Titani allo scontro

Titani allo scontro

L’incontro è di quelli al massimo livello, col rappresentante del governo che deve mediare tra due aziende concorrenti per l’attribuzione di una importante commessa che potrebbe agevolmente essere divisa in due tronconi ed affidata paritariamente ai due, con vantaggi per tutti e danni per nessuno; ma il mio avversario e concorrente è uno dei più autorevoli imprenditori del territorio, ha una storia antica alle spalle ed esige che l’incarico venga affidato solo a lui, che, nel caso, potrebbe subappaltarne un troncone perché non ha la dotazione di macchinari adeguata, essendosi la sua azienda, in quanto ad aggiornamento, fermata a qualche anno addietro.

Vado all’incontro accompagnato da Adele, la mia segretaria e compagna di vita; lei appare molto più preoccupata di me, perché il valore della commessa rende il momento delicato; io sono assai più sereno, perché so che il mio avversario non è in grado di garantire la consegna dei lavori nei tempi previsti, con i mezzi di cui dispone; una commissione tecnica ha già esaminato questo aspetto del problema e non posso avere dubbi; un’ora di colloqui non è sufficiente a trovare uno sbocco; insisto più volte a proporre la divisione dell’incarico in maniera equa, ma mi trovo di fronte ad un muro di arroganza che impedisce al mio concorrente di vedere quel che anche un bambino capirebbe, che lui non è in grado, da solo, di fare fronte all’impegno.

“Carlo, non mi sfidare. Se adesso addivieni a miti consigli e facciamo le cose in armonia, se ne avvantaggia tutto l’ambiente, tutto il territorio. Se ti ostini a volermi imporre il tuo dictat, ricordati che sono un guerriero ma che, alla fine, non faccio prigionieri; se arriviamo allo scontro, il mio obiettivo non sarà più sconfiggerti, ma distruggerti, annientarti.”

“Caro Enzo, ti faccio abbassare io la cresta. Vedremo se l’ultimo arrivato riesce a sconfiggere un vecchio lottatore come me; ti combatterò fino alla fine e solo se verrai a chiedermi aiuto in ginocchio, solo allora avrò pietà di te.”

Non c’è alternativa; ci rimandano indietro invitandoci a presentare un progetto che preveda la consociazione di più aziende per garantire il totale dell’opera nel tempo previsto; decido di interpellare un produttore della regione limitrofa per assicurare il rispetto degli impegni e, dopo un mese circa, ci ritroviamo di fronte nella stessa sede per lo stesso problema.

I progetti presentati sono stati esaminati attentamente e, come prevedevo, per la migliore dotazione e disponibilità, il mio è stato preferito; l’unica raccomandazione è sostituire, se possibile, la ditta associata con una della zona, nell’interesse dell’economia della regione; ma si tratta solo di un consiglio umano, non tecnico, e certamente non obbligante; il mio avversario se n’è andato e alla trattativa è rimasto il figlio destinato a succedere al padre nella gestione dell’azienda; mi chiede un colloquio privato con un rappresentante sindacale delle sue maestranze.

Nel colloquio, a cui assiste anche Adele, il sindacalista mi fa presente che la commessa sarebbe per l’azienda l’ultima spiaggia prima del fallimento; se viene meno quell’incarico, sono a rischio centinaia di lavoratori; in pratica, mi chiedono di sostituire con la loro azienda quella che avevo interpellato da un’altra regione; probabilmente devo essere diventato verde di bile, perché Adele mi guarda con aria preoccupata e mi stringe la mano per calmarmi.

“Io non faccio pagare gli errori di un imbecille a centinaia di lavoratori; ma Carlo va distrutto; gli ho promesso che non avrei fatto prigionieri e non ne faccio. L’unica proposta che posso farvi è di lasciarvi cooptare nel mio pool; lascerò intatti gli organigrammi, ma la direzione generale viene a me; insieme possiamo affrontare la commessa e gestirla benissimo. Prendere o lasciare.”

Si fermano a confabulare; l’azienda è a gestione familiare e non deve rendere conto a un Consiglio; quindi, se il giovane erede è disposto a cedere un poco di orgoglio, la fabbrica si salva; inevitabilmente, la risposta è di cedere il titolo e mantenere gli organismi; le maestranze si intenderanno e probabilmente il lavoro sarà anche snellito; mentre andiamo via, si vede chiaramente il vecchio Carlo, con aria affannata dall’età e dal malessere, trasportato quasi a braccia alla sua auto.

“Non ci sei andato giù leggero, però; è molto pericoloso sfidarti e perdere; se non si è sicuri di vincere, meglio non stuzzicarti. Davvero non fai prigionieri.”

“Ti consiglio di ricordartelo sempre; la regola vale per tutte le vicende della vita, non solo per il lavoro.”

Sono passati alcuni mesi dalla gara; le cose si sono assestate nella maniera migliore possibile, con gioia e soddisfazione di tutti; il lavoro procede a gonfie vele; non così la vita privata che registra un colpo d’arresto imprevedibile quando una sera, uscendo prima del previsto dal lavoro e andando verso l’auto in parcheggio, noto la seconda nostra macchina, quella che di solito usa Adele, ferma nell’angolo estremo, vicino ad un edificio abbandonato; meravigliato per l’inspiegabile novità, mi avvicino alla macchina parcheggiata e noto, accanto al muro, due figure di cui una inginocchiata; riconosco Adele prona davanti a qualcuno al quale sta evidentemente praticando una fellatio.

Tiro fuori il telefonino, lo sistemo in posizione video e comincio a riprendere la scena; la mia compagna ha una grandissima abilità, nell’arte della fellazione ed io che vivo con lei da ormai cinque anni lo so bene, visto che quella è una delle pratiche che preferisco; a dire il vero, è straordinaria un po’ in tutto, a cominciare dai preliminari quando pratica una masturbazione raffinatissima, per arrivare alla copula vera e propria per la quale sa manovrare i muscoli vaginali con una sapienza antica e succhia nell’utero anche l’anima, quando mi fa eiaculare; l’unico neo è che non ha voluto ancora concedere la verginità dell’ano, che difende quasi con rabbia.

Ma in quel momento non sono certo i meriti sessuali di Adele che mi interessano; quello che mi fa andare il sangue alla testa è quel suo starsene inginocchiata a succhiare un membro che ci vuole poco a definire extralarge, visto che riesce a malapena, nonostante la sua consumata abilità, a tenerne in bocca poco più della cappella; alla fine distinguo anche che il soggetto che ha scelto per questo suo bel ‘diversivo’ è uno dei guardiani notturni che tra poco prenderà servizio; quando lui le eiacula in bocca con un gemito di goduria, mi sento venir meno dalla rabbia e mi trovo a vomitare sul cofano della sua auto; mentre loro si ricompongono, mi trascino alla mia auto, parto e mi precipito a casa a rotta di collo, per arrivare prima di lei.

Quando entra in casa, sono seduto al tavolo di cucina e sto bevendo un cognac.

“Ciao, sei già qui?”

“Tu invece avresti dovuto esserci da un bel po’. Devi dirmi qualcosa?”

“Cosa vuoi che ti dica? Mi sono fermata a bere qualcosa ed ho avuto un po’ di problemi col traffico.”

“Sei sicura che non devi dirmi niente? Procediamo come se ci fossimo detti tutto?”

“Io non ho niente da dirti. Forse tu, da quel che mi pare di capire, hai qualcosa sul gozzo …”

“Okay, cominciamo. Era ben consistente quello che hai bevuto? Era dolce? Era acido? Era più dolce della mia?”

“Ma di che stai parlando?”

“Parlo dello sperma che hai ingoiato dal sesso del guardiano dopo che l’hai prosciugato con una delle tue fellazioni straordinarie. Non hai notato il vomito sulla macchina? Era il mio.”

“Mi hai visto?”

“Ti ho anche ripreso. Se vuoi, qui c’è il telefonino; puoi rivederti e correggere gli errori di postura quando fai una fellatio in piedi nel parcheggio.”

Non aggiunge niente e cerca di andare verso il bagno; la fermo con un gesto.

“Metti sul tavolo le chiavi della macchina, quelle della casa, le carte di credito e tutto quello che non è strettamente personale; fai una valigia e vattene. Tu adesso lasci questa casa.”

“Ma che dici? Per una fellazione?”

“Amica, ti ricordi cosa ti dissi quando mi accusasti di non fare prigionieri? Ti ricordi che ti avvisai che la regola valeva per tutti gli eventi della vita? Sei venuta meno ai patti, hai sfidato le regole che avevamo stabilito insieme; ora paghi, te ne vai da questa casa e domani sarai anche licenziata, tu e il tuo ultimo amante.”

“Ma quale amante? Gli ho fatto solo una fellazione! L’amore è un’altra cosa; e quello l’hai avuto, lo hai e lo avrai sempre e solo tu; la mia vagina è solo tua, il didietro non te l’ho dato ma non l’ho dato a nessuno e, se dovessi arrendermi, sarai tu a sverginarmi. Ho fatto solo qualche fellazione; non ne fare una tragedia!”

“A parte il fatto che di tragedia parli tu, io sto solo applicando delle norme che abbiamo stabilito insieme; si può anche copulare fuori, ma solo se lo facciamo nell’ottica del nostro amore, parlandone prima e concordandolo. L’hai fatto alle mie spalle, sei venuta meno ad un impegno; te ne vai. Semplice, no?”

“Semplice un corno! Io non permetto né a te né a nessun altro di buttare a mare cinque anni di vita vissuta intensamente, con amore infinito, capisci cosa vuole dire con amore infinito?; io non ti consento di sconvolgere tutto e di distruggere me solo perché sono perdente, perché ti ho sfidato ed ho perso. Sei grande, sei forte, sei il più forte; ma adesso non rompere le scatole, tieniti questi due cornetti, accetta almeno una volta che qualcuno te l’ha fatta e forse vivrai meglio. Se cerchi di buttarmi fuori, giuro che a costo di morirci di farò tanto di quel male che te ne ricorderai finché vivi; forse io ci morirò, ma ti renderò infelice, a costo di spaccarti le gambe a mazzate.”

“Sei fortunata; fino a qualche anno fa, col delitto d’onore non ti spaccavo solo le gambe, ti ammazzavo direttamente e non facevo un giorno di carcere; adesso mi limito a cacciarti dalla mia casa e dalla mia vita; e non sfidarmi ancora perché perderesti anche questa sfida e, come sai, non faccio prigionieri.”

“Enzo, sei sicuro di quello che dici e di quello che vuoi? Davvero vuoi che io ti sfidi convinto che mi spezzerai? Bada che potrei farti molto male; ricordati che standoti a fianco ho imparato da te; sono pericolosa, se arrivo ad essere spietata ed infida come sei tu in questo momento.”

“Tu adesso e ne vai; poi aspetterò la tua vendetta.”

“Adesso ti offro gratis una piccola dimostrazione; poi deciderai. D’accordo?

Sono stupito; lei prende il telefonino forma un numero.

“Ciao, Nicola, sono Adele, si la segretaria dell’ingegnere. Possiamo vederci? Vorrei parlarti di un piccolo problema. Si, si tratta di mettere a posto un molestatore; non voglio chiederlo all’ingegnere che percorre le vie legali e mi fa perdere il gusto della vendetta; preferirei qualcuno che, che so?, gli spezzi le gambe, lo riduca in carrozzella per tutta la vita, oppure che so, lo renda impotente, ecco, lo renda impotente e mi consegni i suoi testicoli su un vassoio d’argento, così si ricorderà sempre di me … No, no, questo no … tu mi dici quanto mi costa ed io ti pago, ma fare l’amore con te, non è proprio possibile, io amo troppo l’ingegnere. Okay. Come non detto. Cercherò altre soluzioni. Ciao, ciao.”

Mi sorride mefistofelica, mentre rimette a posto il telefonino.

“Allora, che dici? Ti faccio spezzare le gambe o strappare i testicoli e poi divento la sua donna e vado a vivere nel lusso e nell’illegalità?”

“Ma tu mi hai tradito!!!”

“Questo lo dici tu; io dico che ho fatto solo una decina di fellazioni per rompere il muro del tuo strapotere; nessuno ha toccato la mia vagina, le mie tette, il mio sedere; io ho preso in bocca, con mio sommo gusto, una decina di sessi ed ogni volta che lo facevo godevo interiormente assai più di quanto godessi fisicamente o facessi godere lui, perché finalmente lo sterminatore dei nemici veniva trattato come un qualsiasi povero cornuto.

Non volevo farti cornuto e non lo facevo, ma spezzare il tuo predominio assoluto, quello si, lo volevo e lo facevo. Pensa, potevo anche dirti ‘amore, vado a fare una fellazione e torno’; per le leggi che tu hai voluto, che tu mi hai imposto, avrei potuto obbligarti ad accettare in cambio dell’esclusività della mia vagina e, se necessario, del sacrificio della verginità anale; ma, se te lo avessi detto prima, avrei rafforzato il tuo potere anche legislativo sulla mia sessualità, ti avrei confermato come padrone assoluto del bene e del male, esattamente il contrario di quello che io volevo.

Quindi, rassegnati ed accetta ora che il coltello ce l’ho io; se mi cacci, vado da quel camorrista, gli do la vagina e in cambio chiedo i tuoi testicoli su un piatto d’argento, un po’ come Salomè per Giovanni Battista; e bada che ho avuto un grande maestro; non faccio prigionieri. Io vado a dormire, nel letto che è e rimane il nostro letto; tu fai quel diavolo che ti pare; passa la notte a preparare le tue strategie per distruggermi ma sappi che, uscendo da quella porta, andrei a decretare la tua evirazione; niente per me, niente per tutti.”

Se ne va in camera e sento i rumori tipici di ogni sera, mentre va in bagno, si lava, si strucca, si mette la vestaglia e torna in cucina perché non abbiamo cenato; prepara una tisana e mi chiede se ne voglio; decido per il si, perché sono molto teso e voglio mettere qualcosa nello stomaco; risolviamo con un pacco di biscotti innaffiato dalla tisana; per rimediare al saporaccio, ci aggiungo un bicchiere di cognac; Adele, una volta tanto, ne prende anche per se, anche se sappiamo che un minimo di alcool la rende stranamente eccitata.

La tentazione di approfittare della situazione per amarla ancora di più è forte, perché l’amo veramente e devo riconoscere che c’è molta verità in quello che ha detto; sono certo che il suo ‘tradimento’ è stato veramente solo di qualche fellazione che, in condizione di normali rapporti, non solo le avrei consentito, ma forse le avrei suggerito per uscire dalla monotonia del matrimonio imperante tra noi, nonostante non ci fossimo mai sposati; un dubbio però mi resta.

“Veramente ti rivolgeresti a quel delinquente, per vendicarti? Andresti davvero a vivere con lui?”

“Senti, grande imbecille, l’ho detto anche al delinquente, davanti a te e sapendo perfettamente che avresti sottolineato ogni frase; io amo solo te, per te darei tutto, anche la vita; ma dovevo umiliarti per costringerti ad abbassare quella maledetta cresta. Per la tua domanda, si ci copulerei, ma una sola volta; gli chiederei i tuoi testicoli e , quando me li facesse avere, mi ammazzerei molto serenamente; te l’ho detto, ti amo fino a morirne; ma stavolta volevo farti male, perché nessuno ti ha mai picchiato, nella vita, soprattutto quando lo meritavi.”

“Adesso cosa succederà?”

“Niente; ho sbagliato, mi sono fatta scoprire, il gioco è saltato, rientro nei ranghi; se vuoi, riprendiamo stasera stessa a fare l’amore e domani sarà esattamente uguale a tutti i giorni passati; stasera mi hai colto con le brache calate, anche se nel concreto erano quelle di lui; le altre volte, neppure ti sei accorto che ti copulavo con tantissima passione in più, per oltre un mese, perché mi ero presa la rivincita ed ero più contenta, ma mi sentivo comunque in colpa, ti amavo di più e facevo meglio l’amore.

Adesso mi sento più leggera, perché non ho niente da nascondere, e posso amarti con tutta l’anima almeno per il prossimo mese; quando il mio amore si stancherà, forse mi cercherò un altro maschio da succhiare, per rimettermi in forma; e non te lo dirò, per non ridarti il pallino del comando; ma forse potrei anche accorgermi che posso stuzzicarti senza succhiare altri maschi e stimolare la mia passione per altre vie.

Forse potremmo decidere di fare un figlio e tutta la nostra vita subirebbe un sussulto dagli esiti imprevedibili; potresti anche decidere di sposarmi e sarei costretta ad assumere, davanti ad un’autorità maggiore della tua, l’impegno anche giuridico ad amarti, a rispettarti ed a rimanerti fedele per tutta la vita … possono succedere tante cose, da domani; ma non succederà mai che io esca da questa casa per non tornarci più perché in quel caso, deciderei di andarmi a buttare direttamente a fiume.”

“Buttarti a fiume!?!? Che diamine dici?”

“Perché la escludi come ipotesi? Se volessi farti evirare, dovrei piegarmi a fare sesso con un delinquente e non resisterei a questa umiliazione; quindi mi ammazzerei; se salto un passaggio, mi evito l’umiliazione, arrivo alla conclusione e ti lascio il peso di avermi ammazzato senza muovere un dito. Che ne dici?”

“La smetti per favore! Parli così disinvoltamente di cose che mi danno i brividi! Camorrista, sesso, vendetta, evirazione, suicidio … e che diavolo … calmati!”

“Stupido; prima parli di un’autentica tragedia per qualche fellazione, poi ti scandalizzi se io la tragedia te la costruisco solo come canovaccio? Visto che ci siamo, me la fai la nuova proposta o insisti che devo andarmene?”

“Come risarcimento provvisorio, me lo dai il didietro, stasera?”

“Già … una vittima deve esserci, alla fine; e il mio sedere è proprio quella giusta; era anche in preventivo che, se mi avessi scoperta, almeno il retto te lo dovevo dare. E non so dirti con quanta gioia te lo darò, specialmente se mi fai un bel servizio elegante, pulito e il meno doloroso possibile.”

“Ti risulta che qualche volta ti ho posseduto senza garbo, delicatezza e attenzione? Anche al mare, quella sera, non ti sei quasi resa conto che ti avevo sverginato, finché non vedesti il sangue sulle pance.”

“Imbecille! E tu, un ricordo così bello, lo volevi buttare fuori casa per una sciocchezza? Ti amo, questa è la verità che conta, il resto è zavorra.”

“Mi sa che dal mese prossimo prendiamo in esame anche l’ipotesi di regolarizzare la nostra posizione davanti al sindaco e che mettiamo in cantiere l’erede del mio potere economico, quello che dà tanto benessere ma anche tanto tormento a sua madre.”

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