Storia di un matrimonio (ep. 8) – La mia pausa di riflessione

  • Scritto da Lizbeth il 17/12/2022 - 12:54
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Come faceva a sapere di quei due, era stata una mia piccola scappatella e non l'avevo detto ad anima viva.

“Non ti faccio nulla” - Mi indicò i fogli - “Ormai ho firmato i documenti e non cambierò i patti, però voglio che una volta tanto sarai sincera con me”.

Forse non aveva tutti i torti, ma prima dovevo sapere una cosa - “Come l'hai saputo” - Estrasse ancora la cartella. Ne prese due fogli - “Ho letto le tue mail” - Mi decisi di dire la verità.

 

Iniziò tutto due anni fa. Ormai eravamo sposati da quindici lunghi anni, una eternità. Eravamo diventati una coppia come le altre. Nel mentre io avevo aperto una mia palestra e lui era diventato vicedirettore. Ci vedevamo poco. Le nostre singolari avventure erano finite. Dentro di me l'amavo ancora. Ma sentivo la mancanza dei miei vent'anni, di quella libertà assoluta. Mi sentivo chiusa in gabbia. Un giorno mi arrivò una mail dal passato. Vanessa una bella riccia rossa. Anni fa avevo avuto una relazione prima con lei e poi con suo marito. Erano entrambi leggermente più grandi di me.

In quella mail mi volevano invitare all'inaugurazione del loro agriturismo situato sulle colline toscane. Sempre nelle mail venivano citate le nostre bischerate giovanili e se avessi accettato il loro invito, avremmo avuto la possibilità di ricordare i vecchi tempi. Ne volevo parlare con mio marito, non sarebbe stato male fare un week end lontano da tutti. Tornò a casa nervoso. Aveva incontrato Francesca e gli aveva annunciato la sua intenzione di diventare madre.

Ovviamente ne era felice, il problema ero io. Ne avevamo parlato per anni, ma io non ne volevo, non ne sentivo il bisogno. Dopo una rapida discussione, se ne è andò sbattendo la porta. Io per istinto afferrai il cellulare, cercai la mail che avevo appena ricevuto e accettai l'invito e ci andai da sola.

Partii lo stesso Week-End e lasciai solamente un biglietto e, per rendere la cosa ancora più teatrale, lasciai il mio cellulare sul tavolo.

Raggiunsi la località a tarda notte. Vanessa era già andata a dormire, mi accolse una ragazza alla reception, che una volta spiegato chi fossi, mi indicò la mia stanza. Parlando qualche secondo con la ragazza, compresi che la struttura non era ancora ufficialmente aperta, e la vera inaugurazione avveniva la domenica successiva e a quanto pare il mio alloggio era gratuito.

Ero già stata in quella villa, in quel periodo era solamente una casa di villeggiatura e per me e i miei amici era un luogo dove nascondersi per fare sesso.

Beccai Vanessa la mattina seguente, mentre facevo colazione. La trovai ancora più sexy di quello che mi ricordassi. Le sue forme erano diventate ancora più generose e la rendevano ancora più sensuale. Passammo tutto il giorno assieme. La nostra amicizia era ancora molto salda, come se non fossero passati tutti quegli anni. Quella che prese la decisione fui io.

“Vane, vuoi venire in camera mia?”

“Credevo che non me lo chiedessi più”

Così ci ritrovammo sedute sul letto. Anche se la conoscevo, mi sentivo insicura, forse pensavo a mio marito. Quei pensieri scomparvero dalla mia mente appena Vanessa si tolse la maglietta e mi mostrava il suo delizioso reggiseno a balconcino.

Sollevai il suo seno sinistro con la mia mano destra. Soffia sopra per eliminare una piuma e poi lo baciai. Con due dita abbassai la tela del reggiseno e leccai il suo turgido capezzolo. Fu una sensazione meravigliosa, sembrerà strano, ma erano tre anni che non toccavo sessualmente un altra donna. Mentre la baciavo lei mi sbottonò lentamente la camicia. Bottone per bottone. Con quel gesto la mia scollatura compariva lentamente. Una volta che l'ultimo dischetto fuoriuscì dall'asola, fu il suo turno di sfiorare il mio corpo. Aveva le mani fredde.

Giocava con i suoi pollici sulla mia pelle nuda. Si chinò verso di me e passò la lingua nell'insenatura. La lingua percorse tutto il collo e raggiunse la mia bocca che si spalancò al solo contatto.

Dalla finestra aperta giunse un rumore di ruote che percorrevano il vialetto d'ingresso. Visto che mi ero distratta, mi girò la testa verso di lei - “Non distrarti, io sono qui”.

Detto questo, mi levò il reggiseno con un rapido gesto. Mi sdraio sul letto. Si tolse i leggings. Si sistemò accanto a me. Mi baciò, mi accarezzò il seno. La sua mano scese verso la gonna e vi entrò dentro.

Non volle togliermi la camicia, invece la gonna sparì. Sgattaiolo sopra di me, mi leccò il viso e riprodusse un leggero miagolio. Mi misi a ridere. Le sue enormi tette, mi richiamarono, come se fossi attratta dalla loro forza di gravità. Baciai prima quello destro, poi quello sinistro. Morsi il rispettivo capezzolo, che allungai con i denti.

Lei si risollevò, la mia lingua sfiorò per prima la sua morbida pancia, leccai l'ombelico. Le abbassai le mutandine e leccai il suo nettare.

Ora era mia.

Affondai il mio viso nel suo vello rosso. Mi feci largo con la lingua fino alla sua rugiada che leccai.

Pregustai con la punta ogni singolo lembo della sua passera. Le succhiai il clitoride. Lei è sempre stato il lato dolce della coppia, suo marito il lato selvaggio.

“Tesoro hai un dildo” - la volevo penetrare.

“No dolcezza, del resto ci siamo sempre bastate”

A quelle parole le infilai un dito, non sembrò soddisfarla, allora aggiunsi anche il medio. I suoi addominali si contrassero. In aggiunta le morsi il clitoride.

“Zoccola”

“Anche tu non sei di meno”

Si sdraio sopra di me. Ci masturbammo a vicenda. Sentivo il suo seno appoggiarsi al mio. Ci scambiammo una sequenza di baci infiniti.

“Anto, come mai sei ancora single?”

A quanto pare in questi anni non si era interessata alla mia vita, ne approfittai per mentire - “Perché sono fatta per scopare e gioire con chiunque mi capiti” - avevo detto una frase ignobile.

Si spostò alla mia destra, ci girammo di lato. Per via del sudore la camicia stava diventando trasparente e si intravedevano i capezzoli. Lei la scostò e me li leccò. Intanto ansimavamo entrambe grazie alle nostre lunghe ad affusolate dita.

Tornò sopra di me, questa volta formavamo un sessantanove. Urlai, mi infilò nella passera l'intera mano. Avevo il suo sedere in faccia e le infilai due dita nell'ano. In quel momento pensai di aver fatto bene a scappare da mio marito.

La sua mano continuava a perlustrare il mio antro buio e umido. Ogni volta che il suo seno si scontrava con il mio, il mio corpo veniva percorso dai brividi.

Si diede una sberla al culo - “uhnn, si continua a incularmi stronza” - mi diede un ultima leccata - “Ora viene il bello” - Non capii.

Qualcosa mi penetrò, mi aveva mentito, aveva trovato un dildo?. Quel vibratore mi sembrò di carne, al contatto sembrava vero. Sembrava che pulsasse dentro di me. Pensai che fossi di quelli elettrici. Poi la rivelazione.

“Quanto mi è mancata questa puttana, tesoro” - era suo marito, non l'avevo ne visto e sentito arrivare. Mi ricordai il rumore di ruote sentite in precedenza.

Ero sposata. Non potevo farlo. Non potevo fare sesso con un altro uomo, almeno senza il consenso di Andrea, ma non li fermai.

Conoscevo l'impeto di quell'uomo. Il mio corpo venne invaso. Decisi di non protestare, decisi di farlo continuare. Non volevo che smettesse. Questa era la verità. Ogni volta che mi veniva in mente Andrea, mi sentivo arrabbiata. Cosa pretendeva da me, le ero stata accanto per anni. Per lui avevo rinunciato a tante cose.

Questa era la sua punizione.

Un lento gocciolio sul mio viso, mi fece tornare in quella stanza. Era Vanessa. Era seduta sopra di me con la sua passera spalancata. Allungai la lingua. Raccolsi quella piccola quantità di liquido. Il gocciolio si tramuto in un fiume. Mi stava inondando la faccia con la sua urina. Con un gesto a me innaturale, aprii la bocca e la bevvi. Davanti a me divenne tutto rosso, per l'ennesima volta la leccai.

Leonardo mi stringeva il seno e mi penetrava con sempre più forza. Ancora una volta quel pensiero, lo facevo per punire Andrea. Subito cambiai idea, stavo punendo me stessa, e qualcosa in me cambiò.

Urlai - “Fatemi mettere a quattro zampe”.

Il porco non vedeva l'ora. Nel giro di pochi secondi mi ritrovai a pecora in mezzo al piscio di Vanessa. La quale era davanti a me e si stava masturbando. Era evidentemente estasiata. Prima di leccare quella Red Vision, come la chiamavo simpaticamente da giovane, mi girai verso di lui - “Inculami bastardo”.

Lei sentii entrare dentro di me. Ebbi la sensazione di venire tamponata da un tir. All'inizio sentii dolore. Mi afferrò i fianchi. Mi sbatteva cosi forte che sentivo chiaramente i suoi testicoli sbattere contro la mia passera. Il mio seno ballava e sua moglie lo palpava.

Dopo anni mi sentivo me stessa. Mi tornarono in mente i vecchi tempi e ricordai il nostro gioco preferito.

A fatica, visto quanto stavo ansimando, sussurrai - “Giochi di mano” - loro capirono subito.

Ci mettemmo in posizione. Io e Vanessa una accanto all'altra con i nostri seni a contatto. La mia mano destra nella sua passera. La sua mano sinistra dentro la mia. Lui era in ginocchio davanti a noi con il cazzo in mano. Noi lo stimolavamo con i nostri piedi. Io e la mia amica ci guardavamo negli occhi e ogni tanto ci baciavamo. A bei tempi il primo che raggiungeva l'orgasmo, pagava la cena.

Di solito perdeva Leonardo, e lo fece anche stavolta. Il suo seme raggiunse i nostri corpi e noi lo leccammo a vicenda dai nostri muscoli. Io arrivai seconda, raggiunta in pochi attimi da Vanessa.

Se ne andarono in camera loro. Erano evidentemente ancora eccitati e andarono in camera loro. Mi sentivo serena e mi addormentai come un sasso. Il giorno dopo partii subito dopo colazione, notai i primi clienti giungere. Anche se me ne andai come una ladra, sperai dentro di me che la loro attività andasse bene.

 

“E questa è tutta la verità” - sei contento ora - “non li ho mai più rivisti” - in modo provocatorio - “Almeno fino a oggi”.

Lui mi sorrise - “In effetti si” - lo vidi rilassarsi. Tenevo dentro di me quel peso da anni e stranamente quella confessione, mi rese felice.

Si alzò, mi baciò. Stavo per commuovermi. Firmai in documenti. Ora eravamo ufficialmente divorziati. Lui mi mostrò la mail stampata.

Tesoro è un peccato che te ne sei andata, io e mio marito volevamo ancora scopare con te e magari farti conoscere qualche amico, spero che tornerai a trovarci. Saluti i tuoi maiali Vanessa e Leonardo”

La strappai.

 

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