SEsSOLOFOSSE - Capitolo 2, Fotografie

  • Scritto da TicToc Heel il 29/03/2021 - 17:58
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Mario aveva parcheggiato il suo camper nel grande parcheggio esterno di un centro commerciale con tanto di cinema al suo interno, quando s'incontrava con Silvia, si fermava con il van sempre in quel parcheggio, in punti diversi per non disturbare le coppiette che si appartavano, ma comunque in quell'ambito. Rientrando a casa tardi, aveva trovato il luogo tranquillo come accadeva spesso dopo una certa ora, in genere coincidente alla chiusura delle sale del cinema.

Al contrario la mattina, ma era immaginabile essendo sul lato dei magazzini, il traffico di camion che consegnavano le loro merci risultavano essere piuttosto rumorosi.

Erano le 8,00, ci si poteva anche alzare a quell'ora, ma andando a letto alle due passate era una sveglia molto anticipata. La cosa che lo convinse ad alzarsi erano due donne addette alle pulizie nel parcheggio che chiacchieravano attorno al camper accerchiandolo sempre di più le loro voci, parlavano a volume sostenuto per sovrastare anche il rumore dei mezzi pesanti di passaggio, sembravano provenire da lati diversi del veicolo avvicinandosi sempre di più al van. Man mano si avvicinavano le due donne, poteva sentire anche le loro scope che grattavano sul pavimento d'asfalto raccogliendo l'eventuale rifiuto, le ruote di un carrello che veniva spostato, seguito dopo da un colpo secco, metallo contro metallo. Le scope raccoglievano il rifiuto portandolo sulla paletta che con un colpo sul carrello che si portavano dietro lo svuotavano. Una poesia di rumori con il sottofondo di veicoli in movimento.

 

Il lato posteriore del camper si trovava in corrispondenza con un cestino di rifiuti del parcheggio. Una delle due donne si avvicinò per svolgere il suo lavoro nel svuotarlo, Mario aveva la testa del letto proprio da quel lato, sentiva chiaramente le due donne parlare, accompagnate dai loro rumori, per così dire, professionali,  ora che una delle due si era avvicinata armeggiando con il cestino dei rifiuti sentiva la sua voce come se fosse all'interno stesso del camper.

Il van aveva una delle finestre sul retro semi aperta per far circolare l'aria grazie anche all'oblò aperto sul tetto, la cosa non contribuiva certamente a isolare acusticamente dai rumori esterni l'interno del van. Svegliato dai rumori dei mezzi di trasporto, con una mano, quasi inconsciamente, aveva alzato l'oscurante per far entrare luce all'interno del veicolo. Allo stesso tempo una fila di carrelli rumoreggiava sospinta da un addetto verso uno dei punti raccolta all'interno del parcheggio.

Quel rumore intenso, contribuì per qualche istante a nascondere le parole delle due inservienti nel parcheggio che continuavano a parlare ininterrottamente lamentandosi di figli, figlie e mariti. Mario si girò prono sul letto e si affacciò alla finestra guardando la donna impegnata a inserire un sacco vuoto nel cestino dei rifiuti.

"Buon giorno" disse cogliendola di sorpresa.

"Oh santo cielo, mi ha fatto spaventare!" protestò la donna dopo aver individuato da dove arrivava quella voce.

"Posso offrire un caffè quando avete terminato?" domandò Mario gentilmente accompagnando l'offerta con un sorriso.

"Eh, magari, ci vorrebbe proprio!" rispose la donna.

"Ovviamente l'invito vale anche per la sua collega" propose Mario sempre sorridente.

"Non vogliamo disturbare" disse anche l'altra donna avvicinandosi alla collega sul retro del veicolo.

"Per un caffè della moka?" domandò Mario chiedendosi quale disturbo poteva arrecare preparare un semplice caffè.

Entrambe accettarono l'offerta, sorridendo al ragazzo riprendendo poi la loro routine di pulizia allontanandosi. Mario si alzò rivestendosi e preparandosi per la giornata, riassettò il camper in attesa delle ospiti per il caffè aprendo il portellone laterale oltre alle altre finestre del veicolo.

 

Ebbe il tempo di leggere le mail, nella notte, da quando si era messo a dormire, ne erano arrivate tre, una in particolare ne riconobbe l'indirizzo, era di Silvia.

"Buona sera, sarei interessata al suo annuncio, in particolare a replicare quanto propone nelle sue foto" era il testo della mail chiuso da una clip art con un cuore.

"Buon giorno gentile signorina, sarei felice di mettermi a disposizione quando vuole" rispose inserendo anche lui una clip art similare a quelle ricevuta.

La cosa che lo stupì erano altre mail di risposta all'annuncio, alcune dei soliti curiosi e inopportuni che cestinò dopo averle lette, tra quelle, un paio colpirono la sua attenzione. Due donne, o apparentemente tali, s'interessavano per avere un eventuale incontro, rispose loro con gentilezza rispondendo alle domande senza volgarità, utilizzate invece nelle altre mail ricevute e poi cestinate.

"Permesso!" disse una delle due donne avvicinandosi al camper completamente aperto.

"Certo, prego, entrate!" mentre accendeva il fornello con sopra la caffettiera.

Offrì loro di accomodarsi sul divanetto mentre sorseggiavano il caffè, il profumo emanato dalla caffettiera riempiva le narici riportando alla mente il classico clima famigliare tipico della famiglia del Mulino Bianco.

 

Le due donne s'interessarono a lui, avevano notato che saltuariamente parcheggiava da quelle parti e le domande incuriosite vennero facili a entrambe le ospiti.

Mario rispose con semplicità spiegando che risiedeva in quel camper raccontando di cosa si occupava restando sul generico.

"Se volete, mi piacerebbe fare delle foto anche a voi mentre lavorate o anche in altre situazioni" propose lui. Erano due donne sulla quarantina, certo abbigliate con quel grembiule da lavoro, con capelli raccolti e con la scopa in mano non erano certo avvenenti, ma sicuramente sarebbero state delle bellissime donne nella vita privata.

A lui non importava, avere fotomodelle, amava riprendere nelle sue foto la naturalezza delle cose e delle stesse persone.

"Non siamo modelle!" obiettò una delle due.

"Le modelle sono belle perché le trasformano per esserlo, persino io potrei apparire piacente con quel trattamento" disse ridendo Mario strappando un sorriso alle due ospiti.

"A me basterebbe riprendervi nel vostro lavoro" propose, spiegando le sue intenzioni.

"D'accordo, sembra divertente!" disse una delle due sorridendo.

"Dimmi cosa devo fare" aggiunse alzandosi dal sedile.

"Nulla di particolare, solo quello che fai ogni giorno sul posto di lavoro" spiegò posando le tazzine nel lavandino.

"Se vuoi, dobbiamo pulire l'ultimo settore e puoi farci le foto in quel momento" propose la seconda donna. Si accorse che non aveva chiesto il nome alle due ospiti e ancor peggio non si era presentato. Si scusò e fece le dovute presentazioni.

Le due donne, Sara, la mora più bassa di statura e Mascia la più alta, distinguibili prevalentemente dalla loro statura, considerando che entrambe avevano capelli scuri e occhi castani e i lineamenti del volto molto simili, si avviarono verso l'area da pulire. Le raggiunse nel parcheggio con la sua macchina fotografica dopo aver chiuso il van.

 

"Grazie di cuore, siete state gentilissime" disse Mario dopo aver riempito la memoria della sua macchina fotografica con foto alle due donne.

"Ce le fai avere?" domandò Sara curiosa di vedere in grande quelle che aveva intravisto nel piccolo schermo della macchina fotografica.

"Certamente se mi lasciate una vostra mail, appena le scarico ve le mando!" rispose lui contento per la loro collaborazione spontanea.

Entrambe le donne lasciarono il proprio contatto a Mario che ringraziando nuovamente e con infinita gentilezza si allontanò lasciandole al loro lavoro.

Tornato al van scaricò le immagini, le lavorò subito, sistemando le luci e le imperfezioni che aveva riscontrato nel guardarle e le inviò ai due contatti delle due donne.

Nel frattempo era passata buona parte della mattinata e contemporaneamente all'invio delle immagini, arrivò una in risposta a quella che aveva appena inviato quella mattina riguardo il suo annuncio.

Il suo contatto chiedeva altre informazioni e precisazioni, Mario pazientemente rispose e inviò.

Ci furono parecchi scambi di mail con alcuni contatti interessati, mentre comprava due cose al centro commerciale e mentre pranzava.

Decise di spostarsi, dopo aver guardato sulle mappe di Google trovò un ipotetico posto dove fermarsi per il resto della giornata.

 

Percorse un grande vialone a due corsie per ogni senso di marcia, separati da un grande spartitraffico erboso dove per lunghi tratti spiccava una siepe.

Il vialone da un lato aveva del verde, si potevano notare delle piante rade diventare bosco dietro a qualche rada costruzione, dall'altro, c'erano campi anch'essi alternati da alcune costruzioni. A costeggiare il vialone, un largo marciapiede.

Arrivò al suo obiettivo, svoltò verso l'ingresso a destra il parcheggio aveva la forma di una goccia molto allungata, dove lungo il suo perimetro, interno ed esterno, a terra, le righe che delimitavano i parcheggi. In fondo, percorse tutta la goccia, c'era un cancello che conduceva all'interno del parco al quale era permesso solo l'accesso a pedoni e a biciclette. Decise di andare dall'altro lato dove i parcheggi erano disposti a pettine, separati a gruppi di cinque da alcune siepi.

Oltre l'ingresso, a costeggiare parte del parcheggio sul lato del bosco una casa recintata da una cancellata, decise di andare verso il fondo così da non fermarsi davanti alla recinzione per non infastidire nessuno.

A separare l'area parcheggi dal vialone oltre a un marciapiede, c'era una lunga fila di siepi piuttosto larghe e alte poco più di un metro, alcune piante a distanze regolari completavano in parte la schermatura visiva e acustica del parcheggio. Dove si fermò con il van, parcheggiando in retro, dietro di lui dopo qualche metro di erba iniziava il bosco rigoglioso. Si sentivano gli uccelli cinguettare anche dalle piante che ricoprivano parte del parcheggio. Avrebbero garantito un po' d'ombra almeno fin quando non c'era il sole a picco.

 

Era caldo per lavorare chiusi nel camper, aprì il portellone e i finestrini, lasciando gli oscuranti a metà giusto per un po' di ombra e per far circolare l'aria. Il vialone era un'arteria di alto traffico. La vegetazione, per fortuna, intercettava gran parte dei rumori attenuandoli all'orecchio di chi si trovava nel parcheggio che era un continuo via vai di veicoli e persone.

Gente che scaricava le proprie biciclette per fare un giro nel fresco del parco, altre per fare una passeggiata e altre ancora, abbigliate atleticamente, si fermavano da quelle parti per fare una corsetta.

Forse inconsciamente convinto dal movimento attorno a lui decise di unirsi agli sportivi facendo una corsetta all'ombra del bosco rientrando poco più di un'oretta dopo. Accanto a lui c'era parcheggiato un veicolo con il bagagliaio aperto con due ragazze appena rientrate dalla corsa, si stavano asciugando dal sudore con degli asciugamani e delle salviette profumate, ne sentiva chiaramente l'odore. Sorridendo loro come per chiedere il permesso, si avvicinò al van per raggiungere il portellone laterale, salì a bordo per farsi una doccia rinfrescante.

 

Altre mail erano arrivate e dopo la doccia si dedicò a rispondere a quelle che sembravano più interessate al suo annuncio. Rispondendo agli annunci quasi gli sembrava impossibile ci fossero così tante donne interessate alle sue proposte, in particolare alle foto esplicite che aveva allegato allo stesso. D'altra parte ripercorrendo le sue esperienze si ricordò che oltre alle compagne delle elementari, ci fu un'altra occasione che accadde qualche anno dopo, quindi qualche ragazza interessata effettivamente esisteva.

 

Abitava in una palazzina di due piani, lui la ricordava come una sorta di palafitta perché era appoggiata su grandi colonne di cemento sotto gran parte della struttura se si escludeva l'ingresso che ospitava le scale, per raggiungere i piani, che salivano attorno alla colonna dell'ascensore. Accanto all'ingresso della palazzina c'era un salone, dove gli inquilini parcheggiavano le biciclette. Al centro del salone, trovavano posto un paio di tavoli affiancati con alcune sedie diverse una dall'altra sistemate tutte intorno.

La destinazione d'utilizzo di quel salone era principalmente per le riunioni condominiali delle quattro famiglie residenti o come locale per le feste e i giochi dei bambini del condominio. Il locale riscaldato veniva utile per molte attività, ma era diventato prevalentemente area gioco per quei bambini, infatti, c'erano scatole di giochi di società lasciate da qualcuno, anche se di chi fossero, non era ben chiaro.

Le vetrate che davano sui due lati del locale erano smerigliate, facendo entrare la luce, ma allo stesso tempo nascondendo il contenuto della stanza. La porta d'accesso su una delle pareti a vetrata dava verso l'interno dell'atrio che ospitava l'ingresso della palazzina.

Sotto la palafitta, il pavimento era lastricato e un sentiero di ciottolato portava al cancellino d'ingresso pedonale dove una tettoia proteggeva l'accesso alla proprietà e le caselle di posta incastrate nella ringhiera che circondava il prato che si sviluppava attorno fino alla discesa per i box sottostanti alla palazzina.

 

Tra gli abitanti della palazzina, c'erano due donne anziane considerate come nonne da parte dei ragazzi che la abitavano. Mario, uno dei ragazzini, abitava la palazzina da sempre, come le due nonne, arrivò in seguito una famiglia con tre ragazzine dell'età di Mario, e la loro madre vedova. In seguito venne a sapere che le tre ragazze avevano perso il padre in un tragico incidente sul lavoro.

Le ragazzine due gemelle, facilmente distinguibili soprattutto dopo averci fatto l'occhio sul loro aspetto e una sorellina più giovane di un anno, gentili e ben educate dalla madre si erano presto avvicinate al ragazzo coetaneo che abitava la palazzina, così anche le nonne si affezionarono alle tre bambine.

Spesso il gruppetto di ragazzi andava a fare delle commissioni per le due anziane donne ricevendo in cambio una piccola mancia per acquistare un ghiacciolo o delle caramelle scelti in base alla stagione e ai gusti dei ragazzi.

Terminate le lezioni scolastiche si ritrovavano nel salone a fare i compiti, considerando che le gemelle erano nella stessa classe di Mario era un vantaggio per i ragazzi farli insieme, passandosi i compiti e aiutandosi nello studio. La madre delle ragazze quando era libera si offriva per aiutarli. Il fatto di saperli al sicuro nel salone era un fattore che tranquillizzava i genitori, anche se di tanto in tanto scendevano per vedere cosa stessero combinando soprattutto nel periodo scolastico dove il loro impegno doveva essere rivolto principalmente allo studio. Al termine dell'anno scolastico li lasciavano liberi di scorrazzare per la palazzina a giocare.

 

Un temporale li aveva costretti nel salone a giocare a uno dei giochi in scatola presenti. Avevano spostato uno dei tavoli in modo da poterci stare attorno tutti, il Monopoli aveva delle regole ben chiare, interpretate dai ragazzi a modo loro, l'avevano trasformato in qualcosa di indefinito. Si erano inventati addirittura un edificio posizionando in verticale gli alberghi, l'avevano chiamato torre, che funzione e che scopo avesse, Mario non se lo ricordava, forse perché cambiava di volta in volta.

 

La madre delle ragazze era appena scesa a portare un succo di frutta e delle fette di pane con la Nutella per la merenda dei ragazzi impegnati nel gioco. Tranquilla di saperli al coperto e vedendoli impegnati nel gioco, non scese più a controllarli fin quando non saltò la corrente a causa di un forte tuono. La luce di sicurezza, benché fioca, permetteva loro di proseguire i giochi. In quell'occasione, anche la madre di Mario scese a controllare i ragazzi, offrendo una torcia come luce aggiuntiva a quella di sicurezza. Al sicuro e al coperto i genitori non si preoccuparono più dei ragazzi.

Il gioco proseguiva, fin quando un movimento di Silvia, la sorella minore, durante il suo turno di lancio di dadi spostò molte casette appoggiate sulla plancia di gioco, facendone cadere altre che si sparsero sul pavimento. Mentre Mario si occupava di raccogliere i pezzi caduti a terra, le gemelle Ombretta e Monica, dopo aver rimproverato la sorellina, si preoccupavano di riposizionare gli oggettini cercando di ricostruire approssimativamente la situazione di gioco precedente discutendo tra di loro per cercare un accordo sulla posizione che potesse essere più simile a quello precedente il terremoto.

Mario aveva raccolto le casette cadute sul pavimento passandole alle ragazze. Dopo un rapido conto sembrava che ne mancassero altre finite da qualche parte sotto il tavolo.

Il cono d'ombra proiettato dal tavolo non permetteva una chiara visione del pavimento, Mario, aveva comunque scorto i pezzi mancanti sotto il tavolo vicino ai piedi delle due gemelle.

"Trovati!" esclamò Mario avvisando le ragazze a prepararsi a ricominciare a giocare.

"Sono vicino ai vostri piedi" aggiunse prima di infilarsi sotto il tavolo per prenderli. Non aveva nessuna intenzione particolare e la vista dei loro piedini nudi non gli aveva ancora svegliato strani pensieri.

Raccolti i pezzi mancanti, li passò a Monica che con la gemella si erano affacciate sotto al tavolo per aiutarlo nella ricerca di eventuali altri pezzi mancanti. Passati gli oggettini, Ombretta prima, seguita da Monica poi, alzò le gambe appoggiando i piedi sulla schiena di Mario. Silvia non voleva certo far di meno e seguì l'esempio delle sorelle.

Mario prima cercò di uscire, in verità con poca convinzione e invitato dalle sorelle a fargli da appoggia piedi restò sotto il tavolo seduto comodo con le gambe distese sotto la sedia di Ombretta. Vedendo che non reagiva a quella nuova situazione Ombretta spostò i suoi piedi dal petto al volto di Mario. Cercò di schivarli forse per timore di ricevere un calcio, ma non riuscì a resistere, si avvicinò ai suoi piedini sospesi in attesa davanti a lui concedendole di farlo. Leggermente freschi e morbidi sentì i brividi quando li sentì sul volto.

Una volta appoggiati aveva iniziato a muoverli delicatamente come se volesse accarezzargli il volto, domandò se fossero puzzolenti, non lo erano, lo disse chiaramente. La domanda destò curiosità nelle sorelle che affacciatesi sotto il tavolo per vedere cosa stesse succedendo appoggiarono anche i loro con lo stesso scopo. Erano perfetti, non poteva negarlo, e sentirsi toccare il viso dai loro piedi lo stava eccitando.

Le tre ragazze avevano ripreso a giocare a Monopoli senza di lui, quando venne il suo turno per tirare i dadi.

"Gioco io al posto tuo!" disse Ombretta togliendo all'improvviso i piedini dal suo volto e alzandosi di colpo per recuperare le tessere e i soldi di fronte a lei, dov'era seduto Mario, che facevano parte del gioco gestito da lui.

Nell'alzarsi velocemente per battere sul tempo le sorelle, aveva messo i piedi sulle parti basse del ragazzo in parte disteso sotto la sua sedia. Si allungò sopra al tavolo Mario sentì il suo peso spostarsi sul suo pene eccitandosi maggiormente. Per qualche minuto glielo schiacciò sentendolo chiaramente sotto i piedi nudi. Una volta preso tutto il malloppo tornò seduta.

"Te l'ho schiacciato?" domandò candidamente la ragazza affacciandosi sotto il tavolo per guardarlo nascosto dai piedi delle altre sorelle, si era resa conto di quello che aveva ancora sotto i piedi. Lui ammise che era successo e lei subito si era preoccupata di domandargli se gli aveva fatto male. Avrebbe voluto dirle che era stato bellissimo e che poteva farlo quando voleva, ma si limito a dire che non aveva sentito dolore.

Non glielo schiacciò più per un po' si limitò a tenere i suoi piedini proprio su quella che aveva capito fosse l'erezione del ragazzo. Finita la partita, con la scusa di riporre le cose nella scatola si era alzata nuovamente in piedi su di lui. Era bellissimo per lui gli sembrava di essere tornato indietro di qualche anno.

Nessuno dei due disse altro, tantomeno le sorelle che avevano tenuto i loro piedi sul suo corpo e sul suo volto tutto il tempo. L'ora di cena era arrivata e tutto restò sospeso. A Mario il trattamento era piaciuto da matti, non vedeva l'ora che riaccadesse altre volte.

 

Qualche giorno dopo, stavano giocando con il pallone e come spesso succedeva, dopo un tiro sbagliato, la palla finì sullo scivolo dei box rotolando fino all'altezza dell'ultimo box. Andarono di corsa a recuperare la palla fermandosi lì a giocare e a prendere un po' di fresco. Il fresco dei box era molto piacevole considerando che era all'ombra tutto il giorno.

Mario si era seduto con la schiena appoggiata al muro in fondo al corsello dei box e da quella posizione, lanciava la palla alle tre sorelle sedute poco distanti. Per scherzo non lanciavano la palla a Ombretta che arrabbiata correva per portarla via a chi l'aveva in mano. Mario si trovò con la palla in mano e subito la ragazza arrivò di corsa per portargliela via.

"Passami la palla o te lo schiaccio!" lo minacciò sorridendo maliziosa a un passo da lui. Lui fece la finta di dargliela come se fosse impaurito dalla minaccia, poi la lanciò a una delle altre sorelle. La ragazza colmò la distanza e alzò la gamba per mantenere la minaccia, lui le afferrò il piede pensando che gli desse un calcio, quando vide che era solo intenzionata a mantenere quanto aveva detto, scivolò con il bacino più in basso offrendole più spazio per lasciarglielo fare con più comodità.

 

"Non ti fa male?" aveva domandato anche Monica vedendo la sorella che con le scarpe gli stava in piedi proprio in quel punto particolare. Dopo aver rassicurato anche la gemella, vollero provare tutte a fare lo stesso. Ombretta salita con le scarpe aveva capito che se voleva apprezzare meglio quello che aveva sotto i piedi doveva toglierle, lasciò così spazio a Monica che provò a fare lo stesso seguita da Silvia che ovviamente restare esclusa.

Aveva slacciato le scarpe mentre le sorelle provavano a fare lo stesso, pronta a riprendere il suo posto su di lui. Le gemelle erano forse consapevoli di cosa stessero calpestando, probabilmente Silvia non lo era, imitando in tutto e per tutto quello che facevano le sorelle maggiori. Si capiva perché mentre le sorelle cercavano di stargli sopra di proposito, lei stava in parte da quelle parti schiacciandoglielo casualmente.

Ombretta, fece spostare la più giovane delle sorelle e salì sopra il pene indossando solo le calzine bianche. Sapeva cosa cercare e sentire sotto i piedi, Mario lo capì subito quando iniziò a schiacciarlo accuratamente. La prima sensazione che Mario percepì oltre al peso della ragazza erano i suoi piedi accaldati, si eccitò di più appena iniziò a muoversi sopra l'erezione, sembrava cercare il punto più piacevole dove mettere i suoi piedini percorrendo tutta il membro duro.

Anche Monica, tolse le scarpe e senza attendere gli salì sull'addome, mentre Silvia faceva lo stesso mettendo un piede su ciascuna delle cosce di Mario. I loro piedi accaldati sul suo corpo erano incredibilmente eccitanti e piacevoli probabilmente Ombretta se ne accorse sicuramente sentendolo irrigidirsi sotto i piedi. Se la sorella minore lo faceva per imitare le sorelle, Ombretta e Monica era chiaro che sapevano quello che stavano facendo, non era chiaro se si eccitassero nel farlo, ma quello che era certo era che lo facevano consapevolmente cercando proprio il modo migliore per sentirlo sotto i piedi.

 

Considerando che l'esperienza gli era piaciuta particolarmente, cercò di ricreare l'occasione buttando, dopo un po' che giocavano, il pallone nel corsello dei box e una volta scesi per recuperarlo si sdraiava a terra in attesa che Ombretta prima delle altre facesse il passo successivo camminando su di lui. Qualche volta accadde, mentre altre volte no, non si spiegava il motivo, anche se per qualcun altro fosse evidente che era perché lei voleva decidere quando il momento e il posto per farlo. Così anche quando si trovavano nel salone, se era lui che con una scusa si metteva sotto il tavolo, lo invitavano a tornare al tavolo, quando erano loro, più spesso Ombretta, a far cader qualcosa gli mettevano i piedi addosso.

 

Silvia al contrario delle sorelle piaceva mettergli i piedi in faccia, con o senza scarpe, per gioco, una delle volte che lo vollero espressamente sotto il tavolo, la più giovane tra le sorelle gli appoggiò i piedi sul viso, indossava le sue Adidas Superstar preferite, aveva appoggiato i piedini proprio a coprire il volto di Mario, mettendoli ai due lati del naso. Da un po' le piaceva strofinargliele sul viso, quella volta si era sporta sotto il tavolo guardando quello che stava per fare. Spostò il piede facendoglielo scendere sulle labbra, una volta fatta scorrere la suola, spinse con la punta del piede appena questa raggiunse l'apertura della bocca. La spinta, fece ritrarre Mario allontanandosi dai suoi piedini. Aspettò che con il volto ritornasse al punto precedente per riappoggiargli nuovamente un piede in faccia e spingere l'altro con la punta sulle sue labbra, Mario aprì leggermente la bocca e quando notò il gesto del ragazzo, Silvia, infilò delicatamente il piede dentro. Mario leccò la suola senza dirle niente come aveva fatto altre volte mentre gliele appoggiava in faccia.

 

Durante un periodo caldo, Mario vestiva maglietta e pantaloncini corti, quelli con la gamba piuttosto larga per agevolare il movimento durante lo sport. Era stato invitato a sedersi sotto il tavolo distendendo le gambe verso il lato dove erano sedute, una accanto all'altra, le gemelle. Mentre Silvia su un altro lato, si era preoccupata subito di appoggiare i piedini con le sue scarpe sul volto di Mario, le gemelle avevano occupato le sue parti intime.

Avevano iniziato a schiacciarglielo con le scarpe, alzandosi di tanto in tanto, senza un evidente motivo se non quello di fargli sentire il loro peso nel schiacciarglielo. Le tolsero subito, ricordando un piacere superiore nel farlo senza. Ancora una volta i loro piedi caldi lo eccitarono maggiormente. Senza calzature, le stesse ragazze sembravano divertirsi di più cercando di percorrere tutta la sua erezione, molto evidente sotto i pantaloncini, spostandosi poco alla volta. Quando notò che le sorelle avevano tolto le scarpe, Silvia si sentì autorizzata a fare lo stesso, levò i piedini dal volto giusto il tempo di toglierle e rimettendoli dove si trovavano in precedenza. Ancora una volta il piacere di sentire i piedi accaldati ora anche sul suo volto lo mandava in fibrillazione. Li annusava con grossi e intensi respiri, una passione immensa sentirne l'odore mentre si muovevano sul suo viso.

 

Con gli occhi coperti dai piedi di Silvia, non capì chi delle due sorelle iniziò a far passare i propri piedini nell'imboccatura della gamba dei pantaloncini di Mario. Larga al punto giusto, senza fatica raggiunsero l'erezione ancora nascosta dagli slip. Un altro piede riuscì a entrare da quel lato, iniziando poi a schiacciarglielo con tutto il peso. La sensazione che trasmettevano i loro piedini caldi proprio in quel punto risultava sempre più piacevole e lasciandolo intuire a chi lo stava schiacciando sentendolo indurirsi maggiormente.

Silvia, stranamente senza seguire alcun esempio, si tolse le calzine, donando per qualche istante la vista a Mario. Notò subito il suo pene nascosto soltanto dallo slip schiacciato dai piedini delle ragazze. Riuscire a vedere quella scena, finora soltanto immaginata e apprezzata dalla compressione l'eccitò ancor di più fissando quella realtà nei suoi ricordi.

Avrebbe voluto vedere i loro volti per capire cosa stessero provando le ragazze in quel momento, ma il tavolo frapposto tra Mario e le sorelle, non lo consentiva, era uno schermo per salvaguardare l'intimità di tutti, anche se le ragazze era chiaro che guardassero ciò che stavano facendo così come lo faceva lui in quel momento.

 

Nuovamente la vista si coprì dei favolosi piedini morbidi della sorellina. Gli sembrava di sentire meglio il profumo che emanavano e il movimento che aveva iniziato a fare sul suo volto aveva accentuato quel piacere. Ancora una volta si trovò a prendere dei respiri profondi cercando di assorbirne l'odore il più possibile.

Tornate a sedersi, le gemelle, sentiva strani movimenti provenire dai loro piedini, sembrava che volessero spostarglielo spingendo con i talloni, forse per schiacciarglielo meglio, immaginò lui. L'attrito tra calzina di cotone e slip sembrava rendere scivoloso ogni tentativo, tanto da ricevere qualche calcetto involontario sulla coscia quando cercavano di fare tale movimento.

La realtà era diversa, e se ne accorse quando le dita di uno dei piedini riuscirono a infilarsi sotto lo slip. Trovato il varco, anche un secondo piedino s'infilò sotto. Gli sembrava di sentire la calzina toccarglielo, forse era solo un'impressione, forse, quando facendo leva tra piedino, pene e slip, riuscirono a farne saltar fuori la punta, quella sensazione venne confermata. Scoperta una parte, fu un attimo farlo uscire completamente con l'aiuto di tutti i piedini a disposizione delle due gemelle. Iniziarono nuovamente a schiacciarglielo, stava impazzendo, non voleva che smettessero mai, senza contare i piedini della sorellina sul suo volto, un paradiso di emozioni.

Silvia spostò il piedino facendolo scorrere sul volto, lasciando libera la visuale di un occhio, vide chiaramente i piedini schiacciargli il membro, nudo sotto di loro. Sentiva e ora vedeva la danza dei loro talloni comprimerlo sempre di più. Quando Silvia gli spinse il piedino nudo in bocca andò in estasi, sentì i brividi salire lungo tutto il corpo. Iniziò a leccarlo con foga, mentre l'altro, la ragazza, lo muoveva sul suo volto.

Sentì quello stimolo far breccia in lui, cercò di trattenersi più che poteva, fin quando con un leggero gemito si lasciò andare preoccupato che le ragazze si fossero accorte di qualcosa. Continuarono imperterrite, spostando i piedi anche verso la sua pancia, continuando a giocarci come se nulla fosse successo.

 

L'urlo della mamma per la cena fece interrompere tutto, indossarono le loro scarpe, lasciando Mario sotto il tavolo per riprendersi. Si sistemò e si accorse solo in quel momento di essersi bagnato un po' i pantaloncini e la maglietta. Imbarazzato al pensiero che le ragazze se ne fossero accorte andò in agitazione. Non sapeva cosa pensare, non conosceva ancora bene il suo corpo e quello che accadeva in quei frangenti, ma era chiaro che qualcosa usciva dopo quello stimolo. E se avesse bagnato anche i piedi delle amiche? Arrossì di nuovo. Non ci aveva dormito.

Il giorno dopo incontrandole vide che erano tranquille come se non fosse successo nulla, e all'invito di mettersi a sotto il tavolo fu accolto come una liberazione. Non si erano accorte di niente.

Le ragazze, fin da subito, sapevano benissimo fino a che punto volevano arrivare, anche la sorellina era stata coinvolta in qualche modo nel gioco e tutte si trovavano sullo stesso lato del tavolo sopra il pene di Mario alternandosi nel schiacciarglielo. Anche Silvia, era chiaro da come si muoveva che avesse capito cosa fosse quella cosa che aveva sotto i piedini. Tolsero quasi subito le scarpe, cercando subito dopo di tirare il suo pene allo scoperto.

Vedeva i loro piedini al lavoro, mentre le sentiva confabulare a bassa voce. Aveva notato le loro scarpe abbandonate vicino a lui. Aveva preso quelle di Silvia portandone una all'altezza del viso per annusarne l'interno. La leccò pensando che avrebbe apprezzato il gesto se solo l'avesse saputo.

Di nuovo l'eccitazione salì velocemente, tutte le sensazioni insieme, contribuirono a farlo esplodere quasi senza preavviso. Guardò per capire cosa stesse succedendo, vide una cosa lattiginosa uscire e finire in parte sotto il piedino di Silvia che stava comprimendo il suo glande, il resto sulla maglietta. Si allarmò soprattutto quando le sentì bisbigliare.

Vide il piede di Ombretta e di Monica muoversi velocemente a coprire quello schizzo sfuggito. Domande infinite affollarono la sua testa, insieme all'adrenalina che percorreva il suo corpo, erano riuscite a mandargli in pappa il cervello.

Le ragazze continuarono a schiacciare imperterrite fin quando non vennero interrotte dalla solita chiamata. Non dissero niente ancora una volta, non che avessero mai parlato di quello che facevano insieme, sembrava tutto tranquillo. Capitò altre volte, era chiaro le ragazze sapessero cosa stesse accadendo a Mario quando spruzzava, o almeno era certo che lo sapessero le gemelle, e a suo modo di vedere sembrava che era diventato parte del loro divertimento.

 

Ancora una volta, l'estate finì, e con l'inizio della scuola tutto sembrava cambiato. Si trovavano come sempre a fare i compiti e a giocare di tanto in tanto, ma non accadde più niente.

Le ragazze non lo fecero andare sotto il tavolo, tanto meno lui si propose di andarci. Poi gli amici e quant'altro allontanarono il gruppo, facendo passare sempre meno tempo insieme. Ancora una volta tutto svanì in una nuvola. Se solo fosse… pensava Mario, sognando le occasioni sfumate con le ragazze.

 

Continuò tutto il pomeriggio a lavorare nel suo van, in verità alternava il lavoro alle risposte alle mail, che avevano attirato veramente tanti curiosi oltre ai messaggi di Silvia.

Non aveva amici, non di quelli veri e che si potevano definire tali.

Conosceva alcune persone, per il suo lavoro di fotografo, che gli chiedevano di occuparsi delle fotografie al matrimonio di una o dell'altra conoscente mettendolo in contatto i due interessati.

Qualche cliente lo chiamava per fare degli scatti ad alcuni prodotti come piatti pronti fatti dal cuoco di turno, al peggio, gioielli invece quando andava meglio, il costo variava determinando il meglio di uno e il peggio dell'altro.

 

Spesso era ingaggiato per fare qualche campagna promozionale da qualche agenzia pubblicitaria, il suo compito era quello di seguire le idee dei pubblicitari realizzando gli scatti utili al loro scopo.

Agenzie di modelle lo ingaggiavano per altri tipi di servizi, in genere book fotografici per le loro modelle. Spesso gli fissavano appuntamento in un luogo, dove le agenzie stesse avevano preparato un set per ambientare gli scatti. Nonostante avesse qualche suggerimento su inquadrature o luci, o comunque qualcosa inerente alla fotografia, veniva ignorato se non zittito, obbligandolo a fare come una sorta di catena di montaggio con scatti a raffica, un po' come quando fotografava scatolame e prodotti chimici per i volantini pubblicitari.

Altre agenzie nonostante preparassero il set ascoltavano più facilmente suggerimenti, riguardo l'ambientazione, per esempio come era capitato con le altre agenzie, un orologio da polso quando il set era in ambientazione ottocentesca. Oppure lasciavano a lui la libertà di scegliere luci e inquadrature, un altro modo di lavorare, con altre soddisfazioni.

Alla fine l'importante era che lo pagassero.

 

Intanto a video stavano passando i piatti fotografati il giorno prima nella cucina sul retro di un grande centro commerciale dove al suo interno preparavano piatti pronti. Lo scopo delle foto era rendere accattivante il prodotto per la clientela che l'avrebbe comprato. Guardando la foto gli tornava in mente il profumo emanato da quegli stessi piatti mentre li fotografava, non aveva avuto modo di gustarli, ma la foto che aveva scattato aveva raggiunto lo scopo, almeno con lui. Gli era venuta fame e quando guardò l'ora sullo schermo del computer capì il motivo, era passata l'ora di cena.

Notò in quel momento che si era fatto buio, il cielo aveva una strana colorazione giallastra. Davanti a lui, nell'area dei campi dove l'orizzonte era più lontano vedeva già dei nuvoloni neri in arrivo. Di tanto in tanto dei fulmini disegnavano il contorno delle nuvole.

Uno spettacolo della natura ai suoi occhi di fotografo. Chiuse il van per evitare che piovesse all'interno e scese con l'attrezzatura per riprendere e fotografare la natura.

Come scese vide nel parcheggio le folate di vento creare dei vortici di terra e foglie, sistemò il cavalletto e l'inquadratura e iniziò a scattare.

Andò oltre la siepe mentre qualche goccia iniziava a cadere. Si fermò sul marciapiede fotografando in lontananza il temporale in avvicinamento. L'odore di asfalto bagnato stava riempiendo le sue narici mentre era intento a fare il suo lavoro.

La pioggia aveva iniziato ad aumentare d'intensità, il rumore al passaggio delle auto era inconfondibile, abbassò la macchina fotografica al livello del terreno scattando le gocce che rimbalzavano sull'asfalto bagnato e sulle auto di passaggio.

Quando la pioggia fu davvero troppa decise di salire sul van. Nel frattempo nel parcheggio c'era un via vai di persone che di corsa raggiungevano i propri veicoli per scappare dalla pioggia.

Al coperto, mentre mangiucchiava dei taralli insieme ai Salamini Beretta, sistemò l'attrezzatura asciugandola e osservò il movimento nel parcheggio. Una coppia di anziani a grandi passi raggiungeva il loro veicolo sorridendo come se fossero stati dei bambini che giocavano a rincorrersi.

Erano rimaste poche macchine, la pioggia aveva aumentato d'intensità cadendo a goccioloni. Poteva vedere il formarsi delle pozzanghere e al tempo stesso l'allagarsi del vialone. Le auto di passaggio creavano un'onda da raggiungere e in qualche caso superare la siepe. Se ne accorsero due ciclisti arrivati nel pieno del diluvio con le loro bici erano intenti a caricarle sul tetto quando un veicolo ad alta velocità creò un onda tale da superare la siepe attirando le imprecazioni dei due malcapitati. Caricarono in fretta e probabilmente da strizzare se ne andarono via lasciando il parcheggio.

Poco dopo il parcheggio si era svuotato. Notò chiaramente un ombrello aprirsi dall'altro lato del parcheggio, non ci fece più di tanto caso, probabilmente qualcuno doveva ancora mettersi al riparo. Davanti a lui lungo il vialone passò un autobus di linea sollevando un'onda da allagare tutto il marciapiede.

 

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