiso e fa sentire il coro degli angeli; mi sento completamente tua e vedo il cielo di tutti i colori.”

“Strano, perché io registro che il mio cazzo è diventato parte di te; lo tieni imprigionato in figa e puoi farne quello che vuoi; da questa posizione, puoi sollevarti e abbassarti per sentirlo nel ventre; puoi stringere le cosce e stritolarlo coi muscoli della vagina fino a mungere la sborra dai coglioni; oppure puoi ribaltare la posizione e montarmi come un’amazzone; amore, sei tu che mi scopi ed io mi limito a concedermi a te; sono io che ti appartengo, non tu.”

“Sei un amante straordinario e un imbroglione meraviglioso; mi hai sfondato la figa entrando dove mai nessuno era arrivato; mi stimoli l’utero portandomi alla follia; potresti cavalcarmi e invece mi chiedi di mungerti con la figa; mi inviti a salirti addosso e a scoparti da amazzone; ed io sborro ad ogni frase; mi stai facendo colare sul tuo ventre da quando ci hai poggiato il cazzo; mi innamoro di te ogni attimo che passa; mi hai stregato e sono felice di essere stata stregata.

Adesso ti è proibito negarmelo, in qualunque momento; stasera mi prendi e ti catturo; da domani, imparerò da te tutto quello che il cazzo e la figa, il culo e la bocca, le tette e le mani possono fare per darci piacere; non ho bisogno di cercare altri cazzi; voglio il tuo e lo vorrò fino a che ce ne sarà; ti amo, Mario, adesso lo so con certezza e non ti mollo a nessuno; al massimo, accetto la terza piazza nel letto, ma solo con Laura che è parte di te e amica mia da sempre.”

La costrinsi a ribaltarci e la vidi dominarmi, con le tette chiuse ancora nella camicetta, la gonna arrotolata in vita e il viso sconvolto dal piacere; godevo anche solo a guardarla; la tirai giù finché le sue labbra furono sulle mie; la lingua si mosse ad esplorare la bocca e i fremiti della vagina mi dissero il piacere che la scuoteva tutta; gli orgasmi arrivarono potenti e gli umori espulsi mi inondarono il ventre; le afferrai le natiche e la strinsi all’inguine; il cazzo si inalberò e lei gemette di piacere.

Stava ancora scopandomi con tanta voglia, quando udimmo Laura bussare alla porta e chiedere se eravamo ponti a tornare fuori per cenare; Elena le chiese ancora qualche minuto, manovrò i muscoli della vagina e mi strappò un orgasmo di cui avrei prolungato la memoria e le sensazioni per tutta la sera; davvero mi sentii in paradiso e fui felice di averla sopra di me, dentro di me; non avevo amato tanto neppure mia moglie quando mi diede la bocca, il culo e la figa, vergini; il piacere qui era altra cosa.

Laura, naturalmente, ci prese in giro per come eravamo conciati dopo la grande scopata; ma sembrava davvero godere, di riflesso, la nostra gioia, la nostra libidine; mi passò la mano sulla patta e fece un gemito strano quando avvertì la mole del cazzo.

“Non credo che si possa spiegare perché mia madre, troia, abbia cercato altri cazzi avendo a disposizione una mazza così bella e forte. Hai goduto molto, sorellina?”

“Se interpelli la bambolina fra le mie cosce, ti dirà che ha sequestrato un mostro terribile, lo ha addomesticato e se ne è saziata; ma ti dirà anche che è stato solo un anticipo su quello che esigerà da questo momento; ha fatto promessa di dedicarsi solo a lui perché le gioie che da sono improponibili con qualunque altro strumento.”

“Vuoi dire che non ce ne sarà per nessuno, dopo, nemmeno per la tua sorellina che si aspetta la terza piazza almeno per un giro in giostra?”

“Tu sei già il grande amore del mio grande amore; non potrei negarti niente; è a Mario che devi chiedere se se la sente di affrontare in coppia due Erinni decise a svuotarlo tutto!”

“Angeli miei, o Erinni perverse, se preferite, io sono leale soprattutto con me stesso; ho detto che ho qualche perplessità per l’incesto; il mio amore Laura mi ha detto che possiamo scopare senza preoccuparci della confessione; la mia donna ideale dice che va bene la terza piazza; lasciate che approfondisca la conoscenza del mio nuovo grande amore; poi parleremo di un colloquio a tre; per ora, è presto; Laura, amore bello, credi davvero che tua madre abbia già disarmato? Non sarebbe nel suo stile.”

“Io so chi è l’uomo che mi ama e che amo; so quanto sa essere forte e determinata la sua donna e mia amica; so di essere pronta a fare del male a chiunque, per difendere la rocca appena conquistata; tua moglie fa bene a rassegnarsi e a cercarsi altrove lo schiavetto che vuole ai suoi piedi; visto che le piace la definizione di tiranno, dovrà solo capire che, quelli da combattere, ora sono tre e ben agguerriti; il suo tempo è scaduto e dovrà prenderne atto.”

“Forse non ti amavo abbastanza o non ti ho conosciuto bene; non mi aspettavo questa grinta, questa ferocia; forse da tua madre qualcosa hai preso, almeno la tigna nel difendere i tuoi spazi.”

“Forse è vero; ma da te ho appreso la delicatezza, l’equilibrio, il buonsenso e la capacità di amare; se ho sfarfalleggiato finora, è perché il mio ideale di principe azzurro è ancora mio padre; gli altri si sono rivelati larve che neppure si avvicinano vagamente al modello; quando ti avrò consumato, forse riporterò i piedi a terra e cercherò il meno peggio; per ora, inseguo il mio ideale e lo difendo, fosse anche da mia madre che lo ha insozzato.”

Eravamo arrivati alla trattoria dove intendevo cenare e ci sedemmo in allegria; subito cominciarono le schermaglie da innamorati, con le due donne che limonavano tra di loro e gareggiavano a rubare moine e carezze dal maschio comune; mi sentii quasi usato per il piacere di due ragazze che, mentre sembravano accapigliarsi per toccare il cazzo da sopra ai vestititi, poi finivano per baciarmi a bocche unite; un piccolo scandalo esplose tra i pochi avventori; ma il sorriso divertito era la dominante e i giochi delle donne non superarono mai il limite del buongusto, anche se la tensione della libidine era al massimo, per tutti e tre.

Andammo avanti così, per tutta la cena che diventò qualcosa di assolutamente inedito; mai avevo ingoiato cibo senza quasi sapere cosa fosse, impegnato com’ero a gustarmi la gioia di due splendide donne che dialogavano tra di loro con gesti d’amore, e si dedicavano contemporaneamente a me, al piacere che riuscivano a stimolarmi, alla voglia che mi insinuavano di averle finalmente nude su un letto per amarle fino alla consunzione.

Uscimmo abbracciati dal ristorante e ci precipitammo alle abitazioni; Laura baciò sull’uscio prima Elena, con intensità, e poi me, con passione, strusciandomi la figa sul cazzo, da una parte per sentirlo ancora rizzarsi e ‘minacciare’ con la sua possanza e, dall’altra, per prendersi una sorta di viatico alla notte che avrebbe trascorso da sola nella nostra nuova casa; Elena mi catturò e mi spinse dentro, chiuse la porta e mi avvolse in un abbraccio tentacolare; risposi spingendo l’inguine contro il suo.

Fu come riprendere da dove avevamo interrotto per andare a cena; mi spogliò quasi con metodo, da perfetta massaia abituata a non lasciare disordine; depositò su una sedia giacca, cravatta, camicia, pantaloni e calzini, lasciandomi coi boxer nei quali il cazzo disegnava un’improbabile vela; mi accarezzava dolcemente ogni parte che scopriva e, subito dopo, depositava baci caldi, sensuali che stimolavano la mia voglia e soddisfacevano il desiderio di sentire sua la mia pelle.

Riproposi i gesti sul suo corpo; lo liberai dell’abito che scivolò con fruscio di seta fino a terra; sganciai il reggiseno e afferrai a due mani le tette che si rizzarono superbe al cielo con le aureole gonfie e i capezzoli protesi a chiedere una bocca che li succhiasse; lo feci immediatamente e sentii che godeva senza riserve e senza limiti; mi afferrò il cazzo e se lo baloccò tra le mani solo per sentire il piacere dei corpi cavernosi che si riempivano di sangue e gonfiavano la mazza.

Le sfilai il perizoma e presi la figa a piena mano; il medio scattò istintivamente e penetrò a titillare il clitoride; i gemiti e i sussurri mi eccitarono allo spasimo e mi mossi a scopare nella mano che stringeva il cazzo; mi trascinò con se verso il letto, si sedette sul bordo e appoggiò il cazzo sul volto; la lasciai fare e mi limitai a passare delicatamente i polpastrelli sul viso, segnandone i tratti con dita dolci e delicate; carezzai le guance, le orecchie, la bocca.

Accostò la punta della lingua al meato e raccolse il sapore intimo della mascolinità; spinsi un poco il ventre in avanti e la cappella toccò le labbra strette; le forzai un poco e la cappella entrò in bocca, accolta dalla lingua che la carezzò tutta e la guidò contro il palato e, in fondo, verso l’ugola; succhiò con forza e sentii l’anima catturata nella bocca; gemetti a lungo, piagnucoloso, mentre sembrava che aspirasse l’anima dal cazzo.

Non volevo essere io a scoparla in bocca e lasciai che si abbandonasse alla sua libidine; con una mano tra le cosce a masturbarsi, percorse del cazzo tutte le superfici e gli anfratti, stimolò il piacere da ogni ganglo, spinse la cappella tanto a fondo da rischiare di soffocare; mosse la testa a scoparsi in bocca al punto da farmi vedere i fuochi d’artificio nel cielo; le presi le guance tra le mani e l’amai infinitamente con tutto me stesso, bocca, cuore, cervello e cazzo.

Mi lasciai dominare a lungo dal piacere ineffabile che mi dava godere della sua bocca; di colpo, mi resi conto di quanto fosse egoistico farmi succhiare passivamente; bloccai la testa, sfilai dolcemente il cazzo e la rovesciai supina, le sollevai le gambe e poggiai i piedi sul letto; la figa mi si aprì oscena e meravigliosa; mi inginocchiai e mi abbassai a lambire con la punta della lingua la figa rorida di orgasmo.

Percorrevo amorosamente le grandi labbra; stuzzicavo la corolla delle piccole; lambivo dolcemente il clitoride e lo prendevo tra le labbra per succhiarlo come un piccolo cazzo; il piacere mi scorreva dalla figa in bocca e il sapore acre degli umori stimolava il cazzo ad un’erezione mai avuta prima; mi perdevo nella dolcezza di sentire ogni pigmento di quella figa meravigliosa; ascoltavo con la sensibilità della lingua i fremiti della vagina e vedevo le contorsioni di piacere del corpo.

“Mario, adesso scopami o impazzisco; fammi sentire che ti prendi tutto di me e che mi dai altrettanto; ti amo da morire.”

“Anch’io ti amo, ma per sentirmi vivo, nuovo, pronto ad affrontare il mondo; sei la mia ragazza e sono pazzo di te.”

L’avevo sollevata e spostata al centro del letto, stesa come in croce, a gambe leggermente divaricate e a braccia aperte, pronta ad accogliermi in lei; mi inginocchiai fra le cosce e sollevai le ginocchia, aprendole a compasso; mi prese il cazzo e lo guidò alla figa, mentre mi abbassavo col corpo su di lei; entrai dolcemente mentre la baciavo su tutto il viso e carezzavo i capezzoli che sentivo eccitati e sensibili; il cazzo entrò piano, fino a che urtò la cervice dell’utero.

Mi teneva stretto per la testa e mi baciava appassionata; sollevò le gambe e mi cinse il corpo; un colpo secco, dal basso in alto, e il cazzo la riempì tutta, con un gemito e forse con un poco di dolore; ci trovammo abbarbicati come certe piante prensili; non riuscivo più a capire quali fossero i limiti del mio corpo e quando si fondessero col suo; avevo solo la sensazione di una compenetrazione che produceva uno strano essere ermafrodita con due corpi in uno.

Non fu necessario cavalcare; la pressione, del cazzo da una parte e della figa dall’altra, stimolava i recessi del piacere e la sborrata arrivò naturale e dolce, per tutti e due; ogni spruzzo di sborra in figa era lo stimolo ad un orgasmo suo, con uno squirt finale che mi inondò il ventre e si riversò sul letto; mi abbattei esanime su di lei che non smetteva di accarezzarmi e di mormorare ‘mio’ come un mantra; ci volle parecchio per uscire dal languore dell’orgasmo e riprenderci.

Ci stendemmo supini, fianco a fianco, e ci tenevamo per mano, come scolaretti, persi nella gioia dell’orgasmo vissuto come liberazione; fu Elena a riprendersi per prima; si girò su un fianco e mi passò un dito sulle labbra e lungo il viso.

“Sono felice; ti amo; mi sento come se mi fossi fatta sverginare da te; è stupido, perché vergine non lo sono più; ma la sensazione è di averti dato tutta me stessa come fu quella volta; mi sono sentita ragazzina e innamorata, mentre mi prendevi.”

“Io sono molto meno vergine di te, con un figlio della tua età; eppure è stata la stessa sensazione anche per me; forse perché la purezza è nel cuore e nella mente.”

“Ho fatto l’amore con te come fossimo nell’Eden e tu fossi il primo ed unico uomo al mondo.“

“Meno male! Così non potevi fare confronti e non facevo la figuraccia del ragazzino imbranato e innamorato di te da morirne.”

“Scusa, non avevi detto che innamorarti doveva farti sentire vivo?”

Le montai addosso come per scoparla ancora e scherzosamente la minacciai di violentarla; scherzò anche le fingendo di difendersi; finimmo per rotolare per tutto il letto e trovarci di nuovo eccitati e vogliosi; la cosa si ripetette ed andò avanti così tutta la notte; dormimmo ad intervalli, tra una scopata e l’altra; il gracchiare della sveglia ci buttò giù in tempo per andare in orario a prendere servizio; non fu facile, la giornata di lavoro, ma eravamo raggianti e decisamente felici.

Laura se l’era presa comoda, perché le lezioni a cui era iscritta cominciavano più tardi; in un intervallo tra due appuntamenti, telefonò per chiedermi come pensavo di organizzarci, vista la situazione totalmente nuova; mi spostai nell’ufficio di Elena, aprii il vivavoce e concordammo che Laura avrebbe pranzato alla mensa universitaria e noi avremmo risolto a panini o in una mensa operaia là vicino; per la cena, però, eravamo concordi nel valutare che la cosa migliore fosse preparare in casa.

Uscendo, ci fermammo in un supermarket e, per la prima volta nella vita da sposato, mi aggirai tra i reparti per comprare quanto risultasse utile, dalla carne alle uova, dal pesce ai formaggi, dal vino ai dolci preconfezionati; inevitabilmente mi venne in mente che mia moglie era vissuta parassitariamente sul mio reddito e che non aveva gustato nessuno dei ‘riti’ che fanno di due persone una coppia; anche i dissidi per la scelta della carta igienica, risolti con una risata, diventavano amore.

Quando scherzosamente ne parlai a mia figlia, lei mi raccomandò di non dimenticarlo, quando sua madre avesse cercato di recuperare un impossibile rapporto; anche quei piccoli momenti di umanità facevano parte della rinascita; lei era geneticamente obbligata all’amore filiale, ma io potevo chiudere l’ultima pagina su quel capitolo della mia vita e dedicarmi a quello nuovo, aperto con Elena il giorno prima, con l’esplosione di un amore quasi incredibile; ‘quando decidi di darmi spazio?’ fu la domanda finale.

Sapevo che non sarebbe passato molto tempo, prima che decidessimo che il fatidico ‘giro in giostra’ di cui spesso parlava si realizzasse; io tendevo ad evitare che i tempi si accorciassero e non disperavo che, incontrando l’uomo giusto, lei rinunciasse e mi coinvolgesse a desistere dal desiderio che oggettivamente nutrivo; ma mi era anche chiaro che la pressione, per lei, era più che forte e che, al primo segno di cedimento, avrebbe sferrato l’attacco.

Passarono i primi mesi e per noi fu una continua luna di miele; Elena lasciava sempre più liberamente esplodere la sua voglia di amore e di convivenza; Laura si era adagiata nella condizione di ‘terzo incomodo’ e, ogni volta che poteva, passava intere serate con me e con la mia compagna, che sentiva più vicina e cara di una sorella, spesso addirittura un’amante o, quanto meno, quel lato fisico dell’amore per suo padre che si impegnava a fare suo.

Per fortuna, l’abitudine a passare le sere al bar, con le amiche e, di tanto in tanto, con occasionali amanti di una sera, mitigava la sua spinta verso il ‘letto a tre piazze’ che aveva minacciato e che era nei suoi obiettivi; ma che fosse presa inestricabilmente da suo padre e dalla sua amica risultava da ogni gesto, da ogni parola; le cene che, per abitudine presto inveterata, consumavamo a casa di Elena, in tre intorno ad un piccolo tavolo, erano occasione per stimolare e stuzzicare l’amore.

Le moine e le dolcezze si rivolgevano tanto all’altra donna, che amava davvero, quanto al maschio che lei voleva comune benché fosse suo padre e il compagno della sua amica; più volte, ero intervenuto a rimproverarle scherzosamente che aveva ereditato da sua madre la tendenza al tradimento come mezzo di liberazione; puntualmente, mi rintuzzava, ricordandomi che lei il suo amore lo aveva confessato e che io non lo avevo negato; Elena non poteva ritenersi tradita da quell’amore.

La mia compagna sorrideva ai battibecchi e aggiungeva che Laura non aveva mai fatto mistero del desiderio di aggiungere una piazza al letto per condividere l’amore che da sempre provava per un maschio che, incidentalmente, era anche suo padre; mi sentivo preso in un fuoco incrociato, in cui la complicità tra le due donne, assai più antica del mio rapporto con Elena e le rivelazioni di Laura sul desiderio di farsi scopare da suo padre, risultava assai più determinante delle tiepide obiezioni.

La situazione esplose la sera che Elena mi avvertì che dovevo procurarmi dei preservativi; quella mattina aveva interrotto la pillola perché voleva il figlio di cui avevamo spesso parlato; poiché non era prudente una maternità immediata, dopo che per anni aveva preso la pillola, doveva almeno per un mese non prendere sperma nell’utero quindi, se desideravo scoparla, dovevo cautelarmi contro pericolose maternità, o con preservativi o cercando soluzioni.

Laura si inserì nel discorso ricordando che lei prendeva regolarmente la pillola e quindi poteva ricevere tutto lo sperma che venisse; che da mesi aspettava di fare l’agognato ‘giro in giostra’ con me e che forse potevamo anche organizzarci per scopare in tre, lasciando che sborrassi nella sua figa, senza problemi; Elena, che aveva posto il problema proprio per arrivare a quella conclusione, non trattenne un sorriso ironico davanti al mio sbalordimento.

Non ebbi tempo per riflettere; avevamo appena finito di cenare che le due donne si fiondarono sul letto e cominciarono a spogliarsi e a carezzarsi; rimasi per qualche minuto inebetito e incapace di reagire; soprattutto, mi meravigliava la disinvoltura con cui le due donne vivevano l’esperienza saffica, quasi che l’avessero già fatto; Elena, che nel corso degli anni aveva imparato a leggermi in viso le domande, mi rassicurò.

“Mario, né io né Laura ti abbiamo ingannato; non avevamo fatto esperienze saffiche dirette, tra di noi o con altre donne; ma capirai che se ne parla molto, nelle chiacchiere da bar; basta poco, se ti trovi nella situazione giusta, a mettere in pratica le cose sentite e a scoprire il piacere dell’amore omosessuale; se proprio vuoi verificare, basta che ascolti discorsi tra gay e provochi una situazione in cui ti fai inculare; non farei la stessa tua faccia sbalordita, se mi trovassi di fronte alla scena, credimi!”

“Ci sono momenti in cui sento di dovere odiare il genere femminile e la capacità che ha di raggirare i maschi; in due minuti, mi obbligate a cancellare la mia educazione che considera reato l’incesto e peccato il saffismo; adesso mi inviti anche a sperimentare la mia omosessualità; ti meraviglia che io sia spaventato?”

“Sì; io ti considero una persona estremamente intelligente; il mio amore è anche stima per te e per le tue qualità; come puoi avere esitazioni di fronte ad un realtà così chiara e semplice? Laura, la tua ‘bambina’, ha una padronanza del sesso che ti farebbe rizzare tutti i peli del corpo, se fossi così talebano; ma la mia stima comprende anche la certezza che non lo sei e che le novità, anche quelle che ti disorientano, le sai affrontare con la necessaria nonchalance.

Hai proposto tu per primo di darmi un figlio per certificare la nostra coppia di fatto; hai saputo, da prima di uscire dal matrimonio, che Laura andava via col padre ma anche col maschio con cui voleva scopare, almeno una volta ma non solo; sai da sempre che siamo amiche oltre il limite del buonsenso; c’è una situazione di emergenza; abbiamo preso una decisione; che fai tu? Il padre puritano o il maschio disponibile? Ami tua figlia anche sessualmente o scappi perché faccio l’amore con tua figlia?”

“Ti amo, lo sai bene; amo Laura e la desidero, se è questo che vuoi sapere; mi concedi un momento di meraviglia? Mi ha scosso vedervi comportare da lesbiche, ma non incide sul mio amore, anche fisico, per tutte e due; non voglio sperimentare la mia omosessualità, almeno non ancora. Mi ammettete ancora nel vostro gioco amoroso o mi mandate dietro la lavagna?”

“Senti, padre snaturato di una figlia puttana, come ci ha etichettato tua moglie, io sto fremendo dalla voglia di verificare cosa c’è di vero in quel mostro di cui ho sentito mirabilia in tutti i sensi, da ’impotente’ come ti ha etichettato la zoccola all’ottava meraviglia del mondo come afferma la mia amica Elena; ti decidi a farmi provare dal vivo?”

“Mario, non abbiamo lavagne; abbiamo una terza piazza al centro del letto che è tua; ti amo, voglio fartelo sentire; amo Laura e voglio scoparmela; lei ti ama e ti vuole dentro, fino alla conclusione; sei dei nostri?”

Brutale e diretta, la mia nuova giovane compagna; ma forse era stato questo, che mi aveva fatto innamorare di lei; ed era questo che le chiedevo, in un rapporto che aveva come unico fondamento la fiducia reciproca; in fondo, ero solo io a farmi degli scrupoli ipocriti sull’ipotesi di scoparmi insieme mia figlia e la sua amica, che era anche la mia compagna; Laura, che mi aveva dimostrato concretamente di avere del sesso e dell’amore una visione assai netta e chiara, non si poneva problemi.

Mi resi conto, allora, che tutte le fisime nascevano dal rigore forse persino eccessivo che mettevo anche nelle trasgressioni, derivandolo dalla mia attività lavorativa che imponeva precisione e puntualità; trovarmi a spogliarmi mentre mi accostavo al letto con la coscienza che avrei occupato, tra due veneri, la terza piazza, fu una conseguenza automatica; mi accorsi che il mio cazzo si era avviato senza curarsi delle mie fisime ed era ritto come un palo di cemento.

Se ne accorse immediatamente Laura, che fra le due era la più ansiosa di prendersi quella mazza che aveva desiderato fin dall’adolescenza e che non era mai riuscita a guardare con calma e desiderio, ma aveva solo osservato qualche volta di sfuggita quando mi spiava in doccia o mentre scopavo con sua madre; decisi, inevitabilmente, di cominciare da lei e di consentirle finalmente di soddisfare il suo segreto desiderio di scoparsi suo padre.

Si era già stesa sul letto, in perizoma e reggiseno; era uno spettacolo straordinario, con la folta chioma aperta a ventaglio sul cuscino, il viso raggiante con gli occhi che mi scrutavano ansiosi e la bocca carnosa che pregustava il più succoso pompino che la sua ‘gola profonda’ avesse mai praticato; se ne stava ferma, come in croce, a braccia aperte e gambe leggermente divaricate offrendomi uno spettacolo mai visto di piacere sommo mentre si preparava a scoparmi.

Il seno abbondante, più di una terza taglia probabilmente, benché fosse leggermente appoggiato, per la posizione supina, splendeva con due globi di carne rosea e invitante su cui torreggiavano le aureole brune ed invitanti e, in cima ad esse, i capezzoli rosei che chiedevano di essere ciucciati; il ventre piatto, con al centro un autentico tortellino di venere invitava a manipolare, palpare, leccare, mordere, affondare il viso per sentire il corpo vibrare.

I fianchi morbidi, disegnati dalla vita sottile, lasciavano intuire un culo perfetto, invisibile al momento per la posizione del corpo; sotto, scendevano due gambe da scultura classica, splendide nel disegno e nella struttura, dal pube alle caviglie sottili; le cosce leggermente divaricate mostravano il ciuffo di peli lasciato sopra la figa che restava nascosta ma faceva intuire perfino l’umido delle grandi labbra per l’eccitazione.

Salii gattoni sul letto e mi sovrapposi a lei, finché la mia bocca raggiunse la sua; la catturai in un bacio stratosferico e liquido; intrecciai con la sua una battaglia di lingue per darci il massimo piacere; mi resi consto che Elena, già nuda, si era affiancata a noi quando le sue mani tirarono giù lo slip e misero il cazzo a diretto contatto con la carne viva delle cosce, del ventre e della figa; quando mi afferrò le natiche mentre mi baciava sul collo, il cazzo ebbe un ulteriore balzo e si appoggiò tra figa ed ombelico.

Mi chinai su Laura e le baciai la figa attraverso la fettuccia del perizoma che non copriva niente; lei spostò il poco e leggero tessuto e mi offrì lo spettacolo dalle piccole labbra e del clitoride ritto e rosso fuoco; ci appoggiai le labbra e sobbalzò come morsa da una tarantola; presi il cazzetto fra le labbra e succhiai come un aspiratore; gemeva e si torceva; mi prese la testa e guidò la bocca a leccare i punti giusti.

Spinsi Elena sul lenzuolo, a fianco all’amica, e rivolsi l’attenzione alla sua, di figa, e la leccai a lungo; avevo già praticato con lei il cunnilinguo e mi fu più facile scegliere i punti erogeni e mandarla in visibilio; Laura mi costrinse ad alzarmi carponi, si infilò sotto di me e accostò le labbra al cazzo; la sensazione che avevo intuito, delle sue labbra sulla cappella, si confermò in tutta la sua potenza erotica e istintivamente le spinsi la mazza in gola; la prese in una mano e regolò l’accesso.

Leccò tutto, dai coglioni alla punta e mi provocò brividi mai sentiti che mi fecero vedere il paradiso; la fermai per non sborrare troppo presto, e mi spostai sul corpo di Elena per portarle il cazzo alla figa; la penetrai on dolce violenza e la sentii gemere forte; mi bloccò e mi rovesciò con lei fino a farmi restare col cazzo ficcato in figa, ma da sotto; incitata da lei, Laura si sedette sul mio viso e mi offrì il sesso tutto davanti agli occhi.

Non riuscivo più a decidermi tra l’ammirazione per le natiche rotonde, morbide e sode al tempo stesso, di mia figlia che strofinava il mio naso dentro il buco del culo mentre la mia lingua roteava dentro il canale vaginale; i denti, ogni tanto, afferravano con dolce delicatezza il clitoride; sborrò almeno due volte ed era sempre più ansiosa di avere il cazzo in figa; anche Elena, scopandomi alla amazzone, trovò il percorso per squirtarmi addosso, impedendomi di sborrare con piccole strizzate di coglioni.

Si diedero il cambio; la mia compagna montò sulla mia faccia e mi diede da leccare la figa grondante gli umori del recente squirt ed io la leccai devotamente tutta; mia figlia si appoggiò alla punta del cazzo e con un colpo secco fece entrare la mazza fin contro l’utero, con un grido che era a metà tra il dolore e la libidine; mentre stavano ambedue sedute su di me, faccia a faccia, sentii che si baciavano appassionatamente e trasmettevano a me, attraverso i sessi, il piacere del bacio saffico.

Mi resi conto dai movimenti scomposti che si stavano palpando le tette, vidi una mano di Laura infilarsi tra il mio viso e la figa di Elena per masturbarla sapientemente; mi resi conto che, contemporaneamente, l‘altra faceva lo stesso nella sua figa manipolando anche il cazzo che vi era profondamente immerso; fermai ogni mio movimento e stetti a seguire le loro manipolazioni per aggiungere piacere a piacere, orgasmo ad orgasmo; si abbatterono stringendosi l’una all’altra e scivolarono via insieme.

Dopo che si furono a lungo baciate sensualmente, strofinandosi i seni e i pubi, fino a raggiungere un violento orgasmo simultaneo, si lasciarono guidare a sovrapporsi a contrasto, per leccarsi reciprocamente le fighe; si lanciarono nella manovra con tutta la voglia che avevano accumulato e le vidi divorarsi i clitoridi, entrambi ritti e duri, fin quasi a sentirsi dolere le mascelle; mi inginocchiai di lato ed assistevo estasiato allo spettacolo dei corpi sovrapposti.

Fu Elena a prendermi il cazzo che si era fatto duro come il marmo, e ad accostarlo al culo di Laura che si ergeva monumentale sul suo viso, poiché lei stava sotto; istintivamente, abbassai la cappella e cercai la vagina; ma le due non erano d’accordo e, a due mani, spostarono il cazzo più in alto e lo fecero accogliere dal buchetto segreto già rorido di umori; Elena mi abbrancò le natiche e diede la spinta che fece entrare il cazzo nell’intestino; Laura soffocò l’urlo nella figa dell’amica.

Non avrei voluto sborrare, perché temevo che ciascuna delle due avrebbe reclamato un orgasmo in bocca, uno in figa e uno in culo; non potevo neppure sognare di spararmi sei sborrate in poche ore; sarebbe stato al di là di ogni limite umano; chiesi dove preferissero la sborrata; Laura mi rispose che a lei piaceva un sacco vederla sprizzare dal meato e scaricarsi sulla lingua, nella bocca,sul viso o sui seni; Elena voleva sentirla inondarle il retto.

Frenai l’entusiasmo per la favolosa cavalcata nel culo di Laura e la scopai con metodo e calma, mentre lei scaricava la sua libidine sulla figa e nel culo di Elena, che riempiva con la lingua sottile e delicata ma anche decisa e forte; il cazzo stimolava l’utero, da dietro, ed Elena ci metteva il suo, leccando intensamente; dopo una lunga monta, mia figlia ebbe un orgasmo anale assai intenso che per poco non mi fece borrare.

Approfittai del languore conseguente per scivolare via; Elena la costrinse a ribaltarsi e fu lei a mettesi col culo proteso al mio cazzo, mentre Laura le succhiava clitoride ed ano; anche il suo sfintere ricevette con gioia ed entusiasmo il cazzo nel canale rettale; di più, strinse i muscoli e mi succhiò il cazzo; perfettamente cosciente di quello che faceva, lo munse col retto, finché sborrai incontenibilmente e le riempii l’intestino; esplose insieme a me e trascinò Laura nel piacere.

Mentre mi rilassavo, vennero ambedue su di me e mi trovai mia figlia col cazzo in bocca, pronta a prendersi la sborrata che riteneva spettarle, con un pompino da favola; la mia compagna, invece, mi baciò sensualmente strofinandomi i capezzoli sul petto e masturbandosi sopra di me; mi sentivo particolarmente languido perché davvero era stata una sensazione dolcissima, quella della sborrata nel culo con cui avevo superato la prima fase della nuova prova di scopata a tre.

Anche loro erano particolarmente languide e forse stanche, perché il rapporto saffico non aveva avuto nessun carattere di leggerezza o di superficialità; le leccate infinite con cui avevano percorso i corpi, i morsi e le carezze su tutta la pelle le aveano snervate, ma soprattutto erano stati gli orgasmi a buttarle giù; il numero si era perso, ad un certo punto; per quanto entrambe multiorgasmiche, pure il corpo aveva risentito della lunga ginnastica da letto.

Laura, poi, aspettava ancora di succhiare il cazzo e di prendersi, sul viso o in gola, la mia sborrata; la gasava l’idea di assaporare finalmente la sborra da cui era nata; Elena, cosciente che ad un certo punto mia figlia sarebbe andata a dormire nell’altro appartamento, le lasciò ampio spazio; e lei se lo prese tutto, cominciando dalla gragnuola di bacetti che mi sentii piovere dall’attaccatura dei capelli al mento, disegnando quasi il profilo del viso.

Scese poi con un bacio lussurioso, da stordire, sulla gola e, via via, sul petto e sui capezzoli; aveva un che di fanciullesco, quel suo scoprire singoli parti, quasi con la curiosità di conoscere il corpo che amava e di impossessarsene con tutti i sensi, dal tatto alla vista, all’udito, al gusto; mi abbandonai languidamente a quel suo corteggiamento nel quale trovavo un profondo amore che sentivo in me uguale.

Sul ventre, si fermò con la testa appoggiata, quasi a sentire gorgogliare dagli organi interni i rumori della vita; ogni tanto, baciava un punto, specialmente l’ombelico; lentamente faceva scivolare la bocca verso l’inguine e verso il cazzo che era tornato durissimo; sfiorandolo delicatamente, si dedicò a coglioni che raggiunse con difficoltà, facendomi scosciare ed aprire alla sua testa che scese sotto lo scroto e strinse fra le labbra ciascun testicolo da leccare amorevolmente.

Si dedicò poi alla mazza che percorse dalla radice alla punta, disegnando talora ghirigori con la lingua che mi provocavano scosse di piacere; arrivata in cima, infilò la punta nel meato e ficcò fra le labbra la cappella, accompagnandola verso l’ugola; avviò il movimento di risucchio e di vai e vieni che sarebbe risultato fatale, se non avessi provveduto io steso a frenare; presi una mano di Elena e a portai sulla figa di Laura, perché la masturbasse, facendola sborrare in contemporanea con me.

La bloccò per un attimo e le indicò, guidandola con la mano, che procedesse assai lentamente, per ritardare al massimo la sborrata finale; si vedeva che ci metteva tutta l’anima, nella fellazione; il mio cazzo vibrava continuamente, per il piacere che riceveva; alla fine sembrò quasi cedere, allentò la presa, mi masturbò dolcemente, succhiò con fervore e si lasciò sparare in bocca la più bella sborrata che ricordassi.

La baciai sulla bocca e la spinsi via dal letto; avevo bisogno di dormire, adesso, perché due sborrate in rapida successione potevano pregiudicate la mia attenzione il giorno dopo, al lavoro; lei capì e si avviò al suo appartamento, coprendosi alla meno peggio; Elena fece le sue cose in bagno e si venne a stendere cercando di non turbare il mio sonno; dopo quella notte, non si contarono più le volte che, in perfetta armonia, finivamo a letto in tre e alla fine uno riparava nell’altro appartamento.

Per evitare uscite all’esterno, anche se solo su un pianerottolo, facemmo aprire una porta in una parete comune e l‘appartamento divenne unico, anche se disponeva di ingressi indipendenti e Laura poteva portarsi a casi gli amici con cui decideva di scopare una notte; né io è Elena ne avemmo mai bisogno, ma per nostra scelta precisa e non per limiti imposti; riuscimmo a ritagliarci il tempo anche per una vacanza al mare d’estate, e ne approfittammo per riposarci e scopare, tra noi tre, come scimmie.

Le settimane scorrevano quasi pigre; il nostro ménage si era attestato sulla quotidianità di due persone agiate, funzionari di banca, che condividevano un piccolo appartamento in centro; quello adiacente, messo nella disponibilità di Laura, era stato collegato al nostro, aprendo una porta di comunicazione; ormai facevamo vita comune, talvolta anche a letto, ma soprattutto era straordinaria l’intesa tra le due amiche che si supportavano in tutto.

Da quando, poi, Elena era rimasta incinta e la sua gravidanza ne appesantiva necessariamente i movimenti, eravamo diventati un’autentica triade e ci muovevamo solo insieme d’amore e d’accordo; qualche volta ci trovavamo con mio figlio Franco, dal quale apprendevamo le novità sui comportamenti della mia ormai ex moglie; assodato che aveva perso ogni ritegno, la cosa più significativa era la lotta che sosteneva per rimediare all’abbandono.

Costretta di fatto e mantenersi col solo stipendio di dirigente scolastica, aveva drasticamente tagliato le spese voluttuarie per la cura del corpo e per l’abbigliamento; continuava a sbraitare contro di me che ‘la riducevo alla fame’ ma dovette accollarsi l’onere del mutuo e delle spese di gestione dell’appartamento dove viveva con nostro figlio Franco, costretto alla convivenza in parte per una natura ‘bambocciona’ che lo legava alla madre, in parte per non lasciarla sola.

In uno degli ultimi incontri, mi chiese di affrontare il tema della separazione; ribattei che ne avrei parlato con lui, in presenza di sua sorella e della mia nuova compagna; dopo il chiarimento tra noi, avrei accettato di incontrare sua madre per decidere i termini del divorzio, sulla base di quanto avessimo determinato insieme; mi accennò per telefono che la situazione era particolarmente delicata ma accettò di venire a cena da noi.

Ci avvertì che sua madre si era rivolta ad un autentico Principe del foro che stava raccogliendo materiali, su indicazione di Margie, per dimostrare che l’avevo lasciata in miseria privandolo del ‘giusto’ sostegno; Laura gli chiese ironicamente se la loro madre si faceva ancora sbattere dall’avvocato; Franco fece il pesce in barile e glissò la domanda, ma era chiaro che sapeva che era vero e che la tresca durava ancora.

“Caro ragazzo mio, veramente caro, credimi, al di là di qualunque sciagura, questa è la documentazione che il mio avvocato porterà in tribunale se tua madre mi ci costringerà … “

Gli presentai una serie di faldoni che si rifiutò di visionare, per correttezza professionale, essendo egli legato alla madre, anche se si faceva rappresentare da un altro legale; mi suggerì però di cercare una soluzione conciliativa perché tutto avrebbe desiderato tranne che vederci stracciare i panni addosso sotto l’occhio dei giornalisti e dei pettegoli; uno scandalo avrebbe danneggiato tutti, non solo sua madre, oggettivamente colpevole ma non processabile per attività di sesso che non è un reato.

La mie due donne furono concordi nel suggerirmi di abbassare i toni per chiudere in fretta il capitolo; decisi allora una mossa azzardata; telefonai all’avvocato interpellato da Margie, che conoscevo benissimo; come prevedevo, si fece negare; avvisai la segretaria che il suo principale aveva il numero del mio cellulare; aspettavo che si facesse vivo, nel suo interesse; decidemmo di andare a parlare con la mia ex moglie.

Ci ricevette con la massima arroganza e sedette a capotavola per darsi la sensazione di essere lei a condurre il gioco; non accettò domande o commenti, si allontanò e fece una telefonata; dopo pochi minuti suonò il mio cellulare e mi contattò l’avvocato che esordì aggredendomi perché mi stavo comportando con mia moglie come il più squallido dei cavernicoli; avevo acceso il vivavoce e tutti udirono; Margie gongolò, Laura strinse i denti, Elena mi strinse un braccio per frenarmi.

“Avvocato, io sarò correttissimo e non mi permetterò giudizi su te o sulla mia ex consorte; sappi che sei in vivavoce e ti ascolto io ma anche la mia ex signora, nostro figlio Franco che è un avvocato di tutto rispetto, nostra figlia Laura vittima della situazione e la mia nuova compagna, Elena che conosci per altre attività; sappi che ne sono profondamente innamorato, che spero di sposarla e che aspetta un figlio mio.”

Vidi Margie sobbalzare; Franco la frenò e le impose il silenzio.

“Caro Antonio, hai ascoltato le geremiadi fasulle di mia moglie ma non sai che ha mentito a te come a tanti; io non verrò in tribunale a parlare di corna, ma porterò i dati di quella lurida vicenda perché si configura il furto; Franco, per favore aiutami con i dati tecnici; l’agenzia di indagini a cui mi sono rivolto ha rastrellato tutte le ricevute dal motel ‘Royal’, per la stanza 106 se ti interessa saperlo; so che la conosci perché, tra le altre ricevute, ci sono quelle che recano come ospiti il nome tuo e di mia moglie.

E’ chiaro che i suoi adulteri si sono consumati anche con la tua complicità; ma non è questo il reato; quelle soste sono state pagate con una carta di credito, che faceva aggio sul mio conto; la mia ineffabile signora ha dimenticato di farti presente che abbiamo sottoscritto, all’atto del matrimonio, la scelta dei beni separati; Franco, è reato di furto o sbaglio? … Sono reati di furto le cene pagate dalla signora con quella carta, i gioielli acquistati nei migliori negozi in città? E’ stato un grave errore, ignorare.“

Margie era sconvolta, si rivolse a nostro figlio.

“Tuo padre è pazzo; io non avrei potuto usare la carta di credito che era mia?”

“No, mamma, usavi una carta di credito sua; potevi spendere solo se lui ti autorizzava; nessun giudice accetterebbe la tesi che eri autorizzata a spendere i suoi soldi per fargli le corna.”

“Oh, mio dio, anche in questo ero schiava a lui; meglio se se ne va con la ragazzina che ha messo incinta … “

“Caro avvocato, io risponderò alle tue accuse di inciviltà con la denuncia dei furti di cui vi siete resi complici tu e gli altri montoni che se la sono sbattuta; però bada bene che sparerò a mitraglia su tutti; voi portate in piazza le mie corna e io sbandiero tutte le corna di cui ho notizie e dati certi, a cominciare da quelle a tua moglie; poi vedrai la reazione della sua famiglia che vi mantiene nel lusso; e sapremo quanti non potrebbero passare sotto gli archi.

Sappi, ed avvisa anche tutti gli interessati, che sarò Sansone e abbatterò il tempio con tutti i Filistei, anzi con tutte le scatole cinesi di cui ho documentazione; azzardati ancora a fare dei commenti su di me e stai certo che la giustizia avrà molto da lavorare; non dimenticare che sono l’organizzatore, per tutti voi; vi siete divertiti a colpirmi alle spalle perché una persona che non meritava niente credeva di essere una regina e non sapeva di essere un’ancella del re Organizzatore. Ti saluto avvocato, e aspetto novità.”

“Franco, che sono le scatole cinesi, l’organizzatore, il re?”

“Mamma, certe cose non le hai mai sapute; avresti fatto bene a non entrarci in contatto e faresti bene a dimenticare tutto; tuo marito controlla l’economia della città e tutti i ricchi gli sono debitori; tu sei stata sempre corteggiata perché eri la moglie di uno che faceva paura; come te, hanno pugnalato alle spalle l’uomo che in faccia adulavano; siete stati ignobilmente penosi; se vi fa fuori tutti, fa un bene alla società.”

“Quindi, non era vero che doveva piegarsi lui; ero io a non rendermi conto che stavo sulle sue spalle. Adesso che succederà?”

Suona il cellulare, lei attiva il vivavoce e risponde, è l‘avvocato che l’avverte che il colloquio con suo marito è finito male e che lui rimette l’incarico; se proprio vuole insistere a reclamare una sorta di buonuscita, si rivolgesse ad un altro avvocato; lui aveva necessità di ritirarsi; le avrebbe mandato indietro la documentazione e la esentava da spese legali.

“Quindi avrei dovuto anche pagarti?”

“Se avessimo vinto la causa, avrebbe pagato lui; se vai in galera e scatena il tornado, dovresti comunque pagare la parcella.”

“Puttana fino alla fine degli eventi! Grazie, caprone; mi ricorderò di te e di tua moglie, vedrai!”

“Mamma, taci, ti prego, è già tutto così difficile; sconfitta, umiliata e documentatamente stupida e illusa.”

“Elena, faccio schifo anche a me stessa, in questo momento; ma un piccolissimo suggerimento posso dartelo; quest’uomo è difficilissimo da capire, da gestire, da accompagnare; ma vuole e può essere un grande; se lo sai amare, l’età non vi peserà; se ti metti di traverso, come purtroppo ho fatto io, sei fatta a pezzi. Mario, hai una decisione per me?”

“Parla con nostro figlio; lui sa difendere le cause e le sa anche vincere, con la complicità di sua sorella e della sua gemella.”

“Mamma, ho chiarito con papà che l’unica cosa che puoi reclamare, se ti va, è di tenerti la casa, pagando il mutuo residuo; di tutto il resto, ci dimentichiamo tutti quanti; tu continui a fare la Preside e non hai uno stipendio misero, se rinuncerai a qualche Spa da offrire agli amanti, a qualche abito da far mangiare dalle tarme o a qualche altro capriccio indegno della tua professione; io farò il mio lavoro; se Rosaria accetta, veniamo a vivere con te; altrimenti aspettiamo tempi migliori; Laura, tu che decidi?”

“Papà, il quattrocchi che ti sta simpatico alla fine mi pare proprio giusto; ti assomiglia un casino; è anche ricco; tra qualche giorno vado a stare con lui; non fare quella faccia! Lo sai che non rinuncerò a laurearmi e che vi starò addosso più di quanto tu possa sopportare; con la nascita di vostro figlio, la casa più grande vi sarà utile.”

“Quindi, Mario, accetti di farmi restare nella casa che comprammo con tante difficoltà e tante paure quando eravamo giovani, ci amavamo davvero ed io non avevo equivocato su tutta la nostra vita? Mi consentirai di coltivare i ricordi dei momenti belli e anche di quelli terribili come stasera? A proposito, anche su questo avevo sbagliato tutto; è proprio vero, come mi hai detto spesso tu, che, nel ricordo, anche i dolori si fanno dolci … “

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