Era la sera di una caldo sabato di metà giugno e mi trovavo, come spesso capitava, invitato a cena a casa di Davide e della sua ragazza Marta.
Davide è un mio collega di lavoro. Entrambi lavoriamo per una azienda di informatica svolgendo attività di monitoraggio h24 e questo ci porta frequentemente a dover svolgere turni notturni.
La sua ragazza Marta ha 26 anni e pur non essendo particolarmente appariscente è decisamente carina, bionda con i capelli lunghi fino alle spalle e un seno non esagerato ma dalle forme perfette.
I suoi fianchi leggermente larghi le ingrossano un po’ il culo ma questo non è affatto un difetto, anzi il suo fondoschiena è la cosa che di lei mi ha sempre fatto arrapare maggiormente, tanto da avergli dedicato ben più di una sega.
Capita spesso che mi fermi a fissarglielo stando ovviamente sempre attento che Davide non si accorga di nulla.
Il sabato in questione Davide era di turno la notte. Decise di invitarmi a casa sua per cena e per vedere insieme la prima partita dell’Italia agli Europei di calcio; al termine della partita, intorno alle 23, sarebbe poi uscito per andare a lavoro e io sarei tornato a casa.
Arrivai a casa di Davide e Marta intorno alle 19.30. Marta venne ad aprirmi la porta; indossava una magliettina bianca e dei pantaloni attillati con una fantasia zebrata bianca e nera.
L’idea iniziale era quella di ordinare una pizza ma Marta insistette per preparare un primo così si mise ai fornelli e preparò un piatto di pasta mente io e Davide restammo sul divano a chiacchierare fino a quando la cena fu pronta.
Al tavolo, oltre al cibo, non mancava il vino rosso e tra una chiacchiera e l’altra ne consumammo una intera bottiglia.
Per quanto Marta solitamente bevesse meno di noi non si fece scrupoli a mandarne giù due bicchieri.
La cena si concluse con un giro di amari.
Anche in questo caso Marta non si tirò indietro. Brindammo all’Italia, poi io e Davide prendemmo posto sul divano; mancavano ormai solo pochi minuti al fischio d’inizio della partita.
Marta rimase in piedi a lavare i piatti e riordinare la tavola.
Passai i primi minuti di partita più a guardare Marta che la partita, o meglio il culo di Marta, ovviamente cercando sempre di non farmi vedere da Davide.
Quando terminò di lavare i piatti si accomodò con noi sul divano.
A quel punto capitò una cosa che ai miei occhi risultò particolare.
Capitava spesso che mi intrattenessi con loro dopo cena guardando la TV sul divano ma mentre solitamente Marta si accomodava sul lato sinistro opposto al mio e Davide al centro questa volta Marta prese posto tra me e Davide.
Non credo che la cosa avesse particolare significato per lei ma per me lo aveva eccome.
Iniziai immediatamente a fantasticare pensando per un momento di trovarmi all’interno della trama di un film porno.
Immaginai Marta, annoiata dalla partita, infilare una mano sotto i suoi pantaloni attillati ed iniziare a toccarsi con delicatezza per paura di non essere scoperta.
La immaginai ansimante con gli occhi chiusi mentre le sue dita aumentavano il ritmo con cui spingevano sulla sua vagina. Quando si accorse che era impossibile non aver attirato la nostra attenzione la immaginai togliere la mano dai pantaloni per tenderla all’altezza del cavallo dei miei e, dopo aver massaggiato dolcemente il mio pacco, slacciato lentamente la cintura e sbottonatomi i pantaloni, infilare la sua dolce mano prima nella sua bocca e poi sotto i miei boxer cominciando a masturbarmi mentre faceva lo stesso con Davide dall’altra parte del divano.
Dal sincronismo e dalla scioltezza con cui muoveva mani e braccia si capiva che doveva essere abituata a maneggiare più cazzi contemporaneamente.
La immaginai quindi scivolare sempre più giù dal divano senza lasciare la presa dai nostri membri, girarsi e prenderli in bocca a suo piacimento mentre noi le accarezziamo la testa.
“Ti piace la mia ragazza?”, mi chiese Davide.
“Molto”, risposi io; “con questi pantaloni zebrati poi…meriterebbe di essere rinchiusa in una gabbia e messa in mostra in un giardino zoologico…sarebbe l’attrazione principale del parco, gli spettatori pagherebbero fior fior di quattrini per vederla masturbarsi dietro le sbarre”, aggiunsi guardando Marta succhiarmi il cazzo.
“Se mi pagassero bene poi…farei entrare a scoparsela cani e porci!”, disse Davide sorridente.
Mi ridestai ahimè dai miei pensieri; il mio film porno non era ancora realmente cominciato e Marta restò seduta in mezzo a noi per tutto il primo tempo. Ogni tanto mi sorrideva quando i nostri sguardi si incrociavano ma niente di più.
Durante il secondo tempo i miei pensieri su di lei si placarono e riuscii a restare abbastanza concentrato sulla partita. Il match terminò con una convincente vittoria dell’Italia e Davide, con la scusa di dover festeggiare la vittoria, rovesciò un altro giro di amari per tutti. Anche Marta non si tirò indietro sebbene non fosse abituata a bere più di un bicchiere dopo cena.
Fu quindi subito ora di tornare a casa in quanto come detto Davide doveva iniziare il turno di lì a breve.
Davide salutò Marta con un bacio sulla bocca; io le diedi due baci sulla guancia, scesi le scale insieme a Davide e uscimmo dal palazzo.
Ci intrattenemmo ancora un paio di minuti prima di salutarci e andare verso le rispettive auto, io per andare a casa e Davide per recarsi a lavoro.
Guidai per circa un quarto d’ora prima di accorgermi di non avere più con me il telefono cellulare. Accostai e cercai per vedere se mi fosse caduto in macchina senza però trovarlo; dovevo averlo lasciato a casa di Davide.
Tornai indietro cercando di fare prima possibile sperando che Marta non fosse già andata a dormire.
Parcheggiai sotto casa sua e citofonai; passò circa un minuto prima che Marta rispondesse.
Mi scusai con lei al citofono e le dissi che probabilmente avevo dimenticato il cellulare di sopra.
“Sali…ti aspettavo”, disse.
Il portone si aprì ed entrai. Salii al terzo piano in ascensore, la porta di casa di Marta era leggermente aperta.
Entrai timidamente e vidi Marta appoggiata al muro. Aveva addosso un accappatoio bianco e ai piedi delle ciabattine trasparenti che lasciavano i suoi meravigliosi piedini in bella vista.
“Scusami tanto”, dissi ancora imbarazzato per la situazione.
“Non ti preoccupare…il tuo telefono è lì”, disse facendo cenno con il capo verso il tavolo della cucina.
“Non era mia intenzione disturbarti mentre facevi la doccia”, dissi ancora.
“Stai tranquillo nessun disturbo…già che sei qui, ti va un altro bicchiere di amaro?”, disse sorridendo.
“No ti ringrazio…devo anche guidare…scappo almeno ti lascio dormire”, dissi io.
“Dai prendilo un bicchiere…lasci bere una ragazza da sola?”, disse avvicinandosi al tavolo e riempiendosi il bicchierino; “Beh se la metti così…non sapevo che lo bevessi anche tu”, risposi io.
Scostò una sedia e mi fece accomodare, mi versò da bere, si sedette davanti a me e sollevò il bicchiere per un cin-cin.
“Di solito non bevo così tanto ma faccio un’eccezione…sai stasera mi sono veramente annoiata”, disse Marta prima di mandare giù un sorso di amaro.
“Lo immagino…ti capisco”, dissi io.
“Odio il cazzo…”, disse ancora lei. Era decisamente brilla tra il vino e l’amaro che aveva bevuto durante la serata.
“Cosa?”, dissi io sorridendole e guardandola fissa nei suoi occhi lucidi.
“Non mi piace il calcio”, disse nuovamente mandando giù un altro sorso di amaro.
“Ah ok”, dissi sorseggiando a mia volta l’amaro.
“Cosa avevi capito?”, disse lei ridendo.
“Niente”, dissi io imbarazzato.
“E dai…me lo puoi dire”, disse ancora lei.
“Hai detto cazzo”, esclamai io.
“Cosa?”, disse lei fingendo di cadere dalle nuvole.
“Hai detto che non ti piace il cazzo, che lo odi”, le dissi ancora io.
“Pfff non ho mai detto così”, sbuffò lei; “mi piace abbastanza il cazzo!”‘ proseguì ridendo.
Io rimasi in imbarazzo ma capii in breve tempo che non c’era ragione di esserlo e accennai a mia volta una risata; Marta non si poteva dire ubriaca ma certamente l’alcol le aveva tolto un po’ di lucidità.
Ripresi ad avere nuovamente fantasie sessuali su di lei, per questo decisi che era meglio alzarsi, salutarla e andare via.
“Meglio andare va”, dissi sorridendole.
Non feci in tempo ad alzarmi dalla sedia che Marta mi riempì nuovamente il bicchierino di amaro.
“L’ultimo!”, mi disse sorridendo. Non potevo dire di no a quel sorriso e ai suoi occhi, nessuno avrebbe potuto così restai seduto a bere.
Mentre sorseggiavo l’amaro sentii qualcosa spingere contro la mia gamba; Marta aveva iniziato a strusciare la sua caviglia sui miei polpacci. Abbassai lo sguardo sotto il tavolo e vidi il suo bel piedino scalzo con le unghie smaltate di colore argento.
Inutile dire che il mio cazzo, già duro per tutti i pensieri che avevo fatto tutta la sera su di lei, divenne di marmo.
Marta mi fissava negli occhi senza mai distogliere lo sguardo. Era abbastanza chiaro quello che voleva.
Se fosse stata davvero ubriaca probabilmente me ne sarei andato ma come ho detto non lo era, il suo essere un po’ brilla le toglieva soltanto qualche freno inibitorio per permetterle di ottenere ciò voleva veramente.
Decisi di affondare il colpo e questa volta fui io a rovesciarle l’ennesimo bicchiere di amaro dopo aver bevuto il mio.
“Adesso tocca a te”, le dissi.
Marta prese il bicchiere e bevve senza fare complimenti, così velocemente che il liquore le andò di traverso; diede un colpo di tosse e una goccia di amaro le scivolò dal mento lungo il collo per poi scivolarle in mezzo al seno scomparendo sotto l’accappatoio.
“Ehi piano…”, le dissi ridendo. “Dell’alcol non si deve sprecare nemmeno una goccia”, dissi ancora.
“Ah, sì?”, disse Marta alzandosi in piedi e avvicinandosi a me.
“Avvicinati”, mi disse ancora.
Restò quindi ferma in piedi di fronte a me.
“Dell’alcol non si deve sprecare nemmeno una goccia…dimostramelo”, mi disse.
Mentre diceva queste parole con la mano destra scostò l’accappatoio lasciando intravedere il seno e con l’altra mano mi spinse la testa contro il suo petto.
Rimasi per un attimo interdetto dalla situazione e dall’odore di amaro misto bagnoschiuma della sua pelle.
Ci misi qualche secondo a capire cosa dovevo fare ma poi lo feci; tirai fuori la lingua e la passai più volte nella riga del suo seno, poi salii lungo il mento alzandomi in piedi e quando arrivai all’altezza della bocca le diedi un bacio che durò per diversi secondi.
Quando le nostre bocche si lasciarono la guardai negli occhi e lei fece lo stesso.
Il suo sguardo lasciava trasparire tutta la voglia di sesso che aveva dentro.
Era una situazione troppo vantaggiosa per lasciarmela sfuggire, un’occasione che capita poche volte nella vita, una soddisfazione che ero deciso a prendermi.
Le accarezzai i capelli e le chiesi cosa volesse veramente da me; lei avvicinò la bocca al mio orecchio.
“Voglio che me la lecchi come nessuno altro prima d’ora”, disse quasi sussurrando, poi mi poggiò una mano sulla testa e mi invitò ad abbassarmi di fronte a lei.
Mi inginocchiai senza fare resistenza alcuna; Marta divaricò leggermente le gambe, tirò su l’accappatoio e fece sparire la mia testa sotto di esso.
L’odore della sua vagina appena lavata mi fece letteralmente impazzire, mi sentivo la persona più eccitata e felice del mondo.
Cominciai a strofinare il naso su di essa, poi iniziai a leccargliela senza sosta.
Portai entrambe le mani sul suo culo e la spinsi verso di me come se volessi entrare dentro di lei con tutta la testa.
Continua a leccargliela per almeno 5 minuti, arrapato come non mai sentendola ansimare.
Quando tolsi la testa da sotto l’accappatoio la guardai, lei sorrise.
“Ti va di far divertire una ragazza annoiata?”, disse Marta.
Si voltò e si piegò a novanta gradi appoggiando i gomiti sul tavolo della cucina.
Mi alzai e avvicinandomi a lei le misi entrambe le mani sul culo cominciando a palparla.
Aveva un bel sedere sodo, la palpai prima sopra l’accappatoio e poi sotto.
Le alzai quindi l’accappatoio lasciandole scoperto il sedere; lei portò le mani sulle natiche e le allargò mostrandomi il suo orifizio in tutta la sua maestosità.
Il mio cazzo spingeva così forte nelle mutande da farmi quasi male; mi slacciai lentamente i pantaloni mentre lei si sistemò un ciuffo di capelli con una mano mentre con l’altra continuava a tenere spalancato il culo.
Marta si risollevò in piedi voltandosi e inginocchiandosi di fronte a me.
“Lascia che ti aiuti”, disse guardandomi negli occhi; “sei mio ospite”, disse ancora.
Mi slacciò i bottoni dei pantaloni facendomeli scendere fino alle ginocchia, poi mi abbassò delicatamente i boxer fino a che il mio membro non le spuntò davanti al naso.
Marta lo fissò come un bambino fissa un cono gelato in una calda giornata d’estate; lo prese in mano e cominciò a segarmi piano piano tornando sorridente a fissarmi negli occhi, poi se lo mise in bocca e cominciò a succhiarlo.
Marta sapeva usare la lingua come poche ragazze sapevano fare, per abitudine o forse per dono naturale spompinava meglio di una dea.
Quando dopo diversi minuti se lo lasciò uscire di bocca si riposizionò a novanta gradi sul tavolo, si sputò sulle dita di una mano e cominciò a massaggiarsi delicatamente la vagina.
Mi avvicinai a lei, le slacciai la cintura dell’accappatoio e lo sollevai lasciandole nuovamente scoperto il culo, quindi presi in mano il membro e dopo averlo maneggiato per qualche secondo scostai la sua mano e glielo spinsi con decisione nella figa.
Un urlo di godimento uscì dalla bocca di Marta appena si sentì penetrata.
Cominciai a muoverlo lentamente dentro di lei per poi aumentare sempre di più il ritmo.
Marta ansimava come una cagna accaldata.
Continuai a fotterla a ritmo sempre più sostenuto, di tanto in tanto le tiravo qualche schiaffo deciso sulle natiche e le chiedevo di girarsi per prendermelo in bocca.
D’un tratto mi chiesi come avrebbe reagito se avessi provato a infilarglielo nel culo.
Mi feci coraggio e decisi di violarglielo senza chiederle il permesso; tirai quindi fuori il membro dalla vagina e glielo spini nel culo con decisione.
Marta tirò un urlo di dolore.
“Scusa, ho sbagliato buco!”, dissi imbarazzato.
“Stai attento cazzo!”, disse Marta ancora sofferente.
“Scusami tanto”, dissi fingendomi dispiaciuto nascondendo invece la mia enorme soddisfazione.
“Non fa niente…”, disse lei; “ma stai attento”, aggiunse mentre cercava di riprendere fiato.
Non sapevo se prendere quel “non fa niente” come una autorizzazione a continuare nel culo così decisi di chiederglielo.
“Posso continuare qui o preferisci di no?”, le dissi accarezzandole l’ano.
“Fai piano ti prego…”, disse quasi sussurrando.
Non me lo feci ripetere due volte. Ripresi in mano il membro, mirai il suo buco del culo e glielo misi di nuovo dentro questa volta con estrema delicatezza.
Cominciai a spingere piano per poi aumentare sempre di più il ritmo; ogni spinta era scandita da un urlo sempre più forte.
“Aspetta”, disse lei a bassa voce tra un grido e l’altro.
Feci finta di nulla e continuai a fotterla nel culo come se non avessi affatto sentito la sua richiesta finché non si lamentò così forte che dovetti fermarmi.
Cercò di recuperare più fiato possibile e cominciò a parlare: “vai di là in camera e guarda nel mio comodino, c’è del lubrificante”.
Mi levai scarpe e calze e sfilai di dosso pantaloni e mutande. Levai anche la maglietta e buttai tutto su una sedia rimanendo completamente nudo.
Andai quindi in camera a cercare il lubrificante come da richiesta; mentre mi dirigevo in camera pensai al perché Marta non mi avesse detto subito di prendere il lubrificante senza aspettare che le rompessi il culo. Probabilmente aveva così tanta voglia di farselo sfondare da non voler aspettare un minuto di più; “la prossima volta ci pensa due volte prima di fare la troia con me”, pensai soddisfatto.
Tornai con il lubrificante in mano, Marta non si era mossa di un centimetro facendosi trovare ancora piegata sul tavolo.
Mi misi un po’ del gel sulle mani e comincia a passarlo sull’ano già arrossato di Marta.
Lei sembrò apprezzare ed avere sollievo mentre glielo spalmavo.
Cercai di abbondare con il lubrificante con l’idea di incularla per parecchio tempo ed è quello che effettivamente feci.
Glielo spinsi nel culo ancora e ancora, quando glielo toglievo le riempivo le natiche di sonori schiaffi senza darle tregua.
Quando dopo diversi minuti Marta riuscì ad alzarsi dal tavolo, le levai l’accappatoio di dosso e dopo averlo gettato per terra la feci inginocchiare sopra di esso mettendole una mano sulla testa e spingendola in giù.
Marta lo prese in bocca e ricominciò a succhiarlo avidamente ripulendomi la cappella dalle prime tracce di sperma che uscivano dal mio membro.
Le spinsi più volte la testa verso di me in modo da farcelo stare per intero nella sua bocca; per qualche secondo riuscii addirittura a metterle in bocca anche le palle, quindi la sollevai di peso prendendola in braccio facendole sfilare dai piedi una delle due ciabattine e la portai verso la camera per poi sbatterla sul letto.
“Chissà quante cavalcate leggendarie qua sopra, vero?”, le chiesi.
Marta sorrise, il suo sguardo da porca era di per sé una risposta affermativa.
La scopai nuovamente in diverse posizioni; prima facendola sdraiare su un fianco, poi a smorzacandela e per finire ancora a pecorina.
Marta si lasciò fottere a intermittenza nella figa e in culo come una cagnolina ubbidiente.
Ormai glielo sbattevo nel culo senza farmi più scrupoli usando tutta l’energia che avevo in corpo.
Mentre la inculavo a pecorina le sfilai la ciabattina che le era rimasta al piede e la utilizzai per schiaffeggiarle più volte il culo, poi gettai la ciabatta a terra e con un braccio riuscii ad aprire la finestra della camera, poco distante dal letto; volevo infatti che tutti sentissero la troia urlare di piacere sperando magari che proprio in quel momento passasse qualcuno di sua conoscenza, possibilmente che sapesse che il suo fidanzato in quel momento non era in casa.
La finestra dava infatti sbocco proprio su una strada poco trafficata e silenziosa pertanto chiunque passasse di lì non avrebbe potuto evitare di sentire i mugugni da cagna in calore di Marta e il rumore delle mie palle che sbattevano senza sosta contro il suo fondoschiena.
Quando ritenni di averle sufficientemente distrutto il culo fu il momento di venire e mi parve carino chiederle se era solita ingoiare o se di solito ne faceva a meno.
Mi rispose che mi era concesso fare tutto quello che desideravo.
Il mio primo pensiero fu quello di sborrarle in bocca, poi valutai l’ipotesi di venirle sul viso fino a quando mi venne un’idea che ritenni decisamente più eccitante e che vedeva soddisfatto anche il mio primo pensiero.
Andai in cucina, presi il suo bicchierino per l’amaro, tristemente vuoto e appoggiato al lavandino, e lo portai in camera appoggiandolo sul comodino di Marta.
Ripresi nuovamente il mio membro in mano e lo infilai nella bocca di Marta per un ultimo pompino, quindi le venni abbondantemente in bocca intimandole di non ingoiare.
“Tieni tutto in bocca…voglio che ci giochi un po’”, le dissi.
La guardai con la bocca piena di sperma e fui davvero felice dell’evoluzione che aveva avuto la serata; non provavo il minimo risentimento o rimorso verso Davide che era sì un mio collega ma non potevo certo definirlo un amico. E poi era stata Marta a provocarmi, era stata lei a volere che le cose prendessero questa piega.
Presi quindi il bicchierino vuoto dal comodino e lo avvicinai al viso di Marta; “Avanti, sputa fuori”, le dissi.
Marta prese il bicchiere dalle mie mani, lo avvicinò alla bocca e lasciò scivolare lo sperma fuori da essa riempiendolo per metà.
Le feci sorseggiare tre o quattro volte lo sperma chiedendole sempre di non ingoiare e facendoglielo risputare nel bicchiere.
“Aspetta ora…non si lascia bere una ragazza da sola, me lo hai insegnato tu”, le dissi mentre mi recavo in cucina dove presi il mio bicchiere e mi rovesciai dell’amaro, pregustando eccitato ciò che avrei visto di lì a pochi secondi.
Tornai da Marta e le proposi un brindisi per concludere questa magnifica serata.
Dopo il cin cin sorseggiai lentamente il mio amaro guardando Marta ingoiare tutto d’un fiato il mio sperma. Sembrò gradirlo molto dal momento che passò la lingua dentro il bicchiere per ripulirlo completamente da ogni residuo del mio seme.
Tenne quindi il bicchierino vuoto con tutte e due le mani come fosse in preghiera e sembrò chiedere il bis.
“Non ho più niente per te, mi dispiace”, le dissi sorridendo mentre le accarezzavo la testa come si direbbe a una cagna che aspetta il bis di croccantini dopo aver svuotato la ciotola.
Marta rimase immobile con il bicchiere teso verso di me.
Non riuscivo a dire di no ai suoi occhi dolci così mi venne in mente un’altra idea; non so se era quello che anche Marta aveva in mente e nemmeno credevo che le avrebbe fatto piacere quello che stavo per fare ma decisi istintivamente di metterla in pratica.
Avvicinai il membro al bicchierino chiedendo a Marta di continuare a tenerlo stretto davanti a lei, quindi ci orinai dentro riempiendolo per tre quarti. Ogni tanto lasciavo volontariamente che il getto colpisse il bicchiere in modo che alcuni schizzi le finissero di rimbalzo sulle mani, sui capelli e sul viso da cui le gocce scendevano rapidamente lungo tutto il suo corpo.
Presi poi il bicchierino dalle sue mani; con la mano libera la tirai per i capelli verso il basso in modo che alzasse lo sguardo verso il soffitto, quindi rovesciai lentamente il contenuto del bicchiere lungo il suo collo.
Rimasi a guardare le gocce scenderle sul seno fino a sopra le cosce mentre alcune sparivano in mezzo alle gambe.
Accostai quindi il mio cazzo al suo viso e glielo misi per un’ultima volta in bocca per farmi ripulire completamente la cappella dalla sua lingua esperta; quando lo tirai fuori glielo sbattei più volte sulle guance schiaffeggiandola in segno di gradimento riguardo a come era andata la serata.
Andai in cucina a riprendere i miei vestiti. Raccolsi da terra la ciabattina che si era sfilata dal piedino di Marta nel tragitto tra la cucina e la camera da letto.
Tornai in camera e mi rivestii davanti a lei; Marta restò inginocchiata a terra a guardarmi fino a che non terminai di vestirmi.
Mi chinai poi verso di lei e le diedi una carezza sul viso, quindi le mostrai la ciabatta che avevo raccolto; “se non ti dispiace questa la tengo come ricordo”, le dissi.
“Ehi no…mi serve”, replicò lei cercando invano di strapparmela di mano.
Le dissi che non mi importava se le servisse o meno e che l’avrei portata via io; accettò soltanto quando accennai che il dovergliela restituire sarebbe stato un buon pretesto per rivederci.
“Adesso apri la bocca”, le dissi. Marta ubbidì ed io le misi la sua ciabattina in bocca facendogliela stringere tra i denti. Recuperai il telefono cellulare e le scattai un paio di foto ricordo che avrei gelosamente custodito insieme alla ciabatta di cui ripresi possesso sfilandogliela dalla bocca.
“Quando è la prossima partita?”, disse quindi Marta alzandosi da terra e avviandosi verso il bagno per sistemarsi un po’.
“Spero presto!”, risposi io guardandole nuovamente il culo arrossato e ringraziando tra me e me non so quale Dio per avermi concesso la possibilità di sfondarglielo.
“La rivoglio per quel giorno!”, la sentii ancora dire dal bagno.
“La riavrai, non ti preoccupare”, dissi infilandomi la ciabatta nella tasca dei pantaloni e avviandomi verso la porta.
Attesi qualche minuto davanti alla porta che Marta finisse di risistemarsi un po’ e venisse a salutarmi; quando tornò indossava un asciugamano.
“Per colpa tua adesso devo rifare la doccia”, disse.
Aprii la porta per farmi uscire, poi accertandosi che non ci fosse nessuno nei paraggi mi mise le mani intorno al collo e mi salutò con un bacio.
Stavo per chiudere le porte dell’ascensore quando sentii riaprirsi la porta e la voce di Marta; “il cellulare!”, esclamò.
Portai una mano prima su una tasca e poi sull’altra; l’avevo dimenticato ancora da lei, sul comodino.
Uscii dall’ascensore e Marta mi porse il cellulare.
“Dove hai la testa?”, disse sorridendo.
Presi il cellulare dalle sue mani e le sorrisi a mia volta.
“Questa volta non ho nemmeno avuto bisogno di nascondertelo per farti tornare…”, aggiunse.
Mi si buttò quindi al collo per l’ennesimo ultimo bacio. Mentre la baciavo la sentii cercare furbescamente con una mano di sfilarmi la sua ciabatta dalla tasca ma io mi dimostrai più rapido di lei; con una mano le sollevai l’asciugamano scoprendole il sedere mentre con l’altra estrassi rapidamente la ciabatta dalla mia tasca e gliela picchiai per un’ultima volta sul culo con tutta la forza che avevo nel braccio; “per ora ti dovrai accontentare del segno…”, le dissi sorridendo e rimettendomi la ciabatta in tasca.
Marta urlò di dolore e piacere, quindi mi baciò morsicandomi poi il labbro in segno di vendetta.
Le sorrisi prima di riprendere l’ascensore.
“Lurida troia…”, pensai premendo il bottone per scendere al piano terra.
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