Tra vecchi colleghi

  • Scritto da rokirae il 12/10/2020 - 13:12
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Con Massimo ci eravamo conosciuti quasi trent’anni prima ad un corso di specializzazione per accedere al lavoro in una grande ditta internazionale. Eravamo diventati colleghi ma non avevamo avuto occasioni per diventare intimi, dato che l’azienda ci aveva smistati in sedi diverse, alcune anche all’estero.
Ci ritrovavamo ora pensionati da poche settimane, incaricati dagli ex colleghi in quiescenza come noi di organizzare una cena di addio all’azienda. A Massimo venne l’idea di una trasferta collettiva in grande stile, e propose di tenere la cena in un bel ristorante di Fiesole, sulle colline fiorentine. Pigro come ero, la cosa non mi entusiasmava; ma la grande maggioranza dei colleghi trovava splendida la proposta di Massimo, ragion per cui ci toccava fare un sopralluogo sul posto e organizzare per bene l’avvenimento.
Partimmo noi due da Roma una mattina piuttosto presto, lungo il viaggio parlammo naturalmente del più e del meno, delle vicende vissute in azienda, delle nostre famiglie, e così via.
Arrivammo a Firenze verso mezzogiorno ed andammo subito in albergo dove avevamo prenotato due singole. La sorpresa fu che, con grande cortesia, alla reception ci avvertirono che, per una circostanza non prevista, le singole non si erano liberate e che era disponibile una doppia matrimoniale. Rimasi un po’ contrariato, ma Massimo mi fece osservare che non era il caso di mettersi alla ricerca di altre camere in altri alberghi. “Per una sola notte”, disse, “cosa vuoi che sia!”. 
Depositati i nostri bagagli leggeri, chiamammo un taxi e ci facemmo portare su in collina per visitare questo bel ristorante dal nome aulico, “Il Palagio”.
Pranzammo lì e definimmo con il proprietario il menu della cena. Il posto era uno splendido balcone affacciato su Firenze e vi si mangiava davvero bene.
Nel pomeriggio girammo la città alla ricerca di una soluzione logistica per ospitare a prezzi contenuti la nutrita comitiva dei colleghi. E, dopo un lungo peregrinare tra gli hotel del Lungarno, trovammo finalmente quello che cercavamo, un alberghetto senza troppe pretese ma sorprendentemente libero nel giorno scelto per la cena.
A fine giornata decidemmo di cenare in un’enoteca, innaffiando con abbondante libagione una gustosa scelta di salami e formaggi stagionati. Bevemmo abbastanza e, alla fine, alquanto allegrotti, ma non ubriachi, ci avviamo a piedi verso il nostro albergo in Santa Croce.
Arrivati in camera, ci spogliammo in tutta fretta e stanchi ci lasciammo cadere sul lettone matrimoniale.
Massimo andò in bagno per la doccia e ne uscì dopo dieci minuti completamente nudo. “Scusa”, mi disse, “ma con questo caldo io preferisco mettermi a letto così”.
La visione delle sue nudità non mi lasciò indifferente. Aveva un corpo tenuto bene nonostante l’età, una pancetta meno pronunciata della mia, soprattutto aveva un gran bel cazzo, ancora pulsante, venoso. Sinceramente glielo invidiai in quel momento, il mio non era così saettante.
Feci la mia doccia ed anche io, anche se con minore disinvoltura, uscii nudo e nudo entrai nel letto. 
Sdraiati nel letto cominciammo a parlare ancora un po’, finendo fatalmente per parlare di sesso. E, naturalmente, molto presto notammo che le lenzuola erano sollevate dai nostri cazzi che si impennavano.
Massimo a quel punto pensò bene di accendere la tv e di sintonizzarla su un canale porno, dove
un maschio cazzuto e arrapato si scopava una bella milf facendola gemere di passione. 
La scena era particolarmente eccitante e, senza che ci fossimo detti alcunchè, entrambi iniziammo a palpeggiarci il cazzo. Massimo disse che aveva una voglia matta di sborrare e che era un peccato non aver portato con noi le nostre mogli. Poi, con un ghigno, aggiunse sorridendo: “Pensa se fossero qui…. magari potremmo scambiarcele, eh!”.
L’idea ebbe un effetto elettrico di eccitazione ulteriore, e per qualche minuto ci mettemmo a commentare le forme esuberanti delle nostre signore, entrambe in carne, tettone e soprattutto culone.
Pensando anche a loro ci palpavamo con foga; affondavo le mani nelle sue natiche come fossero le chiappone della moglie; altrettanto faceva lui con me pensando al sederone di mia moglie.
“Vedi”, mi disse ansimando, “possiamo fare anche da soli, con un po’ di immaginazione, arrangiandoci tra di noi”.
In effetti aveva ragione, ci stavamo prendendo gusto. E quando lui mi prese in mano il cazzo, istintivamente lo imitai. Una masturbazione lenta, poi più frenetica, che presto ci fece gemere di un piacere languido. Ansimavamo vicini; istintivamente avvicinammo le bocche e, continuando a masturbarci, cominciammo a limonare.
Non so era l’effetto del vino bevuto o della situazione inebriante che si era venuta a creare. Sta di fatto che avevamo cominciato a baciarci, incrociando le lingue e scambiandoci la saliva. 
Ormai eravamo in calore, ci abbracciavamo e ci palpavamo vogliosi coi cazzi che scalpitavano schiacciandosi l’uno contro l’altro. Massimo lasciò la mia bocca, si abbassò un poco e si mise a succhiarmi con foga i capezzoli, regalandomi brividi irresistibili; poi scese ancora un po’, soffermandosi a leccarmi l’ombelico, prima di affondare la sua faccia tra le mie cosce e prendermi il cazzo scoppiettante in bocca.
Era la prima volta che mi capitava una cosa del genere, ma il piacere era così acuto che sentii urgentissima la voglia di farlo anche io. Mi girai su me stesso e, afferrato subito il suo bel cazzo, me lo imboccai e cominciai a succhiarlo furiosamente. 
Un sessantanove troppo bello e travolgente per durare molto. Nel giro di pochi minuti esplodemmo la nostra sborra l’uno nella bocca dell’altro e, senza avere neppure un attimo per pensarci, la ingoiammo: lattiginosa ed amarognola, ma in fondo gustosa come uno yogurt.
Ci rimettemmo sdraiati l’uno vicino all’altro e restammo abbracciati, con gli occhi socchiusi, senza dirci nulla per dieci minuti, ma continuando a sfregarci e a coccolarci.
Fu Massimo a rompere il silenzio per sussurrarmi: “Abbiamo perso la testa, ma è stato molto bello… non è così?”. Annuii. E lui continuò: “Capisci perché tanti uomini prediligono il sesso gay?”
“Sì”, gli risposi, “mi fa rabbia che abbiamo aspettato tanto a capirlo… che abbiamo sacrificato per conformismo la libertà di una esperienza trasgressiva”.
Ci ridemmo un po’ su, con un filo di amarezza, ma, a forza di abbracciarci, di palparci e di baciarci, la voglia si era ravvivata e i cazzi erano tornati a premere voluttuosi.
Ricominciammo a leccarci e succhiarci, di nuovo a 69, ma stavolta con le dita impegnate a frugare nel solco delle chiappe e a stuzzicare la rosellina scura dell’ano.
Inumidii il medio e piano piano glielo infilai nel buco; lui fece altrettanto. Un godimento raddoppiato per entrambi. Mi resi conto del piacere che lui avvertiva da come il suo cazzo vibrava nella mia bocca. E quando le dita in culo divennero due, cominciammo a mugulare. 
Massimo si alzò dal letto, si affacciò in bagno e tornò con la bomboletta del gel da barba. Mi disse di girarmi e con due dita cominciò a spalmare il gel sul buco. Sentii un brivido correre lungo la schiena, un misto di voglia e di timore mi prese. Lui mi schiaffeggiò affettuosamente le natiche e mi disse di non irrigidirmi. Sentii che aveva posizionato il suo cazzo all’imbocco dell’ano e che aveva cominciato a spingerlo forzando lentamente il mio pertugio stretto e vergine.
Sentivo la sua pressione vogliosa, ma mi sembrava impossibile che quel suo bell’uccellone potesse passare nelle strettoie del mio canale. Ero terrorizzato dall’idea del dolore lancinante della penetrazione, ma al tempo stesso avevo una voglia matta di sentirmi posseduto, sverginato da lui.
Non potei fare a meno di emettere un lamento; lui mi baciò dietro il collo e mi sussurrò di resistere un minuto: “Vedrai…. tra poco godrai come una vacca!”
Aveva ragione. La penetrazione, anche grazie al lubrificante, fu meno difficile del temuto; in compenso la goduria molto più acuta e inebriante del previsto.
Massimo mi montava davvero come una vacca, o come una giumenta, tenendomi per i fianchi e pistonandomi con forza crescente, prima di scaricare nel mio budello una violenta e calda sborrata, che mi fece trasalire di piacere al punto di accelerare la mia eiaculazione sul lenzuolo.
In quel momento mi sentii la sua troia e, con mia meraviglia, vivevo quella sensazione con grande trasporto. Mi aveva inculato alla grande, dilatandomi lo sfintere, ed avevo goduto da dio. Un godimento che si protrasse ancora a lungo, perché, dopo aver sborrato, Massimo non si ritrasse e continuò a scoparmi il culo lentamente. 
Ci assopimmo così, lui dietro di me, con il cazzo gocciolante tra le mie chiappe. La stanchezza accumulata nella giornata e il rilassamento della scopata ci fecero dormire tutta la notte. Ma, alle prime luci dell’alba, sentii le sue mani palparmi il cazzo e le palle e cominciare una lenta masturbazione.
Mi girai verso di lui come a cercare di capire le sue intenzioni e lui mi disse con voce calda: “Ora tocca a te!”. Scese con la sua bocca a succhiarmi il cazzo per farlo indurire. Poi si girò di spalle e mi invitò a ungergli il buco con il gel da barba. Un bel culo il suo, più tonico del mio, ma egualmente fremente di essere violato. 
Anche stavolta la penetrazione si rivelò un po’ faticosa, era la prima volta anche per lui. Ma, quando la cappella riuscì a superare il punto più stretto, mi scatenai a pomparlo con forza facendolo gemere. Che bello scopare il culo di un uomo, possederlo, sfondarlo! Che bello riempirlo, allagarlo di sborra, come ad ingravidarlo!
Ci levammo dal letto e andammo insieme sotto la doccia a palparci e a limonare ancora pieni di voglia.
Durante il viaggio di ritorno continuammo a scambiarci parole dolci e porche, a palparci il pacco gonfio, ma anche a ragionare su come organizzarci per rivederci senza la presenza ingombrante delle mogli.
Eravamo stati così a lungo colleghi senza essere mai veramente amici. Ora eravamo diventati direttamente amanti, e a 65 anni cominciava davvero per noi una nuova vita.


Per giudizi e suggerimenti, [email protected].

Bellisimo racconto. Io dalla argentina l'ho goduto molto

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