Tre volte buono

  • Scritto da geniodirazza il 16/12/2023 - 11:39
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Tre volte buono

Le estati tra i sedici e i diciotto anni furono per me le più entusiasmanti, quelle in cui presi dimestichezza col cazzo e imparai tutto quanto c’era da imparare, facendo sul serio, oltre cioè i giochini infantili di qualche sega o di qualche pompino più o meno bene eseguiti nei bagni di scuola; cominciai col perfezionarmi nella pompa in cui divenni una piccola artista e passai poi a prenderlo nel culo, all’inizio dolorosamente poi sempre più con gusto e piacere; ne feci una pratica abituale e gradita.

Venne poi il momento di sacrificare l’imene e finalmente potevo scopare davvero; cominciai anche ad apprezzare la consistenza delle mazze e ci misi poco a scoprire che mi piacevano sempre più grosse, sempre più dure sempre più violente; in capo ai due anni di trasformazione, diventai una protagonista assoluta e acquisii persino una discreta presunzione, indicata come la regina della scopata, insaziabile e capace di soddisfare qualunque maschio.

Quando ormai l’aria si faceva pesante, perché i miei genitori sopportavano sempre meno i miei costumi libertini e triviali, il linguaggio disinvolto e la fila di ragazzi che si accalcava per la speranza di avere l’occasione per almeno un pompino o una scopata, meditai tra me e me che era l‘ora di trovare il ‘tre volte buono’ da incastrare per ottenere, quanto meno, che accettasse di convivere per ‘sistemare la faccenda’ e portarmi fuori dal controllo dei miei.

Dovetti necessariamente far passare ancora del tempo, prima di trovare la condizione giusta; avevo quasi venti anni, ormai, quando incontrai Leo, il classico ‘bravo ragazzo’ tutto educazione e lavoro che, a ventitré anni, era già in dirittura di laurea in Economia e praticamente vergine dal punto di vista sessuale; fu un gioco finanche troppo semplice irretirlo nelle mie voglie e incastrarlo in serate di lunghissime pomiciate che lo mandarono fuori di testa in un battibaleno.

Lo avevo incontrato all’Università, dove mi ero accostata per informarmi sui corsi, senza nessuna voglia di iscrivermi; non ebbi problemi a piangere difficoltà, sia di soldi che di impegno, per commuoverlo e fargli promettere che, appena avesse accettato tra le molte proposte che gli erano state fatte e scelto la ditta nella quale andare ad occupare un posto di rilievo come dirigente dell’ufficio amministrativo, si sarebbe fatto un dovere di mettere su casa per noi.

Il carattere mite, la tendenza a lasciarsi dominare ed insomma il suo essere ‘tre volte buono’ mi resero facile pilotarlo ad arredare la casa a mio gusto, a favorire tutti i miei capricci e alla fine a prendersi le corna che gli facevo come a una mandria di cervi; il suo cazzo, della dimensione media di circa 18 centimetri al massimo dell’erezione, gli consentiva di scoparmi abbastanza volentieri e piuttosto spesso; provavo anche un certo piacere i cui effetti sapevo come accentuare con gemiti fasulli.

Non persi niente delle mie preferenze in fatto di dimensioni e, sin da quando ci trasferimmo nella casa nuova, cominciai a ricevere, mentre lui era al lavoro, giovani notevolmente prestanti ma sopratutto forniti di cazzi super che mi godevo col massimo piacere; crogiolandomi nel ruolo della casalinga garantita da uno stipendio notevolmente alto, per un dirigente qualificato e conteso da molti; diventai una perfetta parassita che si occupava poco della casa e molto della figa.

Per natura portato a credere sempre nel prossimo, Leo aveva nella compagna giovane e bella la fiducia massima e avrebbe ammazzato chi avesse messo in dubbio la sua fedeltà alla funzione muliebre che aveva scelto per stare con lui; a quelle condizioni, mi bastavano poche rassicurazioni per fargli mandare giù il palco di corna senza battere ciglio; addirittura, ero costretta a frenarlo quando predicava le mie virtù anche con chi sapeva bene cosa facessi in camera, mentre lui era assente.

Passarono così i mesi, senza che niente turbasse un idillio fondato sull’equivoco, sull’inganno e sulla malafede; purtroppo, in agguato c’era la mia tendenza a strafare; presto, mi annoiai anche di tradirlo a sua insaputa; mi sorse il desiderio insano di ridurlo a qualcosa di più, un cornuto contento, un cuckold o addirittura uno slave; lui non avrebbe neppure saputo spiegare il significato dei termini e non poteva sapere niente delle mie macchinazioni.

La prima occasione che mi si presentò fu una pallosa cerimonia che tennero nella mensa della fabbrica per celebrare qualcosa che non mi interessava sapere; mi incuriosì invece la figura del ‘padrone’ e la corte che mi fece da subito; avevo saputo che era un tombeur de femme e che non ne faceva passare nessuna; fui immediatamente disponibile, soprattutto quando, nella ressa al buffet, fece in modo da farmi sentire contro il culo la notevole mazza che nascondeva nei pantaloni; la mia natura di ninfomane scattò immediata e spinsi indietro, muovendomi per adattare la mazza tra le natiche; ci volle niente a trovare sintonia.

Poco dopo, con accorte manovre, finimmo entrambi in un magazzino vuoto; mi abbrancò per le spalle e mi avvolse in un bacio di grande sensualità; ricambiai con tutta la forza della mia libidine e capii immediatamente che era da scopare, anche se fosse stata solo una sveltina raffazzonata perché l’ambiente non era sicuro e chiunque poteva d’un tratto entrare e sorprenderci, con grande scandalo, in piena scopata.

Mi spinse contro il muro e mi appoggiai a mani aperte; mi sollevò la gonna che fortunatamente avevo larga e mini; sentii che il suo sguardo si posava voglioso e ammirato sul mio culo perfetto; udii il rumore della cerniera che scivolava per fare spazio al cazzo e avvertii immediatamente la cappella tra culo e figa, a lato della fettuccia che costituiva il perizoma che indossavo; subito dopo la cappella si fece strada nelle grandi labbra e una mazza di almeno venti centimetri scivolò nella figa grondante.

Non ebbe bisogno di scoparmi molto; presi dalla vertigine di piacere che la situazione aveva provocato, impiegammo un niente per raggiungere l’orgasmo simultaneo; usammo dei fazzolettini per asciugarci, lui il cazzo io la figa, e rimettemmo gli abiti a posto; mi avvertì che era stato solo un breve assaggio; gli dissi che, mentre mio marito era al lavoro, ero sola in casa; mi assicurò che l’indomani mattina non aveva appuntamenti importanti e sarebbe venuto a trovarmi volentieri.

Non appena Leo uscì, andai in bagno e mi lavai particolarmente figa e culo, in previsione di una sana inculata; indossai sul corpo nudo una vestaglia trasparente e attesi fibrillando che arrivasse l’ospite; quando bussò al citofono, mi precipitai ad aprire e lo attesi dietro la porta socchiusa; ammirando le mie forme nude sotto la vestaglia, mi avvolse immediatamente nel bacio sensuale che già conoscevo, prendendo in mano ambedue le natiche e stringendomi la figa contro il cazzo duro.

Lo presi per mano e lo guidai senza esitazione alla camera, verso il letto ancora caldo del mio corpo e di quello di Leo appena uscito; fu laborioso spogliarlo perché, venendo dall’ufficio, era in giacca e cravatta; mi divertii a denudarlo portando alla luce un corpo tonico ed atletico, senza dubbio tenuto in forma da palestra e attività sportiva; quando il torso fu scoperto, mi fiondai con la bocca sui capezzoli e scoprii che era molto sensibile al titillamento con labbra e denti.

Mi sfilò la vestaglia e la fece cadere a terra; mi sedetti sul bordo del letto, aprii la patta e buttai giù, fino ai calzini, pantaloni e boxer, insieme; il cazzo mi balzò in faccia prepotente e lo afferrai a due mani, una sull’asta ritta e dura ed una sui coglioni gonfi e grossi; masturbai delicatamente facendo percorrere alla pelle tutta la lunghezza, scoprendo la cappella violacea e rincappellando subito dopo con movimento coordinato; un gemito gli scappò quasi involontario.

Allungai la lingua e andai a saggiare la punta che aveva già gocce di precum; poi presi in bocca, assai lentamente, la cappella e la mazza; le feci girare nella cavità orale e seguitai a leccare accompagnando con la lingua i movimenti del cazzo; mi prese le tempie tra le mani e mi scopò in bocca con delicata violenza; lo fermavo, con la mano che teneva l’asta fuori dalla bocca, ogni volta che spingeva troppo a fondo; succhiavo come un’idrovora strappandogli gemiti di piacere.

Dopo una lunga elaborazione del pompino, mi spinse supina e si abbassò a leccarmi la figa; toccai vertici di piacere infinito mentre mi succhiava il clitoride e infilava la lingua in vagina; mi fece salire sul letto, carponi, e riprese la leccata da dietro, dedicandosi ampiamente al culo e alla figa che penetrava ogni volta per largo tratto; passava la lingua a spatola su tutto il perineo provocandomi entusiastici brividi di piacere.

Decise finalmente di scoparmi; mi spinse al centro del letto, si sfilò pantaloni boxer calzini e scarpe e salì sul letto; mi avvolse nella sua stazza notevole e accostò la mazza alla figa; un colpo secco e i più di venti centimetri del cazzo furono dentro; li sentii tutti che percorrevano il canale vaginale e urtavano con forza l‘utero; un primo orgasmo mi scoppiò all’improvviso e mi costrinse ad un gemito lunghissimo.

Mi montò alla missionaria facendomi sentire tutta la potenza della mazza contro l’utero; si staccò per un momento, sollevò il busto e abbassò la testa a leccarmi, succhiarmi e mordicchiarmi i capezzoli, uno per volta; mi perdevo nelle sferzate di piacere che montavano dalla figa ai seni e mi bruciavano il cervello; godetti molto; si staccò, mi fece fece girare carponi e riprese a montarmi a pecorina; la posizione mi faceva sentire il cazzo fino allo stomaco e mi esaltava di piacere.

Mentre mi montava, tenendo saldamente afferrati i seni per darsi meglio le spinte, mi chiese se poteva venire dentro;lo rassicurai che prendevo la pillola e sentii lo spruzzo della sborra colpirmi con violenza l’utero; urlai il mio piacere e sentii contemporaneo il suo grugnito mentre sborrava; si abbatté sulla mia schiena quasi senza forze e mi sentii felice di averlo svuotato come era nelle mie intenzioni; si sganciò e si stese al mio fianco.

Mi augurai che avesse una ripresa rapida e giovanile; vidi con gioia che, appena appoggiai la testa sul ventre e presi a stuzzicare il cazzo con la lingua, lui riprese subito vigore; bastò qualche giochino in bocca e la mazza riprese in breve il suo turgore; la titillai un poco tra mani e lingua, poi a gesti lo invitai a salirmi addosso; si sedette sul mio stomaco e appoggiò il cazzo tra i seni; afferrai le mammelle e, dai due lati, le spinsi ad imprigionare l’asta.

Manovrai i seni in una spagnola classica, capì l’intento e fece scivolare il batacchio lungo le tette fino a spingere la cappella in bocca; pompino e spagnola si fusero in una sola azione goduriosa al massimo; si impedì di sborrare per scoparmi ancora e, liberandosi dalla presa, si sganciò da me; mi fece sistemare ancora carponi e riprese a leccarmi tra pube e osso sacro percorrendo a larghe linguate il perineo e soffermandosi più volte sul buco del culo in cui spingeva la lingua.

Mi chiese del lubrificante e andai in bagno a prendere il gel; mi fece piegare di nuovo carponi e leccò lungamente il culo; era chiaro che la tappa successiva fosse l’inculata; preparò per benino tutto, leccando amorosamente ogni punto del culo; non gli ci volle molto per rendersi conto che da quel tunnel erano passati molti tir; unse per bene l’ano, il canale rettale e la sua mazza; appoggiò la cappella e spinse; in due tempi entrò tutto fino alle palle.

Diede inizio a una lunghissima cavalcata nel culo, prima a pecorina; poi, rovesciando insieme me e lui, si piazzò da dietro, a cucchiaio, e continuò ad incularmi portando in alto le gambe alternativamente, mentre la mazza andava avanti e indietro per il canale rettale; cambiò la posizione, mi rovesciò bocconi sul letto e mi montò di spalle, col cazzo duramente infisso nel culo, scopandomi la schiena con tutto il corpo; mi sollevò i piedi fino alla testa e mi inculò dall’alto.

Finalmente, portatomi sul bordo del letto, mi stese supina, alzò i piedi sue spalle e mi inculò faccia a faccia consentendomi di seguire il movimento del cazzo nel culo; sborrò da quella posizione e fui felice di vedere la sua espressione beata mentre gli spruzzi di sborra venivano sparati nell’intestino; la mia sborrata fu quasi una conseguenza diretta della sua e la ottenni quasi in contemporanea con una liberatoria esplosione del ventre.

Era la sua seconda grande sborrata in meno di due ore; non credevo che avrebbe tentato altre possibilità, anche se mi sarebbe piaciuto sentire in bocca il sapore del suo godimento; ma ormai ero certa che non si sarebbe limitato ad un incontro clandestino e che avremmo avuto molte occasioni per scopare come a me piaceva; infatti, cominciò una fase di dolci carezze che in qualche modo temperarono la violenza delle scopate fatte fino a quel momento.

Ottavio si rivelò anche amante dolcissimo che mi deliziava con linguate che attraversavano il corpo, dai piedi alla figa, dalla figa ai capezzoli, dai seni alla bocca in un crescendo entusiasmante; per mia natura pronta agli orgasmi multipli e frequenti, godevo molto a sentirmi succhiare l’anima dal clitoride, dalle aureole, dalla lingua che battagliava con la sua; le dita nella figa mi stimolavano in continuazione; il pugno chiuso mi sconvolse il culo ed entrò fino all’intestino.

Quando fu quasi mezzogiorno, lo invitai a scomparire al più presto; Leo qualche volta tornava a casa, nell’intervallo per il pranzo; almeno quella prima volta, preferivo non sfidare ancora la sorte e il suo spirito cuckold; se lo avessi accertato, sarebbe cambiato il registro; per ora, la grandissima scopata che ci eravamo fatti poteva bastare; non fu che la prima di quelle che ci saremmo fatti da quel giorno; mi veniva a trovare un paio di volte a settimana e scopavamo alla grande.

Leo se ne accorse sicuramente, una volta che lo incrociò mentre usciva dalla porta di casa e lui, entrato in camera, trovò le tracce evidenti di una grande scopata; non batté ciglio; ebbi la certezza che fosse cornuto contento e, da debole come era, non osò nessun commento; da allora, non mi preoccupai di rifare il letto nemmeno quando venivano a scoparmi altri caproni bene attrezzati che mi smantellavano e mi lasciavano dolorante.

Ottavio arrivò al punto da invitarmi per i fine settimana fuori città, per i suoi giri di lavoro; andavo a scopare per tre giorni e non dovevo neppure giustificare le mie assenze perché il mio cornuto sembrava ormai anestetizzato e si limitava a scomparire per intere giornate, perso forse dietro i suoi sogni di scalata sociale; crescere nel lavoro sembrava la sua priorità; se anche lo avessi visto coi miei occhi, non avrei creduto che si dedicasse ad un’altra donna; era troppo innamorato di me e io ne approfittavo.

Decisi di alzare l’asticella; un sabato mattina lo impacchettai per bene, con scotch industriale, sul divano in camera e andai ad aprire al mandingo che avevo invitato per quell’occasione; difficile raccontare il gusto immenso con cui lo presentai a Leo annunciandogli enfaticamente che da quel momento doveva considerarsi cuckold a tutti gli effetti; si limitò a guardarmi quasi piangendo, con il suo atteggiamento da ‘tre volte buono’, e sopportò paziente tutta la tortura.

Abbracciai e baciai il mio amante invitando la mia vittima a godere per come mi facevo stringere e strapazzare culo tette e figa dal magnifico esemplare che avevo tra le braccia; lo spogliai metodicamente; quando venticinque centimetro di cazzo si levarono dal ventre e finirono nella mia bocca, facendo il segno delle corna, confrontavo a gesti quella mazza con quello che appariva un cazzetto, al confronto; lui si limitava a soffrire.

Per tutti i lunghissimi preliminari mi sollazzai ad umiliarlo, pestandogli il cazzo ritto con i piedi e chiamandolo impotente, sputandogli in faccia e schiaffeggiandolo con la mazza del nero; quando mi infilò a pecorina il cazzo nella figa, prima, e nel culo poi, mi appoggiai alle sue ginocchia e gli diedi qualche rapida leccata al cazzo per istigarlo; la mazza si sgonfiò e lessi nei suoi occhi dolore e disgusto; solo per un momento mi vergognai di me stessa.

Per l’intera mattinata lo sottoposi a vessazioni inenarrabili, mentre urlavo di piacere con il randello che mi sfondava il ventre da davanti, da dietro, da sopra e da sotto; lentamente, svaporò anche il gusto di offenderlo; con un inetto come lui, mi parve persino inutile farlo soffrire e finii per dedicarmi alla scopata finché, ad ora di pranzo, licenziai il mio caprone; lasciai lui impacchettato sul divano fino al lunedì mattina, quando lo liberai perché andasse a lavorare e portasse la pagnotta a casa.

Ormai lo avevo ridotto a quel che volevo, cornuto cuckold e slave, e non mi curai dello sguardo di disprezzo con cui mi guardò per i pochi giorni successivi che passai a casa; il giovedì era previsto un viaggio con Ottavio, di cui Leo neppure sapeva; uscii ad ora di pranzo, mentre lui era al lavoro, montai in macchina col mio amante preferito e andai con lui in una località a poca distanza, dove aveva prenotato in hotel per un lungo soggiorno da determinare.

Furono dieci straordinari giorni di scopate interminabili in tutti i modi e in tutte le posizioni; ben presto avevo arrossati figa e culo in cui stazionava per ore intere col suo cazzo insaziabile; dovetti ricorrere a impacchi di acqua e camomilla per attenuare il rosso e i lividi che le violente botte mi procuravano su tutto il corpo; lo sfidai continuamente a darmene sempre di più, sempre più forte; uscimmo dalla camera, i primi giorni solo per andare a pranzo; poi decidemmo di farci servire in camera e non uscimmo più.

Lui era preso dalla mia frenesia più di quanto avrebbe voluto e si lasciava volentieri trascinare nel torbido gorgo del sesso; scopava quasi come necessità fisiologica e non riusciva a tenere il cazzo fuori dai miei buchi; trascorremmo così una settimana e mezza, dal giovedì pomeriggio, ora di arrivo, al lunedì della settimana seguente, quando lui dovette rientrare perché aveva appuntamenti inderogabili in fabbrica.

La mattina del lunedì, undici giorni dopo che ero uscita, rientrai in casa; non dovetti neppure rendere conto al solito portiere impiccione che ancora non aveva preso posizione; quando aprii la porta, mi fermai sbalordita; l’appartamento era totalmente vuoto; lo girai tutto, angolo per angolo, quasi per capacitarmi che davvero non c’era rimasto niente, nemmeno un mobile rotto o dimenticato; cercai di chiamare Leo ma mi rispose la segreteria.

Scesi come una furia al pianoterra e aggredii quasi il portiere che usciva dalla sua abitazione.

“Cosa diavolo è successo al mio appartamento? Chi l’ha vuotato completamente?”

“Il suo appartamento!? Non mi risulta che lei abbia qui un appartamento!”

“Ma cosa dice? Abito al primo piano col mio compagno, il dottor Leo Rossi!”

“Che sia il suo compagno lo dice lei adesso; ho visto molti maschi girare qui intorno e, a meno che lei non faccia la nobile professione, è difficile stabilire quale fosse il suo compagno; comunque, il dottor Rossi non è più inquilino; ha disdetto il contratto; mi ha lasciato in custodia delle scatole per lei e mi ha pregato di ritirare le chiavi in suo possesso; la prego di consegnarmele immediatamente perché le detiene abusivamente e i nuovi inquilini le hanno giustamente reclamate … “

La lingua mi si era seccata in gola e stentavo a respirare; il maledetto aveva risposto una volta per tutte; dieci giorni di assenza erano abbastanza perché anche una moglie fosse considerata colpevole di abbandono del tetto coniugale; per una come me, senza un legame giuridico, era la fine della convivenza; non avevo neanche un posto dove portare le mie cose.

“Il dottore ha portato via anche i mobili?”

“E’ venuto un camion di una ditta di traslochi e ha portato via tutto; le ripeto che qui ho delle scatole con le sue cose … “

“Può farmi la cortesia di tenerle finché non trovo dove immagazzinarle?”

“Sì, ma sono accatastate già da una settimana; ancora una settimana posso pazientare; poi porto tutto all’isola ecologica … “

“La prego, abbia pazienza; risolvo la cosa e vengo a ritirarle … “

Non sapevo se ero furente con lui che mi lasciava sulla strada o con me che avevo preteso troppo dal mio dominio sull’uomo; di fatto, non potevo prendermela con nessuno se non con la mia smania di strafare; non bastavano le corna, non mi erano bastate le umiliazioni e le offese; anche il buonsenso e la pazienza avevo voluto sfidare; mi tornava in mente una frase del vangelo che mia madre spesso mi ripeteva ‘temete l’ira de buoni’; io l’avevo sfidata e pagavo.

L’unica persona a cui pensavo di potermi rivolgere era Ottavio; era stato per andare con lui che avevo strappato la corda troppo tesa; doveva trovare un modo per farmi uscire dalla trappola in cui mi ero cacciata; senza casa, senza lavoro, senza un centesimo forse neppure la puttana potevo mettermi a fare; occorreva essere in relazione con qualche protettore; ma avevo scopato troppo e gratis; impossibile chiedere soldi a chi mi aveva avuto per niente; Leo non era da prendere in considerazione.

Con questi pensieri di terrore, decisi di andare alla fabbrica; a parte che ero certa di trovarvi Ottavio, che vi era diretto quando mi aveva lasciato, anche Leo lavorava lì e, con un po’ di fortuna, che oggi sembrava proprio avermi abbandonato, potevo augurarmi di incontrarlo; feci a piedi il lungo percorso, perché neppure i soldi per un taxi avevo, e dovetti lottare con la vigilanza ai cancelli per aprirmi la strada fino al mio amante; come dio volle, ci arrivai.

“Bada che Leo mi ha sbattuto via, ha disdetto l’affitto, non so dove sia finito e sono nella merda; devi trovare tu una soluzione per la mia condizione … “

“Perdio, non sollevare uno scandalo, per favore; tu non lo sai ma io qui sono un funzionario; la proprietà è di mia moglie che non deve sapere niente, altrimenti ci troviamo in due nella merda ed io perdo anche il lavoro … “

“Io un lavoro non l’ho mai avuto; adesso ho delle scatole forse di vestiti che sono in portineria, solo per pochi giorni; bisogna che mi assicuri qualcosa per sopravvivere, un posto di lavoro e un buco dove rifugiarmi in attesa di trovare una sistemazione … “

“Va bene; per il lavoro, posso farti assumere come applicata di segreteria e avrai uno stipendio basso ma con cui puoi sopravvivere; un po’ di soldi per arrivare allo stipendio posso darteli io; per l‘alloggio, provvisoriamente puoi usare una garconnière che ho in centro ma devi trovare un’operaia con cui dividere l’alloggio … Comunque, non è il caso di disperare; le cose si sistemeranno e continueremo a incontrarci … “

“Scopare adesso è l’ultimo problema; pensa a salvarmi la ghirba, intanto!”

Il rattoppo funzionò, anche se con sacrifici indicibili; per qualche giorno la garconnière andò bene; poi trovai un’operaia che aveva bisogno di dividere il suo mini per ripartire le spese e, col primo stipendio, risolsi il problema della casa, ma non quello della cura del corpo; per fortuna, le scatole contenevano molto vestiario e per un poco potei andare avanti; qualche scopata con Ottavio, nella garconnière, mi consentì, con regalini da puttana, di alleggerire le difficoltà di cure estetiche.

Ma stavo male, in tutta evidenza; finii per star peggio quando una delle ragazze che lavoravano con me si fece un dovere di avvertirmi che Leo già da qualche mese ronzava intorno ad una bella ragazza dell’economato che aveva dimostrato una grande disponibilità al capufficio; particolare intrigante, il nome della ragazza era Nicoletta Brandi; guardai la mia interlocutrice con aria interrogativa perché a me il nome non diceva niente.

“Bada che Brandi è il cognome del re del tondino, il proprietario dell’azienda omonima; la ragazza si sta facendo le ossa per ereditare la conduzione dell’azienda paterna; se Leo la sposa si troverà come Ottavio a dirigere l’azienda di proprietà della moglie.”

“Che posso dirti? Fortunato lui; forse la mia imbecillità sarà stata la sua fortuna; auguri e figli maschi.”

Sapevo che non era vero; aveva legato con la ragazza prima delle mie corna; si era deciso solo quando aveva raggiunto il limite della pazienza, ma il loro percorso era già segnato e a me non restava che l’incognita di un futuro assai incerto; quando un pomeriggio, uscendo, li vidi abbracciati avviarsi ad una macchina, forse di lei, non resistetti alla tentazione di richiamare l’attenzione di lui; nonostante tutto il male fatto, gli ero ancora legata.

“Ciao, Leo; hai proprio deciso di cancellarmi?”

“Non sapevo che lavorassi e, sopratutto, proprio qui; non avevi un certo rapporto?”

“Certi rapporti devono restare clandestini, lo sai bene; ma io devo sopravvivere … “

“E non hai più una vittima da sacrificare sull’altare della clandestinità … “

“Se ti dico che mi vergogno, ti aiuta?”

“No, ho perdonato da tempo; non dimenticherò mai e non mi impietosirei neanche se vedessi ferite sanguinanti; mi dispiace che ti sia andata così male; forse dovresti tornare dai tuoi … “

“Questo, mai! Le colpe sono tutte mie; ma i miei non hanno aiutato la mia crescita; sono mancati gli scapaccioni giusti; questo non è perdonabile. Dimmi di te, invece; hai trovato quel che ti serviva?”

“Nico, lei è la famigerata Nicla; non devo spiegarti altro; Nicla, lei è Nicoletta, la donna che amo con tutte le mie forze … “

“E lei ti ama?”

“Ne sono certissimo; almeno, me lo dice ogni momento e non mi tratta da zerbino impacchettato … “

“Quella è stata proprio sporca; vedo che ti ha fatto molto male … “

“Non più di altre; te lo ripeto; ho perdonato da subito, perché è nel mio carattere; non dimenticherò mai perché certe cose non si cancellano; non voglio più avere a che fare col passato … “

“E io sono nel tuo passato … “

“E’ un dato di fatto; per certi aspetti, tu addirittura SEI il mio passato … “

“A costo di farti venire un ittero, non posso fare a meno della tua bontà; se guardo al mio futuro, vedo solo un buco nero; ma non voglio caderci e devo trovare la forza e la via per inventarmi un’altra vita; forse avrò bisogno di persone buone che mi aiutino; Nico perdonami, ma non mi vergognerò di chiedere aiuto alla mia vittima, se ne avrò bisogno; sappi solo che non ci saranno altri fini; solo un SOS mandato a qualcuno capace della nobiltà d’animo di aiutare.”

“Nicla, sono abituata a guardare i fatti e i risultati; la tua scempiaggine mi ha portato ad avere l’uomo che amo e che voglio con me tutta la vita; dovrei quasi esserti grata per quel viaggio che lo ha costretto a dichiararsi; se la sua bontà varrà a darti una mano, al massimo potrò considerare in pari la partita del dare e dell’avere; ma le scelte sono solo vostre.”

“Innamorata e saggia; è proprio la donna giusta per te, Leo; sono felice per voi; spero di rivedervi ancora così sereni e innamorati. Ciao ragazzi.”

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