L'inizio della trasgressione 5°

  • Scritto da il 16/06/2022 - 04:54
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Con Marco ci frequentavamo da parecchi mesi, era diventato il mio amante fisso.

Riuscivo con disinvoltura a gestire il rapporto coniugale con quello extraconiugale. Mio marito, mi lasciava ampia libertà, era sempre impegnato o col lavoro, o con gli allenamenti, o con gli amici/colleghi (forse con un’amante egli stesso), fatto sta che avevo quasi tutti i sabati liberi da impegni familiari ed anche qualche serata infrasettimanale  e, conseguentemente, mi organizzavo per incontrare l’amante.

Questi col tempo si dimostrava sempre più intraprendente, alternava momenti di trasgressione pura, quali quello del fine settimana al mare, a momenti di possessione/gelosia, soprattutto nei confronti di mio marito.

Gli avevo detto che il nostro rapporto stava scemando, che non condividevamo nemmeno più il letto e, in fatto di sesso, eravamo allo zero assoluto. Al contrario! Da quando frequentavo Marco, la mia vita sessuale coniugale aveva assunto nuova linfa. Evidentemente trasmigravo inconsciamente le intraprendenze dei miei rapporti erotici extramatrimonio e mio marito apprezzava, altrochè se apprezzava! Avevo progressivamente mutato il mio look. Da donnina ordinaria, pulitina, quasi scialba, a femmina. Decisamente femmina! Abiti femminili che esaltavano il mio fisico, che, modestia a parte, era parecchio invidiabile. Un corpo snello, sinuoso, belle gambe, vita e caviglie sottili, con un bel seno prosperoso e una carnagione olivastra, mediterranea sotto una testa di capelli corvini lunghi e lisci e gli “occhi più neri e profondi del mondo”, come mi diceva Marco.

Questo cambiamento era molto apprezzato da mio marito, che mi esortava, mentre facevamo shopping, a provarmi i capi più audaci, insistendo per volermeli comperare. Passione, questa, di mostrarmi sempre al massimo della femminilità, trasmessami da Marco: quando ci vedevamo, a volte, ero al limite della decenza. Adoravo attrarre gli sguardi, li vedevo spogliarmi con gli occhi con la mandibola aperta, frugarmi addosso e girarsi seguendo il mio incedere anche se erano in compagnia della mogli o fidanzate. Mi eccitavo già dai preparativi, già dalla sera prima, quando sapevo che il giorno dopo mi sarei vista con lui, meditavo su cosa mettermi per essere sconvolgente e regolarmente mi toccavo o, se Massimo era in casa, facevo sesso con lui.

Mio marito cominciava ad avere trasferte lavorative che lo tenevano fuori casa anche per 2 o 3 giorni di seguito. Quel venerdì, con la complicità di un’amica che sapeva delle mie peripezie, gli dissi che sarei andata da lei a cena e che mi sarei fermata là a dormire per andare assieme il giorno dopo far shopping e rivederci la sera del sabato al suo ritorno dalla trasferta lavorativa.

Mi presi il pomeriggio del venerdì di ferie e raggiunsi Marco per stare con lui. Quel pomeriggio mi accompagnò in un outlet di un produttore di scarpe e mi provai un paio di stivali scamosciati alti sopra il ginocchio, con tacco e plateau, ma costavano troppo per le mie tasche; lui volle regalarmeli e me li fece mettere subito.

Avevo una gonna di pelle nera a metà coscia, con sotto un collant di quelli fatti a reggicalze e un maglioncino bianco dolcevita a collo alto con le spalle scoperte ed un piccolo scaldaspalle a coprirmele. Uscimmo, era inverno, sopra portavo un piumino lungo. Il porco voleva mostrarmi!

Andammo in un centro commerciale e mi fece togliere il piumino che mi fece tenere in mano mentre passeggiavamo. Con questi stivaloni, la mini di pelle ed il mezzo maglioncino dolcevita molto aderente e piuttosto cortino, ero l’attrazione del supermercato e mi sentivo una gran puttana! Tutti si giravano a guardarmi, anche qualche donna.

“voglio che ti togli gli slip” mi sussurrò in un orecchio mentre passeggiavamo.

Non ci pensai un attimo, decisa ad assecondare ogni sua fantasia, mi infilai in bagno mi tolsi il perizoma che riposi nella borsa, mi asciugai con la carta la figa che era già fradicia e tornai fuori.

La sensazione di “disordine” che provavo nell’essere senza slip era eccitantissima. Volevo scopare, mi sarei fatta montare nei cessi di quel supermercato da chiunque, ero andata in calore come una cagna! La sentivo nuovamente colare, lui mi cingeva la vita mentre camminavamo fra le vetrine, io dondolavo il culo su quei tacchi spropositati e mi sentivo troia.

Ci fermammo in un bar piuttosto affollato, notai con distacco e altezzosità gli sguardi di tutti i maschi che mi osservarono entrando. Marco mi lasciò sola un attimo per andare ad ordinare 2 aperitivi ed io mi arrampicai su uno sgabello alto.

Un gruppetto di ragazzi molto giovani, poco più che adolescenti, seduti di fronte, secondo me, non poterono non notare che non avevo gli slip; vidi che si davano di gomito ridacchiando tra loro mentre mi osservavano. Uno di loro mi sorrideva.

Non ricambiai il sorriso, adoravo quella condizione di puttana snob; ero la troia del mio maschio che adesso stava tornando coi salatini e gli spritz.

Incuranti del fatto che non fossi sola, continuavano a guardarmi, lo dissi a Marco, che per tutta risposta mi invitò a girarmi verso di loro e di scavallare ed accavallare le gambe per fargliela vedere.

Sentivo la fodera della gonna su cui ero seduta, bagnata della mia eccitazione mentre mi muovevo per fare questo gioco eccitante. I ragazzi mi guardavano di sottecchi, uno solo di loro mi squadrava sfrontato, io li osservavo con la mia vista laterale senza degnarli di uno sguardo e conversavo con Marco.

Dopo il secondo spritz, con la testa che un po’ mi girava, lui mi disse che si assentava un attimo e che sarebbe tornato di lì a poco. Sola, appollaiata sullo sgabello, mini, stivaloni, maglioncino attillato, avevo il pensiero di sembrare un’entreineuse al night, solo che stavo in un tranquillissimo bar di un centro commerciale.

Il più disinvolto dei ragazzi, mi si avvicinò e attaccò bottone: “io non ti avrei lasciata tutta sola” esordì. Proprio sfacciato!

“perché?” risposi io fingendo di essere scocciata.

“una bella donna come te non si lascia mai da sola, potrebbe essere pericoloso”.

“E saresti tu il pericolo?” ridacchiai, “quanti anni hai?”.

“Ne ho 20” mi rispose,

“io quasi il doppio” replicai

“l’età di mamma!”

scoppiai a ridere, davvero divertita di quella battuta.

Era simpatico oltre che avere la faccia di bronzo. Vista la mia “disponibilità” si avvicinarono anche altri due dei ragazzi della compagnia che, con fare spavaldo, cominciarono a chiedermi come mi chiamassi, se ero di quelle parti visto che non mi avevano mai notata prima, e cose così: un abbordaggio in piena regola come avveniva da giovane quando andavo in disco con le amiche.

Mi offrirono un altro giro di spritz, cominciava a darmi alla testa, ero piuttosto allegra e loro, simpatici, mi facevano ridere. Ma dov’era Marco? Mi aveva lasciata sola in pasto ai lupacchiotti.

E ci provavano, altrochè se ci provavano: mi guardavano le gambe cercando di sbirciare in mezzo fornendomi la prova che avevano visto che ero senza slip, facevano battute sul fatto che fossi stata lasciata sola e volevano sapere chi fosse il mio accompagnatore e se c’era speranza che andassi via con loro lasciandolo lì; volevano che bevessi ancora, ma mi fermai. Notai che ero l’attrazione del locale: sola, vestita in maniera vistosa, circondata dai mosconi, mi guardavano tutti. Il bello è che la cosa mi divertiva, non mi sentivo per nulla imbarazzata, mi sentivo come l’ape regina! Ad un ottimo punto dell’abbordaggio, tornò Marco. Salutò tutti sicuro di sé, come sempre e, trattandoli da mocciosi quali erano, disse: “ragazzi, vi propongo un gioco.

Vedo che Mary vi piace! È carina vero?”

Tutti annuirono sorridenti, ma anche un po’ interdetti; non si aspettavano una conversazione così. Marco, continuò: “sono andato a comperare nel supermercato questo righello. Ora andate nella toilette e fate una foto col telefonino al vostro cazzo col righello di fianco. Chi vince, viene a casa con noi per…..diciamo…..una festicciola? Naturalmente suggerisco di pensare a Mary mentre fate la foto, cosicchè l’uccello viene fotografato nel massimo della forma. Ci state?”.

A quelle parole, cominciò a rodermi dentro una frenesia pazzesca. Ricominciavamo a giocare, come su quella spiaggia, come sulla barca dopo che erano passati alcuni mesi, ora faceva freddo, allora era caldo, ma il clima della situazione che si stava andando a creare era torrido.

L’idea di una nuova trasgressione mi faceva eccitare, lo guardavo estasiata da quanto mi intrigava quel maschio irresistibile; sentivo di poter fare qualunque cosa con lui, provavo una sensazione di protezione assoluta per qualsiasi situazione si sarebbe potuta creare, forse era la stessa sensazione che provavano le mignotte coi loro magnaccia. I ragazzi divertiti, si diressero verso il bagno e dopo poco tornarono ognuno col loro telefonino in mano.

Nel mentre si stavano facendo il proprio book fotografico, dissi a Marco che ero eccitatissima e gli chiesi cos’avesse in mente. Sorrise malizioso, mi mise una mano sulla coscia accavallata, mi sentivo una gran puttana! Non fece in tempo a rispondermi compiutamente lasciandomi con l’interrogativo, che i ragazzi tornarono. Mostrarono le foto dei loro cellulari: c’era un exaequo. Due di loro erano quasi identici in lunghezza, uno dei due era parecchio più largo, mentre il terzo era decisamente inferiore. Marco, si mise la giacca, mi porse il piumino e disse ai due ragazzi: “andiamo”.

“dove?” rispose uno di loro

“a casa nostra” (sua intendeva), “siete motorizzati o salite in macchina con noi?” chiese.

“saliamo in macchina con voi” reagì prontamente il più intraprendente, quello che mi aveva abbordato per primo.

Marco era  alla guida, uno dei ragazzi di fianco a lui, io stavo dietro con quello più vivace. Non perse tempo, cominciò ad accarezzarmi le gambe. Io le allargai e lui subito constatò quello che sapeva già.

Sorrise maliziosamente ed esclamò: “lo sapevo che eri senza mutande, che porca!” si ciucciò le dita bagnate dopo che me le aveva infilate dentro un po’ troppo rudemente e mi mise la lingua in bocca, iniziando un lungo sensualissimo bacio con le mani che mi frugavano dappertutto, soprattutto in mezzo alle gambe.

Era un po’ maldestro, non mi piaceva molto come mi toccava aveva troppa foga, sembrava volesse violentarmi con le dita.

Per distrarlo, cominciai a toccargli io il pacco che, naturalmente, era gonfio. Servì per farlo rilassare sul sedile e per fargli togliere quella mano molesta dalla mia fighetta, non persi tempo gli aprii la patta e glielo tirai fuori.

Era eccitatissimo, turgido, la gocciolina sulla punta che gli aveva già bagnato tutta la cappella, avevo una voglia! Assaggiai quella goccia di rugiada, era saporitissima, aveva il cazzo molto odoroso e a me quell’odore di maschio eccitato mi ha sempre fatto impazzire. Mugolando dalla voglia, lo presi tutto in bocca succhiandolo con ingordigia; durò poco, cominciai a sentire gli spasmi, lo feci venire sul lembo della camicia che spuntava dai calzoni aperti.

Si accasciò sul sedile, vidi Marco che mi guardava dallo specchietto, l’altro ragazzo girato all’indietro, mi toccava le gambe che allargai per agevolarlo. Anche lui non ci sapeva tanto fare, gli scostai la mano per fare da sola; la situazione eccitante, il pensiero di stare al centro dell’attenzione per le successive ore di 3 maschi, dopo poco che mi masturbavo mi fece sciogliere in un orgasmo violento e quasi immediato, con un po’ di rammarico per aver lasciato fuori dal gioco il terzo che, secondo il mio maschio porco, non aveva i requisiti per giocare con noi. I giovani erano estasiati nel vedermi così, a bocca aperta, mi carezzavano le gambe, il seno, mentre mi vedevano venire.

Mentre salivamo in casa di Marco, sulle scale sculettavo davanti ai 2 ragazzi che mi toccavano il culo. Li lasciavo fare, agevolavo le loro palpate fermandomi ogni tanto a inarcare la schiena e allargare le gambe, loro infilavano la mano sotto la gonna da dietro e me la strusciavano sulla figa fradicia. Entrati in casa, mi diedi da fare col ragazzo che in auto stava seduto davanti, dovevo accontentare anche lui! Sedutosi sul divano, mi inginocchiai di fronte a lui, gli slacciai la cintura, gli tolsi jeans, scarpe e calzini (non sopporto farlo con qualcuno che porta i pedalini).

Io ancora in parte vestita, mi ero tolta solo la maglia, ma non il reggiseno, mi sollevarono la gonna di pelle scoprendomi il culo che mi palpavano da dietro, mi lanciai in una servizio al cazzo, alle palle al buco del culo del ragazzo che secondo me ancora oggi se lo ricorda.

Aveva un bel cazzo, di discrete dimensioni e, cosa che mi fa molto eccitare,  tutto percorso lungo l’asta da grosse vene. Me lo mangiavo, mentre da dietro mi toccavano la figa e il buchetto; venne in brevissimo tempo anche lui; mentre schizzava glielo segavo tenendolo stretto nella mano andando a dirigere i copiosi schizzi di sperma un po’ sul mio collo, sul decolleteè e un po’ sulla sua pancia.

Marco da dietro, me lo appoggiò e dopo averlo strusciato fra le labbra umide, lo fece scivolare dentro e iniziò a scoparmi prima piano, poi sempre più forte. Io lo agevolavo, mi muovevo a mia volta, muovevo il culo per accoglierlo meglio, eravamo in sincronia perfetta, come spesso accadeva.

Di lì a poco mi disse che stava per arrivare, mi girai svelta e lo feci venire in bocca ingoiando tutto il suo buonissimo succo caldo.

Impiastricciata di sperma, sudata e coi capelli arruffati per la cavalcata, mi andai a sistemare. Presi la via del bagno, mi feci una doccia e quando uscii, Marco mi fece trovare un capo estremo da indossare. Era una tuta nera di spandex, l’aveva comperata a mia insaputa in un sexy shop: pazzesca, aderentissima, aderiva perfettamente alle mie forme, aveva una lunga lampo davanti partiva dal collo fino dietro a metà culo. La indossai, misi un paio di sandali argentati con zeppa altissimi, da pornostar, mi risistemai i capelli, il trucco, un rossetto molto evidente e mi presentai in salotto dai ragazzi che stavano seduti sul divano a bersi una birra.

Cominciai a camminare davanti a loro, mi sentivo una gran troia! Mi palpavano il culo, le cosce fasciate da quel tessuto pazzesco, liscio, lucido. Aprivo la zip sul seno e lo scoprivo tirando fuori ora una, ora l’altra tetta, pizzicandomi il capezzolo fra le unghie, insalivandomi le dita per poi passarle sui capezzoli turgidi. Aprii la lampo anche da dietro, per lasciare scoperto il culo e la figa, mammamia com’era eccitante essere agghindata così. Mi piaceva talmente tanto che ci sarei anche uscita, la mia vena esibizionistica stava raggiungendo l’apice, non capivo più niente.

Palpata da 2 sconosciuti rimorchiati per strada, in casa dell’amante, mai avrei immaginato di poter diventare così troia!

Uno dei ragazzi se lo tirò fuori cominciando ad accarezzarselo, si era raddrizzato immediatamente anche se era venuto poco prima in macchina. Impazzivo nel sapere di avere questo potere, la capacità di eccitare i maschietti, mi dava una sensazione unica.

Gli salii a cavallo, lui sul divano, io sopra di lui e, senza precauzioni, me lo feci scivolare dentro la figa umida. Ero troppo fuori di testa, rarissimamente l’ho fatto senza preservativo con perfetti sconosciuti, ma quella volta, vuoi l’abbigliamento da pornostar, vuoi la situazione dei due sconosciuti rimorchiati da quel porco del mio amante che mi faceva sentire particolarmente puttana, l’ho scopato così com’era. Mentre mi muovevo sopra di lui, strusciando tutto il mio corpo inguainato nella tuta luccicante; avevo aperto la lampo da dietro fino all’altezza del pube, tenendo scoperte le parti basse e, da sopra, fino a metà torace in modo da farmi palpare, leccare le tette aprendo la scollatura.

Mi eccitava scopare fasciata in  quella tuta da catwoman; di fianco al divano dove mi stavo cavalcando il mio giovane puledro c’era uno specchio dove mi vedevo riflessa: mi guardavo e quello che vedevo acuiva la mia eccitazione, sembrava di guardare uno di quei video porno molto ben fatti, categoria fetish, mi pare si chiamino, con le attrici che indossano queste cose nere, lucide e molto sexy.

Io ero la protagonista, mi godevo ogni scena della mia scopata, vedevo questo giovane torello completamente nudo sul divano che da sotto spingeva, agevolava la mia cavalcata e da dietro l’altro che mi toccava il culo, mi dicevano che ero una gran puttana io lo incitavo a spingere sempre più forte a scoparmi forte e queste parole non facevano che aumentare la mia eccitazione.

Dopo un tempo indefinito che lo montavo, perdevo la cognizione del tempo quando facevo sesso così, raggiunsi un orgasmo pazzesco che durò un casino, forse era uno di quegli orgasmi multipli perché mentre godevo lui continuava a scoparmi e a me sembrava di morire!

Scesi dalla mia cavalcatura e mi gettai esausta, col fiatone sul divano. Il ragazzo ce l’aveva ancora duro, doveva ancora venire. Mi carezzò le gambe fasciate dalla tuta, titillò il clitoride ingrossato, poi con fare deciso mi girò in ginocchio sulla seduta del divano e ricominciò a scoparmi, da dietro stavolta. L’altro, che nel frattempo si era ripreso, mi aveva messo il suo bel cazzo duro e nodoso  davanti alla faccia.

Sotto i colpi che prendevo da dietro, presi in bocca quel membro turgido, sembrava di legno tanto era duro, ciucciavo la cappella avidamente e sbrodolavo la saliva che usciva dalla mia bocca, non riuscivo ad essere composta sotto quel martellamento, ero fuori di testa!. I colpi da dietro aumentavano di ritmo, lo sentivo che col fiato sempre più corto stava per arrivare al culmine del piacere; lo sguainò dalla mia calda e umida figa per farmi accogliere la sua abbondante eiaculazione nella mia bocca.

Distolsi il bocchino dal suo amico per farmi schizzare in bocca dal toro che mi stava montando da dietro. Il suo amico, naturalmente non pago, mi prese, mi sollevò mettendomi seduta sul tavolo del soggiorno, davanti al divano e cominciò a chiavarmi in piedi stringendomi forte con le mani le chiappe che spingeva verso di sé per farmelo sentire dentro profondamente; mentre mi scopava le nostre lingue si intrecciavano furiose e l’andamento lento, regolare della sua scopata, la sensazione di profondità che mi dava il suo bel cazzo nodoso che sentivo così tanto dentro di me, naturalmente durissimo, mi fece sciogliere in breve in un orgasmo lungo e spasmodico intensificato dal fatto che, come il suo amico, il ragazzo non si era fermato e stava continuando a penetrarmi con ritmo regolare nonostante i miei singulti dovuti all’orgasmo. Cambiò ritmo, voleva venire anche lui e, mentre stavo ancora godendo, cominciò a fottermi forte, ero fuori di testa, mi sembrava di impazzire fino a che lo tirò fuori e mi schizzò sulla tuta imbrattandomela del suo caldo seme.

Ma dov’era Marco nel frattempo? Ero talmente presa dai due ragazzi, che feci caso solo dopo la scopata sulla tavola che lui era comodamente seduto sulla poltrona a sorseggiare qualcosa da un bicchiere e gustarsi la mia performance.

Con una salvietta ripulii la mia tuta dallo sperma, (quanto ne avrebbe preso in seguito..), lo guardai, sorrideva sardonico, mi avvicinai a lui per offrirgli ciò che sapevo gradire più di tutto.

Lui seduto comodamente in poltrona, in ginocchio come una cagna ai suoi piedi cominciai a leccargli il cazzo che diventò di pietra in pochi istanti, mi alzai gli girai la schiena e, afferratolo con la mano, lo guidai dentro al culo sedendomici sopra. Cominciai a godermi la sua larga mazza nel culo, sapendo che era una cosa che lo faceva impazzire.

I ragazzi mi incitavano, mi guardavano seduti sul divano e si lisciavano il cazzo con la mano, che naturalmente era già tornato ad essere duro, che potere che avevo su di loro! Meraviglioso! Una lunga inculata, mentre Marco mi sfondava dietro mi masturbavo la fighetta, venni un’altra volta, l’idea di essere una cagna ninfomane mi eccitava ancor di più, era un circolo vizioso, più pensavo a quanto fossi troia, più mi piaceva, inghiottita nel vortice dei sensi e del vizio.

Me lo tirò fuori e mi mise a cavalcioni del pouf del divano a faccia in giù, allargando con le mani le mie chiappe e invitando i ragazzi ad infilarlo dietro: “ragazzi, l’avete mai fatto? Guardate che bel fiore, ve l’ho allargato per bene. Alla mia puttana piace tanto prenderlo dietro. Prego accomodatevi” e cominciarono.

Ero sconvolta sotto i colpi della sodomia, degradata a buco da fottere, si alternavano prima uno poi l’altro, mi scopavano solo nel culo i porci, coprendomi di epiteti volgari da scaricatori di porto.

Marco mi si mise davanti puntandomi il cazzo sulle labbra che prontamente e avidamente presi in bocca e, nonostante fossi concentrata su quello che mi stava sfondando il culo, riuscii ad essere molto efficace anche con la bocca, tanto che dopo poco un fiotto caldo di sborra mi riempi la bocca che inghiottii con bramosia. Questo gioco continuò per un bel po’, Marco mi osservava gemere e godere sotto i colpi dei due ragazzi che erano instancabili.

Avevano scoperto una gran passione per il mio buchetto posteriore confessandomi che mai l’avevano messo lì, le loro fidanzate si erano sempre rifiutate……poverine, non sapevano cosa si perdevano!

Finì dopo parecchio che si alternavano, prima uno poi l’altro a scoprami dappertutto, sfiniti, non so quante volte erano venuti, io sicuramente parecchie! Ero esausta, sudata, coi capelli arruffati dal sudore e dalla ginnastica fatta, il trucco sfatto, mi gettai sul letto. Marco mi sfilò la tuta da pornostar e mi coprì col piumone, feci appena in tempo a salutare i due ragazzi che se ne andavano, non so che ora fosse, penso notte fonda e mi addormentai in un attimo.

Mi svegliai che era mattino, Marco dormiva accanto a me, la luce filtrava dalle imposte, sentivo dolori dappertutto, alle gambe, ai muscoli addominali, alla schiena, ma soprattutto mi bruciava il buco del culo. Mi alzai per andare al bagno, mi feci una doccia e trovata una crema lenitiva nel bagno me la spalmai sul buchetto. Quando tornai a letto, Marco era sveglio, mi carezzo dolcemente: “come stai amore?” mi chiese,

“ho un forte bruciore di dietro…” risposi

“solo quello? Ti sei divertita ierisera?”,

“sì” replicai. 

Mi baciò lungamente e dolcemente, lo sentivo crescere contro il mio ventre. Gli misi la gamba sopra le sue e lui si insinuò nella mia fessura che era già bagnata; facemmo l’amore lentamente, dolcemente continuando a darci la lingua in bocca abbracciati sul fianco, ancora storditi dal risveglio dopo una lunga notte di peripezie. Dopo aver cambiato un paio di posizioni, mi sciolsi in un lungo orgasmo mentre lui mi era sopra nella più classica delle posizioni, quella del missionario e lui, quasi immediatamente appresso a me schizzandomi il suo caldo seme  sulla pancia e sulla vulva.

Forse lo amavo, o forse amavo il suo modo di interpretare il sesso. Mi faceva sentire femmina desiderata, desiderabile, troia, la più zozza delle mignotte e la cosa la adoravo. Adoravo sentirmi puttana, la sua puttana.

Ci abbracciammo per un tempo indefinito, poi ci rivestimmo con lentezza e un po’ di malinconia, malinconia che veniva a galla tutte le volte che dovevamo lasciarci, anche se eravamo consapevoli che ci saremmo rivisti di lì a una settimana o poco più.

Non lo so, ero confusa, riluttante a tornare a casa, alla vita di tutti i giorni soggiogata dal quel maschio pazzesco a volte pensavo a come sarebbe potuto essere vivere con lui, poi scacciavo il pensiero dicendomi di tornare coi piedi per terra. Le convenzioni familiari, l’educazione ricevuta, le consuetudini consolidate, la sicurezza di un ambiente usuale e, perché no, il sentimento profondo che nutrivo verso mio marito, mi facevano necessariamente tornare coi piedi per terra, riservandomi quei momenti di trasgressione pura come la mia giostra personale, la giostra di una bambina viziata e viziosa di quasi 40 anni.

Pranzammo assieme e subito dopo colazione mi avviai al ritorno a casa, col cadeau del mio amante: un paio di stivali altissimi e la tuta da catwoman.

Mi cambiai, misi una tranquilla e casta lunga maglia di lana con un paio di dr.martens ai piedi, le collant a reggicalze come quelle del giorno prima, perizoma e reggiseno.

Quando sarei rientrata era molto probabile che mio marito fosse già a casa e non era il caso mi vedesse vestita come il giorno prima al centro commerciale, avrebbe fatto pensieri strani e sarebbero iniziati sospetti che non avrei voluto mai che sorgessero.

In effetti arrivata a casa, Massimo era già rientrato dalla trasferta di lavoro, mi salutò affettuosamente chiedendomi come fosse andata la serata con la mia amica. Mentendo sfacciatamente gli dissi che era stata una serata tranquilla, casalinga, trascorsa fra un milione di chiacchiere che sono durate fino a notte fonda e che la mattina dopo ci eravamo dedicate allo shopping e gli feci vedere gli stivali che Marco mi aveva regalato dicendogli che li avevo trovati al mercato ad un prezzaccio da liquidazione, tacqui sulla tuta nera che tenni in borsa arrotolata anche perché era un po’ imbrattata, con l’intento di occultarla.

Si appassionò immediatamente ai miei stivali che volle vedermeli indossati subito. Mi riempì di complimenti, qualche apprezzamento sul come mi stavano bene e su come risultassero sexy indosso a me; in effetti erano spettacolari! Non mi feci pregare, adoro i complimenti, mi fanno sempre un effetto particolare, passeggiai un po’ su e giù per casa per mostrargli come mi stessero gli stivali, quando gli passai davanti mi palpò il culo, mi afferrò per un braccio, mi cinse in vita e mi cominciò a baciarmi: “mi sei mancata, sai?” mi disse.

“Anche tu” risposi, rispondendo al bacio.

Mentre  le nostre lingue si intrecciavano, sentivo salire l’eccitazione anche un po’ sorpresa dell’effetto che gli stavo facendo e della passione che gli si era accesa. Mi palpava il culo, mi sollevava il vestito e me lo tolse rimasi con gli stivali e l’intimo.

Ci precipitammo in camera, mi fece appoggiare con le mani sull’anta dell’armadio a specchio e in piedi, dopo avermi fatto allargare le gambe cominciò a leccarmi la figa da dietro scostandomi il perizoma di lato. Mi guardavo riflessa nella specchio, mi piacevo ero veramente figa. Dopo una lunga leccata con la quale mi stava per far venire, al culmine si alzò e me lo mise dentro cominciando a scoparmi selvaggiamente lì in piedi, di fronte allo specchio. Gli avevo fatto decisamente un bell’effetto, era un pezzo che non mi prendeva così.

Mentre mi scopava osò dire qualche frase volgare su quanto fossi gnocca e su come lo facevo tirare e sul fatto che voleva che li mettessi sempre, quegli stivali, perché ero troppo sexy con quelli indosso. Dopo un po’ di colpi da dietro venimmo quasi contemporaneamente, mi riempì letteralmente di sperma dentro, tanto che quasi subito cominciò a colarmi lungo le gambe; un pensiero mi venne subito alla mente: ma quanto ne avevo fatto uscire in quei giorni? Facevo proprio un bell’effetto ai maschietti!

Lusingata da quel pensiero, mi ricomposi e pian piano tornai alla mia vita di tutti i giorni.

(continua)

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