È nostra consuetudine trascorrere le vacanze di Natale in montagna, cosa che Manuel ed io abbiamo fatto già da quando ci conoscevamo da soli due mesi.
Questo periodo, non solo rappresenta una piacevole e indispensabile pausa dai nostri impegni lavorativi, ma anche un’occasione per condividere più tempo insieme, con i ritmi che più ci sono confacenti, senza interferenze di qualsivoglia natura.
Il relax e la totale assenza di stress favoriscono la nostra complicità e il nostro desiderio sessuale che riusciamo a soddisfare con maggior frequenza e intensità.
La località che frequentiamo abitualmente, specialmente con la neve, è un luogo incantato, un borgo caratteristico fuori dal tempo, circondato da boschi e panorami mozzafiato.
Il piccolo albergo dove alloggiamo, di proprietà di nostri carissimi amici, è una vera e propria “bomboniera”, la cui atmosfera, calda e accogliente, ti avvolge e ti riempie di benessere.
Ogni volta, all’arrivo, c’è la curiosità di sapere chi sono gli altri clienti, perché l’albergo costituisce una piccola comunità temporanea nella quale si è costretti ad inserirsi e ad interagire. Ad esempio, quando, dopo lo sci, si soggiorna assieme agli altri ospiti nella sala del camino, magari sorseggiando una bevanda calda o gustandosi l’aperitivo prima della cena.
Quasi sempre si conoscono persone interessanti o che, comunque, suscitano la nostra attenzione.
Ci piace osservare in special modo le coppie, e non possiamo evitare di immaginarcele intente a fare sesso.
Supponiamo che sia così anche per loro nei nostri confronti: ciò mi eccita tantissimo e fa esplodere la mia indole esibizionista, portandomi a curare molto il mio aspetto e il mio abbigliamento che, per ovvie ragioni date dal contesto, non può essere esageratamente sfrontato, ma che voglio comunque stuzzicante. Perciò, per la sera, non disdegno di portare fuseaux aderenti, maglioncini scollati, etc.
Al mattino, quando scendo per la colazione, solitamente indosso già una delle mie tute da sci, anch’esse molto appariscenti e attillate, che destano sempre notevole ammirazione in tutti gli uomini e nelle belle donne, mentre le altre, vinte dall’invidia, non mancano di somministrarmi i loro sguardi di disapprovazione.
A tutto ciò sono abituata da sempre, perciò non mi stupisco di nulla. Godo assieme a chi mi ammira e ignoro, con il sorriso sulle labbra, chi non lo fa.
A meno che non si vada a cena in qualche ristorante fuori dall’hotel o in discoteca, evito di indossare il mio consueto guardaroba “cittadino”, costituito principalmente da minigonne, stivaloni e scarpe con il tacco a stiletto, come invece feci la prima volta che mio marito mi portò qui, provocando lo sconcerto di tutti gli altri ospiti e il disappunto dei proprietari della struttura.
Mi ricordo ancora il miniabito rosso, con i collant rossi e le scarpe dello stesso colore che ho messo la sera di quel Natale. Oppure, il miniabito in lana bianco che praticamente era un maglione leggermente più lungo, con collant e stivaloni neri, e anche il miniabito color bronzo, con le scarpe in tinta e i collant color carne. Quest’ultimo era veramente indecente.
Me ne sono resa conto quando tre tipe inglesi sono venute da me a protestare perché i loro fidanzati continuavano a guardarmi e loro non venivano filate manco di striscio!
E cosa dire degli shorts in pelle nera, con il maglioncino nero super aderente, che ho indossato lo stesso Capodanno? Erano così stretti che mi si vedeva il solco della patatina!
Ogni sera, dopo cena, mentre eravamo davanti al camino, non so come Manuel riuscisse a controllarsi e a non toccarmi. Poi, quando tornavamo in camera, dava sfogo a tutto il suo feticismo.
Prima di lasciarmi spogliare, passavano almeno due ore, durante le quali mi faceva mettere appoggiata con le mani contro il muro, mi invitava a protendere il culo in fuori e a inarcare la schiena, mi divaricava le gambe, mi guardava sotto la gonna e le sue mani andavano dappertutto.
Quindi, mi faceva stendere sul letto e mi leccava le gambe ancora coperte dalle calze, metteva la bocca sulla mia patatina, avvolta da collant e tanga, e ci faceva di tutto. Infine, mi spogliava e mi scopava come se non ci fosse stato un domani.
Non c’è volta che, quando arrivo qui, non mi tornino in mente quegli episodi, come anche quelli di alcuni anni dopo.
Primo fra tutti, l’incontro fortuito con Aldo e Mirella (narrato nel racconto “Sorpresa di Natale”, presente nella raccolta “Mia moglie Monica”), che soccorremmo trainando il loro SUV, sprofondato nella neve fresca proprio la notte di Natale, al rientro dalla cenetta romantica che ci eravamo concessi in un bellissimo ristorante in baita.
Fu in assoluto la nostra prima interazione con un’altra coppia. Ricordo ancora l’emozione e l’adrenalina che mi pervasero, quando Manuel ed io stavamo scopando sul divano del salotto di casa loro, mentre Aldo e Mirella ci osservavano estasiati e lei spompinava suo marito come una forsennata.
Che momenti! E che atmosfere magiche!
Un paio d’anni dopo, sempre qui e sempre in occasione della nostra vacanza natalizia, ebbi un brevissimo flirt con il mio maestro di sci (narrato nel racconto “La settimana bianca”, presente nella raccolta “Una moglie indecente”).
Anche questo frangente fu per me “una prima volta”: la prima (e unica) volta che persi la testa per un uomo da quando conosco mio marito.
Fin dall’inizio, a Manuel non tenni nascosta la mia attrazione per quell’individuo dai modi rudi e sgarbati, raccontandogli gli approcci che avevo ricevuto, ai quali non mi ero opposta.
Lui si dimostrò davvero un grand’uomo, non solo accettando la situazione con complicità, ma spronandomi a vivermi la storia senza riserve.
Volli che lui stesse vicino a me durante l’unica scopata che mi feci con Aurelio. Così, non solo ebbi modo di soddisfare la mia libidine per il maestro di sci, ma diedi la possibilità a Manuel di vivere l’ennesima occasione di vedere me che faccio sesso con un altro. Però, quella volta, ero stata io ad organizzare i giochi.
Quest’anno, da quanto ho potuto vedere da quando siamo arrivati, non c’è una coppia con la quale ci piacerebbe instaurare un “rapporto particolare”, seppur per pochi giorni o per solamente una sera.
Peccato, perché, specialmente io, avevo proprio voglia di qualche momento intrigante, di quelli durante i quali ti senti l’adrenalina esplodere in tutti i pori e le scariche elettriche nella schiena, mentre attendi il momento giusto per inviare qualche segnale e rivelare la tua disponibilità ad un approccio più approfondito che non sia la consueta cordialità tra villeggianti nello stesso albergo.
Gli unici degni di interesse sarebbero marito e moglie, forse olandesi o svedesi, sui trentacinque-trentotto anni, belli, biondi, con i fisici perfetti, ma con al seguito ben quattro bambini indemoniati.
Temo che, dopo averli messi a nanna, saranno così stanchi ed esausti che non penserebbero ad altro che a dormire anche loro. Altro che “seratina trasgressiva”!
Poi, c’è una coppia di francesi. Lei è probabilmente mia coetanea, ma dimostra dieci anni di più. Ha l’aria sfatta, disillusa ed annoiata. Sicuramente, in gioventù, è stata una bella donna, ma un matrimonio infelice non le ha dato stimoli per prendersi cura di sé.
Il marito, invece, è un bavoso con un pancione enorme e l’aspetto trasandato. Veste abiti da città ed è molto più anziano della moglie.
Parlano pochissimo tra loro. Non li ho mai visti sorridere e lei non nasconde un’evidente insofferenza tutte le volte che lui mi lancia occhiate davvero insistenti.
La terza sera, dopo un’accesa discussione che li ha impegnati per almeno un’ora, probabilmente a causa del fatto che non c’è stato un momento in cui lui non mi divorasse con gli occhi mentre eravamo seduti davanti al camino, di fronte l’uno all’altra, la moglie si è alzata stizzita e se ne è salita in camera da sola.
Mi è parso molto felice che la consorte lo lasciasse solo, dato che, da quel momento, ha avuto piena libertà di guardarmi, oltre al fatto che, dopo qualche minuto, ha attaccato discorso.
Il bello è che si è sempre rivolto a me, come se Manuel, seduto al mio fianco, nemmeno esistesse.
“Poco male.” ho pensato, perché è un’ottima occasione per togliere la ruggine al mio francese.
Si è accorto del mio accento e mi ha chiesto se avessi vissuto a Parigi. Gli ho risposto che aveva colto nel segno.
Dopo numerose domande, dove mi chiedeva in quale zona della città avessi abitato, se avevo visto questo o quel luogo, si è deciso a domandarmi perché avessi soggiornato per ben due anni nella capitale francese.
Al che, ho lanciato un’occhiata a Manuel, come a comunicargli: “Adesso lo stendo!”. Mio marito mi ha ricambiata con un sorriso complice, così ho risposto: “Ho fatto la ballerina a Crazy Horse!”
Per poco, il tizio non sviene: è rimasto con la bocca spalancata e lo sguardo perso nel vuoto. Presumo che stesse immaginandomi sul palco del famosissimo locale parigino, in topless, con un microscopico tanga, che sgambettavo assieme ad un’altra ventina di stupende ragazze con le nostre epidermidi colorate dai giochi di luci proiettati sopra di esse.
Posso anche supporre che nella sua mente si siano materializzate le leggende che ci narrano tutte come delle grandissime zoccole, senza pudori o riserve agli approcci sessuali.
Non lo so per certo, ma mi pare che nessuna delle mie colleghe abbia fatto la prostituta, perlomeno durante il periodo di lavoro in quel locale. Avevamo stipendi da favola e folle di uomini ai nostri piedi: non credo proprio che una ragazza sana di mente si sarebbe prostituita con quei presupposti.
Certo, gli inviti da parte di ricchi imprenditori, personalità di rilievo e noti playboy fioccavano come la neve in Siberia e, anch’io, ne ho accettati parecchi. Ero quasi trentenne, single, e non avevo nessuna propensione a vivere in castità.
Per contratto, non potevamo avere contatti diretti con i frequentatori del locale. I corteggiatori ci mandavano enormi mazzi di fiori nei camerini, accompagnati da biglietti di complimenti e di presentazione.
Tra colleghe ce li leggevamo e, talvolta, ce li scambiavamo. Se una di noi accettava l’invito, si faceva trovare fuori dall’ingresso secondario con in mano il mazzo di fiori offerto dal prescelto. Lui lo riconosceva, ci si presentava e si andava via insieme.
Spessissimo, ad attenderci c’era una lussuosa autovettura con tanto di autista.
Si andava a cena e, se il cavaliere era interessante, ci si finiva anche a letto, senza problemi.
Capitava sovente che, dopo il sesso, si ricevessero offerte di regali, talvolta molto preziosi, o addirittura denaro contante o proposte di fidanzamento.
Nel mio caso, ho sempre rifiutato qualsiasi regalo o promessa, nonostante molti fossero uomini veramente ricchi e affascinanti, ma tutti con lo stesso difettuccio: “Però, se decidi di essere la mia fidanzata, devi rinunciare al tuo lavoro. Altrimenti, la mia famiglia/madre/azienda, sai cosa direbbe se sapesse che sto con una ballerina?”
Avendo lasciato ammutolito il tizio, mi alzo dal divano e vado ad una delle finestre per vedere se ha iniziato a nevicare, sperando che le previsioni del tempo, offerte da varie app che ho sul mio cellulare, siano attendibili.
Il tipo mi segue, mi si avvicina tenendo le mani in tasca e, con aria molto sicura, afferma che, se mai avesse nevicato, sarebbe stato dopo le due.
Fiduciosa nella tecnologia, ribatto che il meteo prevede una forte nevicata poco dopo la mezzanotte. Gli mostro il display del cellulare e lui ridacchia: “Ce ne sont que des conneries! (Sono tutte cazzate!)”
Replico che, solitamente, le mie app ci azzeccano in pieno.
“On parie quoi? (Cosa scommettiamo?)” mi domanda con aria di sfida.
“Facciamo… un giro di liquori?” rispondo.
“Non, ma chère. Parions sur quelque chose de plus stimulant. Voyons voir... Que diriez-vous d'un baiser français? (No, mia cara. Scommettiamo qualcosa di più stimolante. Vediamo… Cosa ne diresti di un bacio ‘alla francese’?)”
Al momento, resto basita dalla proposta. La prospettiva di baciare con la lingua quello sconosciuto è quanto di più ripugnante a cui potessi pensare. Però, spinta dal mio costante impulso alla sfida e da una certa fiducia nei mezzi tecnologici a cui mi affido, accetto. Così, suggelliamo il nostro accordo con una stretta di mano.
Torniamo a sederci davanti al camino e Manuel ci offre tre Genepì. Mentre sorseggio il nettare alpino, continuo insistentemente a guardare fuori dalla finestra, ansiosa di veder cadere i primi fiocchi bianchi.
Niente! Il tempo scorre e, a poco a poco, tutti i rimanenti ospiti della sala vanno a dormire. Resta solamente il barman che, allo scoccare della mezzanotte, ci annuncia che sarebbe andato a dormire anche lui.
Manuel mette un altro ceppo nel camino, mentre io mi alzo nuovamente per sbirciare all’esterno.
Cazzo, sto letteralmente friggendo, pensando alla penitenza che dovrò pagare.
Lancio continuamente occhiate a mio marito, nella speranza che da lui mi possa arrivare qualche idea per togliermi dall’impasse. Invece, ridacchia sornione, sicuramente impaziente di godersi la scena del mio bacio con il bavoso. “Ti odio!” arrivo a pensare, talmente sono in ansia.
Il tizio guarda l’orologio ed esordisce: “Ho sonno. Ti concedo fino all’una. Se per quell’ora non inizia a nevicare…” Non conclude la frase, passandosi la lingua sul labbro superiore.
Schifata, mi volto di scatto dalla parte opposta, dicendomi: “Ma che cazzo, Monica! Ma che minchia di idee ti vengono in mente!”
Passeggio nervosamente avanti e indietro. Così facendo, offro al tipo lo spettacolo del mio culo che gli passa continuamente davanti agli occhi.
“Devo farmi venire un’idea!” rimugino, “Le sconfitte non mi sono mai appartenute. Figuriamoci adesso con questo schifoso!”
Inesorabilmente, il mio orologio emette un “bip”.
“Cazzo! È l’una e nemmeno un fiocco…” rifletto rassegnata. Volgo nuovamente lo sguardo al tizio e lo trovo con il viso raggiante e un sorriso beffardo, in trepidante attesa di avvinghiare la sua lingua alla mia.
Credo che stia per venirmi un conato di vomito, quando, ad un tratto, la mia ostinazione viene premiata da un lampo di genio e da una buona dose di inaudita spudoratezza.
Incassare la vincita, per lui diventerà molto, ma molto sgradevole!
Cammino decisa verso mio marito che mi osserva incuriosito, totalmente ignaro di quanto accadrà da lì a qualche istante.
“Apriti i pantaloni, svelto!” gli ordino.
“Ma…” replica balbettando.
“Fai come ti dico!” lo incalzo, mentre mi appresto ad inginocchiarmi davanti a lui e a mettere la testa tra le sue gambe.
Manuel ubbidisce. Gli abbasso i boxer, fiondo la bocca sul suo uccello e lo ingoio fino alle palle.
È ancora barzotto ma, sotto le veloci frullate della mia lingua sul suo prepuzio, diventa durissimo molto in fretta.
Prendo a dargli potenti pompate e risucchi che echeggiano nell’ambiente totalmente silenzioso.
Nel frattempo, non ho idea di dove sia e cosa stia facendo il tizio, ma non me ne importa nulla.
Proseguo il pompino per un paio di minuti, non risparmiandogli nessuna delle mie abilità fellatorie, alternate a segate veloci e profonde.
Sento che Manuel ha necessità di inarcare la schiena. “Ci siamo. Sta per sborrare.” penso.
Ancora due o tre affondi e la mia bocca si riempie della sua crema.
Tenendo la mascella serrata sul pistolone, attendo che i getti si esauriscano ingoiando quanto riesco.
Mi stacco dal pisello e cerco con lo sguardo il vecchio bavoso.
Mentre tento di ripulirmi le labbra completamente impiastrate, il tizio mi fissa, ipnotizzato dallo spettacolo che gli ho appena offerto.
Gli lancio un'occhiata glaciale e lo sfido: "Vieni a riscuotere ciò che hai vinto!"
Rimasto pietrificato, diventa paonazzo dalla rabbia, gira i tacchi e si allontana furente.
Con l'animo trionfante, mi appoggio alle ginocchia di mio marito e mi alzo da quella scomoda posizione invitandolo a rivestirsi.
Arrivati in camera, spalanco la finestra per accostare le persiane e vengo investita da un abbondante nugolo di fiocchi bianchi: la grande nevicata è iniziata.
Non sono ancora le due, perciò ho vinto la scommessa!
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