Nei tre anni intercorsi tra il mio rientro definitivo in Italia e il giorno che ho incontrato mio marito, ho avuto cinque o sei spasimanti, alcuni sposati, con i quali uscivo, trascorrevo piacevoli serate e scopavo regolarmente, senza particolari vincoli o progetti per un eventuale rapporto più solido.
Nello stesso periodo, mi sono concessa anche alcune vacanze da single. Amo il mare quasi più di me stessa, così le mie mete furono la Turchia, Capo Verde e Fuerteventura.
Com’è facile immaginarsi, quando si parla di una bellissima donna, bionda, alta, con un fisico mozzafiato, non ancora quarantenne e sola, in ognuna delle tre destinazioni conobbi degli uomini.
Il primo obiettivo delle mie vacanze era la tranquillità, il relax, la vita di mare e la lettura. Pertanto, non amando la confusione e la presenza di bambini, sceglievo sempre strutture che dai dépliant delle agenzie di viaggi venivano indicate come “adult only”, che non significa che siano luoghi per naturisti o scambisti, ma solamente che non accettano la presenza di minorenni. Ciò mi garantiva che gli ospiti fossero coppie o singoli prevalentemente miei coetanei, con i quali traevo maggior soddisfazione a conversare e ad interagire.
Gli incontri sessuali vacanzieri non sono mai stati il mio obiettivo primario, anche se, ad ogni partenza, avevo pressoché la certezza che non mi sarebbero mancate le occasioni di fare sesso con qualcuno. Anzi, mi sarei preoccupata se non fosse stato così.
Devo anche ammettere che, ogni volta, per alcuni giorni dopo il mio arrivo, agli uomini nemmeno ci pensavo, impegnata ad acclimatarmi, ad esplorare i luoghi e a godermi il totale e meritatissimo riposo.
Grazie al mio carattere solare, non avevo difficoltà a conoscere e a rapportarmi con gli altri ospiti delle strutture, trascorrendo in allegria le serate. Altre volte, dopo cena, mi sedevo al bar o in uno degli ambienti comuni dell’hotel o del villaggio e leggevo un buon libro.
Mi è capitato altrettanto spesso di trascorrere la serata conversando con qualche signora avanti con l’età, anch’esse sole o con i mariti in preda ad attacchi di sonno o di disinteresse nei loro confronti.
A prescindere dai miei programmi, ho sempre curato il mio aspetto e il mio abbigliamento, costantemente ricercato e accattivante.
Generalmente, verso la fine della prima settimana di soggiorno, iniziava a farsi sentire il desiderio sessuale che, però, non si manifestava con i classici stimoli fisici, bensì in maniera più particolare.
Tornata dalla spiaggia, dopo la consueta doccia a tutte le altre attenzioni per il mio corpo (crema idratante, trucco, smalto alle unghie e cura dei capelli), del tutto inconsciamente sceglievo di indossare qualcosa di più sexy, rispetto alle altre sere; ad esempio, un corto tubino molto aderente, oppure una minigonna con un top ricercato o vezzoso.
Anche la mia preferenza per la biancheria intima si orientava su capi di dimensioni più ridotte, con perizomini minuscoli, rispetto al consueto tanga a vita alta che normalmente prediligo per mia comodità fisica e per fattori estetici sotto gli abiti.
Dopo aver terminato la mia preparazione, nel momento in cui mi davo l’ultima guardata nello specchio a figura completa, il desiderio inconscio si trasferiva nella mente presente, così si materializzava il pensiero: “Stasera si scopa!”, sebbene non fosse ancora comparso il desiderio fisico vero e proprio.
Il “Stasera si scopa!” per me è sempre stata una certezza, quando lo decidevo. Solo un cataclisma sarebbe potuto essere un impedimento alla mia volontà. Ho sempre avuto pletore di uomini ai miei piedi e mi è sempre bastato un solo schiocco di dita per avere quello che desideravo e che avevo scelto.
Con queste mie intenzioni e agghindata in maniera così provocante, mi era sufficiente sedermi ad un tavolo, o nel divanetto del lounge a bordo piscina, per venire abbordata nel giro di pochissimi minuti.
Semmai, il mio problema era l’opposto: chi scegliere di scoparmi tra quelli che mi si presentavano?
Poteva accadere che, volendo sondare il panorama maschile disponibile, arrivavo a conversare anche con tre o quattro uomini per sera, poi capitava che il più interessante dei candidati fosse il primo, ma ormai si era dileguato o si stava intrattenendo con qualcun’altra.
Così, o rimanevo “a secco”, o dovevo accontentarmi della seconda scelta, se proprio la voglia era impellente e la soddisfazione non procrastinabile.
Una sera, durante la mia vacanza in Turchia, ero seduta ad un tavolino nei pressi della piscina del villaggio. Stavo parlando da oltre un’ora con un tipo piuttosto interessante ed ero ormai quasi sul punto di chiedergli di andare a fare una passeggiata verso qualche posto più appartato, quando, seduto al bancone del bar, vidi un tipo molto attraente.
I nostri sguardi si incrociarono e iniziò un intrigante gioco di occhiate. Ovviamente, lui diventò la mia preda prescelta, così ebbi a faticare per sbolognare il tizio che era in mia compagnia. Dovetti mutare drasticamente il mio atteggiamento, da disponibile e gioviale a freddo e distaccato.
Il poveretto fu parecchio disorientato dal mio comportamento, ma alla fine si arrese e, con la scusa di dover andare in bagno, si dileguò e non lo vidi più.
Il tizio seduto al bar indugiò un poco, così gli feci un sorriso smagliante che non lasciava spazio a dubbi sulle mie intenzioni di conoscerlo. Arrivò al mio tavolo portandomi un cocktail e si dimostrò piuttosto galante nei modi.
Mi accorsi subito che con lui non avevo molti argomenti in comune per sostenere una conversazione, e anch’egli non era certo un tipo di molte parole. Mentre cercavo di abbozzare qualche discorso, non mi ha mai risparmiato le sue insistenti occhiate alle mie splendide gambe abbronzate, lasciate scoperte fino all’indecenza dal ridottissimo tubino nero e bianco che indossavo.
Così, terminato il drink, tagliai corto e gli chiesi: “Andiamo a fare un giro?”
Appena lasciato il tavolo, lo presi per mano e mi feci seguire verso il giardino, situato dalla parte opposta della grande piscina, dove le luci erano più rade.
Giunti verso il fondo, vicino alla siepe di recinzione, approfittando della penombra, lo tirai a me e iniziai a baciarlo con trasporto. Lui ricambiò subito riempiendomi la bocca con la sua lingua.
Le nostre mani non persero tempo ad esplorarci reciprocamente, così, con la mia che gli stringeva il pacco con forza e la sua, incollata alla mia passera attraverso il sottile perizoma, proseguimmo per parecchi minuti.
Non resistetti alla voglia di masturbarlo, quindi gli slacciai i pantaloni. Non portava biancheria intima, così mi ritrovai subito in mano il suo grosso pistolone.
Lui mi infilò la mano nella mutandina e prese a sditalinarmi con una certa abilità, tanto che arrivai molto velocemente all’orgasmo. Nel frattempo, presa dal mio godimento, mi ero limitata ad impugnarglielo saldamente, senza segarlo.
Rimasi molto sorpresa quando, dopo sole tre o quattro segate profonde, lui sparò un abbondante fiotto di sperma che fui veloce ad evitare, prima che mi si impiastrasse sul vestito.
Mi chiese scusa per la precocità della sua venuta. Poi, dopo esserci ricomposti, mi disse che doveva andare e mi chiese se ci saremmo potuti rivedere dopo qualche giorno.
Accettai, ma comunque mi rimase l’interrogativo sul perché non ci saremmo potuti incontrare prima, magari la sera successiva.
Non seppi più nulla di lui per cinque giorni. Quando ne mancavano due alla mia partenza, una sera lo incontrai nuovamente nel luogo della prima volta. Come allora, aveva un atteggiamento piuttosto chiuso e non manifestava apertamente il piacere di avermi rivista.
Essendo solamente una storiella estiva, non mi importava nulla e, come la prima sera, dopo un solo drink, e qualche chiacchiera sul più e sul meno, gli chiesi molto sfacciatamente: “Camera mia o camera tua?”
Rimase piuttosto sorpreso dalla mia spudoratezza, ma uno dei suoi rari sorrisi mi fornì la risposta che speravo.
“Facciamo in camera tua, se non ti dispiace. Io sto nell’altro villaggio.” mi rispose, e compresi il perché non mi capitò mai di incontrarlo nei giorni precedenti.
“Ok. Andiamo?” Bevvi l’ultimo sorso, presi la borsetta e ci incamminammo verso la costruzione dove abitavo.
Non ci prendemmo neppure per mano e arrivammo velocemente nella mia stanza. Accesi le luci, posai la borsetta e, appena mi voltai verso di lui, si era già tolto le scarpe e si stava slacciando la camicia.
Io restai vestita com’ero e mi sdraiai nel letto su un fianco, attendendo che, rimasto completamente nudo, mi raggiungesse.
Come la volta precedente, le nostre mani furono le protagoniste della situazione. Memore dell’effetto che le mie avevano avuto sul suo uccello, non insistetti troppo nei toccamenti alle sue parti intime, mentre lui esplorava oscenamente i luoghi più reconditi della mia intimità, come neanche un marito o un fidanzato avrebbero osato fare.
Io non opposi certo riserve e gli lasciai fare proprio di tutto, compreso infilarmi due dita nella vagina e il mignolo nel buchino posteriore, mentre mi scandagliava la bocca con due dita dell’altra mano.
Dopo ben quindici giorni senza prendere un cazzo, avevo parecchia voglia di scopare, così interruppi le sue porcellate, mi tolsi le mutandine e mi impalai fino alle sue palle.
Non mi preoccupai molto del suo godimento, ad eccezione di non farlo venire troppo presto. Per il resto, lo scopai piuttosto selvaggiamente continuando a stargli sopra. Non volli concedergli il privilegio di essere lui a condurre la scopata. Intuivo che era uno stronzo e che andava bene solo per una chiavata estemporanea.
Venni in maniera molto soddisfacente, grazie anche alle sue dimensioni, ma soprattutto alla mia bravura. Quindi, volli farlo venire in fretta per togliermelo dalle palle. La sua presenza iniziava quasi a darmi fastidio.
Quando mi annunciò la sua imminente eiaculata, mi scavallai prontamente, gli impugnai il cazzo e feci in modo che la spuzzata di seme finisse tutta sul suo ventre e che non imbrattasse il mio letto.
Andò in bagno a lavarsi e, quando tornò, mi chiese se ci saremmo rivisti a Milano, informandomi che abitava in una cittadina a pochi chilometri.
Di fronte a questa sua richiesta, rimasi neutra, dandogli il mio numero di telefono.
Dopo circa una settimana dal mio rientro, un venerdì mi chiamò e mi chiese di uscire. Accettai e andammo a cena. La serata trascorse conversando come se fossimo semplici conoscenti. Quando mi riaccompagnò a casa, mi chiese: “Ti andrebbe di farmi salire?”
Quella fu l’ultima scopata che mi feci con lui, oltre ad essere stata l’ultima volta che lo incontrai. Mi chiamò quindici giorni dopo, chiedendo di rivederci. Durante la conversazione telefonica, mi rivelò di essere sposato e che, in Turchia, era in vacanza con la moglie. Al che gli dissi che non intendevo proseguire la sua frequentazione. Insistette parecchio ma fui irremovibile e, da quel momento, non seppi più nulla di lui.
Situazione diversa si verificò durante il mio soggiorno a Capo Verde. Il villaggio era prospicente ad un’immensa spiaggia, non molto frequentata a causa del vento che spirava per quasi tutta la giornata e per la pericolosità dell’oceano, perennemente agitato, con onde incessanti quanto potenti.
Gli ospiti della struttura preferivano rimanere nei pressi della piscina, attorno alla quale le sdraio erano provviste di barriere frangivento.
Essendo amante della tintarella e della tranquillità, approfittavo quotidianamente del quasi totale isolamento della battigia, rimanendo a prendere il sole e a leggere in topless, con indosso solamente un minuscolo perizoma.
Durante la giornata, era frequente che venissi abbordata da qualche ragazzone di colore a caccia di sesso e dei soldi delle turiste in cerca di forti emozioni e di cazzi dalle dimensioni spropositate.
Non sono mai stata attratta dagli uomini di colore, tantomeno dal sesso a pagamento, così ho sempre declinato qualsiasi tentazione mi venisse proposta da quei colossi d’ebano, che non esitavano a mostrarmi spudoratamente i loro attributi virili.
Trascorsi quasi tutta la vacanza da sola, ad eccezione di qualche conversazione che ebbi con alcuni ospiti della struttura.
A quattro giorni dalla partenza, al villaggio arrivò una ragazza che era stata una mia collaboratrice, quando facevo la direttrice artistica di una famosissima catena di hotel di lusso. La rincontrai molto volentieri e trascorremmo un paio di serate in compagnia, quando terminava il suo turno all’animazione.
Una sera mi informò che stava per arrivare un altro mio ex-collega, un tipo che mi era sempre piaciuto ma con il quale non ebbi alcun rapporto, al di fuori di quello professionale, per via della mia posizione di dirigente.
Non esitai a manifestarle la mia contentezza di rivederlo e a rivelarle la mia mai sopita attrazione nei confronti del tipo.
“Ci penso io a combinarti una bella seratina.” mi disse molto maliziosamente.
Infatti, al suo arrivo e informato dalla collega, venne a cercarmi e combinammo di bere qualcosa insieme nel dopo cena. La serata trascorse carinamente in tre, poi, al termine, il ragazzo mi propose di fare una gita in barca per l’indomani.
Al rientro dalla gita, mi invitò a cena in un ristorante esterno al villaggio. Ci demmo appuntamento dopo circa tre ore, quindi andai a farmi la doccia e a preparami.
Cazzo, il tipo già mi piaceva parecchio allora e, adesso, grazie anche a qualche anno di maturità in più, mi attraeva veramente in maniera smisurata, tanto che sentivo impellente la voglia di scoparmelo.
Mi preparai di tutto punto e indossai una cortissima minigonna rossa, sopra un body in cotone bianco, molto provocante, ancorché sottilissimo, che metteva in mostra i miei capezzoli ed esaltava il volume del mio seno. I sandaletti con il tacco dodici completarono il look da turista spudorata e totalmente disponibile.
Quando mi vide così agghindata, rimase stupefatto. Prendemmo una Jeep a noleggio e ci dirigemmo al vicino villaggio, dove cenammo con piatti tipici locali.
Al termine, appena risaliti in auto, non gli lasciai nemmeno il tempo di mettere in moto che lo baciai furiosamente e gli misi subito una mano sul pacco. Gli diventò duro in un istante e non si risparmiò di ricambiare le mie provocanti attenzioni, infilandomi una mano tra le cosce e pastrugnandomi la patatina con molto entusiasmo.
La mia passera impiegò pochi istanti ad allagarsi, ma avevo voglia di godermi comodamente il sesso che ci aspettava, quindi lo invitai a far rientro al nostro villaggio.
Una volta arrivati, andammo nella sua camera che, essendo una di quelle riservate al personale, era piuttosto essenziale e disadorna. Ma non me ne importò molto, dato che in quel momento mi interessava solo il letto.
Non c’era nemmeno un divano e c’era una sola sedia, così bevemmo velocemente, seduti sul letto, il drink che ci eravamo versati, quindi riprendemmo le “danze” da dove le avevamo interrotte.
Mi avventai su di lui e, in un attimo, gli tolsi pantaloni e boxer. Mentre si slacciava la camicia, avevo già il suo cazzo in bocca e lo spompinavo come una forsennata.
Quando fu completamente nudo, senza interrompere le potenti pompate che stavo somministrando al suo uccello, slacciai i gancetti del body e feci scavallare le mie gambe sopra di lui, portando la mia vulva sulla sua bocca.
Prese a leccarmela molto abilmente. Stavo colando fiumi di miele e impiegammo poco tempo a venire contemporaneamente. Mentre squirtavo come una troia sulla sua faccia, le sue palle si stavano svuotando nella mia bocca.
Mi girai verso di lui, gli mostrai quanto era piena di crema, poi la ingoiai tutta, facendo seguire un sorriso beffardo per la porcaggine che c'era in quel gesto.
Lui mi guardava estasiato con la mia passera ancora in primo piano. Presi a segarlo e recuperò subito l’erezione. Una volta girata, come mia abitudine e preferenza, mi impalai e presi a cavalcarlo per un po’.
Avevo voglia di essere scopata da lui, così mi misi sotto, divaricai le gambe più che potevo e lasciai che mi trivellasse.
Ci sapeva fare proprio bene con il pisello, e io gli feci provare tutte abilità di cui sono capace con la fica.
Certe tecniche, inevitabilmente, mi fanno percepire ancora di più l’azione del cazzo e mi portano velocemente all’orgasmo che lui mi fece sfogare, interrompendo momentaneamente la penetrazione e lasciando che la squirtata si liberasse violentemente.
Quindi, lo invitai a riprendere a scoparmi: “Vienimi dentro, riempimi tutta.” gli dissi senza alcun ritegno.
Proseguì i suoi tremendi affondi, sempre più veloci, fino a quando esplose. Sentii diverse saettate di sperma che mi arrivarono fino all’utero.
Esausti, totalmente squassati e sudati fradici, ci abbandonammo al sonno e ci svegliammo quando il sole era già alto.
Purtroppo, il giorno seguente fu anche quello della mia partenza, per cui potei solamente salutarlo, dispiaciuta di non aver avuto la possibilità di ripetere l’esperienza.
Al mio rientro, iniziò un lungo periodo di intenso lavoro e di grandi soddisfazioni professionali. Come è nella mia natura, mi dedicai ai progetti che stavo sviluppando con molto impegno di risorse fisiche e di tempo, trascurando i miei svaghi, compresi quelli sessuali.
Se, durante i due anni precedenti, scopavo almeno due o tre volte a settimana, ora me ne facevo, quando andava bene, due o tre al mese.
Nemmeno due mesi prima del giorno in cui conobbi l’uomo che sarebbe diventato mio marito, riuscii a strappare, ai miei numerosi impegni, una settimana di vacanza che trascorsi a Fuerteventura.
Avevo assoluta necessità di riposare, soprattutto la mente, e scaricare lo stress accumulato. A differenza delle volte precedenti, causa la già detta drastica riduzione della mia attività sessuale, partii con l’obiettivo di farmi anche qualche bella scopata.
La mattina del secondo giorno dal mio arrivo, mi trovavo in una magnifica spiaggia, immersa nella tranquillità più assoluta, lontana dal baccano e da inutili scocciatori.
Avevo approfittato del mio isolamento per prendere la tintarella integrale. Ad un tratto, nonostante avessi gli occhi chiusi, notai un’ombra che si frappose tra me e il sole. Socchiusi le palpebre e vidi la sagoma di un uomo ad un paio di metri da me.
Mi misi a sedere e infilai gli occhiali da sole. Il tizio aveva un fisico abbronzatissimo, asciutto e con muscoli ben disegnati. Era calvo, sbarbato e indossava anche lui occhiali da sole scuri che non mi permisero di intravvedere i suoi occhi.
Teneva le mani appoggiate ai fianchi e, guardandogliele, non potei non notare il suo ridotto slip rosso che tratteneva una dotazione virile di notevole volume.
Mi salutò e mi disse qualcosa in lingua spagnola che non compresi bene. Aveva comunque un modo di fare troppo da macho che non mi piacque, così alzai la mia barriera di distacco e freddezza, aprii il libro e feci finta di iniziare a leggere, ignorandolo completamente.
Lui stette a guardarmi per qualche secondo, poi si allontanò rassegnato.
Appena scomparve dalla mia vista, un po’ mi pentii del mio atteggiamento. Non volevo essere scortese. Inoltre, realizzai che era proprio un bel tipo e ci avrei fatto più che un pensierino.
La mattina seguente, tornai nello stesso posto. Più o meno alla medesima ora, il tipo ricomparve. Lo vidi ad una trentina di metri da me che passeggiava. Voltò lo sguardo e mi osservò per qualche istante. Approfittai per fargli un cenno di saluto e sorridergli.
Lui cambiò direzione e venne verso di me. Rinnovai il saluto che lui ricambiò, poi, quando fu più vicino, mi alzai e gli porsi la mano. Si aprì in un ampio sorriso, mostrandomi la sua dentatura perfetta e bianchissima.
Mi sentii in dovere di chiedergli scusa per il mio atteggiamento della mattina precedente, e inventai la scusa che avevo pensieri per il mio lavoro. Ci presentammo e lo invitai a sedersi vicino a me.
Trovammo subito diversi argomenti di conversazione e proseguimmo a discorrere per quasi due ore.
Mi venne voglia di fare un bagno, così lo lasciai solo per qualche minuto, quindi, tornata da lui, mi sdraiai sul mio asciugamano a pancia in giù. Lui si accomodò supino sulla sabbia e rimanemmo così, immobili e silenziosi per circa un quarto d’ora.
Nel frattempo, tenevo gli occhi socchiusi e lo sguardo fisso sul suo pacco. La voglia di appiccicarci la bocca mi stava salendo a dismisura e riflettevo su come fare ad ottenere ciò che desideravo, senza apparirgli troppo puttana.
Sebbene non avessi un granché voglia di baciarlo, decisi che qualche tenerezza di preambolo avrebbe coperto, almeno parzialmente, la mia impudicizia. Così, approfittando del fatto che aveva gli occhi chiusi, portai il mio viso sopra il suo e gli stampai un bacio sulle labbra.
Lui li aprì di scatto, poi li richiuse e io ripresi a baciarlo delicatamente, senza lingua.
Nella pausa successiva, mi sorrise e si disse molto sorpreso di essermi piaciuto. Replicai ironicamente che mi piaceva quel tanto che basta. Ripresi a baciarlo ancora ma, questa volta, non rimasi ferma con la mano e gliela misi proprio lì, stringendoglielo energicamente e iniziando a massaggiarglielo in tutte le direzioni.
Il suo pisello passò velocemente da barzotto a completamente duro ed eretto, tanto che lo slip stentava a trattenerlo. Era veramente lungo e massiccio: proprio ciò di cui avevo voglia.
Ora che avevo rotto il ghiaccio, emerse il mio lato giocoso e un po’ perfido, così interruppi le toccate e smisi di baciarlo.
“Qualcosa non va?” mi chiese.
“Va tutto bene,” risposi, “ma facciamo che ci vediamo questa sera e riprendiamo poi il discorso?”
“Ok, per me va bene. Quando e dove?”
Gli dissi il nome dell’hotel dove soggiornavo e gli diedi appuntamento dopo cena. Rimanemmo a chiacchierare ancora qualche minuto, poi si congedò.
Mangiai un panino che mi ero portata e poi mi misi a leggere o, perlomeno, ci provai, ma la mia mente ormai era tutta impegnata ad immaginare gli sviluppi della serata e a fantasticare sulle porcellate che avrei fatto con il tizio.
Tornata in hotel, mi preparai meticolosamente: volevo sorprenderlo con il mio look.
Durante la cena, friggevo dal desiderio che arrivasse l’ora dell’appuntamento e mangiai abbastanza velocemente, per non rischiare di arrivare in ritardo al nostro incontro.
Presi il caffè al bar, poi andai in bagno a verificare che il mio trucco fosse ancora in ordine. Ritoccai il rossetto che si era parzialmente rimosso durante il pasto e feci un controllo allo specchio del mio aspetto.
“Cazzo che strafiga!” esclamai mentalmente e non potei farne proprio a meno, vedendomi. Il tubino giallo limone disegnava alla perfezione il mio fisico di ballerina, con il culo a mandolino e un paio di tette né troppo piccole, né troppo sfacciate. I sandaletti tacco dodici esaltavano le mie gambe da sballo con la caviglia sottilissima e, dulcis in fundo, l’abitino era leggermente trasparente, giusto quel tanto che faceva intravedere il perizomino bianco che indossavo sotto.
“Quando ti vede, o gli prende un infarto, oppure il cazzo gli si rizza così tanto che gli trafigge la gola.” pensai, mentre uscivo dai bagni dell’hotel e mi dirigevo all’esterno.
Era già arrivato e lo vidi passeggiare ad una decina di metri dall’ingresso. Oltrepassai la porta girevole e andai verso di lui. Mi guardò distrattamente, quindi si voltò in un’altra direzione: non mi aveva riconosciuta!
Mi misi a ridere di gusto. Lui udì la mia risata e si voltò ancora verso di me, molto incuriosito.
“¡Hola Pablo!” esclamai con voce squillante, salutandolo con un cenno della mano.
Rimase letteralmente pietrificato e senza parole.
“Scusami, non ti avevo riconosciuta...” abbozzò.
“Figurati, Pablo. È comprensibile. In spiaggia mi hai vista solamente nuda, senza trucco e con i capelli arruffati dal vento e dalla salsedine…”
Lo presi per mano e ci incamminammo sul lungomare. Mi offrì un gelato che mangiammo appoggiati al parapetto che separava la passeggiata dalla spiaggia. Mi confessò che, il primo giorno, aveva pensato che fossi una delle numerose prostitute che lavorano in spiaggia, dato che riteneva piuttosto inconsueto che una bella donna come me fosse lì, da sola.
Risi per questa sua ipotesi e lo rassicurai, dicendo che svolgo tutt’altra attività, mostrandogli alcuni video dove appaio durante gli spettacoli nei quali lavoro.
Rimase nuovamente stupefatto e mi disse che ero la donna “dalle mille sorprese”.
“Vedrai quali altre sorprese ho in serbo per te, mio caro.” pensai tra me e me, sentendo nuovamente salirmi pressante la voglia del suo cazzone.
Intanto continuavamo a passeggiare e non potei fare a meno di notare il suo orgoglio a tenere per mano una stragnocca come me.
Arrivammo in una zona un po’ più tranquilla e non persi tempo. Lo feci appoggiare ad una palma e iniziai a baciarlo appassionatamente.
Sentivo la sue forti mani scorrermi sulla schiena e poi scendere fino alla parte alta dei miei glutei. Mi appoggiai a lui completamente e percepii la sua prepotente erezione. Ormai la mia mente era partita per lo spazio, così, misi da parte ogni pudore e gli dissi: “Ho voglia di te. Andiamo in camera mia.”
Si staccò e facemmo ritorno al mio hotel. Mentre gli davo le spalle premendo il pulsante dell’ascensore, mi abbracciò da dietro e mi baciò sul collo e sulla nuca, stringendomi le tette a piene mani.
Appena entrati in camera, ebbi giusto il tempo di posare la borsetta, poi mi prese per i fianchi, mi alzò di peso e mi fece volare sul letto a gambe per aria. In un battibaleno, mi ritrovai il suo viso tra le cosce e la sua lingua che quasi mi strappava le mutandine, tanta era la forza che le imprimeva per assaporare il più possibile la mia fica, già completamente sbocciata e avida di ricevere le sue oscene attenzioni.
Gli tenevo le mani sulla testa e gliela premevo contro al mio sesso. Intanto, muovevo il bacino e assecondavo la sua bocca che mi esplorava ovunque.
Appena si fermò per riprendere fiato, mi tolsi velocemente tutto ciò che avevo indosso e così fece anche lui. Rimasti nudi, fiondai la mia bocca sul suo pistolone e presi a fargli uno dei pompini più potenti che si possano immaginare.
Dopo aver saziato per bene la mia bocca, recuperai dal cassetto del comodino due preservativi. Ne spacchettai uno e glielo infilai velocemente, quindi saltai sopra a quella colonna di carne e mi ci impalai per tutta la sua lunghezza.
Iniziai a cavalcarlo come una dannata, mettendo in atto tutte le tecniche da grandissima chiavatrice che conoscevo. Penso che in quel momento stesse pensando che ero una troia inimmaginabile, oppure che era un bel pezzo che non mi prendevo un cazzo.
“Buona la seconda.” gli avrei risposto, sebbene, in quel momento, anche la prima ipotesi mi calzava a pennello. Mi sentivo veramente una grandissima troia e ciò mi faceva stare bene, sia fisicamente che mentalmente, perché ero una donna libera di esprimere la mia sessualità e, fortunatamente, non avevo retaggi culturali e morali che me lo impedissero o che mi imponessero dei limiti.
La potenza dei miei muscoli pelvici non risparmiò nemmeno lui che, dopo una decina di minuti di cavalcata, si arrese e mi annunciò la sua imminente sborrata. Avrei scommesso che sarebbe durato un po’ più a lungo, ma comunque non mi dispiacque sentirglielo dire.
“Hai visto quanto sono brava, oltre che bella?” pensai, aumentando ancor di più la velocità e la potenza della scopata. L’ulteriore irrigidimento del suo pistone precedette di qualche istante le spruzzate di calda e densa crema che sentivo espandersi dentro di me, mentre il serbatoio del condom si riempiva.
Questa meravigliosa sensazione fece raggiungere l’orgasmo anche a me, molto intenso e squassante, tanto che dovetti piegarmi in avanti e appoggiarmi sul suo petto per lasciarlo sfogare liberamente.
Appena mi ripresi, sentii ancora il suo cazzo duro e ben piantato nella mia vagina. Me lo sfilai e lui si tolse il preservativo che presi dalla sua mano e portai davanti agli occhi per constatare quanto fosse pieno.
Gli feci un sorriso da vera porca. Lui ne prese un altro, se lo mise, mi fece mettere sdraiata a gambe divaricate e, in un nanosecondo, mi ritrovai nuovamente piena di cazzo.
“Che toro!” esclamai. Lui, pieno di orgoglio, ci diede dentro martellandomi con ancora più energia, tanto che sperai che il letto reggesse la potenza delle oscillazioni che scaturivano dopo ogni affondo.
Nella mezz’ora successiva, lo presi senza sosta in diverse posizioni. Il tipo ora sembrava avere una resistenza inesauribile, finché non raggiunsi il mio secondo orgasmo che mi fu donato mentre ero alla pecorina, aggrappata alle lenzuola e con un lembo del cuscino stretto tra i denti.
La mia povera passerina iniziava a risentire di tutte le sollecitazioni che aveva dovuto sopportare, così decisi di farlo sborrare nella mia bocca. Lo feci sdraiare, gli tolsi il condom e sperimentò nuovamente le mie arti fellatorie per alcuni minuti.
“Vuoi che ti avvisi?” mi chiese, e io, senza togliere il cazzo dalla stretta delle mie labbra, feci cenno di no con la testa.
La saporita e abbondante incremata non tardò a riempirmi la bocca. Lo lasciai svuotarsi completamente, poi feci colare lungo l’asta quanto non ero riuscita ad ingoiare.
Lo guardai dritto negli occhi, mi tolsi il randello dalla bocca e gli sorrisi. Questa volta non mi limitai a pensarlo e glielo dissi: “Ma tu, l’hai mai incontrata una donna più porca di me?”
Rise dicendo: “Sicuramente, mai prima e mai dopo di te!”
Contenta dalla risposta, presi a pulirgli meticolosamente il pisello e ad ingoiare quanto rimasto.
Ci demmo entrambi una ripulita in bagno. Recuperai un paio di bottigliette mignon di liquore dal frigo bar e rimanemmo nudi sul letto a sorseggiarlo. Dopo tanto divertimento, mi diede la notizia che quello era il suo ultimo giorno di vacanza e che l’indomani, in mattinata, avrebbe preso l’aereo per far ritorno a Madrid.
“Peccato,” replicai con voce dispiaciuta, “un paio di altre serate a scopare con te le avrei trascorse molto volentieri.”
Fu molto compiaciuto dalla mia affermazione, mi baciò e prese a rivestirsi. Quando ci salutammo, mi confessò che, ovviamente, aveva apprezzato molto il sesso fatto con me, ma aveva anche capito che sono una donna con un animo molto intrigante e misterioso, e questa era la cosa che più lo aveva eccitato.
Il sesso con Pablo fu per me molto soddisfacente, tant’è che mi lasciò appagata anche per i restanti giorni della mia vacanza, permettendomi di godermi il relax più completo e il pieno recupero delle energie che mi sarebbe servito per riprendere il mio lavoro.
Rientrata a Milano, nella segreteria telefonica trovai numerosi messaggi dei miei vari spasimanti, che mi chiedevano di vederci e uscire per qualche serata che, immancabilmente, si sarebbe conclusa a casa mia con una scopata.
In quel momento, realizzai che ero stanca di quella vita, passata a svolazzare da un fiore all’altro. Così, feci finta di niente e non risposi a nessuno di quei messaggi, confidando nel destino che mi avrebbe portato qualche bella sorpresa.
La mia fiducia non fu mal riposta: infatti, neanche due mesi dopo, conobbi Manuel e, per i successivi undici anni, il suo fu l’unico pistolone che presi, per almeno milleduecento, o millequattrocento volte, fino alla famosa serata sull’isola di Kos, quando, per la prima volta, mi confessò il suo desiderio di vedermi scopare con un altro uomo, proprio come se fossi stata ancora una single in vacanza.
A quella trasgressione che gli concessi, ne seguirono molte altre, con una cadenza che si fece sempre più frequente, man mano che passarono gli anni.
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Protagonisti di questo racconto sono Monica e suo marito Manuel. Potete trovarne molti altri con le loro bollenti avventure erotiche e cuckold nell'e-book “UNA MOGLIE INDECENTE” di Monica e Manuel Drake, disponibile su Amazon: clicca qui
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Attenzione: per i temi trattati e i contenuti sessualmente espliciti, le descrizioni e il linguaggio senza censura, questo libro è severamente vietato ai minori di 18 anni.
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