Ninfomania di vita - 04.La Ninfa incontra il Lupo

  • Scritto da Eriaku il 09/06/2022 - 20:34
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Tre anni trascorsero.

Per due anni Aldo si occupò di soddisfare le voglie della sua nipotina, stando ben attento a non far mancare anche alla nuora la sua razione di pisello. Poi l’incidente: caduto da una scala mentre fissava un asse, non ci fu nulla da fare. Seppur economicamente fossero sistemate, Le due donne vissero nell’anno successivo un periodo di profonda sofferenza, in particolare Ada la cui lussuria pareva essere morta col nonno. Da ninfa lasciva, tornò ad essere una tranquilla giovane dedita ai suoi doveri e con una cotta per il bel Piero, che di recente sembrava a lei sempre più interessato. Fu la madre di Ada, Guendalina, che diede un nuovo scossone al mondo della giovane, riaccendendo senza saperlo, le sue pulsioni. La donna, per sopperire al lavoro di fatica, aveva da poco assunto un contadino, tale Antonio, un uomo recentemente trasferitosi in paese dopo la morte della moglie, con i tre figli maschi. Ada, corteggiata dal suo Piero, aveva già da un bel po’ concluso gli studi e viveva ancora con la madre, dando ovviamente una mano con la fattoria.

 

Un pomeriggio, la giovane rientrava a casa dopo aver passato qualche ora in piazza con le amiche, preda di un misto di sensazioni contrastanti. In parte contenta perché Piero le aveva raggiunte con i suoi amici e si era appartato con lei. In parte triste perché i timidi approcci del giovane l’avevano lasciata indifferente.

 

La madre non era in casa. Forse era scesa in fattoria? In quei tempi ci passava molto tempo ammazzandosi di lavoro. La fanciulla si sentì in colpa e cambiatasi decise di andare ad aiutarla. Le sarebbe servito a schiarirsi le idee.

 

Fu nel fienile che la trovò indaffarata, anche se non come credeva.

Era certamente sua madre, infatti, che prona su di uno sportello, veniva montata con forza dal suo nuovo dipendente.

 

La scena l’aveva paralizzata. Non seppe dire quanto stette lì ad osservare la genitrice chiavata con forza da Antonio, ma Il sonoro schiocco di una pacca sul culo la scosse dal torpore, e silenziosamente iniziò a tornare sui suoi passi.

 

Arrivata in camera sua, la giovane con la mente annebbiata si lasciò scivolare contro la porta chiusa, e fece ciò che le venne naturale. Scalciate le scarpe e scostate le mutandine umidicce, si diede piacere fino ad inzuppare il pavimento.

 

La sua libidine assopita si era risvegliata di botto, e Ada passò il pomeriggio ad esplorarsi e darsi piacere, come non faceva da tempo, per placarla.

Le immagini le scorrevano nella mente come un film, accompagnate dalle sensazioni, presenti e passate. Con due dita della mano sinistra sepolte nel suo sesso, mentre con la destra si pastrugnava il seno, desiderando ci fossero altre mani sul suo corpo, la ragazza godette più volte in quelle ore, raggiungendo stremata l’apice nell’aprirsi con le mani unte dei propri umori quel sederino tornato ormai stretto, nonostante l’abbondante uso fattone in precedenza.

 

Giunta la cena, scese dabbasso dopo una rinfrancante doccia, e trovò la madre intenta a mettere in tavola. Non poté fare a meno di notare come Guendalina fosse raggiante, “Si vede proprio che è stata riempita di cazzo” pensò un po’ invidiosa, ma in fondo era contenta. La madre meritava un po’ di sollievo. Dal canto suo, non vedeva l’ora di rimediarne altrettanto per sé stessa, e aveva l’obiettivo bene in mente: Piero.

 

Forte della propria voglia e con l’intraprendenza giovanile, ci volle comunque un’intensa settimana passata sditalinandosi fronte e retro prima di avere l’occasione giusta.

 

Era un sabato ed in paese c’era una festa, un rinfresco in piazza per un matrimonio. Ada aveva ottenuto il permesso di attardarsi dalla madre, in maniera fin troppo facile, ma il tutto le fu ovvio quando vide che nonostante l’orario in cui stava uscendo fosse già sera, il furgone di Antonio fosse ancora parcheggiato vicino al fienile. “Finalmente potrà prenderselo comoda a letto” Non poté far a meno di pensare ridendo.

 

Raggiunte le amiche, presto si unirono al gruppo di Piero e non le fu difficile appartarsi con lui.

 

Fu una delusione.

 

L’Ada che era stata amante di Aldo, non aveva tempo per gli incerti approcci del ragazzo, e sempre più vogliosa prese in mano la “situazione”.

Se sulle prime fu piuttosto soddisfatta da quanto tirato fuori dai pantaloni del bel Piero, il disappunto si fece strada nella lussuria che pervadeva la sua mente, poiché appena afferrato il ragguardevole randello, il ragazzo con un gemito sborrò imbrattando il terreno.

La ragazza, abituata a ben altro, cercò di riparare continuando a massaggiarlo come abilmente aveva imparato, ma fu inutile. Una volta sparato, il fucile per quella sera era scarico.

 

Frustrata, dopo essersi ricongiunta con le amiche concluse l’uscita molto presto, rientrando a casa ben prima di quanto concordato.

 

Si consolò masturbandosi fino a prender sonno, accompagnata dagli uggiolii della madre che veniva posseduta da Antonio. Il quale dal canto suo, certo di essere inascoltato, non si faceva scrupoli nel riempire d’improperi la signora Guendalina: “Non vedevo…ahhh…L’ora di chiavarti sul letto, ti posso sfondare come merita una come te!” E ancora, il tutto accompagnato dal cigolio delle molle: “Ti sborro…Ti sborro nel culo zoccolone! Toccati forza, sfondati la fica con le dita…Mentre ti sfondo il culo!”. Ed ancora, poco dopo: “Puliscimelo forza, lecca bene tutto e fammelo inostare, che ti do un'altra ripassata alla fica prima che torni la ragazzina.”

La ragazzina in questione stanca ma insoddisfatta, scivolò nel sonno, nuda ed accucciata con ancora le mani fra le gambe, l’eco di un pompino a farle da ninnananna.

 

Così non poteva continuare. Le sue amiche erano certe che fosse inquieta per il suo rapporto con Piero, che non stava facendo passi in avanti.

Non per mancanza di volontà del ragazzo che, a dirla tutta, era praticamente pronto a presentarla alla famiglia e dare il via ad un fidanzamento.

 

A frenare il tutto era Ada, ormai certa di non volerlo più.

 

C’erano infatti stati un altro paio di episodi dopo la sera della festa, con lo stesso triste risultato. Per di più quando aveva preso una mano di lui e se l’era piazzata fra le gambe frementi, il giovane le aveva fatto una ramanzina dicendo che era sbagliato! Dopo averle riempito la mano di sperma con appena due carezze, santo cielo!

 

Non sapendo ancora come mettere la parola fine, Ada prendeva tempo evitandolo e nel mentre cercava di spegnere il fuoco della sua lussuria con sessioni sempre più assidue di masturbazione, sempre più spesso spiando i rudi incontri fra la madre ed il contadino.

 

Fu di nuovo il destino, o forse Eros, a dare una svolta alla sua vita.

 

Era inginocchiata dietro il fenile, nel medesimo punto dove spiava il nonno a suo tempo, il vestito tirato su alla vita, le mutandine abbassate alle caviglie.

 

Una mano a stuzzicarsi il clitoride e l’altra ad aprirsi il culetto, con il volto premuto alla parete osservava la madre sottoposta ad una violenta missionaria. Antonio le stava pompando il nerboruto uccello nella passera, pistonandola senza sosta. Le lingue intrecciate, alle orecchie di Ada arrivavano solo gli ansiti dei due misti al ciaff ciaff dei testicoli che sbattevano sulle terga materne e al rumore della paglia smossa.

Non si accorse dell’ombra alle sue spalle, finché non sentì una mano sulla bocca. Un’altra mano, grossa e maschile come la prima, le aveva afferrato saldamente ma senza cattiveria il braccio destro, fermando il ditale anale che si stava somministrando.

Un alito caldo e profumato di menta al suo orecchio: “Shh…”. Una scia di baci dall’orecchio al collo e la ragazza, con la mente annebbiata dalla voglia ed ancora preda della sorpresa, smise di divincolarsi e sì lasciò fare.

 

 Il braccio le venne liberato ed una mano sui reni la spinse gentilmente a quattro zampe. Qualcosa di caldo e duro si poggiò sul suo sederino, e Ada come un automa rilassò i muscoli pronta a riceverlo.

 

Un cazzo, il primo dopo anni, si fece strada nelle sue budella.

Il suo amante sconosciuto le arrivò fino in fondo con un'unica lenta spinta, una mano sempre a tapparle la bocca, mentre con l’altra le prese un fianco. La giovane sentì le palle poggiarsi sulle natiche ma fu solo un attimo. L’uomo, chiunque fosse, si fece indietro per poi invaderla di nuovo di scatto. E così altre due o tre volte finché il canale posteriore della ragazza non si adattò alle sue dimensioni, allora diede il via ad una rapida e profonda inculata.

 

Ada godeva sotto quei colpi, sentiva la fica aperta e gocciolante mentre a bocca aperta ansimava sulla mano che attutiva i suoi ansiti.

Il culetto pieno di cazzo, dopo così tanto! Finalmente aveva ritrovato ciò che le era mancato a lungo. Lungi dal ribellarsi in alcun modo prese a leccare quelle dita sconosciute in segno di ringraziamento, impossibilitata a far altro. Il suo uomo, perché nella mente era così che lo percepiva, con la sua presa salda la teneva ferma mentre le scardinava l’ano con forza.

Lo sguardo perso le cadde di nuovo sulla scienza nel fienile, per un istante la paura di essere scoperta.

Nessun pericolo.

La madre era prona a sua volta e, a giudicare dagli urletti che emetteva, doveva essere nella sua stessa situazione: Sotto un maschio e con un grosso pisello che le pistonava l’intestino.

Fu quel pensiero a mandarla oltre il limite, raggiungendo un violento orgasmo. La fichetta che spruzzava umori contraendosi, un urlo muto ad occhi sgranati. Un gemito alle sue spalle a sancire la resa del suo inculatore che, con il membro strizzato dal suo pulsante retto, la riempì.

 

Lo sconosciuto le rimase dentro, come a godersi le ultime contrazioni.

Scivolò poi fuori naturalmente e, così come era venuto, si rialzò andandosene silenziosamente, lasciando una Ada stravolta e senza fiato, il volto appoggiato alle braccia, il culetto che eruttava sborra.

 

Quando riuscì a rialzare il capo, la prima cosa che fece fu controllare la situazione nel fienile. Era vuoto. Dovevano aver finito anche la madre ed Antonio. Un miracolo che non l’avessero scoperta.

 

Ripresasi abbastanza da ricomporsi, andò verso casa e dritta in bagno, la mamma non era in vista, dove si spogliò aspettando che si riempisse la vasca.

 

Lo specchio a muro le rimandò la propria immagine. Una ninfa dai capelli neri e la pelle lattea, sazia e soddisfatta. Una mano fra le chiappette, un dito ad accarezzare l’ano tumefatto che le mandò un brivido lungo la schiena. Portò il dito alle labbra e assaporando quel dolce gusto, si guardò nuovamente allo specchio. Sorrise.

 

 

 

Passarono circa due settimane. La ragazza continuava con la sua solita routine: uscire con le amiche, aiutare in fattoria, evitare gli approcci di Piero, e sfondarsi i buchini mentre spiava la madre che continuava a scopare allegramente, nella segreta speranza che il suo amante misterioso si rifacesse vivo. Non accadde.

 

Alla fine, fu proprio grazie a Piero, anche se indirettamente, che ebbe modo d’incontrare il suo scopatore dalla scintillante armatura!

 

Il ragazzo, stanco dei suoi rifiuti, era riuscito a metterla all’angolo un tardo pomeriggio trovandola sola di rientro dalla piazza. Il suo piano era semplice, voleva “comprometterla” per costringerla a sposarlo.

Ada, che fino a poco tempo prima non avrebbe avuto problemi a riguardo,

cercava di mandarlo via ma per una volta Piero non sembrava più il timido giovane di sempre.

 

Fu uno sconosciuto a venirle in soccorso, quando ormai sembrava essere tardi.  Le tolse di dosso il povero Piero, che tentato un minimo di resistenza si rese conto della differenza di stazza col suo interlocutore e corse via con la coda fra le gambe.

 

La fanciulla lo seguì con sguardo, chiedendosi come avesse potuto essere infatuata di un simile individuo. Ora sapeva che non lo avrebbe voluto nemmeno se fosse stato in grado di soddisfarla!

 

Tornò con lo sguardo su suo salvatore e scrutandolo dà capo a piedi, si accorse di trovarlo familiare: “Grazie mille, ma…Ti conosco?”, L’uomo, un tizio grande e grosso coi capelli scuri, la fissò per un istante per poi arrossire e distogliere lo sguardo. Ada stava per richiamarlo di nuovo, ma lui la precedette ed avvicinatosi, le chiuse i lembi della camicetta rimasta aperta, accarezzandole i seni nudi nel farlo. La ragazza aprì la bocca sconcertata e nel farlo aspirò una boccata d’aria. Menta. Distinse il profumo direttamente. Seppe chi fosse senza possibilità di sbagliarsi.

Non ci fu bisogno di parlare. Prese lo sconosciuto per mano e lo portò in casa, dove sapeva sarebbero stati soli. La mamma era scesa in città ufficialmente per vedere un’amica, più probabilmente per farsi farcire ancora dal suo contadino.

Chiusa la porta, non c’erano più la giovane bisognosa di aiuto o la ragazza di campagna. C’era solo la ninfa affamata di piacere, che sapeva da chi ottenerlo.

 

Si diresse, sempre tenendo il suo silenzioso compagno per mano, nella sua camera ove, chiusa la porta, lo fece accomodare sul proprio letto.

 

L’uomo la fissava come ammaliato, lei era in piedi fra le sue gambe.

“Non vuoi proprio dirmi come ti chiami? Come saprò altrimenti chi devo ringraziare?” “Forse non importa il chi, ma il come voglio farlo…”

 

A queste parole, la fanciulla si denudò. Lo fece con calma ma velocemente, percependo su di sé gli occhi dell’uomo.

Senza veli, si accosciò di fronte a lui e guidata dall’esperienza accumulata,

gli slaccio la patta gonfia.

 

“I ruoli si sono invertiti” pensò fissando il grosso serpente ad un occhio solo che aveva di fronte al viso.  Lo afferrò con due mani e constatò che era certamente più grande di quello del padre di suo padre, non c’era da stupirsi di come le avesse distrutto il sederino. Senza indugi, spalanco la bocca e l’affondò più che poté. Ricordando man mano gli insegnamenti di Aldo, lo insalivò per bene per poi nettarlo dalla base alla punta col piatto della lingua. Lo sconosciuto continuava a fissarla, cercando di trattenere i gemiti ma fallendo quando la ragazza circondò la cappella spugnosa con le labbra, la lingua che ne tracciava lenta i contorni prima, e che spingeva sul meato poi. Ada godeva sua volta nel vederlo sottomesso alla sua azione. Ma voleva di più. Voleva il suo seme, il suo orgasmo.

Con una mano si stuzzicava la passerina fradicia, mentre con l’altra continuò a segare quella stanga. Prese le palle in bocca una alla volta, insieme non ci stavano, lappandole come aveva imparato. Quando le sentì pulsare, torno a dedicarsi all’asta pronta a ricevere il suo premio che non tardò ad arrivare.

Il primo getto le arrivò dritto nell’esofago, il resto riuscì a gustarselo a pieno.

Le riempì la bocca tanto era abbondante. Quel grosso uomo aveva ceduto alle sue arti, e vederlo mentre ululava sborrando con le mani strette al bordo del letto, la fece venire.

 

In preda all’orgasmo continuò a lavorarsi la mazza che aveva fra le mani, finché non le venne tolta di mano. L’uomo, sempre in silenzio, la sollevò per gettarla sul letto. Il tempo di levarsi l’ingombro dei vestiti e le fu addosso. Non ci fu bisogno di dire niente. Col membrò rimasto duro grazie all’operosità della giovane, la penetrò. Il gemito della verginità perduta soffocato da una lingua al sapore di menta, Ada finalmente sperimentava il sesso tradizionale. Era di nuovo lei la preda, tenuta per le caviglie venne chiavata così come fu inculata settimane addietro. Un ritmo rapido e profondo, il grosso pene slargava senza possibilità di ritorno la tenera vagina. La ragazza ben presto dimenticò ogni dolore e persa nel piacere, sbatteva la testa alzando il bacino per andare incontro alle spinte feroci del suo maschio ritrovato. “Ah…ahhh...Mi spacchi, si! Finalmente mi sento piena, ancora...ancora ti prego!” La preghiera fu accolta. L’uomo era già venuto, poteva continuare ancora a lungo a svangarla e lo fece.

Non seppe dire per quanto andò avanti, ma la povera Ada era ormai stremata. Era venuta più volte, imbrattando le lenzuola di umori rosati, come non le era successo nemmeno con Aldo. Continuava a godere sotto i colpi di bacino instancabili del suo sverginatore, che ora steso sopra di lei, pancia a pancia, la montava sempre con più forza. La frizione sui capezzoli, il clitoride schiacciato ripetutamente dall’inguine che vi sbatteva contro, la fichetta sbattuta a sangue. Un nuovo orgasmo la fece urlare come una bestia e strinse a sé quel corpo che la sovrastava ottenendo quello di cui aveva bisogno. Un’ultima botta e, piantato fino alle palle dentro di lei, il grosso cazzo rilasciò bordate lenitive di sperma sulla cervice martoriata. Si godette la conclusione della sua prima monta e poi, esausta, scivolò nel sonno.

 

Quando rinvenne, sentì una sensazione piacevole fra le cosce, qualcosa di umido che la massaggiava. Aprì gli occhi e vide una testa fra le sue gambe che la leccava dolcemente. Stordita tentò di divincolarsi: “Shh…”, riconobbe la voce sconosciuta e fu abbastanza. Si lascò slinguare sapientemente fino a godere di nuovo di nuovo, stavolta fu il suo di piacere ad essere bevuto dalla fonte man mano che sgorgava. L’uomo la lasciò riprendere e poi la porto in braccio nel bagno, dove era già stata riempita la vasca. La immerse e la lascò lì per qualche minuto. La ragazza ebbe il tempo di schiarirsi le idee, ma perse totalmente il filo quando lo vide rientrare con le lenzuola appallottolate, nudo e col cazzo di nuovo in tiro. Di nuovo non vi fu bisogno di parlare. Seduta nella vasca lo succhiò profondamente per poi accogliere il suo invito ad alzarsi. La inculò così, seduta sul bordo con le gambe ammollo, lui dietro a pomparle le budella. La stringeva da dietro, con una sua mano che strizzava una tetta, l’altra che le massaggiava la fichetta. Gli venne sulla mano dopo pochi minuti, raggiunta da lui in un paio di spinte, lo sperma rovente nelle viscere.

 

Si lavarono a vicenda, poi la riportò in camera mentre lei gli si strusciava contro come una gatta in calore. Si stesero su letto e, pochi istanti dopo, dormivano allacciati.

 

Non fosse stato perché si sentiva completamente, ma piacevolmente, rotta, Ada avrebbe pensato ad un sogno. Cadde dalle nuvole quando la mattina dopo, si trovò davanti una scenetta familiare impensata.

 

Sua madre stava servendo la colazione ad Antonio, prima volta che si trovava in casa con Ada sveglia, e insieme a loro c’era il suo scopatore!

Fu proprio la madre a presentarglielo in una sorta di curriculum, mentre lui la fissava con un sorriso da lupo:

Mattia, primogenito di Antonio, 27 anni, tornato da qualche settimana dall’esercito, scapolo.

 

“Con un cazzo largo, una cappella a fungo e che sborra come una cavallo”

Le fece ironicamente eco mentalmente la figlia.

 

Le cose si svolsero molto in fretta, da lì in poi.

Il ragazzo aspettò il pomeriggio del giorno stesso, ben sapendo che suo padre e Guendalina sarebbero stati impegnati a chiavare fingendo di lavorare, e vinte le sue resistenze la possedette di nuovo sul divano di casa loro. La natura calda di Ada non le permise di resistergli e ben presto si trovò a saltellare allegramente su quel palo che le aveva aperto la strada. Sul divano, ancora mezzi vestiti, la fichetta spalancata della ragazza inghiottiva il grosso uccello fino in fondo.

Le tette scoperte in balia dei morsi del suo amante, che le impastava le chiappe rudemente: “Ugh…ahhh…Lo stai che stai facendo, si? Quello che...Cristo ora ti riempio di nuovo…Che fa tua madre in questo momento, prendere un cazzo dentro!” In balia di tutto, Ada non poté che arrendersi all’orgasmo, lordando entrambi di umori. L’uomo la seguì a ruota, svuotandosi le palle in lei, mentre con due dita le ravanava il culo: “Così…Così…vienimi addosso, mentre io…ahh…TI vengo dentro”.

 

Il corteggiamento, se così si può chiamare, proseguiva in questo senso.

Dopo quella sul divano le aveva spiegato i retroscena dell’inculata dietro il fienile. In seguito, la circuiva ogni volta che era sola e lei immancabilmente cedeva.

 

Le chiese di sposarlo, subito dopo averla quasi strozzata con una sborrata dritta in gola. Erano nella macchina di lui, che l’aveva caricata dopo averla incrociata mentre lei si dirigeva ad un appuntamento con le amiche.

 

Le stava lavorando la fica con tre dita, mentre si gustava le sue lappate sulle palle. Quando ormai stava per venire l’aveva gentilmente presa per i capelli e fattole imboccare la cappella aveva rilasciato in conati di seme accumulati dal giorno prima, quando l’aveva portata a fare un giro e l’aveva chiavata sul cofano, le mutandine appese ad una caviglia ed il seno all’aria.

Sospirando di godimento l’aveva buttata lì: “Pensavo, ti ho riempita di nuovo ieri, e potresti già essere incinta. Inoltre, ti piace così tanto succhiarmi il cazzo, dovresti proprio sposarmi. Voglio dire, potresti farlo quando vuoi!” Alla ragazza, impegnata a mandar giù il grosso carico di sperma, andò di traverso tutto. Mentre tossiva lo insultò colpendolo e chiese se fosse uno scherzo per lui che, con ancora l’uccello lucido fuori dai pantaloni, imperturbabile tirò fuori un anello.

 

E in quel momento, Ada che aveva sperimentato solo la lussuria, trovò l’amore.

 

Non fu un’unione senza problemi, già dall’inizio se ad Antonio la cosa andò giù tranquillamente, con Guendalina fu diverso.

 

Ada aspettava Mattia nella sua casa in affitto, era andato a parlare con la madre per chiederle ufficialmente la mano di sua figlia. La donna aveva scatenato in precedenza un putiferio, sostenendo che non poteva provvedere alla figlia, uno così. Abbastanza ipocrita ovviamente, ma la donna conosceva diverse cose sul passato del ragazzo raccontate da suo padre.

 

Ada era in fibrillazione. Era innamorata, oltre che preoccupata.

 

Fu con sollievo che accolse il ritorno del suo promesso, che con sguardo stralunato ma compiaciuto le disse: “Tutto a posto!”

 

“Che significa, che intendi?”

“Le ho dimostrato che posso provvedere alla sua bambina.”

 “In che senso?”

 “Nell’unico senso che importi nella vostra famiglia, pare.”

Detto questo, la spinse a tornare a sedere sulla sedia e slacciatosi la patta, le fece imboccare il cazzo mezzo duro e, per la seconda volta nella vita,

Ada ripulì un membro dagli umori di sua madre,

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