Troppo tardi

  • Scritto da geniodirazza il 23/12/2023 - 14:56
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Troppo tardi

Non ho mai preso niente sul serio; la vita per me è stata sempre un gioco, una giostra continua sulla quale scatenarmi; a nessuno è consentito procurarmi fastidio con un rifiuto, con un richiamo, con un rimprovero; il gesto normale di risposta è volgare, ma si riassume in un invito ad andare al diavolo; i miei da sempre me la danno vinta, le amiche mi provocano ad alzare continuamente l’asticella delle sfide; gli amici vogliono solo fare sesso; a partire dai quindici anni, non dico mai no.

Il giovanotto che se ne sta serio e compunto in angolo, tenace nel farmi la corte, non mi dispiace; è un gran bel ragazzo e sono certa che mi darebbe molto gusto farci sesso una volta o due; ma è troppo serio, attaccato al lavoro, convinto di possedere la scienza universale e capace solo di rimproveri ed ordini; per questo, non fa per me, anche se mia madre continua a dire che il matrimonio è una soluzione e che quello sarebbe il marito ideale.

Dopo averlo tenuto a bagnomaria per due anni, gli concedo alla fine di frequentarmi e ci incontriamo qualche volta, per un casto bacio, senza neppure accennare ad una qualche carezza che nella sua educazione sarebbe eccessiva; lui mi ama molto, non ne può dubitare nessuno; io ci sto bene insieme ma non provo nessuna pulsione per lui; passo le serate coi miei compagni di bagordi, perché lui è già pienamente inserito nel mondo del lavoro e noi ancora lottiamo con gli esami di Stato.

La sera della maturità, a poco meno di diciotto anni, andiamo a festeggiare al solito bar; regalo piacere orale a tutti gli amici, ma Domenico insiste per copulare nel bagno, da dietro; cedo e gli raccomando di starci molto attento; è un violento, un mezzo malvivente, ma mi eccita forse proprio per questo e, naturalmente, eiacula in vagina; lo riempio di improperi ma ormai è fatta; quando non mi arriva il ciclo, faccio il test e risulto incinta.

Il mondo sembra crollare; l’idea di abortire mi disgusta, mi terrorizza e non so come fare a pagare l’intervento clandestino; Ortensia mi suggerisce la soluzione; decido di sposare Massimo per far attribuire a lui il nascituro; anche se passa qualche mese, potrò sempre dire che è nato settimino; detto, fatto, lo comunico ai miei e sollecito la massima premura per le pratiche e per la cerimonia; mia madre è sospettosa, ma tace; mi trovo sposata e, per la prima volta, lo assaggio a letto.

Mi pento di non averlo forzato prima; è un ottimo amante; si turba quando capisce che sono avvezza alle pratiche sessuali, orali, manuali, vaginali, anali e comunque siano possibili; mi ama e neanche cerca di spiegarsi perché il mio sesso sia così disponibile e dilatato; gli basta essere mio marito ed avere diritto al mio amore.

Il primo anno di matrimonio passa in fretta con l’urgenza della gravidanza che non insospettisce nessuno, tranne mia madre che sta zitta per non scatenare un inferno; in fondo, la ‘sistemazione’ col matrimonio era un suo obiettivo e non può, adesso, avanzare dubbi; ma ha paura.

Quando partorisco Chiara, solo a mio marito riesco a far digerire che sia nata settimina; con nessun altro ne faccio cenno perché sarebbe un’evidente e stupida bugia; mia madre, ancora una volta, quando siamo da sola a sola, mi ricorda il passo del vangelo che recita ‘guardatevi dall’ira dei buoni’; se Massimo dovesse scoprire la verità non ci sarebbe scampo per nessuno, visto il ruolo che si è conquistato col lavoro che ritengo un fastidio frenante per la mia vita disinvolta.

Il muro che ho alzato tra me è Massimo è proprio quella volontà di non comunicare perché, dal mio punto di vista, lui è troppo preso dal lavoro per offrirmi concretamente l’amore che a parole dichiara immenso; per il mio carattere, dovrebbe farmi molti più complimenti, molte più moine di quello che mi offre anche quando andiamo a letto e lui si prodiga in preliminari che manda molto per le lunghe facendomi godere orgasmi meravigliosi; preferirei un sesso più violento, brutale.

Ma non oso nemmeno accennarglielo, perché non so come reagirebbe; concorre anche il senso di colpa che mi logora; so di averlo ingannato assai meschinamente, di avere scaricato sulle sue spalle un errore gravissimo che ho commesso nella mia stupida incoscienza; confidare che vorrei momenti d’amore aggressivi potrebbe indurlo a sospettare di me; la sua ira potrebbe essere fatale per molti; preferisco stare zitta e odiarlo proprio per quel benessere che mi offre e che sfrutto spudoratamente.

Sono riuscita a superare il concorso ed insegno sotto casa, praticamente; ma lo stipendio è ben poca cosa rispetto alle mie esigenze; al massimo, posso comprarci un abitino; uso la stessa ricchezza per riempire di corna mio marito; non ho perso la mia voglia di godere; solo che, per evitare noiosi scandali, mi cerco i ragazzi assai fuori della nostra cerchia e li incontro in un motel fuori città, pagando naturalmente con la carta di credito che mi ha fornito Massimo.

Arrivo a giustificarmi dicendomi che una settimana al mese, all’incirca, è il minimo che mi spetti di libertà; trovo sempre una motivazione per andare fuori casa per una settimana, quando ho deciso di tradire, per andare ad incontrare uno stallone che per quei sette giorni mi faccia sentire una vera donna e non l’orpello decorativo alla grandezza di mio marito, che sembra crogiolarsi nell’adulazione di tutte, anche se ammetto a me stessa che in realtà si rifiuta spesso ed è quasi infastidito dalle cene pubbliche.

Una sera, nel solito motel, un bull qualsiasi, che ho convocato per quella settimana, si accorge alla fine del rapporto che il preservativo usato era bucato e che lo sperma mi è finito nell’utero; momento di panico indescrivibile; ma non posso abortire senza problemi; visto che una volta è andata bene, non resta che obbligare Massimo a fare sesso, quella sera, senza preservativo; quando scopre che sono incinta, lui si augura che sia maschio, per formare con Chiara la coppia perfetta.

Siamo fortunati, forse io un poco di più, perché nasce Claudio e mio marito è al settimo cielo; io sono solo preoccupata che la nuova maternità non mi danneggi la linea e mi faccia perdere tutto il fascino della mia bellezza; in fondo, ho poco più di vent’anni e ci tengo troppo ad essere ammirata ed adorata; per l’amore, mi basta quello di mio marito che è un vero pilastro, ma che non esprime quasi mai lasciandomi spesso con una voglia matta di sesso che soddisfo mensilmente con le mie fughe.

Massimo invece è decisamente dedito ai figli; ha preso una tata che se ne occupi in sua assenza e che prepari anche per noi pranzo e cena, quando possiamo; ma tutti i momenti che può sfruttare li passa accanto ai figli, che lo adorano sin da piccoli e ne seguono le indicazioni, anche le più minuziose, nel loro percorso di crescita fino alla laurea; Chiara, che addirittura si è laureata in legge su consiglio di lui, va a lavorare nel suo ufficio legale e si dimostra all’altezza del padre.

Organizzandomi bene le ‘fughe’ e recitando al meglio la parte della maestra piccolo borghese per tutto il mese, riesco a mistificare la mia esistenza e vivo con una maschera venticinque lunghissimi anni, moglie invidiata di un ‘mago della finanza’ con una figlia ammiratissima, giovane avvocato di grandi speranze, e con un figlio che ha seguito i suggerimenti di suo padre e sta per conseguire la laurea in ingegneria, quella stessa che vanta mio marito.

Il sole sembra splendere luminoso sui miei abiti firmati, sulla fashion sempre attuale, sulla bellezza tenuta in tiro da estetista, parrucchiere, qualche esercizio in palestra, insomma con tutto quello che ad una quarantenne può dare la sensazione di immortale bellezza; fino a che, quel maledetto giorno, lui si presenta a casa e, seduti tutti e quattro intorno alla tavola, mi chiede improvvisamente.

“So che Chiara non è mia figlia naturale; Claudio lo è o hai avuto anche lui da un altro? Bada che farò fare l’esame del DNA; meglio che la verità me la dici tu personalmente.”

“Chi ti ha detto che Chiara non è tua figlia?”

“Al convegno di ieri sera c’erano alcuni tuoi ex compagni di scorrerie giovanili; mi hanno detto che eri stata messa incinta da un vostro amico che adesso è all’ergastolo perché è anche un assassino; ho rivisto i dati e ho scoperto che non era ’settimina’ come avevi cercato di farmi credere ma che avrebbe dovuto essere ‘ottimina’ e non è possibile.”

“E’ vero; Chiara è figlia naturale di un mio ex; per Claudio, devi aspettare l’esito dell’esame; quel giorno avevo fatto sesso con uno sconosciuto; poi ho costretto te a farlo senza protezione per nascondere la verità; non so dirti altro.”

Le facce dei miei figli sono uno spettacolo; io resto imperturbata, troia fino alla fine; ma cosa posso fare, adesso?

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So che forse sto commettendo un grosso errore, quando perdo la testa per quella ragazzina vivace che tutti corteggiano; ma spero che le sue intemperanze siano frutto dell’età e di un eccessivo permissivismo dei genitori, convinti assertori di una libertà totale anche dei giovanissimi, sono i primissimi anni di contestazione globale, che non si rendono conto di favorire un libertinaggio anarchico assai pericoloso.

Sono felice come una pasqua, quando dichiara che accetta di sposarmi e che, anzi, vuole farlo il più in fretta possibile; tocco il cielo con un dito, quando mi mettono in braccia un batuffolo roseo e palpitante che mi dicono essere mia figlia Chiara; me ne innamoro in un attimo e, da quel momento, vivo solo per lei, penso solo a lei, mi preoccupo solo di lei, la sento come un pezzo di me che mi è stato asportato e che voglio far rientrare in me.

Quando mia moglie mi annuncia di essere di nuovo incinta, qualche dubbio mi assale, perché ormai con Ersilia non ho quasi più rapporti; o meglio, io la cerco anche spesso e ci faccio sesso, ma lei sembra sopportarmi più che condividere i miei sentimenti; ma l’amore che mi sa dare la mia bambina mi compensa; l’ipotesi che sia incinta di me è supportata dal fatto che una sola volta, nel periodo, mi ha cercato ed ha voluto copulare senza preservativo; non vuole prendere la pillola perché teme per la linea.

Quando nasce Claudio, le mie ubbie vanno a farsi benedire, perché il piccolo è delizioso e lo amo come sua sorella, anche se la femminuccia è più vicina al mio cuore; Ersilia non ha nessun peso nel nostro idillio familiare, preoccupata com’è di stare attenta alla linea, alla cura del corpo, alla scelta dei vestiti alla moda, alla frequentazione dei the con le amiche snob; ha trasferito la sua arroganza libertaria dallo shopping alle esibizioni in società, senza slanci d’amore per i figli o per me.

Probabilmente ha anche rapporti sessuali fuori dal matrimonio, perché il suo apparato è dilatato, come non dovrebbe essere vista la scarsa frequenza di incontri con me; ma mi sento soprattutto il ‘papino’ affettuoso e innamorato dei figli; le dimensioni della vagina o dell’ano di mia moglie mi interessano poco; preferisco strusciarmi addosso a mia figlia, quando giochiamo sul pavimento ascoltando appena il saluto della madre che esce.

Quando cresce, diventa sempre più patologico l’affetto che c’è tra di noi; tenerla seduta in grembo quando studia, per la scuola media, mi dà un senso di soddisfazione che trovo quasi innaturale, ma so per certo che è amore paterno, quello che mi turba quando la stringo a me; quando finisce il liceo e va all’università, a legge perché così avevo detto che mi sarebbe piaciuto, è diventata una donna assai bella; stringerla al petto e sentirla viva mi costringe spesso a masturbarmi, subito dopo.

Non penso neppure per errore a parlarne con mia moglie; ormai non è in grado di capire niente che non sia la sua smania di apparire; quando propongo a Chiara di comprarle un appartamentino nella città sede dell’Università, mi mette un broncio così amaro che rinuncio; lei preferisce andare e venire, con l’auto che le ho regalato, perché vuole essere accanto a me la sera, a cena e, dopo, sul divano davanti alla TV dove mi accorgo che chiaramente mi si sta strusciando addosso innamorata.

Qualche volta, sorprendo la sua mano che sparisce tra le gambe e i sospiri seguenti mi rivelano che si sta masturbando; con la massima delicatezza le chiedo se ha un ragazzo e perché non lo cerca; mi risponde che essere amata da un ‘papy’ bello ed innamorato come sono io non le fa sentire nessun bisogno di altri maschi; da piccola diceva sempre che mi avrebbe sposato, quando fosse diventata grande; adesso si limita a definirmi ‘l’uomo della sua vita’.

Ne sono inorgoglito, perché è veramente bella, più di sua madre; ma capisco anche che l’incesto è lì dietro l’angolo e cerco delicatamente di convincerla a rinunciare a certe affettuosità che possono scatenare desideri innaturali; fa spallucce e mi si stringe addosso con maggiore passione; qualche volta sono costretto a mendicare sesso da mia moglie, per scaricare la tensione erotica che mia figlia mi ha scatenato con la sola presenza fisica contro il mio corpo.

Quando si laurea con la lode, sprizzo orgoglio da tutti i pori, perché è il mio amore che ha raggiunto il traguardo, non solo mia figlia; e lo si legge da ogni gesto; mi chiede di lavorare nel mio ufficio legale e sono arcifelice di accettare che occupi lo studio accanto al mio; posso ogni giorno, in ogni momento, scambiare con lei tenerezze paterne e sentire, clandestinamente, il suo meraviglioso corpo, sfiorandole ‘casualmente’ un seno o un’anca; sono perdutamente innamorato, ma sono suo padre.

La sera della cena con gli industriali, che mia moglie metodicamente diserta perché è un campo di mia competenza, mi trovo di fronte a uomini e donne sconosciuti, perché nuove realtà sono emerse nel territorio; mentre fumiamo e beviamo del cognac, una delle signore mi chiede se sono il marito di Ersilia; alla mia conferma, si danno di gomito e sorridono sornioni; mi imbestialisce quell’atteggiamento derisorio e chiedo con forza spiegazioni.

Complice anche l’alcool, una delle donne mi rivela che sono della ‘compagnia’ nella quale Ersilia si distingueva per la spudoratezza e che ne faceva parte un malvivente adesso finito all’ergastolo per omicidio e che aveva messo incinta mia moglie; scatto con una violenza che non mi conoscevo, la trascino in un salotto e la obbligo a raccontarmi tutto; mi appare in piena evidenza il quadro di un troia che mi aveva raggirato facendosi sposare e rifilandomi una bastarda per figlia.

Naturalmente, nell’enfasi della rivelazione e con l’intento di umiliarmi, mi aggiunge che mia moglie non ha smesso i suoi costumi lascivi e che da oltre vent’anni continua a tradirmi con giovinastri raccolti qua e là; aggiunge che, probabilmente, anche il nostro secondo figlio non è mio ma frutto di un amore clandestino; mi sento distrutto, schiacciato da un bulldozer impazzito; quasi per farsi perdonare, mi offre di fare sesso con lei; la mando al diavolo esasperato e torno a casa.

Sono seduti intorno al tavolo di cucina, madre e figli; non perdo tempo in preamboli; le dico fuori dai denti che ho saputo che Chiara è figlia di un ergastolano; voglio sapere se anche Claudio è nato da un tradimento; comunque, farò fare le pratiche per il disconoscimento di paternità e avrò bisogno delle verifiche del DNA che sono incontestabili; si limita a confermarmi che Chiara non è mia figlia naturale e che su Claudio esiste qualche dubbio.

Chiedo a Chiara se se la sente di preparare lei, come mio legale, la domanda di divorzio immediato e la pratica per il disconoscimento dei figli; avverto Ersilia che nel giro di un mese deve essere fuori dalla mia casa così come c’è entrata; mi ritiro nella camera e le impongo di sistemarsi in salotto, su un divano; non voglio sentire neppure il suo odore; mi sdraio sul letto ma non riesco a piangere come vorrei; Chiara entra furtivamente, sale sul letto, mi si stringe contro e singhiozza a lungo.

“Massimo, che cosa succederà adesso?”

“Chiara, piccola mia, non succederà niente; tu resti sempre la mia piccolina adorata; occuperai il miniappartamento che l’azienda fornisce ad alcuni dipendenti e poi ti cercherai una tua collocazione; tua madre vada dove vuole, con chi vuole, come vuole; Claudio può rimanere ancora un anno nella casa dello studente; non gli farò mancare il mio sostegno; vi voglio bene comunque e non lascio nessuno indietro; appena laureato, se vorrà, entrerà come tecnico in azienda.”

“Va bene. Lucido e presente a te stesso, come sempre; io però, adesso che so di non essere tua figlia, potrei desiderare qualcosa di più. Posso farti una domanda delicata?”

“So che cosa mi vuoi chiedere, forse vorrei chiederti la stessa cosa. Ma non è il momento; lascia che sbollisca questa mazzata, fai le cose che, da avvocato, devi fare; un giorno ci ritroveremo di fronte e ci faremo quella domanda.”

“Massimo, posso dirti che ti voglio bene, anzi che ti amo?”

“Chiara, non è cambiato niente tra me e te, tra me e Claudio, tra te e tuo fratello; è cambiato tutto con tua madre; è nell’umano ordine delle cose e ne prendo atto.”

“Non io; l’istinto dell’avvocato mi porta a cercare la verità; mia madre è una troia, mio padre un ergastolano; permetti che voglia sapere tutto, fino al numero di copule che quella fogna ha realizzato contro di te?”

“Non devo essere io a permettertelo; io devo solo farmi carico della colpa di essere stato ingenuo e maledire i tuoi nonni che hanno allevato una prostituta per la loro smania di libertà; il resto va nel mucchio; mi lasci riposare?”

“Posso dormire con te, senza muovere un solo dito, come la bambina che coccolavi su questo letto?”

“Posso abbracciarti, da padre, un’ultima volta?”

“Ti amo, ricordalo … “

Il giorno seguente vado in ufficio come al solito ma mi fermo il tempo di definire gli impegni più prossimi, indico al mio vice la mia destinazione e gli impongo di tacere a qualunque costo; passo dall’ufficio di Chiara a salutarla; vorrebbe sapere dove sparirò, non glielo dico; mi chiede se può parlarmi in Skype; le dico che l’indirizzo è lo stesso e che, se non accenna alla domanda che ci brucia, mi terrò volentieri in contatto; vado all’aeroporto e sparisco.

Mi rifugio a Palma de Maiorca, dove sto organizzando una nuova attività parallela; mi immergo nel lavoro; ogni giorno mi sento con il mio vice che mi ragguaglia sulle attività che procedono al di là delle speranze più rosee; sta con me da venti anni e mi conosce bene; mi avverte che Chiara ha concluso tutte le pratiche, del divorzio e della paternità, che sta male e che avrebbe bisogno almeno di parlare con me; ha paura di chiamare perché teme che scivolerebbe sull’argomento tabù.

Non so cosa rispondergli; sto vivendo lo stesso tormento ed ogni giorno con più forza avverto la difficoltà a rinunciare all’unica cosa bella che una vicenda squallida ha lasciato, il nostro amore reciproco, quello di un ultraquarantenne con una venticinquenne che fino a qualche settimana prima mi chiamava papà; ma, ora che anche formalmente non c’è più legame di sangue, la differenza di età è solo un alibi; la chiamo io.

“Ciao, tesoro; non hai mai sentito il bisogno di chiamarmi?”

“Amore mio, tutti giorni, tutti i momenti, anche adesso che hai chiamato; ma ho paura delle tue paure; non so se sei pronto, se hai abbastanza voglia e coraggio … “

“Non lo so neanche io; non sto bene, senza di te; ma non voglio sbagliare ancora … “

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Quando Massimo fa esplodere sul tavolo di cucina la bomba, ‘so per certo che Chiara non è mia figlia’ mi prende un colpo in pieno petto che mi blocca il cuore, per un attimo; guardo il viso di mia madre e ci vedo una fogna piena di liquami maleodoranti; devo correre in bagno a vomitare, tanto è violenta l’emozione; tornando, vedo nette le lacrime scendere dagli occhi di Claudio che piange in silenzio; abbraccio Massimo e gli sussurro ‘ti amo, padre o non padre, ti amo tanto’.

Mi passa una mano sul viso e lo accarezza; sento la dolcezza ma anche un fremito di piacere; da sempre amo quello che credo mio padre, il ’papino’ di quando ero piccola e giocavo con lui mentre mia madre si esibiva in giro come una star, il ‘papy’ di quando andavo alle medie, che mi teneva seduta fra le sue cosce mentre mi aiutava nei compiti e io l’amavo con tutta me stessa; il ‘Max’ della mia adolescenza, che mi incitava a conoscere ragazzi e gli dicevo che amavo solo lui; ed era vero.

Ora lo vedo là, piegato dal dolore e vorrei amarlo, fisicamente, fino a dissolvermi in lui; Claudio gli tiene stretta una mano, quasi a non volerlo perdere; poi lui se ne va, sparisce dalla nostra vita; per mesi devo frenare il mio desiderio di vederlo, di parlargli, di offrirgli il mio amore, il mio corpo.

Ho trovato le prove del DNA necessarie a definire il cambio di cognome e la perdita di legami di parentela, insieme alla domanda di divorzio veloce; ho fatto tutto con la massima celerità; in due giorni, la maschera è caduta, Ersilia deve lasciare tutto, casa e benessere, e ridimensionarsi nell’ambito della maestra elementare senza agio di vita alcuno; ho preso posto nell’appartamento, di proprietà dell’azienda, che spesso mi avevano offerto e a cui avevo rinunciato.

L’unica persona con cui posso confidarmi, a quel punto, è la nonna; vado da lei, per chiedere consiglio perché non ancora oso dire a Massimo che, ora che il legame di sangue non c’è più, voglio ad ogni costo essere amata da lui come donna, non più come figlia.

“Ciao, nonna, come stai?”

“Come vuoi che stia, dopo quello che sta succedendo? Male, anzi malissimo … “

“Ti capisco, anche io sto soffrendo l’inferno, dopo le rivelazioni di mia madre … “

“Quella donnaccia non è tua madre; è solo il prodotto della mia incapacità di distinguere il giusto; ho scoperto troppo tardi che era la signorina che non diceva mai no, la gola profonda insaziabile, il tunnel da cui passavano anche i tir; ho sbagliato, e molto, anche io che in quegli anni convulsi non avevo ancora realizzato che la libertà non può essere arbitrio, che costumi liberi non significa copule senza controllo.

Ho cercato di educare mia figlia al femminismo ed è scivolata verso la troiaggine; quando ho cercato di rimediare, indicandole il matrimonio come percorso per costruire una realtà di vita, lo ha usato per nascondere la sua innata perversione; ho una grande parte di colpa, ma non mi sarei mai sognata di insegnarle il libertinaggio, proponendole la libertà; cara Chiara, non posso fare niente per te, neppure essere la nonna comprensiva a cui avreste diritto voi nipoti.

Abbiamo sbagliato, io e tuo nonno, a fidarci di un’imbecille; ed ora paghiamo il conto degli errori; cercate solo di essere un poco comprensivi con quella svampita; non merita comprensione, ma fate appello a tutta la vostra bontà … “

“Nonna, non è di mamma che sono venuta a parlarti, ma di me; di lei ormai non mi interessa più niente; è di me che mi preoccupo; non vorrei commettere un grave errore … “

“Che dici figlia mia? Che errore?”

“Nonna, tu cosa pensi di Massimo, ora che sai che non è più nostro padre?”

“Vorrei incontrarlo per dirgli che il nostro affetto è immutato, al di là delle carognate di quella fogna inqualificabile; lui è una persona meravigliosa ed è un dolore sapere che sta passando tutto questo per colpa anche mia.”

“Ecco, nonna; io ho amato e amo Massimo; prima ero convinta che fosse mio padre e lo amavo come tale; ma adesso so di amarlo anche di più … e non come padre, ma come uomo … “

“Oh, dio mio, ma ha il doppio dei tuoi anni; capisci che, anche se fosse possibile questo amore, quando tu avrai l’età che ora ha tua madre, lui ne avrebbe più di sessanta? Ti rendi conto di che abisso c’è?”

“Nonna, ti confido una cosa; alla mia età, sono vergine e casta, non so neppure come sia un sesso maschile … “

“Va bene; ti fa onore, specialmente se confrontato con quello che ha fatto tua madre … “

“Si, nonna; ma lo sono perché da quando avevo quindici anni, più o meno, ho deciso che volevo sposare mio padre, allora credevo che lui fosse mio padre; e decisi che la mia verginità sarebbe stata sua e di nessun altro; capisci in che gorgo mi sono infilata?”

“Gliene hai parlato?”

“Non riusciamo a parlarne; abbiamo troppa paura; è sparito da quel giorno e non si sa dove sia … “

“Gliene devi parlare; non mi è difficile capire che hai riversato la tua sessualità sul maschio più vicino e che, adesso che l’idea dell’incesto si è allontanata, vorresti dirglielo; ma lui come reagirebbe?”

“Io so che mi ama come io amo lui; ho sempre sentito che c’era qualcosa che andava al di là del rapporto padre figlia … “

“Amore di nonna, diglielo; parla con lui; se anche lui prova lo stesso sentimento per te, mandate al diavolo i ragionamenti e amatevi; starà poi a te rimanergli fedele anche quando sarà vecchio e decrepito. Però metti in conto che, se ti respinge, dovrai allontanarti da tutto quello che vi accomuna, forse dovrai cambiare addirittura città; sarebbe un colpo difficile da reggere; e la nonna non basterebbe ad asciugare le tue lacrime.”

“Nonna, io ho già le mie convinzioni; sono venuta da te perché non posso parlarne a quell’idiota di mia madre; avevo bisogno di sentirmi confermata; so quello che rischio e quello che voglio. Gli parlerò e, se è come desidero, sarò la sua donna; in qualche modo, sostituirò mia madre e, stanne certa, saprò costruire con lui la felicità che lei gli ha spezzato.”

“Chiara, ti amo e ti ammiro per il tuo coraggio, per la determinazione che forse proprio Massimo ti ha trasmesso; sii forte e fammi sapere; non sai quanta felicità mi darebbe sapere che siete felici.”

In pratica, dovrei fargli un discorso ultimativo perché vorrei che si dichiarasse anche lui che ha paura più di me; nonna mi convince che devo azzardare; ho con me il tablet e posso chiamarlo in Skype; lo faccio, succeda quel che vuole.

“Ciao, amore, ti amo, non resisto più, ti voglio, ti desidero, sei l’unico mio amore … Ecco, te l’ho detto … se non ti abbraccio sto male; non ce la faccio a stare lontano; se non mi vuoi dimmelo subito e sparisco; ma se un poco mi desideri anche tu allora ti voglio, a qualunque costo.”

Ho parlato come se vomitassi le parole; mi sono liberata di colpo di un peso; sto piangendo come una sciocca; lui sta zitto per un attimo infinito, ma ha gli occhi lucidi.

“Chiara, domani alle dieci all’aeroporto; vienimi a prendere … sei nel miniappartamento adesso? Mi ci porti a fare l’amore?”

“SI, SI, SI SIIIIII; ti amo, ti amo, ti desidero, ti voglio, voglio averti per me, tutto; voglio essere tua, per sempre.”

“Amore mio, adesso calmati; ritrova il tuo sangue freddo e lavora; ti amo anch’io; poi ci racconteremo quanto abbiamo sentito quest’amore e quanto ci ha fatto penare trattenerci; adesso ci riprendiamo, facciamo tutto quel che dobbiamo e organizziamoci perché domani per tutta la giornata possiamo vivere il nostro amore. Non ti bacio telematicamente; i tuoi baci li voglio diretti e vivi. Ciao, amore mio.”

E’ un incontro da innamorati, il nostro; in piedi, davanti all’ingresso all’aeroporto, non ci stanchiamo di baciarci, di strusciarci, di comunicarci il nostro amore fisico; lo trovo bellissimo e mi perdo fra le sue braccia; mi sento adorata come una dea e coccolata come una bambola; lui ha questa capacità, di farmi sentire una regina, perché lui mi vive così, da sempre; la bambina e l’adolescente si fondono con la donna ed amo tutto di lui, la pazienza, la dolcezza, la virilità; lo voglio, tutto.

Finalmente riusciamo a staccarci e a raggiungere l’automobile; nel percorso fino al mio appartamentino, ci limitiamo a ricordare quante volte, in tutta la mia vita, l’amore si era affacciato e l’avevamo respinto indietro, dai rotolamenti sul tappeto, da bambina, al sedermi sul suo inguine, più grandicella, tesa sempre a verificare il suo sesso, anche se in maniera inconscia e istintiva, fino al desiderio bruciante di quando ero adulta e dovevo scaricare la smania in lunghe e dolorose manipolazioni.

Riesco a dirgli, esitante, che sono rimasta vergine per lui e che non ho mai cercato un ragazzo perché l’ho amato sempre, come padre e come uomo; ora che il legame non c’è mi sento libera di amarlo; mi tacita con un dito sulle labbra e mi invita a pensare a guidare; a parlare, forse provvederemo dopo, se l’amore ce ne darà la possibilità; mi chiede solo se ho sistemato le cose anche con la borsa di studio per Claudio; la caduta del legame di sangue evita il rischio di nepotismo; lo rassicuro.

Quando entriamo in casa, posso finalmente far esplodere l’amore che mi tenevo dentro da anni; lo spoglio facendogli quasi violenza, perché voglio sentire le sua pelle, il suo calore, il suo amore da tutti i pori; lo bacio dalla cima dei capelli alle punte dei piedi; mi blocca e comincia a spogliarmi lui; ‘credi di avere solo tu certe voglie?’ mi domanda mentre mi spoglia; godo dal primo momento; e non mi fermo.

Si stende dolcemente su di me ed io sono felice di sentirmi totalmente dominata dalla figura possente; mi aggrappo a lui come a volermi far proteggere; come direbbe Obelix, il cielo mi cade sulla testa e si frantuma in miliardi di frammenti luminosi; il ventre sembra esplodermi e temo di essermela fatta addosso, tanti sono gli umori che la mia vagina scarica sulla sua mano; soffoco nella sua bocca l’urlo di piacere che mi è sgorgato dal ventre, dal cuore, dalla testa; mi placo e gli sussurro ‘ti amo’.

Il dolore della deflorazione non è così forte come avevo temuto; mi esplode in vagina, nel cuore, nella mente; mi attacco a lui e gli impedisco di muoversi; ‘mio, mio, mio’ lo ripeto come un mantra e Massimo mi accarezza la fronte, i capelli, il naso, le labbra; il suo dito segna il mio profilo e mi lascio andare al languore di quel momento infinito; sono un bagno di umori, forse di sperma e di sangue; ma non cedo di un millimetro; è mio e voglio godermelo.

Riesce a staccarmi, alla fine, mi guarda negli occhi e mi sussurra ‘ti amo’ con tanta intensità che credo di scoppiare dalla felicità; passiamo la mattinata a coccolarci; mi accorgo di amarlo ancor più di quanto avessi coscienza; sento che mi desidera come mai avrei sperato e che per lui sarei disposta a fare qualunque cosa; facciamo l’amore più e più volte, neppure mi preoccupo di contare; e registro con gioia che è assai più forte e resistente dei dubbi di mia nonna.

Andiamo a pranzo in un ristorantino sotto casa, da perfetti innamorati inebetiti dal loro stesso amore; poi lui prende coscienza dei doveri e telefona in ufficio per avvertire che è in città e si tratterrà alcuni giorni; quando lo sento, lo guardo con aria ansiosa; ‘e noi?’; mi accarezza il viso, mette una mano sul ricevitore e mi sussurra.

“Tu vieni con me; prepara le valigie.”

Mi lancio come una furia e sono quasi pronta a partire; sorride e mi chiede di mio fratello; sta bene e in autunno conta di laurearsi; mi avverte che dopo la laurea conta su di me per convincerlo a lavorare con la sua azienda; lo guardo quasi con sussiego e gli ricordo che per Claudio lui è padre, amico, mentore, pilastro, tutto; non è necessario chiedergli, sarà lui a volere lavorare per la sua azienda e farsi anche apprezzare dal ‘suo’ giudice temuto e amato; mi sorride e mi bacia.

Mentre usciamo per passare dall’ufficio, prima di andare a cena, mi chiede di mia madre; so che ha dovuto decidere di andare a vivere con un collega che non conosco e che soffre molto la riduzione drastica del suo tenore di vita ma non so fornire particolari; da un lato, l’affetto per mia madre non è assolutamente in discussione, al di sopra e al di là delle sue colpe; ma non me la sento di assisterla come una persona fragile qual è; faccia la sua vita e mi lasci fare la mia.

Prendo con immensa gioia l’aereo che ci porta a Palma e mi abbandono all’empito del nostro amore così come al sole meraviglioso di quelle spiagge; la famiglia, i problemi, i dubbi e le incertezze sembrano scomparire dietro l’orizzonte lontano; viviamo come galleggiando in un sogno e scopro un Massimo ancora più intenso, appassionato, innamorato, ora che sono la sua compagna; riesco persino ad integrarmi nel suo lavoro e diventarne partecipe.

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I mesi sembrano volare, vivendo come in un sogno; ma i legami con la realtà in Italia non si possono tagliare del tutto; a ricordarlo a Chiara, c’è la presenza, apparentemente marginale, mia e del mio impegno per laurearmi nonostante il terremoto che ha investito la mia stessa identità; mi sono messo d’impegno, da quando Massimo, ormai non più il padre affettuoso che ho vissuto per ventidue anni, ha messo in moto i meccanismi per consentirmi di concludere il corso di laurea.

Ho sempre vissuto l’ex marito di mia madre, ormai solo così posso identificarlo, come il padre più premuroso che potessi desiderare; a mano a mano che gli anni passavano, ho trovato in lui il compagno di giochi, poi l’amico fidato, il compagno di studi, la persona a cui confidare i piccoli problemi di cuore, quando sono emersi, il mentore capace di orientarmi con straordinario affetto; per emularlo, ho scelto la laurea in ingegneria ed ora ci sono arrivato, con lode.

Quando mi fissano la seduta per discutere la tesi, la prima persona a cui voglio comunicarlo è mia sorella Chiara; ora, per correttezza, bisognerebbe indicarla come sorellastra, ma il legame tra di noi è così profondo che la diversa paternità gioca poco; per me il padre elettivo è Massimo a cui voglio bene più che un figlio; Chiara ha fatto il salto che meditava sin da bambini ed è diventata la sua donna; un poco le invidio questa possibilità; ma sono felice per loro.

Di mia madre ho cominciato a sapere sempre meno; dopo lo shock di appurare che è stata un’autentica vampira, che ha sfruttato la bonomia di suo marito per rifilargli due figli e riempirlo di corna, mi è toccato prendere atto che il suo capriccioso infinito bisogno di esibizionismo si scontra col crollo del sostegno economico che l’ex marito le ha sempre garantito; mi fa persino pena la sorte capitatagli, con un discusso individuo come compagno, per necessità di sopravvivenza.

Ma non sento di doverle neppure compassione, dopo le stupidaggini rivelate dagli approfondimenti successivi; non riesco a non provare affetto e commiserazione per quella povera disgraziata stupida; ma non riesco in nessun modo a perdonarle di avere distrutto le nostre vite con un comportamento quasi criminale; è stato difficile parlare con Irene, la mia ragazza; ancora più difficile risulta formalizzare il rapporto coi genitori di lei.

Comunque, chiamo mia madre che si rammarica di non poter essere presente per altri impegni; in realtà, è ridotta al punto che non ha un vestito decente per l’occasione e non può presentarsi con il grembiule che a scuola copre i suoi abiti sdruciti; chiamo anche Chiara e, dopo vari tentativi a vuoto per gli onerosi impegni che lei ha nel nuovo ruolo, riesco a mettermi in contatto su Skype; ci scambiano molte affettuosità sincere, poi arrivo al punto.

“Senti, io fra due settimane ho la cerimonia di laurea; vorrei che tu fossi accanto a me quel giorno; io ero felice ed orgoglioso quando ti laureasti; mi piacerebbe che ci fossi quando lo farò io … e … no, niente … “

“Non ti autorizzo a dubitare neanche per un attimo; qualunque cosa succeda, io ci sarò! Per quello che non hai detto, ti va di completare la frase? Io so già cosa stavi per dire; sarebbe molto più bello se lo dicessi tu, credimi … “

“Beh, lo sai … vorrei chiedere a Massimo se viene anche lui; in fondo, la mia laurea è anche un successo suo; l’ha voluta, mi ha sostenuto, mi ha spinto … insomma … sarei felice di avere a fianco mio padre, anche se non è giuridicamente mio padre … ecco … questo vorrei dirgli … “

“Stupidone mio, glielo hai detto; lui è qui … lo sai che viviamo insieme … “

“Davvero?! Massimo, ciao dove sei?”

Entra nell’inquadratura e bacia Chiara su una guancia.

“Dove c’è Chiara io non posso mancare … ciao ragazzo mio, sono felice di questa notizia … credi che potrei rinunciare a vedere il trionfo della tenacia, della diligenza, della serietà del mio pupillo?”

“Siete una coppia bellissima, davvero; sono felice di vedere quanta gioia sprizzate; ho tanta voglia di abbracciarvi.”

“Sai, tua sorella sta facendomi un buco in testa per tornare nelle brume italiane da questo sole meraviglioso; mi sa che dovrò arrendermi, prima o poi; tua madre l’hai avvertita?”

“Si; ma pare che abbia un impegno proprio quella sera … “

“Va bene, non te la prendere … può succedere. Ti avvisiamo quando partiamo e ci vedremo una sera prima dell’evento, per avere modo di salutarci.”

“Non sai come sono felice. Grazie pa … scusa, grazie Massimo.”

“Ragazzo, resto virtualmente il tuo padre spirituale, il tuo mentore se preferisci; non mi turba se mi chiami papà; il problema è solo tuo; io ti voglio bene come e più di prima … ”

“Grazie. Ciao, sorellona; ti voglio un bene dell’anima e sono felice di vederti felice.”

“Ti voglio bene. Ciao.”

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Partono una settimana prima; vogliono avere tempo per recuperare il rapporto con una vita precedente; vanno a stare nella casa che hanno abitato con tutta la famiglia; l’ambiente deve essere un poco areato, ma è rimasto intatto; Chiara è molto emozionata quando va a dormire al posto che fu di sua madre; telefonano a Claudio e si accordano per incontrarsi; verrà anche Irene che vuole far conoscere alle persone che ama; chiede se può invitare sua madre; dicono di si.

Alla stazione degli autobus, nel tardo pomeriggio, la scena è quasi surreale; Chiara, bellissima, abbronzatissima, elegantissima, con la felicità disegnata non solo sul viso luminoso ma in tutto il corpo prorompente di giovanile bellezza, con accanto Massimo, elegante come sempre, abbronzato, tonico e in piena forma, tornato giovane come ai bei tempi, si trovano con Ersilia, decisamente bella, ma sciatta, ricoperta da un vestito di forma improbabile, stinto; il contrasto è violento e feroce.

La figlia abbraccia sua madre con un calore immenso, autentico, di un affetto immutato, con una gioia di vita che suona uno schiaffo ad Ersilia; Massimo si limita a sfiorarle le guance con un bacio lieve; si guardano a lungo imbarazzati; Chiara sta interrogandosi su come debba regolarsi con una persona che ama per naturale necessità, nonostante tutto quello che è successo, e che vede ora ridotta così male; Massimo non si dà pace, ma non ha risposte.

Arrivano Claudio e Irene; il figlio addirittura irrompe su sua madre e la sommerge nella sua figura ormai notevole, con un abbraccio di grande calore umano; Irene viene avvolta nell’affetto di Chiara; Ersilia si sente sempre più schiacciata da questa condizione di felicità dei suoi figli e dell’ex marito; si trattiene per non piangere; sorprendendo tutti, sua figlia, che dimostra chiaramente di essere arbitra della situazione, avverte.

“Andiamo a casa nostra; qui non è il caso di parlare; Massimo, per favore, vai a comprare dei dolcetti; io preparo il caffè.”

Si avviano in allegria; Claudio sottobraccio a sua madre che sorregge ed accarezza continuamente; Chiara con Irene che le fa mille domande per cercare di orientarsi; quando sono alla porta e Chiara apre decisamente con le sue chiavi, la madre la guarda interrogativamente.

“Mamma, adesso è casa nostra; non sapevi che ho preso il tuo posto e vivo con Massimo?”

“No, non lo sapevo; e mi pare che ci sia anche qualche altra cosa tra voi … “

Accenna al ventre della figlia.

“Si, aspettiamo un bambino; sarà sicuramente suo, stavolta; ci sposiamo l’anno prossimo … “

Ersilia ora piange apertamente e il figlio è costretto a consolarla; ma Chiara sembra inarrestabile, la conduce nella camera degli ospiti, le apre un armadio.

“Qui c’è tutta roba tua; è da imbecilli che tu vada in giro con questi stracci perché non ti puoi permettere di meglio; e qui intanto le tarme banchettano con abiti firmati, per incuria. Poi Irene ti accompagna in bagno e ti aiuta a ridare splendore ad una enorme bellezza sacrificata. Poi, se ti va, parliamo e ci spieghi alcune cose.”

Mentre le due vanno in bagno, Chiara va in cucina e trova Claudio alle prese con la macchinetta del caffè.

“Hai saputo di mamma?”

“Come facevo a sapere? Io ormai vivo a Palma .. “

“Ho sentito voci terribili; addirittura riceverebbe maschi in casa e farebbe sesso in presenza del compagno cornuto contento e guardone … “

“Senti, la vita è sua, il corpo è suo e ne fa quello che le pare; è terribile però che debba essere così ridotta, almeno si fosse cercata uno che la mantenesse, si fosse prostituita; farlo così, senza costrutto, è un’altra delle sue imbecillità.”

“Zitta, che viene …!”

“Che zitta e zitta!?!? Ora mi spiega tutto o la massacro; è nostra madre, non è arbitra delle sue azioni; a qualcuno deve rendere conto, almeno ai figli … “

“Chiara, Claudio, vi debbo chiarire alcune cose … “

“Siamo tutti orecchi.”

Indica Irene e rivela esitazione.

“No, mamma, se ti comporti da prostituta davanti a tutti, non vedo perché dovrei cacciare la ragazza di Claudio o il mio compagno che sta per arrivare … “

“Va bene; ho sentito quello che ha detto Claudio; tutto sbagliato, solo malelingue. Quando me ne sono dovuta andare perché indegna di essere la moglie di Massimo, ho cercato alloggio; me l’ha offerto Oreste, il mio collega notoriamente gay; non ho, non ho avuto e non voglio un uomo; ho già dato, su quel versante, fino al suicidio sempre desiderato e molte volte sfiorato“

“Mamma, che diavolo dici? Suicidio? … Neanche pensarlo!”

“Già, figlio mio; perché trovarsi a tirare la carretta con ottocento euro al mese, il prezzo di uno solo di questi vestiti, non riuscire a comprare un rossetto, senza neanche sperare di andare dal parrucchiere; vivere a fianco ad un omosessuale incallito e sopportare i maschi che lo vengono a montare, chiudendomi nello sgabuzzino della cucina, andare in giro come una stracciona … Quante volte al giorno penseresti che un treno in corsa ti risolve tutto in un attimo?”

“Neanche una volta, mamma, perché mi attaccherei a me stessa, al mio desiderio di sopravvivere, alla mia determinazione a cambiare il mio stato; perché penserei a mia figlia che mi ama, a mio figlio che vive per me; a parte il fatto che ora vivo con Massimo che non ti ha mai negato niente e non lo nega certamente a me; a parte questo, io sono un avvocato ed ho diritto a uno stipendio abbastanza congruo per darti tutte le mani che mi chiedessi; perché non hai mai chiesto aiuto?”

“Perché ho paura del tuo giudizio. Vedi? Tu hai sognato sin da ragazzina di prenderti l’uomo che credevi tuo padre, lo desideravi anche quando pensavi fosse il peccato peggiore al mondo; appena si è aperto un varco, te lo sei preso; scommetto che ci sei arrivata persino vergine, perché quello era un tuo sogno e l’hai realizzato. Io non ho mai avuto sogni, ho commesso errori gravi e continui; mi volevi denunciare per truffa continuata, ricordi? Come potevo chiederti aiuto?”

“D’accordo; era un momento difficile ed ho commesso i miei errori; adesso è passata, deve passare; adesso non hai più bisogno di alibi; ci vieni all’università per la laurea?”

“Claudio, perdonami; mi ero inventata l’impegno perché mi vergognavo di dirti che non avevo un vestito adatto, che non volevo essere la mendicante tra gente meravigliosamente vestita; hai detto che vengono i genitori di Irene; non potevo presentarmi come una stracciona; ora che ho recuperato il mio vestito più bello, quello che scelsi con tanto amore, posso anche venirci, con mia figlia e con la tua ragazza, se mi accettano.”

Irene e Chiara rispondono abbracciandola ed Ersilia versa un nuovo torrente di lacrime; entra Massimo, la guarda ammirato.

“Perbacco, sei ancora bellissima! Non come Chiara, però; lei è fuori concorso!”

“Perdona l’immodestia, ma è anche mia figlia. Cosa provi all’idea di un figlio da quella che consideravi tua figlia?”

“Già! … per te è facile; tu sarai sempre mamma e nonna; io devo ancora decidermi a non considerare più Chiara come figlia, ma moglie, se voglio adeguarmi ad un figlio alla mia età.”

Vanno a cena in una trattoria nelle vicinanze; al termine, si fermano impacciati; Claudio e Irene dovrebbero tornare in città; Ersilia dovrebbe tornare a casa del convivente; Massimo e Chiara sono diretti a casa, ma lei si stacca un poco dagli altri e parlano a lungo; lui sembra restio ma si arrende alla donna; questa prende da parte sua madre e le parla; Ersilia si schernisce a lungo poi sembra arrendersi.

“Ragazzi, non state a farmi problemi e adeguatevi; stasera voglio una famiglia compatta che si attiene alle mie indicazioni; tu, Claudio, non pensare che mi metto in macchina e vi accompagno in città; sono certa che siete già abituati a dormire insieme e che non cercate altro che l’occasione per farlo; la tua camera è bella grande con un letto adatto ad una coppia; Massimo è d’accordo con me che potete dormire nella tua camera; non accetto rifiuti.

Tu, mamma, non puoi tornare nella porcilaia dove vivi; la mia camera è libera; se accetti di dormire in casa con noi sapendo esattamente che io e Massimo dormiamo, anzi non dormiremo affatto dal momento che sono molto su di giri, nella camera da letto, quella che ho ereditato da te e non cedo a nessuno; se ti sta bene, domani parleremo anche di una soluzione più definitiva che non ti obblighi ad elemosinare ospitalità; ti può andare bene?”

“Se Massimo accetta, io sono ben felice di tornare nella nostra casa; e non pensare che sarò gelosa o invidiosa della felicità che io ho gettato alle ortiche e tu hai saputo costruirti con la tenacia e la volontà; se dovessi risultare di peso, torno da dove sono venuta.”

“No, mamma; io e Irene dormiamo volentieri nella camera mia; tu accetti e stai con noi come vuole la padrona di casa!”

“Massimo, ti va che io resti in casa vostra per stare vicino ai miei figli?”

“Ersilia, non ho e non ho mai avuto niente contro di te. Io amo Chiara, con tutto me stesso; quello che la può fare anche solo contenta mi sta bene; vieni con noi e cerca di essere serena.”

Mentre le donne vanno in bagno a prepararsi per la notte, sfruttando il corredo di abbigliamento che Ersilia ha lasciato nella casa, Massimo parla a lungo con Claudio e lo rassicura che, dopo la laurea, darà disposizioni perché gli venga offerto un posto nel suo ufficio tecnico; non ci saranno favoritismi; ma, come è avvenuto per la borsa di studio, saranno i suoi meriti che gli consentiranno di scalare nella qualifica e nella retribuzione; Claudio si limita ad abbracciarlo come un padre.

Si siedono intorno al tavolo di cucina e si preparano tisane e infusi per la notte; Ersilia si accoccola accanto ai figli e sembra rinata; Massimo la guarda con profondo affetto, poi scappa in bagno, per non farsi sopraffare dall’emozione; quando si svegliano, al mattino, Ersilia, Claudio e Irene sono pronti assai presto per andare, lei a scuola, i ragazzi all’autobus per l’Università; Massimo esce dalla camera in pigiama, scarmigliato, e si accosta alla ex moglie; le consegna le chiavi di casa.

“Non so se riusciremo a venire per pranzo, io e Chiara; tu muoviti liberamente; se decidessimo di tornare a casa e di pranzare con te, ti facciamo un colpo di telefono.”

“Intendi dire che posso tornare qui, oggi?”

“Io vorrei che tornassi a casa nostra, mia e della mia compagna; tua figlia non desidera altro che vederti placata e tenerti vicino. Se ti va, la soluzione di questa notte può permanere; Chiara ne sarà felice ed io con lei.”

“La più felice sarei io. E’ finito il tempo dei capricci; posso anche esserti amica, se mi accetti in questa veste.”

Lui si limita a carezzarle il viso ed asciugarle una lacrima che le è scappata via con un poco di rimmel; l’anomala situazione della convivenza a tre si trascina per tutto il tempo che manca alla laurea di Claudio, alla quale partecipano tutti in pompa magna; non è facile spiegare ai consuoceri quali siano i rapporti tra Claudio, sua madre, sua sorella Chiara e il ‘terzo incomodo’, Massimo, ex marito della madre e compagno della sorella che intende sposare; alla fine, ci riescono.

Qualche giorno dopo la cerimonia, i due ‘spagnoli’ si preparano ad andare; Claudio viene per accompagnarli all’aeroporto; prima di uscire di casa, Massimo, davanti ai due figli, propone ad Ersilia di restare ‘a presidiare’ la loro casa, evitando scandali specialmente sessuali; loro torneranno tra qualche mese perché Chiara ha deciso che il figlio deve nascere in Italia; dopo, pensano di stabilirsi qui, in quella casa; per allora, penseranno ad un’altra soluzione.

“Amore … io ce l’ho già … Quando diventerò mamma, non voglio rinunciare a lavorare; se tu non vorrai stare con me, me ne andrò in un appartamento da sola, ma chiederò a mia madre di appendere la vecchia vita al chiodo di cucina e di fare la nonna a tempo pieno, con mio figlio; non si rifiuterà; lo stesso può valere anche per questa casa, se mamma è disposta a fare la suocera ospite permanente di sua figlia e di suo genero; lei resta con noi, fa la maestra e dedica tutto il tempo libero a nostro figlio.”

“Ah, quindi hai già deciso la vita tua, di tua madre, di tuo figlio ed anche mia? Non credi di farmi pagare troppo caro l’amore che mi dai?”

“Credi che l’amore si contratti come le bestie al foro boario? Io ti amo, avrò un figlio da te e voglio vivere con te tutta la vita; ma voglio bene a mia madre, proprio perché ha commesso delle ingenuità; ti turba che io voglia bene alla mia mamma?”

“Amore, scherzavo; se Ersilia accetta di fare la nonna a tempo pieno, posso solo essere felice che mio figlio e mia moglie abbiano una compagnia sicura e affidabile.”

“Lo so che mi ami davvero, perdonami, se qualche volta ne approfitto; io so che posso contare su di te, se le cose sono limpide e coerenti … “

“Su, andiamo, che facciamo tardi per il volo. Ci vedremo quando Chiara partorirà.”

“Grazie, Massimo; grazie soprattutto a te, Chiara; mi stai insegnando più di quanto abbia saputo fare io con te”

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