L’uomo si mise a spingere sempre più forte.
«Si …Vengo!»
Urlò e una copiosa sborrata riempì il preservativo. Rimase alcuni attimi sopra di lei e poi tornò a sedersi sul suo sedile, prese un fazzolettino e si pulì.
«Michelle sei una scopata fantastica, le 100 mila lire meglio spese.»
Lei si pulì e si rimise a posto la gonna, si girò verso il finestrino, fuori era già notte, lui mise in moto la macchina e si avviò verso il paese, aveva appena consumato la sua marchetta.
«Sabato io e alcuni amici facciamo una cenetta, ci piacerebbe che ci fossi anche tu, ti pagheremo la solita cifra, saremo solo cinque o sei persone non di più, quelli che tu già conosci.»
Propose lui.
«Non lo so, ci devo pensare.»
Rispose lei.
«Va bene, pensaci, fai a tempo a dirmelo anche venerdì.»
La macchina si fermò al solito posto all’inizio del paese, lei scese e tornò a casa. Entrò, suo marito non c’era, meglio, si spogliò fece una doccia, mangiò qualche cosa e poi andò a letto. Era stanca, doveva pensare, voleva divorziare, ma le servivano i soldi, e il sistema più veloce per farli era quello. Era nata in Francia, aveva un fratello più grande di dieci anni che si era arruolato nella Legione Straniera, era sempre in giro per il mondo. I suoi genitori, la madre insegnante ed il padre impiegato comunale avevano riversato tutto il loro affetto su di lei soffocando tutta la sua libertà, ma lei tenace e caparbia continuava a fare di testa sua, anche quando le scelte erano sbagliate e aveva pagato sempre per i suoi errori, anche a caro prezzo. Come quella volta che a diciassette anni decise che a sverginarla doveva essere Gaston il migliore amico di suo padre. Gaston era un signore simpatico, all’epoca aveva circa quaranta anni, era sempre molto gentile con lei, era magro, e con due baffi nerissimi e lunghi. Era sposato con una moglie antipatica grassa e arrogante, lei tanto fece e tanto disse che alla fine finì con lui nel letto. Fu dolcissimo, le accarezzò il corpo, la fece eccitare, le leccò la passerina fino a farle provare il primo orgasmo. Lei fino a quel momento di sesso ne aveva fatto poco, o nulla, se si escludono un paio di seghe a due compagni di scuola e un mezzo pompino interrotto dall’arrivo dei genitori del ragazzo. Gaston la fece eccitare tantissimo, poi le salì sopra e ad eccezione di un breve dolore la sverginò in maniera esemplare, lei godette tantissimo, e quando fu sul punto di sborrare lo tirò fuori e messa una mano dietro la testa di lei gli mise il cazzo in bocca.
«Succhia e bevi! Manda giù che è buona e ti fa bene!»
Disse e lei si mise ad obbedire con molto piacere.
La sborrata gli arrivò direttamente in gola, era buona davvero, quanto al fare bene lei non importava a cosa facesse bene. Finito lui restò ancora un po’ a coccolarla, quando stava per rivestirsi la moglie grassona irruppe nella camera dette una fortissima ombrellata a lui e prese a sonore sberle lei, che se non era per lo schiamazzo che fece arrivare gente l’avrebbe ammazzata di botte. Dopo quel casino i suoi non la persero di vista un solo momento. Poi venne in Italia per studiare lingue, e nei primi due anni più che studiarla la lingua la “usò” e per una ragazza di quasi venti anni quella sbornia di libertà dette quasi alla testa. Parecchi “uccelli“ trovarono accoglienza dentro la covina calda in mezzo alle sue cosce, o irrorarono le corde vocali con copiose spremute di cazzo. Poi fece l’ennesima scelta sbagliata, andò a letto con un giovane professore dell’università che lei frequentava. Era bello come un dio greco, moro capelli ricci, occhi neri e profondi, lei lo ammazzava di sesso, a qualunque ora, in qualunque posto andava bene. Ma il dio greco aveva una cagnetta a cui non piaceva che un’altra le rubasse l’osso, e li sorprese insieme.
«Scegli, disse o me o questa puttana francese.»
Il verme non esitò un secondo, poi che la moglie era la figlia del rettore Michelle fu elegantemente espulsa. Demoralizzata e delusa decise di andare a trovare Carla una sua compagna di stanza che si era laureata l’anno prima, e con la quale avevano fatto certe seratine di tutto rispetto. Abitava lungo la costa Toscana e quando la vide le fece un sacco feste. La ospitò e la terza sera che era lì conobbe il fidanzato di lei e un suo caro amico di nome Paolo. Entrambi si erano appena congedati dalla marina, e avevano trovato subito lavoro nella neonata compagnia marittima che collegava il continente alle isole. Paolo partì al volo per lei, perse letteralmente la testa, tanto che solo dopo sei mesi volle sposarla. Lei non era proprio innamorata, era carino dolce simpatico, ma quando i suoi genitori si rifiutarono di venire dalla Francia al matrimonio lei la prese come una sfida e lo sposò. L’anno dopo ebbe Luca. Uno splendido maschietto, che fu subito la gioia dei suoi suoceri, due persone miti tranquille che vivevano in un piccolo podere dell’entroterra. Dopo la nascita di Luca la sua vita matrimoniale cambiò, lui divenne geloso, irascibile, violento e cominciò a bere. Spesso veniva a casa ubriaco, poi iniziò a fare le tratte lunghe, e restava lontano per giorni, quando tornava lei doveva avergli preparato i vestiti puliti per ripartire altrimenti giù botte e insulti.
«Sei una sfaticata buona a nulla, sei una pena.»
Queste erano le cose più “dolci “che le diceva quando era quasi ubriaco. Una volta aveva trovato del rossetto su una camicia, solo per aver chiesto di chi era, le era piovuto addosso una scarica di insulti e schiaffi da farle passare la voglia per sempre. I suoi suoceri vedendo che le cose non funzionavano si erano offerti di tenere il piccolo Luca con loro e gli fecero una proposta.
«Qui al paese c’è l’asilo, a noi fa compagnia e tu puoi trovarti un lavoro.»
I soldi erano pochi, poi lui molti ne beveva o spendeva per andare a puttane giù al porto.
«Loro si, che sanno scopare altro che te!»
Le diceva. Per questo anche se a malincuore accettò, tanto poteva andare a trovarlo quando voleva, c’era un comodo servizio di bus che collegava i due paesi. Un giorno mentre faceva la fila dal medico per fare la ricetta per la pillola anticoncezionale conobbe una strana signora, che quando sentì il suo accento francese ne fu subito felice, era la vedova di un ufficiale francese, aveva vissuto tanti anni in quella terra, ma alla morte di lui era dovuta tornare per amministrare una bella tenuta che stava dietro la sua splendida villa. La signora Tina contenta le offrì un lavoro, essere la sua dama di compagnia, i soldi non le mancavano e lei si sentiva sola, sentir parlare francese le piaceva molto. Aveva un nipote, ma solo al pomeriggio era in casa, e spesso il sabato andava a ballare e così lei dormiva alla villa.
«Ti sarai trovato un bastardo che ti scopa.»
Fu il commento di Paolo ma poi non aggiunse altro. Così lei prese a fare questo lavoro, e dentro di se si disse: devo guadagnare dei soldi se voglio divorziare, altrimenti lo ammazzo. Circa tre mesi dopo mentre curiosava in un mercatino conobbe Alfio, uno scapolo trentenne che faceva il commerciante, aveva un super mercato che gestiva insieme al fratello e la cognata e cominciò subito a fare una corte tremenda. Provò con ogni mezzo, ma lei non mollava. Dai le diceva vediamoci una mattina, no, devo lavorare, e allora lui un pomeriggio che era andato ad attenderla all’uscita del lavoro le disse:
«Se non vuoi farlo per amore fallo per soldi.»
“Come?”
Chiese lei
«Se io ti pago per te sarà come se avessi lavorato per me, darmi piacere sarà il tuo lavoro, e io ti pago.»
«A si? E quanto la pagheresti una come me?»
Chiese in tono di sfida. Lui la guardò bene, aveva venticinque anni era un pezzo di figa da paura.
«100 mila lire, si 100 mila lire le vali tutte.»
Lei ci pensò su un momento. 100 mila lire a lei ci volevano due settimane per guadagnarle e allora disse:
«Va bene accetto!»
Lui non batte ciglio, aprì il portafoglio e cavò in pezzo da 100. La portò nella pineta in riva al mare e prima si fece fare un bocchino, non ci volle molto a farlo venire, ingoio tutto e quasi subito gli tornò duro, prese un preservativo, poi inizio a scoparla, lei era da tanto che non lo faceva che prese a godere, lui ne rimase entusiasta, non capita mica sempre che la puttana che scopi gode quella fu la sua prima marchetta. Lui divenne un suo cliente fisso. Tutti i lunedì pomeriggio la prendeva e se la scopava di gusto, bocchino e scopata 100 mila. Discretamente gli fece conoscere anche altri cinque fidati clienti, così lei si faceva le sue due o tre scopate alla settimana, e il suo gruzzolo cominciò a salire abbastanza in fretta. I sei clienti erano tutte persone facoltose, in genere molto gentili, tranne uno che veniva in città una volta al mese per affari con Alfio. Si chiamava Giovanni, ma tutti lo chiamavano Vanni. Era rude, per lui le donne erano tutte puttane, con lui la marchetta era sempre dura, a volte gli faceva prima un bocchino, e allora quando la scopava lei lo incitava dicendo:
«Si, dai, sei un vero toro, mi sfondi dai…»
Questo lo eccitava al massimo e allora veniva presto, ma quando era il contrario allora farlo venire di bocca era più dura. Certo, seicento mila lire erano tante, aveva già circa 800 mila da parte, con quelli si avvicinava la possibilità di lasciare quel bastardo di marito. Si addormentò con questo pensiero. Paolo tornò il giovedì. Per prima cose le assestò due schiaffoni perche lei gli aveva chiesto dove era stato, poi la insultò, dicendole, che non valeva niente, lui la teneva solo per domestica e basta! E come tale non doveva rompere il cazzo, altrimenti l’avrebbe battuta a dovere.
«Poi io faccio quello che mi pare, anzi, ora ti faccio vedere io come si tratta una come te.»
La spinse contro il muro, le strappò le mutandine e senza alcun preliminare le piantò il cazzo dentro brutalmente. Fortunatamente era tanto eccitato e quasi ubriaco che venne quasi subito.
«Vedi non sei neanche capace di far divertire un maschio.»
Prese la sua roba e andò via. Lei passò il giorno dopo al negozio di Alfio, ne attirò l’attenzione, comperò una cosa banale e uscì. Il pomeriggio lui era ad aspettarla.
«Allora vieni?»
«Si ma dove andiamo?»
«In un casale in alta Lunigiana, lì non ti conosce nessuno.»
«Va bene, ma voglio una camera, e quando dico pausa nessuno deve rompere, e soldi alla mano.»
«Passo a prenderti alle 19.00, cerca di essere puntuale che dobbiamo fare un po’ di strada.»
La sera dopo si preparò con cura, mise le calze autoreggenti, una gonna comoda, una camicetta trasparente, questo li faceva arrapare di più e niente biancheria intima, ne sopra, ne sotto, tanto non serviva, lieve trucco e un impermeabile grigio completò il tutto. Lui fu puntualissimo. Partirono, lei si mise a guardare fuori dal finestrino, il panorama scorreva veloce, i suoi pensieri andavano lontano, aveva voglia di tornare in Francia, voleva rivedere Nadine, la sua amica del cuore, ne avevano combinate insieme lei e Nadine, l’amica le mancava da morire. Dopo circa un’ora arrivarono. Lei scendendo dalla macchina vide che nel parcheggio c’erano troppe macchine, ebbe un sospetto, lui la portò dentro, dove fu accolta da una vera ovazione.
«Merde … O cazzo! Ma quanti sono?»
Si voltò verso Alfio, ma la mano di Vanni sul culo la fece quasi sobbalzare.
«Vieni.»
Disse, spingendola dentro una camera.
«Quello è il bagno, e spogliati che io sono il primo.»
Altra scelta sbagliata, non sapeva come uscirne. Lui non le dette tanto tempo di riflettere, le dette i soldi e le piantò il cazzo in bocca.
«Succhia!»
Lei ebbe solo il tempo di togliersi l’impermeabile e subito lui le prese la testa con tutte e due le mani, la teneva ferma e spingeva il cazzo sempre più dentro la gola quasi soffocarla. Venne direttamente in gola. Lei ingoiò tutto, poi ebbe solo il tempo di prendere un preservativo e metterglielo che lui la spinse sul letto, le salì sopra e la scopò con molta foga, fortunatamente venne dopo poco. Si alzò e con un tovagliolo si levò il preservativo e uscendo le disse:
«Buon lavoro!»
Subito fu sostituito da un altro. Il secondo finì presto, poi un terzo, un quarto, ecc… Al nono si presentò un ragazzetto giovane, quando fu dentro gli chiese:
«Signora la prego mi faccia fare bella figura, altrimenti quelli fuori mi sfottono.»
Lei lo guardò, gli faceva tenerezza, si mise seduta sul letto con le gambe a terra, lo fece avvicinare gli tirò fuori il giovane cazzo. Non era ancora finito di formarsi, ma già prometteva bene, era eccitatissimo, tanto che appena lei lo toccò venne subito. Rosso di vergogna prese un tovagliolo e si pulì.
«Vieni qui.»
Disse lei. Lo fece distendere sul letto, poi gli fece un mezzo pompino e subito gli tornò duro, gli mise il preservativo e lo fece salire sopra lei. In un attimo fu dentro, allora prese a muoversi come in forsennato, pompava avanti e indietro velocemente.
«Piano, fai piano!»
Ma lui non la sentiva nemmeno, allora inarcò le gambe, sollevò il bacino e lui al maggior contatto schizzò subito. Saltò giù dal letto con in una mano il cazzo con ancora il preservativo e nell’altra i pantaloni.
«Ce l’ho fatta, ce l’ho fatta! Ho scopato!»
Uscendo fu accolto da una vera ovazione, subito dopo entrò un ‘altro, mise i soldi e disse:
«Succhia.»
Lei eseguì e quando fu per mettere il preservativo lui disse:
«No niente plastica, io voglio il culo, la figa è già stata troppo usata.»
Lei per farlo desistere disse:
«Caro mio, li culo costa di più!»
«Quanto?»
«50 mila.»
Lui pagò senza battere ciglio, e lei ebbe solo un momento per prendere dalla borsa un tubetto di vasellina, ne spalmò un poco sul buco e lui le fu subito dietro. La teneva ferma per i fianchi, entrò in un attimo. Non che lei fosse vergine di culo, ma, non era molto portata per quel tipo di rapporto. Fortunatamente il fatto che era più stretto rese la scopata più breve, sentì poco dopo un calore dentro, lui uscì facendo il classico flop, come se avesse stappato dello spumante. Appena uscito quello di volata chiuse la porta.
«Ehii che fai fammi entrare.»
«Aspettate, voglio un momento di pace.»
Entrò nel bagno si dette una lavata sia sotto che sul viso. Era esausta, non sapeva quanti ce ne fossero ancora fuori, si era cacciata proprio in un bel guaio, accese una sigaretta, apri la finestra, un po’ d’aria fresca le fece bene. Intanto continuavano a bussare alla porta, lei guardò dentro la borsa, aveva quasi finito una scatola da dieci di preservativi, per fortuna che quando doveva comperarli andava in un distributore automatico abbastanza lontano da casa sua e per questo ne prendeva sempre due o tre scatole, e per fortuna ne aveva ancora un’altra nuova ma si sentiva morire, non avrebbe resistito per molto. Riaprì la porta, e ricominciarono a succedersi uno dietro l’altro. Ne passò velocemente altri sei, era sfinita, ma il settimo quando fu dentro le disse:
«Girati, io voglio il culo, mia moglie non me lo dà e allora io lo affitto dalle puttane.»
Fortunatamente aveva un normalissimo cazzo che una volta entrato prese a pomparla di buona lena, sborrò abbastanza velocemente. Ne entrarono ancora altri due lei si sentiva morire, il terzo quando entrò disse:
«Facciamo con calma, io sono l’ultimo.»
Non le sembrava vero era morta. Lui non volle scoparla.
«Io preferisco i bocchini se fatti bene.»
Lei ci mise l’anima in quel pompino, tanto era finita. Lui le venne addosso, le schizzò tutta di sborra, poi se ne andò. Lei a mala pena riuscì a raggiungere il bagno, si ripulì alla meglio e perse la borsa e l’impermeabile ed uscì dalla camera, c’era entrata poco dopo le 20 ne usciva che erano le due di notte. Nella stanza c’erano rimasti il padrone del casale, Vanni e Alfio, già il porco non aveva avuto il coraggio di scoparla.
«Portami a casa.»
Gli disse.
«Un momento, disse Vanni e le si avvicinò. Sai tu questa sera sei stata brava, hai guadagnato grazie a noi un sacco di soldi, allora vorremmo un piccolo extra.»
Il sangue le si gelò addosso.
«Sai noi potremmo anche prenderti tutti i soldi e mandarti a casa a piedi tanto tu non potresti certo denunciarti altrimenti tuo marito ti ammazza.»
Aggiunse l’altro. Lei si sentiva perduta, Alfio stava zitto e a testa bassa. Vanni le venne vicino.
«Metti la borsa e l’impermeabile lì, disse indicando una sedia, noi non vogliamo i tuoi soldi, te li sei ampiamente meritati, ma ci piacerebbe…»
Così facendo le sollevò la gonna, le mani accarezzavano il culo, intanto anche l’altro si era avvicinato, le stava toccando la figa, lei si sentiva morire, ma doveva accettare anche questa. Allora decise di metterla sul provocante.
«Va bene, io li dentro ero la puttana, ma qui voglio sentire il cazzo di veri uomini.»
Vanni si gonfiò di boria alle sue parole, lei prese della vasellina dal tubetto e la mise sul culo, ne passò anche un poco davanti, era rimasta asciutta per via delle scopate, poi si girò verso Alfio, e si mise accovacciata a terra, prese il cazzo di tutti e due e si mise a succhiarli, li volle eccitare al massimo. Quando furono pronti si rialzò e disse a Vanni:
«Dai mettimelo nel culo, fammi sentire che toro sei … dai che non mi hai mai scopato nel culo.»
Lui eccitato da quelle parole si gonfiò ancora di più, si mise dietro e con calma entrò dentro. La cosa risultò abbastanza agevole, ne aveva già presi due dietro, poi chiamò l’altro:
«Dai mettimelo davanti, voglio sentire due veri maschi.»
Lui obbedì, ma per lei fu come se una lama la dividesse in due, ma non batte ciglio, i due presero a muoversi all’unisono. Lei li incitava. Quelle parole fecero andare via di testa quello davanti che con alcuni colpi fortissimi venne. Urlò uscendo irrorando il suo vestito di sborra. Vanni allora le fece appoggiare le braccia sul tavolo e prese a sbatterla con colpi terribili. Poi guardando Alfio gli disse:
«Che aspetti? Mettiglielo in bocca, dai!»
«No! Non è giusto!»
Disse lei. Vanni si fermò la guardò.
«Voi mi avete scopato di là e mi avete pagato come puttana, allora lui se mi vuole deve pagarmi!»
È giusto, dessero entrambi: paga! Lui sempre a testa bassa cavò 100 mila e li diede a lei, poi mise il suo cazzo in bocca, lei lo succhiò con forza, con rabbia, lo fece sborrare quasi subito, mentre veniva lo levò dalla bocca, non voleva bere la sua sborra, si lasciò schizzare in faccia, nei capelli, Vanni a tale vista prese a sbatterla con colpi fortissimi, lei si sentiva morire, ma continuò ad eccitarlo. Lui non riuscì a reggere oltre, sborrò schizzandone un po’ nel culo, poi fuori urlando. Gli mollò una sculacciata ed uscì. Lei a malapena riuscì a reggersi in piedi, prese borsa ed impermeabile e guardando Alfio gli disse con disprezzo.
«Portami a casa.»
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