Le giornate sono come una lotteria, a volte ti danno
sorprese, altre volte fregature. Quella mattina di luglio la
ruota è girata bene.
Appena dopo alzato, scendo al minimarket sotto casa a
comprare un poʼ di latticini, e chi mi trovo davanti?
Rosetta, una signora sulla cinquantina che non vedevo da
quasi due anni. Rosetta la conoscevo bene. Diversi anni
addietro sono stato fidanzato con sua figlia Barbara. Poi
la storia si è spenta e giorno dopo giorno, per quanto
abitassimo nello stesso quartiere, abbiamo smarrito
reciprocamente le nostre tracce.
Ci siamo salutati con molto calore. Del resto negli anni
trascorsi io e Rosetta avevamo simpatizzato subito.
Durante il mio fidanzamento, per via del fatto che vivevo
da solo e frequentavo piuttosto spesso la sua casa, ero
diventato per Rosetta come un altro figlio.
Le ho chiesto subito di Barbara, mi ha risposto che
ormai si era trasferita nella città dove viveva la
sorella maggiore Francesca e si era fidanzata con un
giovanotto del luogo, presto si sarebbe sposata. Le ho
allora domandato come se la passasse lei. Mi ha detto
che, oltre al marito Giovanni, le era rimasto in casa solo
lʼultimo figlio, Giorgino, che si apprestava ad affrontare la
maturità, e quindi molto presto lʼavrebbe lasciata anche
lui.
Per parlare un poʼ più tranquillamente lʼho invitata a
prendere un caffè al bar di fronte. Al tavolino del bar ha
cominciato a raccontarmi le ultime vicende familiari, mi ha
parlato delle figlie e dei nipoti, ma non ha mancato di
manifestare tutta la sua insofferenza verso il marito.
Ricordavo che non lo sopportava; non gli aveva
mai perdonato le corna che le aveva messo in passato
tradendola addirittura con la sua migliore amica; ma
soprattutto era delusa e frustrata per la precoce
inappetenza sessuale di Giovanni che, allʼet. di 60 anni,
aveva praticamente abdicato ad ogni attivit. a letto. Non
erano cose nuove per me, ma mi sorprendeva la
schiettezza confidenziale con cui lei me ne parlava.
Il tempo tra un caffè ed una sigaretta è trascorso veloce.
Ci siamo congedati, lei mi ha detto che le aveva fatto
molto piacere fare due chiacchiere con me ed ha insistito
perchè, alla prima occasione, il caffè passassi a prenderlo
da lei. Le ho promesso che me ne sarei ricordato e ci
siamo salutati.
Tornato a casa ho cominciato a riflettere su quello strano
incontro. La prima cosa che ho pensato è che Rosetta,
nonostante lʼetà non più giovanissima, era rimasta ancora
decisamente una donna interessante, ancora abbastanza
appetitosa. Non molto alta, un poʼ in carne, ma ancora
soda, soprattutto con un seno generosissimo e due
fianchi torniti e tondeggianti, tratti distintivi che
lʼaccomunavano molto alla mia ex fidanzata.
Ho lasciato passare qualche settimana finchè una mattina
mi sono deciso a farle visita. Potevano essere le 9.45, ho
suonato il campanello. Il cuore mi batteva forte. Non
rispondeva nessuno, ho pensato che probabilmente era
uscita. Stavo per andarmene quando dal citofono una
voce assonnata chiedeva chi fossi.
“Ciao, sono Marco…. passavo di qua ….. sempre valido
lʼinvito per il caffè?”
“Oh, Marco, scusa ….. ma che ore sono?”
“Quasi le 10 ….”
“Oddio ….. mi sono lasciata andare …. dai, sali!”.
Sono salito ed ho trovato la porta socchiusa.
“Permesso?”.
“Entra pure, accomodati, arrivo subito …”.
Sono entrato e sono rimasto nellʼingresso. Dopo un paio
di minuti Rosetta è arrivata, capelli un poʼ arruffati,
vestaglietta corta bianca, praticamente trasparente, sotto
la quale si poteva intravedere tutto senza molta
immaginazione, con le due tettone lasciate in balia della
gravità.
“Urca che gnoccona!”, ho pensato, e per poco non venivo
meno.
“Beh, che fai lì impalato? …. Non restare sulla porta, vieni,
vieni … tanto sei di casa….”
Rosetta mi ha fatto accomodare sul divano.
“Caffè allora?”
“…Sì, grazie… scusa la scortesia…. si può fumare?”
Mi sentivo un poʼ nervoso, quella visione inaspettata
quanto arrapante mi aveva inquietato.
”Certamente, fai pure… io intanto vado a preparare il
caffè”.
Mi sono accesa una sigaretta. Da lontano le ho chiesto:
“Fatto le ore piccole ieri sera?”
“Già, ieri sera sono andata a ballare… lo sai, quando mi
capita, ne approfitto ….. erano le 2 quando sono
rientrata”.
Ecco un altro particolare di Rosetta che mi era tornato
alla mente. Era unʼottima ballerina e ricordo che, anche
quando ero con la figlia, lei ed il marito spesso la sera ci
lasciavano soli soletti in quanto andavano a ballare.
“Certo, farai fatica a trovare un ballerino alla tua altezza…”
“Il problema non è tanto trovare il ballerino… di cavalieri .
sempre pieno… il problema è trovare quello il cui scopo
finale non sia altro che …”
“Mica ti spiacerà essere corteggiata…. sei ancora una
donna in splendida forma…”
“Uuhhmmm…. Esco di rado, ma quando vado in
discoteca per ballare, non lo faccio per rimorchiare… solo
che voi maschietti, come vedete una donna sola o
accompagnata da qualche amica, partite per la vostra
strada e pensate solo a quella cosa…”
“Come dargli torto?”, pensai tra me e me.
”In questo momento lʼultima cosa che mi interessa .
cercare un altro uomo… già quello che ho è un peso
morto… ti garantisco che dopo certe delusioni riesci a
farne tranquillamente a meno… preferisco un poʼ di
libertà per godere delle cose che più mi piacciono”.
“Forse hai ragione… comunque, se ti fa piacere, qualche
volta posso accompagnarti io a ballare…”
Unʼuscita un poʼ azzardata, della quale mi sono pentito
subito, ma mi era venuta spontanea. Per fortuna lei non
ha replicato.
Un minuto dopo Rosetta è arrivata con le tazzine del caffè e si è accomodata sul divano al mio fianco. La vicinanza di quel corpo matronale appena velato dal babydoll e ancora caldo di letto ha aumentato a dismisura la mia inquietudine.
Mentre sorseggiavamo il caffè, Rosetta ha ripreso a
parlare degli uomini e delle delusioni che aveva subito
negli ultimi tempi. Stavamo ancora parlando quando le . suonato il cellulare:
“Ciao Miriam … già finito?... beh, se vuoi puoi fermarti a
pranzo da me… no che non disturbi… sì, mi fai piacere….
dai, ti aspetto… ciao piccola.”
Era la figlia di un suo fratello, che quindi sarebbe passata
di lì a poco.
“Era la mia nipotina … passa tra una mezzʼoretta… non mi
è sembrato il caso di dirle della tua presenza”.
“Capisco”, le ho detto subito, “meglio non creare equivoci
o sospetti…”
”Bravo Marco, vedo che ci intendiamo …. sai, qui non ci
vuole nulla a far parlare le malelingue …. anche se Miriam
è una di famiglia, preferisco avere un rapporto riservato
con te ….”
Mi ha lanciato uno sguardo dolce, stringendo un poʼ gli
occhi, quasi a farmi lʼocchiolino. Poi, dopo un attimo di
pausa, ha ripreso:
“Per quanto riguarda quello che mi dicevi prima, certo
che a me farebbe piacere andare a ballare con te … ma
un conto è se ci troviamo per caso in un locale, un conto
è se ci rechiamo assieme … sai, per evitare cattive
interpretazioni …”
Non sapevo che dire, era come se mi avesse letto nel
pensiero. Anzi no, era come se mi avesse
inaspettatamente aperto una strada dentro la quale
sicuramente mi sarei buttato.
Finita la sigaretta ho capito che, per non rischiare di
incontrare la nipote, era meglio togliere il disturbo. Ma,
prima di congedarmi, Rosetta mi ha invitato a vedere
come aveva ristrutturato lʼappartamento, evitando solo di
farmi entrare nella sua camera da letto.
”Sai, non vorrei tu ti spaventassi per il disordine…”
Le ho risposto sorridendo:
“Per me non cʼè problema... io vivo quotidianamente nel
disordine …”
“Uuhhmmm ….. va bene….. allora, questa è la mia
alcova…”
Lo stile neoclassico dellʼarredamento non mi piace, ma
certo non me ne poteva fregare di meno. Ma, dʼun tratto,
Rosetta si è chinata a raccogliere un suo reggiseno
caduto a fianco del letto e la sua vestaglietta si è
sollevata mettendo in bella mostra un culo ampio e
invitante, con un piccolo tanghino bianco che si infilava
scomparendo tra le rotonde chiappe.
Ho trattenuto il respiro per frenare lʼistinto di cingerle i
fianchi e caricarla da dietro. Ma quella visione repentina
mi ha tanto scioccato che mi sono fatto accompagnare
alla porta da lei senza spiccicare parola.
“Allora ciao Marco … grazie della visita …. spero che torni
a trovarmi … magari non di sabato, perchè il venerdì sera
esco con le amiche ….. andiamo a cinema o a ballare …”
Prima di uscire ho avuto un momento di resipiscenza e mi
sono ricordato di chiederle il numero di cellulare. Lʼho
vista un poʼ sorpresa e perplessa, lʼho subito rassicurata:
“Non ti preoccupare, non ne abuserò …. Alla bisogna,
magari qualche messaggino…”
Dopo quella visita il pensiero di Rosetta è diventato un
tarlo in testa, un desiderio sempre più impellente che ho
dovuto sfogare con un paio di memorabili segoni.
Mi sono informato sulle discoteche della zona. Il venerdì
sera ce nʼera una sola che suonava il liscio. Dopo essermi
messo su e profumato come un fidanzatino, ho deciso di
farci un salto. Ma della macchina di Rosetta nel piazzale
del dancing neppure lʼombra. Forse era andata al cinema.
Mi era andata buca, ma non mi rassegnavo. Era tardi, ma
ho digitato compulsivamente un sms e glielʼho inviato:
“Ti ho cercata al Liscio dancing. Senza successo. Posso
passare domani per il caffè?”
Dopo pochi minuti mi è tornato il suo sms di risposta:
“Mi spiace, siamo andate al cinema. Domani sono fuori
casa fino alle 17. Buonanotte.”
Alle 17.30 puntualissimo ho suonato il campanello di casa
sua. Lei mi ha aperto senza neppure chiedere chi fosse.
Mi aspettava. Vista lʼora abbiamo convenuto che, forse,
uno spumantino era più adatto del caffè. Mi ha espresso
nuovamente il suo rammarico per la mia puntata a vuoto
al dancing, ma si vedeva che era contenta della prova di
attenzione da parte mia.
Tra una sigaretta e lʼaltra, ci siamo scolati la bottiglia di
prosecco. Alla fine eravamo entrambi un poʼ più sciolti.
Forse grazie allʼeffetto del prosecco le ho detto che mi
sarebbe tanto piaciuto passare la serata in sua
compagnia, magari andando a cena insieme.
“Al ristorante no”, ha puntualizzato subito lei, “daremmo
troppo nellʼocchio … se non avessi tra i piedi quel buono a
nulla di mio marito, ti preparerei io una bella cenetta qui
….”
Mi ero lanciato in una proposta un poʼ ardita, ma, visto
che lʼidea non le dispiaceva, lʼho subito riformulata:
“Potrei invitarti da me …. Certo, è un modesto bilocale ed
è tutto in disordine …. Ma passo un attimo dal cinese e la
cena la porto su bella e pronta…”
Eʼ scoppiata in una risata e mi ha fatto una piccola
carezza sulle guance:
“Che carino che sei!.... la tua gentilezza mi commuove ….
non vorrei deluderti, ma devo trovare una buona scusa
per uscire anche stasera … uuhhmmmm, fammici
pensare….”
Non le ho dato il tempo di ripensarci, sono balzato in
piedi, le ho dato un bacio sulla guancia e mi sono diretto
verso la porta dʼuscita, dicendole ad alta voce:
“Tu vedi come fare …. Io ti aspetto a casa per le 20.”
Sono volato via col cuore in subbuglio. Ho fatto un poʼ di
pulizie, ho messo in ordine al meglio possibile la mia
mansarda, mi sono fatto una doccia. Alle 19.30 sono
sceso dal cinese e gli ho ordinato una cena da asporto.
Poi sono risalito a casa e mi sono sforzato di creare
unʼatmosfera di intimità con le luci soffuse e con un poʼ di
musica new age in sottofondo.
Alle 20.15 è arrivata Rosetta. Al citofono le ho detto di
salire allʼultimo piano. Quando ha fatto ingresso nel mio
bilocale le ho fatto un inchino galante e le ho fatto
omaggio di un mazzo di rose.
“Ohibò!”, ha esclamato lei con aria frizzante, “tanta
galanteria non lʼho mai ricevuta da un uomo!”
Mi ha abbracciato e baciato sulla guancia. Ho ricambiato
e lʼho trattenuta stretta a me quei pochi secondi
necessari per sentire la morbida volumetria del suo
corpo. Rosetta si era messa su in maniera straordinaria.
Truccata e improfumata in maniera sobria ma ben
percepibile, indossava un vestito nero sotto il quale si
intravedeva un tanga nero i cui pizzi venivano messi in
risalto ogni qualvolta doveva piegarsi. Dal decolleté
tracimavano due grosse bocce che minacciavano di
esplodere da un momento allʼaltro. Aveva per lʼoccasione
indossato dei sandali molto alti neri laccati ed un collier
che faceva bella mostra di sè sul rigoglioso davanzale.
Sia le unghie delle mani che quelle dei piedi erano state
ripassate con dello smalto rosso. Una visione dʼinsieme
arrapante, inebriante.
Le ho detto di mettersi comoda e lʼho pregata di
attendermi un minuto perchè sarei sceso dal cinese a
ritirare la cena. Quando sono tornato su, lʼho trovata già
pienamente a suo agio. Si era seduta sul divano
scoprendo le coscione sino alla fascia merlettata delle
autoreggenti nere. Quella visione mi ha fatto sobbalzare il
cuore, e non solo quello.
Ho subito apparecchiato e ci siamo messi a tavola in un
clima di eccitazione crescente. Le ho chiesto che scusa si era inventata per venire a cena da me. Mi ha risposto alzando le sopracciglia:
“Alle 20 mio marito non si era ancora ritirato. Gli ho
lasciato tutto pronto in cucina e ho affisso dietro la porta
un post-it spiegandogli che era arrivata, senza preavviso,
una nostra amica dallʼestero e che avevamo organizzato
in fretta e furia una pizza…. Ma ora non parliamo di lui.
Sono qua per passare una serata diversa”.
Seduti lʼuno vicino allʼaltra abbiamo mangiato e bevuto e
scherzato in allegria, toccandoci più volte con le
ginocchia. Poi, con due calici di spumante in mano, ci
siamo accoccolati sul divano avvicinandoci sempre di più.
“Carino qui!”, ha commentato lei ad un tratto guardando
tutto intorno il mio living e aggiungendo dopo una piccola
pausa, “… certo si vede che manca la mano di una
donna!.... A proposito, non mi dirai che, dopo Barbara,
non ci hai portato nessuna qui….”
“Non ci crederai”, le ho risposto mentendo, “eppure è
proprio così …. la storia con Barbara è finita da tempo, ma
non ne sono ancora uscito del tutto …. a casa vostra mi
sentivo come un figlio”.
“Cosa vuoi dire?”, mi ha chiesto lei sorridendomi con una punta di malizia, “ …. che ti mancano le coccole di mia figlia… o le premure di sua madre?”
“Eh …. tuttʼe due”, ho risposto con eguale malizia, “… ma
forse le seconde più delle prime!”
Mi ha passato una mano dietro la nuca e mi ha attirato a
sè stampandomi un bel bacione sulla bocca:
“Che impertinente che sei! …. Non ti sapevo così
malandrino!”
Mi sono avvicinato ancora più vicino a lei e, alzando il
calice, lʼho invitata a brindare alla bella serata che ci
stavamo regalando. Abbiamo incrociato le braccia, come
fanno gli innamorati o i giovani sposi, ed abbiamo bevuto
lʼennesimo bicchiere di spumante.
Poi lei mi ha detto che sentiva la testa girare e si è
lasciata andare allʼindietro sulla spalliera del divano. Lʼho
invitata a sdraiarsi più comodamente, facendole poggiare
la testa sulle mie gambe. Mi ha lasciato fare.
Si stava creando unʼatmosfera fantastica. Ormai avevamo
entrambi capito dove ci avrebbe portato quella serata, ma
nessuno dei due sembrava avere il coraggio di affondare
il coltello. Le ho detto di chiudere gli occhi ed ho
incominciato ad accarezzarle i capelli, facendo sforzi
sovrumani per controllare i miei gesti. Ma non il cazzo che
ha cominciato a gonfiarsi dentro i pantaloni, premendo in
maniera sempre più forte sotto la sua nuca.
Ho sentito che, pur con gli occhi chiusi, sospirava e
gemeva, sotto la pressione del mio cazzo insofferente.
Non ce lʼho fatta a restare calmo ed immobile, senza che
glielo avessi ordinato le mie mani si sono mosse
cominciando ad accarezzare le tettone debordanti e poi,
in rapida successione, infilandosi dentro il decolleté fino ad
incontrare i noccioli turgidi e sporgenti dei suoi
capezzoloni scuri.
Lei ha continuato a sospirare ed a gemere ad occhi
chiusi, ma non si è opposta ai movimenti delle mie mani
che, con sempre maggiore disinvoltura, le palpavano le
tette e le strizzavano i capezzoli. Poi, mentre il mio cazzo
si inalberava premendo imperiosamente contro la sua
cervice, ha cominciato a smuovere il collo e, ad un certo
punto, ha cominciato a girarsi sul fianco sino a mettersi
completamente a pancia in giù. Quindi, senza dir nulla, con gli occhi chiusi come una sonnambula, ha cominciato a sbottonarmi la patta fino a liberarmi lʼuccellone ingrifato. Allora ha riaperto gli occhi e, con un filo di voce roca, ha esclamato:
“Oddio, poverino, come soffriva imprigionato lì dentro!”
E, senza ulteriore indugio, lʼha fatto scomparire nella sua
bocca, dando inizio ad un pompino da favola.
Sulle prime sono rimasto stralunato, sorpreso dalla
naturalezza e rapidità con cui Rosetta aveva rovesciato la
scena assumendo decisamente e disinvoltamente
lʼiniziativa. Ma poi ho superato ogni indecisione e, mentre
le sue voluttuose pompate orali mi scuotevano di brividi
lʼintero corpo, ho tirato su la sua gonna scoprendole il
culone e cominciando a smanacciarlo con bramosia. Lei
ha agevolato i movimenti delle mie mani aprendo le cosce
e consentendomi di sfilarle gli slip ed avere libero
accesso alla sua figona.
Agitando freneticamente due-tre dita lʼho masturbata per
bene e, quando ho potuto raccogliere i primi umori della
sua figa, immediatamente ho cominciato a infilare le dita
inumidite dentro lʼaltro canale posteriore, verificando
compiaciuto che il suo ano si dilatava alla mia pressione
come se non aspettasse altro.
La passione ci ha travolti e, mentre io, con due dita
interamente conficcate dentro il suo sfintere, le scaricavo
in bocca cinque-sei abbondanti fiotti di sperma gridando
di piacere, lei dimenava freneticamente tutto il suo bacino
liberando copiosi liquidi vaginali i cui rivoli colavano giù
per le cosce.
Siamo rimasti immobili per un paio di minuti, come
interamente svuotati di energia, poi lei si è sollevata
lentamente e, liberatasi della gonna, si è rimessa
cavalcioni avvicinando la sua figona pelosa e sbrodolante
alla mia bocca:
“Ora tocca a te!”, mi ha detto con occhi languidi e con
voce arrochita dal piacere.
La prima, intensa sensazione lʼho avvertita al naso per
lʼodore acre, inebriante più dellʼincenso, che la sua figa
emanava. Ma poi mi sono avventato come affamato sul
clitoride sporgente e sulle grandi labbra e, tenendola con
entrambe le mani per le sue chiappe, ho cominciato a
leccare con avidità, facendola ululare di piacere.
Eʼ venuta nuovamente ed ha irrorato di nuovi umori la mia
bocca. Dopodichè si è abbassata sedendosi sulle mie
gambe e ci siamo baciati furiosamente, scambiandoci
con le lingue gli umori precedentemente assaporati. Due
porci scatenati, che avevano represso troppo a lungo le
loro voglie!
Quando ci siamo staccati mi ha detto che aveva bisogno
di andare in bagno; le ho indicato dove andare e, mentre
lei è andata di là, ne ho approfittato per rifiatare e
riflettere compiaciuto sulla serata da sogno che lʼex mia
suocera mi stava regalando. Più facile, più sfrenata e più
gratificante di quanto avessi mai immaginato.
Quando è tornata dal bagno era tutta nuda, con le sole
autoreggenti: un vero schianto, una vera scudisciata al
mio cazzo che, difatti, ha cominciato subito a ridestarsi.
Si era rinfrescata ed aveva recuperato appieno la sua
vivacità. Mi ha detto maliziosa:
“Ma non mi mostri il resto della casa?”
Ho capito subito quel che intendeva, anche perchè, oltre
al living, non avevo che la camera da letto. Le ho risposto
sorridendo:
“Ma certo…. Scusami se non lʼavevo fatto prima…”
Mi sono alzato, lʼho abbracciata nuovamente,
abbrancando le sue opulente nudità, e lʼho condotta in
camera da letto.
“Oh, ecco la tua alcova!”, ha esclamato, “chissà quante
fighe sono passate di qua!”
“Uuhhmmm …. mica tante….”, le ho risposto
minimizzando.
“Ci credo poco ….”, ha soggiunto, “….. comunque, mia
figlia sicuramente….”
“Barbara sì”, ho dovuto ammettere, “ma non credere
tanto spesso ….. sai, Barbara era tanto dolce, ma non è
che fosse così calda….”
“Ah….”, ha risposto lei aggrottando un poʼ le sopracciglia,
“questa non la sapevo ….”
Ho subito rincarato la dose:
“Certo, nulla a che vedere con sua madre …. la mamma sì
che è una che ….”
“Una che?......”, mi ha subito chiesto incuriosita.
“Una che …. sa godere e ti fa godere!”, ho spiegato
evitando definizioni troppo nette.
Ma lei non si è accontentata, mi ha incalzato:
“Dilla tutta, non fare il diplomatico!”
Ho sospirato profondo e poi lʼho sparata:
“Una che farebbe resuscitare anche un morto … una gnoccona e una troiona!”
Il volto di Rosetta si è illuminato, mi ha guardato con un
sorriso di grande soddisfazione:
“Ecco… e questa troiona non la fai accomodare nel suo
regno?”
Ciò detto, si è distesa sul mio letto a gambe larghe e,
irridendomi affettuosamente, mi ha apostrofato:
“Cosa aspetti? ….. Non mi dirai che ti è già passata la
voglia….”
Ho fatto un salto e le sono piombato addosso, facendomi
largo in mezzo a quelle coscione e introducendo subito il
mio bestione dentro quella tana calda e palpitante.
Una cavalcata favolosa, favorita dal fatto che avevo
sborrato da poco e, quindi, avevo grandi riserve di
resistenza. Affondavo dentro di lei schiacciando il mio
petto sulle sue zizzone, che sembravano fungere da
airbag. Lei mugolava di goduria senza e mi incitava senza
alcun ritegno:
“Dai, Marco, su …. che bel montone che sei! …. sì....,
così..... …. scavami dentro ….. hai una trivella al posto del
cazzo! …. che belloooo!!!.... mammamia, da quanto tempo
che non mi sono fatta scopare così!”
Ad un certo punto mi ha spinto di lato e mi è salita sopra,
a cavalcioni sopra di me. Ora il ritmo lo dava lei, facendo
ondeggiare vertiginosamente le sue tettone. Si inarcava
per farmi arrivare sino in fondo alla sua figa, poi si
riabbassava e mi faceva saggiare i suoi capezzoloni con
la mia lingua. Con le mani le palpavo le natiche, poi
risalivo con le mani lungo la schiena, per finire col
soffermarmi nuovamente tra i glutei.
Mentre con una mano tenevo allargate le natiche, ho
portato il medio alla mia bocca e lʼho inumidito. Sono
sceso col dito in mezzo alle sue chiappone ed ho
cominciato a stuzzicarle lʼano. Ripetendo lʼoperazione
poco prima fatta sul divano, le ho infilato prima uno, poi
due dita nel culo. Era ormai chiaro che stava per venire.
Sentivo la sua figa farsi sempre più avvolgente e stretta
finchè, allʼimprovviso, è sembrato si scatenasse un
terremoto. Il suo respiro si è fatto più affannoso, i suoi
urletti più incontrollati, fino a quando dapprima il culo, poi
anche la figa, hanno cominciato a pompare come mai prima di
allora avevo sentito. Stava letteralmente svenendo di
piacere. Avrei potuto tranquillamente inondarla con il mio
sperma, ma cercavo di riservarmelo per fare una cosa
che avevo sempre sognato.
Era il momento di levarle le dita dal culo. Lei si è staccata
da me e si è sdraiata esausta al mio fianco. Allora le sono
salito sopra portando il mio cazzo allʼaltezza delle sue
tettone. Lei ha capito al volo cosa desiderassi ed ha
stretto le sue enormi e morbide tettone attorno al mio
cazzo.
Il gioco però non la soddisfaceva del tutto; così,
tenendomi il cazzo con una mano, è scivolata sulle
lenzuola fino ad arrivare a mordicchiarmi lo scroto.
Intanto con lʼaltra mano mi esplorava le natiche. Ormai
anche io ero nuovamente arrivato al culmine
dellʼeccitazione. Prima le ho avvicinato di nuovo il cazzo
alla bocca, poi lʼho ripreso tra le mie mani per dargli
lʼultima strizzata e, piazzatolo nuovamente in mezzo alle
sue tettone, lʼho letteralmente inondata di sborra calda.
Dalle tette la crema è in parte colata sulla sua pancia, ma
alcuni schizzi le sono arrivati in faccia e persino sui
capelli.
Un orgasmo stratosferico. Poi esausto mi sono lasciato
andare. Eravamo entrambi sfiniti. Lei si è avvinghiata a me
e ci siamo assopiti. Ad un tratto, si è ridestata di
soprassalto e tutta agitata mi ha svegliato:
“Oddio!... ma è tardissimo ….. devo tornare a casa! … che
gli dico a mio marito se rientro dopo mezzanotte?!””
Ho riaperto a fatica gli occhi ed ho guardato allʼorologiosveglia digitale sul comodino: segnava le 11.20.
Le ho detto sornione:
“Calma, non è ancora mezzanotte! …. mica te ne vorrai
andare così…”
Mi ha guardato di sbieco aggrottando gli occhi:
“Non sei ancora sazio!?”
“Mmmmhhh….. non so …. manca qualcosa….”, ho
esclamato con aria da innocente, cominciando però ad
accarezzarle le chiappe.
“Figlio mio, sei incontentabile!”, mi ha replicato con
evidente autocompiacimento, “si vede che hai una fame
arretrata!”
“No”, ho subito specificato, “non è la mia fame che è
inesauribile, è la pietanza che non mi dismette lʼappetito!”
Ha mostrato di gradire il mio apprezzamento e,
strusciandomisi addosso, mi ha sussurrato:
“Marco, mi hai fatto passare una serata magnifica… non
ho mai avuto un amante così appassionato …. non ho mai
goduto tanto …. sarà per via della trasgressione che si
prova andando a letto con un ragazzo molto più giovane
… sarà che sei stato il fidanzato di mia figlia… fatto sta
che mi hai fatto perdere la testa …. mi hai fatto
oltrepassare ogni limite… spero non mi giudicherai male
….”
“Giudicarti male? E perchè?”, le ho risposto con
decisione, “sei una donna fantastica, Rosetta …. il meglio
che un uomo possa desiderare …. chissà, se avessi
continuato con Barbara, ti avrei avuto come suocera … e
come suocera ti avrei potuta godere tutta la vita, senza
destare sospetti… ”
Rosetta sorrideva divertita e annuiva. Intanto continuavo
a palparle il culo e a far scorrere il dito in mezzo al canale
che divide le chiappe. La voglia mi stava tornando, il
cazzo cominciava a riprendere vigore.
Il mio messaggio era chiaro e lei non lo ha ignorato:
“Lo so che ti piace….”
“Rosetta, hai un culo da favola!”, le ho sussurrato con
voce trasognata.
Continuavo a tenerla per i fianchi, anzi avevo accentuato
le manate sulle chiappe. Lei mi implorava di comprendere
la sua ansia:
“Senti Marco, si è fatto troppo tardi …. unʼaltra volta ….
ora lasciami andare…”
Ad un certo punto le ho detto:
“Ma te la senti di andartene via lasciandomi così?....”.
E le ho mostrato il cazzo tornato in piena erezione.
Mi ha sorriso maternamente, impugnando il cazzo con la
mano e segandolo per un pò:
“Ma sei un mascalzone!.....”
Poi, senza aggiungere altro, si è inginocchiata sul letto e
si è chinata davanti mettendosi carponi ed offrendomi alla
vista tutto lo splendore del suo culo. Mi sono piazzato
dietro di lei, ho infilato le dita prima nella figona per
inumidirle, poi nellʼano per lubrificarlo un poco; poi le ho
allargato le chiappe con le mani e, con un colpo netto, le
ho schiaffato il cazzo bello duro dentro lo sfintere.
Ha emesso un urletto sgridandomi:
“Piano, piano …. così mi rompi tutta!”
Ma poi ha cominciato a roteare il culo per farmi scivolare
sino in fondo e per godere di più anche lei. Sfondarle il
culo è stato lʼultimo e più inebriante piacere di quella
incredibile serata con la mia mancata suocera. Dopo che
le ho scaricato in culo tutta la sborra residua dei miei
coglioni, sono ripiombato sul letto stremato, svuotato. Lei
si è rivestita rapidamente, si è riavvicinata al letto per
darmi un bacione in bocca e mi ha sussurrato
amorevolmente:
“Resta a letto e goditi questo momento …. io debbo
scappare …. ci sentiamo domani per telefono ….. grazie di
tutto!”
Quando ho sentito la porta di casa che si richiudeva sono
stato assalito da un piccolo moto di rimpianto. Davvero,
averla come suocera sarebbe stato fantastico!
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