L'avevo trascinata al centro di una spirale che stava sul limite tra l'attrazione fisica, la dominazione e i sentimenti, seppur fossero di matrice materna. Giaceva seduta in attesa che le venissero le parole per rispondere alla mia richiesta. In aiuto, e devo dire di entrambi, invece arrivò lo squillo del suo cellulare. Mauro era sotto che suonava da qualche minuto, ma nessuno aveva sentito il campanello. Ci ricomponemmo in fretta, lei fu rapidissima, e mi accorsi che mentre finivo io di sistemare camicia e cravatta, lei mi tenne una mano apoggiata al volto accarezzandomi la guancia. Poi mi sistemò il nodo della cravatta, e mi disse di fare le scale per andare via. Volevo baciarla di nuovo, ma non volle, con la maestria delle donne che sanno gestire quel genere di situazione in pochi secondi mi aveva messo fuori e promesso che ci saremmo sentiti al telefono. Appena in tempo imboccai le scale, l'ascensore arrivò al piano e Mauro alla sua porta. Scendere le scale di corsa dopo un'emozione così forte non fu il massimo, mi girava la testa per la mancanza d'ossigeno. Una volta fuori arrivato all'auto, mi tranquillizzai un attimo, e solo li mi chiesi il perchè mi aveva fatta andare via. Avremmo potuto dire che eravamo sul terrazzo, e non avevamo sentito suonare. Presi il cellulare e la chiamai, rispose tranquilla, le chiesi come stava, e mi disse un tutto bene grazie da conversazione. Poi le chiesi se si erano baciati all'arrivo di Mauro. - No Stefano, stai tranquillo, rispose, replicai di non prendere impegni per il giorno seguente. Fece una pausa e poi disse si che andava bene. Mi infilai in un bar a bere qualcosa. Mi chiamò mia moglie, che mi aveva cercato in ufficio. Mi ero dimenticato di avvertirla del permesso. Non mi fece grandi storie, daltronde erano solo passate due ore, le dissi che ero andato a vedere un'auto da acquistare. Fu la prima cosa che mi venne in mente. Passai la notte in bianco, organizzai mentalmente cosa avrei fatto il giorno che stava arrivando. Volevo fosse tutto perfetto,e stavolta l'avrei scopata, me lo giurai. A colazione dissi a mia moglie che nel pomeriggio tardi sarei andato a provare l'auto che avevo visto il giorno prima. Presi in affitto un piccolo locale per la giornata, un mini attico. La chiamai verso le dieci, mentre facevo una pausa in ufficio, non mi preoccupai nemmeno se fosse sola o ci fosse Mauro. Al telefono appariva calma, fu contenta di sentirmi. Mentre stavo riattacando, mi chiese se avevo desiderio di qualcosa di particolare.
- Spiegati meglio- Chiesi, non resistendo. Ne seguì un attimo di silenzio dettato dall'imbarazzo...quello che di lei mi eccitava di più. Mi chiese se volevo che lei indossasse qualcosa di particolare.
Non riuscì a resistere, le dissi di mettere un collant uguale a quello del giorno del matrimonio, quello che fu andato perso, gettato da mia moglie prima che potessi salvarlo. Per il resto le dissi che volevo incontrare la donna sobria ed elegante di sempre, senza fronzoli. Il -Va bene- di risposta che ebbi mi diede una carica da non poter descrivere. Tra il tono che aveva usato e il ciao sussurrato al termine della telefonata, ero a mille. Inutile passarla a prendere le avevo dato l'indirizzo e volevo aspettarla la.
Feci una piccola spesa e venti minuti dopo, alle diciotto ero sul posto. Il palazzone dava sul corso trafficatissimo e la miriade di portoni e campanelli che ospitava di per se era una garanzia. O sapevi dove andare o ti saresti perso. Dentro tutto in ordine e pulito, era molto molto ben curato anche come arredamento.Posai le cose che avevo comprato e mi fiondai in camera da letto che dava sul corso e ne abbassai le tapparelle alle finestre, accesi qualche lampada, e ottenni una luce perfetta, con una tonalità che dava sul blu che era il colore dominante sulle pareti. Tra che fosse in alto e i serramenti efficienti, non si sentiva null'altro che i miei passi. Nessun'altro rumore. Mi sedetti e calò quel silenzio che mi faceva provare l'attesa ancora più eccitante.Forse è proprio vero ciò che dicono che l'attesa fa parte del piacere stesso, e l'averlo rimandato, per incapacità di concludere o per paura di non riuscire ne faceva un attimo di pura felicità ed eccitazione. Mi chiamò al cellulare, dicendomi di essere nei paraggi, così la guidai fino a sotto l'edificio. Dodici piani più in su, la guardavo minuscola scendere dall'auto. Ancora un poco e sarebbe stata li con me. Alta poco più di un metro e sessanta, capelli corti biondo cenere, poche rughe, fisico ancora tonico e asciutto. Il seno materno, tondo e morbido, risaltava su quella figura, come il girovita rimasto piccolo, malgrado i tre figli, e le gambe le quali erano il vero spettacolo. Toniche, sode e ben tornite, con i polpacci appena pronunciati che regalavano il posto d'onore alle caviglie fini e modellate. L'aspettai sulla porta aperta, e quando lei uscì dall'ascensore, entrambi sorridemmo istintivamente. La baciai sulle guance, come facevo normalmente, e lei entrò guardandosi intorno. L'aiutai a togliere la giacca del talleur scuro che indossava e rimase in camicetta bianca e gonna attillata quel che basta a mostrare le curve dei glutei che sporgevano abbastanza da obbligare la gonna ad un rientro, dietro sulle cosce, da brivido. Non avevo mai notato quel particolare, veniva voglia di appoggiarci una mano subito. Piacevole il rumore dei tacchi delle scarpe color crema, mentre si spostava da una gamba all'altra per il nervosismo inevitabile, mentre scambiavamo le prime parole. Luoghi comuni. Come hai trovato il posto. Ma che carino che è. Buon gusto e tutto il resto. Le offì un caffè. Ci sedemmo uno di fronte all'altro sugli sgabelli della penisola in cucina. Aveva un trucco leggero sugli occhi, un pò desueto sull'azzurro, le donava molto. Sulle labbra un rosso medio da ufficio, poco fondotinta chiaro, mascara pronunciato e agli orecchi, due cerchi d'oro grandi ma non troppo. Parlammo del più o meno, il discorso non cadde mai. Volevo sapere tutto di lei, e iniziai a chiederle del suo passato e della sua vita prima di sposarsi. Non se lo fece ripetere, era prolissa, e non negava nemmeno i dettagli. Mi suonò il telefono, era Laura, mia moglie. Lei fece silenzio mentre abbassava gli occhi sul piano de tavolo. Fui breve, dissi che era tutto a posto, e che da li a poco, avrei provato l'auto per un giro lungo. Mi sentì dire che ero troppo pignolo. Risi salutai e chiusi il telefono. Ripresi le sue ultime parole, e dopo una piccola pausa, tornò serena a raccontare di lei, del posto dove faceva le vacanze, dei primi amori al liceo, arrivando fino al matrimonio. Le presi le mani e le dissi che mi piaceva ascoltarla. In effetti la voce era davvero gradevole, priva di sbalzi di tonalità, pacata e sicura. Facemmo un giro del locale, e finimmo sulla terrazza. Evitai apposta la camera da letto. Fuori c'era un pò di vento, e mentre ci appoggiavamo alla ringhiera per godere del panorama le cinsi le spalle, mi chinai quel che basta avvicinandomi col volto, e le sfiorai la guancia con un bacio, mentre le chiedevo se avesse freddo. Sorrise, disse di no, che stava bene, che stava proprio bene. La invitai ad entrare, le dissi di accomodarsi sul divano e le porsi una rivista di viaggi che avevo comprato poco prima. Ne fu sorpresa positivamente, lei amava l'argomento. Sedendosi, ne notai le gambe. Aveva messo il collant che le avevo chiesto di indossare per me, anche se mi pareva decisamente più fine. Non ci giurerei ma non andava oltre gli otto denari. Di quelli che si smagliano a spingerci sopra un dito. Sorrise, a quegli sguardi che le dedicai, e credo si aspettasse che mi sedessi al suo fianco, quando la spiazzai nuovamente e le dissi che avremmo cenato li, e che avrei cucinato per lei. - Ma cosa dirai a Laura?
- Dirò che l'auto in prova si è guastata e che siamo lontani in attesa del carro attrezzi. Non le diedi il tempo di dire altro, e incalzandola le chiesi di chiamare Mauro, e trovare una scusa nel caso si fossero dovuti vedere in serata. Prese la borsa sul tavolino nei pressi, e ne tirò fuori il telefono, richiamò l'agenda, e al momento di premere il chiama, si alzò per andare in cucina a parlare. La raggiunsi e mi misi alle sue spalle. Mi accorsi solo allora di quanto era più piccola di me. La presi per le spalle, e mi chinai a baciarle piano il collo. Mauro rispose, e io ebbi una scossa. Lei gli chiese se era tutto a posto, poi gli disse che un amica le aveva chiesto di andare da lei perchè era andata in crisi, gli diede delle piccole spiegazioni del caso e poi gli disse che le spiaceva ma non potevano sentirsi più tardi, perchè non sapeva che ora avrebbe fatto. - Ecco - disse - Ora la menzogna è completa. Si rabbuiò un pò. Il segreto stava nel non lasciare cadere il silenzio. - Dai, rilassati e torna di la, mentre comincio a preparare.
Rimasi in cucina, ascoltando per così dire i suoi movimenti. Mi venne paura che potesse lasciare l'appartamento perchè pentita di tutte quelle bugie. Invece rimase, sentì che si accese una sigaretta. Fumava solo quando era nervosa. Preparai la cena, che in effetti era solo da scaldare, perchè mi procurai tutto in una gastronomia famosa per le sue delizie. Il vino bianco era in fresco, e parlottamo a distanza per tenerci compagnia. Ogni tanto facevo capolino, per osservarla. Appariva rilassata, sprofondata sul divano, la rivista tra le mani e la gonna sempre più su a mostrare le cosce. Questo mi diede la misura del suo tranquillizzarsi. Non stava seduta in punta e non si sistemava in continuazione la gonna, al contrario la sentivo a suo agio. Per evitare ulteriori occhi bassi e commenti, la telefonata per avvertire mia moglie che non rientravo, andai a farla in terrazza, così poteva sentire anche che ero fuori. Si incazzò a morte, mi disse che la mia mania da perfezionista portava solo pensieri, e rimase delusa quando le risposi che non sapevo a che ora sarei rientrato. Il tutto mentre guardavo da dietro al vetro, sua madre seduta che sorseggiava un pò di aperitivo e leggeva la rivista.
-Fatto?- Chiese, risposi - Fatto. Non era stupida, anzi.
Servì la cena al tavolo che dava sulla terrazza, con tanto di candele accese sopra. Cercai più che potevo di farla ridere, e complice il vino mi riuscì benissimo. Mai feci accenno al sesso scherzando, sapevo lo trovava un pò volgare, e io ero d'accordo. Lo fece invece lei, diventando seria, quando mi chiese dei miei vizi. Temetti una crisi, ma decisi di rispondere. Le raccontai di come fantasticavo su di lei, di come la osservavo, e di come cercavo di sentirla vicina con le mie visite furtive ai suoi cassetti della biancheria. -Provavi piacere? Chiese. Mi fece abbassare lo sguardo mentre rispondevo di si. Sembravo un ragazzino che stesse confessando i suoi errori a mamma. Mi parve impossibile che non si fosse mai accorta delle tracce che lasciavo o delle sparizioni dei collant che le portavo via, ma non ebbi il coraggio di domandarglielo. Come se mi leggesse nel pensiero, fu lei a riprendere il discorso dicendo che a volte non si spiegava certe macchie, che scopriva una volta indossate le calze. Ebbi un fremito, di quelli che poi mi rendevano incontrollabile, immaginarla con addosso i collant macchiati dal mio sperma ormai asciutto, nel gesto di passarci sopra le dita, e poi di toglierli per cambiarsi, mi fece girare la testa. Si alzò e mi venne vicina, poi si sedette sulle mie gambe, e prese ad accarezzarmi la testa. Le cinsi con una mano la schiena, e con l'altra andai dritto sulle gambe, prima aperta su entrambe, poi feci scivolare le dita in mezzo alle sua cosce accarezzandola. Realizzai che lei si stesse comportando come una terapista, che cerca di tirarti fuori dal problema provocandoti un indigestione. Certi vizi si mantengono solo col proibito, mi venne da pensare, una volta concessi, diventano routine. Quando la mia mano fece per salire e scomparve sotto la gonna, mi prese il braccio fermandolo. Si alzò e andò in bagno. Sparecchiai, e infine mi sedetti anche io sul divano per la prima volta. Tornò, e si sedette accanto a me, non persi altro tempo, la tirai a me, e la baciai, esplorandone ogni angolo della bocca, ricambiato con la sua lingua che si arrotolava alla mia. Sapeva di buono, era eccitante, stavo baciando con passione la donna che desideravo da anni. La mano andò dritta su suo sesso, stavolta senza ostacoli, ne sentì il morbido della sua figa, non portava lo slip, sopra il velo di nylon si sentiva l'umido dei suoi umori. La sollevai prendendola in braccio, rimanemmo con le bocche incollate, spinsi la porta della camera da letto con il piede, e la adagiai sul letto. Ci spogliammo a vicenda per quanto possibile, le rimase la camicetta ad un polso per via del polsino cancora chiuso, le sfilai il reggiseno e godetti a piene mani del suo seno portandolo alla bocca. Ci sdraiammo di fianco, lei mi sfilò la cintura dei calzoni e cominciò ad aprirli, io la baciavo ovunque mentre le mani non sapevo più dove toccarla. Alla fine mi sfilai i boxer, e rimasi nudo. Lei quasi, scarpe e collant ancora addosso. Avevo visto bene, niente slip. Il pelo curato schiacciato sotto il collant era eccitantissimo. Presi ad accarezzara con decisione aprendo e chiudendo la mano sulla sua figa. Lei si allungò e finalmente lo prese in mano. Mi fermai a guardare. Non sono un superdotato, ma le sua mani piccoline e affusolate mi facevano tale. Vidi che non lo guardava, ma la mano sapeva muoversi molto bene. La spinsi dolcemente in posizione supina. Mi inginocchiai davanti a lei fra le gambe, presi per quanto potevo il collant con le dita, e diedi uno strattone strappandolo. Le venne fuori un suono dalla gola, quasi un grido a metà fra lo stupore e il godimento. Il collant si separò sulla cucitura centrale, ma liberò completamente la via. Mi tuffai e presi a leccarle il sesso, a mangiarlo con voracità. Stavolta le sue mani sulla nuca a tenermici sopra arrivarono subito. Smisi solo perchè anche lei voleva la sua parte. Rimasi su di un ginocchio e glielo misi davanti alla bocca.
Dopo un attimo ci scomparve dentro fino a metà, l'altra metà fuori era coperta dalle sue dita. Mosse la testa avanti e indietro succhiando e leccandomi il cazzo, io chiusi gli occhi per il piacere, che arrivava più dal pensiero di chi mi stava facendo un pompino che il pompino stesso.
Mi sfilai malvolentieri dopo pochi minuti, ma davvero correvo il rischio di venirle in bocca, e non volevo iniziasse così la notte. La spinsi giù piano, poi le andai sopra. Tremavamo entrambi. Appoggiai il glande alla sua figa, lo feci scorrere in alto e in basso, lo tenni semplicemente appoggiato, e poi mentre le guardavo il volto, presi ad entrare dentro di lei lentamente. Mentre ne sentivo il calore, la vidi cambiare espressione, aprire la bocca e fissarmi negli occhi. Non avevo mai provato una figa così morbida ed accogliente, quando ne arrivai al fondo mi parve di sciogliermi, avrei voluto eiaculare in quel momento, senza muovermi ulteriormente, era davvero un nido caldissimo. Mi incrociò le gambe dietro la schiena e mi spinse ancora più a fondo, lasciandosi scappare un mugolio profondo. Rimanemmo così a lungo, lei contraeva i muscoli del sesso e io ne sentivo la pressione. Fu capace di godere senza che io le scorressi dentro. Si piegò verso di me respirandomi forte all'orecchio. Rimasi ancora immobile, stupito di quell'esperienza che solo una donna molto calda può regalarti. Sentivo la sborra cominciare ad uscire piano che mi provocava un piacere continuo alla base della schiena. Lei non sciolse le gambe da dietro la mia schiena, ma le allentò solamente. Poi sentì la sua mano che cercava i miei coglioni e prendere ad accarezzarli. E qui si ruppero gli argini, venni contraendomi e senza trovare abbastanza fiato per gridare quanto stavo godendo, svuotandomi dentro di lei senza trovarne sufficiente spazio, la sborra prese la via più consona, prima intorno al mio cazzo e poi uscendo dalla sua figa a lambirmi i testicoli quasi doloranti. Mi lasciai andare su di lei, ansante e sudato senza più energia. Malgrado fossero passati pochi minuti, mi parve fosse stata la scopata più lunga della mia vita. Una scopata che durava da anni.
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