Prime esperienze adolescenziali parte 6

Le vacanze continuano. Stavolta ero nella nostra casa in collina con i miei genitori: una bella villetta a due piani con giardino, circondata da siepi altissime di cipresso. Per vari motivi, un giorno venne per dei lavori il barista del paese, che faceva anche il manovale, accompagnato dal figlio minore, un ragazzino di pochi anni più giovane di me, di nome Christian.

Siccome non conoscevo nessuno, mia madre per farmi allargare il giro di amicizie mi fece invitare quest’ultimo a giocare.

Fatte le presentazioni, dopo aver parlato un po’, ci mettemmo a fare un gioco di società, seduti per terra.

Mentre pescavo una carta, abbassando lo sguardo, mi accorsi che Christian non portava le mutande sotto ai pantaloncini corti: da una delle aperture per le gambe, vidi spuntare il suo pene e parte dello scroto.

Lui si rese conto del fatto che gli stessi guardando il pacco e, sorridendo, mi chiese se mi piacesse.

Arrossii e, schernendomi, risposi che ma che caspita gli fosse venuto in mente.

Lui allora si aprì le braghette e fece uscire il cazzo. Mentre se lo toccava per farlo diventare duro, io guardavo lui e la porta con paura che si aprisse. Mi alzai di scatto, chiusi a chiave e poi tornai inginocchiato per terra davanti a lui, che esibiva, adesso, un pene turgido, di tutto rispetto col glande ancora parzialmente coperto dal prepuzio. “Ti piace?” Chiese, sempre con quel suo sorriso sfrontato. Poi aggiunse: “Guarda gli so far dire di sì e di no!” E con dei movimenti muscolari lo fece sobbalzare su e giù e a destra e sinistra.

Ero rimasto stupito e allo stesso tempo piacevolmente colpito dalla sua totale mancanza di vergogna. “Allora? Ti piace?” Mi incalzò.

Senza neanche accorgermene chiesi timidamente: “Posso… Posso toccarlo?”

“Guarda cosa ti risponde!” Disse ridendo mentre il suo cazzo andava su e giù.

Rossissimo di timidezza e di voglia, allungai una mano e strinsi, cominciando a muoverla su e giù pianissimo e dolcemente.

Christian si abbandonò con la schiena contro al muro e gli occhi chiusi, godendosi quella sega inaspettata. “Mmmhmm… Sei bravo, sai?” Chiese.

“Ma non ti fa strano farti segare da me?”

“Mmmhmm… No… Con i miei amici e con mio fratello lo facciamo sempre… Bravo… Scopiamo anche le galline…”

Scoppiai a ridere mentre continuavo a menarglielo.

“Segati anche te.” Disse mentre mi toccava il cazzetto già duro.

Passammo così un bel po’ finché non sborrammo entrambi.

Quando se ne andò, eravamo già d’accordo di rivederci da me il giorno dopo. 

L’indomani eravamo nella mia camera ad ascoltare musica e a parlare. Io seduto alla scrivania e lui appollaiato a gambe larghe sulla parte alta del letto a castello. Mentre si chiacchierava del più e del meno Christian si tirò fuori il cazzo già duro, chiedendomi se mi andasse di masturbarci. 

Annuii, mi alzai e andatogli davanti, mi issai sul letto, andando a finire col viso tra le sue gambe e ingoiai il suo pene.

Il mio amico rimase lì per lì stupito ed interdetto ma, avendomi messo una mano sul capo, guidava il ritmo delle mie ciucciate. In breve tempo mi sborrò in bocca ed io ingoiai tutto.

Mi pulii con un dito le labbra, succhiando i residui di sperma mentre mi guardava sbalordito.

“Non te lo ha mai fatto nessuno, eh?” Chiesi spudorato.

“Bello…” Rispose.

“E so fare anche di meglio.” Dissi sorridendo compiaciuto.

Qualche ora dopo eravamo a zonzo per i campi e a lui venne l’idea di portarmi a vedere una casa abbandonata, in uno dei boschetti lì attorno.

Arrivati a destinazione, entrammo nell’edificio relativamente grande, che doveva essere una vecchia colonia. 

Parte degli arredi era ancora al suo posto. Christian, esperto del luogo, mi portò al piano superiore in uno stanzone in cui erano ancora presenti dei materassi.

“Qui è dove spesso veniamo a giocare.” Mi disse.

“Allora giochiamo.” Risposi.

Sul pavimento erano sparsi dei giornaletti porno ed erano visibili chiazze di sperma secco.

Ci spogliammo e gli feci vedere le mie tettine. Subito il mio amico ci si avventò famelico, iniziando a palparmele e succhiando i miei capezzoli mentre io gli accarezzavo dolcemente il pene, che si gonfiava a vista d’occhio.

Ci sdraiammo su un materasso lurido, baciandoci, con le lingue che si cercavano nelle nostre bocche, sfregando i nostri corpi, facendo toccare i nostri cazzi.

Ad un certo punto ebbe l’idea di un 69.

Si mise sopra di me, ficcandomi il suo pene in bocca e succhiando il mio.

Quando si fu indurito ben bene lo feci mettere supino e mi misi a cavalcioni su di lui prendendo i nostri cazzi in mano  e segandoli insieme.

La sua pelle liscia a contatto con la mia mi dava una bellissima sensazione. Quando cominciò ad ansimare più forte mi fermai, dicendo: “Ti ho detto che so fare di meglio…” Mi misi a quattro zampe e lo invitai a leccarmi il buchino per inumidirlo, dato che non avevo dietro il lubrificante.

Lui non se lo fece dire due volte e, tenendomi le natiche aperte con le mani, cominciò a lavorarmelo di lingua.

Il mio ano ponzava di voglia e di piacere ad ogni tocco, che si faceva sempre più profondo.

Il mio godimento era enorme e cominciai a muovere il bacino, preso dall’estasi e dai brividi.

Dopo il primo urto di un orgasmo anale lo feci interrompere e lo invitai ad incularmi.

“Davvero?” 

“Lo voglio! Dammelo!” Pregai, dimenando il culo.

Senza troppi complimenti penetrò il mio sederino che sbrodolava di voglia.

Dato che, appena entrato si era fermato, presi a muovere il bacino furiosamente per sentire tutto il suo cazzo dentro di me, come una troia in calore.

Lo cavalcai quel cazzo, ero io che scopavo lui e non il contrario: questa consapevolezza non fece altro che esaltarmi ancora di più e far aumentare il mio ritmo.

Dopo poco venimmo praticamente insieme.

Mi farcì come un bignè, a tal punto, che perdevo il suo seme, colando dal culo per ogni dove.

Dopo esserci ripresi, tornammo con l’accordo che, il giorno seguente, sarei andato io a casa sua.

CONTINUA

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