Le avventure erotiche di Debora - 2

  • Scritto da Eliseo91 il 21/05/2020 - 12:55
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Che serata con Debora. I suoi non sarebbero rientrati prima delle undici disse la ragazza.

Feci il porco come non avevo mai fatto e lei nella sua ingenua voglia mi lasciava fare. Pensavo a come la "felicità" fosse sempre stata vicina e a portata di mano. Invece in quelle settimane senza Laura avevo avuto solo la forza di attaccarmi alla bottiglia e scolarmi alcool a tutto andare.

 

Passai ancora il pisello sulle sue labbra, la obbligai a leccarmi le palle. Passai il cazzo sulla sua faccia sporca, le misi il cazzo a contatto con le orecchie, con gli occhi, col naso.

Continuavo in loop a fare quelle maialate, non mi sentivo ancora pronto per smettere e fare quei pochi passi che separavano la casa di Debora dal mio di appartamento.

 

Ero pronto a venirle ancora addosso, il mio corpo sembrava aver prodotto più sperma in quel lasso di tempo senza una donna fissa e lei si lasciava fare. Le dissi che avrei voluto vederla bere il mio sperma, le avrei riempito un bicchiere e avrei guardato mentre buttava giù la sborra tutto d'un fiato.

Ormai eravamo talmente coinvolti in quel vortice di trasgressione che ero passato subito alle cose più estreme senza tappe intermedie. Era una specie di "tutto subito". Era giocarsi una mano a poker nella quale o si torna a casa col mondo intero o con le pezze al culo.

 

Avrebbe dovuto portarselo nel segreto dei suoi sogni il mio pisello.

Doveva sostituire l'adorazione a un Dio inesistente con quella del mio fallo eretto.

Mi baciò la punta del pisello e sempre sorridente mi chiese maliziosa di annusare le sue mutandine.

Profumavano di orgasmo, era venuta pure lei. Le leccai la figa, ci infilai pure le dita dentro e lei gemeva. Stringeva forte i pugni dal piacere. Non riesco ancora ad immaginare che piacere possa aver avuto Debora quella sera nello scoprire quei mondi segreti che per noi tutti non erano poi così segreti. Far l'amore, toccarsi, provare e dare piacere erano una cosa talmente normale che non ci si faceva più caso.

Il piacere della scoperta invece stava rendendo davvero speciale quella serata. Debora stava scoprendo un mondo che le era sempre stato precluso.

Era nata in quella famiglia disgraziata di Testimoni di Geova. Era stata obbligata a diventarlo. Non aveva scelta. I genitori le avevano dato un preciso indirizzo dal quale non poteva fuggire. Avrebbe potuto fuggire, ma con delle conseguenze.

Se si fosse rifiutata di diventare una Testimone di Geova l'avrebbero disconosciuta come figlia appena raggiunta la maggiore età. Con quella bella minaccia sulle spalle, con tutta la pressione del mondo intorno addosso aveva accettato l'idea di battezzarsi. Aveva si e no quattordici anni. Le erano state date delle regole ferree da seguire. Non poteva ribellarsi. Come avrebbe potuto ribellarsi a soli quattordici anni?

Avrebbe studiato fino al compimento di 18 anni, poi si sarebbe dedicata al servizio di Pioniera Regolare, come sua madre. In congregazione avrebbero dovuto parlare di lei come di una zelante predicatrice del regno. Nessun altro fronzolo, nessun divertimento, nessun contatto col mondo esterno a quello dei Testimoni di Geova.

Le uniche amicizie possibili erano quelle della Sala del Regno. Suo padre l'aveva menata una volta perchè si era permessa di andare a studiare Storia a casa di una compagna di classe.

Non doveva insozzarsi con quelli "del mondo". Non doveva frequentarli, non doveva stringerci amicizia. L'unico motivo per cui doveva andare a scuola era per predicare alle sue compagne di classe perchè loro come adulti non potevano contattare i minorenni. Quello doveva essere il suo unico scopo nella vita. A scuola la evitavano, era strana, asociale, evitava tutti accuratamente. Non festeggiava compleanni nè Natali, non instaurava amicizia con nessun compagno di classe. Stava talmente in disparte che lo psicologo della scuola fu costretto a chiamare i genitori perchè preoccupato della situazione in cui si era messa la ragazza.

Lo psicologo rimase scandalizzato quando il padre di Debora, venendo a scuola per parlare della situazione della figlia disse di non volere che la figlia "socializzasse" con gli altri componenti della classe. Si disse soddisfatto del fatto che Debora si fosse totalmente isolata dagli altri. Questo insegnavano i Testimoni di Geova e la ragazza lo applicava alla lettera. Questa era la vita di Debora. Isolata dal mondo, isolata da tutto quello che accadeva nel mondo circostante.

Diventata maggiorenne le cose non cambiarono, anzi peggiorarono perchè Debora aveva la consapevolezza dei diciotto anni, sapeva che nessuno poteva più obbligarla a fare quelle cose, sapeva che avrebbe potuto spezzare le catene di quella schiavitù in ogni momento, ma non ne aveva la forza. La minaccia dei genitori era sempre li ben presente nei suoi occhi. Se avesse deciso di mollare la Congregazione non le avrebbero più parlato e l'avrebbero cacciata di casa. Dove sarebbe andata povera gioia? Non aveva nessuno al di fuori della Sala del Regno. Non aveva instaurato nemmeno delle amicizie fuori dalla Congregazione quindi nessuno avrebbe potuto aiutarla. Persino il lavoro le era stato impedito.

"Sei pazza" – le disse suo padre un giorno.

"Andare a lavorare a contatto con le persone del mondo equivale gettarsi tra le braccia di Satana il Diavolo".

Suo padre era convinto di proteggerla dai problemi, invece a furia di limitare le sue scelte la stava rendendo una persona infelice e inutile.

Per guadagnarsi qualche soldino faceva i mestieri in casa delle sorelle della congregazione, oppure faceva le unghie e i capelli, sempre e solo alle sorelle della congregazione. In questa maniera anche il lato economico veniva gestito all'interno della comunità. Senza un lavoro, senza una vera e propria istruzione, senza amici al di fuori di quelli imposti dalla Sala del Regno era legata a vita ai Testimoni di Geova. Sarebbe nata e morta in quel mondo anacronistico e bigotto. L'unica occasione di poter parlare con le persone esterne alla comunità era durante la predicazione. Ma alle persone cosa interessava di rivistine o volantini? Nulla, anzi, era spesso oggetto di scherni e derisioni.

 

Guardai l'orologio. Erano le nove di sera. Da quando ero entrato in casa dei suoi genitori non avevamo più nè dato un peso nè dato un senso al tempo. Era come se tutto intorno a noi si fosse fermato, come se nulla intorno avesse più potuto scalfirci. Esistevamo solo io e lei, esistevano solo i nostri corpi che stavano recitando quella vogliosa parte da protagonisti. Il mondo intorno non faceva più paura alla ragazza, stava liberandosi di quegli schemi mentali che l'avevano tormentata per anni. Tutto stava avvenendo così in fretta, cos' repentinamente.

La mia testa era talmente assuefatta dal corpo di Debora e dalla sua erotica boccuccia che non riuscivo a pensare ad altro.

Eppure qualcosa doveva essere accaduto quel pomeriggio per trasformarla da pudica Testimone di Geova a ragazza disinibita.

Qualcosa era riuscito a smuovere quel cuore di ghiaccio. Che cosa?

Non era il tempo di far domande, non era il tempo di cercare risposte. Dovevo godermi quel lungo intenso attimo che ci stavamo reciprocamente donando.

Era li tutta per me, estasiata. Laura non si era mai mostrata così estasiata e rapita da me. Per Laura era normale far l'amore. Era normale che un uomo la toccasse. Era normale, quasi banale che un uomo cercasse di leccarle la figa, che scostasse i peli del pube e ci infilasse la lingua. Era tutto così dannatamente normale con Laura. Aveva avuto tanti uomini prima di me. Abbastanza per poter stilare una classifica di chi era più bravo e chi meno bravo a letto. Eravamo in abbastanza per fare dei "paragoni". Anche io paragonavo Laura alle altre ragazze con cui ero stato e non mi sentivo in colpa. Era normale, tutto così dannatamente normale.

Invece con Debora, in quella serata così particolare stavo nuovamente provando l'estasi di un qualcosa di diverso, qualcosa di speciale, qualcosa che appartenesse anche a me. Non era solo lei a scoprire i piaceri dell'eros, anche io stavo imparando qualcosa da questa ragazza. Era come scoprire tra le proprie mani un fiore delicato. Non ero stato particolarmente raffinato e romantico. Forse lei avrebbe necessitato di maggior tenerezza ma la serata era andata in questa maniera e Debora sembrava felice. Felice davvero e non di quella felicità ipocrita che le avevano insegnato in Sala del Regno.

Debora mi disse che avevamo ancora del tempo. Potevamo continuare a farci le coccole.

Mi alzai nuovamente in piedi, tenendola inginocchiata e col cazzo ancora duro le insegnai a fare le spagnole. Aveva due belle tettone, prese il mio cazzo tra i seni e iniziò a strofinarselo, a masturbarmelo. Che sensazione onirica vederla ancora impegnata a procurarmi piacere. Andava su e giù come una trottola, si divertiva. Si era passati dall'eccitazione al divertimento. Era come un gioco, come stare al Luna Park o sulla Playstation.

Aveva capito subito come si faceva e questo rendeva il momento da immortalare. Imparava in fretta la ragazza. Tutto ciò che le avevo fatto fare durante la serata era stato recepito ed eseguito alla perfezione.

Tenere il mio cazzo fra le sue tette era un'oasi di pace. Mi sarei addormentato così, era meglio che tenere la testa tra due cuscini. Il tempo non giocava dalla nostra parte, prima o poi i suoi genitori sarebbero rientrati e non era il caso ci trovassero a fare questi giochetti erotici in camera sua.

Doveva rimanere un nostro segreto, le promisi di non far parola con nessuno di quello che era successo. Ci scambiammo un bacio e me ne andai.

Mi ero rivestito e uscii da casa sua, feci pochi passi ed ero nel mio di appartamento. Chiusi la porta dietro di me. Che serata! Che pompino! Che storia. Era assolutamente un'esperienza da ripetere. Non era amore ma qualcosa di molto più prezioso. Un'intesa sessuale così al primo sguardo, al primo "involontario appuntamento".

"Se le Testimoni di Geova fanno questi pompini" – pensai tra me e me, "Forse è il caso che ogni tanto faccia un giro in una delle loro Sale del Regno".

 

Prima di uscire ci eravamo scambiati un'occhiata complice che faceva pregustare ad altri incontri del genere. Le lasciai il mio numero di cellulare, poteva contattarmi quando voleva. Dovevamo solo stare attenti, i suoi genitori e il suo fidanzato non avrebbero dovuto avere il sentore di qualcosa che non quadrava. Non avremmo potuto incontrarci fuori dalle mura di casa, era pericoloso. Suo padre la controllava peggio della CIA. Se lei avesse modificato le sue abitudini li avrebbe fatti insospettire e addio incontri di nascosto. Fuori da quelle quattro mura poi c'era il rischio di trovare altri componenti della sua comunità e se l'avessero vista in giro con uno come lui sarebbero andati svelti svelti ad avvisare il padre di Debora o gli altri anziani della congregazione.

Stavo per addormentarmi quando mi venne in mente la frase con cui l'avevo lasciata prima di rientrare nel mio appartamento:

  • Il tuo primo pompino è stato meraviglioso Debora. Diventerai una moglie incredibile. Se le Testimoni di Geova son tutte così brave a succhiare il cazzo, son fortunati i vostri uomini...

Era davvero bella con la faccia piena di sborra, con il mio odore sulla sua pelle, ancora più liscia e delicata. Non riuscivo a togliermi quell'immagine dagli occhi. Avevo ancora una gran voglia di fare delle porcate insieme. Dovevo masturbarmi altrimenti non sarei riuscito a prender sonno e l'indomani mi aspettava una dura giornata in ufficio. Chissà che faccia avrebbe fatto Ilaria vedendomi arrivare così pimpante. Quella donna aveva un sesto senso per certe cose. Mi avrebbe fatto un sacco di domande, magari si sarebbe ingelosita anche un pò perchè pensava di essere solo lei quella in grado di farmelo rizzare. Forse in un impeto di gelosia avrebbero riacceso la fiammella della trasgressione che aveva animato per un certo periodo le loro pause pranzo. Però non avevano mai fatto l'amore. Solo sesso orale. Per far l'amore bisognava andare oltre a quei fugaci incontri nei bagni e lei non se l'era mai sentita di tradire il marito scopando con un'altro uomo. Aveva una sua morale anche Ilaria.

 

La notte era passata abbastanza velocemente. Come si poteva dormire dopo quello che era accaduto la sera prima? L'adrenalina era ancora in punta di spilli e nervi su ogni angolo del corpo.

Avviandosi verso la stazione della Metropolitana aveva notato due Testimoni di Geova in servizio davanti l'ingresso. Una delle due era proprio Debora, l'altra era una signora un pò più vecchietta. Stavano ferme ed impalate con le riviste in mano.

Accennai un sorriso e un piccolo cenno con la mano a mò di saluto. Debora contraccambiò. Non l'aveva mai fatto. Notai che la sorella si avvicinò a Debora per chiederle qualcosa.

Intuiì la risposta, credo le disse che ero il suo vicino di casa.

 

Si fece giorno e si fece sera, e poi si fece giorno e si fece sera una volta ancora.

Il padre di Debora era rincasato come al solito tardi, presumo pure lei fosse stato tutto il giorno in predicazione.

Lo consideravo una gran testa di cazzo, posso dire tranquillamente che mi stava sulle palle. Non era simpatico, non era di buona compagnia, non aveva nemmeno un buon alito. Quando si avvicinava puzzava come le fogne di Calcutta.

Aveva quella faccia rotondetta da paffutello saccente, manco aveva finito le scuole dell'obbligo e si atteggiava a Dio in terra.

Non so per quale motivo era riuscito ad avere così tanti incarichi di prestigio nella comunità dei Testimoni di Geova. Non gli avresti dato mille lire. Non avresti mai puntato su di lui nemmeno fosse rimasto come unico rappresentante del genere umano sulla terra. Eppure quel pezzente rotondetto era un pezzo grosso della congregazione di appartenenza.

Per me, dopo quel che mi aveva raccontato Debora più che un pezzo grosso era solo un grande pezzo di merda. Aveva ridotto in schiavitù e soggiogato la propria figlia pur di mantenere lo "status" di Anziano di Congregazione.

Ci incontravamo raramente pur abitando vicini, sullo stesso pianerottolo. Di norma non mi salutava, aveva una specie di ribrezzo verso quelli che per loro erano "quelli del mondo". Era il tipico esempio di Testimone di Geova italiano, poco colto, arrogante, dispettoso, con una poco sana inclinazione al bigottismo di maniera e all'apparenza. Era talmente plastificato e artificioso da rappresentare più una macchietta da cinema di Serie B che un Anziano di congregazione o comunque una persona a cui portare rispetto. Come detto mi era sempre stato sulle palle pur avendoci avuto poco a che fare. Ricordo solo di aver sentito dai miei genitori che si presentava spesso a casa loro cercando di convincerli a convertirsi e minacciandoli di chissà quale intervendo divino nel caso non si fossero uniti ai Testimoni. Dio sarebbe sceso dai cieli e avrebbe sterminato tutti gli esseri umani disubbidienti, partendo proprio dai miei genitori. Mio padre credo l'abbia mandato affanculo, mia madre con un filo in pi ù di garbo e raffinatezza deve averlo solo invitato a non presentarsi più in casa loro con quell'arroganza e con quei modi.

La figlia era diversa. Ultimamente era diversa. Prima di conoscerla così da vicino era tale e quale ai genitori. artificiosa, plastificata, falsa come una banconota da trenta euro.

Da quando abbiamo avuto quel bellissimo incontro sessuale in casa sua i nostri rapporti sono cambiati.

Ci salutiamo. Mi correggo, mi saluta quando ci incontriamo. Prima faceva molta più fatica a rivolgermi la parola. Ogni tanto ci scriviamo pure su Whatsapp, qualche battuta, qualche meme divertente. Non mi va di chiederle come stia o cose più personali. Quelle voglio chiederle direttamente dal vivo, faccia a faccia senza l'intermediazione di un congegno elettronico.

Non è molto social Debora. I suoi genitori le hanno impedito di avere Instagram o Facebook. Sono strumenti del demonio e poi lei non è che abbia molte cose da condividere. Non fa un cazzo dalla mattina alla sera a parte predicare.

Vedo i suoi stati Whatsapp e sorrido di come siano purtroppo costretti ad un manierismo di facciata pure li. Mette gli screenshot della rivista che studiano con sottolineate alcune scritture significative oppure mette sempre delle frasi a tema biblico come se ci fosse qualcuno a controllare persino se sgarrano in quello.

Non conosco molto della loro religione, se non quello che si dice in giro di loro e qualcosina mi ha detto Debora l'altra volta riguardo alla vita tipica di un Testimone di Geova.

So che non accettano le trasfusioni di sangue e si lascerebbero morire pur di non trasgredire, so che fanno una vita monotona e non possono avere particolari vizi. Non fumano, non eccedono nel bere alcolici, non fanno uso di droghe.

Debora mi ha scritto per messaggio che fa fatica pure a star dietro alle uscite cinematografiche o musicali, l'organizzazione riempe la loro vita di attività spirituali in modo da non aver tempo di interessarsi ai divertimenti e agli svaghi.

Il cinema è vivamente sconsigliato, ci son troppi film che parlano di argomenti che van contro il credo dei Testimoni. La musica non ne parliamo, è piena di riferimenti sessuali e allusioni, può essere un veicolo che Satana utilizza per tentare le menti pure dei Testimoni di Geova.

 

Debora è sempre fidanzata, fa sempre le cose che faceva prima coi Testimoni di Geova, però ora ha sulle labbra un sorriso più sincero e compiaciuto. Anche perché da un po' di tempo ha spesso il sapore del mio sperma su quelle belle labbrone. E io desidero ardentemente continuare quel discorso sessuale che abbiamo lasciato in sospeso. Voglio davvero passare allo step successivo, voglio poter far l'amore con Debora. Mi sembra giusto anche nei suoi confronti. Non voglio che abbia un'idea sbagliata dei maschi, soprattutto di me. Se l'avessi utilizzata solo per farmi fare un pompino l'avrei trattata come un oggetto, come un tazza da cesso in cui riversare la mia sborra. No, non voglio che Debora pensi questo, non voglio che pensi che sia solo questo. Mi è piaciuto un mondo farmelo succhiare da lei ma se fossi stato alla ricerca solo di qualche soddisfazione del genere avrei chiesto a qualche collega di lavoro.

Suo padre mi guarda con sospetto. Forse pensa che io abbia una cattiva influenza su sua figlia. Ha notato che ultimamente sua figlia non si fa problemi a salutarmi se ci incrociamo. Il fatto che non sia più "invisibile" agli occhi di sua figlia deve avergli messo qualche tarlo in testa. Mi auguro solo non le controlli il telefono, se scoprisse le nostre chat verrebbe fuori un casino. Per sincerarmi di questo ho chiesto a Debora e mi ha detto che cancella le chat con me subito dopo l'ultimo messaggio, così da non aver problemi. Mi ha confermato che suo padre la controlla come e più di prima. Non che sospetti qualcosa di noi, ma essendo ossessionato da eventuali errori che potrebbe commettere la figlia vuole essere certo di aver sempre tutto sotto controllo. Di Natan ha rispetto, Natan è un leccaculo di prima categoria. Da quando è fidanzato con Debora si fa il doppio delle adunanze così sembra il massimo della spiritualità possibile. E' l'unico che ride alle battute del padre di Debora, gli sta attaccato come una cozza sta attaccata ad uno scoglio.

 

L'altra sera ho incontrato il padre di Debora in ascensore. Come son diversi lui e sua figlia. Sua figlia è un fiore delicato, una raffinata gemma dell'Olimpo, lui invece puzzava da fare schifo. Aveva l'alito fetido e un terribile odore di uova marce che proveniva dai vestiti. Era sudato come un porco.

Si vede che è stato tutto il giorno in predicazione e deve aver camminato per ore, imbacuccato come un coglione nonostante non facesse così freddo. Mi chiedevo come da una persona così rozza e sgraziata potesse esser nata una ragazza come debora, che seppur non bellissima aveva comunque un qualcosa di raffinato nelle sue fattezze.

Mi squadró da capo a piedi, prima di proferire parola.

  • Guarda che noi siamo Testimoni di Geova e rispettiamo i precetti della Bibbia. Non mi va che la tua presenza possa sviare mia figlia dalle cose spirituali importanti.

Rimanemmo in silenzio, non cercai nemmeno di rispondere. Non meritava risposta. Però avevo capito gli pesava tanto la mia presenza in quel condominio, sul suo stesso piano. Aveva notato alcuni cambiamenti nell'atteggiamento di Debora nei miei confronti. Non potendo accusare la figlia cercava di intimorire me come aveva fatto coi miei genitori quando li aveva minacciati di un intervento divino punitivo nei loro confronti se non si fossero uniti alle fila della sua Organizzazione. Che uomo meschino, che insieme di putride cellule malvage.

"Lavati" – avrei voluto dirgli – "Lavati che puzzi di ipocrisia e malvagità".

 

In compenso quasi a mezzanotte, mentre ero in piedi a guardare ancora la televisione mi arrivò un messaggio su Whatsapp proprio da Debora. Strano che fosse ancora in piedi. Strano che suo padre non si fosse accorta che era ancora sveglia.

Il messaggio recitava più o meno così:

 

"Scusa se ti scrivo a quest'ora tarda. Spero non stai dormendo. Stasera abbiamo fatto lo studio familiare, mio padre ci ha tenuto a dirmi che ritiene inopportuno anche solo che ti saluti, io sono una brava testimone di geova e voglio fare solo la volontà di geova. Devo sposarmi fra qualche mese e non devo avere distrazioni. Scusami"

 

Lessi il messaggio più volte, la sentivo preoccupata, a distanza, sentivo che quelle parole non erano sue, non erano frutto della sua testa, dei suoi pensieri.

Era come se i genitori le avessero inculcato quei pensieri e lei avesse dovuto ubbidire a "ordini superiori". Sentivo nel profondo del mio cuore che quelle parole non appartenevano a Debora. Non alla Debora che mi aveva raccontato tutto di se, non alla Debora che aveva avuto il coraggio di prendere le distanze dal proprio credo per passare una serata sessualmente esplicita, in casa sua, nella sua cameretta, con me, con quel "Luca" a cui ora stava scrivendo di non poterlo più frequentare, nemmeno salutare.

La distanza era solo un paio di pareti e porte più in là del mio appartamento. Non potevamo di certo far finta reciprocamente di non esistere.

Risposi con un "ok".

Mi rispose nuovamente, questa volta con una faccina sorridente. Contraccambiai. Rispose allora con una faccina coi cuoricini.

Non mi sembrava proprio una che non voleva distrazioni e che cerca di liquidarmi.

Le scrissi allora: "ma dimmi un po' Debora. Ma vuoi cazzo o geova? Sii sincera"

Rispose dopo nemmeno un secondo: CAZZOOOOOO.

La risposta era quantomeno inequivocabile oltre che sincera.

 

Guardai le ore, era tardi, mezzanotte. Ma volevo provocare una reazione.

"I tuoi dormono?"

Mi rispose con un pollicione su.

"Te la senti di venire da me?"

Tergiversó qualche secondo, sullo schermo di whatsapp compariva continuamente il "Debora sta scrivendo..."

Poi infine dopo qualche minuto rispose con un SI deciso.

Le barriere erano pronte ad essere abbattute, una seconda volta. Questa volta cambiava solo il campo della partita. Se la prima partita si era giocata in casa sua, questa volta la mia casa avrebbe ospitato l'incontro.

Mi infilai le ciabatte e andai verso l'anticamera, guardai dallo spioncino.

Aprii la porta di casa, sentii nel buio l'aprirsi della porta del loro appartamento. Debora uscì velocemente e senza far rumore ed entrò nel mio appartamento.

Appena entrata mi saltò al collo e cominciò a baciarmi. Era eccitata e assatanata di sesso.

Voleva il cazzo, si capiva, voleva il mio cazzo, non un cazzo qualsiasi. Mentre mi baciava il collo e mi teneva tra le sue braccia sentii il mio pisello che cominciava ad indurirsi e farsi largo e lungo sotto il pigiama. Mi stavo già eccitando.

  • Cos'è successo che mi hai mandato quel messaggio?

  • Mio padre...

  • Tuo padre? Ti ha detto qualcosa?

  • Abbiamo fatto lo studio familiare. Non sto a spiegarti cos'è, è solo che una volta alla settimana parliamo delle cose che potremmo migliorare come famiglia. E stasera indirettamente ha parlato di te Luca...

  • E cos'ha detto di me Debora? Son curioso.

  • Ci ha girato intorno ecco... lui non so se sospetta qualcosa, non sa nulla della volta scorsa... ma ha detto che per migliorare come famiglia dobbiamo stare molto attenti alle amicizie che scegliamo, a chi frequentiamo, a chi rivolgiamo parola, chi salutiamo... ha detto che potrebbero nascondersi insidie e tranelli di Satana anche semplicemente facendo amicizia con un vicino di casa...

  • Il vicino di casa sarei io ?

  • Certamente... vedi altri diavoli tentatori nel palazzo?

  • Ti confesso che la cosa mi eccita particolarmente Debora...

  • Essere un diavolo tentatore?

  • Essere il tuo diavolo tentatore...

  • La cosa eccita pure me Luca... altrimenti non sarei qui...

  • Credevi davvero al messaggio che mi hai mandato?

  • L'ho scritto solo per vedere se mi rispondevi...

  • Tuo padre è stato strano e sgarbato anche con me prima di cena, rientrando a casa siamo saliti insieme in ascensore.

  • Ah Luca. Non sapevo. Che è successo?

  • Ti confesso che era stato molto più eccitante salire in ascensore con te. Non mi sarei mai fatto toccare il pisello da tuo padre!

  • Daaai stupido! Dimmi che è successo?

  • Beh, mi ha detto che siete bravi Testimoni bla bla e che non vuole che io ti svii dalle tue cose...

  • Ah!

  • Non sapevo cosa rispondere e son stato zitto.

  • Ti ha minacciato in pratica?

  • Non so se era una minaccia o altro. Non gli ho dato peso Debora. Scusa se te lo dico ma tuo padre per me è un coglione. Spero non ti offendi

  • Mio padre è un coglione se pensa di fermarmi Luca. Voglio cominciare a decidere io della mia vita. Voglio trovare il coraggio di...

 

La portai in camera mia, non le feci finire la frase. La stavo baciando con tutta la forza che avevo in corpo.

Si tolse i pantaloni del pigiama lasciando le gambe scoperte. Non erano affusolate come quelle di un gran pezzo di figa ma erano comunque delle belle gambe eccitanti.

Ultimamente che si era messa a dieta aveva disegnato un corpicino molto più interessante e arrapante. Non nascondo che mi sentivo attratto da lei. Non facevo altro che pensare a lei. Alla nostra prima volta insieme, a tutte le volte insieme che mi avrebbe concesso.

Si levò pure il sopra del pigiama e rimase con le tette al vento di fronte a me. Come l'altra volta notai la bellezza sel suo seno. Queste enormi tette mi invogliavano istinti animali della peggior specie. Volevo affondare la mia testa tra quei comodi seni, volevo baciarle i capezzoli, leccarle il collo, tenere tra le mani quegli enormi morbidi cuscini. Già nel mio corpo si faceva avanti un'insana voglia di sborrarle addosso. Al romanticismo poetico che sprigionava quel corpo vicino a me si alternavano immagini molto più forti e libidinose.

Mi avvicinai con dolcezza a ogni centimetro del suo corpo e iniziai a massaggiarle i seni, il collo, le spalle. Lei chiudeva gli occhi e lasciava fare. Voleva farsi rapire totalmente dai miei sensi. Era mia quella sera, tutta mia. Non di Geova, non di Natan, non di suo padre. Le toccai ogni parte del corpo, lei vibrava di emozioni. Fui io a inginocchiarmi. Aveva ancora su le mutandine, un bel paio di mutandine rosa che lasciavano intravedere i peli della figa ai bordi. Misi il mio naso a contatto con le mutandine. Profumavano di buono. Spinsi il mio naso dentro le mutandine, per andare a sfiorarle le zone più eccitanti di tutto il corpo femminile. Lei sempre ad occhi chiusi si mordeva le labbra. Cazzo se le piaceva quello che stavo facendo. La feci girare su se stessa e feci lo stesso con il sedere. Dapprima le massaggiai le natiche, aveva un bel culetto sodo e rotondo, poi pian piano annusai il suo buco del culo dalle mutandine, infilando sempre la punta del mio naso in quel bellissimo spazio che nessuno le aveva ancora scoperto. Avere il suo culo ad un centimetro dal mio viso mi stava facendo eccitare a dismisura e anche Debora stava bollendo di voglia. Le dissi di toccarsi con le dita. Non l'aveva mai fatto. Nemmeno dopo che ci eravamo incontrati la prima volta. Aveva paura a masturbarsi. Era una cosa talmente lontana dal suo mondo, dalle sue abitudini. Le tolsi le mutandine con tenerezza, le sfilai dall'alto verso il basso finchè toccarono terra. Il suo sedere nudo era li davanti a me. Iniziai a massaggiarle il buco del culo con la lingua e infilarci tutta la mia faccia in quel bellissimo e morbido posto. Con la punta della lingua arrivai a toccarle i confini della figa mentre con le dita, pur essendo dietro lei arrivavo a farle un ditalino. Gemeva Debora, gemeva di piacere. Le presi una mano e la posizionai sulla sua passerina, volevo che cominciasse a toccarsi da sola, che cominciasse a scoprire i segreti del suo corpo, della sua intimità. Volevo cominciasse a masturbarsi li con me, a capire fin dove poteva arrivare quell'oasi di piacere.

Mi alzai, dovevo possederla, dovevo far l'amore con lei. Dovevamo far l'amore. Dovevamo concludere quello che la prima volta era stato solo il primo assaggio di un succulento bachetto.

La baciai in bocca, lei ci mise la lingua e mi abbracció forte. Sentivo il suo cuore palpitare. Non doveva esser semplice vivere una vita di clausura monastica, in un mondo pieno di sesso e tentazioni. Per quanto acerba e inesperta, Debora aveva idea di cosa doveva fare. L'esperienza con me l'avrebbe aiutata poi quando da lì a poco avrebbe dovuto sposarsi. Non sarebbe stata nè ingenua nè vergine la prima notte di nozze.

Mi levai i calzoni del pigiama e la maglietta. Sotto non portavo mutande. Lei era già nuda e provocante addosso al mio corpo. Il mio cazzo era lì davanti a Debora, come una mastodontica verga eretta, pronta a farsi largo tra le sue cosce.

Sorridendo le chiesi:

  • ma il tuo Geova sa cosa devi fare ora con questo bel cazzo duro?

  • Certamente Luca...

 

Sorrise e annuì. Si mise a toccarmi come nessuna aveva mai fatto. Aveva le mani calde, ferme, sicure di quel che stavan facendo. Le mani più belle che abbiano mai toccato le parti intime del mio corpo. Arrivavano a toccarmi l'anima, non solo la pelle. Debora mi stava masturbando l'anima e il cuore non solo il pisello. Anche se il pisello era contento di quelle manine che con cura di velluto lo stavan ardentemente accarezzando.

Teneva il mio cazzo con tutta la mano e andava su e giù dolcemente, poi riuscì a trovare una soluzione più comoda ed efficace usando solo tre dita. Ero in estasi.

Si abbassò a livello "pompino" ma non me lo prese in bocca, preferì mettersi il mio membro tra le tette e se lo strusciava con delicatezza. Debora aveva delle tette veramente grosse ed era cosi bello il contatto della sua pelle con la pelle del mio uccello. Le sue mani stavano lavorando così bene su di me.

Le dissi:

  • Ci si abbassa solo per due cose in genere... per pregare o per succhiare... tu cosa stai facendo in queto momento?

  • Entrambe...

Me lo prese in bocca, non riusciva a resistere a quella tentazione. Avere il mio pisello così vicino e non assaporarne la forza e il gusto. Fece giusto un paio di ciucciate, per renderlo ancora più duro ed eccitato. Volevo penetrarla e lei voleva lo stesso. Voleva provare finalmente l'emozione di far l'amore con un uomo.

La coricai sul letto e iniziai a leccarla in mezzo alle gambe.

Volevo il profumo della sua patata nelle mie narici. Volevo darle le stesse sensazioni che lei stava dando a me.

Mi misi sopra il suo corpo e infilai il mio pisello tra le cosce.

Con la punta del pisello andai a solleticarle la figa. Impazziva di voglia come non mai.

"Altro che predicare, altro che andare in sala" – pensavaDebora.

La cavalcai fin sul petto e gli ficcai ancora il cazzo in bocca. Volevo eccitarmi sempre più, volevo dominarle i sensi, volevo farla sentire parte integrante di qualcosa di più di una semplice scopata. Quella non era solo una "scopata". Era la sua prima "scopata". L'avrebbe ricordata tutta la vita.

Il contatto tra la sua bocca e il mio pisello era così eccitante. Averla li, nuda, sotto di me, a mia disposizione.

 

  • Fammi quello che vuoi – mi disse

Tornai a lambire i confini della sua passerina con il pisello, mentre con le mani le strizzavo forte i seni. Lei mi teneva le braccia e muoveva la testa all'indietro, cercando di resistere all'ondata di orgasmi e sensazioni che la stavano sommergendo.

  • Ti farà un po' male e ti uscirà del sangue. Ma non preoccuparti. La prima volta è così. Ti aiuto io Debora... tu godi e cerca di catturare l'attimo... Carpe Diem...

Mi guardó e sorrise. Si fidava di me. Sarei stato il primo uomo della sua vita sessuale. Mi sentivo in qualche modo responsabile di tutto quel che avrebbe goduto e ricordato di questa notte.

Se l'altra volta ero stato il maschio del "primo bacio" e "del primo pompino" questa notte sarei stato il primo uomo a varcare quella porta silenziosa e solenne che conduceva alle sue stanze più segrete del piacere. Come due cherubini posti all'ingresso del Giardino dell'Eden i suoi peli eran li a protezione della sacra Verginità di Debora.

Persa la verginità il peccato entrò nel mondo e con essa in Debora entrò il seme dell'orgasmo e con l'orgasmo entrò il solstizio di una nuova vita.

 

Era la prima volta che scopavo una Testimone di Geova. Non potevo contare tra le scopate il pompino dell'altra volta. Questo era davvero qualcosa di più. I nostri corpi erano un tutt'uno. Eravamo avvinghiati e sudati come un'edera rampicante. Le ero talmente dentro da poter annusare i suoi pensieri più profondi. Le ero talmente dentro da poterle descrivere ad occhi chiusi tutto quello che avevo incontrato dal portone d'entrata del suo corpo fino alla stanza più segreta della sua anima

 

Dopo aver infilato il mio cazzo nella figa iniziai a dettare un buon ritmo,anzi un ottimo ritmo.

Era pur sempre una scopata e in una scopata, perchè far l'amore è scopare non c'è spazio per romanticismo e poesia. Non c'è spazio solo per romanticismo e poesia. E' sesso, sesso con la S maiuscola e le componenti del sesso sono Cazzo e Figa principalmente. Come l'acqua a volerla scomporre chimicamente è H20 ma rimane pur sempre acqua.

 

Sulle prime Debora dovette abituarsi a quella nuova sensazione, ad avere un altro corpo dentro il suo. Le mordicchiavo i lobi delle orecchie, le faceva piacere, nel frattempo aumentai il ritmo della penetrazione, e più aumentavo il ritmo più sentivo il piacere arrivarle in testa, nella figa, tra le tette. Il cuore le scoppiava dall'emozione, era indecisa se piangere per la gioia o continuare a farsi cavalcare come una puledra indomita e innamorata.

La scopavo con dolcezza e con passione, univo le due cose perchè alla tenerezza della prima volta volevo che riuscisse ad assaporare la potenza che poteva sprigionare una notte di sesso, una potenza pari a quella di dieci bombe atomiche, lei non sentiva più il dolore e aveva iniziato a prenderci gusto. Accavalló le cosce sul mio corpo e mi strinse forte a sé, stava venendo. Io fermai il mio di orgasmo, volevo continuare a scopare, non volevo venirle subito dentro. Mi sentivo più potente di tantissime altre volte, era come se avessi una riserva di energia sessuale accumulata nel corso del tempo. Non riuscivo più a fermarmi, ero come un trapano a martello.

 

  • Ti andrebbe di darmi il culo? Le chiesi.

  • Geova non approva il sesso anale... È disgustoso...

  • Approverebbe che stai scopando con me senza essere sposati?

  • Ehm no...

  • ... allora peccato per peccato... Che dici Debora? Ti va di darmi il culo?

 

Acconsentì, il mio ragionamento l'aveva convinta. Era meglio provare subito tutto e non farsi problemi di sorta. Bocca, figa, culo, in pochissimo tempo ogni sua entrata era stata sverginata, aveva davvero saltato a piè pari tutta la gavetta, tutta la trafila, in un sol boccone era diventata una donna a tutti gli effetti.

La girai e la misi col culo in alto. La tenevo ferma sulle anche con le mani, inumidii ancora il cazzo e poi lo inserii nel suo bel culo vergine come prima avevo inserito la mia linguetta in quel bel buchino prezioso.

Il culo faceva male, non era come prenderlo nella passerina. Il buco era molto più stretto, il mio cazzo era molto duro e la penetrazione faceva male, anche se personalmente il godimento del sesso anale era molto più piacevole. Il contatto tra quelle pareti strette che frizionavano la punta del mio pisello mi avevano trasportato in mondi che nemmeno io pensavo di aver mai vissuto. Fossi morto d'infarto in quel momento non avrei avuto nulla da recriminare. Morire facendo l'amore e in questa maniera era il modo migliore per andarsene al Creatore. Io poi ero ateo quindi al massimo avrei incontrato il nulla cosmico alla mia dipartita.

Le chiesi se dovessi smettere o se potevo continuare. Mi disse di continuare e aumentai il ritmo, entravo con ancora più forza, volevo proprio sborrarle nel culo. Più la possedevo da dietro e più lei godeva, doveva trattenere le urla in gola per non svegliare i vicini, tra cui c'erano anche i suoi genitori. Io non avevo nessuna intenzione di fermarmi, finchè il mio corpo riusciva a reggere avrei continuato a sbattere le mie palle sul suo sedere. Eravamo sudati e ansimanti, intrisi di liquidi ed emozioni. Le tenevo forte la schiena per avere più slancio col bacino, sentivo la mia potenza arrivarle in testa come il rombo lancinante di un motore d'aereo durante il decollo.

Devo ammettere che scopare una vergine Testimone di Geova era un vero sballo. Pensavo di trovarmi di fronte una ragazza piena di inibizioni invece si dimostrava più aperta e disponibile delle ragazze con cui andavo solitamente.

Nessuna ad esempio mi aveva mai dato il culo alla prima scopata, e solo raramente qualcuna mi aveva spompinato o si era fatta venire in faccia al primo appuntamento. Debora non si era tirata indietro assolutamente a nessuna delle mie richieste. Le aveva soddosfatte tutte. Non si era sentita nè umiliata nè presa in giro e nemmeno trattata come un oggetto. Era un oggetto del desiderio, un complemento del nostro desiderio. Il suo corpo era un veicolo per soddisfare le voglie di entrambi, i desideri più nascosti, le perversioni più intime.

Debora aveva voglia e bisogno di sperimentare. Io avevo voglia di condurla in questa nuova vita, allontanandola dalla monotonia che l'aveva accompagnata per la prima parte della sua esistenza. Io ero per lei il Messia arrivato a salvarla dalla distruzione psicologica cui i Testimoni di Geova la stavano portando. Io, col mio carico di perdizione e tentazioni stavo per diventare l'unica ancora di salvezza di Debora.

Avevo anche un nome biblico, "Luca" se non ricordo male era uno dei quattro evangelisti. Tramite me Debora avrebbe scritto nuove pagine del suo personale vangelo, l'avrei traghettata senza paura nel mondo degli esseri umani che possono decidere della propria vita.

Da me, dal mio membro regale sarebbe sgorgata l'acqua della vita, l'acqua del piacere.

Stavo per venire, l'eccitazione era tanta.

Lei gemeva e mi chiedeva di farle più male, di sfondare il suo bel culetto. Come si era trasformata la pudica ragazza che fino a qualche giorno prima evitava pure di salutarmi. Ora mi implorava di sfondarle il culo.

Io da dietro le tenevo le anche con le mani e spingevo come uno stantuffo finché non venni, completamente, nel suo bel culo. Le avevo sborrato il sedere con maestria, era uscito un sacco di sperma.

Dove lo conservassi non ne ho idea.

 

Si era incollato un filamento bianco che collegava la punta del mio cazzo al suo buco del culo. Ne levai un pò con la mano ma aspettai fosse lei a fare il resto.

Si girò soddisfatta, anche se visibilmente stanca e a quattro zampe sul letto venne a pulirmi la sborra penzolante con la bocca. Se l'era leccata tutta con gusto.

Ebbi solo un pò di voce per chiederle:

 

  • Com'è stato far l'amore Debora?

  • E' stato emozionante Luca... una cosa fantastica.

Ancora nuda e col culo ricoperto di sudore e dei miei liquidi venne a stamparmi un bel bacio sulla bocca e ad abbracciarmi forte. Era quasi l'una di notte, come Cenerentola doveva scappar via e non farsi scoprire dai suoi rientrando nell'appartamento. Per non far rumore aveva lasciato la porta d'ingresso socchiusa.

Si rivestì in fretta, mi diede un ultimo bacio sulla guancia e quatta quatta tornò nel suo appartamento.

Guardai l'orologio alla parete. Era l'una di notte più emozionante della mia vita.

 

Quante seghe mi son sparato da quella sera pensando al corpo di Debora sotto al mio. Quanti pensieri mi si son appiccicati alle mani pensando alla sua bocca sul mio uccello. Quante seghe, quante seghe davvero, un mare primitivo di seghe ed eccitazione, tutte rivolte al faccino tenero e ingenuo di quella maliziosa porcellina che abita a pochi metri da me, su questo stesso diabolico piano di un complesso residenziale all'apparenza innocuo.

 

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