Oscar lavorava in finanza: quotazioni in borsa, innalzamenti e abbassamenti dello spread e cose così. La sua era una vita monotona, grigia, stressata. Mai un minuto fermo, sempre in costante movimento, con la mente che viaggiava a velocità inaudita per stare appresso alle aperture delle varie borse e con l’orecchio teso per carpire qualche informazione favorevole che lo aiutasse a concretizzare qualche ben assestato colpo che gli avrebbe fruttato milioni.
In famiglia non andava meglio. Sposato e padre di un bambino di tre anni che vedeva solo per qualche minuto quando la sera, stremato, tornava a casa, e gli dava il bacio della bona notte mentre il piccolo era già da un po’ nel mondo dei sogni. Era cosciente che la sua esistenza dedita totalmente al lavoro, non gli regalava la felicità, anche se il tenore di vita che faceva fare a moglie e conseguentemente, al figlio, non era da tutti. Per quanto riguarda questo aspetto, infatti, era irreprensibile. Si era da tempo auto convinto che servisse questo o solo questo a identificare un padre, un marito, tralasciando completamente la parte umana. Quando discuteva con la moglie non voleva sentir ragioni e metteva perennemente sul piatto della discussione la questione dell’incessante e duro lavoro che permetteva a tutti loro di vivere una esistenza più che agiata. La consorte stentava a riconoscerlo, i suoi occhi si posavano su un uomo totalmente diverso da quello di cui si e innamorata.
Oscar ed Emma, sua attuale moglie, si erano conosciuti qualche anno prima, all’università. Entrambi studenti di economia. Grazie ad amici in comune ebbero modo di frequentarsi, fino ad arrivare a mettersi assieme. Erano tempi diversi, quelli. A parte lo studio e qualche tirocinio per fare praticantato, gli impegni non erano asfissianti e perciò il tempo libero risultava essere abbastanza per trascorrere delle piacevoli ore assieme. Oscar era più gentile, accorto alle esigenze di Emma, più romantico. Si comportava come una qualsiasi persona innamorata e tanto bastava alla sua compagna per essere felice con lui. L’ambizione di egli, però, prese il posto dei sentimenti e quando ebbe, grazie a uno zio, l’opportunità di lavorare per un grosso e importante nome nel mondo della finanza, Oscar mise da parte ogni cosa e si buttò a capofitto nel lavoro.
Il ritorno economico, importante sin da subito, lo convinse che quella era la sua strada, che quello era il giusto modo di vivere.
Lo stress cresceva di giorno in giorno e quando l’uomo decise di prendere in moglie Emma, non lo fece per amore, lo fece perché così era giusto per la società. Non cercava una che gli rompesse i coglioni e quindi la depositò, nel vero e proprio senso della parola, in una casa dorata con tutti gli agi e i comfort possibili. Esaudiva ogni suo desiderio materiale. Lui, nel frattempo, per scaricare tensione e altro, andava a puttane, non quelle da cinquanta euro che sono ai lati delle strade, no, ma quelle che costavano, le puttane di lusso. Il cazzo non gli tirava e par far sì che ciò avvenisse, aveva cominciato a tirare, sì, ma su col naso, per avere una parvenza da maschio e mostrarsi virile alla puttana di turno alla quale, di lui, non importava assolutamente nulla. Questo aveva fatto negli ultimi tempi, Oscar.
Nonostante la giovane età, poco meno di quarant’anni, come un moderno Dorian Grey si era accorto che la facciata di sé che dava all’esterno, per gli atri, coloro che lo incrociavano giorno dopo giorno al lavoro o nei pochi ritagli di vita privata, non corrispondeva alla realtà interiore. Con ciò dovette principiare a fare i conti e tirare le somme della sua vita fin lì vissuta.
Gli oggetti di lusso di cui si circondava, il tenore di vita che aveva, non lo soddisfacevano, non lo rendevano completo, felice.
Un giorno, come ogni mattina, si preparò per andare a lavorare. Scese in garage, salì in macchina e partì alla volta della borsa, dove lo attendeva l’ennesima giornata stressante e confusionaria.
Nei pressi di un semaforo fu costretto a fermarsi e aspettare che scattasse il verde. Il tratto di strada, quel dì, era affollatissimo! Non solo c’erano i soliti che volevano vendere la qualunque, un altro paio di tizi che provavano a pulire i vetri delle vetture, ma, diversamente dalle volte precedenti, si poteva notare una ragazza giovane, carina, vestita in maniera particolare, completamente di bianco, che con calma serafica distribuiva alle persone in macchina e ai passanti, dei volantini. Uno di questi venne dato anche a Oscar. Lo prese senza dargli troppa importanza e lo ripose sul sedile del passeggero, per poi partire quasi sgommando non appena il semaforo fece apparire il verde.
Giunto al parcheggio riservatogli, Oscar afferrò la sua borsa e filò a macinare denaro. Come d’abitudine, per ore non fece che vendere e comprare, gridare dei numeri in una bolgia infernale. Nella pausa pranzo assunse una pastiglia per il mal di testa, che aveva frequentemente a causa, anche questo, del forte stress a cui era quotidianamente sottoposto senza tregua alcuna. Bevve un bicchiere d’acqua, passandosi la mano rimasta libera sulla nuca, massaggiandosi la cervicale. Una smorfia di dolore si palesò sul suo viso non appena le dita sfiorarono quella parte del capo.
Il sole era tramontato quando l’uomo fece ritorno a casa. Stringeva la borsa con la mano destra. Non aveva notato che il volantino vi era rimasto attaccato quando aveva poggiato la ventiquattrore sul sedile del passeggero.
Emma era sul divano. Lo salutò con un filo di voce. Oscar ricambiò, fece una doccia veloce, si preparò un panino che mangiò rapidamente in cucina e poi passò a dare il solito bacio della buonanotte al figlioletto. Preparò dei documenti che gli sarebbero serviti l’indomani e fu solamente allora che si accorse del colorato pezzo di carta. Stranito, non ricordava cosa fosse e perché fosse lì, lesse il contenuto. C’era un nuovo centro massaggi che aveva aperto da poco. Non era molto distate da dove lavorava. Faceva massaggi tantrici. La trovò una buona soluzione momentanea per i suo problemi dovuti allo stress. Magari, un giorno, in un’ora ritagliata tra una cosa e l’altra, avrebbe potuto andarci.
L’occasione, neanche a dirlo, gli si presentò il pomeriggio seguente. Invece di fare la pausa pranzo (non aveva un regolare orario in cui pranzava o cenava), optò di farsi sciogliere un po’ i muscoli, in particolare quelli sopra il collo. Non aveva una chiara idea di cosa fosse un massaggio tantrico, come molte delle persone che frequentava e conosceva.
Giunse al centro benessere. L’interno era completamente bianco ma non eccessivamente luminoso. Una donna sui cinquant’anni con una lunga treccia che arrivava quasi ai piedi, gli si avvicinò non appena ebbe varcato la porta d’ingresso. Gli diede il benvenuto e si fece dire cos’è che Oscar stava cercando. L’uomo venne accompagnato in una stanza in cui la luce era ancor più soffusa e fatto spogliare. L’interno di quel centro massaggi era composto unicamente da donne che vi lavoravano, ognuna con un’espressione serena in volto, rassicurante, di bell’aspetto. Non immaginava di doversi mettere completamente nudo! La cosa lo imbarazzava un po’ ma era comunque felice perché era circondato da ragazze giovani, tre, più la proprietaria, più anziana, che andò via subito.
Oscar venne fatto sdraiare a pancia sotto sul soffice lettino. Quasi subito le tre massaggiatrici si presero cura di lui.
Cominciarono a passare le mani sopra i polpacci e le braccia, facendo pressione e cospargendolo contemporaneamente di olio profumato. Quella all’altezza della sua testa, poggiava la parte del pantalone che copriva la figa, contro la parte alta della testa di Oscar. Questi non poté non notarlo, ma non proferì parola.
Per qualche minuto fu tutto un respirare ritmicamente mentre passavano le mani sul corpo dell’uomo, cominciando ad avvicinarsi alla zona pelvica.
Lo fecero girare. Oscar in un primo momento si rifiutò. Non se lo aspettava. Aveva un’erezione, gli era venuto grosso, davvero grosso e duro (non lo credeva possibile senza cocaina) e non voleva lo vedessero in quelle condizioni. Una delle ragazze gli mise un dito sulla bocca quando egli provò a parlare per dire qualcosa e lo girò.
Il cazzo stava dritto e all’insù, non poggiava sulla pancia. Le tre risero e quella all’altezza della testa principiò ad accarezzargli la faccia, scendendo verso la pancia, facendo in modo che il viso rimanesse tra le sue tette che gli scivolavano sopra gli zigomi, appena appena. Una goccia di liquido uscì dalla capocchia dell’uomo. L’altra, quella che si occupava della gamba destra, gli scappellò il cazzo, tirò anche un po’ di più fin dove il velopendulo teneva, provocando nell’uomo un eccitante piacere di dolore. La terza tizia gli passò le dita umide di olio tra i coglioni, distanziandoli tra loro e massaggiando, facendo pressione sulla massa dura, la ghiandola. Oscar si lamentava, un po’ per il dolore e un po’ per il piacere. A zittirlo c’era sempre la prima massaggiatrice, quella all’altezza della testa dell’uomo, che intanto si era tolta maglia e reggiseno e con le tette penzolanti gli soffocava il viso.
Oscar ansimava e istintivamente si alzava come poteva facendo forza sui glutei, sollevando di poco la pancia. Sempre abbassandogli e alzandogli dolcemente lo scroto, la massaggiatrice fece entrare prepotentemente tre dita nell’ano dell’uomo, che, questa volta, sentì davvero male, ma non aveva la forza per potersi ribellare contro quello che gli stavano facendo: gli piaceva tantissimo.
Indice, medio e anulare entravano e uscivano sempre più velocemente dal suo culo, lasciando della merda sulle falangi della ragazza, la quale non sembrava preoccuparsi minimamente della cosa e né ne era schifata, anzi. Più le dita andavano a fondo, più Oscar si sollevava sui glutei e il cazzo diveniva sempre più duro, turgido, con le vene in vista, che pulsavano. La mano sinistra della massaggiatrice glielo teneva ben saldo, stretto, segandolo duro.
L’altra tizia aveva cominciato a dare dei colpi con le dita contro i coglioni di Oscar. Ormai piacere e dolore erano un tutt’uno. Da ditate a veri e propri pugni, fu un attimo. Con la mano sinistra, la giovane aveva isolato le palle, che le uscivano sopra l’anello che aveva formato con l’indice e il pollice e con l’altra mano, quella libera, sferrava dei possenti pugni sui coglioni di Oscar che era ormai in balìa di un piacere mai provato prima.
La donna all’altezza della sua testa si abbassò i pantaloni, rimanendo a figa di fuori. Strusciava il suo folto pelo contro il naso e la bocca dell’uomo, il quale, con naturalezza, tirava fuori la lingua per poter leccare quanto gli veniva offerto. Lei gliela mise in bocca, tutta, muovendo rapidamente il bacino e lasciando che il suo orgasmo finisse direttamente in gola a Oscar, che soffocò non appena fu costretto a bere, tanto che il liquido e la crema bianca gli scivolarono dai lati della faccia.
Le tre dita che gli venivano ficcate in culo avevano allargato l’ano, facendolo rilassare ed elasticizzandolo. Pian piano le dita divennero quattro, poi fu l’intera mano ad essere inserita nel culo, fino a metà braccio. Il fisting, Oscar, non lo aveva mai provato ma sentirsi un braccio fin dentro la pancia gli fece pisciare un sacco di liquido pre seminale. La capocchia era lubrificatissima si scopriva con sane manate che era un piacere. Tutto ciò era accompagnato dal ritmo dei forti pugni sui coglioni, divenuti, senza che l’uomo neanche se ne accorgesse, sensibilissimi, più di quanto non lo siano normalmente. Non sentiva più dolore ma solo estasi.
La massaggiatrice all’altezza del suo capo gli si era sdraiata completamente sopra, facendo in modo che la figa restasse perennemente nella bocca di lui. Lei, dal canto suo, mordeva la cappella, allargando il buco dentro il quale ficcava la punta della lingua e, in un secondo momento, l’unghia del mignolo e il mignolo tutto, spalancando l’uretra e facendo scendere il dito fin dove riusciva. Ogni movimento delle tre divenne velocissimo e chi masturbava ci dava dentro di brutto.
Appena Oscar diede segno di stare per sborrare, la ragazza levò il dito da dentro la capocchia, liberandola e lasciando che lo schizzo potesse uscire con prepotenza. L’eiaculazione fu un vulcano di seme bianco che sporcò le massaggiatrici. I coglioni si andavano svuotando man mano che venivano colpiti dai pugni.
Così come era cominciato, il massaggio giunse al termine. Oscar era stato sottomesso da tre grazie che lo avevano guidato verso il piacere supremo in una maniera a lui sconosciuta. Passivo, aveva subito ogni cosa che gli avevano fatto.
Lo lasciarono lì, disteso sul lettino a riprendersi dal piacere. Non sappiamo se Oscar, da quell’esperienza, incominciò a essere un uomo migliore, certo è che i mal di testa, da qual momento, non si fecero vivi per un bel pezzo!
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