L’anonima vicina – Ultima parte

Alberto era sdraiato sul sofà e scambiava messaggi su whatsapp con Enrica, i due si stavano mettendo d’accordo per l’ultimo loro incontro, ne avevano già parlato ed erano arrivati alla conclusione che facevano parte di due mondi opposti, lui con lo studio non aveva molto tempo da dedicarle, e lei avendo anche quarant’anni non poteva stare dietro a un ragazzo della metà dei suoi anni.

«Dunque la nostra ultima scopata sarà domani? Dico bene?» Scrisse Alberto.

«Si, hai capito finalmente che non possiamo andare troppo per le lunghe». Rispose Enrica.

«Certo, capisco perfettamente, ma, tu devi capire che ti scoperò come non hanno mai fatto».

«Sei bravo l’ammetto, ma non montarti troppo la testa… Ho visto cazzi migliori del tuo».

«Detto da una zoccola come te non mi tocca, anzi, ti dimostrerò il contrario». Alberto lo scrisse mettendo alla fine un emoji che fa l’occhiolino.

«Allora aspetterò domani con grande ansia». Rispose lei.

Alberto mise da parte lo smartphone e guardando l’ora si accorse che mancava davvero poco alle ventitré, perciò si lavò i denti e decise di addormentarsi. La notte fu molto turbolenta per il giovane che si trovava ad affrontare una brutta situazione, lui si stava innamorando della donna e, non accettava che l’indomani si sarebbero dati l’addio; doveva trovare una motivazione per non perdersi di vista. I pensieri non lo lasciavano dormire, dunque ne approfittò per guardare qualche video porno, accese lo smartphone che prima aveva posato sul comodino; scelse un video e si masturbò. Dopo aver finito dormì come un bambino.

Il giorno seguente non voleva perdere tempo, voleva andare da Enrica e dirgli che non le permetterà di rovinare il loro rapporto; suonò alla porta, ma, quello che si trovò di fronte fu uno scenario che mai aveva pensato.

Decine di scatoloni strapieni di oggetti della donna portarono il giovane a chiedersi cosa diamine stava accadendo.

«Enrica, cosa sta succedendo qui».

«Semplice! Trasloco».

«Non puoi farmi questo, io ho bisogno di te».

«No caro mio tu hai bisogno di una ragazza della tua età, mica un donna come me»

«Non ha importanza l’età».

«L’ha». Mentre rispondeva al ragazzo si sbottonava la camicetta.

Alberto era preso dalla vista di quei seni, che ormai su di lui avevano un effetto quasi ipnotico; posò la sua bocca sui capezzoli di lei, è come un bambino iniziò a succhiare e baciare il seno della donna. Contemporaneamente muoveva le mani sul corpo di lei, toccandole lentamente e dolcemente prima la schiena e poi le natiche sode dopo anni di allenamenti. Enrica iniziò a baciarlo su tutto il collo presa quasi da un impulso primordiale, fece persino un succhiotto cosa che non faceva oramai da diversi anni; il ragazzo era ancora preso dal seno di lei, ormai privo del reggiseno. Alberto scese molto lentamente verso l’ombelico; muovendo la lingua e simulando un cunnilingus all’ombelico, la donna apprezzava parecchio tant’è che iniziava anche a sospirare dall’eccitamento.

«Scendi più giù… » Chiese Enrica.

Alberto scese un po’ verso la vulva pelosa della donna, passò le dita tra i peli neri e ricci di lei, vi posò le labbra e ne tirò via un paio facendo sobbalzare la donna, la sua lingua passeggiava lentamente sulle grandi labbra, sentiva il sapore agrodolce, gli umori di Enrica l’avevano lubrificata alla perfezione. Un dito sfiorava il clitoride nel tempo in cui la lingua si divertiva a entrare e ispezionare la figa di lei… Il clitoride essendo una parte molto sensibile doveva prima abituarsi, dunque lo massaggiava molto lentamente, Enrica per agevolare il ragazzo alzò una gamba e la posizionò sopra una sedia, il ragazzo leccava e beveva il nettare che fuori usciva dalla vagina.

«È il momento di ricambiarti il favore». Disse la donna rossa in volto per l’eccitazione.

«Ti prego non andartene, resta qui… » Il ragazzo non finì la frase perché la donna si mise a leccargli il pene.

Anche Enrica voleva andarci piano, prese a leccare e baciare i testicoli rasati di lui; il pene iniziava a gonfiarsi e perciò la donna lo prese letteralmente in bocca e pompava lentamente, ora avanti ed ora indietro… Un ritmo che sembrava ancestrale per Alberto. Un po’ di sputo aiutò la lubrificazione in modo che Enrica non facesse male al giovane amante.

«Sei bravissima a fare pompini»

Enrica lo tolse dalla bocca e guardandolo con gli occhioni – nel frattempo che lo segava – rispose.

«Hai un bel cazzo l’ammetto, ma non posso restare qui, ne abbiamo già parlato».

«Quando mi guardi cosi, con quei occhi… Cazzo prendimelo in bocca nuovamente»

Enrica fece un breve sorriso e continuò il pompino, leccò il contorno della cappella per poi ripassare sul frenulo dando quei brividi che tanto piacciono ad Alberto. Era giunto il momento delle penetrazione; lui si mise sdraiato e si lascio cavalcare da lei, nel mentre che lo montava e saltellava sul suo pene, sentivano il divano scricchiolare sotto il loro peso. I rumori che producevano non erano dovuti soltanto al divano ma anche alle piccole urla che la donna ogni tanto emetteva, soprattutto quando Alberto metteva le mani sulle cosce di lei e la spingeva in avanti facendo cosi muovere il bacino e far godere la troia, «Puttana girati e montami al contrario», - disse il ragazzo -. Enrica lo cavalcò anche dandogli la schiena e mentre che Alberto non la vedeva decise di lasciar cadere le lacrime di dolore provocato dalla sua partenza, lei lo amava ma, non poteva dirglielo e tanto meno restare… Voleva finire in gran bellezza dunque si tolse da sopra di lui e cambiarono un altra volta la posizione; questa volta il missionario. Lei sotto e lui sopra, nel mentre che scopavano i due piangevano e provavano goduria, i piccoli urli di lei rendevano Alberto fiero del suo operato e gli davano la spinta per darci dentro, con i movimenti fulminei del bacino la fece squirtare e come se fosse una fontana lui si mise a berla, ormai sfinita ma, con un debito, ovverosia far sborrare ad Alberto. Prese per l’ultima volta in bocca il pene del giovane e mentre lo lavorava per bene per farlo venire si rese conto di una cosa… Lei non poteva farlo, non poteva lasciarlo lì da solo. Con la testa sovrappensiero non si rese conto che la sborra stava uscendo a flotti all’interno della sua bocca; scivolando verso la gola e provando il gusto dell’amore.

Finito l’amplesso i due si rivestirono e si scambiarono due parole.

«Allora vai via, mi mancherai». Disse Alberto

«Mi mancherai anche tu… Quando starai studiando e io non ti starò affianco». Rispose lei

«Cosa intendi dire?»

«Non me ne vado più… Ti amo. Non siamo più vicini anonimi».

 

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