La suocera che mi sono persa

  • Scritto da rokirae il 16/10/2020 - 20:07
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Le giornate sono come una lotteria, a volte ti danno

sorprese, altre volte fregature. Quella mattina di luglio la

ruota è girata bene.

Appena dopo alzato, scendo al minimarket sotto casa a

comprare un poʼ di latticini, e chi mi trovo davanti?

Rosetta, una signora sulla cinquantina che non vedevo da

quasi due anni. Rosetta la conoscevo bene. Diversi anni

addietro sono stato fidanzato con sua figlia Barbara. Poi

la storia si è spenta e giorno dopo giorno, per quanto

abitassimo nello stesso quartiere, abbiamo smarrito

reciprocamente le nostre tracce.

Ci siamo salutati con molto calore. Del resto negli anni

trascorsi io e Rosetta avevamo simpatizzato subito.

Durante il mio fidanzamento, per via del fatto che vivevo

da solo e frequentavo piuttosto spesso la sua casa, ero

diventato per Rosetta come un altro figlio.

Le ho chiesto subito di Barbara, mi ha risposto che

ormai si era trasferita nella città dove viveva la

sorella maggiore Francesca e si era fidanzata con un

giovanotto del luogo, presto si sarebbe sposata. Le ho

allora domandato come se la passasse lei. Mi ha detto

che, oltre al marito Giovanni, le era rimasto in casa solo

lʼultimo figlio, Giorgino, che si apprestava ad affrontare la

maturità, e quindi molto presto lʼavrebbe lasciata anche

lui.

Per parlare un poʼ più tranquillamente lʼho invitata a

prendere un caffè al bar di fronte. Al tavolino del bar ha

cominciato a raccontarmi le ultime vicende familiari, mi ha

parlato delle figlie e dei nipoti, ma non ha mancato di

manifestare tutta la sua insofferenza verso il marito.

Ricordavo che non lo sopportava; non gli aveva

mai perdonato le corna che le aveva messo in passato

tradendola addirittura con la sua migliore amica; ma

soprattutto era delusa e frustrata per la precoce

inappetenza sessuale di Giovanni che, allʼet. di 60 anni,

aveva praticamente abdicato ad ogni attivit. a letto. Non

erano cose nuove per me, ma mi sorprendeva la

schiettezza confidenziale con cui lei me ne parlava.

Il tempo tra un caffè ed una sigaretta è trascorso veloce.

Ci siamo congedati, lei mi ha detto che le aveva fatto

molto piacere fare due chiacchiere con me ed ha insistito

perchè, alla prima occasione, il caffè passassi a prenderlo

da lei. Le ho promesso che me ne sarei ricordato e ci

siamo salutati.

Tornato a casa ho cominciato a riflettere su quello strano

incontro. La prima cosa che ho pensato è che Rosetta,

nonostante lʼetà non più giovanissima, era rimasta ancora

decisamente una donna interessante, ancora abbastanza

appetitosa. Non molto alta, un poʼ in carne, ma ancora

soda, soprattutto con un seno generosissimo e due

fianchi torniti e tondeggianti, tratti distintivi che

lʼaccomunavano molto alla mia ex fidanzata.

Ho lasciato passare qualche settimana finchè una mattina

mi sono deciso a farle visita. Potevano essere le 9.45, ho

suonato il campanello. Il cuore mi batteva forte. Non

rispondeva nessuno, ho pensato che probabilmente era

uscita. Stavo per andarmene quando dal citofono una

voce assonnata chiedeva chi fossi.

“Ciao, sono Marco…. passavo di qua ….. sempre valido

lʼinvito per il caffè?”

“Oh, Marco, scusa ….. ma che ore sono?”

“Quasi le 10 ….”

“Oddio ….. mi sono lasciata andare …. dai, sali!”.

Sono salito ed ho trovato la porta socchiusa.

“Permesso?”.

“Entra pure, accomodati, arrivo subito …”.

Sono entrato e sono rimasto nellʼingresso. Dopo un paio

di minuti Rosetta è arrivata, capelli un poʼ arruffati,

vestaglietta corta bianca, praticamente trasparente, sotto

la quale si poteva intravedere tutto senza molta

immaginazione, con le due tettone lasciate in balia della

gravità.

“Urca che gnoccona!”, ho pensato, e per poco non venivo

meno.

“Beh, che fai lì impalato? …. Non restare sulla porta, vieni,

vieni … tanto sei di casa….”

Rosetta mi ha fatto accomodare sul divano.

“Caffè allora?”

“…Sì, grazie… scusa la scortesia…. si può fumare?”

Mi sentivo un poʼ nervoso, quella visione inaspettata

quanto arrapante mi aveva inquietato.

”Certamente, fai pure… io intanto vado a preparare il

caffè”.

Mi sono accesa una sigaretta. Da lontano le ho chiesto:

“Fatto le ore piccole ieri sera?”

“Già, ieri sera sono andata a ballare… lo sai, quando mi

capita, ne approfitto ….. erano le 2 quando sono

rientrata”.

Ecco un altro particolare di Rosetta che mi era tornato

alla mente. Era unʼottima ballerina e ricordo che, anche

quando ero con la figlia, lei ed il marito spesso la sera ci

lasciavano soli soletti in quanto andavano a ballare.

“Certo, farai fatica a trovare un ballerino alla tua altezza…”

“Il problema non è tanto trovare il ballerino… di cavalieri .

sempre pieno… il problema è trovare quello il cui scopo

finale non sia altro che …”

“Mica ti spiacerà essere corteggiata…. sei ancora una

donna in splendida forma…”

“Uuhhmmm…. Esco di rado, ma quando vado in

discoteca per ballare, non lo faccio per rimorchiare… solo

che voi maschietti, come vedete una donna sola o

accompagnata da qualche amica, partite per la vostra

strada e pensate solo a quella cosa…”

“Come dargli torto?”, pensai tra me e me.

”In questo momento lʼultima cosa che mi interessa .

cercare un altro uomo… già quello che ho è un peso

morto… ti garantisco che dopo certe delusioni riesci a

farne tranquillamente a meno… preferisco un poʼ di

libertà per godere delle cose che più mi piacciono”.

“Forse hai ragione… comunque, se ti fa piacere, qualche

volta posso accompagnarti io a ballare…”

Unʼuscita un poʼ azzardata, della quale mi sono pentito

subito, ma mi era venuta spontanea. Per fortuna lei non

ha replicato. 

Un minuto dopo Rosetta è arrivata con le tazzine del caffè e si è accomodata sul divano al mio fianco. La vicinanza di quel corpo matronale appena velato dal babydoll e ancora caldo di letto ha aumentato a dismisura la mia inquietudine.

Mentre sorseggiavamo il caffè, Rosetta ha ripreso a

parlare degli uomini e delle delusioni che aveva subito

negli ultimi tempi. Stavamo ancora parlando quando le . suonato il cellulare:

“Ciao Miriam … già finito?... beh, se vuoi puoi fermarti a

pranzo da me… no che non disturbi… sì, mi fai piacere….

dai, ti aspetto… ciao piccola.”

Era la figlia di un suo fratello, che quindi sarebbe passata

di lì a poco.

“Era la mia nipotina … passa tra una mezzʼoretta… non mi

è sembrato il caso di dirle della tua presenza”.

“Capisco”, le ho detto subito, “meglio non creare equivoci

o sospetti…”

”Bravo Marco, vedo che ci intendiamo …. sai, qui non ci

vuole nulla a far parlare le malelingue …. anche se Miriam

è una di famiglia, preferisco avere un rapporto riservato

con te ….”

Mi ha lanciato uno sguardo dolce, stringendo un poʼ gli

occhi, quasi a farmi lʼocchiolino. Poi, dopo un attimo di

pausa, ha ripreso:

“Per quanto riguarda quello che mi dicevi prima, certo

che a me farebbe piacere andare a ballare con te … ma

un conto è se ci troviamo per caso in un locale, un conto

è se ci rechiamo assieme … sai, per evitare cattive

interpretazioni …”

Non sapevo che dire, era come se mi avesse letto nel

pensiero. Anzi no, era come se mi avesse

inaspettatamente aperto una strada dentro la quale

sicuramente mi sarei buttato.

Finita la sigaretta ho capito che, per non rischiare di

incontrare la nipote, era meglio togliere il disturbo. Ma,

prima di congedarmi, Rosetta mi ha invitato a vedere

come aveva ristrutturato lʼappartamento, evitando solo di

farmi entrare nella sua camera da letto.

”Sai, non vorrei tu ti spaventassi per il disordine…”

Le ho risposto sorridendo:

“Per me non cʼè problema... io vivo quotidianamente nel

disordine …”

“Uuhhmmm ….. va bene….. allora, questa è la mia

alcova…”

Lo stile neoclassico dellʼarredamento non mi piace, ma

certo non me ne poteva fregare di meno. Ma, dʼun tratto,

Rosetta si è chinata a raccogliere un suo reggiseno

caduto a fianco del letto e la sua vestaglietta si è

sollevata mettendo in bella mostra un culo ampio e

invitante, con un piccolo tanghino bianco che si infilava

scomparendo tra le rotonde chiappe.

Ho trattenuto il respiro per frenare lʼistinto di cingerle i

fianchi e caricarla da dietro. Ma quella visione repentina

mi ha tanto scioccato che mi sono fatto accompagnare

alla porta da lei senza spiccicare parola.

“Allora ciao Marco … grazie della visita …. spero che torni

a trovarmi … magari non di sabato, perchè il venerdì sera

esco con le amiche ….. andiamo a cinema o a ballare …”

Prima di uscire ho avuto un momento di resipiscenza e mi

sono ricordato di chiederle il numero di cellulare. Lʼho

vista un poʼ sorpresa e perplessa, lʼho subito rassicurata:

“Non ti preoccupare, non ne abuserò …. Alla bisogna,

magari qualche messaggino…”

Dopo quella visita il pensiero di Rosetta è diventato un

tarlo in testa, un desiderio sempre più impellente che ho

dovuto sfogare con un paio di memorabili segoni.

Mi sono informato sulle discoteche della zona. Il venerdì

sera ce nʼera una sola che suonava il liscio. Dopo essermi

messo su e profumato come un fidanzatino, ho deciso di

farci un salto. Ma della macchina di Rosetta nel piazzale

del dancing neppure lʼombra. Forse era andata al cinema.

Mi era andata buca, ma non mi rassegnavo. Era tardi, ma

ho digitato compulsivamente un sms e glielʼho inviato:

“Ti ho cercata al Liscio dancing. Senza successo. Posso

passare domani per il caffè?”

Dopo pochi minuti mi è tornato il suo sms di risposta:

“Mi spiace, siamo andate al cinema. Domani sono fuori

casa fino alle 17. Buonanotte.”

Alle 17.30 puntualissimo ho suonato il campanello di casa

sua. Lei mi ha aperto senza neppure chiedere chi fosse.

Mi aspettava. Vista lʼora abbiamo convenuto che, forse,

uno spumantino era più adatto del caffè. Mi ha espresso

nuovamente il suo rammarico per la mia puntata a vuoto

al dancing, ma si vedeva che era contenta della prova di

attenzione da parte mia.

Tra una sigaretta e lʼaltra, ci siamo scolati la bottiglia di

prosecco. Alla fine eravamo entrambi un poʼ più sciolti.

Forse grazie allʼeffetto del prosecco le ho detto che mi

sarebbe tanto piaciuto passare la serata in sua

compagnia, magari andando a cena insieme.

“Al ristorante no”, ha puntualizzato subito lei, “daremmo

troppo nellʼocchio … se non avessi tra i piedi quel buono a

nulla di mio marito, ti preparerei io una bella cenetta qui

….”

Mi ero lanciato in una proposta un poʼ ardita, ma, visto

che lʼidea non le dispiaceva, lʼho subito riformulata:

“Potrei invitarti da me …. Certo, è un modesto bilocale ed

è tutto in disordine …. Ma passo un attimo dal cinese e la

cena la porto su bella e pronta…”

Eʼ scoppiata in una risata e mi ha fatto una piccola

carezza sulle guance:

“Che carino che sei!.... la tua gentilezza mi commuove ….

non vorrei deluderti, ma devo trovare una buona scusa

per uscire anche stasera … uuhhmmmm, fammici

pensare….”

Non le ho dato il tempo di ripensarci, sono balzato in

piedi, le ho dato un bacio sulla guancia e mi sono diretto

verso la porta dʼuscita, dicendole ad alta voce:

“Tu vedi come fare …. Io ti aspetto a casa per le 20.”

Sono volato via col cuore in subbuglio. Ho fatto un poʼ di

pulizie, ho messo in ordine al meglio possibile la mia

mansarda, mi sono fatto una doccia. Alle 19.30 sono

sceso dal cinese e gli ho ordinato una cena da asporto.

Poi sono risalito a casa e mi sono sforzato di creare

unʼatmosfera di intimità con le luci soffuse e con un poʼ di

musica new age in sottofondo.

Alle 20.15 è arrivata Rosetta. Al citofono le ho detto di

salire allʼultimo piano. Quando ha fatto ingresso nel mio

bilocale le ho fatto un inchino galante e le ho fatto

omaggio di un mazzo di rose.

“Ohibò!”, ha esclamato lei con aria frizzante, “tanta

galanteria non lʼho mai ricevuta da un uomo!”

Mi ha abbracciato e baciato sulla guancia. Ho ricambiato

e lʼho trattenuta stretta a me quei pochi secondi

necessari per sentire la morbida volumetria del suo

corpo. Rosetta si era messa su in maniera straordinaria.

Truccata e improfumata in maniera sobria ma ben

percepibile, indossava un vestito nero sotto il quale si

intravedeva un tanga nero i cui pizzi venivano messi in

risalto ogni qualvolta doveva piegarsi. Dal decolleté

tracimavano due grosse bocce che minacciavano di

esplodere da un momento allʼaltro. Aveva per lʼoccasione

indossato dei sandali molto alti neri laccati ed un collier

che faceva bella mostra di sè sul rigoglioso davanzale.

Sia le unghie delle mani che quelle dei piedi erano state

ripassate con dello smalto rosso. Una visione dʼinsieme

arrapante, inebriante.

Le ho detto di mettersi comoda e lʼho pregata di

attendermi un minuto perchè sarei sceso dal cinese a

ritirare la cena. Quando sono tornato su, lʼho trovata già

pienamente a suo agio. Si era seduta sul divano

scoprendo le coscione sino alla fascia merlettata delle

autoreggenti nere. Quella visione mi ha fatto sobbalzare il

cuore, e non solo quello.

Ho subito apparecchiato e ci siamo messi a tavola in un

clima di eccitazione crescente. Le ho chiesto che scusa si era inventata per venire a cena da me. Mi ha risposto alzando le sopracciglia:

“Alle 20 mio marito non si era ancora ritirato. Gli ho

lasciato tutto pronto in cucina e ho affisso dietro la porta

un post-it spiegandogli che era arrivata, senza preavviso,

una nostra amica dallʼestero e che avevamo organizzato

in fretta e furia una pizza…. Ma ora non parliamo di lui.

Sono qua per passare una serata diversa”.

Seduti lʼuno vicino allʼaltra abbiamo mangiato e bevuto e

scherzato in allegria, toccandoci più volte con le

ginocchia. Poi, con due calici di spumante in mano, ci

siamo accoccolati sul divano avvicinandoci sempre di più.

“Carino qui!”, ha commentato lei ad un tratto guardando

tutto intorno il mio living e aggiungendo dopo una piccola

pausa, “… certo si vede che manca la mano di una

donna!.... A proposito, non mi dirai che, dopo Barbara,

non ci hai portato nessuna qui….”

“Non ci crederai”, le ho risposto mentendo, “eppure è

proprio così …. la storia con Barbara è finita da tempo, ma

non ne sono ancora uscito del tutto …. a casa vostra mi

sentivo come un figlio”.

“Cosa vuoi dire?”, mi ha chiesto lei sorridendomi con una punta di malizia, “ …. che ti mancano le coccole di mia figlia… o le premure di sua madre?”

“Eh …. tuttʼe due”, ho risposto con eguale malizia, “… ma

forse le seconde più delle prime!”

Mi ha passato una mano dietro la nuca e mi ha attirato a

sè stampandomi un bel bacione sulla bocca:

“Che impertinente che sei! …. Non ti sapevo così

malandrino!”

Mi sono avvicinato ancora più vicino a lei e, alzando il

calice, lʼho invitata a brindare alla bella serata che ci

stavamo regalando. Abbiamo incrociato le braccia, come

fanno gli innamorati o i giovani sposi, ed abbiamo bevuto

lʼennesimo bicchiere di spumante.

Poi lei mi ha detto che sentiva la testa girare e si è

lasciata andare allʼindietro sulla spalliera del divano. Lʼho

invitata a sdraiarsi più comodamente, facendole poggiare

la testa sulle mie gambe. Mi ha lasciato fare.

Si stava creando unʼatmosfera fantastica. Ormai avevamo

entrambi capito dove ci avrebbe portato quella serata, ma

nessuno dei due sembrava avere il coraggio di affondare

il coltello. Le ho detto di chiudere gli occhi ed ho

incominciato ad accarezzarle i capelli, facendo sforzi

sovrumani per controllare i miei gesti. Ma non il cazzo che

ha cominciato a gonfiarsi dentro i pantaloni, premendo in

maniera sempre più forte sotto la sua nuca.

Ho sentito che, pur con gli occhi chiusi, sospirava e

gemeva, sotto la pressione del mio cazzo insofferente.

Non ce lʼho fatta a restare calmo ed immobile, senza che

glielo avessi ordinato le mie mani si sono mosse

cominciando ad accarezzare le tettone debordanti e poi,

in rapida successione, infilandosi dentro il decolleté fino ad

incontrare i noccioli turgidi e sporgenti dei suoi

capezzoloni scuri.

Lei ha continuato a sospirare ed a gemere ad occhi

chiusi, ma non si è opposta ai movimenti delle mie mani

che, con sempre maggiore disinvoltura, le palpavano le

tette e le strizzavano i capezzoli. Poi, mentre il mio cazzo

si inalberava premendo imperiosamente contro la sua

cervice, ha cominciato a smuovere il collo e, ad un certo

punto, ha cominciato a girarsi sul fianco sino a mettersi

completamente a pancia in giù. Quindi, senza dir nulla, con gli occhi chiusi come una sonnambula, ha cominciato a sbottonarmi la patta fino a liberarmi lʼuccellone ingrifato. Allora ha riaperto gli occhi e, con un filo di voce roca, ha esclamato:

“Oddio, poverino, come soffriva imprigionato lì dentro!”

E, senza ulteriore indugio, lʼha fatto scomparire nella sua

bocca, dando inizio ad un pompino da favola.

Sulle prime sono rimasto stralunato, sorpreso dalla

naturalezza e rapidità con cui Rosetta aveva rovesciato la

scena assumendo decisamente e disinvoltamente

lʼiniziativa. Ma poi ho superato ogni indecisione e, mentre

le sue voluttuose pompate orali mi scuotevano di brividi

lʼintero corpo, ho tirato su la sua gonna scoprendole il

culone e cominciando a smanacciarlo con bramosia. Lei

ha agevolato i movimenti delle mie mani aprendo le cosce

e consentendomi di sfilarle gli slip ed avere libero

accesso alla sua figona.

Agitando freneticamente due-tre dita lʼho masturbata per

bene e, quando ho potuto raccogliere i primi umori della

sua figa, immediatamente ho cominciato a infilare le dita

inumidite dentro lʼaltro canale posteriore, verificando

compiaciuto che il suo ano si dilatava alla mia pressione

come se non aspettasse altro.

La passione ci ha travolti e, mentre io, con due dita

interamente conficcate dentro il suo sfintere, le scaricavo

in bocca cinque-sei abbondanti fiotti di sperma gridando

di piacere, lei dimenava freneticamente tutto il suo bacino

liberando copiosi liquidi vaginali i cui rivoli colavano giù

per le cosce.

Siamo rimasti immobili per un paio di minuti, come

interamente svuotati di energia, poi lei si è sollevata

lentamente e, liberatasi della gonna, si è rimessa

cavalcioni avvicinando la sua figona pelosa e sbrodolante

alla mia bocca:

“Ora tocca a te!”, mi ha detto con occhi languidi e con

voce arrochita dal piacere.

La prima, intensa sensazione lʼho avvertita al naso per

lʼodore acre, inebriante più dellʼincenso, che la sua figa

emanava. Ma poi mi sono avventato come affamato sul

clitoride sporgente e sulle grandi labbra e, tenendola con

entrambe le mani per le sue chiappe, ho cominciato a

leccare con avidità, facendola ululare di piacere.

Eʼ venuta nuovamente ed ha irrorato di nuovi umori la mia

bocca. Dopodichè si è abbassata sedendosi sulle mie

gambe e ci siamo baciati furiosamente, scambiandoci

con le lingue gli umori precedentemente assaporati. Due

porci scatenati, che avevano represso troppo a lungo le

loro voglie!

Quando ci siamo staccati mi ha detto che aveva bisogno

di andare in bagno; le ho indicato dove andare e, mentre

lei è andata di là, ne ho approfittato per rifiatare e

riflettere compiaciuto sulla serata da sogno che lʼex mia

suocera mi stava regalando. Più facile, più sfrenata e più

gratificante di quanto avessi mai immaginato.

Quando è tornata dal bagno era tutta nuda, con le sole

autoreggenti: un vero schianto, una vera scudisciata al

mio cazzo che, difatti, ha cominciato subito a ridestarsi.

Si era rinfrescata ed aveva recuperato appieno la sua

vivacità. Mi ha detto maliziosa:

“Ma non mi mostri il resto della casa?”

Ho capito subito quel che intendeva, anche perchè, oltre

al living, non avevo che la camera da letto. Le ho risposto

sorridendo:

“Ma certo…. Scusami se non lʼavevo fatto prima…”

Mi sono alzato, lʼho abbracciata nuovamente,

abbrancando le sue opulente nudità, e lʼho condotta in

camera da letto.

“Oh, ecco la tua alcova!”, ha esclamato, “chissà quante

fighe sono passate di qua!”

“Uuhhmmm …. mica tante….”, le ho risposto

minimizzando.

“Ci credo poco ….”, ha soggiunto, “….. comunque, mia

figlia sicuramente….”

“Barbara sì”, ho dovuto ammettere, “ma non credere

tanto spesso ….. sai, Barbara era tanto dolce, ma non è

che fosse così calda….”

“Ah….”, ha risposto lei aggrottando un poʼ le sopracciglia,

“questa non la sapevo ….”

Ho subito rincarato la dose:

“Certo, nulla a che vedere con sua madre …. la mamma sì

che è una che ….”

“Una che?......”, mi ha subito chiesto incuriosita.

“Una che …. sa godere e ti fa godere!”, ho spiegato

evitando definizioni troppo nette.

Ma lei non si è accontentata, mi ha incalzato:

“Dilla tutta, non fare il diplomatico!”

Ho sospirato profondo e poi lʼho sparata:

“Una che farebbe resuscitare anche un morto … una gnoccona e una troiona!”

Il volto di Rosetta si è illuminato, mi ha guardato con un

sorriso di grande soddisfazione:

“Ecco… e questa troiona non la fai accomodare nel suo

regno?”

Ciò detto, si è distesa sul mio letto a gambe larghe e,

irridendomi affettuosamente, mi ha apostrofato:

“Cosa aspetti? ….. Non mi dirai che ti è già passata la

voglia….”

Ho fatto un salto e le sono piombato addosso, facendomi

largo in mezzo a quelle coscione e introducendo subito il

mio bestione dentro quella tana calda e palpitante.

Una cavalcata favolosa, favorita dal fatto che avevo

sborrato da poco e, quindi, avevo grandi riserve di

resistenza. Affondavo dentro di lei schiacciando il mio

petto sulle sue zizzone, che sembravano fungere da

airbag. Lei mugolava di goduria senza e mi incitava senza

alcun ritegno:

“Dai, Marco, su …. che bel montone che sei! …. sì....,

così..... …. scavami dentro ….. hai una trivella al posto del

cazzo! …. che belloooo!!!.... mammamia, da quanto tempo

che non mi sono fatta scopare così!”

Ad un certo punto mi ha spinto di lato e mi è salita sopra,

a cavalcioni sopra di me. Ora il ritmo lo dava lei, facendo

ondeggiare vertiginosamente le sue tettone. Si inarcava

per farmi arrivare sino in fondo alla sua figa, poi si

riabbassava e mi faceva saggiare i suoi capezzoloni con

la mia lingua. Con le mani le palpavo le natiche, poi

risalivo con le mani lungo la schiena, per finire col

soffermarmi nuovamente tra i glutei.

Mentre con una mano tenevo allargate le natiche, ho

portato il medio alla mia bocca e lʼho inumidito. Sono

sceso col dito in mezzo alle sue chiappone ed ho

cominciato a stuzzicarle lʼano. Ripetendo lʼoperazione

poco prima fatta sul divano, le ho infilato prima uno, poi

due dita nel culo. Era ormai chiaro che stava per venire.

Sentivo la sua figa farsi sempre più avvolgente e stretta

finchè, allʼimprovviso, è sembrato si scatenasse un

terremoto. Il suo respiro si è fatto più affannoso, i suoi

urletti più incontrollati, fino a quando dapprima il culo, poi

anche la figa, hanno cominciato a pompare come mai prima di

allora avevo sentito. Stava letteralmente svenendo di

piacere. Avrei potuto tranquillamente inondarla con il mio

sperma, ma cercavo di riservarmelo per fare una cosa

che avevo sempre sognato.

Era il momento di levarle le dita dal culo. Lei si è staccata

da me e si è sdraiata esausta al mio fianco. Allora le sono

salito sopra portando il mio cazzo allʼaltezza delle sue

tettone. Lei ha capito al volo cosa desiderassi ed ha

stretto le sue enormi e morbide tettone attorno al mio

cazzo.

Il gioco però non la soddisfaceva del tutto; così,

tenendomi il cazzo con una mano, è scivolata sulle

lenzuola fino ad arrivare a mordicchiarmi lo scroto.

Intanto con lʼaltra mano mi esplorava le natiche. Ormai

anche io ero nuovamente arrivato al culmine

dellʼeccitazione. Prima le ho avvicinato di nuovo il cazzo

alla bocca, poi lʼho ripreso tra le mie mani per dargli

lʼultima strizzata e, piazzatolo nuovamente in mezzo alle

sue tettone, lʼho letteralmente inondata di sborra calda.

Dalle tette la crema è in parte colata sulla sua pancia, ma

alcuni schizzi le sono arrivati in faccia e persino sui

capelli.

Un orgasmo stratosferico. Poi esausto mi sono lasciato

andare. Eravamo entrambi sfiniti. Lei si è avvinghiata a me

e ci siamo assopiti. Ad un tratto, si è ridestata di

soprassalto e tutta agitata mi ha svegliato:

“Oddio!... ma è tardissimo ….. devo tornare a casa! … che

gli dico a mio marito se rientro dopo mezzanotte?!””

Ho riaperto a fatica gli occhi ed ho guardato allʼorologiosveglia digitale sul comodino: segnava le 11.20. 

Le ho detto sornione:

“Calma, non è ancora mezzanotte! …. mica te ne vorrai

andare così…”

Mi ha guardato di sbieco aggrottando gli occhi:

“Non sei ancora sazio!?”

“Mmmmhhh….. non so …. manca qualcosa….”, ho

esclamato con aria da innocente, cominciando però ad

accarezzarle le chiappe.

“Figlio mio, sei incontentabile!”, mi ha replicato con

evidente autocompiacimento, “si vede che hai una fame

arretrata!”

“No”, ho subito specificato, “non è la mia fame che è

inesauribile, è la pietanza che non mi dismette lʼappetito!”

Ha mostrato di gradire il mio apprezzamento e,

strusciandomisi addosso, mi ha sussurrato:

“Marco, mi hai fatto passare una serata magnifica… non

ho mai avuto un amante così appassionato …. non ho mai

goduto tanto …. sarà per via della trasgressione che si

prova andando a letto con un ragazzo molto più giovane

… sarà che sei stato il fidanzato di mia figlia… fatto sta

che mi hai fatto perdere la testa …. mi hai fatto

oltrepassare ogni limite… spero non mi giudicherai male

….”

“Giudicarti male? E perchè?”, le ho risposto con

decisione, “sei una donna fantastica, Rosetta …. il meglio

che un uomo possa desiderare …. chissà, se avessi

continuato con Barbara, ti avrei avuto come suocera … e

come suocera ti avrei potuta godere tutta la vita, senza

destare sospetti… ”

Rosetta sorrideva divertita e annuiva. Intanto continuavo

a palparle il culo e a far scorrere il dito in mezzo al canale

che divide le chiappe. La voglia mi stava tornando, il

cazzo cominciava a riprendere vigore.

Il mio messaggio era chiaro e lei non lo ha ignorato:

“Lo so che ti piace….”

“Rosetta, hai un culo da favola!”, le ho sussurrato con

voce trasognata.

Continuavo a tenerla per i fianchi, anzi avevo accentuato

le manate sulle chiappe. Lei mi implorava di comprendere

la sua ansia:

“Senti Marco, si è fatto troppo tardi …. unʼaltra volta ….

ora lasciami andare…”

Ad un certo punto le ho detto:

“Ma te la senti di andartene via lasciandomi così?....”.

E le ho mostrato il cazzo tornato in piena erezione.

Mi ha sorriso maternamente, impugnando il cazzo con la

mano e segandolo per un pò:

“Ma sei un mascalzone!.....”

Poi, senza aggiungere altro, si è inginocchiata sul letto e

si è chinata davanti mettendosi carponi ed offrendomi alla

vista tutto lo splendore del suo culo. Mi sono piazzato

dietro di lei, ho infilato le dita prima nella figona per

inumidirle, poi nellʼano per lubrificarlo un poco; poi le ho

allargato le chiappe con le mani e, con un colpo netto, le

ho schiaffato il cazzo bello duro dentro lo sfintere.

Ha emesso un urletto sgridandomi:

“Piano, piano …. così mi rompi tutta!”

Ma poi ha cominciato a roteare il culo per farmi scivolare

sino in fondo e per godere di più anche lei. Sfondarle il

culo è stato lʼultimo e più inebriante piacere di quella

incredibile serata con la mia mancata suocera. Dopo che

le ho scaricato in culo tutta la sborra residua dei miei

coglioni, sono ripiombato sul letto stremato, svuotato. Lei

si è rivestita rapidamente, si è riavvicinata al letto per

darmi un bacione in bocca e mi ha sussurrato

amorevolmente:

“Resta a letto e goditi questo momento …. io debbo

scappare …. ci sentiamo domani per telefono ….. grazie di

tutto!”

Quando ho sentito la porta di casa che si richiudeva sono

stato assalito da un piccolo moto di rimpianto. Davvero,

averla come suocera sarebbe stato fantastico!

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