Mea culpa
E’ ormai un anno che copulo, una volta alla settimana, con Aldo, un fustaccio conosciuto ad una festa di amici; si era imboscato accompagnando una vecchia amica matura e mi aveva catturato immediatamente col fascino fresco del montanaro rozzo ma abituato alla vita all’aperto; l’amica mi aveva cantato le sue lodi a letto ed avevo deciso, seduta stante, che andava bene, per la mia scelta di cornificare Alex, fare ogni giovedì una passeggiata al paese.
Per lui era difficile venire in città, dove comunque il soggiorno pesava a lui e a me; invece, con un viaggio di tre quarti d’ora di macchina, raggiungevo il suo paese, prendevamo una camera nell’unico albergo e lì lo svuotavo fino a sera, rientrando a casa in maniera inoppugnabile; la noia era che quasi tutto il percorso era su una statale poco trafficata ma con molte intersezioni per la densa popolazione e i numerosi paesi sparsi nell’area.
Alla determinazione di fare le corna a mio marito ero arrivata, dopo cinque anni di fidanzamento e dieci di matrimonio, perché negli ultimi due mi ero sentita sempre più monile trai ‘suoi gioielli’; in altri termini, venivo esclusa da decisioni importanti, perché non avevo mai lavorato e non mi ero interessata del modo in cui lui, un piccolo imprenditore, era arrivato a mettere su una notevole fortuna.
Passati i trenta, avevo deciso di entrare nel vivo delle sue iniziative; ma non avendo neanche una semplice infarinatura dei meccanismi di attività ed avendo assunto decisioni sbagliate, imposte solo perché ero la ‘moglie del padrone’, mi trovai di fronte a feroci rampogne di mio marito che mi offesero molto; in risposta, decisi di organizzarmi per cornificarlo senza che se ne accorgesse.
Sbagliavo su tutti i fronti; ma mi andò bene, perché lui mi credette sempre sincera e leale, non controllò né conti né movimenti, non arrivò mai nemmeno a pensare che, dopo quindici anni, dai diciotto che avevo quando lo conobbi ai trentatré di quel momento, mi sarebbe all’improvviso saltato il ghiribizzo di tradirlo come l’ultima delle troie; misi alla prova tutta la mia perfidia e intrecciai tre relazioni, due volte con dirigenti di fabbrica e una col bull di montagna.
Creato l’alibi di una visita a mia nonna il giovedì pomeriggio, non mi era difficile mettermi in macchina e raggiungere rapidamente il paese, dove in breve tutti mi conoscevano e sapevano, ma non esistevano possibilità che la notizia arrivasse in città e a mio marito; parcheggiavo davanti all’unico albergo e passavo dal bancone a ritirare la chiave della camera 105 diventata, dopo poco tempo, quasi nostro appannaggio.
Anche quel maledetto giovedì pomeriggio, all’andata, le cose filarono lisce come l’olio, secondo uno schema e rituali ormai consolidati; alle tre ero in piazza, parcheggiai, scambiai un bacio con Aldo che mi aspettava davanti all’albergo, ritirai la solita chiave e ci dirigemmo alle camere; i gesti e gli ammiccamenti di lui con il proprietario e con gli amici non mi diedero fastidio; sapere che mi consideravano adultera e troia non mi turbava.
Una volta entrati, lui si spogliò velocemente dei pochi indumenti che, per esperienza, aveva indossato e mi fu davanti nello splendore apollineo del fisico solido, carezzato e temprato dal sole e dall’aria aperta; risaltavano i capezzoli grossi e duri più dei miei, la mazza prepotente, ancora leggermente barzotta, che pendeva tra due cosce come tronchi di pino; afferrai le natiche dure che mi eccitavano anche solo alla vista.
Mi cavò rapidamente il vestitino di seta con ampia scollatura che avevo indossato per praticità; in un attimo fui nuda anche io perché avevo rinunciato all’intimo; scalciai i sandali e mi sdraiai sul letto; mi venne vicino e mi coprì largamente tutta, baciandomi con intensa passione; il fallo adagiato contro la vulva mi stimolò presto una grande voglia di sesso; lo spostai col busto e mi attaccai ai capezzoli che presi a succhiare con la foga di un poppante.
Sentivo che la mazza reagiva gonfiandosi fra le cosce e spostai la lingua verso il basso, fino all’ombelico; lo tirai verso di me finché si sedette sul mio torace e adagiò il sesso tra i globi del seno; spinsi di lato per imprigionare la mazza e li mossi avanti e indietro facendo copulare il bastone tra i seni; con un movimento più lungo, fece arrivare la cappella alla bocca; la saggiai con la punta della lingua, poi la lasciai entrare tra le labbra.
Sentii che si eccitava e godeva molto, in quella strana ‘spagnola’ che sapevo piacergli molto; lo costrinsi a spostarsi e a mettersi in ginocchio; mi abbassai tutta e presi di nuovo il fallo tra i seni; ripresi la spagnola più tecnicamente e lo feci eccitare al punto che mi bloccò per non avere un orgasmo rapido; si spostò un poco, mi fece schienare supina e si sistemò fra le cosce.
Capito che andava a leccarmi la vulva, cominciai a colare al massimo dell’eccitazione; il cunnilinguo era la pratica preliminare che amavo di più, lo sapevamo entrambi e gustavo già il piacere della lingua in vagina; non mi deluse e diede il via alla leccata più ricca ed intensa che ricordassi; partiva dal ginocchio e percorreva le cosce e l’inguine per arrivare a mordicchiare, leccare e titillare con sapienza la vulva.
Le penetrazioni con le dita, una due e poi tre, nella vagina e nell’ano, la lingua che svariava su tutta la vulva per concentrarsi sul centro del piacere, i denti che mordicchiavano delicatamente e lussuriosamente tutte le superfici; il clitoride succhiato in bocca e fatto impazzire di piacere, tutto mi dava eccitazioni e orgasmi da farmi sentire svuotata; mi abbandonai languidamente.
Aldo si riprese dal cunnilinguo e decise che toccava a lui godersi la mia bocca; si stese supino e mi invito con gli occhi e coi gesti a succhiare l’uccello; era un autentico invito a pranzo a cui risposi semplicemente piegandomi sul ventre e accostando la bocca all’asta ritta al cielo; cominciai dolcemente, delicatamente passando la lingua su tutta la cappella; percorsi poi l’asta, lambendo tutto; sentivo vibrazioni ad ogni passaggio.
Arrivata al fondo, presi in bocca, uno per volta, i testicoli e li succhiai con gusto; sentivo che provava intense scosse di piacere; tornai con la lingua fino alla cappella e spinsi la mazza tra le labbra socchiuse; mi percorsi con il fallo in bocca tutti i gangli eccitabili; succhiai come un’idrovora e mi copulai in gola fino a soffocare; mi lanciai in una fellazione persino pericolosa; mi bloccò per non eiaculare.
Mi prese per le anche, mi sollevò un poco e spostò il mio corpo sul suo, col ventre verso la bocca; aveva davanti tutto il sesso e lo leccava con gusto; fermai la mia fellazione e mi lasciai succhiare e leccare vagina e ano; demmo vita ad un 69 epico, in cui mi preoccupai soltanto di alternare le funzioni per non perdere, nella simultaneità, il piacere di una bocca; esplosi in un orgasmo violento che mi fece spruzzare nella sua un saporitissimo squirt.
All’apice della lussuria, sentii la mia stessa voce che sussurrava “ti voglio dentro!”; intanto, mi stendevo sul letto a cosce aperte, con la vulva oscenamente spalancata e le braccia levate ad invitarlo a venirmi addosso; si sistemò sopra di me nella posa più opportuna, tastò la vagina con un dito, appoggiò il fallo e spinse; con un solo colpo mi percosse l’utero da farmi male; ma urlai solo di piacere.
Fu una cavalcata rapida e selvaggia; picchiava contro l’osso pubico con tutta la forza del suo corpo muscoloso, provocandomi qualche doloretto e tanta, tanta libidine; l’orgasmo che gli esplose fu di quelli che si ricordano; il mio fu dello stesso valore; sentii lo sperma colpire l’utero a spruzzi successivi, caricati dalla passione di una settimana di attesa e da una preparazione assai libidinosa.
Ci rilassammo qualche minuto, mentre, come al solito, imprecavo contro quel cornuto di mio marito, debosciato, senza palle, misero e impotente; ad Aldo avevo dato ad intendere che Alex fosse un poveretto vecchio, inutile, inabile e degno delle corna più dure; la convinzione che mai avrebbero potuto incontrarsi mi rendeva capace della miseria più ignobile, pur di giustificare, a me stessa prima che ad altri, la mia leggerezza.
Non appena ci fummo ripresi da quel primo assalto, Aldo mi chiese di mettermi immediatamente carponi sul letto; avevo imparato che amava molto prendermi a pecorina e non ebbi difficoltà ad assumere la posizione più comoda per la penetrazione; di quella pratica, apprezzavo soprattutto il trattamento che riservava ai seni, che artigliava da dietro sfregando tra le dita i capezzoli o usava per tirarmi a se quando il sesso penetrava.
La monta fu particolarmente intensa e ricca; mi strappò almeno due orgasmi violenti e mi sbatté il ventre contro le natiche con enorme passione, sapendo che era una cosa che apprezzavo molto; frenò apertamente l’orgasmo e capii che la mossa successiva sarebbe stata una penetrazione anale assai ricca e piacevole; sapeva che amavo seguirla momento per momento e si fermò a prelevare il tubo del gel per lubrificare.
Avvertii nettamente il passaggio del dito nello sfintere e lo accolsi con grande piacere; continuai a godere quando le dita furono due, poi tre e lui le ruotò abilmente per allargare il foro; quando entrarono a cuneo tutte e quattro, tranne il pollice che martellava il clitoride, capii che eravamo vicini alla penetrazione; mentalmente seguii tutto il percorso dell’accostamento della punta all’ano, la pressione per entrare e la forzatura dello sfintere.
La galoppata nel didietro fu un momento di estasi meravigliosa, rannuvolato solo per un attimo dalla riflessione, che avevo fatto stupidamente l’ira di dio quando Alex mi aveva sverginato l’ano e l’avevo respinto e odiato per un mese; ma erano ricordi di altri tempi, di altre persone, forse di un altro amore; al momento, il fallo di Aldo nel didietro era un’occasione di estasi pura, irrinunciabile.
Mi persi nella libidine e per alcune ore ci rotolammo nel letto copulando come non ci dovesse essere un domani, anche se sapevamo per certo che ci saremmo rivisti il giovedì successivo ed eravamo determinati a farlo, succedesse quel che voleva succedere; alla fine della serata, ero decisamente disfatta e dovetti faticare per recuperare, con il trucco, una dignità di immagine.
Ci eravamo attardati oltre ogni ragionevole limite; per ulteriore disgrazia, quando uscii dall’albergo, mi resi conto che pioveva ormai a dirotto; sapevo che la statale, in quelle condizioni, era di difficile praticabilità, ma ormai ero abbastanza padrona del percorso e mi avviai con una certa serenità; quando avevo percorso più della metà della tratta, uno scroscio improvviso, la classica ‘bomba d’acqua’ si abbatté sulla strada che stavo percorrendo.
Terrorizzata, mi accorsi che la macchina manovrava male e che il famigerato effetto dell’aquaplaning imponeva continue correzioni a ruote che andavano da sole; lo scuolabus, fortunatamente vuoto, mi apparve davanti all’improvviso come emerso dal nulla; il disperato tentativo di una brusca frenata all’ultimo momento aggravò solo la situazione; vidi l’automezzo che avvicinava terribile, udii lo schianto e persi conoscenza.
Mi risvegliai in un ambiente che solo lentamente riconobbi come camera d’ospedale; impiegai un certo tempo per rendermi conto che ero una mummia, fasciata dalla nuca ai piedi; accanto al letto, un agente di polizia poneva domande che mi arrivarono ovattate; non riuscii ad articolare parola; si arrese e comunicò che sarebbe passato quando fossi stata in grado di dare delle rispose alle molte domande.
Furono molti, i giorni necessari prima che mi togliessero, almeno in parte, le bende e il poliziotto potesse tornare ad interrogarmi; la cosa che mi colpì di più fu che, in tutto quel tempo, non vidi la faccia di mio marito; il timore che l’incidente avesse fatto scoprire la mia infedeltà mi assalì e mi tormentò per un poco; poi, seguendo uno schema ormai tutto mio, mi giustificai dicendomi che se l’era voluta e decisi che avrei negato fino alla morte.
Il poliziotto, appena poté parlarmi, mi chiese come mai fossi, a quell’ora, su quella strada statale e non sull’autostrada che portava a casa di mia madre dove, come aveva riferito mio marito, avrei dovuto essere; mi ero preparata a quella domanda e risposi prontamente che in un’area di servizio alcuni utenti aveva detto che l’autostrada era bloccata dalla pioggia in un certo tratto; avevo percorso la parallela.
Mi guardò quasi con pietà e mi avvertì che non solo non c’era stato nessun blocco in autostrada ma che dai dati che il GPS aveva trasmesso al computer di mio marito appariva chiaro che la mia provenienza non era casa di mamma ma un paese dell’interno dove pareva che io mi recassi frequentemente; quando gli chiesi perché mai indagasse, mi obiettò che era doveroso accertare la verità e che l’assicurazione a quel punto non pagava i danni.
La prima mazzata mi colpì al centro della nuca; ad Alex sarebbe arrivato il conto salato per i danni allo scuolabus e per la macchina distrutta; ‘peggio per lui’ fu il mio stupido commento mentale; nemmeno mi sfiorava l’idea che ora mio marito sapesse delle mie ‘visite’ settimanali ad una località sconosciuta ed insignificante; se fosse approdato alla verità, peggio per lui; ignorare di essere cornuto poteva quasi essere preferibile.
La mia presuntuosa sicumera durò il tempo necessario per tornare a casa; il referto medico parlava di danni alle gambe, per i quali sarebbe stata necessaria una costosissima riabilitazione; danni e ferite al volto mi avevano sfregiato e solo costosi interventi di chirurgia plastica avrebbero consentito di restituirmi la bellezza; per il momento, ero guarita dalle ferite più urgenti e mi rispedivano a casa, dove avrei dovuto stare a letto o muovermi in carrozzella.
Alex non lo vidi; mandò un taxi per farmi riportare a casa e una domestica mi aiutò a mettermi a letto; non avrei saputo cosa dirgli e preferivo stare zitta, ma avevo una fifa blu che avesse perso le staffe per quanto accaduto ormai due mesi prima, perché tale era stato il periodo di degenza ospedaliera; un giorno che il nostro medico venne a visitarmi per decidere sulle terapie, apparve Alex che mi guardava come un pitale sporco da vuotare.
Era venuto con Giancarlo, il suo amico e avvocato di fiducia; non capivo il perché, ma ormai ero preparata a rispondere a qualunque aggressione; stettero in silenzio ad osservare il medico che mi controllava e che alla fine annunciò che ci avrebbe indicato sia la palestra dove curavano le difficoltà di movimento come le mie sia la clinica del chirurgo plastico per ricostruire il mio viso; Alex ruppe il silenzio con una secca dichiarazione.
“Io non pagherò quelle cure e nemmeno l’acquisto della carrozzella. Giovanni, la legge mi impone di garantire l’assistenza basica, è così?”
“Sì, Alex; Noemi per la legge può anche stare a letto tutta la vita e tenersi le cicatrici; nessuno ti può imporre niente, se non vuoi, specialmente se si tratta di assistere una troia adultera e ladra.”
“Che diavolo vi inventate voi due? Tu sei mio marito e devi pagarmi la ricostruzione del corpo e del viso … “
“Noemi, mi dispiace; eri mia amica, ma dopo quel che ho saputo dai documenti non me la sento di perorare la tua causa; se vuoi un consiglio, accetta la separazione consensuale senza oneri; altrimenti sarà peggio per te.”
“Ma di che furti parlate? Quali sarebbero i documenti?”
“Fai bene a parlare di questo; i tradimenti non sono reato per la legge, anche se determinano un giudizio morale di condanna estrema; ma tu hai pagato con soldi di Alex le spese delle corna che gli facevi; l’uso della sua carta di credito senza la sua autorizzazione è furto; se porto le carte in tribunale, non solo scatta la separazione immediata senza oneri, ma vai anche in galera; tuo marito è generoso, proponendoti la conciliazione … “
“E’ un furto usare i soldi di famiglia?”
“Se hai firmato, come hai fatto tu, per il regime di separazione dei beni, i suoi soldi sono suoi e i tuoi sono tuoi; se foste in regime di beni comuni, comunque sarebbe reato usare i soldi vostri per danneggiare lui; le corna sono un danneggiamento; tu l’hai fatto in regime di separazione dei beni; hai rubato i soldi di tuo marito; la legge è questa.”
“Io non voglio distruggere il matrimonio; nessuno divida ciò che il Signore ha unito; e io sono cattolica.”
“Cara amica, quella religione parla anche di fedeltà, di fiducia, di amore; sono obblighi del matrimonio … “
“Io non ho tradito nessuno dei dogmi del matrimonio … “
Avevano bussato e Alex era andato ad aprire; entrarono insieme Aldo, Ida ed Elisa, due ragazze del paese che Noemi conosceva di vista; le si gelò il sangue, all’apparire del suo amante; aveva spesso temuto che Alex venisse a sapere di Aldo, ma vederlo entrare in casa propria era al di la di qualunque ipotesi fantasiosa; solo Alex poteva avere costruito una trappola così elaborata e difficile; la sicumera di Noemi subì un brutto colpo.
“Cara moglie, loro non devo presentarteli; sai benissimo chi sono; voi, signori, sappiate che quella malata è la mia ignobile moglie; secondo quanto questo verme ha detto, io sarei il marito debosciato, senza palle, misero, cornuto e impotente, è così che mi hai etichettato, vero verme? Oh, scusami; è stata mia moglie a suggerirti questi elogi, la mia cara mogliettina per la quale dovrei spendere un patrimonio perché torni a trattarmi da cornuto.
Non è così, adorata metà della mia vita? Sai, appena ho dedotto dal GPS dove potevi essere andata per ammazzarti quasi sulla strada, non è stato difficile raccogliere informazioni e sapere come mi hai dipinto; l’unico problema ce l’avrai a dimostrare che sono un impotente, dopo che Ernestina ha spergiurato che il mio ‘mostro’ ha fatto tremare anche lei che ha tanta esperienza.
Per tua notizia, il tuo presente amante ha anche dichiarato che, prima di lui, ce ne sono stati almeno altri due che sono dirigenti delle mie aziende; avvertili che un investigatore mi dirà chi sono e che non li licenzierò, ma li farò pentire di essere nati, a meno che mi portino le loro belle mogli da possedere sotto i loro occhi; e sono certo che sono bellissime donne perché credo di sapere di chi si tratta.
Se speri ancora di opporti alla separazione, bada che divento feroce; quando lotto, specialmente per le cose e le persone care, non ho pietà; io mi sono molto caro e ti distruggo se mi fai ancora male; decidi la separazione e fallo in fretta; più temporeggi e peggio di troverai. Sono stato chiaro?”
“Sì; io sarò altrettanto chiara; hai ragione, sono stata arrogante e supponente; ho creduto di piegarti e sono alla canna del gas; ma ti ho amato quando ero una ragazzina e ti amo ancora; non lo so dimostrare, ma ti amo; non voglio distruggere questo amore, il nostro matrimonio; devi perdonare, dimenticare due anni di follia e ricordare gli altri tredici di amore vero; non posso accettare di conciliare la fine della nostra vita; piuttosto faccio la guerra e mi faccio distruggere.”
“Ragazze, vi piace lo spettacolino comico della mia innamorata che mi canta il suo sentimento davanti all’ultimo dei caproni che ha scelto per farsi montare da cagna negli ultimi due anni? Quante persone credete che darebbero fiducia e questa donnaccia?”
“Senta, ingegnere; ormai è chiaro che lei è venuto al paese per approfondire un discorso difficile e amaro; ma noi le abbiamo creduto, quando ci ha detto che voleva vederci per parlare di un lavoro per il quale la sua parola sarebbe stata sufficiente; la troia ha dimostrato già quanto poco vale, forse anche meno di questo inutile e rozzo caprone; ma non vorrei che fossimo nella stessa area; è ancora valido il suo discorso sul lavoro possibile?”
“Ida, sarò anche una troia, una pessima moglie, ma lui è un uomo onesto e validissimo; è lui stesso, il padrone col quale ha detto che deve parlare; se vi ha fatto venire, è perché gli avete dato modo di capire che valete e ha già deciso il posto che occuperete. Da quanto tempo Alex frequenta il paese?”
“Arrivò dopo il tuo incidente; chiese informazioni e in poco tempo aveva la fiducia di tutti; si vedeva che era una persona di qualità; Ernestina ci fece anche l’amore e ha detto che è stato meraviglioso; detto tra noi, pensavamo anche che ci avrebbe chiesto qualche prestazione sessuale … e non avremmo detto di no!“
“Ragazze avrete tempo per rifarvi; per ora, vi faccio venire a prelevare e parlerete con il capo dell’ufficio personale che ha già tutti i documenti; vi ha trovato anche un miniappartamento per non subire ricatti trasferendovi in città; entrerete nella mia segreteria privata e, se vi farà piacere, vi porterò a cena e al dopocena; io non parlo a vuoto; per questo, il caprone adesso se ne va e sparisce dalla mia vita, se non vuole finire assai male; per inciso, non mi affascinano solo le mogli dei dirigenti traditori, ma anche le segretarie belle e disponibili.”
“Alex, cosa decidi per me?”
“Hai deciso da sola, scegliendo i miei nemici come amanti per offendermi al massimo, percorrendo decine di chilometri, ogni giovedì, per mettermi le corna, guidando come una pazza sotto la pioggia per goderti il tuo caprone; hai deciso tu di andartene, ma adesso pretendi anche di restare per farmi il maggior danno possibile; io posso solo ribadire la proposta; firma per la separazione consensuale senza obbligo ed io mi assumo le spese mediche per restituirti movimenti e bellezza.”
“Non voglio; non è per tigna; è per amore; preferisco restare storpia e sfregiata ma vivere con te, da separata in casa; tu ti terrai le segretarie, le mogli e le amanti che vuoi; te le porterai anche qui, se ti farà piacere e darai amore nel nostro letto anche ad amanti di una sola notte; io resto nella nostra casa, evitata da tutti perché brutta e zoppa, ma resto nel posto del nostro amore, quello vero e pulito, prima che impazzissi.
Mi dispiace perché so che non ti fa stare bene sentire queste cose, ma non reggo all’idea di lasciarti per sempre; preferisco amarti in silenzio, anche quando mi tradisci; preferisco vivere di ricordi, di un grande amore, di una grande bellezza, di sogni naufragati, di noi due, piuttosto che ricominciare sperando inutilmente di trovare una vittima della mia stupidità; ti amo, resto qui con te e riduco i miei spazi, ma non ti lascio.”
“Alex, mi sa che la ragazza si è presa una brutta mazzata, ma ha capito una cosa importante; ha sbagliato per amore e per tigna; la tigna la umilia piegandosi ad una vita difficile; ma l’amore non lo cede; bada che, per la tutela della salute mentale, visto che hai mezzi sufficienti, il giudice ti può imporre di farla curare; una donna storpia e sfregiata è a rischio di suicidio; se mi chiedesse di tutelarla, su questa base ti sconfiggerei.
Forse è meglio per te fare un passo indietro, se la storia che non l’ami più è un bluff, come sono convinto io; ti ha riempito di corna, ma è stato sesso che si lava via; ti ama e questo non ha prezzo; non cede e non si vende; se vuoi cercare un’altra via, posso solo suggerirti di farla curare e di tenerla all’angolo; se svaporano le pretese assurde, hai una donna che ti vive da tanti anni e che è pronta a recitare il mea culpa.”
“Va bene; fa male di più a me, cacciarla via non so in che condizioni; per salvare la faccia, fai tu per conto mio; se la morte vista da vicino l’ha cambiata, riusciremo a salvare qualcosa; se è un altro bluff, pagherà tutto in una volta.”
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